Si torna a parlare di lui alla vigilia del
ventennale della morte. A Roma un convegno in occasione della mostra alla Biblioteca Nazionale,
aperta sino alla fine di questo mese.
E’ curioso ma
neanche poi tanto che su grandi, taluni addirittura immensi, intrepreti - parliamo di Michelangeli, ma vale anche per
Horowitz, Richter – dopo la loro morte, sia
calato il silenzio più assordante. Ed è
ancor più curioso in tempi di rare nuove registrazioni, quando le case
discografiche, se opportunamente amministrate, potrebbero vivere di rendita,
rimettendo in circolazione gli immensi tesori custoditi nei loro archivi
sonori, che, invece, non fanno. A risvegliare la memoria, o l’interesse - speriamo - su uno degli interpreti più
osannati, al vertice della piramide novecentesca dell’interpretazione pianistica
ci pensano altri, probabilmente solo per anticipare le celebrazioni centenarie,
nella speranza che qualcosa, in seguito a tale sollecito non casuale, si muova.
Quando Arturo
Benedetti Michelangeli era in vita, ogni sua apparizione rappresentò davvero
un fatto unico ed irripetibile, nonostante che il suo repertorio - ma solo
quello pubblico, perché in privato Benedetti Michelangeli suonava molto altro
ancora - fosse abbastanza circoscritto e quasi immutato da anni. Non c’era
nulla di nuovo, e pure Benedetti Michelangeli era in grado di richiamare
schiere di adoratori ed anche di pianisti che noi stessi abbiamo sentito
esclamare, sconsolati, al termine di un concerto in Vaticano: come si fa a
suonare ancora, dopo aver ascoltato lui?
Le notizie delle meravigliose imprese del nostro
avevano superato i confini nazionali e raggiunto anche terre lontane: “ Si dice che in Italia viva un genio. Ha
una biografia romantica, un aspetto misterioso ed è molto originale. Dà
concerti molto raramente, ha un repertorio modesto ma quando suona il pianoforte
è un miracolo. Il suo nome, sembra, è Michelangeli”- si dice abbia detto
Sofronitskji, uno dei più grandi pianisti e maestri. Solo su quel ‘raramente (‘dà concerti’)
andrebbe detto qualcosa, per il resto, soprattutto del suo repertorio, era ciò
che tutti sapevano. “Non è vero che Benedetti Michelangeli dava concerti raramente
e che molte volte ne annullava alcuni già in calendario” - afferma senza
timore di essere smentito Angelo Fabbrini che per molti anni è stato
al fianco di Michelangeli con i suoi pianoforti. Michelangeli, questo è
vero, non tollerava compromessi, era maniacalmente interessato alla perfezione
sonora dello strumento che conosceva profondamente. Fabbrini ha ricordato le notti passate,
talvolta anche in compagnia del maestro, per mettere il pianoforte nelle
condizioni migliori in rapporto alla sala ed al repertorio. Michelangeli, nel
corso della sua carriera di concertista, ha disdetto concerti in numero molto
inferiore di quel che si pensa. Forse era diffusa convinzione in Italia, dove
per anni, per le ben note vicende anche fiscali, non ha più suonato,
concedendosi solo in rarissime occasioni, come in onore di due pontefici, e per il Sovrano
Militare Ordine di Malta, in uno storico concerto di beneficienza in favore
dell’Ospedale Bambino Gesù, nel corso del quale un uccellino, per ascoltare
Michelangeli s’era intrufolato fra le foglie di una pianta, e, avendo cominciato
a cinguettare, costrinse il pianista a interrompere quel canto imprevisto ed a
ricominciare il Ravel di ‘Gaspard de la
nuit’. (A proposito di quel memorabile concerto, quando Benedetti
Michelangeli venne a sapere che i soldi raccolti non erano ancora andati
all’Ospedale pediatrico romano, si infuriò e restituì all’Ordine di Malta
l’onorificenza ricevuta per l’occasione benefica. E bene fece!). Sulla unicità
della sua arte pianistica, molti illustri concertisti, mettendo da parte
rivalità professionali ed anche comprensibilissime invidie, hanno scritto. Non
fece la stessa cosa qualche storico che ancora in anni in cui l’arte di Benedetti
Michelangeli era universalmente riconosciuta, assieme a qualche lato del suo
carattere che certamente non lo rendeva simpatico, si esercitava a demolire il
personaggio piuttosto che a rendere onore al merito.
