mercoledì 30 aprile 2014

'Sei come sei' della Mazzucco, pietra dello scandalo

Il caso  fatto esplodere, con chissà quali fini secondi, a Roma, dopo mesi dall'accaduto, suscita perplessità, anzi inquietudine. Gli allievi delle ginnasio del Liceo Giulio  Cesare, età:15-16 anni, avrebbero letto  il romanzo ( Sei come sei) della nota scrittrice Melania Mazzucco, con il preciso scopo di riflettere  sul tema del rispetto  della diversità e della convivenza civile. La diversità nel romanzo è rappresentata dalla omosessualità. Un ragazza, figlia di una  coppia omosessuale, scopre alla morte del suo genitore naturale il tema della sessualità, meglio della omosessualità. Apriti cielo. quattro facinorosi srotolano davanti al liceo uno striscione sul quale c'è scritto, a  caratteri cubitali 'Maschi selvatici non checche isteriche'; e contemporaneamente alcune associazioni che hanno per scopo la difesa della scuola e dei diritti dei ragazzi- così sostengono - presentano denuncia in tribunale contro gli insegnanti che si sarebbero resi colpevoli di tale delitto. Insomma si tratta della stessa omosessualità di cui negli ultimi mesi tanto hanno scritto i giornali, a seguito di numerosi suicidi di ragazzi giovanissimi ( della stessa età degli studenti che hanno letto il romanzo della Mazzucco)  perchè non accettati o ridicolizzati per la loro omosessualità oppure no? A detta di questi genitori associati l'argomento non era da trattare in classe, che è poi ciò che pensavano quei quattro balordi che hanno mostrato quello striscione, per il quale meriterebbero di essere loro censurati.
 Ovviamente il caso 'Giulio Cesare' pone il più vasto problema del ruolo dell scuola nella società e della responsabilità degli insegnanti, segnalando una deriva pericolosa nella quale si vuole ricacciare la scuola da parte di chi  vorrebbe renderla del tutto estranea alla società, salvo poi accusarla di non educare i propri figli  da parte delle stesse famiglie che, di fatto, non sono in grado di accudire e formare da soli i ragazzi e che, di conseguenza, affidano questo compito delicato alla scuola. Si ha paura della  riflessione su temi scottanti, anzi drammatici, e poi si dice, quando si presentano i tragici casi dei suicidi di ragazzi, che la scuola non sa educare, e non educa di fatto quando tace su argomenti di pressante attualità. La lettura, la riflessione non deve mai scandalizzare, perchè aiuta a crescere.
 Mutatis mutandis - scusate il latinorum che discende dai  nostri moltissimi anni di insegnamento - io stesso ho denunciato, scrivendo anche al ministro Carrozza, un gravissimo episodio di censura e di disprezzo della cultura di cui si è reso responsabile l'attuale direttore del Conservatorio Casella dell'Aquila, quando ha assunto  la decisione di vietare la pubblicazione  dell'ultimo numero di una rivista (Music@) affidata per anni alla mia direzione, dopo averne prima autorizzata  la stampa, con ragioni  ridicole ed offensive  della intelligenza  e che  avrebbero meritato censure ministeriali che ovviamente non  ci sono state, avendo il ministero sottovalutato la gravità di quel gesto. Non si parlava di omosessualità nella mia rivista, ovviamente, bensì di musica; ma questo non conta. Il gesto è comunque gravissimo, alla stregua di quello di vietare ad un insegnante, che registra in classe il peso di gesti drammatici a causa della omosessualità, di discutere di tale argomento.
 La responsabilità che quegli insegnanti si sono assunti  facendo riflettere gli allievi su tali argomenti fa venire in mente il tema più generale del ruolo anche sociale al quale  sarebbero chiamati gli insegnanti, i quali, poi, vengono bistrattati con ogni mezzo ed in ogni occasione.

Borghese,Bertone,Berlusconi. Letto sulla stampa

Un trio.... sul quale apprendiamo molte novità dai giornali, in questi ultimi giorni.
Apprendiamo - cominciando da sua eminenza Bertone - che il suo attico, i cui lavori di ristrutturazione sono quasi ultimati, misura non 700 metri quadri, come la stampa rossa ha accusato, bensì 'appena' 350 metri, come il porporato  ha precisato, con una sua lettera ad un giornalino diocesano. Aggiungendo anche che tali lavori, che vanno avanti da mesi, li ha pagati di tasca propria.  Innanzitutto 350 metri quadri sono cinque volte i 70 metri quadri dell'appartamentino del papa - che secondo Bertone gli avrebbe espresso solidarietà a seguito degli attacchi della stampa rossa,  ma che secondo noi ha voluto anche accusare quando ha detto pubblicamente che certi stili di vita sono incompatibili con l'etica sacerdotale del cattolicesimo. E, infine, dove li ha presi i soldi per la ristrutturazione? Aveva un conto alla IOR? Riceveva mazzette, alla maniera di Scajola, per le operazioni  della banca vaticana? Un sacerdote non avrebbe fatto meglio ad utilizzare quelle sommette per opere caritatevoli?
 Il caso Bertone  ne richiama un altro che con la Chiesa ha indirettamente rapporto, quello della principessa Alessandra Borghese la quale anni fa, dopo una vita passata fra salotti e... s'era convertita al cristianesimo divenendo per alcuni giornali, dai quali è lecito attendersi di tutto, una sorta di  teologa/vaticanista, la cui competenza aveva acquisito sul campo, vivendo nella verginità di mente, di cuore ed anche di corpo,  assunta per riparare la vita dissoluta che in passato eminenti personalità della sua storica famiglia avevano vissuto. Poi nella vita spirituale della principessa accade un fatto simile alla folgorazione di Paolo sulla via di Damasco. L'abdicazione di Benedetto XVI, con il quale la principessa ostentava familiarità dai tempi del sant'Uffizio, ha  sulla principessa l'effetto  di un terremoto spirituale, solo spirituale;  che la convince ad abbandonare la teologia e a dedicarsi alla vita precedente a quella da convertita. Insomma la Borghese s'è rituffata nella mondanità che, naturalmente in tutti questi anni da monachella, ha comunque esercitato su di lei lo stesso fascino che il canto delle sirene  avevano sui naviganti. Eccola ora che si occupa di salotti, scrive sputando  inglese ad ogni piè sospinto, come fanno le sue consorelle, non a santa Marta - dove evidentemente da papa Francesco le è stato inibito l'ingresso - ma nei salotti della 'grande mela' e della nobiltà papalina romana. Pensando a lei, non sappiamo perchè, ci viene in mente una vecchia barzelletta che racconta  di Gesù in croce e delle  pie donne disposte a tutto per farlo discendere sano e salvo, mentre gli fanno rischiare di cadere e morire per caduta e non per crocifissione.Nulla a vedere con la principessa, ma quella barzelletta ci torna in mente tutte le volte che pensiamo a lei, come un trapano.
 La svolta è attestata  da un mensile nuovo di zecca, allegato ad un quotidiano del nord, che ha per titolo:'Cafonal & Sons' ( speriamo di non aver sbagliato l'inglese, che non conosciamo e che citiamo a braccio,  anzi ad orecchio).
 Infine Berlusconi., ancora tra i piedi e sugli schermi tv, ogni giorno, salutato dalle forze dell'ordine che, da tempo, avrebbero dovuto invece accompagnarlo in coppia  ponendosi ai suoi lati, per garantirne la custodia in attesa della carcerazione o dei domicialiri. Mentre si sa che, in Italia, non tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge, sebbene la legge sia uguale per tutti i cittadini.
 I suoi figli per ora restano fuori dalla politica, non si impegnano direttamente, ma, questa mattina, Marina dice: non si può dire mai. Certo che fa effetto vederlo quasi giornalmente in tv, intervistato alla stregua di un grande leader - mentre invece egli è un condannato per frode fiscale, con sentenza definitiva - gettare fango sulla presidenza della repubblica, sulla magistratura ecc... Non basta per  mandarlo ai domiciliari?  Parlando di Berlusconi si tira spesso in ballo  Craxi, con il quale alcuni vedono punti in comune. Ve ne sono? Quand'anche ci fossero, v'è una enorme differenza e questa riguarda i figli dello statista defunto e quelli del Berlusca. I figli di Berlusca  si guadagnano da vivere ( vivono!) lavorando nelle aziende del loro gentiore (  il quale, all'inizio, ebbe un bell'aiutino dal Craxi, presidente del Consiglio) mentre quelli di Craxi -  e sono due - li dobbiamo mantenere noi. Differenza non da poco.

martedì 29 aprile 2014

Una mannaia sugli stipendi degli organi istituzionali


Perchè una mannaia, come scrivono molti giornali? Si tratta di far tirare la cinghia a tutti, specie a quelli che non l'hanno mai fatto e che comunque, anche tirando la cinghia, quand'anche  la mannaia si  abbattesse sui loro compensi,  potrebbero ogni  giorno permettersi più d'un lusso che alla stragrande maggioranza di cittadini italiani, fra quelli che svolgono incarichi di identica, anzi superiore, responsabilità non è consentito anche senza che si abbatta sui loro compensi la mannaia del governo. Pensiamo, ad esempio, a medici ed insegnanti.
 E' per questo che l'editoriale a firma del costituzionalista Ainis sul Corriere ci lascia abbastanza perplessi. Scrive che un simile provvedimento è stato preso soltanto un'altra volta in Italia, da Mussolini. Perchè se ha fatto una cosa buona, una delle pochissime, non si deve riconoscere? Ainis, poi, riprende il ritornello ormai stantio riguardante i compensi della magistratura. Chi ce lo dice che dopo questa mannaia non se ne abbatta anche un'altra sempre sui poveri giudici, indigenti,  allo scopo di tenerli asserviti al potere politico? Dunque la vecchia storia che i compensi alti (?) - diciamo soddisfacenti - della magistratura sarebbero garanzia della loro indipendenza. Che noia,  e che sciagura per  un paese avere una magistratura che fonda la sua indipendenza sui soldi.
 Una sola annotazione che riguarda tutti gli organi cosiddetti istituzionali. Innanzitutto anche con l'abbattersi della mannaia governativa, i compensi di tutti i loro componenti, dal segretario generale e presidente fino all'usciere sarebbero sempre superiori a quelli di qualunque altro dipendente statale, non importa a quale amministrazione appartenga. Perciò anche Ainis dovrebbe convincersi e convincere i suoi clienti, delle cui ragioni, gratuitamente, si fa portavoce, che il paese di bengodi per molti  è finito. E che giustizia vuole che in un paese non ci può essere chi si deve accontentare di popcorn e gazzosa, e chi pasteggia sempre a caviale e champagne. 

I soci fondatori del festival del cinema di Roma

I Soci fondatori  del Festival del Cinema di Roma- comune, regione, provincia - già l'anno scorso hanno diminuito di parecchio il loro apporto finanziario al festival veltroniano che costa 10 milioni di Euro circa e che quest'anno si svolgerà nella seconda metà di ottobre all'Auditorium di Roma. A tale festa del cinema, considerata dal grande ministro veneziano Galan come un nemico in casa ( Biennale) e dunque da combattere/abbattere, il Ministero non ha mai dato un consistente contributo,  e negli anni in cui l'ha fatto tale contributo è stato davvero miserabile.
 Ora i soci fondatori hanno scritto ufficialmente a Franceschini, chiedendogli di entrare fra i soci fondatori. In realtà Franceschini era a conoscenza di questa esplicita richiesta da tempo, fin da quando era balenata in mente a Marino; gliene aveva parlato la sua compagna Michela Di Biase, a capo dell'Ufficio cultura del Comune, direttamente interessata perciò alla questione.
Ora come andranno le cose? Franceschini  dirà no alla sua compagna? O chiederà in cambio della sua entrata ('sua', come ministero), al momento del rimpasto della giunta, che la sua compagna Di Biase, prenda il posto della Barca alla cultura, come si vociferava al tempo della formazione del gabinetto Marino?
 I due si trovano ora in una situazione imbarazzante, ma che dovrebbero fare? Separarsi in nome della correttezza?  Non spargiamo la voce perchè se fosse la scorrettezza istituzionale(  o i conflitti di interesse) presa a motivo di separazione, allora  la questione investirebbe anche le famiglie Alemanno, Bassanini, D'Alema e chissà quante altre, con grande gioia per gli avvocati matrimonialisti.

