venerdì 29 gennaio 2016

La biblioteca dei Girolamini a Napoli va in malora - scrive Tomaso Montanari

Lo studioso e storico dell'arte, Tomaso Montanari, presentissimo nel dibattito  sulla cultura e sui  'beni' culturali in Italia, sul 'Venerdì' ( La repubblica) di oggi ci aggiorna sulla situazione della gloriosa Biblioteca dei Girolamini  di Napoli, della cui spoliazione ad opera di quel furfante di De Caro, della premiata scuderia Publitalia agli ordini e al servizio di DellUtri e Galan, era stato il primo a dare notizia e, di conseguenza ad arrestarla, la spoliazione; poi la magistratura ha provveduto a condannare ed arrestare il De Caro, che oggi è nuovamente sotto processo perché, oltre che la biblioteca napoletana, ha depredato anche quella del Ministero dell'Agricoltura, dove s'era fatto mandare dai soliti amici e complici, con la solita identica missione: fregare libri antichi e venderli sul mercato 'nero' antiquario o a qualche suo amico e protettore, noto bibliofilo per passione, che s'è dichiarato estraneo alla faccenda. Basta credergli!
 Adesso Montanari torna sull'argomento Girolamini per farci sapere che la Biblioteca ed anche la Chiesa sono in pessime condizioni, e biblioteca e chiesa hanno bisogno di interventi urgenti se non si vuole che il colpo definitivo oltre quello già inferto da De Caro, sia il tempo e l'incuria a sferrarglielo.  perchè la Chiesa cade a pezzi e la Biblioteca non ha un direttore che se ne prenda cura.
E non sarebbe il primo caso in Italia, dove il ministro è più interessato a ricoprire i sotterranei del Colosseo, per farci tornare tornei e sfilate; o attento a farsi fotografare con il suo capo Renzi assieme a cinematografari  che si dicono soddisfatti del DDL appena approvato dal Consiglio dei ministri sul Cinema e sui  nuovi finanziamenti ad esso destinati - decisioni che lo mettono in vetrina sui giornali - mentre assai poco o niente gli frega di una biblioteca della cui importanza forse non sa; come anche delle colonne che perdono pezzi a Pompei, tanto lui e il suo compare, a Pompei si sono fatti fotografare qualche giorno fa, all'apertura di una nuova Domus.  

Nei Borghi si gioca ai 'tre ladroni'

Un nostro assiduo lettore ci invia un articolo di ieri ( Il Tempo) assicurandoci che 'ci interesserà'. Ha ragione. Che dice l'articolo?
Dice di un triplo finanziamento  fatto dalla Regione, guidata dalla Polverini, per lo stesso avvenimento musicale  che riguardava i giovani - nel cui nome troppi misfatti ed imbrogli si compiono - e al quale partecipava anche Ennio Morricone, che naturalmente è del tutto estraneo alla storia, e semmai ne sarebbe vittima.
L'avvenimento cui si fa riferimento ebbe luogo all'Auditorium Conciliazione (siamo nel 2014) che è gestito dalla società ' I Borghi srl' di proprietà dei Cesa - sì, loro che dicono di essere scesi in politica per il bene della 'ggente, della quale fa parte anche la loro famiglia - passata poi di mano e finita in quelle di tale Carducci, il quale a sua volta, divenuto presidente del Consiglio regionale , sotto Polverini, cede l'impresa a Valerio Toniolo, altro Rutelli boy's, come il Carducci, Dal che si deduce che il Rutelli con la sua 'margherita' ne ha allevati di procacciatori di affari per sè...
 A Valerio Toniolo, Rutelli  e poi i Cesa non si sono accontentati di fargli amministrare  la società che gestisce l'Auditorium,  ristrutturato con i soldi Arcus, e finanziato negli anni dalla Polverini( in tre anni gli ha destinato quasi 1.500.000 Euro) ed anche , prima, da Marrazzo ( quasi 500.000 Euro in due anni - i quali volevano un auditorium ' nella disponibilità della Regione' per le loro manifestazioni - ma lo hanno infilato in organi di gestione della cosa pubblica. Toniolo è passato , dai tempi di Rutelli ministro, in tutte le Commissioni del Ministero della Cultura, commissioni di teatro, musica, danza, circhi: le commissioni che consigliano al ministro chi finanziare con il FUS ed anche di quanto finanziare gli idonei.
 Non bastasse, nella stessa società ed anche in alcune delle tre associazioni destinatarie del finanziamento di cui scrive 'Il tempo', c'è anche una signora Toniolo, evidentemente moglie o sorella o figlia...  o qualcosa che ha a che fare con il Toniolo, Valerio, che siede anche nel consiglio di Presidenza dell'AGIS - non si capisce se a titolo personale, come esperto di musica, danza teatro e circhi - come lo avrebbe laureato Rutelli -  come rappresentante del ministero nelle cui commissioni egli siede da  subito dopo l'esame di maturità, o come amministratore de 'I Borghi srl' , rappresentando anche sua sorella o moglie o figlia, con il che si vede che si occupa anche di trovare lavoro a chi non ne ha, ed in tempi come i nostri è una sacrosanto compito che va comunque compensato.
 Di Valerio Toniolo e dell'affaire ' I Borghi srl' abbiamo scritto altre volte, ed una volta ricevemmo una risposta da parte dell'interessato che voleva spiegarci come era tutto regolare. Sì, ha ragione, tutto regolare, come conferma anche quest'ultima storia.

