mercoledì 9 aprile 2014

Michelangeli, il pianista dei pianisti

 Si torna a parlare di lui alla vigilia del ventennale della morte. A Roma un convegno in occasione  della mostra alla Biblioteca Nazionale, aperta sino alla fine di questo mese.
E’ curioso ma neanche poi tanto che su grandi, taluni addirittura immensi, intrepreti -  parliamo di Michelangeli, ma vale anche per Horowitz, Richter –  dopo la loro morte, sia calato il silenzio più assordante.  Ed è ancor più curioso in tempi di rare nuove registrazioni, quando le case discografiche, se opportunamente amministrate, potrebbero vivere di rendita, rimettendo in circolazione gli immensi tesori custoditi nei loro archivi sonori, che,  invece, non  fanno. A risvegliare la memoria, o l’interesse  - speriamo - su uno degli interpreti più osannati, al vertice della  piramide  novecentesca dell’interpretazione pianistica ci pensano altri, probabilmente solo per anticipare le celebrazioni centenarie, nella speranza che qualcosa, in seguito a tale sollecito non casuale, si muova.
 Quando Arturo Benedetti Michelangeli era in vita, ogni sua apparizione rappresentò davvero un fatto unico ed irripetibile, nonostante che il suo repertorio - ma solo quello pubblico, perché in privato Benedetti Michelangeli suonava molto altro ancora - fosse abbastanza circoscritto e quasi immutato da anni. Non c’era nulla di nuovo, e pure Benedetti Michelangeli era in grado di richiamare schiere di adoratori ed anche di pianisti che noi stessi abbiamo sentito esclamare, sconsolati, al termine di un concerto in Vaticano: come si fa a suonare ancora, dopo aver ascoltato lui?
Le notizie delle meravigliose imprese del nostro avevano superato i confini nazionali e raggiunto anche terre lontane: “ Si dice che in Italia viva un genio. Ha una biografia romantica, un aspetto misterioso ed è molto originale. Dà concerti molto raramente, ha un repertorio modesto ma quando suona il pianoforte è un miracolo. Il suo nome, sembra, è Michelangeli”- si dice abbia detto Sofronitskji, uno dei più grandi pianisti e maestri.  Solo su quel ‘raramente (‘dà concerti’) andrebbe detto qualcosa, per il resto, soprattutto del suo repertorio, era ciò che tutti sapevano. “Non è vero che Benedetti Michelangeli dava concerti raramente e  che molte volte ne annullava  alcuni già in calendario” - afferma senza timore di essere smentito Angelo Fabbrini che per molti anni  è stato  al fianco di Michelangeli con i suoi pianoforti. Michelangeli, questo è vero, non tollerava compromessi, era maniacalmente interessato alla perfezione sonora dello strumento che conosceva profondamente.  Fabbrini ha ricordato le notti passate, talvolta anche in compagnia del maestro, per mettere il pianoforte nelle condizioni migliori in rapporto alla sala ed al repertorio. Michelangeli, nel corso della sua carriera di concertista, ha disdetto concerti in numero molto inferiore di quel che si pensa. Forse era diffusa convinzione in Italia, dove per anni, per le ben note vicende anche fiscali, non ha più suonato, concedendosi solo in rarissime occasioni, come  in onore di due pontefici, e per il Sovrano Militare Ordine di Malta, in uno storico concerto di beneficienza in favore dell’Ospedale Bambino Gesù, nel corso del quale un uccellino, per ascoltare Michelangeli s’era intrufolato fra le foglie di una pianta, e, avendo cominciato a cinguettare, costrinse il pianista a interrompere quel canto imprevisto ed a ricominciare il Ravel di ‘Gaspard de la nuit’. (A proposito di quel memorabile concerto, quando Benedetti Michelangeli venne a sapere che i soldi raccolti non erano ancora andati all’Ospedale pediatrico romano, si infuriò e restituì all’Ordine di Malta l’onorificenza ricevuta per l’occasione benefica. E bene fece!). Sulla unicità della sua arte pianistica, molti illustri concertisti, mettendo da parte rivalità professionali ed anche comprensibilissime invidie, hanno scritto. Non fece la stessa cosa qualche storico che ancora in anni in cui l’arte di Benedetti Michelangeli era universalmente riconosciuta, assieme a qualche lato del suo carattere che certamente non lo rendeva simpatico, si esercitava a demolire il personaggio piuttosto che a rendere onore al merito.