Un altro grandissimo pianista-didatta russo, Nejhaus,
avendolo ascoltato a Mosca, nel corso
della lunga tournée in URSS del 1964, disse di Michelangeli: ”La sua musica rammenta una scultura di
marmo, perfetta, bella, idonea a resistere per secoli senza mutare, come se non
fosse sottoposta alle leggi del tempo, alle sue contraddizioni e mutevolezze”.
Carlo Zecchi,
un altro dei nostri monumenti musicali, anch’egli ingiustamente dime nticato, ci scrisse di Michelangeli : “ La prima volta che ebbi occasione di
ascoltare ARTURO BENEDETTI MICHELANGELI, fu al Concorso di Bruxelles, molti
anni fa ( La testimonianza manoscritta di Zecchi era del 1984. Benedetti Michelangeli aveva
partecipato al Concorso in questione nel…
ndr.) Egli s’impose subito per le alte qualità di pianista e di
musicista. La commissione era composta dai più alti nomi del pianismo ( Artur
Rubinstein, Wilhelm Backhaus, Gieseking e Annie Fischer) e di rinomati
musicologi come Baumgarter ed altri del suo tempo. Lasciò una grande
impressione che si ripetè al Concorso di Edimburgo, qualche anno dopo, presente
Kleiber, Furtwaengler ed altri. Suonò il ‘Concerto di Schumann, accompagnato da
Vittorio Gui e il pubblico gli decretò un vero trionfo. Personalmente lo
considero un GRANDE, con le lettere maiuscole, e se il suo carattere fosse un
po’ meno chiuso, egli potrebbe avere il triplo di ammiratori. Quando era più
giovane studiava molte ore al giorno e anche di notte. La variabilità e
dolcezza del suo tocco sono le sue doti più spiccate, il suo discorso musicale
sempre persuasivo e dei più convincenti. Io ho per lui una venerazione e vorrei
che Lugano fosse un po’ più vicino a Roma per seguirlo nelle sue peregrinazioni
artistiche! L’Italia può essere fiera di quanto Egli dà per l’arte pianistica e
di quanto l’apprezzino i suoi colleghi. Carlo zecchi ( Piano Time. Anno II,
n.14. maggio 1984). Nella voce
Michelangeli del Dizionario Biografico della Treccani,2010, Rattalino ipotizza
che sia stato proprio Zecchi a votare contro il giovanissimo Michelangeli a
Bruxelles, e che anche in altre occasioni, forse per invidia, Zecchi non avrebbe apprezzato le qualità del
pianista - come invece aveva scritto a
noi.
E Aldo Ciccolini, al quale Benedetti Michelangeli
pare fosse molto legato: “L’Arte di
Benedetti-Michelangeli non si presta ad analisi di sorta. Si constata e basta.
Sarebbe infatti inutile volerne tentare la descrizione ed interi volumi non
basterebbero a coglierne i molteplici, straordinari aspetti. Un pianista del
calibro di Benedetti-Michelangeli non può esser paragonato a nessun altro – è
un fenomeno a parte, una somma di qualità di natura trascendentale sorrette da
una organizzazione mentale al di là dell’eccezionale. Non esito ad affermare
che nessun artista di questa seconda
metà del ventesimo secolo è in grado di reggere il confronto con A.
Benedetti-Michelangeli che ha saputo innalzare l’Arte pianistica a vette
sublimi, insospettate, irraggiungibili”. Aldo Ciccolini ( sempre da ‘Piano
Time’, in un numero dedicato a Michelangeli).