Pereira in croce

Nell'articolo intervista di  qualche tempo fa della Aspesi - da sempre sfacciata fiancheggiatrice di Lissner - si coglieva, se  ricordiamo bene, l'interesse della giornalista a capire le ragioni del prossimo sovrintendente della Scala (lei che ha sempre sostenuto candidature straniere per non far cadere, suo dire, il nostro maggior teatro nel 'provincialismo' : dei salotti milanesi, diciamo noi) ed a far trapelare che dietro la montatura italiana di questo caso potevano esserci le aspirazioni dei perenni candidati in pectore alla poltrona della alla Scala. In verità, ora che ci pensiamo, crediamo di non aver letto mai un suo articolo sull'altra eccellenza milanese che è il Piccolo... chi ha orecchie da intendere intenda. Ma potremmo sbagliarci, sebbene ricordiamo perfettamente di aver letto regolarmente suoi scritti su Milano -Scala, Pesaro-Mariotti ed anche su altre situazioni e personaggi,  questi ultimi vergognosi artisticamente,  che ci hanno fatto indignare, ma mai uno sul Piccolo e sul suo reggitore, da tempo.
Il caso Pereira ha anche punti non chiari, mentre chiaro è il fatto che  assai inopportunamente Pereira  s'è mosso con Salsibrugo dove egli è tuttora in carica. Diciamo che è stata più che inopportuna questa  sua mossa e finiamola qui.
Però Pererira,  è stato nominato (ora ci viene il dubbio che non sia stato ancora nominato ufficialmente: i soliti casini italiani) da tempo per provvedere alle prossisme stagioni di Milan, con l'EXPO alle porte, visto che Lissner continua a lavorarvi ma a mezzo servizio con Parigi, dove sta organizzando anzitempo le prossime stagioni, come è giusto fare. Dunque si riteneva importante che Pereira ben prima di prendere ufficialmente il posto di Lissner lavorasse, pare a costo zero, a programmare il futuro della Scala. Se questa, dunque , è stata l'intenzione di chi gli ha chiesto da gennaio di darsi da fare a  Milano, perchè ora lo si rimprovera per l'accordo con Salisburgo? Sarebbe stata la stessa cosa se l'accordo l'avesse fatto con il Covent Garden? E Lissner, l'unico autorizzato fino ad ottobre a firmare contratti per le prossime stagioni - perchè non si può attendere fino ad ottobre- è mai possibile che lui si chiami fuori dal caso? Perchè sicuramente avrà firmato e continuerà a firmare i contratti per le opere che necessariamente Pereira deve programmare per le prossime stagioni. Allora? Ecco dove le cose non sono chiare. Pereira s'è difeso, Pisapia non gli crede fino in fondo e vuole consultare Salisburgo, per capire con esattezza quale tipo di accordo sia stato preso.
 A questo punto della storia ci viene il sospetto che il caso sia stato suscitato ad arte - premesso che Pereira ha agito con leggerezza ed anche eccessiva spregiudicatezza formale - perchè si vuole rimettere in discussione la sua sovrintendenza da parte di chi,  alla fine dello scorso anno, non era d'accordo con la sua venuta a Milano. Dunque punto e da capo, come nei peggiori esempi delle faccende italiche. E la Scala potrebbe pagare il prezzo più alto, ma non in termini economici.

domenica 27 aprile 2014

Mauro Meli lavora a Cagliari senza alcuna remunerazione, ANCORA

Ci vuole tanto per arrivare a trovare, sui vari siti delle istituzioni, la pagina 'amministrazione trasparente' da cliccare per vedere i compensi dei dirigenti. Alla fine ci siamo riusciti per il Teatro Lirico di Cagliari, dove è nuovamente approdato Mauro Meli come sovrintendente, dopo l'incidente della Crivellenti, sponsorizzta da Gianni Letta e con l'avallo di Nastasi che poi invece l'ha gettata a mare. Alla fine di tanta ricerca  hai una sorpresa che non t'aspetti davvero. Mauro Meli fino alla fine del 2014 lavora GRATIS, 'senza alcuna remunerazione' si legge, nel teatro che ha lasciato qualche anno fa in un mare di debiti, di cui egli dice non essere il responsabile. Lui dice così. Come dice anche  che a Parma debiti e casini non ne ha fatti nè lasciati, a differenza di ciò che vanno dicendo Pizzarotti e Fontana oltre che i componenti  di quella cosiddetta Orchestra del Regio da lui fondata: neanche quella  lasciata nei casini?
 Ora passerà un anno a Cagliari, nell'indigenza, per espiare  peccati e colpe passate, e per dimostrare che lui non è affatto attaccato ai soldi e che fa tutto quel che fa per amore della musica, che è poi la stessa filosofia di quel suo amico agente che aveva portato a Cagliari Carlos Kleiber per la modica cifra di centinaia di milioni di lire e che fa di nome Proczinski, che ha agenzia e sede legale a Montecarlo, ma che  ha continuato, nonostante le accuse, a fare affari 'spirituali' in Italia,  con il supporto anche di Meli.


P.S. Neanche la pagina 'amministrazione trasparente' dice il vero. Che vergogna. Messo fra i consiglieri di amministrazione il nome di Meli diveniva credibile che lavorasse, come quelli senza compenso. Invece, la storia è un'altra.  Il sindaco di Cagliari è in conflitto con Meli sul compenso. Altro che lavorare gratis. Il sindaco gli vuol dare 120.000 Euro annui, Meli ne vuole 180.000, accampando il fatto che egli svolge il duplice ruolo di sovrintendente e direttore artistico. Il sindaco sta facendo fare le verifiche del caso e poi deciderà se accordare anche gli altri 60.000 Euro a Meli. E' la stessa ragione che accampa a Roma Bruno cagli per i suoi 300.000 Euro di compenso a Santa Cecilia -  un compenso che comunque ora dovrebbe  essere ridimensionato, per effetto di quanto stabilito dal governo Renzi. Lui, Cagli, si giustifica: 200.000 come sovrintendente e 100.000 come direttore artistico, senza contare che all'accademia c'è una direzione artistica e musicale già affollatissima e  molto costosa che, anche senza Cagli, costa oltre 500.000 Euro. Davvero troppo. Esageratamente troppo.
E noi poveri ingenui che abbiamo creduto a quella falsa annotazione 'senza alcun compenso'  lettosul sito del Teatro Lirico di Cagliari. Per fortuna un attento lettore del nostro blog ci ha segnalato l'articolo della Nuova Sardegna nel quale la questione 'compenso' di Meli viene affrontata per filo e per segno.

Due interviste. Una sciocca e l'altra tarocca.

Cominciamo da quella sciocca, apparsa sul settimanale L'Espresso, a firma Riccardo Lenzi. Intervistato Gustavo Marchesi. Un nome, un  mito, con la passione per la musica. Che ti fa l'intervistatore? Per tutta la lunga intervista non fa che chiedergli cose siffatte: quale piatto farebbe per l'Elisir d'amore? e lui risponde 'cappesante allo sgroppino? e per 'La forza del destino'? 'polpo vivo, annegato in cannonau', e via dicendo. Insomma tutte cose che non interessano a nessuno; ma solo a chi gliel'ha commissionata al giornale, credendo di fare cosa assai originale, ed invece è venuta fuori una cosa stupidissima. Avendo davanti una personalità come Marchesi, appassionato di musica, ma noto al grande pubblico per la cucina - detto banalmente - forse sarebbe stato più interessante chiedergli della musica, perchè - possiamo assicurare sia a Lenzi che al suo giornale -  una persona intelligente che coltiva per passione un settore diverso da quello in cui si esercita professionalmente, ha molte cose interessanti a dire.
 E poi c'è l'intervista tarocca, uscita sul Corriere, della quale non leggiamo bene la firma. Benchè su di essa qualche piccolissimo dubbio l'abbiamo ancora per alcune questioni, osiamo lanciarci in una ipotesi. Si tratterebbe di una intervista tarocca alla figlia di Bernstein in occasione dell'uscita della 'Bernstein Collection' discografica, presso la DG. La quale ha dichiarato che a tale uscita si accompagna un contributo della figlia del direttore, la nota produttrice Jamie; la quale verosimilmente ha scritto le cose che riporta il Corriere nella sua intervista tarocca, sul libretto che accompagna la pubblicazione discografica e che il giornale, in maniera truffaldina,  riprende e ripropone come originale ed esclusiva, o quasi, non dicendo  espressamente che tale intervista altro non è che la riproduzione di quella testimonianza filiale. Sarà forse per questa ragione che non leggiamo bene la firma dell'intervistatore.

Berlusca, che altro deve fare per meritarsi i domiciliari?

Ma c'è qualche giudice, dei tanti che ordinano intercettazioni telefoniche, disposto ad ordinare qualche intercettazione televisiva, ben più facile e meno costosa di quelle, a seguito della quale ridiscutere la pena del Berlusca,  togliendolo ai servizi sociali e mandandolo direttamente ai domiciliari?
 Ciò che sta sproloquiando davanti al volto soddisfatto della Barbarella D'Urso, sul 'suo' Canale 5, basterebbe da solo per  decidere che l'ex Cav. ha contravvenuto ad una delle condizioni per le quali aveva ottenuto l'affidamento ai servizi sociali.  Oggetto della sua critica anche dura è la Corte costituzionale, con i suoi membri che sono in gran parte 'amici' del Capo dello Stato, di quello presente e dei precedenti. Con l'evidente ironia sui servizi sociali, quando dice che, venendo in trasmissione, davanti ad un pubblico prevalentemente femminile- secondo la D'Urso - e persone semplici, lui sta già svolgendo il servizio sociale.
 Caro giudice, cosa deve fare Berlusca per essere mandato ai domiciliari?
 Possibile che a nessun quotidiano nazionale venga in mente di trascrivere integralmente ciò  che Berlusca,  seguace di Eramo da Rotterdam e  devoto di madre Teresa, nonchè amante degli animali ed amico dei deboli e dei poveri, ha sparato alla D'Urso per oltre un'ora di tempo, lui condannato per frode fiscale ed affidato, da lunedì - condizioni da definire - ai servizi sociali presso la struttura per anziani 'Sacra famiglia?

A chi serve lo sfruttamento dei giovani musicisti, i più bravi, dei nostri Conservatori ?

L'età, colpa dell'età se non  capiamo il progresso e i cambiamenti che il progresso sta apportando in ogni campo?  Abbiamo passato gran parte della nostra vita in classe, oltre trent'anni, insegnando 'Storia della Musica' nei Conservatori italiani. E per tutti questi anni abbiamo sempre pensato che il Conservatorio dovesse  rappresentare il luogo della formazione, e che la produzione, l'esercizio della professione, dovesse avere inizio terminata la formazione. Per questo abbiamo sempre guardato con sospetto alla lunga serie di cosiddetti 'saggi' che ogni anno concludono il calendario di studio, la cui tendenza è sempre stata quella di far suonare tutti, perchè non si avesse a pensare che quel professore non fosse in grado di svolgere bene il suo lavoro. Insomma in ogni classe ci doveva essere un fuoriclasse, anzi più d'uno, più precisamente: tanti quanti erano gli allievi iscritti, salvo poi a cambiare completamente idea al momento del diploma e nel successivo tentativo di iniziare la professione. Iniziata e subito conclusa, per manifesta incapacità, che nessun insegnante è propenso a dichiarare anche al peggiore degli allievi,  per ragioni di stretta sopravvivenza, per l'insegnante ( che  va in sovrannumero, e può perdere il posto, se si chiudono le classi), ma che contrastano  moltissimo con le ragioni dell'arte, o del mestiere di musicista.
 Ora le nostre preoccupazioni sulla mutazione genetica dei nostri Conservatori si stanno facendo più forti, se fosse possibile, quando leggiamo che quasi quotidianamente, ad esempio, il Conservatorio di Santa Cecilia di Roma suona - fa suonare insegnanti ed allievi - regolarmente  al Museo di Strumenti musicali, al Maxxi, o al Conservatorio stesso ed anche in altri luoghi, occasionalmente. La cosa ci aveva dato da pensare al punto da scrivere  un post intitolato: ma quando studiano questi ragazzi?
 Il caso del Conservatorio romano non è isolato nè unico. Quello perugino è ospite abituale  dei concertini del Festival dei Due Mondi, e  il Cherubini, quest'anno, inonda con  i suoi allievi ed insegnanti la 77 edizione del Maggio Fiorentino, con un programma intitolato 'Intorno al Maggio', della serie 'Musica e dintorni' che fa la gioia di tanti programmatori. E molti altri Conservatori ancora seguono questa stessa prassi, allestendo una propria stagione concertistica ed inviando proprie squadre anche fuori per concertini di nessun valore che hanno in vantaggio per il committente esterno di costargli poche lire, ed ancor meno Euro, ma che agli allievi possono insegnare anzitempo che abbracciare in quelle condizioni la professione di musicista non vale la pena, trattandosi di spedizioni cosiddette 'punitive' in situazioni non sempre normali.
 Ma ci sarà chi ne trae profitto, se non gli allievi? Forse solo gli insegnanti, molti dei quali, per loro demerito e incapacità, non hanno mai esercitato la professione di musicisti e che, in tal caso, finalmente suonano davanti ad un pubblico, dal cui giudizio non  dipenderà, come invece era stato agli inizi, la prosecuzione di tale attività, ora garantita dal Conservatorio. Che vuole proporsi come ente musicale di produzione e, a tempo perso e se avanza tempo, anche di formazione.