Un altro grandissimo pianista-didatta russo, Nejhaus, avendolo ascoltato a Mosca,  nel corso della lunga tournée in URSS del 1964, disse di Michelangeli: ”La sua musica rammenta una scultura di marmo, perfetta, bella, idonea a resistere per secoli senza mutare, come se non fosse sottoposta alle leggi del tempo, alle sue contraddizioni e mutevolezze”.
 Carlo Zecchi, un altro dei nostri monumenti musicali, anch’egli ingiustamente  dime nticato, ci scrisse di Michelangeli : “ La prima volta che ebbi occasione di ascoltare ARTURO BENEDETTI MICHELANGELI, fu al Concorso di Bruxelles, molti anni fa ( La testimonianza manoscritta di Zecchi era del  1984. Benedetti Michelangeli aveva partecipato al Concorso in questione nel…  ndr.) Egli s’impose subito per le alte qualità di pianista e di musicista. La commissione era composta dai più alti nomi del pianismo ( Artur Rubinstein, Wilhelm Backhaus, Gieseking e Annie Fischer) e di rinomati musicologi come Baumgarter ed altri del suo tempo. Lasciò una grande impressione che si ripetè al Concorso di Edimburgo, qualche anno dopo, presente Kleiber, Furtwaengler ed altri. Suonò il ‘Concerto di Schumann, accompagnato da Vittorio Gui e il pubblico gli decretò un vero trionfo. Personalmente lo considero un GRANDE, con le lettere maiuscole, e se il suo carattere fosse un po’ meno chiuso, egli potrebbe avere il triplo di ammiratori. Quando era più giovane studiava molte ore al giorno e anche di notte. La variabilità e dolcezza del suo tocco sono le sue doti più spiccate, il suo discorso musicale sempre persuasivo e dei più convincenti. Io ho per lui una venerazione e vorrei che Lugano fosse un po’ più vicino a Roma per seguirlo nelle sue peregrinazioni artistiche! L’Italia può essere fiera di quanto Egli dà per l’arte pianistica e di quanto l’apprezzino i suoi colleghi. Carlo zecchi ( Piano Time. Anno II, n.14. maggio 1984).  Nella voce Michelangeli del Dizionario Biografico della Treccani,2010, Rattalino ipotizza che sia stato proprio Zecchi a votare contro il giovanissimo Michelangeli a Bruxelles, e che anche in altre occasioni, forse per invidia,  Zecchi non avrebbe apprezzato le qualità del pianista - come invece aveva  scritto a noi.
E Aldo Ciccolini, al quale Benedetti Michelangeli pare fosse molto legato: “L’Arte di Benedetti-Michelangeli non si presta ad analisi di sorta. Si constata e basta. Sarebbe infatti inutile volerne tentare la descrizione ed interi volumi non basterebbero a coglierne i molteplici, straordinari aspetti. Un pianista del calibro di Benedetti-Michelangeli non può esser paragonato a nessun altro – è un fenomeno a parte, una somma di qualità di natura trascendentale sorrette da una organizzazione mentale al di là dell’eccezionale. Non esito ad affermare che nessun artista  di questa seconda metà del ventesimo secolo è in grado di reggere il confronto con A. Benedetti-Michelangeli che ha saputo innalzare l’Arte pianistica a vette sublimi, insospettate, irraggiungibili”. Aldo Ciccolini ( sempre da ‘Piano Time’, in un numero dedicato a Michelangeli).
