giovedì 30 aprile 2020

Primo maggio 2020. Messaggio del Presidente Mattarella per la Festa del lavoro

"Viviamo questo Primo maggio con il pensiero all'Italia che vuole costruire il suo domani. Non ci può essere Repubblica senza lavoro, come afferma solennemente il primo articolo della nostra Costituzione. Il lavoro e' stato motore di crescita sociale, economica, nei diritti, in questi settantaquattro anni di Repubblica. Perché il lavoro è condizione di libertà, di dignità e di autonomia per le persone. Consente a ciascuno di costruire il proprio futuro e di rendere l'intera comunità più intensamente unita.

 Va ribadito con determinazione nella attuale situazione, in cui la diffusione del virus ha colpito duramente il nostro popolo, costringendoci, a un temporaneo congelamento delle attività. In Italia, come in tutto il mondo, le conseguenze della pandemia mettono a rischio tanti posti di lavoro.

Risalta ancora di più, in questo contesto, il valore del lavoro e, in particolare l'opera svolta da medici, infermieri, altri operatori sanitari, farmacisti, con tanti fra di loro caduti nello svolgimento dei propri compiti. Il lavoro di Forze dell'Ordine, Forze Armate, operatori del settore della logistica e dei trasporti, della distribuzione, di filiere produttive essenziali, del sistema di istruzione, pur tra molte difficoltà, ha consentito, giorno dopo giorno, al nostro Paese di non fermarsi e di andare avanti, sia pure funzionando a velocità ridotta". 

 "Appare finalmente possibile un graduale superamento delle restrizioni. Ora guardiamo alla ripresa: ad essa, vanno indirizzati, in modo concorde, gli sforzi di tutti, senza distrazioni o negligenze. A cominciare dal consolidamento dei risultati sin qui ottenuti nella lotta al virus, a un equo, efficace e tempestivo sostegno alle famiglie e alle attività produttive, a quanti sono rimasti disoccupati e senza reddito, in modo da conservare intatte tutte le risorse del nostro capitale sociale e da consentire di far sopravvivere e far compiere un salto di qualità alla organizzazione delle imprese e alla offerta di servizi, con scelte avvedute, nella consapevolezza che sono destinate a incidere sulla qualità della vita di ciascuna famiglia, sugli stessi tempi e ritmi della vita quotidiana delle persone. A partire dal lavoro si deve ridisegnare il modo di essere di un Paese maturo e forte come l'Italia.

 La fabbrica, i luoghi di lavoro, hanno orientato e plasmato i modi di vivere nei nostri borghi e nelle nostre città, e l'opera stessa delle istituzioni chiamate ad assicurare la realizzazione della solidarietà politica, economica e sociale prevista dalla Costituzione.

 La battuta d'arresto che abbiamo subito spinge ad accelerare la strada verso un cambiamento che sappia valorizzare e non subire fenomeni come la globalizzazione e la digitalizzazione dell'economia, con scelte lungimiranti, cui possono con efficacia contribuire le importanti decisioni già assunte e in corso di definizione da parte dell'Unione Europea.

 Molto cambierà nella vita delle nostre società. Questo cambiamento andrà sapientemente governato affinché la nuova fase non comporti condizioni di ulteriori precarietà ed esclusioni ma sia l'occasione, al contrario, per affrontare efficacemente ritardi antichi come quelli del lavoro per i giovani e le donne, particolarmente acuti nelle aree del Mezzogiorno. Come il lavoro in nero o irregolare, da fare emergere per esigenza di giustizia e contro l'insopportabile sfruttamento".

 "Il ruolo degli imprenditori - piccoli e medi, lavoratori autonomi e grandi imprese - appare centrale, assieme a quello della ricerca, in questo processo di riprogettazione delle filiere produttive e distributive. 

Oggi, mentre celebriamo in modo così diverso dal consueto questo Primo maggio, non possiamo non riconoscere gli importanti traguardi di giustizia sociale conseguiti attraverso le battaglie dei lavoratori e delle loro organizzazioni sindacali, efficaci strumenti di progresso ed eguaglianza. Le Confederazioni sindacali hanno dedicato questa giornata al lavoro in sicurezza, per rendere solida e non fugace la prospettiva di rilancio. 

 Non può esservi - e non vi è - contrapposizione tra sicurezza, salute e lavoro. È stata avviata la graduale ripresa della nostra vita sociale e di molte attività economiche. La ripresa è possibile perché nei quasi due mesi precedenti siamo riusciti ad attenuare molto la pericolosità dell'epidemia. Dobbiamo difendere questo risultato a tutela della nostra salute". "Non vanno resi vani i sacrifici fatti sin qui se vogliamo assieme riconquistare, senza essere costretti a passi indietro, condizioni di crescente serenità. 

 Non va dimenticata l'angoscia delle settimane precedenti, sotto la violenta e veloce aggressione del virus, ne' che abbiamo superato i duecentomila contagi e che ogni giorno dobbiamo piangere alcune centinaia di vittime. Questo richiede un responsabile clima di leale collaborazione tra le istituzioni e nelle istituzioni. So che possiamo fare affidamento sul senso di responsabilità dei nostri concittadini - manifestato, in questo periodo, in misura ammirevole dalla loro quasi totalità - perché, nelle nuove condizioni, ci si continui a comportare con la necessaria prudenza.

 Sono necessarie indicazioni - ragionevoli e chiare - da parte delle istituzioni di governo ma, oltre al loro rispetto, è soprattutto decisiva la spontanea capacità di adottare comportamenti coerenti nella comune responsabilità di sicurezza per la salute. 

Attraversiamo un passaggio d'epoca pieno di difficoltà. Riusciremo a superarle. A tutti i lavoratori, alle Stelle al Merito del Lavoro - abitualmente consegnate in tutta Italia in questa ricorrenza - va il saluto più cordiale e l'augurio di una rapida ripresa.
 Buon Primo maggio". 

Sabrina Salerno, la soubrette, critica Conte. Suvvia, ognuno faccia il suo mestiere

Sabrina Salerno in quarantena ha deciso di pubblicare delle storie sul suo profilo Instagram per criticare duramente il governo sulle decisioni per la gestione della Fase 2 dell'emergenza Coronavirus. Il premier Giuseppe Conte, infatti, ha annunciato che parrucchieri, estetisti, locali e negozi dovranno rimanere chiusi ancora per qualche settimana e la diva non è d'accordo.

"Se venivano rispettate le distanze di sicurezza, le mascherine, avevano sanificato l’ambiente e fatto tutto quello che fanno in un’azienda con 300 persone, facendo entrare poi una persona alla volta o due alla volta, perché aprire il primo di giugno? Io non lo comprendo questo", ha affermato la Salerno, che ha anche delle partite IVA e dei lavoratori autonomi "coloro che hanno ricevuto questi 600 Euro sono stati veramente miracolati, ma la maggior parte non ha ricevuto un fico secco", ha detto la Salerno, per poi aggiungere, senza mezzi termini, che "siamo la barzelletta del mondo".

Il Maggio Musicale Fiorentino diretto da Pereira offre un concerto 'alternativo' per la festa del Primo maggio. In streaming ovviamente

IMaggio Musicale Fiorentino offre al pubblico, in streaming sul sito e sulle piattaforme social Facebook, Instagram, Twitter del teatro, un concerto di canto in diretta alle 21. Più di quindici  artisti hanno dato la loro disponibilità e si esibiranno dalle loro case presentati dal sovrintendente Alexander Pereira che condurrà la serata live dal palcoscenico. Proprio il Primo Maggio il Maggio Musicale Fiorentino per la prima volta “andrà in scena” virtualmente e in diretta con un grande concerto di canto, organizzato per questa occasione.  Molti artisti di caratura internazionale  hanno assicurato la loro presenza, tra cui Cecilia Bartoli, Vittorio Grigolo, Roberto Alagna,  Diana Damrau,  Ludovic Tézier,  Francesco Meli, Lisette Oropesa, Luca Salsi, Thomas Hampson,  Krassimira Stoyanova,  Michele Pertusi,  Eva Mei, Leo Nucci,  Sonya Yoncheva Fabio Sartori,  Saioa Hernández.

Il premier Conte risponde agli sveltisti governatori di destra

Non siamo usciti dalla pandemia, siamo ancora dentro" l'emergenza. Per questo ​il governo "non può assicurare un ritorno immediato alla normalità precedente. Lo dico a costo di apparire impopolare", ha detto Conte, e ha avvertito che “sono illegittime le norme meno restrittive” adottate dalle Regioni.  
Il riferimento è alle fughe in avanti di Veneto e Calabria.
Il premier ha citato "un rapporto non segreto del comitato tecnico-scientifico stima che la riapertura totale porterebbe a un rischio elevatissimo di ripresa dei contagi". Dunque, ha sottolineato, “non possiamo superare il livello 1, altrimenti "si saturerebbe la disponibilità di posti nelle terapie intensive". 

Il capo del governo si è soffermato anche sulle conseguenze economiche delle misure restrittive imposte a causa della pandemia, e ha comunicato che se l'emergenza persiste il Pil per il 2020 accuserà una perdita del 10,4%. Per questo nel prossimo decreto che il governo dovrebbe varare nella prima settimana di maggio, saranno destinati 15 miliardi di euro a sostegno delle imprese. Inoltre, la Cassa depositi e prestiti anticiperà 12 miliardi di euro agli enti locali. Verranno eliminati tutti gli aumenti Iva previsti per il 2021.

Conte ha difeso l’operato del governo, che, ha rivendicato, “non ha mai improvvisato in solitaria sull'emergenza coronavirus. Il Parlamento è stato costantemente informato, e lo dimostra la mia presenza in questa e in altre occasioni. Il governo ha adottato da subito un indirizzo di merito e di metodo con un costante confronto con il comitato tecnico-scientifico”. 

Inoltre, secondo il presidente del Consiglio, "le misure prese fin qui tengono conto di tutti gli interessi. Sono frutto di una interlocuzione con tutti i membri del Governo, i capi delegazione di maggioranza, le parti sociali e i rappresentanti degli enti territoriali riuniti più volte in una cabina di regia".  (AGI)

I GOVERNATORI delle Regioni in mano alle destre 'HANNO PRESCIA'. E la SANTELLI (Calabria) più di tutti

Sorprende letteralmente l'iniziativa solitaria della governatrice della Calabria, Jole Santelli di Forza Italia,  di anticipare al 30 aprile, cioè ad oggi, le aperture che il Governo ha già programmato per il 4 maggio ed anche altre  programmate per la metà di maggio.

 Sorprende sia perché anticipa di fatto la prima grande apertura di due o tre giorni. E qui viene da chiedersi: perché non attendere i tre giorni che ci separano dal 4 maggio per una ripartenza comune a tutto il Paese? Perchè vuole dare una spinta ai consumi in Calabria in previsione del 'ponte' del Primo maggio? Perché tale decisione, nonostante il disappunto del Governo e del ministro Boccia? e la contestazione di alcuni sindaci della sua regione che da questa iniziativa non si sentono protetti nella salute, visto il parere espresso ancora ieri dal comitato scientifico del Governo e dell'OMS., che hanno messo in guardia con parole chiare: in Europa siamo ancor in piena pandemia.

La Santelli intende distinguersi anche da tutti gli altri Governatori di destra che, dopo aver combinato disastri  nella prima fase dell'epidemia ( vedasi Lombardia!) ora hanno chiesto al Governo di poter ampliare la fascia di soggetti interessati alla riapertura, senza attendere le scadenze appena fissate dal Governo.