sabato 26 aprile 2014

La fede non si mangia

Se il ministro Tremonti fosse ancora vivo - come ministro, s'intende - dovrebbe correggere quella sua panzana 'la cultura non si mangia' per evidente falsità e cattiva fede.
A proposito di fede - un argomento che in questi giorni  è all'attenzione del mondo intero, per la doppia canonizzazione di oggi -  Tremonti dovrebbe ammonire quanti da tempo, magari lui mai, mangiano la loro fede, meglio mangiano per la loro fede, e non attraverso la professione che svolgono.
Ci viene  in mente il documentario  di ieri trasemsso da Canale 5, un documentario su papa Giovanni Paolo II, realizzato da Sugar, nella persona di Caterina Caselli, nota religiosa di clausura che ha fatto tutti i voti possibili nella sua vita, dalla castità - che però a noi non interessa - alla povertà e all'obbedienza al dio mercato; in collaborazione con Alberto Michelini, altro notissimo religioso che  con il Vaticano ha fatto la sua fortuna di giornalista e poi di politico - ma  senza lasciare considerevole traccia nell'una come nell'altra- e con l'intervento di Andrea Bocelli che ha preso i voti nello stesso monastero della Caselli.  La nota religiosa Caselli i soldi se li deve procurare facendo l'editrice di musica e la discografica, Michelini  con il giornalismo e la politica, girando le spalle al Vaticano - e come campa? - e Bocelli cantando e  basta.
 Questo spettacolo ci fa venire in mente una nostra vita precedente, quando per i primi anni lavorativi abbiamo insegnato 'religione' in due scuole abbastanza tumultuose ma vivaci della Capitale, il Liceo Castelnuovo ed il Tecnico Fermi. L'abbiamo insegnata in conseguenza dei nostri studi teologici, che appartengono, anche quelli, ad una nostra vita precedente. Durante quegli anni - gli anni Settanta - la vita nelle scuole non era facile; ed ancor meno facile lo era per chi insegnava religione.
Avevamo letto in classe al Castelnuovo la corrispondenza fra l'allora vescovo di Ivrea, mons. Bettazzi, ed Enrico Berlinguer, sul  rapporto fra religione e marxismo, meglio gli eventuali punti comuni fra le due 'religioni', chiamiamole così, per semplificare. Qualche allievo,  benchè vivace e curioso,  faceva la spia al Vicariato di Roma, da cui dipendeva  la segnalazione ai presidi delle scuole per la nomina degli insegnanti di religione. Diceva al Vicariato che noi leggevamo  scritti di Berlinguer e Bettazzi , un vescovo comunista o in odore di eresia, e dunque guardato con sospetto. Puntuali arrivavano le telefonate 'esortative' del Vicariato: 'Professore, lasci stare, altrimenti l'anno prossimo non insegna più'. Non erano così brutali, ma ancora più ipocrite e dunque più fastidiose ed indigeste. Ciò che maggiormente ci feriva di quelle telefonate era proprio l'equivoco sul quale si fondavano,  e cioè che il Vicariato  esigesse da un professore di religione non la competenza in materia - e quella l'avevamo, notoriamente - bensì la sua obbedienza alle gerarchie. Insomma si insegnava non in nome della competenza, bensì della professione di fede. Dunque la fede ci dava da mangiare.
Quando avemmo la prima nomina come insegnante di Storia della Musica in Conservatorio avvertimmo un senso di liberazione: da quel momento in avanti mangiavamo in conseguenza della competenza musicale che, certamente, agli inizi della carriera era di molto inferiore a quella  che avevamo acquisito con studi regolari in fatto di religione , soprattutto nella teologia e sacra scrittura.
  Uno mangia attraverso l'esercizio della propria professione e non per la fede che professa.  Per questo ragione, quel documentario e moltissimi altri casi - un nome per tutti, Formigoni -ci hanno fatto ripensare a quella frase di Tremonti da correggere assolutamente. Perchè - come hanno dimostrato infinite ricerche scientifiche e di mercato, la cultura si mangia. ma la fede no. Come, invece, qualcuno continua a fare. L'ostentazione interessata della fede, che solitamente non si riflette nella vita degli interessati,  e che serve a molti solo per fare carriera con la spinta della gerarchia vaticana, ci RIPUGNA.
Così quando leggiamo che la nomina della Lorenza  Lei a direttore generale della RAI, e non solo la sua in RAI, ebbe la benedizione di Bertone, il lussuoso cardinale,  perdiamo la pazienza.

venerdì 25 aprile 2014

Letto sui giornali.I Berliner si fanno i dischi da soli. Abbado invece di Allevi. L'Opera di Roma tira la cinghia. L'Argentina è lontana

I Berliner hanno deciso di dar vita ad una propria etichetta discografica, sganciandosi dall'etichella 'gialla' Deutsche Grammophon, alla quale sono stati legati per lunghissimi anni. L'Orchestra  ha preso la decisione d'accordo con il suo attuale direttore Rimon Rattle. Si tratta di una primizia? Per i Berliner sì, ma non è una primizia in assoluto. L'hanno già fatto, anni fa, Gergiev e il suo Mariinskij di San Pietroburgo, per lungo tempo legati alla Philips; e successivamente l'ha fatto anche  Jordi Savall con il suo complesso Hesperion che ha creato l'etichetta Alia Vox, con la quale incide nuovi dischi e riedita quelli passati di cui h acquistato i diritti dalla precedente casa discografica, e tutti hanno una grande visibilità.
La Radio della Rai elimina Allevi e ci mette Abbado. Fino a poco tempo fa le trasmissioni si aprivano con l'Inno di Mameli diretto ( o forse bistrattato) da Allevi - solo la radio di un paese sottosviluppato poteva osare tanto - ma d'ora in avanti si apriranno con lo stesso Inno nazionale ma suonato dai Berliner, diretti da Abbado. Se capiamo Abbado, non comprendiamo i Berliner. Dalla padella alla brace della sciatteria. Quando Rai Tre cambierà la sua sigletta ( Schubert/Berio, ma solo Berio - ora i suoi eredi - prende i diritti!!!)  che inonda l'intera programmazione quotidiana?
L'Opera di Roma deve tirare la cinghia. Nel bilancio di previsione per il 2014, la cultura a Roma deve restringersi, a cominciare dall'Opera, dotata ora di un nuovo sovrintendente che tutti lodano ' ANTE DIEM RATIONIS', per dirla liturgicamente, che deve procurarsi soldi da sè, tagliare le consulenze - a proposito giorni fa avevamo segnalato qualche consulenza sospetta, che si aspetta a tagliarla?- ridurre costi e personale - e questo l'ha già fatto cominciando con il piede sbagliato, dai ballerini ( un sovrintendente che capisce i problemi dell'arte, avrebbe cominciato dagli uffici, dove sono accatastati dipendenti su dipendenti messi lì ad ondate con le varie sovrintendenze), perchè il Comune ridimensionerà il suo contributo annuale che, fino ad oggi - complici i vari sindaci, nessuno escluso - era il più alto d'Italia, dopo quelli di decenni fa che in Sicilia arrivavano al Teatro Massimo, quando i sovrintendenti erano amici e fiancheggiatori degli amministratori comunali e regionali di turno. Comunque la si giri, la politica in ogni settore e ad ogni  latitudine ha fatto sempre disastri, a spese di tutti.
 L'Argentina è lontana. Le vicende che riguardano la direzione del Teatro Argentina di Roma non accennano ad essere risolte. Da tempo s'è insediato il presidente, direttamente dalla Rai, Marino Sinibaldi; poi, dopo faticosissimo travaglio, si era fatto il nome di Ninni Cutaja come direttore, senonché il ministero di Franceschini ha posto il veto, ma preventivamente aveva dato il via libera. Un pentimento! La comunicazione al Comune è arrivata all'assessore Barca ed al presidente della Commissione Cultura, Di Biase, compagna del ministro Franceschini, e già in corsa per l'assessorato, poi assunto dalla Barca. Ora che la Barca  fa acqua, nel laghetto di Villa Borghese, che che Marino ha solcato 'in solitaria' - che pena! - la compagna del ministro potrebbe nuovamente essere candidata all'assessorato, questa volta forse con maggiori chance, e non perchè sia la compagna del ministro,  sia chiaro, semplicemente perchè prima non s'erano accorti di quanto fosse brava.
 Intanto Marino, Barca, Di Biase e Sinibaldi si sono riuniti per decidere. Mancava Franceschini? Non sarebbe stato meglio invitarlo per evitare ripensamenti? Franceschini c'era, non in carne ed ossa ma in spirito,  rappresentato dalla sua compagna.

mercoledì 23 aprile 2014

Letto sui giornali: varia umanità

Alessandra Mussolini ha escogitato un sistema pratico e poco dispendioso per la sua campagna elettorale alle Europee. Candidatura che, detto fra noi, berlusca si poteva risparmiare, avendo la signora già fatto  la sua campagna d'Italia da molto tempo,  ed essendosi meritata, a seguito della stessa, un riposo domestico. Ed invece il cav ( ex) la costringe e restare sulla breccia. E lei che s'inventa?  Si presenterà - ha già cominciato- in televisione ogni volta che la inviteranno - e la inviteranno, c'è da giurarci, molte volte perché chiassona - con un braccialetto luminoso al collo; non le servirà  per coprire quel brutto effetto della pelle sul collo che si chiama ' di tartaruga', ma perché si leggerà la scritta luminosa 'Forza Italia'. La candidata ha premesso che quel braccialetto, evidentemente molto estensibile, lo portava un tempo in vita, non ci ha detto cosa vi si leggeva. Perché ha scelto di dirlo a voce,  ogni volta che si presenta ad una trasmissione, a quale partito appartiene? se ne vergogna?

'ULisse 2000', 'Frecciarossa' - o come c. si chiama quest'ultimo mensile, sono le inutili pubblicazioni  della nostra compagnia di bandiera e di Trenitalia. Noi non ci abbiamo mai scritto neanche una riga, ma le abbiamo sempre avidamente sfogliate nella speranza di trovarvi qualcosa che valesse la pena di leggere e che giustificasse la pubblicazione medesima e i lauti compensi alle articolesse del nostro più inutile ma salottiero giornalismo. Mai che avessimo trovato qualcosa di interessante. Ora la nuova Alitalia rifà il look alla sua rivista, affidandola ad una società, il cui capitale sociale è inferiore di molto a ciò che costa un singolo numero della sua rivista, per farci cosa non si sa. Secondo noi nulla, come sempre., mentre la compagnia di bandiera, nel frattempo,  deve licenziare e essere venduta ad un compratore orientale.
Nel caso poi della rivista di Trenitalia, se non andiamo errati, nel colophon  un solo cognome compare più volte. Non crediamo di ricordar male;  questo stile 'famigliare' è assai diffuso. Lo abbiamo segnalato molto tempo fa, a proposito dell'agenzia 'angeli' affidata ad una grande giornalista (Paola Severini), che naturalmente vi ha chiamato a scrivere anche due suoi figli, nati Guidi, corrispondenti da Parigi e New York. Non sarà che  gli  angeli - gli stessi dell'agenzia - li mantengono agli studi?

Roma e 'La Roma' di Eleonora Abbagnato. E Muti resta a guardare o sta meditando l'abbandono?