E Tito Aprea:
“ Il pianismo di Michelangeli è costruito
su fondamenta tecniche di infallibile perfezione, si avvale della bellezza di
un tocco espressivo fascinoso per creare atmosfere interpretative di rara
suggestione. E un così acceso clima di conquista spirituale è realizzato con
una imperturbabilità somatica che, già da sola, è misteriosa ed avvolgente.
Michelangeli non si abbandona a quegli atteggiamenti svenevoli o irosi con i
quali molti esecutori ‘mimano’, talvolta, il carattere delle musiche che
eseguono”.
Né va dimenticato
il lavoro di didatta di Benedetti Michelangeli, assai raro in musicisti del suo
calibro; memorabili i suoi corsi di Arezzo, dove aveva formulato un decalogo per
gli allievi dai quali esigeva rispetto per la musica e osservanza ferrea delle
regole della scuola. Si racconta, a tal proposito, di un allievo, molto dotato,
ma che presentandosi a Michelangeli, senza un briciolo di umiltà, gli disse: “Maestro,
sono venuto a farle sentire l’Appassionata”. Il maestro, gelido, rispose: “La
conosco”.
Questo
aspetto del suo carattere, particolarmente evidente nel suo lavoro di
insegnante, ci fa venire in mente un altro grande musicista italiano, venerato
e rispettato da tutto il mondo musicale, che non si faceva scrupolo di manifestare
durezza nei confronti degli allievi poco umili e irrispettosi della musica,
Franco Ferrara, alle cui lezioni, in quel di Assisi, ci capitò di assistere,
nei primi anni Ottanta, mentre non abbiamo mai avuto modo di assistere a quelle
di Michelangeli, ad Arezzo, negli anni Cinquanta, anche per ragioni anagrafiche.
Le
caratteristiche principali del suo pianismo
furono subito evidenti a tutti dal suo debutto internazionale a Ginevra
, al primo Concorso, nel 1939, Michelangeli diciannovenne, sintetizzate da
Cortot che presiedeva la giuria che lo salutò come il ‘nuovo Liszt’. Il
virtuosismo risolto senza apparente difficoltà la prima caratteristica
distintiva, testimoniata anche dalle prime registrazioni. Ad esso si affiancò,
nel tempo, uno straordinario ‘cantabile’, al punto che ascoltandone alcune
esecuzioni particolarmente segnate da
tale stile pianistico si aveva l’impressione fossero due i pianoforti a
suonare, perchè l’accompagnamento differiva dal modo, tutto vocale e sulla scia
della grande tradizione della vocalità italiana, arricchita anche dall’apparizione rivoluzionaria della
Callas, di porgere la linea del canto. Verso gli ultimi anni di carriera si
osservò nel suo pianismo un forte tensione verso l’oggettività
dell’esecuzione. A quale altra svolta
avremmo assistito qualora Michelangeli, se non morto prematuramente in
quell’11 giugno del 1995, avesse
messo in atto quel suo proposito di incidere nuovamente tutto il suo
repertorio, come aveva rivelato anche ad Angelo Fabbrini che, proprio nel
giorno in cui il pianista scomparve si accingeva a raggiungerlo
per discutere e concordare calendario di prove e registrazioni. ( Chi
volesse leggere il ‘diario’ di Angelo
Fabbrini, consegnato, in esclusiva, al bimestrale Music@, non ha che da sfogliare,
sul sito : www.consaq.it,
i nn. 28-31 del 2012 di Music@).
Una
curiosità, per finire. Michelangeli era nato il 5 gennaio del 1920. Esattamente
undici anni dopo, il 5 gennaio del 1931 nacque Brendel e undici anni dopo ancora,
il 5 gennaio 1942, nacque Pollini. Semplice coincidenza, o vogliamo pensare che
esista un giorno propizio per la nascita di grandi pianisti?
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