Sorprende ancora di più tale decisione 'sveltista'  della Santelli la quale - in questo assai simile a quanto hanno fatto altri governatori della sua stessa parte politica ( Sardegna, Basilicata)- ci ha messo oltre due mesi prima di varare la giunta regionale. Insomma ha proceduto con i piedi di piombo nell'affidare 'fette' e 'responsabilità' di governo ai vari questuanti, mentre adesso accelera con il 'liberi tutti', quasi  a voler far intendere che il Governo non è interessato a rimettere in moto il paese; mentre si sa che il pericolo che riprendano a salire i contagi in maniera esponenziale, tanto da mettere fuori gioco tutte le terapie intensive- ricordiamoci che i posti disponibili attualmente, che per fortuna vanno sempre più diminuendo, sono 9.000, e nel caso di une recrudescenza del virus sarebbero necessari dieci volte  di più di posti di terapia intensiva.

Dio  e il destino non vogliano che questa mossa avventata, scriteriata e irresponsabile della Santelli, ci faccia ripiombare nel pieno dell'epidemia. 

mercoledì 29 aprile 2020

Gli artisti scrivono al Papa per ringraziarlo dell'attenzione che ha rivolto loro

Caro Francesco, Santo Padre, 
ti scrivo per rappresentarti la commozione di tanti miei amici artisti per la preghiera con la quale, lunedì mattina, prima della messa delle sette, li hai rammentati. Ma come? Proprio il Papa ci raccomanda a Dio, dopo che per secoli la Chiesa ha imposto agli artisti la sepoltura fuori dalle mura, cioè fuori dalla terra consacrata, insieme con i suicidi e i non cattolici?
Proprio lui si è ricordato di noi, si è preoccupato per noi, ha pregato per noi? Non riuscivano a crederci, capito? Si erano già abituati al fatto che in questo momento nessuno abbia un pensiero per loro, e anzi emerga, come sempre nei tempi di restrizioni, quell’avversione piccolo-borghese nei confronti degli irregolari.
Ne è nato un gran subbuglio, caro Francesco, perché i miei amici artisti hanno desiderato fin da subito farti toccare la loro gratitudine, e sono per lo più attori, commedianti, parecchio sanguigni e inclini alla teatralità ma anche, purtroppo, quasi tutti pazzi, ignoranti, arruffoni, sfacciati, litigiosi, insolenti, maleducati, viziosi, incapaci di comunicare degnamente un proprio stato d’animo se non per il tramite di un grande poeta che metta loro in bocca, una a una, le parole.
Allora diventano delicati, immensi, sublimi — ma stavolta non avevano Shakespeare sotto mano, non avevano Eduardo, Molière, Cechov o Pirandello: avevano solo me, e questa è la ragione per cui tanto indegnamente ti sto scrivendo. Però, anche se ti sto scrivendo per conto degli amici che mi hanno chiesto di farlo, e cioè Picchio, Sergio, Margherita, Rosario, Carlo, Carla, Rocco, Leonardo, Alfredo, Marco, Fabrizia, Roberto, Diego, Stefano, Ferzan, Giovanni, Valeria, Valerio, Giuliano, Alessandro, Anna, Gabriele, Francesco, la tua preghiera di lunedì, così semplice, così universale, autorizza a credere che anche tutti gli altri artisti del mondo siano in questo momento colmi di riconoscenza nei tuoi confronti, compresi quelli che vivono in Paesi i cui governi abbiano dato segno di avere a cuore, tra le tante, anche le loro tribolazioni.
E non solo: sempre per il tramite dei miei amici, sono a rappresentarti la riconoscenza anche dei loro amici invisibili, i comprimari, gli assistenti, i tecnici, i lavoratori in genere che danno il loro necessario contributo affinché gli artisti possano indicare, come tu hai detto, la strada per la bellezza.
lettera al papa
Mimmo Paladino
E questi sono tanti, caro Francesco, e tu lo sai — migliaia, e non hanno la minima idea di quando potranno tornare a lavorare. Tribolano, e più sono invisibili più tribolano, e i miei amici mi hanno pregato di ringraziarti anche da parte loro.
Ce n’è poi uno, tra questi amici, Mimmo, che mi ha chiesto di allegare a questa lettera anche un suo piccolo omaggio.
È il ritratto di un altro amico — amico tuo, certo, soprattutto, ma anche nostro, amico di tutti —, che da venti secoli indica la strada della salvezza, raffigurato nella postura che lo ha reso così amato, potente e necessario.
Ecco, caro Francesco, ho compiuto il mio dovere. Permettimi ora di unirmi ai miei amici nel ringraziamento e soprattutto nel saluto finale, che ripesco proprio da quel repertorio di bellezza e genialità che deve tornare al più presto ad arricchirsi: ed è anche il modo di porgerti il mio rispetto dopo essermi rivolto a te con un tono così sfrontatamente confidenziale.
«Ti salutiamo con la nostra faccia sotto i tuoi piedi, senza chiederti nemmeno di stare fermo. Puoi muoverti quanto ti pare e piace, e noi zitti, sotto».
Cordialmente, Sandro Veronesi
Gli amici artisti che in rappresentanza dei lavoratori dello spettacolo hanno chiesto a Sandro Veronesi di scrivere la lettera al Santo Padre sono: Diego Abatantuono, Stefano Accorsi, Roberto Andò, Alfredo Balsamo, Marco Balsamo, Margherita Buy, Carla Cavalluzzi, Francesco De Gregori, Pierfrancesco «Picchio» Favino, Anna Ferzetti, Giuseppe Fiorello, Rosario Fiorello, Alessandro Haber, Valerio Mastandrea, Ferzan Ozpetek, Mimmo Paladino, Rocco Papaleo, Leonardo Pieraccioni, Fabrizia Pompilio, Sergio Rubini, Gabriele Salvatores, Giuliano Sangiorgi, Valeria Solarino, Carlo Verdone, Giovanni Veronesi.

Papa Francesco chiede a tutti di pregare anche per gli artisti; e questi gli scrivono una lettera per dirgli grazie

Gli artisti ringraziano papa Francesco. In un momento storico dovuto alla pandemia di coronavirus in cui tutto il mondo dell’arte e dello spettacolo è costretto a fermarsi, causando grandi problemi economici a molti di loro, il pontefice lunedì scorso si è ricordato di loro, invitando a pregare “per gli artisti”. Commossi dal gesto hanno scritto una lunga lettera di ringraziamento, composta dallo scrittore Sandro Veronesi e firmata da dozzine di personaggi come Francesco De GregoriDiego Abatantuono, Stefano Accorsi, Roberto Andò, Alfredo Balsamo, Marco Balsamo, Margherita Buy, Giuseppe Fiorello, Rosario Fiorello, Alessandro Haber, Valerio Mastandrea, Ferzan Ozpetek, Mimmo Paladino, Rocco Papaleo, Leonardo Pieraccioni, Fabrizia Pompilio, Sergio Rubini, Gabriele Salvatores, Giuliano Sangiorgi, Valeria Solarino, Carlo Verdone, Giovanni Veronesi. Tutte persone ben lontane dal mondo della Chiesa, rimaste però colpite dal gesto. Una lettera importante che segna anche la fine di lungo periodo di ostilità tra i due mondi, come dice Veronesi: “Ma come? Proprio il Papa ci raccomanda a Dio, dopo che per secoli la Chiesa ha imposto agli artisti la sepoltura fuori dalle mura, cioè fuori dalla terra consacrata, insieme con i suicidi e i non cattolici? Proprio lui si è ricordato di noi, si è preoccupato per noi, ha pregato per noi? Non riuscivano a crederci, capito?”.

IL TUO E NOSTRO AMICO GESU’

Definisce i suoi colleghi personaggi “pazzi, ignoranti, arruffoni, sfacciati, litigiosi, insolenti, maleducati, viziosi, incapaci di comunicare degnamente un proprio stato d’animo se non per il tramite di un grande poeta che metta loro in bocca, una a una, le parole”. Aggiungendo che “la tua preghiera di lunedì, così semplice, così universale, autorizza a credere che anche tutti gli altri artisti del mondo siano in questo momento colmi di riconoscenza nei tuoi confronti, compresi quelli che vivono in Paesi i cui governi abbiano dato segno di avere a cuore, tra le tante, anche le loro tribolazioni”. Mimmo Paladino, noto scultore, ha voluto poi inviare al papa un crocefisso da lui realizzato: “È il ritratto di un altro amico — amico tuo, certo, soprattutto, ma anche nostro, amico di tutti —, che da venti secoli indica la strada della salvezza, raffigurato nella postura che lo ha reso così amato, potente e necessario”. Riaffermando la loro autonomia, Veronesi conclude citando Savonarola: “Ti salutiamo con la nostra faccia sotto i tuoi piedi, senza chiederti nemmeno di stare fermo. Puoi muoverti quanto ti pare e piace, e noi zitti, sotto”.

Presidieremo il Parlamento, minaccia Salvini. Con i carri armati giocattolo come la Lega veneta fece a Piazza San Marco? Rischia di andarci da solo a presidiare il Parlamento. Ma non ha detto ieri alla Meloni che con le manifestazioni di piazza non si risolve nulla?

Cercheremo di essere più incisivi per far ascoltare la voce dei cittadini. Presidieremo il Parlamento, perché ormai di promesse gli italiani, in questi due mesi, ne hanno sentite tante". Lo ha detto Matteo Salvini, a 7gold. "I commercianti sono scesi in piazza, stasera ci saranno altre manifestazioni, tutte composte, a distanza, con le mascherine. Gli italiani - ha aggiunto il leader della Lega - stanno dimostrando enorme pazienza, pero' la pazienza per molti non coincide con l'affitto, col mutuo e con le bollette e quindi vediamo di fare tutte le pressioni possibili perché il governo ascolti queste persone".

 "Il primo maggio presenteremo, come Lega, un Piano per la ricostruzione nazionale, con tempi, costi e numeri. Samo al 49esimo giorno di chiusura, ci stiamo documentando su tutto quello che sta facendo il resto d'Europa e tutti stanno ridando ossigeno ai cittadini, senza inondarli di burocrazia. Faremo tutte le nostre proposte, sperando che qualcuna venga accolta dal governo", ha dichiarato Salvini.
Il Mes, ha poi aggiunto, "è agli atti nell'accordo dei Capi di Stato e di governo Ue che si sono riuniti nei giorni scorsi. Conte dice 'c'è nel documento, è stato approvato ma io non so se lo uso'. Ormai non mi fido più delle parole di Conte. Ci sono tanti altri modi per avere soldi subito"

Quanto alle Rsa, "ci sarà tempo di chiarire chi ha fatto e chi non ha fatto" il proprio dovere nelle Rsa. "In questo momento, però, l'emergenza è salvare vite, poi si faranno le indagini. Lascerei medici e infermieri impegnati solo nel cercare di salvare vite. I tempi delle inchieste ci saranno".( AGI)

Fateci tornare in scena e dateci le risorse necessarie. Appello di artisti al premier Conte

Da Ennio Morricone a Ezio Bosso, da Maurizio Pollini ad Antonio Pappano, da Riccardo Chailly a Daniele Gatti, da Emma Dante a Cecilia Bartoli e Damiano Michieletto, trenta grandi musicisti e artisti italiani chiedono al premier Giuseppe Conte di tornare in scena. Lo spettacolo dal vivo va equiparato al turismo nelle disposizioni che regoleranno la fase 2, con le stesse misure di sicurezza.
«Consapevoli dell'importanza di tutelare la sanità dei cittadini, chiediamo al governo, quando deciderà di riaprire i servizi turistici, come la ristorazione all'aperto e l'ospitalità alberghiera, di autorizzare anche lo svolgersi di manifestazioni artistiche all'aperto, con le stesse precauzioni sanitarie e di distanziamento sociale», si legge nel documento.