Eleonora Abbagnato,  l'incantevole ballerina ed étoile dell'Opéra di Parigi, aveva già manifestato, mesi fa, l'intenzione, anzi il desiderio ardente di  lavorare all'Opera di Roma, come direttrice del Corpo di ballo, posto occupato  da van Hoecke, per decisione di Riccardo Muti,  ancora per il 2014. Oggi l'étoile è stata vista in Campidoglio, a colloquio con Marino. Nel corso dell'incontro, ha fatto sapere il sindaco, la Abbagnato ha dichiarato la sua disponibilità a collaborare con la città di Roma, giacchè suo marito collabora con 'La Roma', ed ambedue - ma più per il  lavoro del marito che per il suo futuro eventuale incarico - abitano a Roma, mentre prima l'étoile abitava a Parigi, lei siciliana come Marino, dove aveva compiuto i suoi studi e la prima parte della sua carriera, se ricordiamo bene.
 Ha le carte in regola la Abbagnato per proporsi come direttrice del Corpo di ballo dell'Opera di Roma, la cui compagnia recentemente è stata prosciugata di un buon numero di ballerini, che saranno in parte sostituiti in settembre, stando alle promesse fatte di recente da Fuortes? Non sarà che Fuortes sta pensando, con Marino, di mettere mano ad un cambio radicale  nella struttura e nel vertice del corpo di ballo dell'Opera?  E Muti è d'accordo con Marino ed anche con Fuortes?
 E' qui il primo problema, al di là delle capacità della étoile Abbagnato di proporsi come direttrice del corpo di ballo': Muti, cioè, accetterà che il suo protetto Micha van Hoecke - come del resto lo è anche Vlad, delle cui capacità di reggere un grande teatro nessuno ha chiesto conto all'inizio del suo mandato, per lui garantiva Muti e questo bastava! - venga disarcionato  per far posto alla bella e brava étoile Abbagnato, ma forse non altrettanto brava per il ruolo di direttrice? Il 'metodo renzi', o 'della rottamazione' (finora tenuto fuori dalle grandi istituzioni culturali e musicali in primis, dove l'età ha un qualche peso in fatto di esperienza e notorietà, sebbene  i giovani vengano coccolati, qualche volta senza ragione) entra anche nelle fondazioni liriche e nei corpi di ballo?
 Due domande, spontanee - come diceva Lubrano:
1- Ammesso e non concesso che la Abbagnato ottenga da Marino ed anche da Fuortes, l'incarico che desidera 'ardentemente' ( quanto ardentemente?), quando il suo compagno da 'La Roma' dovesse cambiare squadra, lei chiederà di essere trasferita da 'Roma' ad altro corpo di ballo, magari sparando che lei a Roma non si è trovata bene?
2- Non sarà il primo timido segnale del disimpegno di Muti dall'Opera di Roma? Muti accetterà mai che un suo protetto venga sostituito da altri? E, a seguire, che anche il suo direttore artistico  possa fare la stessa fine, sostituito  da  qualcuno del giro di Fuortes, sulla cui fortuna e capacità professionali grava, già ora, un punto interrogativo grande quanto una casa?

lunedì 21 aprile 2014

Il rito delle multiinaugurazioni, inutile e costoso.

A Firenze come a Roma.  Nel dicembre 2011 la prima inaugurazione, con Francesca Colombo sovrintendente. Poi riaperto il cantiere, si tornò al vecchio Teatro Comunale. L'Opera di Firenze non era ancora agibile.
All'inizio del prossimo mese, nuova, seconda inaugurazione dell'Opera di Firenze, con un gala non più solo 'concertistico', ma con un piatto misto di melodramma (Tosca, Otello) e balletto ( torna a danzare, dopo un pentimento durato qualche tempo,  Alessandra Ferri). Poi dopo il nuovo bagno di folla di Renzi, e del nuovo commissario del teatro, suo strettissimo sodale, Bianchi, e della seconda inaugurazione de l'Opera di Firenze, si torna al vecchio Comunale , fino al prossimo novembre, quando ci sarà una terza inaugurazione con il Falstaff diretto da Mehta (che sembra agli sgoccioli come direttore musicale dell'orchestra del teatro, alla soglia degli ottant'anni; suo probabile successore Gatti) e con la regia di Ronconi. Sindaco della città non è più Renzi, ma potrebbe essere Nardella e non sappiamo se commissario sarà ancora Bianchi o ne arriverà un  altro, oppure si tornerà ad avere un sovrintendente, a teatro 'nuovo nell'edificio' e 'risanato nelle finanze'.
Poi dopo questa terza inaugurazione, l'Opera di Firenze tornerà ad essere cantiere, per la quarta e, si spera, ultima inaugurazione, che dovrebbe avvenire alla fine del 2015. Finora quattro inaugurazioni, ma non è detto che la quarta sia quella definitiva. A che servono tante inaugurazioni, una dopo l'altra, del medesimo edificio? E a chi, eventualmente?
 Firenze non insegna nulla di nuovo. Anche Roma seguì la stessa tecnica all'atto di inaugurare l'Auditorium costruito da Renzo Piano. In verità lo fece anche Venezia, per la Fenice ricostruita, ma lì di inaugurazione ve ne furono solo due, la prima con una serie di concerti sinfonici e il primo 'Concerto di Capodanno da Venezia' (contro la cui prosecuzione ha fiatato recentemente anche una pulce, un tempo famosa perché recensiva concerti senza andarci!), poi, a distanza di meno di un anno, la reinaugurazione del teatro, con una Traviata diretta da Maazel e con la regia di Carsen che ancora viene riproposta con identico successo di pubblico.
 A Roma, epoca Veltroni l'americano, le inaugurazioni furono tre. Prima la sala Sinopoli, poi la sala grande e poi, ripresi i lavori, Santa Cecilia si trasferì definitivamente , nel giro di un anno e mezzo dalla prima inaugurazione, nel nuovo auditorium. Erano gli anni della (spregiudicata) sovrintendenza di Berio, e la seconda inaugurazione, sancì la rottura definitiva fra il compositore ed il direttore Chung, a causa della inaugurazione della sala grande, battezzata 'Santa Cecilia', del dicembre 2012. Berio, già ammalato in quel periodo, ebbe parecchi contrasti con Roma; ma si sa che a lui non importava nulla del resto del mondo, credeva solo a se stesso.
 In tutti i casi, a che servono tante inaugurazioni? Servono, almeno o forse soltanto, a mantenere viva l'attesa  e l'attenzione generale sulle nuove sale o sui nuovi teatri. Perchè, si sa, in Italia gli incompiuti architettonici sono molto più numerosi dei manufatti completi ed agibili.
Ma servono soprattutto a chi governa le città o a chi siede al ministero, sebbene in quest'ultimo caso le figure che hanno occupato la poltrona di piazza del Collegio romano, siano state sbiadite ma non dal sole,bensì dalla loro inconsistenza inefficienza ed incapacità; e perciò a nulla sarebbero servite per la loro immagine.
 Non sappiamo a Firenze, ma a Roma, ricordiamo bene quelle esaltanti giornate inaugurali, durante le quali Veltroni, ma anche Gianni Letta, sottosegretario di Berlusconi, non mollarono mai neppure per un solo istante la loro poltrona in sala. Sembrarono tutti convertiti alla musica - lo diciamo per Veltroni, perchè Letta segue  i concerti ( mai che fosse venuto in mente a Berlusconi di fare un  salto all'Auditorium; lui no, si contentava di mandarci Letta, mentre pensava ad altri spettacoli ed in altri luoghi, perchè una sala da concerto o un teatro non è mai stata roba per lui).
Veltroni si prese tutto il merito del lavoro di altri, si trovò cioè l'Auditorium  bell'e fatto, si potrebbe dire. Comunque fu all'altezza della situazione. Finite le inaugurazioni, di Veltroni nelle sale da concerto dell'Auditorium, neanche più l'ombra, in questi ultimi dieci anni.
Ma certo quelle inaugurazioni giovarono alla sua carriera politica, anche se poi  finì tutto. Veltroni era noto , all'epoca, per il suo impegno giornaliero di sindaco inaugurante. Si raccontava, ironicamente, come ogni mattina giunto al Campidoglio, non domandasse mai l'ordine dei lavori in ufficio, bensì il calendario delle inaugurazioni giornaliere da presenziare.
 E Alemanno, che inaugura più volte il cosiddetto 'Ponte della Musica', altra inutile dispendiosa idea veltronianna, al punto che per una ulteriore inaugurazione pensa di intitolarlo ad un musicista romano ( Trovajoli) che nessuno o quasi nel mondo conosce, ma che a Roma aveva amici e seguito e perciò poteva assicurare alla sua traballante poltrona comunale, qualche puntello, dopo i vergognosi flop delle puttane tolte dalla strada (per finta), e  dei quattro fiocchi di neve che paralizzarono Roma? Sul ridisegno della toponomastica cittadina ebbe al suo fianco il celebre Mollicone,  a capo della Commissione cultura, sul quale anche Riccardo Muti, tirato in ballo, non seppe trattenersi dall'ironizzare ( 'a Roma conosco solo Morricone!)
Perchè sia chiaro, se il nostro paese non ha mai avuto rispetto della sua cultura,  del suo passato è semplicemente perchè non ha mai avuto governanti sinceramente convinti che il futuro dell'Italia sta proprio nel rispetto, custodia e valorizzazione del suo passato,  che è preludio alla creatività presente e  futura.. E  Renzi e Franceschini?

domenica 20 aprile 2014

Nino Rota.Il catalogo è questo


L’archivio di Nino Rota (1911-1979), presso la Fondazione Cini di Venezia, è stato catalogato per l’editore Olschki ( Catalogo critico. Pagg. 103. Euro 15,00) dal suo curatore e custode , oltre che parente del musicista, Francesco Lombardi che, di recente, lo ha lasciato in altre mani, più esperte e competenti, ed anche più musicali. Annunciato come ‘primo’, e ‘critico’ delle composizioni di Rota, tocca i settori della musica sinfonica, da camera e per il teatro - lasciando quindi volontariamente fuori la musica da film, per la quale Rota è soprattutto noto a tutti, facendo torto al Rota non cinematografico, che resta musicista di grande valore. In questo catalogo mancano le opere incompiute – la gran parte delle quali appartengono all’età ‘infantile’ di Rota, e le trascrizioni che rappresentavano il pane quotidiano per gli studenti di composizione di Rosario Scalero, in America. Sono inclusi , invece, quelle opere andate smarrite ma di cui si ha traccia certa di almeno una esecuzione.

Nei poco più di cento numeri d’opera, ordinati per genere all’inizio del catalogo e poi nel corso del medesimo, in ordine progressivo, non trova soluzione un enigma che proprio nelle passate settimane s’è presentato a proposito di una sua celebre opera: Mysterium Catholicum, poi solo Mysterium. Intitolato sulla partitura originale ‘oratorio per voci solisti, coro e orchestra’ e , nel catalogo, con il sottotitolo di ‘Cantata’ per quattro voci soliste coro e orchestra, va considerato oratorio o cantata? Forse il curatore del catalogo avrebbe dovuto accennare se non adidirittura dirimere la questione. Ed invece non l’ha fatto. Come non s’è curato, in almeno altri tre casi, che noi conosciamo direttamente, riguardanti tre composizioni sacre di Rota ( Unum panem frangimus da Mysterium, trascrizione per coro a voci pari e organo; Inno del Seminario pontificio della Quercia( Viterbo); Tu es Petrus, mottetto per coro a voci pari e organo) di andare alla radice del problema della loro destinazione. A proposito della quale, nelle note - chiarificatrici?- del catalogo, si cita espressamente il committente - che era in tutti i casi chi scrive - ma si sbaglia su parecchie altre cose. Chi redige un catalogo, e conosce il committente ( del quale c’è lettera manoscritta fra la corrispondenza di Rota, consultabile nell’archivio veneziano), è tenuto ad interpellarlo per non incorrere in inesattezze, come è incorso il Lombardi. Naturalmente vogliamo pensare che le inesattezze siano circoscritte a quelle pochissime che noi abbiamo individuato e che per tutto il resto del catalogo - dal n.1 ( Il mago doppio, suite per pianoforte a quattro mani) inedito del 1920, quando Rota era proprio un bambino, al n. 187 ( Canzoni Dodicesima notte) del 1979 - ciò che si legge sia vangelo
 P.s. Una intervista uscita oggi su Repubblica, scioglie il mistero della paternità di Rota che, come s'è saputo solo dopo la sua morte, aveva una figlia che solo oggi porta anche il cognome Rota e che, dopo la nascita era stata affidata ad  un istituto e poi adottata. Alla ragazza , assicurò Suso Cecchi D'Amico, forse l'unica a dividere con Rota il segreto della paternità, Rota ha sempre provveduto. Sulla madre della signora s'erano fatte parecchie ipotesi, ora il lontano cugino del maestro, Lombardi, rivela che la madre della figlia di Rota  era una pianista italiana che si era stabilita a Londra, il suo nome era Magda Longardi.  