 E Tito Aprea: “ Il pianismo di Michelangeli è costruito su fondamenta tecniche di infallibile perfezione, si avvale della bellezza di un tocco espressivo fascinoso per creare atmosfere interpretative di rara suggestione. E un così acceso clima di conquista spirituale è realizzato con una imperturbabilità somatica che, già da sola, è misteriosa ed avvolgente. Michelangeli non si abbandona a quegli atteggiamenti svenevoli o irosi con i quali molti esecutori ‘mimano’, talvolta, il carattere delle musiche che eseguono”.
 Né va dimenticato il lavoro di didatta di Benedetti Michelangeli, assai raro in musicisti del suo calibro; memorabili i suoi corsi di Arezzo, dove aveva formulato un decalogo per gli allievi dai quali esigeva rispetto per la musica e osservanza ferrea delle regole della scuola. Si racconta, a tal proposito, di un allievo, molto dotato, ma che presentandosi a Michelangeli, senza un briciolo di umiltà, gli disse: “Maestro, sono venuto a farle sentire l’Appassionata”. Il maestro, gelido, rispose: “La conosco”.
 Questo aspetto del suo carattere, particolarmente evidente nel suo lavoro di insegnante, ci fa venire in mente un altro grande musicista italiano, venerato e rispettato da tutto il mondo musicale, che non si faceva scrupolo di manifestare durezza nei confronti degli allievi poco umili e irrispettosi della musica, Franco Ferrara, alle cui lezioni, in quel di Assisi, ci capitò di assistere, nei primi anni Ottanta, mentre non abbiamo mai avuto modo di assistere a quelle di Michelangeli, ad Arezzo, negli anni Cinquanta,  anche per ragioni anagrafiche.
 Le caratteristiche principali del suo pianismo  furono subito evidenti a tutti dal suo debutto internazionale a Ginevra , al primo Concorso, nel 1939, Michelangeli diciannovenne, sintetizzate da Cortot che presiedeva la giuria che lo salutò come il ‘nuovo Liszt’. Il virtuosismo risolto senza apparente difficoltà la prima caratteristica distintiva, testimoniata anche dalle prime registrazioni. Ad esso si affiancò, nel tempo, uno straordinario ‘cantabile’, al punto che ascoltandone alcune esecuzioni  particolarmente segnate da tale stile pianistico si aveva l’impressione fossero due i pianoforti a suonare, perchè l’accompagnamento differiva dal modo, tutto vocale e sulla scia della grande tradizione della vocalità italiana, arricchita  anche dall’apparizione rivoluzionaria della Callas, di porgere la linea del canto. Verso gli ultimi anni di carriera si osservò nel suo pianismo un forte tensione verso l’oggettività dell’esecuzione.  A quale altra svolta avremmo assistito qualora Michelangeli,  se non morto prematuramente  in  quell’11 giugno del  1995, avesse messo in atto quel suo proposito di incidere nuovamente tutto il suo repertorio, come aveva rivelato anche ad Angelo Fabbrini che, proprio nel giorno in cui il pianista scomparve si accingeva a  raggiungerlo  per discutere e concordare calendario di prove e registrazioni. ( Chi volesse leggere  il ‘diario’ di Angelo Fabbrini, consegnato, in esclusiva, al bimestrale Music@, non ha che da sfogliare, sul sito : www.consaq.it, i nn. 28-31 del 2012 di Music@).
 Una curiosità, per finire. Michelangeli era nato il 5 gennaio del 1920. Esattamente undici anni dopo, il 5 gennaio del 1931 nacque Brendel e undici anni dopo ancora, il 5 gennaio 1942, nacque Pollini. Semplice coincidenza, o vogliamo pensare che esista un giorno propizio per la nascita di grandi pianisti?

                                   

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