Una richiesta corale che attraversa le generazioni, da Morricone alla giovanissima star del pianoforte Beatrice Rana: l'emergenza che ha costretto allo stop lo spettacolo dal vivo «ha risvolti artistici, sociali e occupazionali gravissimi. E una pesante ricaduta anche nell'economia dell'indotto. Musicisti, attori, ballerini, registi, scenografi, personale artistico e tecnico si sono trovati all'improvviso nell'impossibilità di esprimersi e di lavorare. Al pubblico, privato dell'accesso a spazi che garantiscano diffusione culturale, è stato negato un diritto costituzionale». A questo punto «uno stop più lungo rischia di essere fatale per un comparto artistico che è da sempre un fiore all'occhiello dell'Italia e un punto di riferimento per tutto il mondo».
Infine, la richiesta al ministero della Cultura di assicurare «a tutte le istituzioni di produzione e diffusione dello spettacolo dal vivo le risorse necessarie per affrontare questo periodo di transizione e di sostenere le forze artistiche. Nessun artista deve sentirsi escluso». Tra i firmatari, Salvatore Accardo, Carla Fracci, Beppe Menegatti, Michele Mariotti, Francesco Meli, Leo Nucci, Katia Ricciarelli, Luca Salsi, Giovanni Sollima.


Salvini dica qualcosa sul caso Pivetti, leghista imprenditrice che specula sull'emergenza

“Dall’opposizione non possiamo imporci. Ma possiamo fare pressioni, per fermare la tirannia della Cgil”. Lo dichiara in un’intervista a La Stampa di Torino il leader della Lega Matteo Salvini, che ritiene questo governo “sbilanciato a sinistra” e con “un problema di mentalità”. Ovvero sia: “La Cgil blocca tutto”, a cominciare da “i voucher, il saldo e stralcio, il condono fiscale, il nuovo codice degli appalti. Non ce l’ho con loro, ma con chi glielo lascia fare”.

“La nostra pazienza si è esaurita” assicura il leader della Lega che tuttavia si dice disponibile a offrire al governo “un piano di ricostruzione nazionale” che includa un “via la burocrazia, via il codice degli appalti, via le pendenze edilizie” perché per la Fase 2 “servono certezze, ma qui c’è solo confusione. Siamo di fronte all’incomprensibile” scandisce Salvini.

"Negozi, scuole, bar, parrucchieri, ristoranti, operatori del turismo. Gli altri paesi non fanno come noi. Sono tutti pazzi e noi i più furbi?” si chiede il capo leghista disponibile “da oggi ad alzare la voce”. Per esempio con l’Europa, che “dovrebbe mettersi assieme per chiedere soldi a Pechino”, cioè chiedere i danni perché “sappiamo tutti da dove è partito il virus”. (AGI)

Effetti collaterali del virus su Sandra Milo, detta anche 'Amuchina, l' indovina . La D'Urso - immaginate un pò - ha dovuto riprenderla (da Leggo.it)

Su Leggo.it le ultime novità. Sandra Milo, appello choc aPomeriggio 5: «Un referendum per far decidere agli italiani se riaprire tutto». Oggi, l'attrice è stata ospite in collegamento da Barbara D'Urso con la figlia Azzurra e ha raccontato la sua vita in quarantena. In questo periodo delicato, Sandra Milo sta intrattenendo i suoi fan con alcuni video comici su Instagram, in cui interpreta l'indovina Amuchina.

Dopo aver parlato del suo nuovo personaggio social, Sandra Milo ha lanciato un appello in diretta al premier Giuseppe Conte: «Faccia un referendum per far decidere a noi italiani se riaprire tutto o solo in parte. Se non riapriamo, la gente muore di fame e scoppia la guerra civile».

Barbara D'Urso, visibilmente sorpresa dalle parole dell'attrice, replica: «Sarebbe un referendum inutile. Non possiamo aprire tutto, il virus è ancora presente. E se scoppia di nuovo la pandemia non riapriremo più. Dobbiamo stare molto attenti».

Irene Pivetti, perfetto esemplare di leghista lumbard, indagata ( da Corriere della Sera, di Claudio Bozza e Mario Gerevini)

Dopo il maxi sequestro alla Malpensa, la Finanza di Siracusa ha sequestrato in varie città novemila mascherine importate dalla Cina da una società che fa capo alla ex presidente della Camera. Anche stavolta il reato ipotizzato è frode nell’esercizio del commercio. Pivetti, amministratore unico della «Only Italia logistics», è ora indagata: le Fiamme gialle le contestano che i dispositivi appartengano a una partita di merce per la quale il direttore centrale dell’Inail (competente a ricevere comunicazioni di produttori e importatori) ha vietato alla società importatrice l’immissione in commercio. Pivetti, che nel ‘94 con la casacca leghista fu a 31 anni la più giovane della storia della Repubblica a guidare Montecitorio, abbandonata la carriera politica e televisiva si è tuffata nel mondo dell’imprenditoria, puntando molto sul commercio tra Italia e Cina. In Oriente, anche grazie alla sua alta referenza istituzionale, è riuscita a stabilire numerose relazioni. E così, nel momento più drammatico della pandemia, a fronte della grave carenza di mascherine, Pivetti ha chiuso un contratto con la Protezione civile per importare dalla Cina 15 milioni di mascherine ( Ffp2 il requisito richiesto) per un totale di 30 milioni di euro, che lo Stato, secondo la precedente normativa, avrebbe pagato per il 60% in anticipo e il 40% alla consegna. 

I prezzi record
Il contratto prevedeva che una piccola percentuale di questa partita di mascherine potesse essere commercializzata dalla società di Pivetti in canali privati. Tra questi anche alcune farmacie del Savonese, che però rivendevano le mascherine con ricarichi fino al 250%. Da questi casi è scattata una denuncia e la Finanza ha risalito la filiera fino alla Malpensa, dove si trovavano le mascherine per le quali è stata contestata la mancanza della certificazione richiesta. Ma come ha fatto una piccola società come la Only Logistics, appena 70 mila euro come ultimo fatturato, ad aggiudicarsi una fornitura da 30 milioni di euro? Parte delle risposte si possono trovare ricostruendo la galassia dell’ex leghista. La «Irene Pivetti Corporation» è un gruppo fatto di fondazioni, cooperative, onlus e società internazionali. Promette e «vende» consulenza e relazioni. Ma di affari veri se ne vedono pochi: nebbia, molta, e un insidioso fallimento in corso. Si chiama Only Italia la rete di business proiettata verso la Cina: «Rete nazionale di distribuzione e promozione sul grande mercato cinese». Però il sito Only-Italia.it, registrato da una società di Parma che fa capo a una onlus gestita dalla Pivetti, è inaccessibile. E pur essendoci continui richiami al nostro Paese, la sede delle due principali società, diciamo le holding, è fuori dai confini nazionali. Una, la Only Italia Club, sta a San Marino. L’altra, Only Italia Tech Trade, in Polonia. Eppure non c’è traccia tangibile di proiezioni internazionali del business. San Marino non è certo Pechino. La piccola repubblica, però, garantisce una certa efficienza burocratica , un sistema bancario «protetto», riservatezza, rapporti e trattati economici con la Cina. Dati economici consolidati non sono disponibili e il fatturato della Logistics che, come dice il nome, fa consulenza nella distribuzione di merci è come quello di un parrucchiere: 72mila euro. I ricavi sono i grandi assenti di questo arcipelago societario. Il «Gruppo Europeo di interesse economico per lo sviluppo dell’Eurasia e del Mediterraneo» non ha finora lasciato tracce nel «promuovere grandi opere infrastrutturali». Il «Centro clinico sino-italiano in Italia» che la «Fondazione per lo sviluppo Italia-Cina» presieduta dalla Pivetti aveva lanciato insieme a 8 cinesi per creare una rete di poliambulatori, non ha mai dato segni di vita. 

Gli intrecci 
Nel frattempo è fallita la «Società di servizi per la Cina», controllata dalla Polonia. Una volta si chiamava «Only Italia» e basta. Ma quando le cose hanno cominciato ad andar male hanno cambiato il nome. Poi il crac per 118.494,47 euro. Dentro la società fallita erano entrati alcuni azionisti di Parma riconducibili in gran parte alla LTBF-Learn to be free, onlus che ha l’obiettivo di «creare opportunità di lavoro per persone in difficoltà dal punto di vista economico». Presidente: Irene Pivetti. «L’ipotesi di reato è inconsistente — dice l’avvocato Mirko Palumbo —: le caratteristiche delle mascherine rispettano alla lettera il contratto con la Protezione civile e confido che saranno tutte dissequestrate». 

martedì 28 aprile 2020

Ponte di Genova: è fatta! A luglio inaugurazione

La diciannovesima e ultima trave in acciaio del nuovo ponte di Genova è al suo posto nella sua posizione finale, a 40 metri di altezza tra le pile 11 e 12, a chiudere gli oltre 1600 metri del nuovo tracciato. Genova ha dunque di nuovo il suo ponte dopo il crollo, avvenuto il 14 agosto 2018 e che ha causato la morte di 43 persone. Le operazioni di innalzamento di tutto il ponte sono durate 7 mesi. Il cantiere non si è mai fermato dal 28 giugno scorso.


La mia presenza qui oggi testimonia del fatto che lo Stato non ha mai abbandonato Genova: lo abbiamo solennemente detto a poche ore dalla tragedia, ero già qui qualche ora dopo". ha detto il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, parlando a Genova in occasione della posa dell`ultimo troncone del nuovo ponte sul Polcevera. "L`abbiamo detto subito: 'Genova non sarà lasciata sola'. Quindi - ha proseguito il capo del Governo - questa presenza è doverosa. Oggi suturiamo una ferita, ricongiungiamo una fondamentale arteria di comunicazione al centro di questa comunità, al centro di questa città, ma sappiamo che questa ferita non potrà essere completamente rimarginata, perché ci sono 43 vittime e noi non dimentichiamo il dolore di questa comunità, in particolare dei familiari".


L'opera, che ha un costo di oltre 200 milioni euro, è stata progettata dall'architetto Renzo Piano, è stato realizzata da Pergenova, società consortile per azioni costituita da Fincantieri e Salini Impregilo per la progettazione e la costruzione del nuovo viadotto. Viadotto che sarà utilizzabile entro la fine di giugno, al massimo agli inizi di luglio.

Nicola Piovani frena gli entusiasmi di Dominique Meyer sulla riapertura

Nicola Piovani, musicista fra i più noti ed anche fra i più presenti sui giornali, con frequenti interventi mai privi di interesse e  sostanza, involontariamente dalle pagine di Repubblica, frena gli entusiasmi del neo sovrintendente della Scala, che dal Corriere ipotizza un evento, in settembre, per dare il via alla ripartenza.

 Meyer, quasi ad assumersi un obbligo morale, che ritiene spetti alla Scala più che a qualunque altra istituzione musicale in Italia, ipotizza l'esecuzione della Messa da requiem di Verdi - che per l'esterofilo Chailly è il Verdi Requiem - in onore - 'suffragio' si direbbe con linguaggio cattolico - delle tantissime vittime che l'Italia e la Lombardia più di tutti hanno dovuto pagare come tributo al Coronavirus. Vorrebbe la Messa verdiana eseguita oltre che a Milano, anche a Bergamo e Brescia, altrettanti 'lazzaretti' mortali, insieme a Milano, della peste virale.

 Nelle indicazioni del Governo, se le cose non cambiano in maniera radicale, a settembre cinema e teatri dovranno restare chiusi, se non si riconvertono in versione 'anticoronavirus'. Che sarebbe? Distanziamento del pubblico - con conseguente riduzione dei posti  - ed obbligo di mascherine.

C'è chi non si mette l'anima in pace per il momento e si strappa le vesti al pensiero che il conseguimento del 'tutto esaurito', al quale fino ad oggi chiunque ambiva perché indicava  chi contava nel mondo della musica, deve per ora essere messo da parte, non diciamo abbandonato definitivamente. Ora ci si deve accontentare di vedere le sale piene a metà, gli incassi dimezzati, con conseguenze anche sui cachet di molti artisti di nome che oggi sono  TROPPO BEN PAGATI - sia chiaro, che non abbiamo nessuna pena per loro!