sabato 19 aprile 2014

Peccati di giovinezza di Pappano e signora

L'altra sera abbiamo assistito, nella Sala Petrassi dell'Auditorium di Roma, piena di pubblico, ad un concreto indimenticabile per molti versi. Innanzitutto perchè si eseguiva la 'Petite Messe Solennelle' di Rossini, un'opera che in questi ultimi anni ci affascina ogni volta di più, superando qualsiasi altra musica. L'inizio della Messa non riesce mai a trovarci nell'indifferenza; e l'Agnus Dei non finisce di commuoverci, immancabilmente. L'occasione della esecuzione, un concerto 'straordinario' non previsto in stagione, era dato da un anniversario che non poteva passare inosservato: centocinquanta anni fa, la Messa veniva eseguita per la prima volta a Parigi, in casa del Conte Pillet-Will, alla cui consorte la messa era dedicata. Era il 14 marzo 1864, ed era di lunedì. La seconda ragione che rendeva il concerto tanto più prezioso era la presenza ai due pianoforti dei coniugi Pappano - e non si tratta di 'promozione' per ragioni di cuore, per la signora Pappano, Pamela, che è una pianista di classe e che ha conosciuto suo marito a Bruxelles, perchè sia Lui che Lei facevano lo stesso mestiere prima che Tony diventasse direttore, e cioè accompagnavano cantanti,  erano il loro istruttore, il ripetitore, colei o colui che segue  i cantanti, anche molto celebri, nello studio di una  nuova parte o lavorano in teatri che hanno sempre bisogno di tale figura professionale Quando Pappano riviene in Europa dall'America, dove si era trasferito da Londra, alla morte della sua sorellina, ancora molto giovane, a Barcellona,  è perchè  lo chiamò Romano Gandolfi, che lo aveva conosciuto in una trasferta americana ne aveva apprezzato le qualità musicali e la sua conoscenza del repertorio vocale. Bene, Pamela Pappano questo mestiere lo conosce benissimo e dunque era ora che si presentasse nelle vesti professionali sue proprie e non solo come moglie di Pappano, anche dove suo marito comanda, come accade già a Londra, dove lei lavora al Covent Garden. La passione, l'amore che ambedue mettono nel lavoro al servizio della musica è , potremmo dire, totale, eroica, ed i risultati lo dimostrano.
 E poi c'è un'altra ragione che ha reso quella serata unica e  che fa onore agli interpreti. Pappano, in queste settimane, è alla Scala per la sua prima direzione operistica ( Les Troyens di Berlioz) e nei due unici giorni di pausa, fra le recite, è corso a Roma per questo concerto. Sono dei purissimi vizi che solo in gioventù si possono coltivare, quando si può ogni tanto anche trascurare il riposo.
 A proposito di Berlioz alla Scala, abbiamo letto recensioni sulle quali forse sarebbe opportuno fare qualche riflessione, sia sugli autori che su  quello che hanno scritto. Per ora ci fermiamo agli autori: singolare la firma sul Corriere,Torno,  che non era  quella dei critici canonici, chissà perchè; mentre La Repubblcia che altre volte , raramente in verità, s'era precipitata a scrivere recensioni che forse neppure meritavano di essere scritte, invece, per l'opera di Berlioz ha atteso, come una recita qualunque, la domenica successiva; nessuna recensione invece sul Messaggero; e su  La Stampa, ne ha scritto il corrispondente da Parigi, melomane da una vita, ma non un critico del giornale
 Dopo Pasqua, Pappano sarà a Roma, per un concerto davvero singolare per il programma che è un programma di quelli che erano assai frequenti nei concerti di moltissimi anni fa, con brani tratti da opere molto complesse ed arcinote. Oggi, se non fosse Pappano a farlo, qualcuno oserebbe gridare allo scandalo. Noi no. E andremo ad ascoltarlo.

Caracalla modello Auditorium

L'avevamo detto. Alla fine anche al lucidissimo Fuortes si sarebbero confuse le idee, tenendo i piedi in troppe scarpe contemporaneamente. Quando sta all'Opera programma come se stesse all'Auditorium o al festival di Tivoli, e  forse anche viceversa, in taluni casi - perchè nell'uno come nell'altro e nel terzo regno di sua competenza, i fidatissimi consiglieri sono gli stessi ed hanno forse perso la bussola come il loro capo, o forse non riescono a vedere le singole specificità.
 Fermiamoci sull'Opera. E' stato presentato, a due mesi dall'avvio della stagione estiva - troppo tardi! - il programma di Caracalla., secondo il sindaco Marino un 'must'- che avrà voluto dire?
 La platea verrà ampliata. Sì, no, stiamo vedendo. naturalmente i giornali fedelissimi del Fuortes  passano sopra queste quisquilie: 3500 posti o 5000 fa lo stesso. Non si sa se la platea potrà essere ampliata, e soprattutto occorrerà prima di tutto pensare a riempire i posti disponibili che sembrano pochi - e lo sarebbero se l'Opera sapesse programmare - ma che l'anno scorso non si riempivano ogni sera, nonostante che i giornali amici della precedente gestione gridassero ogni sera al 'tutto esaurito'. Se facciamo bene i calcoli, a fine stagione noi dovremmo avere all'incirca 3500 biglietti venduti, ogni sera per 25 serate (ci sembrano numericamente le stesse della passata stagione, anche se 'Il messaggero' titola che sono aumentate le repliche!)
A fine stagione si dovrebbero avere  più o meno 87.000 biglietti venduti. L'anno scorso se ne vendettero al di sotto dei 50.000, anzi più vicino ai 40.000, segno evidente che i  sbandierati 'tutto esaurito' non ci sono mai stati, in barba ai bollettini di vittoria dei giornali  amici.
Ma temiamo che la stessa cosa accada quest'anno, perchè anche Fuortes sembra  convinto che Caracalla debba diventare qualcosa di diverso da ciò che è sempre stato, e cioè la più affascinante e monumentale platea operistica popolare all'aperto.
 L'anno scorso il Vlad propose anche alcune seratine di quelle chic ( Purcell e Cappelli, autore della pièce su Kleiber, per complessivi  2000 spettatori in tutte le repliche dei due spettacoli!). Quest'anno il duo Fuortes-Vlad, e consiglieri di Fuortes, come fossimo all'Auditorium, propongono l'Orchestra di Piazza Vittorio in una rivisitata 'Carmen', che fino a qualche giorno prima s'è potuta vedere nella edizione bizettianna, al chiuso del Costanzi. Si sono,poi, alcune serate con il Balletto di Tokio, in coreografie che recano la firma di Béjart; una serata di gala con Bolle, e alla fine per una quindicina di giorni l'alternanza di 'Bohème' e 'Barbiere' , due nuovi allestimenti, per uno dei quali il direttore, Fuortes lo importa dal suo ex Petruzzelli - come Pereira che alla Scala  pensa a Salisburgo?
 La programmazione ci fa pensare che ambedue gli artefici  non amino l'opera italiana - che,  guarda caso, gli stranieri che vanno a Caracalla, e sono tantissimi, amano sinceramente ed intensamente - e che se dipendesse esclusivamente da loro, a Caracalla farebbero altro. Per Fuortes esattamente quello che fa all'Auditorium ed a Tivoli, e forse la cosa andrebbe bene anche al Vlad. E così finalmente si avrebbe un solo, unico, festiVAl a Roma e provincia.
Non abbiamo volutamente toccato il capitolo prezzi dei biglietti alle terme. Qualcuno ci dovrebbe spiegare come possono gli italiani normali - non quelli che si vedono nelle prime file a Caracalla e che solitamente sono invitati o portoghesi - a pagare niglietti che vanno da 40 a 130 Euro circa. Noi, se dovessimo pagare non ci andremmo, perchè ora non potremmo permettercelo. Per ora non ci andiamo comunque, perchè l'elegante Arriva, che con i giornalisti non allineati non è stato mai tenero ( non gli hanno ancora detto che il mondo è cambiato!) a noi non manda più neanche i comunicati - ma anche di quelli possiamo fare a meno, come di lui - per farci scontare il peccato di lesa maestà, che sarebbe quella di Catello. Che ridere!

In tempo di crisi,noi chiamiamo a lavorare i musicisti stranieri

La regola che sembra valere nel campo dello spettacolo e della musica, senza che nessuno alzi la voce, sembra essere l'esatto contrario della cosiddetta 'delocalizzazione' in ambito industriale, contro la quale tutti protestano, giustamente. In tempo di crisi si va a produrre dove il lavoro costa meno, per risparmiare e rendere i propri prodotti più competitivi.
 Nella musica avviene esattamente il contrario. In uno degli ultimi numeri di Music@ affidata alla nostra direzione - ora il Conservatorio aquilano, che ne era l'editore, ha cambiato testata, la sua rivistina si chiama ' Musica + o -', ed ha altre finalità - abbiamo lanciato l'ennesimo appello contro questo schifo italiano. Prendendo  ad esempio  due prestigiose stagioni sinfoniche, una più prestigiosa dell'altra - quella di Santa Cecilia rispetto a quella della Rai di Torino,  ambedue con reggitori in comune, il che stabilisce un legame non casuale - abbiamo dimostrato come la presenza di artisti italiani di valore  in ambedue i cartelloni della corrente stagione sia prossimissima allo ZERO. E ciò nonostante che  la crisi  dovrebbe consigliare i dirigenti di ambedue le istituzione a risparmiare ed a dare lavoro ad artisti italiani di valore uguale a quelli stranieri che vengono, invece, solitamente preferiti e che , sicuramente, costerebbero meno.
 Il problema  viene sollevato in questi giorni  ancora una volta da una intervista di Roberto Bolle e da una lettera inviata da Luca Barbareschi a 'Repubblica'. Nell'uno e nell'altro caso ci si riferisce alla programmazione della prossima  stagione della Scala che coinciderà con il tormentato, e forse non più così sicuro, arrivo di Pereira  e con le manifestazioni dell'EXPO 2015. Ed il riferimento preciso è fatto alla presenza del 'Circle du soleil' - complesso straordinariamente bravo ma straniero - quando Milano dovrebbe essere in tutti i campi vetrina delle eccellenze italiane; ed alla 'Turandot' inaugurale, diretta da Chailly, in un allestimento acquistato da Amsterdam, voluto da Lissner.
Barbareschi attribuisce tale scelta come altre simili, al PROVINCIALISMO italiano. Troppo facile e semplice. Non basta. Non da ora e da noi soltanto questo problema è stato sollevato e mai risolto. E' stato ipotizzato che dietro questi giri che portano lontano ci sono strani percorsi e scambi di artisti, ci sono agenzie potenti in grado di influenzare  le scelte delle istituzioni, e qualcuno vi ha anche visto l'ombra di tangenti. In tutti questi anni di denunce  il Ministero è stato alla finestra a guardare, e non crediamo che Franceschini, finchè avrà al suo fianco Nastasi, cambierà rotta e logica. La presenza, ora più ridotta, in Italia di un potente agente monegasco è stata foriera di tanti danni e soldi buttati, nelle sue tasche - non sappiamo se Nastasi lo conosca ed ancor meno se abbia mai avuto a che fare con lui.
 Certo è che il Ministero che potrebbe imporre direttive volte a  invertire drasticamente tale rotta, non lo fa. E forse ha la colpa maggiore, giacchè è lo stesso il Ministero che finanzia gran parte dell'attività musicale in Italia , senza di lui molte botteghe chiuderebbero. E invece , curiosamente,  rimane alla finestra. Con la tragica conseguenza che gli artisti stranieri in Italia vengono pagati più che altrove - lo hanno più volte dichiarato essi stessi - e che ad usufruire di questa 'america' dello spettacolo non siano, se non in minimissima percentuale, gli artisti italiani. Della crisi, che dovrebbe far riflettere, non frega, evidentemente, a nessuno.
Per convincersi del tutto, si sfoglino i cartelloni delle stagioni europee, anche di grandi istituzioni, e si vedrà che  in ciascuna di esse la presenza di artisti italiani o di altra nazionalità è occasionale, diciamo abbastanza rara, specie in questi ultimi anni difficili. Esattamente come dovrebbe essere anche in Italia. Ed , invece, non è.

Facimme ammuina!

Il dialetto napoletano questa volta c'entra. Già, perchè il direttore d'orchestra Daniel Barenboim, demiurgo pagatissimo alla Scala, nell'era Lissner - lui ha diretto, a stagione, più concerti ed opere di quanti ne abbiano diretto tutti i direttori musicali del teatro prima del suo arrivo; a nostro parere troppi , inutilmente tanti!- intervistato per 'Repubblica', mentre è a Berlino e dirige il Tannhauser di Wagner, sembra voler far casino, 'ammuina' si dice a Napoli per confondere le idee. Avrebbe potuto dirci qualcosa  sulla gestione Lissner - perchè no?-  della quale è stato corresponsabile fin da principio, farci capire perchè, pur oberato di lavoro, abbia accettato di lavorare, stralavorare, anche a Milano; avrebbe magari anche potuto dirci cosa pensa della storia di Pererira, con il quale a Salisburgo ha avuto contatti e rapporti negli anni passati attraverso la sua orchestra 'Divan', presentissima nei cartelloni austriaci. Invece no, quando si tratta di dimostrarsi capaci di intendere e volere e di avere una qualche personalità ed autonomia di pensiero, no, si rinuncia volontariamente e diplomaticamente - pusillanimi tanti dittatori del podio. Mentre  per far ammuina distraente, Barenboim accenna alla 'gratuità' ( non di costi, s'intende) di tante regie d'opera - se ne accorge solo ora? - che non rispettano la musica e, colmo dei colmi, manifesta il desiderio di dirigere almeno una  volta a Napoli, nello storico bellissimo Teatro di San Carlo.  Ma come fa a dire questo? se avesse manifestato una sola volta, nei lunghi anni milanesi, il desiderio di dirigere al San Carlo, i dirigenti del teatro glielo avrebbero subito esaudito. La vera storia è invece un'altra. Nessun direttore di rango che ha un incarico stabile, o semistabile, in Italia con un'orchestra,  ritiene (stupidamente) di dover accettare l'invito a dirigere un'altra orchestra del nostro paese. Non c'è neanche bisogno di fare esempi, perchè non vi sono eccezioni a questa regola, alla quale hanno ubbidito ed ubbidiscono tutti da Muti a Pappano a Mehta ( ma la stessa cosa poteva dirsi per Abbado. Abbiamo scritto  in passato che né Abbado né Muti, sinceramente interessati alle sorti della gioventù musicale italiana, nei loro anni milanesi, e, nel caso di Abbado, in quelli dopo, non hanno mai diretto un solo concerto con la Verdi di Milano, l'unica realtà 'nuova' in fatto di orchestre degli ultimi vent'anni in Italia. Come mai?) e prossimamente anche  a Chailly ( lo farà anche lui, ne siamo certi!) ecc...
Noi stessi più di una volta abbiamo informalmente - perchè non avevamo titolo a farlo 'formalmente' - invitato un notissimo direttore a dirigere un concreto importante ( importantissimo!!!!) in una istituzione diversa da quella nella quale ha un incarico stabile. La risposta è sempre stata la stessa: no, sono occupato, ho impegni fino all'eternità ed altre simili scempiaggini. Ci è sembrato di ascoltare la stessa falsa canzone che da anni va cantando la Bartoli: non canto in Italia perché si programma all'ultimo minuto e, invece, i miei concerti  sono programmati con anni di anticipo. Poi esce un  nuovo disco della signora e lei trova il tempo per farsi un giro, NON PROGRAMMATO, fra i teatri italiani.