Nicola Piovani piange sui teatri chiusi che sembrano cimiteri e riflette sul fatto che, comunque la si giri, la ripresa, con la Pandemia sempre incombente, sarà difficile a breve. 

E, infatti, dice indirettamente a Meyer: come fai a far suonare un'orchestra (fra l'altro abbastanza grande per il Verdi ipotizzato; ma il discorso vale per molto altro repertorio sinfonico) ed un coro, assiepati nei rispettivi spazi, senza esporre al percolo di contagio strumentisti e cantanti? Senza le mascherine - giacché non si può né suonare né cantare con le mascherine -  la saliva e le goccioline di questa inonderanno i rispettivi spazi e, nel giro di uno o due concerti, considerando anche le prove (che certamente non si possono fare in streaming)  potremmo giocarci sia i professori d'orchestra che i  coristi.

Il discorso, sottinteso, è da estendere anche al palcoscenico operistico, dove c'è una specie di corpo a corpo fra gli interpreti. Come si fa? Meyer nei giorni scorsi ha dichiarato che non può immaginarsi un sant'Ambrogio senza la Scala aperta. Ha ragione. Ma come? Occorre che ce lo dica, dopo averci pensato seriamente da ora.

Coronavirus. Un nemico mascherato. Impegnamoci per conoscerlo e stanrlo. Nel frattempo teniamoci alla larga da lui.

Dedico, questi giorni, più tempo alla lettura dei soliti giornali, ma resto ogni giorno più stupito dall'assenza di idee sulla fase transitoria - che avrà una certa durata, inutile negarlo - che ci condurrà alla vaccinazione e dunque a gridare  allo scampato pericolo.

Chi rimprovera al governo - al quale vi sono certo colpe da attribuire, come quelle di non essere sempre chiaro e determinato; o quella di parlare di manovre di decine e decine di miliardi, senza riuscire a far arrivare nelle tasche dei bisognosi in tempi ragionevoli e prima comunque della catastrofe anche economica, un Euro - di essere  troppo cauto nell'allentare la morsa dei divieti,  e di fidarsi ciecamente delle indicazioni dei medici, i quali si muovono come ciechi di fronte ad un virus che ancora non conoscono bene; mentre, dovrebbe tapparsi le orecchi per non ascoltarli, e riaprire il prima possibile scuole, centri commerciali, chiese, parchi ecc... 

 Perfino la Chiesa, Francesco in primis, ha avuto coscienza del pericolo legato al 'liberi tutti', quando ha mostrato al mondo prima una Piazza san Pietro desolata e poi la celebrazione della festività somma della liturgia cattolica, la Pasqua, a porte chiuse. Il Papa, i concelebranti, una decina di cantori, e qualche fedele: in San Pietro per la Messa pasquale neanche una cinquantina di persone.

E chi oggi  non è ancora convinto che  di fronte ad una pandemia minacciosa neppure i miracoli possono far nulla, farebbe bene a leggersi ciò che Manzoni scriveva a proposito della peste, quando la Chiesa milanese non potendo più resistere ai fedeli che invocavano l'intervento del cielo e chiedevano per intercederlo, una solenne processione per le strade Milano, dovettero constatare, a posteriori, che fu anche la processione, con l'assembramento inevitabile per le strade, a far aumentare i contagi.

Consigliare alla Chiesa di tornare lentamente,  ma ancora osservando tutte le precauzioni, alla situazione di culto pre pandemia, non è mancanza di rispetto verso la religiosità del popolo e attentato alla libertà di culto, ma attenzione alla salute: prima vivere e poi credere. Si potrebbe aggiungere che a chiedere l'esercizio del culto in tutta libertà è uno stuolo di peccatori seriali, fedifraghi ecc... ecc...(Travaglio, sul Fatto ne ha fatto un lungo elenco di questi credenti 'per interesse') il che la dice lunga.

Se dovesse riprendere a correre il contagio, per il Paese  si metterebbe davvero male, e il giorno per uscire dall'emergenza si allontanerebbe forse all'infinito.

Qualcuno pensa che tutta l'Italia dovrebbe comunque essere aperta in una sola mandata, senza distinzioni da regione a regione. Ma questo è un altro atteggiamento suicida che non tiene conto che proprio nelle fila di coloro che oggi vogliono riaprire tutto e subito ci sono quelli che, per non essere stati all'altezza del loro compito, hanno  fatto strage di cittadini. Pensiamo innanzitutto alla Lombardia, al Piemonte, al Veneto (che per fortuna adottando severe misure si è liberato prima). Se avessero bene amministrato il contenimento della pandemia forse oggi non avremmo il disastro che abbiamo proprio in quelle regioni, mentre nel resto d'Italia, per fortuna, ciò non è avvenuto. Se vogliamo stare ai fatti,  la quasi totalità dell'Italia dovrebbe imputare al governatori della Lombardia se ancora oggi occorre procedere con  tanta cautela.

Che resta a tutt'oggi l'unica strada efficace per contenere il contagio. Altre non ve ne sono. E i miracoli del cielo non esistono. Accontentiamoci dei miracoli di questa terra, uno dei quali, quello di quanti in questi mesi hanno combattuto l'insidioso nemico con eroismo e dedizione, si è verificato sotto i nostri occhi. 

Accademia Chigiana. Corsi confermati. E come?

CORSI ESTIVI CONFERMATI 
Nonostante l’emergenza Covid-19, le date dei corsi sono al momento confermate per i mesi di luglio e agosto 2020. L’Accademia comunicherà tempestivamente eventuali modifiche nella programmazione dei corsi in base allo sviluppo della crisi. 

SCADENZA ISCRIZIONI 
Tutti i candidati, dopo aver effettuato l’iscrizione QUI, possono decidere di sostenere l’esame di ammissione secondo una delle seguenti modalità: ➢ tramite video audizione online iscrivendosi entro i termini sotto indicati; ➢ oppure con audizione dal vivo presso l’Accademia Chigiana il primo giorno di ciascun Corso o Seminario. 

Termini di Iscrizione − 15 maggio per il Corso di Direzione d’orchestra; − 31 maggio per le iscrizioni con video audizione e per il Corso di Composizione e il Seminario Live electronics; − 10 giugno per tutti gli altri Corsi e Seminari con audizione dal vivo a Siena e per gli iscritti al seminario Tabula Rasa per il quale non è previsto esame di ammissione. Tasse di Iscrizione La tassa di iscrizione-esame dovrà essere versata - in via eccezionale – dopo il 15 maggio ed entro il 10 di giugno 2020. Si invitano gli allievi ad iscriversi il prima possibile. 

Per ulteriori informazioni: Sito web: https://chigiana.org/summer-academy/ Segreteria Allievi: allievi@chigiana.it

CIDIM. Ho letto le risposte dei musicisti al questionario

Posso dire, in tutta sincerità, che l'unico fattore comune a molte risposte, fra quelle pervenute al CIDIM e che possono essere lette agevolmente, che vi ho riscontrato - naturalmente non ho letto tutte le risposte, ne ho scelte alcune che venivano da musicisti, soprattutto compositori, che ritenevo  maggiormente dotati di fantasia e capaci di riflettere su una situazione drammatica come la presente, e offrire possibili soluzioni concrete per il prossimo futuro, prima che arrivi l'agognato 'liberi tutti' - è l'alto tasso di narcisismo. Il che naturalmente non mi ha meravigliato: conosco questo mondo, lo frequento da sempre, e conosco i malanni ricorrenti.

I più leggono, studiano, scrivono musica, rileggono composizioni passate, magari le rivedono, apportano modifiche, studiano classici, temendo di non averli ancora compressi  del tutto ecc...
Certo i più fortunati sono quelli che vivono in famiglie dove la musica è di casa, come quella di una nota pianista che ha il marito cantante, la figlia grande violoncellista e la piccola, piccola piccola, che suona il violino. In quella famiglia la quarantena scorre forse più serena, per lo meno meno opprimente.

In tanti rispondono  che in queste settimane mandano in streaming alcun loro composizioni e pensano a possibili supplenze della rete alla musica dal vivo. Dello stesso parere sono istituzioni musicali di una certa storia e tradizione, che però non sono destinatarie del questionario del CIDIM 

A tutti questi un musicista ha risposto con chiarezza: la musica in streaming è un GADGET: non è la musica, nè si può pensare che una simile modalità possa servire  nel lungo passaggio che precederà il ritorno al 'prima del Coronavirus'.

Perchè - come sottolineato da molti - la musica è quella dal vivo, e nessun' altra modalità potrà sostituirla o addirittura soppiantarla, neanche momentaneamente.

A seguito di ciò, io mi aspettavo di leggere, non dico in tutte le risposte ma almeno in qualcuna, qualche proposta per riaprire, in modalità protetta, la musica. Niente. Forse i musicisti pensano che a trovare soluzioni di passaggio debbano essere le istituzioni. Certo che spetta a queste, ma se si riesce ad aiutare i burocrati della musica nella soluzione del difficilissimo problema, tanto meglio.

Qualche soluzione potrebbe essere non impossibile: musica da camera, distanziamento in sala ecc... altre  meno praticabili: orchestre, opera ecc...

Ora siccome non si può pensare che la musica taccia in tutte le sue declinazioni per mesi e mesi;  nè  che gli aiuti di Franceschini riescano a tappare la bocca ai musicisti che chiedono risposte e sostegno, qualche soluzione occorre inventarsela. Subito, siete già in ritardo.

Perciò, cari musicisti  coltivate pure in casa le vostre passioni, o rimettetevi in 'pari' su tante cose che non siete riusciti a fare in passato, però pensate a come ripartire presto, concretamente; non perdetevi dietro cose poetiche del tipo: di che colore è la musica? Chissenefrega!




Il CIDIM invita i musicisti a pensare come ripartire per la musica dal vivo. Musicisti spremete le vostre meningi!

Roma – Il nascere e l’espandersi della pandemia COVID - 19 con il lockdown in Italia e nel mondo ha avuto gravissime ripercussioni anche nel mondo della cultura e dello spettacolo dal vivo. La crisi in atto ha acceso un ampio e diffuso dibattito fra gli operatori e gli organizzatori del settore che hanno proposto analisi e individuato possibili soluzioni per superare l’emergenza. A questa pubblica discussione, salvo poche eccezioni, i performers e compositori italiani non hanno inizialmente partecipato. Il CIDIM ha così invitato con l’hashtag #tempocalmo i principali musicisti italiani e alcuni promettenti giovani talenti a rispondere - durante questa forzata sospensione d’attività - alle seguenti 5 domande:
1 - Come passa il suo tempo e di cosa si sta occupando sul piano musicale?
2 - Ha proposto sue esecuzioni in streaming?
3 - Terminata l’emergenza COVID 19 a suo avviso il modo di fruire la musica dal vivo sarà lo stesso o ripensato?
4 - Quale futuro lavorativo si prospetta per il settore e soprattutto i giovani interpreti dopo la pandemia?
5 - Vuole rivolgere un pensiero/appello al pubblico dei concerti?
L’obiettivo è quello di fare sentire la voce degli interpreti e compositori italiani raccogliendo non solo le testimonianze di come trascorrono queste giornate ma soprattutto le proposte sul futuro assai incerto delle attività musicali (qui le risposte arrivate).

Si è registrata, a pochi giorni dal lancio della campagna #tempocalmo, una significativa adesione da parte d’importanti personalità come di molti giovani interpreti segno della vitalità dei musicisti italiani di esprimere il proprio punto di vista e concorrere con idee all’individuazione di possibili soluzioni a questa crisi. Il CIDIM ringrazia tutti loro e il Presidente dell’AGIS Carlo Fontana per aver aderito a questa campagna autorizzando la pubblicazione sul sito www.agisweb.it di alcune fra le numerose interviste ricevute rimandando, con apposito link, a quello del CIDIM per la lettura di tutti i contributi pervenuti.

Franceschini. Promesse da marinaio?

“Nessun artista verrà dimenticato: nessun attore, nessun musicista così come nessun lavoratore del mondo dello spettacolo. Non parlo delle grandi star, che hanno le spalle robuste, parlo delle professionalità più indifese: le prime misure sono a loro tutela” così nel corso del Question time alla Camera il Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, Dario Franceschini, ha annunciato di aver firmato ieri il decreto che avvia le procedure per il riparto di 20 milioni di euro a sostegno delle realtà delle arti performative che non hanno ricevuto contributi provenienti dal FUS nel 2019. Tali risorse provengono dai fondi istituiti con il decreto “Cura Italia”, varato dal Governo lo scorso 17 marzo, che destinano 130 milioni di euro alle emergenze dello spettacolo e del cinema.
“Questo stanziamento – dichiara il Ministro Franceschini – fornisce una prima risposta alle tantissime piccole realtà che operano nei settori del teatro, della musica, della danza, del circo prive del sostegno statale e pertanto sottoposte a maggiori incertezze. Un mondo fatto di professionisti abituati a vivere del proprio talento che ora conoscono un momento di dura difficoltà e meritano il pieno sostegno delle istituzioni”.
Le risorse verranno ripartite in parti uguali per ciascun beneficiario e verranno devolute ai soggetti che presenteranno domanda nel rispetto di quattro semplici requisiti: prevedere nello statuto o nell’atto costitutivo lo svolgimento di attività di spettacolo dal vivo; avere sede legale in Italia; non aver ricevuto nel 2019 contributi dal FUS; aver svolto tra il 1° gennaio 2019 e il 29 febbraio 2020 un minimo di 15 rappresentazioni e aver versato contributi previdenziali per almeno 45 giornate lavorative.
Le domande potranno essere presentate nelle modalità e secondo le scadenze che verranno rese note dall’avviso che verrà pubblicato dalla Direzione generale Spettacolo entro cinque giorni dalla data di registrazione del decreto. I contributi saranno erogati entro il 30 giugno 2020.

lunedì 27 aprile 2020

Il nuovo viadotto di Genova pronto a luglio. Come chiamarlo? Viadotto ' Paganini' o Viadotto 'Renzo Piano'. Anche l'architetto genovese lo meriterebbe

Ancora 44 metri e il nuovo ponte di Genova, disegnato dall’architetto Renzo Piano, sarà in quota nello stesso luogo, nella stessa valle e sullo stesso torrente, l’ormai noto Polcevera, su cui il 14 agosto 2018 si consumò una immane tragedia, con il crollo del viadotto Morandi e la morte di 43 persone. Succederà domani: «Dipende dal vento», spiegano da queste parti dove al vento e alle intemperie atmosferiche si sono abituati da tempo e dove proprio domani potrebbe arrivare il premier Giuseppe Conte per l’occasione.

Ora, al di là degli annunci della politica, si tratta di capire quando realmente, il nuovo ponte potrà essere percorribile. «Io non faccio previsioni ma pianificazione dei tempi. Dopo la salita di questo impalcato, avremo solo operazioni in quota e se tutto andrà bene dopo dieci giorni di collaudo, entro la seconda metà di luglio dovremmo farcela», dice l'ing. Carpaneto, ad della Ditta che sta costruendo il viadotto, la 'Rina Consulting' di Bergamo.. Nel frattempo, resta l’interrogativo sul nome che si darà al nuovo viadotto. Il Comune ha indetto un concorso di idee tra i genovesi, molte le proposte dal musicista Nicolò Paganini, a Fabrizio De Andrè, allo stesso Renzo Piano.

Renzi e le sue sacerdotesse - come la Bellanova - hanno sempre da ridire sulle decisioni del Governop. Perchè non parlano quando si prendono le decisiooni? Non serve criticare, a cose fatte, un governo di cui si fa parte

Non è affatto soddisfatta la ministra Teresa Bellanova delle decisioni del Consiglio dei ministri sulla Fase 2: “Ci aspettavamo onestamente un’operazione più coraggiosa: si poteva, si doveva osare di più” dice in un’intervista a la Repubblica nella quale puntualizza: “fino a quando non ci sarà il vaccino la situazione non cambierà di molto”. Per poi indicare la strada che “non è continuare a chiudere ma saper convivere col virus”.

La titolare del dicastero dell’Agricoltura sostiene infatti che se il punto è la distanza sociale e i dispositivi di sicurezza, “allora bisognerà lavorare su quelli”, e cioè “garantire una nuova organizzazione del lavoro in sicurezza, nuove modalità per il trasporto pubblico” ma “non si può continuare a bloccare il sistema produttivo” perché “ogni giorno di chiusura comporta una perdita di competitività per il sistema Paese” e “molte aziende rischiano di non riaprire e altre di farlo con meno dipendenti”. “Quelle che operano nell’export stanno già perdendo quote di produzione, a vantaggio di altre all’estero” assicura Bellanova, che chiosa: “Prolungare la chiusura aumenta il danno” mentre qui è necessario ridurlo.

Poi la ministra passa ai voti e ai giudizi sui provvedimenti adottarti dal governo nella giornata di domenica: “Bene l’asporto dal 4 maggio. Ma il primo giugno per la ristorazione e i bar è tardi. Così per i negozi. Troppo in là il 18 maggio: se riavvi le industrie ma tieni chiusi i terminali di vendita, per cosa lavorano quelle aziende, per il magazzino? Si gira a vuoto”, assicura la ministra renziana.

Irene Pivetti si difende. Ma la sua autodifesa non convince

Mi devono spiegare perchè una persona che ha avuto una esperienza di rappresentanza politica, parlamentare e, nel mio caso, presidente della Camera dei deputati, non può avviare una attività commerciale. E' la difesa di Irene Pivetti, dopo che la Finanza ha messo il naso in una società import-export di cui Lei è amministratrice unica.

La Pivetti, che presiede da tempo una associazione - fondazione? - Italia-Cina, con la quale ha instaurato buoni rapporti politici e culturali, ha pensato di avviarne anche commerciali con la Cina, mettendo a frutto  ed intrecciando i diversi rapporti. 

Va premesso che la sua società, l'anno sorso, al suo  secondo anno di attività, ha fatturato in tutto poco più di 70.000 Euro ( settantamila), con un utile di esercizio di 2,000 Euro circa. Di detta società la maggioranza delle azioni le tiene una seconda società di San Marino oltre una seconda polacca. Insomma la Pivetti, stando al parlamento ha imparato tutto su come vanno le cose.

Causa Coronavirus,  la sua società ha ottenuto dalla Protezione Civile un contratto di 30 milioni (trenta milioni, avete capito bene!)  per la fornitura di 15 milioni di mascherine di quelle buone, pagandole quindi 2 Euro cadauna. Spese di spedizione esenti.
 Senonchè quelle mascherine sono ferme alla dogana. Non hanno avuto il benestare per la distribuzione perchè non le hanno  ritenute idonee. C'è poi anche un certificato di idoneità, di provenienza polacca (sede dell'altro azionista della società della Pivetti) che non è stato ritenuto sufficiente.

Insomma la Pivetti ha fregato la Protezione civile ottenendo un contratto che ad altri non sarebbe stato accordato, e poi la Cina , a sua volta - quella con cui Lei ha contatti e li vanta - avrebbe fregato Lei mandandole mascherine - al costo di 2 Euro l'una - non idonee e che quindi sono ferme alla dogana, e ora sono state bloccate dalla Finanza.

La Pivetti ha aggiunto che tutto questo chiasso è fuori posto. Perchè è Lei ad essere stata fregata. Ma  è vero anche  che Lei ha fregato la Protezione civile. Ha detto anche che se si fosse chiamata Rossi nessuno avrebbe avuto da ridire. Giusto, ma c'è da risponderle che se non si fosse chiamata Pivetti, nessuno avrebbe affidato alla sua società, piccolissima, una commessa così onerosa: 30 milioni di 
Euro.

domenica 26 aprile 2020

Coronavirus. Bollettino dal fronte del contagio in Italia al 26 aprile 2020

Tornano a salire i malati (gli attualmente positivi) di Coronavirus in Italia: il bollettino del 26 aprile 2020 segna un incremento rispetto a ieri di 256 unità per un totale di 106.103 (ieri erano 105.847). 

Ma cala considerevolmente il numero di morti nelle ultime 24 ore: sono 260 più rispetto al 25 aprile; in tutto il conto sale a 26.644. I contagi totali (compresi decessi e guarigioni) da inizio pandemia sono ora 197.675, 2.324 in più rispetto a ieri. 

I guariti in tutto sono 64.928, per un incremento di 1.808 unità nelle ultime 24 ore. 

Tra gli attualmente positivi 2.009 sono in cura presso le terapie intensive, con una decrescita di 93 pazienti rispetto a ieri.

21.372 persone sono ricoverate con sintomi, con un decremento di 161 pazienti rispetto a ieri.

82.722 persone, pari al 78% degli attualmente positivi, sono in isolamento senza sintomi o con sintomi lievi.


Rispetto a ieri i deceduti sono 260 e portano il totale a 26.644. Il numero complessivo dei dimessi e guariti sale invece a 64.928, con un incremento di 1.808 persone rispetto a ieri.

Lucia Annunziata racconta a Franco Recanatesi come è cambiato il giornalismo con le testate web (Huffpost) e come la carta stampata nel giro di una quindicina d'anni è destinata a scomparire o a ridimensionarsi molto ( da PrimaComunicazione online-marzo 2020)

Su Prima Comunicazione online di marzo è apparsa una lunga intervista a Lucia Annunziata, firmata da Franco Recanatesi che mi ha fatto gran piacere leggere dopo molto tempo, giacchè molti anni sono passati da quando lo ebbi come direttore, collaborando al Venerdì di Repubblica. Da dove ne uscì quando ci fu la prima epurazione al giornale di De Benedetti, degli 'scalfariani' doc - e Recanatesi era uno di loro.

 Adesso stessa sorte è toccata a Lucia Annunziata, perchè al cambio di editore  è naturale che cambino anche i direttori. E Lei lo ha fatto, ma anticipando in tempo  il cambio: si è dimessa  dopo aver appreso che  la Exor, di casa Fiat, stava per subentrare nella proprietà del Gruppo 'De Benedetti', e  prima che lo facesse Elkann - ma non quello cattivo e scapestrato che da poco è tornato alla ribalta, dopo uno strano incidente in Israele, non si sa perchè e per come,  e che ora è stato abbagliato sulla via  della 'solidarietà' e bontà - no, quello con la faccia buona che buono non è e non guarda in faccia nessuno, John, suo fratello, che appena subentrato nella proprietà, senza nessun preavviso, ha mandato a casa i direttori e li ha rimpiazzati con altri, mandando su tutte le furie anche il fondatore di Repubblica, Scalfari che però  ha dovuto fare, per ora, buon viso a cattivo gioco. Non sappiamo per quanto ancora.

L'Annunziata dice a Recanatesi che il futuro del giornalismo è sul web, a pagamento certo; perchè già oggi i lettori della carta stampata sono sempre meno ed hanno sessant'anni ed oltre ( adesso che  il Coronavirus li ha anche decimati, chissà che la scomparsa di tanti ultrasessantenni non pesi anche sui bilanci degli editori di giornali!). Recanatesi replica che il giornalismo è fatto anche di grandi firme. Come - aggiungiamo noi - non c'è melodramma senza grandi voci, senza star. Vero, ma perchè non si possono formare ottimi giornalisti anche giovani? Occorre solo fare bene il proprio mestiere per essere credibili ed aver un seguito. E poi, vuoi mettere -fa notare l'intervistata - che puoi aggiornare una notizia attimo dopo attimo, senza attendere l'indomani l'uscita del giornale che rallenta troppo l'informazione? 