mercoledì 16 aprile 2014

salutare censura

 Se il pubblico della tv italiana seguisse soltanto Rai Parlamento, si farebbe delle nostre attuali due Camere  legislative una idea molto diversa dalla realtà,  anzi diversissima. Viene inquadrato il ministro o il capogruppo di turno, in primo piano, lasciando accuratamente fuori qualunque totale, da cui ricavare una immagine dei parlamentari. Il più delle volte le aule sono vuote, vistosamente vuote - come si deduce, invece, da altre trasmissioni, telegiornali o dirette di altre reti. Insomma Rai Parlamento tenta di stendere un velo pietoso per nasconderci, almeno così sembra, quale monnezza noi abbiamo eletto come rappresentanti . Gentaglia, autentica gentaglia per la quasi maggioranza degli eletti. e se non gentaglia, praticamente gentucola interessata  ai propri affari. Durante qualunque relazione, anche in casi di votazioni importanti, non c'è uno che ascolti, tutti chatttano- li mort...loro!- parlano a telefono, scrivono al computer- che cosa si scrivono ?
 C'è però qualche caso in cui, dai telegiornali, apprendiamo che le camere non sono popolate di cadaveri, ma di gente di cui vergognarci. Le proteste ormai giornaliere ci mostrano una massa di cialtroni, cafoni, che , senza esagerazione, andrebbero trattati con la stessa durezza con la quale a parole vengono apostrofati coloro i quali sono  professionisti riconosciuti del casino sociale. Oggi, nelle due sedute al Senato ed alla Camera, durante l'approvazione della legge contro il voto di scambio,  abbiamo avuto una ulteriore prova di quanto sia necessario al più presto chiudere almeno una delle due camere e, della restante,  fare a tutti i parlamentari, ridotti comunque di numero, almeno una prova tossicologica.
 Si lamentano delle maniere forti con cui li ha apostrofati papa Francesco, non ne hanno ragione; perchè noi  che non siamo papa Francesco, possiamo solo vergognarci di loro.  

Pena mai iniziata per il cav (ex)? D'Alema, suo nemico giurato, delira

Siamo venuti a conoscenza del documento segreto del Tribunale di Milano che stabilisce tutto ciò che il cav (ex) deve fare per scontare la pena che gli ha inflitto il Tribunale di Milano e la Cassazione ha confermato. Perciò non possiamo concordare con D'Alema che ha detto,  dopo aver appreso, senza approfondire, i particolari della sentenza che  se fosse stato un comune mortale - ma come il cav(ex) non lo è? - ben altre misure il tribunale avrebbe preso nei suoi confronti. Purtroppo D'Alema non ha avuto, come noi, fra le mani il documento che ci accingiamo a rivelare.
1. Una volta a settimana, la domenica, prima delle 22, e per almeno quattro ore consecutive, lezioni di 'bunga bunga' nell'ospizio a 40 km. da alla sua residenza di Arcore. Lezioni/spettacolo agli anziani ospitati nella struttura. Professoresse d'eccezione le Olgettine , ex anche'esse. Il cav( ex) deve solo guardare ed alla fine pagare le prof.
2. Il lunedì,venerdì e sabato saranno gli anziani della suddetta casa ad andare ad Arcore, ospiti del cav (ex) e della sua compagna Pascale. Si fermeranno ad Arcore per il pranzo, la pennichella e la cena. Alle 22 ritorno nell'ospizio e liberazione di Arcore. Il cav (ex) è condannato per quelle tre sere a restare solo con la Pascale, e con dudù, ammesso che lo voglia l'amabile animale.
3.Nei  tre giorni a Roma, nella residenza di palazzo Grazioli, dovrà incontrare Bonaiuti, Alfano, Bondi e sig nora ma anche Cicchitto e Schifani e, a settimane alterne, Bossi, e, una volta al mese, Renzi.  Non è contemplata la presenza nè della Pascale nè di Dudù, ma solo della Rossi che,invece, non è ammessa ad Arcore, nelle altre giornate del cav (ex).
4 Nelle  giornate romane,infine, quanto al piano di lavoro, dovrà registrare un minimo di quattro interventi televisivi per le reti tv, esclusa Mediaset. Per Mediaset, il Toti sta già programmando registrazioni ad Arcore o a Cologno Monzese, dove il cav ( ex) potrà recarsi ogni volta che lo vorrà.
5. Nella trasferta romana, il Cav (ex) non dovrà vedere nessuna donna prima del calar del sole, e per il giovedì nessuna in assoluto, anche perchè sarebbe poi costretto a portarsele a dArcore, dove altre donne nonsono ammesse al di fuori di quelle previste. Unica eccezione in tal senso, la sera del mercoledì dopo aver cantato il 'Vespro' con i suoi chierichetti, per la recita delle 'Grazioline' che la Rossi sta già reclutando ed organizzando. Le Grazioline sono la versione romana degli ospiti dell'ospizio  milanese, la Rossi le sta esaminando una per una,  nella foresteria di Villa Arzilla. Le Grazioline potrebbero diventare la versione romana delle Olgettine, con una sola differenza riguardante l'età: sui settanta di media le Grazioline.
  E D'Alema, continua a dire che non si tratta di pena? Vorremmo vedere lui impegnato in questo tour de force quotidiano, non reggerebbe  neanche un paio di settimane. Il cav (ex) conta comunque di arrivare in piena forma al prossimo febbraio, alla scadenza della pena, per insediarsi, alle prossime elezioni, rinfrancato e purificato, nuovamente a palazzo Chigi. Alla faccia di chi gli vuol male.
Se, invece, Berlusconi, come ha cominciato a fare, a  gridare, cioè, contro la 'sentenza mostruosa', finirà agli arresti domiciliari - come quasi sicuramente accadrà, visto che i magistrati l'hanno avvisato che non tollereranno attacchi alla magistratura- allora  lui potrà fare la campagna da martire, come desiderava fin da principio per riprendersi un pò di quei milioni di voti che ha perso- e i magistrati potranno dire : noi siamo stati fin troppo clementi, ma per un delinquente recidivo non si può far nulla a suo favore. In tutto ciò, si dimentica, al di là del fatto che berlusconi è forse il 'primo'contribuente d'Italia che lui ha evaso le tasse; e questo che  è un grave reato per qualunque cittadino, è è un reato gravissimo per un politico E si dimentica che anche per un ricchissimo che ha versato allo Stato in tasse alcuni miliardi di euro, risparmiarne, evadendo, 400 milioni, è pur sempre un bel risparmio. Sono quasi 1000 miliardi delle vecchie care ed indimenticate lire italiane.

martedì 15 aprile 2014

Barca affonda, Nastasi superstar lo vogliamo alla Scala

L'assessore alla cultura del Comune di Roma,Barca, ora parla come da tempo parlano tutte le persone ragionevoli a proposito degli investimenti sulla cultura, mentre la sua collega Morgante ha la stessa voce- sebbene muta - di Tremonti. E perciò Lei si rivolge, in cerca di aiuto a Marino, con il quale - non riveliamo nessun segreto se ricordiamo che - da quando si sono insidiati al Campidoglio non hanno mai avuto identico parere su nulla. Ora la Barca vede in pericolo anche le massime istituzioni della Capitale, da Musica per Roma a Santa Cecilia al Festival del Cinema, non per l'Opera per la quale lei afferma che la questione è diversa,  che da quando s'è insediato - 'abbiamo insediato', dica come stanno le cose - Fuortes, le cose vanno bene. Insomma i 16,5 milioni di Euro per l'Opera ci sarebbero comunque, mentre invece il contributo a Santa Cecilia e a Musica per Roma vacillerebbe. Dimentica Barca che, sebbene Musica per Roma abbia entrate proprie, visto che fa anche l'affitta locali, senza il finanziamento comunale chiuderebbe i bilanci in rosso. Non lo dimentichi la Barca, e nel caso in cui avesse a scordarselo, Fuortes glielo ricordi e difenda l'altra metà del suo corpo reggente.
Dai giornali di oggi apprendiamo, attraverso  un annuncio pubblicitario, che  fra breve avremo da scegliere, a Caracalla, fra le 'stelle del cielo e quelle dell'opera'. A meno di due mesi dall'apertura della stagione estiva se la cavano con questi annunci inutili, quando invece avrebbero già dovuto presentare il programma. Perchè anche gli attuali amministratori, e non solo quelli freschi di nomina, pensano ancora che gli spettatori vanno a Caracalla semplicemente perchè è Caracalla. In qualche parte, seppur modesta, è così, ma una istituzione  importante annuncia i programmi con notevole anticipo, specie poi se vuole cominciare la riscossa da Caracalla, a meno che Fuortes non intendesse per Caracalla della riscossa quell'altra realtà  per la quale quel sito è conosciuto anche fuori di Roma. Comunque i  vistosi buchi di pubblico delle passate stagioni non hanno, evidentemente, insegnato nulla.
 Abbiamo spesso scritto che Salvo Nastasi andrebbe rimosso da direttore generale del MIBACT, perchè a lui si devono far risalire molti guai e pasticci del ministero. Oggi dobbiamo fare mea culpa e chiedere, anzi supplicare il neo ministro Franceschini di tenerci in eterno Nastasi al ministero. Avete visto come si è mosso Nastasi nel caso Pereira? Ha scritto nero su bianco che vuole una relazione sul caso, perchè - non dimenticatelo - sono io a convalidare la nomina di Pereira alla Scala. Oggi deve farci sapere tutta la storia degli acquisti da Salisburgo. Bene, bravo.
 Se le cose andassero come Nastasi vorrebbe, anche la Scala potrebbe avere finalmente un commissario straordinario. E chi potrebbe essere? Ma il grande e grosso direttore generale del ministero, Salvo Nastasi, del quale già si parlò appena  si seppe della partenza di Lissner, come suo probabile successore a  Milano. Adesso potrebbe annullare la nomina di Pereira come sovrintendente dal prossimo autunno, ed insediarsi egli medesimo in quel ruolo. E i problemi presenti e futuri della Scala sarebbero risolti una volta per tutte.
 Intanto,  ad ulteriore dimostrazione che Nastasi non scherza, s'è saputo che la consigliera della Corte dei Conti  Laterza,  gli ha ingiunto, a Nastasi, di inviare al San Carlo di Napoli un commissario per verificare  la resa nel lavoro della coordinatrice del Museo del teatro, Giulia Minoli. Pena il licenziamento in tronco o, in caso positivo,il suo trasferimento al Museo della Scala, se Nastasi dieventasse sovrintendente o Commissario, come tutti a questo punto ci auguriamo e Giulia Minoli per prima.

domenica 13 aprile 2014

Giornalisti si nasce e io non nacqui.