Questo è vero, però - e la Annunziata lo sa bene - il web ed il giornalismo attraverso il web corre rischi e pericoli che la carta stampata non corre. E che il giornalismo web deve farsi spazio a fatica fra  tutto ciò che di  falso  circola in rete, affermandosi con autorevolezza, autenticità e affidabilità.

 Vedremo che accadrà in futuro. Certo è che ora la carta stampata si comporta - anche una grande testata - come fosse in condizione di monopolio, senza concorrenza, dove tutto le è permesso, anche  ciò che errore vero e proprio non è ma attiene alla decenza e accettabilità professionale. Commette errori che perfino noi che per anni siamo stati direttori di  piccole testate specialistiche musicali  non  abbiamo mai commesso.

Ci è capitato, ad esempio, di leggere qualche settimana fa sul Corriere, in uno  stesso numero, tre  lunghe interviste o profili di  personaggi noti dello spettacolo, con la medesima firma. Come è possibile che un quotidiano che ha una bella squadra di giornalisti si riduca a riempire le pagine del giornale, un solo numero, addirittura con tre grandi pezzi dello stesso autore? Semplicemente non si fa!

E  oggi, dopo aver letto, ancora sul Corriere, un lungo pezzo nella 'romana', a firma Valerio Cappelli, dedicato al direttore Guido Cantelli (scomparso prematuramente molti anni fa, di cui ricorre il centenario della nascita  ed al quale sarà nuovamente dedicato  un concorso di direzione d'orchestra, a Novara sua città natale - ed è questa lì'unica notizia) che a Roma ha diretto qualche volta come tanti altri, ci  è venuto  il sospetto che quel pezzo fosse destinato alle pagine degli spettacoli , e che, rifiutato per qualche ragione, sia finito, impropriamente sulla 'romana'. Errori tanto evidenti da essere considerati imperdonabili.

E certo, sul web che corre a velocità maggiore di un giornale cartaceo,  questi  non apparirebbero come errori, perchè il web ne ha i mezzi per correggersi.

A Piero Alessandro Corsini, direttore di Rai 5

Oggi, 26 aprile, domenica mattina stiamo vedendo sul canale che lei dirige, Rai 5, la riproposta di una puntata della trasmissione 'Nessun dorma', affidata per la conduzione a quel dilettante che è        Massimo Bernardini.  Che sia un dilettante che arraffa in Rai  tutto ciò che può ce ne convincemmo anni fa quando lo avemmo vicino di posto durante un Concerto per la festa della Repubblica, nel cortile del Quirinale.  Per tutto il concerto  giocò, scrisse e messaggiò con il telefonino, a dimostrazione del suo grande interesse per la musica che veniva eseguita e che lui era lì per ascoltare. Almeno un pò.

 E forse anche nel settore della 'leggera', nel quale da giovane ha lavorato, non è veramente competente, se dobbiamo attenerci ai dati negativi della trasmissione Rai di qualche tempo fa ad essa dedicata e a lui affidata.

Nessun dorma rappresenta una specie di figlia imbastardita di 'Prima della prima'. Quella troppo sofisticata, completamente slegata dalle rappresentazioni alle quali faceva riferimento, questa troppo generica e con ospiti che spesso sono più dilettanti dello steso presentatore. Non ci riferiamo naturalmente a Mariotti ed alla Barcellona ospiti di oggi.

 Perchè allora non decide di rimandare in onda le bellissime puntate di All'Opera!, andata in onda su Rai 1 negli anni 1999-2004. Vi sono una cinquantina di titoli d'opera, in belle edizioni, narrate in maniera chiara e accattivante da Antonio Lubrano. Ebbero un successo insperato -se non lo sa, glielo diciamo noi che di quella trasmissione eravamo autore.  Che aspetta a farlo?

All'Opera! sarebbe davvero utile: si ascolta il meglio e  i  brani più più conosciuti dell'opera e, fra un brano e l'altro, il racconto della vicenda. Altro che Bernardini!
 Corsini prenda coraggio, dia un segno della sua intelligenza manageriale, in una rete cosiddetta 'culturale'.


sabato 25 aprile 2020

Di Maio sul MES: discutiamone ( AGI)

Sul Mes faccio una riflessione più ampia. Abbiamo da una parte chi tifa contro l'Italia, e io lo trovo sconcertante. Dall'altra abbiamo chi considera il Mes la salvezza nazionale. Non è vero neanche questo. 

Dobbiamo essere pragmatici. Questa è la partita della vita per noi. E non è ancora finita. Anzi, è appena iniziata". Lo dice il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, che in un'intervista al 'La Stampa' si mostra possibilista sul Mes. 

Grecia e Spagna, osserva, "dicono si' a uno strumento che, ancora sulla carta, sembrerebbe senza condizionalità. Per ora siamo nel campo delle intenzioni"...

Bill Gates. se il vaccino che si sta sperimentando ad Oxford funziona, pago io le spese di produzione

Bill Gates, avanti tutta nella lotta al coronavirus. Il miliardario cofondatore di Microsoft è pronto ad assumersi i costi della produzione di un vaccino contro Sars-CoV2 ed ha già preso contatti con compagnie farmaceutiche per quanto riguarda quello che l'università di Oxford sta testando sugli essere umani. 

Lo ha detto in una intervista al Times di Londra, sostenendo che la sperimentazione britannica, secondo Gates, è "uno dei più importanti sforzi in corso". Al momento, il governo Johnson ha dato loro sufficienti fondi perché possano procedere "a vele spiegate".

"Se i loro risultati degli anticorpi saranno quelli promessi allora io e gli altri del consorzio faremo in modo che sia prodotto in maniera massiccia", ha proseguito Gates sottolineando che nessuno di quanti stanno realizzando il vaccino si aspetta di guadagnarci, sapendo che sarà "un bene comune".

Coronavirus. Bollettino dal fronte dei contagi in Italia al 25 aprile 2020

In Italia, dall’inizio dell’epidemia di Coronavirus, almeno 195.351 persone hanno contratto il virus . Di queste, 26.384 sono decedute (+415, +1.6%; ieri +420) e 63.120 (+2.622, +4.3%; ieri +2922) sono state dimesse. 
Attualmente i soggetti positivi dei quali si ha certezza sono 105.847, un migliaio meno di ieri (il conto sale a 192.994 — come detto sopra — se nel computo ci sono anche i morti e i guariti, conteggiando cioè tutte le persone che sono state trovate positive al virus dall’inizio dell’epidemia). 
I pazienti ricoverati con sintomi sono 21.533; 2.102 (-71, -3.3%; ieri -94) .
I dati sono stati forniti dalla Protezione civile.

Irene Pivetti, che dopo la Presidenza della Camera, ha fatto tutti i misteri, dalla soubrette all'opinionista moralizzatrice, è nei guai per mascherine importate dalla Cina

Alla Presidenza della Camera la impose quel grand'uomo di Bossi, al cui partito la signora era allora iscritta, e nelle cui liste era stata eletta al Parlamento.

Assunse  maniere e mise confacenti al ruolo, sembrava   fosse passata ogni giorno, prima di arrivare in Parlamento, in uno di quei negozi per signore bene; assunse un addetto stampa di valore, quel Farina,  scopertosi poi che era una spia al soldo dei Servizi ( lui, maldestramente, si difese dicendo che era per  difendere il nostro paese! )  e per tutta la sua Presidenza non si ebbe molto da ridire sulla correttezza del suo operato.

Ma una volta uscita dalla Camera, la signora, mantenne segreteria, due segretarie, ed ufficio e forse anche macchina con autista - come gratifica il nostro governo ladro tutti i suoi mandarini anche quando sono fuori dalle stanze dei bottoni - la signora ha fatto tutti i mestieri naturalmente ben retributi per l'incarico pregresso. Per fortuna che dopo qualche tempo, a causa delle infinite rimostranze nei confronti di una ex presidente divenuta perfino soubrette, perdette alcuni degli appannaggi, dei quali difese a spada tratta il diritto a goderne.

Non le è bastato. Da alcuni anni fa parte stabilmente di quella compagnia di giro che si vede in tv a sparare sentenze su tutto.

 Leggiamo oggi sui giornali che la Pivetti, sempre Lei, Irene - da non confondere con la sorella attrice - presiede una Fondazione Italia-Cina, attraverso la quale si è creata molti rapporti con personalità e realtà dell'Estremo Oriente. Non basta,. Ha creato una società - lasciamo stare il nome - di cui è amministratrice unica che  fa affari proprio con la Cina. Giacchè ci siamo sfruttiamo la situazione , magari ne caviamo qualcosa - si sarà detta, o le hanno consigliato. La proprietà della Società è parzialmente di una società, dal nome assai simile a quella della Pivetti, con residenza a san Marino. L'affare si ingrossa e si complica.

Ora la Pivetti e la sua società sono finite nel mirino della Finanza per uno stock di mascherine che Lei ha importato dalla Cina e che sono ferme alla dogana perchè prive dell'autorizzazione CE.  

Buona parte di esse  erano state acquistate per essere destinate alla Protezione civile che le avrebbe acquistate - e forse c'era già un contratto  di avquisto - ed una parte residua, la Società della Pivetti le avrebbe vendute direttamente a Farmacie ed altri punti vendita. Per farci qualche soldino in più.

Ora si spera che la Rai stracci il contratto che lega l'ex presidente ora imprenditrice, come opinionista in diversi spazi televisivi. E se non lo fa la Rai che almeno qualcuno in studio, appena apre bocca le gridi in faccia: sta zitta, con quale faccia  vieni a fare prediche? 

C'è almeno un ristorante aperto in Italia? Sì, a Montecitorio ed è riservato ai Parlamentari: 5 euro il costo di un pasto. Guadagnando appena 15.000 Euro circa mensili, non possono spendere di più



La notizia la dà per prima l’Ansa con un lancio che aveva sollevato ondate di gioia incontenibile: "Finalmente si mangia!", il grido degli onorevoli di ogni colore costretti, da due mesi, cioè da quando è iniziato il lockdown, a ‘mendicare’ pasti dai colleghi romani, a tempestare di telefonate Deliveroo, a portarsi la ‘schiscietta’ (panino, in milanese) da casa (lo fa il deputato di Leu, Nicola Fratoianni). Perché "anche il cestino che ci danno fa schifo", sbottano diversi deputati di Fratelli d’Italia (Rizzetto, Lucaselli) e del Pd (Topo e Lorenzin, che aggiunge: "Sono a dieta"). 

L’alternativa, infatti, era sfamarsi con il cestino che, in questi mesi, la Camera ha fornito ai suoi famelici deputati. Solo che il cestino (due panini non particolarmente imbottiti, un frutto e un’acqua) che i deputati consumavano alla modica cifra di 5 euro non è stato ritenuto «decoroso». Troppe le scene, riprese anche su Instagram, di deputati che addentavano il panino in Transatlantico o in cortile d’onore. 

Da qui, la scelta di riaprire il ristorante, ma il risultato è modesto. "Meglio il cestino!", è già il grido di molti che hanno consumato il vassoio o ascoltato i resoconti dei colleghi. Cestino batte ristorante, dunque. Però, il più furbo di tutti resta Giacomo Portas, leader dei Moderati e iscritto a Italia viva, che si fa portare i pasti dal mitico Fortunato al Pantheon, ristorante privilegiato dei politici della Prima Repubblica. E ha trovato persino dove farsi fare il caffè: alla Tazza d’Oro. 

Luciano Pavarotti. Dopo aver visto ieri sera in tv il film-documentario di Ron Howard, abbiamo ripescato questa nostra intervista al grande tenore, realizzata nel 1989, nella sua casa al mare ( da PIANO TIME)


                                               Intervista a Luciano  Pavarotti


                                       Il loggione ci salverà

Agosto 1989. Collina della Baia Flaminia di Pesaro. Qui c’è la casa al mare di Luciano Pavarotti. Ci si arriva dopo aver percorso una stradina sterrata. Non è una villa, come la fama del proprietario lascerebbe supporre. L’atmosfera è familiare. Pullula di gente, parenti, amici, visitatori d’ogni genere. Pavarotti vi trascorre le sue giornate di riposo estivo, in attesa di riprendere il lavoro. Sembra appesantito e si muove con qualche difficoltà. Ma la simpatia è intatta.

                                                  di Pietro Acquafredda

Pavarotti, Lei è considerato la più bella voce del secolo, il patriarca dei tenori, l’uomo generoso dal sorriso irresistibile, insomma un mito...

Non so se tutto questo corrisponda a verità. So solo che la mia voce devo trattarla bene. Se la tratto bene mi ripaga, altrimenti può darmi delle delusioni, come qualche volta è accaduto in passato, e se non la trattassi bene me ne darebbe ancora. Del mito è impossibile accorgersi. Forse chi non lo è nell’opinione pubblica, è più facile che pensi di esserlo. Se uno è un mito è già molto impegnato ad esserlo per doverlo anche dimostrare. Forse un giorno lo saprò se sono un mito, o forse mai”.

Ai frequentatori più assidui delle sale da concerto il teatro fa una strana impressione, e qualche volta procura anche fastidio, perché appare molto spesso come un corpo ‘separato’ dal mondo della musica.

Il teatro, che ha fatto passi da gigante nel campo della regia e della scenografia, quando è di qualità interessa chiunque sia per lo spettacolo che per l’uomo che ‘suona’ sul palcoscenico. Chi è seduto a godersi uno spettacolo si vede riflesso nel cantante. Del resto, chi non prova a fischiettare o a cantare le più celebri romanze del melodramma, quando si sbarba o fa la doccia? Ad un concerto di pianoforte, in platea vi saranno una decina di persone appena che hanno studiato quello strumento; l’uno per cento che lo suona bene e l’uno per mille che lo suona come il concertista che si sta esibendo. Ciò spiega la diversa partecipazione e simpatia che si instaura fra palcoscenico e platea in una serata d’opera o durante un concerto. Il pubblico del teatro considera quasi un collega quell’uomo che ‘suona’ la voce, il suo strumento”.

La pensa così anche del pubblico del loggione, il più assiduo, attento e critico del teatro musicale?

Ai loggionisti direi: fate come avete sempre fatto: siete stati la salvezza del teatro e continuerete ad esserlo anche se scalpitaste. Anch’io sono stato fischiato. Magari esageratamente, ma chi l’ha fatto aveva tutte le ragioni: sono stato io ad offrile l’appiglio. Quella volta l’ho presa come si deve, con filosofia. Il loggione resta la salvezza del teatro italiano, se poi qualche volta esagera… siamo uomini. Il loggione è l’unico stop alla conduzione politica dei teatri; noi potremmo dare ad intenderla a chiunque se non ci fosse il loggione pronto a fischiare. La stampa non c’è bisogno di comprarla, deve scrivere necessariamente bene di un teatro come la Scala, ne fa in qualche modo parte. Ma se il pubblico dissente vuol dire che esiste ancora un controllo superiore, inesistente in qualunque altra professione. Il loggione è come un commissario di pubblica sicurezza, di pubblica decenza, quando agisce bene, intendiamoci. Non possono venirmi a dire: aspettavano di fischiare il tale cantante. Il loggione della Scala aspetta di fischiare chiunque, per il suo dovere di controllore, a mio parere giustissimo. Anzi, ci sono stati degli spettacoli, ai quali anch’io ho preso parte, che andavano fischiati di più”.

La televisione, involontariamente, ha svelato un suo alterco con la regista dell’Elisir d’amore scaligero. Uno dei tanti difficili rapporti fra gli artefici di uno spettacolo d’opera o qualcos’altro?

Sì, ricordo bene l’episodio e quello spettacolo. Ero in disaccordo con la regista. Accadde poi che mi ammalai davvero , ma nessuno credette alla mia malattia. Forse fu il mio subconscio a procurarmi quella malattia. Quello fu un esperimento da kamikaze fatto dai dirigenti della Scala e dalla signora cui avevano affidato la regia dell’opera. La quale , pur avendo molte qualità, s’era presentata non molto preparata. Quando si vogliono introdurre innovazioni nella tradizione occorre sapere bene quello che si fa ed avere il controllo di se stessi. Il fatto è che la Scala compie talvolta esperimenti sulla pelle altrui e quella volta lo fece sulla mia: si voleva che io restassi per pagare il prezzo di tutte quelle novità. Anche non mi fossi ammalato, sarei comunque andato via”.

La sua carriera può festeggiare già il ventottesimo compleanno. C’è un segreto?

Avere sempre un pianoforte al seguito e studiare come si faceva da ragazzi, ne più e né meno. E’ la regola d’oro. E’ la monotonia del lavoro dell’atleta: un pugile per affrontare un incontro si deve preparare bene. Anche noi siamo molto simili agli atleti: mai mostrare di avere il fiatone. E se il pubblico e la critica si accorge della nostra longevità vocale, lo deve fare nel senso della maggiore tranquillità acquisita con l’esperienza. E’ indispensabile questa ginnastica, questo atletismo puro nel riscaldamento dell’organo vocale. Dipende da questo se alcuni cantanti sono attivi per una decina d’anni appena, mentre altri ( Bergonzi, Fischer-Dieskau), per trenta e più anni”.

Come il vino vecchio, il vino d’annata?

Esattamente, purchè non vada a male”.

Tra breve parteciperà al ‘Pavarotti Day’ che New York le sta preparando in coincidenza del Rigoletto al Metropolitan. Che accadrà quel giorno?

Non so ancora cosa mi sta preparando il pubblico di NewYork e quello d’America. Spero solo che non mi facciano cantare. Ma le devo dire che la cosa cui tengo di più è l’onorificenza di Cavaliere di Gran Croce che mi è stata di recente attribuita dal nostro Presidente della repubblica”.

Perché canta sempre meno in Italia?

Perché i rapporti con la Scala non sono buoni, anche se sono programmate opere che potrei cantare “.

Non la ripaga cantare, che so, a Parma, come farà tra breve?

Cantare in un concerto non è cantare. Cantare è cantare alla Scala. Con Bologna c’è un rapporto fantastico, ma negli ultimi tre anni ho cantato ogni anno, quindi è necessaria una pausa. Al prossimo Maggio fiorentino canterò Trovatore con Muti. Scusi con Mehta, non con Muti… con queste emme è facile confonderli. Chissà come saranno contenti Mehta e Muti”.

Divampa in questi ultimi anni una polemica fra due grandi stirpi tenorili. I cosiddetti ‘contraltisti’ e i ‘baritenori’. E sembra che i primi l’abbiano avuta vinta sui secondi. Anche qui a due passi da casa sua, a Pesaro, sul palcoscenico del Rossini Opera Festival.

Il tenore è tenore. Tutto il resto è un’eccezione. Chi ama il tenore pensa al tenore, a quello con la voce solare: Domingo, Carreras. Gli altri sono eccezioni alla regola, vanno bene per gli specialisti, per gli addetti ai lavori, anzi per pochi fra essi”.

Perché il tenore è il più raro a nascere ai nostri tempi nonostante sia il più amato?

Non è vero. Se vogliamo parlare di voci rare, quelle sono, ad esempio, le voci di baritono e mezzosoprano verdiane. Anche nel mio concorso di canto, e non solo nel mio, sono quelle le voci che mancano. I tenori invece non mancano. Cominciano dai contraltisti e finiscono con i tenori dal colore scuro, i cosiddetti ‘baritonali’. A con ferma di quello che le dico, al mio Concorso di Filadelfia, il vincitore è stato quasi sempre un tenore. Forse manca il ‘supertenore’, quello alla Domingo o Carreras. Questo manca”.

Ha qualche colpa il diapason nell’aver reso il tenore una merce tanto preziosa?

No, il diapason dovrebbe favorirla, essendo quella più acuta. Se poi un tenore è ‘corto’ diventa baritono, baritono leggero, ma non per il diapason che semmai incide nell’ordine di un ottavo di tono”.

Ma allora la polemica sul diapason è insignificante?

Non lo è, perché qualunque voce oltre i ‘440’ diventa ‘irreale’, meglio: innaturale; come innaturale diventa anche il suono dell’orchestra oltre quella soglia”.

Chi sono stati i suoi maestri? Deve loro riconoscenza?
Ho studiato con due maestri: il ‘vocalista’ tenore Arrigo Pola ed il grande Campogalliani, ‘fraseggiatore’ di chiara fama, sotto le cui ‘grinfie’ sono passati almeno il novanta per cento dei cantanti di oggi”.

E Tonini, che collabora spesso con Lei, specie per il Concorso?

Tonini è un maestro di spartito e direttore d’orchestra che mi aiuta nel concorso. Dove io non posso arrivare, arriva lui, dall’Africa al Sudamerica, assieme alla direttrice del concorso”.

A chi si sentirebbe di affidare una giovane promessa?

E’ molto difficile scegliere un maestro affidabile. La professione del maestro consiste nella trasmissione di un pensiero dal una testa ad un’altra. Non c’è un buon maestro; c’è più verosimilmente un buon incontro che si può verificare con chiunque. C’è stato un grande maestro nel passato, si chiamava Antonio Cotogni, baritono. Era riuscito a creare molti cantanti di primissima categoria (Lauri Volpi, Basiola) ed altri, altrettanto numerosi, di seconda. Poi c’è stato Campogalliani che è un grandissimo ‘perfezionatore’. Campogalliani, a differenza di Cotogni, ha preso pochi giovani, da lui vanno piuttosto cantanti già in carriera che hanno bisogno di risolvere un qualche problema. Un tempo il parco cantanti era più ampio, perché diviso in categorie. Allora era perciò difficile che un tenore come me - ‘lirico’ - si cimentasse con Aida o Turandot”.

C’è un modo per individuare un cattivo maestro?

Occorrerebbe ascoltare una decina di cattivi cantanti tutti provenienti dalla medesima scuola, per poterlo dire. Ma questo di solito non accade”.

Come sceglierebbe un cast?

Un cast andrebbe scelto bene. Non è un’ovvietà. Scegliendo la voce giusta per ogni ruolo. Solitamente, invece, lo si fa nella maniera sbagliata: si vuol mettere in scena un’opera e si va alla ricerca dei cantanti che possono interpretarla. Il procedimento dovrebbe essere opposto: abbiamo questi cantanti, vediamo quale opera possiamo fare con le loro voci. L’anno scorso ho fatto una regia a Venezia. Ho ascoltato i cantanti a disposizione ed in base alle coro caratteristiche vocali ho scelto il titolo, benché fosse impopolare per i registi. La scelta mi ha dato ragione. L’opera ha procurato soddisfazione anche al regista, cioè a me”.

Cosa domanda un cantante ad un direttore? E tra i direttori, può dirci con chi Lei ha lavorato meglio?

Con i migliori. Con loro si lavora meglio. Il mondo va così, si lavora meglio con i più bravi, anche se qualche cantante dice il contrario. E si sa quali sono . Karajan in testa. Con lui ho fatto Tosca, nella sua ultima produzione al Festival di Pasqua a Salisburgo. Per questo mi ritengo fortunato. E’ stata un’esperienza meravigliosa, come del resto altre volte in passato”.

Eppure di Karajan si diceva che non sapeva scegliere le voci. Anche lei è di questo parere?