Mai e poi mai avrei pensato di fare per buona parte della mia vita il giornalista, sebbene in un settore anomalo come quello della critica musicale. Ed invece un giorno accadde che un giornalista,  che avevo da poco conosciuto, mi disse che al giornale avevano bisogno di uno che si occupasse di musica - materia che io conoscevo, e perciò mi offersi. Cominciai così. Poi anche mio figlio  ha fatto il giornalista:  giornalista figlio di giornalista. Ma questa è l'eccezione che conferma la regola, opposta. Perché non bisogna essere figli di giornalisti per fare il giornalista, come accade, invece, in molti altri settori dove certe professioni si tramandano di padre in figlio. Basti pensare ai notai, avvocati e medici, tanto per fare qualche esempio. Perfino la professione di impiegato. Regola che vige anche alla Rai dove un padre che va in pensione, lascia il posto ad uno dei suoi figli, non importa se con mansioni diverse:  magari dirigente il padre, impiegato semplice il figlio; il quale avrà tempo e modo per farsi apprezzare e raggiungere i vertici dell'azienda come suo padre.
Nel giornalismo, la regola è diversa,  è tutto un altro mondo. Come, del resto,  è accaduto  a me, che non ero figlio di giornalista e ho fatto il giornalista. E per dimostrare ai più dubbiosi e malfidati che l'assunto corrisponde a verità, avallato dai fatti, valga l'esempio di Enrico Mentana che quando mise su il TG5, prese fra i tanti giornalisti della redazione due aspiranti giornaliste che con tale mestiere nessun membro delle loro famiglie aveva nulla a che fare,  signorine 'nessuno'  che si chiamavano Scalfari e Forcella.
Perciò chi vuol fare il giornalista non si perda d'animo e si faccia avanti.

sabato 12 aprile 2014

Zibaldone di varia umanità

Il sottosegretario allo sviluppo economico, Vicari, una signora - architetto, se ricordiamo bene - insediata nel suo ufficio ma non contenta dell'arredamento ha scritto al sovrintendente del polo museale romano per avere  quadri e forse anche sculture  in grado di soddisfare il suo sguardo di economista/artista. Non farebbe prima ad andare in un museo a vedere un quadro o una scultura che le piacciono particolarmente, lasciando che possano condividere con lei tale piacere gli eventuali italiani interessati?
Il nuovo ministro Franceschini, che pare non si sia ancora perfettamente ripreso dal problema di salute che ha avuto tempo fa , durante una missione in Friuli,  non sembra aver ancora fatto iniziare i lavori a Pompei (anche se non sarà lui di persona impegnato); ma  ha trovato comunque il tempo per cercare tre signore  per il consiglio dei beni culturali; le ha cercate in tutta Italia, ed anche di diversa estrazione ideologico/politica -  essendo emiliano è stato agevolato, per ragioni di appartenenza geografica, nella ricerca per almeno una di esse.  Nella prossima legislatura dovremo far approvare dal Parlamento le quote  azzurre, nulla a vedere con il partito di Berlusconi, il quale ha dovuto anche lui faticare per trovare  alcune giovani signore, ancora disposte, da candidare  per le prossime Europee, sulla falsariga di quello che ha fatto già Renzi. Guai a chiamarle 'veline'. sono donne e basta. Intelligenti ed anche belle, che non guasta. E che non guasti, in ambo i sessi, lo dimostra una notizia fresca fresca.
La signora Boldrini, presidente della Camera, ha naturalmente una scorta, anche a seguito di reiterate minacce. Una scorta l'ha anche il suo compagno. Perché?  E, come non bastasse, anche sua figlia  ce l'ha (perché, ancora una volta?) nonostante non viva in Italia ma  nella City.La signorina Boldrini, appena sbarcata a Roma, si è vista accolta da due angeli che l'hanno presa in consegna. Caratteristiche somatiche non disdegnate per aspiranti angeli: bella presenza. Ci risiamo. No, maligni, la Boldrini li vuole di bella presenza, solo per non dare nell'occhio, perché i guardaspalle si riconoscono a distanza.
Abbiamo visto la prima puntata della serie 'Visionari' di e con Corrado Augias, che aveva promesso ai telespettatori, alla fine della passata stagione, di ritirarsi in vacanza a Parigi e che , invece,  il direttore di Raitre ha richiamato in servizio, perché unico possibile artefice di novità dal piccolo schermo per la sua rete che propone e ripropone la Tv di  Guglielmi, ad eccezione di qualche novità che si rivela quasi immediatamente un disastro. Così non sarà per la trasmissione di Augias. Noiosa,  paludata, ideologica e con il conduttore Augias, anche se saccente. Ma in materie come quelle affrontate nella prima puntata forse Augias può ancora non fare brutta figura su tutti i fronti, anche se negli ultimi tempi s'è autopromosso  teologo. Del resto - intendiamo con la stessa superficialità - s'era già autopromosso musicologo, come abbiamo visto anche nelle videocassette/lezioni in vendita con Repubblica, alcune delle quali Raitre - la rete di famiglia - ha già trasmesso. Solo per questo siamo fin d'ora in ansia per lui (mentre lui, spavaldo, non lo è) all'idea che in una delle prossime settimane  farà conoscere al mondo Beethoven.
Dalle parti della televisione di Stato si dice di una costituenda direzione generale 'per la cultura'.  Vi preghiamo evitateci quest'insulto. Piuttosto, e proprio in previsione di tale  nuova direzione che preferiremmo non avere,  fate ritornare dietro le quinte Marzullo, campione della cultura in TV, che per un periodo non si vedeva, mentre oggi, dimagrito e con le giacche di qualche taglia più piccole, ma con i capelli sempre fluenti - se ci  dice qual è il suo parrucchier, col suo permesso, ci andremmo anche noi -  è ricicciato, nelle tenebre di Rai Uno.
Galan, a proposito di culura, è stato incaricato dal Cavaliere(ex), al cui servizio ha mosso i primi passi nel lavoro, di mettere insieme per la nuova 'Forza Italia' una squadra di persone del mondo culturale di destra. Lui sì, come è  noto, che ha fiuto. Non ha messo, su consiglio di dell'Utri - anche lui vi farà parte? - il celebre ladrone di libri De Caro, amico del Dell'Utri bibliofilo , alla biblioteca dei Girolamni di Napoli? Senonchè questo suo nuovo lavoro in Forza Italia, comincia proprio male, avendo perduto un pezzo da novanta come Bonaiuti che , nonostante le reiterate suppliche di Galan, per ragioni intellettuali e di principio, è passato  al nuovo partito di destra/sinistra di Alfano.

Santo Expo 2015

                                                      
Michelangelo,  sebbene noto e riverito per il grande affresco della Sistina, nel Giubileo del 1550, al fine di guadagnarsi l’indulgenza plenaria, fu costretto a fare il giro della basiliche a cavallo. Il privilegio gli fu concesso direttamente dal papa appena insediatosi, Giulio III, a causa del suo cagionevole stato di salute (soffriva di terribili coliche renali). Dunque l’età,75 anni, ma soprattutto la grandezza del celebre pittore/scultore furono alla base del curioso privilegio, per consentirgli di partecipare alle cerimonie giubilari, per la cui partecipazione pellegrini giungevano da tutto il mondo, e non tutti di minor fama di Michelangelo. Il Giubileo cattolico che celebra il rito della comunione universale nella fede, con la chiamata a Roma dei credenti da ogni parte del mondo, non è poi molto diverso dall’Expo, che si sta preparando a Milano per il prossimo anno, perché una Esposizione universale  non è che una sorta di Giubileo  laico,  un giubileo della ragione, che celebra scienza e progresso, con l’unica differenza che per Michelangelo, se fosse vivo  di questi tempi, a Milano, ci sarebbe un’accoglienza trionfale, piuttosto che il rito penitenziale del giro delle basiliche per guadagnarsi l’indulgenza.  Michelangelo, e con lui tanti altri creativi del mondo, l’indulgenza, anzi il paradiso se lo sono guadagnati con ciò che hanno regalato al mondo, all’umanità.  
L’Expo è la fiera dell’intelligenza - almeno dovrebbe esserlo -  l'appuntamento mondiale che celebra il progresso, le invenzioni, le scoperte, i frutti del lavoro umano.
Per l’Anno santo, l’ultimo esempio a Roma nel 2000, la visita ai luoghi santi, resi celebri dalla storia del cattolicesimo era  tassativa (quasi); senza di essa, addio indulgenze. Sulla necessità, invece, di darsi appuntamento nella città sede delle Esposizioni universali oggi si fa un gran parlare, perché a ben vedere, delle continue scoperte  fatte dagli uomini, abbiamo notizie in tempo reale da tutto il mondo, e dunque, almeno sotto questo aspetto, non c’è più bisogno di attendere le Esposizioni Universali per venire a conoscenza di conquiste lontane, come era negli intenti degli organizzatori dapprincipio.  E poi, mentre l’Anno Santo non fa che sfruttare, valorizzandole, le strutture esistenti,  spingendo i fedeli a visitare i luoghi santi, al punto che alcuni di essi sono diventati mete di pellegrinaggio tout court, indipendentemente dagli anni giubilari ( per tutti il frequentatissimo Santuario di Santiago di Compostela ed il lungo cammino che migliaia e migliaia di persone, anche non credenti, percorrono ogni anno per raggiungerlo) l’Expo ha bisogno ogni volta di mostrare dei vari paesi, anche lontani, le ultimissime novità in ogni campo del progresso umano che,  non sempre, a differenza delle indulgenze che l’Anno Santo promette ed elargisce, torna a vantaggio dei popoli. Si celebra il progresso ma la fame nel mondo, le malattie, la guerra, ben note a tutti anche prima e indipendentemente dall'Expo, non vengono ancora cancellate da questo dio della modernità.
 E poi il dispendio enorme di risorse economiche per i padiglioni che, come insegnano recenti casi, da Valencia e Shangai, qualche volta, terminata la kermesse, vanno in malora, dovrebbe far riflettere. Perché  non è più il tempo di spendere a cuor leggero, nel bel mezzo di una crisi che stenta ad essere superata. Né il miraggio dei venti milioni di visitatori attesi, che qualche soldo certamente lo porteranno, cancella dubbi e perplessità sull’Expo milanese, che ancora ad un anno dalla sua inaugurazione, è investita da un altro grande scandalo relativo agli appalti dei lavori. 

C’è infine il capitolo della cultura all’Expo. Alexander Pereira, investito da una valanga di critiche per gli allestimenti acquistati a caro prezzo per la Scala dal ‘suo’ festival di Salisburgo - che egli, in una intervista alla Aspesi, definisce un vero ‘affare per la Scala’ -  ha promesso che la Scala sarà aperta ogni sera per tutti e sei i mesi dell’Expo, ed ha già pronto il programma dettagliato.
 Noi, al contrario, dei numerosi progetti a suo tempo formulati da notissimi artisti italiani ed offerti agli organizzatori, già nel 2009, dalle pagine del bimestrale MUSIC@, non abbiamo notizia né di probabili realizzazioni né soltanto di interesse.  Perché, a differenza di quanto accadeva nelle prime Esposizioni universali dove arte e cultura godevano di uno spazio privilegiato, oggi di questi settori non frega nulla a nessuno, perché gli organizzatori sembrano interessati, quasi esclusivamente, ad arraffare quante più risorse possibili per la città, senza disdegnare possibili tornaconti anche per se stessi - come attesterebbero le inchieste sulle mazzette che non hanno risparmiato neanche i cantieri  della civilissima Milano.

Facce note al FESTIL-VA ( Villa Adriana)

Dopo due anni di sospensione torna, d'estate, il FestilVA( Villa Adriana) di Tivoli e torna nelle mani rassicuranti ed organizzate di Musica per Roma, che sono mani sante rispetto a quelle in cui era stato praticamente buttato in precedenza, senza che nessuno si alzasse a gridare allo scandalo di uno dei più grandi monumenti, profanato da una programmazione un pò troppo personale, raffazzonata, paesana, sottoposta a cambiamenti anche all'ultimo minuto. Adesso questo non accadrà più. E forse la ragione per cui  tre anni fa ed ora si ricorre alla collaudata macchina da guerra di Musica per Roma  è proprio questa, oltre naturalmente alla appartenenza politica; non dimentichiamola.  Musica per Roma assicura organizzazione. Certo, però , propone la stessa minestra della sede centrale. Basta andare a vedere la programmazione invernale o quella estiva precedente e presente, per trovarvi le stesse facce - sia chiaro, tutte presentabili e degne di essere riviste - anche a Tivoli. In pratica Musica per Roma non fa che allargare la tournée dei cavalli della sua scuderia.  Si dirà che questo - forse - promette sconti sui costi degli artisti e delle produzioni, ma a quale prezzo? Al prezzo di vedere troppo le stesse facce, alcune anche decotte, e di restringere troppo il mercato degli spettacoli, affidandone la gestione a poche mani pigliatutto.  E così la creatività, la fantasia, la diversità viene mortificata e calpestata.
Se si esamina il raggio di azione e di potere di Musica per Roma vengono fuori dati  poco consolanti: Musica per Roma ha lo stesso amministratore delegato dell'Opera di Roma - Fuortes ha ammesso anche lui che trattasi di una situazione straordinaria che dovrà finire! - ; lo stesso amministratore gestisce anche il Festil VA di Tivoli; ha avuto in dono la gestione di 'Suona Italiano' in Francia, dagli stessi organizzatori di 'Suona Francese' in Italia, che sono poi gli stessi, cioè a dire Oscar Pizzo che gestisce il francese e l'italiano, per conto di Musica per Roma, sotto l'egida dell'Ambasciata di Francia a Roma e che fa anche 'Contemporanea'  e che Fuortes aveva chiamato, come collaboratore, anche a Bari.  Fino a qualche mese fa in questa morsa di potere c'era anche il Petruzzelli di Bari. Non è troppo?
 Ma forse conviene non sottovalutare gli aspetti positivi di questa concentrazione di potere che fa incontrare i protagonisti più d'una volta a stagione. Come, ad esempio, il piccolo miracolo  che questo FestilVA di Tivoli ha fatto facendo riconciliare, in seno a Musica per Roma, il Pizzo con Barbieri Guido, un tempo manovratori in tandem della rassegna 'Contemporanea' , ancora di Musica per Roma. Si vedrà a Tivoli, lo spettacolo da loro ideato, ma anche a Ravenna, al Festival Muti, e ai Cantieri dell'immaginario dell'Aquila - il festival fortemente voluto da Salvo Nastasi e reiterato con passione perchè lì incontrò, alla prima edizione, il suo amore, Giulia Minoli.
Barbieri, qui con Pizzo, firma uno spettacolo su un'altra sciagura umanitaria: la sua  specialità di drammaturgo. Infatti nel suo recente passato si ricordano altrettali spettacoli sui migranti morti nel mediterraneo, sul primo incidente nucleare avvenuto anni fa negli Stati Uniti,  sui bambini del Medio Oriente che fecero guerra con le pietre, mentre poi lodevolmente si incontravano riappacificati in una scuola, ed infine sulla sciagura del terremoto a L'Aquila. Evidentemente il dolore, che rende in palcoscenico, si addice a Barbieri.
 Ci domanderete perchè abbiamo scritto Festil VA? Perchè ci colpiscono quelle due lettere maiuscole nel logo del festival che starebbero a dire che nel destino del celebre monumento di Tivoli, era scritto che ci sarebbe stato un Festival 'Villa Adriana' . Non resistiamo ad esprimere ammirazione ogni volta che c'è una esplosione di invenzione e fantasia, come in questo caso.