Ha scelto tanto che può anche aver sbagliato. Non dimentichiamo però che Karajan ha creato una cantante come Mirella Freni, in tutti i suoi ruoli. Ma anche la Ricciarelli e molte altre. Siccome ha fatto molte volte esperimenti, non sempre gli sono riusciti. Per la Tosca di Salisburgo, v’era un diverso problema. Le condizioni in cui si lavorava a quell’opera, non erano le migliori per una che debuttava nel ruolo e che non cantava mai in voce. Karajan faceva suonare una sua precedente registrazione dell’opera e questa giovane cantante non poteva né misurarsi né migliorarsi. Fino a che punto questo abbia contribuito a non renderla perfetta per il ruolo non so. Comunque chi sceglie molto, può anche sbagliare”.

I nostri teatri lirici sono quasi tutti chiusi per lavori, e tra breve chiuderanno anche per mancanza di fantasia e managerialità. Cosa ne pensa?

L’ho detto sempre e lo ripeto, anche rischiando l’impopolarità: in un territorio piccolo come l’Italia vi sono troppi teatri: troppi per quantità, troppo pochi per qualità. Per andare all’Opera si può mettere in conto un’ora di macchina. L’Emilia, una regione che può essere percorsa da cima a fondo in un’ora, addirittura pullula di teatri. Questo è l’unico discorso serio da fare. Se poi si vuol fare un discorso romantico, meglio ‘di comodo’, perché tutti mangiamo in quel piatto, allora è un’altra cosa”.


Si fa un gran parlare del calmiere dei cachets per i cantanti e Lei è in cima alla piramide.

Sì sono in cima alla piramide ma per i soldi che mi daranno d’ora in avanti; io quei soldi che vanno dicendo mi daranno , credo di non averli mai presi. Credo, invece, di averli chiesti per il prossimo anno, al teatro Comunale di Firenze, per il mio impegno nel Trovatore, che è un’opera bestiale. Mi pare sia il massimo che un cantante di fama mondiale possa chiedere. I cachet sono aumentati a causa della calata in Italia di cantanti stranieri. Quando, dopo anni di assenza, sono tornato alla Scala, ho trovato un cachet aumentato rispetto a quello della volta precedente, proprio per questa ragione. Non dimentichiamo, comunque, che è il teatro che ha la responsabilità dei cachet. Avviene solitamente che i dirigenti dei teatri si rivolgano ad un cantante, gli propongano un ruolo ed il relativo cachet , sul quale ci può essere una contrattazione”.

Il calmiere dunque apporterà benefici?

Se verrà osservato, sì. Ci si lamenta che l’incidenza del costo di un cantante dall’8% è arrivato al 18.20%. Ora le faccio una domanda: il cantante d’opera, nell’economia dell’opera non vale il 20%? A mio parere il cantante d’opera dovrebbe valere il 20%”.

Possiamo toccare il tasto dolente delle ‘agenzie’ ? Sua moglie, Adua, è contitolare di una nota agenzia. Cerchi per un momento di astrarsi dalla partecipazione almeno ‘affettiva’ all’agenzia di sua moglie. Qual è il suo parere sulla rappresentanza artistica?

Nel 1961 ho avuto la fortuna di debuttare a Reggio Emilia, assieme a Nabokov, figlio del celebre autore di Lolita. Era un basso. Attorno a lui c’era un grande interesse, venne a sentirlo un agente che ascoltò anche me. Alla fine dell’opera, quell’agente venne nel mio camerino e mi disse: giovanotto, prima di cominciare la carriera, venga da me, voglio farla lavorare . Gli chiesi cosa dovessi fare. Mi rispose: dovrai fare della audizioni, entrerai nella mia agenzia, io ti prenderò il 10%, in cambio ti ‘venderò’ a questi teatri. E me li elencò. Con il solo 10% - pensai – farà tutto questo che dice per me? Così è stato, anche se in quegli anni girava la voce che i cantanti davano addirittura il 50% dei loro cachet all’agente. Ho sempre lavorato a queste condizioni con l’agente Siliani, che era stato tenore, e che mi ha procurato sempre grandi soddisfazioni. Adesso ho un agente americano al quale sottopongo ogni decisione: è il mio primo amico. E, mi creda, non capisco come un cantante possa lavorare senza agente. Non posso vagliare da solo tutte le proposte che mi giungono. Ecco dove il lavoro dell’agente diventa indispensabile. Lui riceve tutte le proposte, alcune di esse, dopo averle opportunamente vagliate, me le sottopone. Per fare questo lavoro ci vuole una persona che abbia molta fantasia e non si sia improvvisato. Mia moglie, assieme ai suoi soci, fa da poco questo lavoro, ma lo fa bene. Ha seguito me per trent’anni, ed ha imparato a conoscere il teatro dal vivo. Non deve esistere una nazione senza agenti. In Italia, Zecchillo ha in tal senso davvero rovinato i giovani cantanti italiani i quali, trovandosi senza agenti, hanno favorito la calata degli agenti stranieri, legali. In queste cose non riesco a capire il nostro paese, che invece capisco bene per molte altre cose: nella materia in cui siamo sempre stati signori assoluti, ora vengono a dettar legge gli stranieri. Zecchillo fece in modo che gli agenti italiani fosse banditi dall’ Italia. Ho detto questo già al tempo del ‘colpo di stato’ di Zecchillo. Siamo l’unica nazione in Europa in cui gli agenti non sono richiesti, e neppure legalizzati. Se canto in Germania, invece, devo passare attraverso un agente tedesco, il quale è riconosciuto dallo Stato e paga le sue tasse. Anche noi dovremmo avere i nostri agenti che pagano le tasse, e che possiamo controllare, i quali si spera diano sempre la preferenza al cantante italiano”.

Sarà perciò contento della legalizzazione delle agenzie prevista dalla legge di riforma presentata dal ministro Carraro?

Era ora!”.

A proposito di questa stessa legge, la si è accusata di scarsa attenzione alla musica. Ha qualcosa da suggerire al ministro che ora è candidato alla poltrona di sindaco di Roma?

Non fa niente!. C’è un male oscuro dei nostri teatri. Ai miei tempi, un teatro, di cui non le faccio il nome, era retto da tre sole persone: la bigliettaia, l’agente e la sua segretaria. Ora quel teatro ha un organico di cinquecento persone per le quali è stato costretto ad acquistare un intero stabile. Allora il teatro andava molto bene. Ora si prevede - giustamente - l’introduzione della figura del general manager, come negli Stati Uniti: se non fa andar bene il teatro chiederemo la sua testa; ma gli chiederemo anche di sfoltire gli organici”.

Perché in Italia ci sono teatri nei quali i sovrintendenti sono eletti ‘a vita’?

Anche i direttori artistici, purtroppo. Secondo me, quando il sovrintendente non si impiccia nelle scelte artistiche ed è politicamente bravo, deve restare il più a lungo possibile. Però, sa bene, criticare è facile. Vorrei vedere uno di noi al posto di qualche sovrintendente o direttore artistico, forse vorrebbero mandar via anche noi. A Filadelfia, ottengo buoni risultati perché sono responabile di tutto, pur con gli errori che anch’io commetto”.

Ci dice in tutta sincerità cosa pensa della critica musicale in Italia?

Quelli che fanno il mestiere di critici sono i benvenuti, li ritengo miei ‘colleghi’, e collaboratori fra i più preziosi. Se però della critica fanno lo strumento per la loro esaltazione, allora diventano ridicoli. E ve ne sono. In Italia, per fortuna, sono pochi: tre o quattro che fanno morire dal ridere per la loro ignoranza. Tolti questi, il livello della critica musicale italiana è altissimo. L’ho sempre ascoltata e l’ascolterò sempre, finché campo. Quando dirò che i critici sono cretini, sarà perché avrò smesso di studiare”.

Sottoscriverebbe anche oggi questa sua dichiarazione che le leggo testualmente. “Penso di aver ricevuto un dono raro qual è la voce stessa. Sarebbe errato congratularmi con me stesso per questo dono. Non svilupparla o non saperla usare questo, invece, sarebbe un gran peccato! Sarò felice se verrò giudicato non colpevole di tale peccato”. Sottoscrive?

Confermo e sottoscrivo!”.

Si sente di fare un bilancio della sua abbastanza lunga carriera?

I bilanci non li faccio io. Se, invece, mi chiede quale sia il desiderio più grande che ho oggi, allora le rispondo che vorrei che in futuro tutto andasse come sta andando ora. Va bene così!”.

                                                  **************

L'intervista  qui sopra, l'abbiamo ripubblciata nel 2007, alla morte del tenore, sul bimestrale di muscia Music@,edito dal Colnservatroio 'A.Casella' dell'Aquila, accompagnata dal ricordo che segue.


                                                 Grazie Big Luciano! 

Se il teatro della vita gli avesse concesso, come tante altre volte, una replica, una sola per cancellare il ricordo di qualche acuto poco pulito, o qualche superficialità musicale spesso imputatagli nel corso della sua gloriosa carriera, o per tirarsi dalla sua un loggione ostile, Big Luciano avrebbe ancora una volta dimostrato di essere quello di sempre, il figlio del fornaio abituato a combattere, spavaldo, noncurante del rischio, vincitore ad ogni costo. 

Ed invece, come aveva avuto sentore da tempo – perché la malattia l’aveva ridotto male, ma la testa quella l’aveva sempre lucida - questa volta non c’era tempo per la rivincita. Ed egli, scherzando, l’aveva detto pubblicamente, usando l’amato gergo delle carte da gioco: “ siamo pari e patta”. Se dovesse andarmi male posso pur sempre dirmi soddisfatto: dalla vita ho avuto tutto, per una volta devo rendere, e pareggiare il conto. 

Non era da Pavarotti, ma la resa si faceva necessaria, il male era davvero temendo, il peggiore fra i tumori, quello che agli uomini normali non lascia tempo e che lui aveva continuato a combattere per oltre un anno, senza arrendersi mai. Che le cose, ultimamente, si fossero messe male per lui, lo lasciava chiaramente capire il ricovero in ospedale a Modena ai primi di agosto. I bollettini medici, nel loro linguaggio anodino, facevano capire molto di più di quanto non dicessero effettivamente; quel ricovero si era protratto oltre il tempo necessario,, senza che nulla trapelasse. Lui aveva voluto restare a Modena - s’era detto per restare più vicino all’ospedale dove aveva ricevuto le ultime cure. In realtà deve aver dato ordine di voler morire a casa. 

Poi l’ultimo segnale di allarme, una specie di campana a morto, i cui rintocchi non lasciavano dubbi: il Ministro Rutelli, aveva istituito in extremis un ‘Premio Eccellenza’ (“per l’eccellenza nella cultura, destinato a dare un riconoscimento alle massime personalità che si affermano nella cultura italiana”) e lo aveva attribuito al grande tenore (che “sta combattendo una grande battaglia contro la malattia con la determinazione con cui si è affermato nel mondo con una carriera formidabile”). 

Non bisognava essere poi tanto acuti per capire che la sua corsa, Lucianone stava per terminarla, ed il ministro non voleva arrivare fuori tempo al generale necrologio laudativo. 

In questo momento non viene a nessuno in mente di ricordare i passi falsi, del grande tenore, che pure ci sono stati: la pendenza con le tasse risolta con un concordato che, se anche in corner, gli fece onore; l’esperimento di regia, non dei più brillanti; quel mix di bello e brutto che era il suo ‘Pavarotti and Friends’ di Modena, dettato dalla sua generosità, senza andare tanto per il sottile dal punto di vista musicale; il ritiro dalle scene da tempo annunciato e sempre procrastinato; quelle sue ultime opere cantate sempre con uno sgabello necessario per reggere la sua mole, resa ancora più ingombrante da irrisolti problemi di deambulazione; ed anche quel concerto dei ‘Tre tenori’ che era diventato per lui, Domingo e Carreras una miniera inesauribile di denaro ed onori. 

Su queste scivolate facciamo cadere un leggero sipario, ora che un sipario ben più pesante è calato per l’ultima volta sulla sua vita. Big Luciano, addio! ( P.A.)