giovedì 10 aprile 2014

Il menestrello supera quota 13.000

 Il Menestrello , scrivevamo il 27 febbraio, toccava quota 10.000. Ora, sono passati appena un mese e mezzo e 'il Menestrello' il nostro blog musicale ha superato quota 13.000. Ad majora.

Indignati. Toponomastica sudamericana. L'ex cavaliere disarcionato

Sì siamo indignati,  colpa della lettura giornaliera dei giornali. Su 'La Stampa', il cui direttore si dà prossimamente in partenza per Milano, per volere dell'Elkan, leggiamo che ad alcuni manager - poveretti! - starebbero per decurtare lo stipendio di 65.000 Euro, la notizia ci sconvolge più di quella che tempo fa dava per certa una decurtazione delle pensioni al di sopra dei 25.000 Euro lordi. Che hanno da lamentarsi i pensionati che neanche lavorano? Quei poveri manager da oltre 300.000  Euro l'anno dovranno accontentarsi di 238.000 Euro, capito? Mentre non si riesce ancora a capire che, prima di far far fare sacrifici a chi sacrifici ne ha fatti sempre e non può farne più altrimenti farebbero un enorme favore 'collettivo' alle pompe funebri, devono essere tagliati tutti i privilegi, TUT-TIIIII !  Abbiamo letto nei giorni scorsi che mentre a tutti gli impiegati del pubblico impiego era stata tagliata la contingenza che adeguava i loro stipendi all'aumento del costo della vita, ci sono categorie intere di superimpiegati, nei vari settori, come la magistratura, in cui l'adeguamento  è sempre stato fatto.
Non è possibile sentirsi ancora dire, o leggere sui giornali che  sulla Corte Costituzionale , come anche sui massimi dirigenti di Camera e Senato e di altri organi  cosiddetti 'costituzionali' che invece sono 'anticostituzionali' nessuno può intervenire. Ma che cazzo dite?
 Siamo indignati anche quando leggiamo che il sindaco Marino, che in gioventù nella sua stanza ha sempre avuto una gigantografia di Enrico Berlinguer - chissenefrega!; noi l'avevamo di Johann Sebastian Bach - ha proposto di intitolare una strada dalle parti di via delle Botteghe oscure, nel cuore di Roma, all'ex segretario del PCI, contro il quale - sia ben chiaro - noi non abbiamo nessun risentimento. Solo che non possiamo accettare che con quella intitolata a Berlinguer salgano a due le strade centralissime della Roma  antica intitolata a due personalità politiche , mentre De Chirico o  Pasolini, tanto per fare qualche nome, hanno avuto l'onore di una strada nella più lontana periferia. Che il sindaco Petroselli sia stato fra i più amati della capitale, o che Berlinguer sia stato uno degli uomini politici più importanti ed anche integerrimi del nostro paese - perciò merce rarissima - non ne fanno, in prima istanza, dei  padri della patria e glorie nazionali e comunque meritevoli automaticamente di una intitolazione, per giunta nel cuore della Roma storica.  Una strada intitolata a Berlinguer o a Petroselli dalle parti in cui c'è via De Chirico, sarebbe stato un grande onore per i due come per chiunque altro. E De Chirico avrebbe sopportato, senza protestare.
 Dulcis in fundo, in verità  dolce non tanto. Oggi c'è stata l'udienza per  la decisione del tribunale di Milano sull'esecuzione della sentenza di condanna di Berlusconi: servizi sociali o arresti domiciliari. Berlusconi si proclama vittima di giudici che ce l'hanno con lui. Lui sa bene che le sentenze si possono comprare; qualche tribunale l'ha pure detto solennemente e per questo condannato i compratori in sua( di Berlusconi)vece; chi scrive lo sa bene perchè vittima di una di tali sentenze riguardanti un'azienda del cav( ex), evidentemente comprata e contro la quale ha fatto ricorso al superiore organo di giudizio. Ora tocca a lui osservare la sentenza che lo riguarda. Faccia il cittadino normale per una volta,  giacchè molto spesso si è aggiustato  le leggi  a proprio favore. In fondo nove mesi non son lunghi da passare.

mercoledì 9 aprile 2014

Quesiti per la suprema corte a proposito di trasparenza e di spendig review

 Quesito n.1. Voi giudici costituzionali fate parte dello Stato italiano o operate 'extra moenia' ( fuori porta, per dirla alla romana?). Perchè allora, se siete, a tutti gli effetti, parte della nazione italiana, dovete guadagnare il doppio del Presidente della repubblica, il cui 'stipendio'  dovrebbe rappresentare il tetto massimo per i compensi di qualunque burocrate dello Stato, come anche voi siete? A meno che non abbiate a considerarvi padri della patria, il cui lavoro e valore non ha prezzo... non dovreste calarvi (dimezzarvi) gli stipendi?
Quesito n.2. I vertici delle istituzioni culturali - quali sono da considerarsi anche le Fondazioni operistiche italiane finanziate dallo Stato in larga misura rispetto ai loro bisogni, altrimenti dovrebbero chiudere non essendoci grossi apporti privati, come il visionario Veltroni sognava - devono attenersi alla medesima regola alla quale anche voi, recalcitranti, sarebbe sano che vi atteniate? E allora che si aspetta a tagliare gli stipendi dei vertici compensati troppo lautamente anche rispetto alle loro responsabilità e CAPACITA'?  A proposito di queste ultime, tenete presente che molti anni fa, quando al vertice della Scala arrivò un illustre musicologo che alloggiava dalle vostre parti e che s'era portato appresso uno scudiero evidentemente poco preparato, il teatro milanese dovette assumere anche un 'consulente per le voci', altrimenti nessuno, neanche il musicologo famoso, benchè aiutato dal suo scudiero, sarebbero stati in grado di formare un cast. Capito,  aspiranti padri della patria?
Quesito n.3. Per la legge sulla trasparenza le istituzioni  pubbliche, comprese quelle musicali che a noi interessano particolarmente, entro i primi di febbraio scorso dovevano rendere pubblici gli emolumenti dei loro vertici, pena  una decurtazione dei finanziamenti statali o punizioni similari. Bene, anzi male malissimo, sono trascorsi oltre due mesi da quella data e ve ne sono alcune che non si decidono ancora a metter online sui loro siti tali notizie, richieste per legge.  Qualche esempio?
Uno solo che a noi sta particolarmente a cuore. La IUC, che non è la famigerata tassa bensì la benemerita Istituzione Universitaria di Concerti di Roma,  pubblica sul sito ufficiale i nomi del suo comitato direttivo e di quello artistico, dove tutti i suoi membri - si legge -  lavorano gratuitamente, e per questo meritano il nostro più sincero ringraziamento. Ma di un membro, il direttore generale, erede della famiglia Fortuna che ha fondato e poi s'è tramandata la IUC di marito in moglie ed ora in figlia, si tace, laddove è facile immaginare che percepisca un compenso, almeno Lei. Se, invece, anche Lei lavora gratuitamente perchè non lo si scrive, almeno potremmo congratularci anche con lei?
Non è l'unica, ve ne sono tante di anomalie sulle quali il Ministero non si decide ad intervenire. Ora noi, da voi giudici della Consulta, vogliamo sapere cosa  può fare un giornalista per mettere fretta alle istituzioni che ancora, dopo due mesi, non hanno ottemperato alla legge.
Grazie per i pareri, sempre  autorevoli benchè finora pagati un pò troppo. Non siete d'accordo? Attendiamo che vi pronunciate.

Pereira, sovrintendente/ procacciatore di soldi,o del cinque per mille, ripiana i debiti che ha fatto a Salisburgo?

Del periodo zurighese di Alexander Pereira - poi direttore a Salisburgo e prossimo sovrintendente della Scala - non c'è nulla da dire. Ha amministrato quel teatro come si doveva, curandone con cura ogni particolare delle produzioni, solitamente osannate, dove era di casa Cecilia Bartoli. Poi Pereira è andato a Salisburgo, dove pare non abbia goduto di egual fortuna e dove la sua programmazione  deve aver creato qualche problema al bilancio del festival, come la stampa austriaca ha segnalato, al punto che  ha alzato i tacchi prima della fine del mandato e si è candidato per la Scala, visto che Lissner sta per prendere il volo per Parigi- il decollo avverrà a settembre, quando atterrerà al suo posto a Milano Pereira che già lavora in teatro;K  per questo s'è stabilito a Milano con la sua giovanissima compagna orientale che molti gli invidiano.
 A suo favore al momento della candidatura milanese  tornava  oltre che la sua intelligente programmazione zurighese, anche la sua capacità di trovare denaro da destinare, previo compenso per intermediazione,  al teatro o istituzione nel quale viene chiamato a lavorare.  Il suo compenso sarà ovviamente molto inferiore a quello - scandaloso , diciamo la verità! - di Lissner, ma forse potrà arrotondarlo con il 'premio risultato', e cioè con le percentuali che percepirà sui soldi che egli riuscirà a far arrivare al teatro. E' ciò che si intuisce dalle varie dichiarazioni. Sarà così? speriamo di no; la cacciata dei mercanti dal tempio non ha insegnato nulla?
 Ma a Salisburgo? Ha forse mancato questo obiettivo, o forse pensa che tutta la stampa ce l'ha con lui? Non possiamo rispondere, senza  dati alla mano, a questo interrogativo; sta di fatto che un famoso quotidiano online americano (MusicalAmerica.com) ripreso da Luigi Boschi nel suo seguitissimo blog, rivela che Pereira ha fatto acquistare alla Scala dal festival di Salisburgo sei produzioni operistiche, alcune delle  quali pare in disuso anche al Festival, per la modica cifra di 1.600.000 Euro.  L'operazione non è che faccia onore al suo fiuto manageriale, e soprattutto non  va a vantaggio della Scala che di alcune di quelle opere possiede già allestimenti forse anche migliori e più riusciti di quelli salisburghesi. Insomma, se la notizia è vera, vien da domandarsi se Pereira faccia l'amico del giaguaro, che arrivando a Milano fa gli interessi di Salisburgo. Senza dire , poi, che egli prossimo sovrintedente della Scala acquista da se stesso ancora per qualche mese direttore a Salisburgo. Eppure  chi dovrebbe muoversi tace. Causa EXPO.
 Sui responsabili di importanti istituzioni che accampano capacità di trovare o portare soldi per sedere in alto nelle istituzioni medesime, in Italia si ha un esempio che dovrebbe far riflettere, nella terra siciliana, dove una importante orchestra con lo stesso sistema e medesime promesse, cambiò dirigenza, ma ora si trova, proprio a seguito di quell' azzardato passo e delle promesse non mantenute,, ancora nei guai, e la sua storica immagine del tutto appannata. Non vorremmo che accadesse la stessa cosa alla Scala, alla quale noi e non solo noi teniamo massimamente.
Pereira faccia il sovrintendente, lasci fare ad altri il lavoro di cercare soldi, per lo meno non diventi il suo secondo lavoro: due lavori insieme non  fanno mai ben sperare per la loro riuscita. Pereira ammonito.