giovedì 28 gennaio 2016

Giornata della memoria: la musica come sottofondo

Scandalizzarsi ed adirarsi, almeno questo, per il modo in cui la musica è stata usata nella celebrazione del 'Giorno della memoria'. Altro non si può, per la sordità totale di chi  non avrebbe dovuto consentire un simile sconcio.
 A cominciare dai responsabili della diretta tv ( Tg1) dal Quirinale, quando si sono ascoltati  quegli ignorantissimi colleghi che raccontavano qualunque cosa mentre un gruppo di noti musicisti suonava per rendere omaggio, anche con la musica (se fosse stata eseguita ed ascoltata nel silenzio) alle vittime  dell'Olocausto. La musica, quella musica che nei campi di concentramento costituì ragione e mezzo di sopravvivenza dei deportati, serviva solo da sottofondo alle loro chiacchiere, per la cui diffusione neanche pochi minuti potevano attendere, troppo urgenti erano quelle quattro cose che dovevano dire e che nella giornata della memoria si sono ascoltate infinite volte, sempre le stesse.
 Poi la serata celebrativa all'Auditorium  con la Filarmonica Toscanini di Parma che ha riproposto lo stesso programma diretto da Toscanini per la fondazione ed uscita ufficiale della Filarmonica  d'Israele, come ora si chiama. Lo stesso programma di settant'anni fa, mentre un attore pur bravo, leggeva per l'ennesima volta quelle medesime cose che ieri s'erano ascoltate in ogni occasione dedicata alla ricorrenza.
 E ieri s'è rifatto vivo, rappresentato dal suo segretario generale, anche il Comitato internazionale 'Viva Toscanini', sorto una decina di anni fa, per appuntarsi sul petto  fresche medaglie di merito, per aver piantato melograni  nei giardini dell'Auditorium. A proposito perchè melograni e non ulivi?
 Chi non fosse a conoscenza di tale comitato può andare sul suo sito ufficiale per notare come nel doppio comitato ( d'onore ed esecutivo) non vi siano presenti direttori d'orchestra ( nel comitato d'onore  ci sono Dudamel e Scimone. Sono da considerarsi direttori con tutti i crismi?) mentre, invece, nel comitato esecutivo, ancora più vasto di quello d'onore,  c'è una incredibile ressa di nomi noti che con la musica e Toscanini non hanno proprio nulla da spartire.

Roma. Crollo del Flaminio. Uno sguardo dal ponte

Dopo le infinite inaugurazioni in epoca Veltroni e Alemanno del cosiddetto ponte 'della Musica' , poi intitolato a Trovajoli - che nessuno oltre  il dazio della capitale  sa chi sia , a meno che non gli spieghi  che è l'autore di 'Arrivederci Roma' - e le altrettanto infinite lamentele dei cittadini che rimproverano all'artefice di tale monumento allo spreco, Veltroni, la sua inutilità ed il degrado che da subito lo ha  toccato, ora finalmente se ne trova una ragione, per la sua esistenza. E' l'unica terrazza dalla quale affacciarsi per vedere da vicino il disastro del crollo al Lungotevere Flaminio, la cui vista da nessuna altra prospettiva è possibile. Ora, per la prima volta, si vedono gruppi di cittadini che attraversano quel ponte, accedendovi dall'altra sponda  del Tevere, fino a portarsi alla estremità opposta, per curiosare, fare diagnosi su modi e tempi del ritorno alla normalità ( il lungotevere, nel tratto da Piazza Gentile da Fabriano e fino al ponte successivo è chiuso al traffico e transennato) e attribuire colpe a chicchessia prima ancor che lo facciano i tecnici e , conseguentemente, la magistratura.
 Basterebbe posizionare all'estremità dell'inutile ponte che si affaccia sul crollo una serie di tavolini e  un servizio bar per vedere, la prima volta da quando è stato inaugurato, quel ponte essere utile - tragicamente  utile - a qualcosa.
Se si vuole mettere a frutto tale tragica situazione occorre muoversi perchè la messa in sicurezza del palazzo potrebbe avvenire in tempi celeri (non celerissimi!) sia per far rientrare le famiglie, sia per dare sicurezza a tutti gli abitanti dei piani non interessati direttamente dal crollo, sia per riaprire il Teatro Olimpico che è situato proprio al piano terra dell'edificio.
In attesa che qualcosa si muova, uno spettacolo è stato spostato al Brancaccio, resosi fortunatamente libero in queste settimane. Ma il duplice problema dell'attività normale della Filarmonica all'Olimpico e della programmazione autonoma del teatro resta sempre, e non sarà facilmente e prontamente risolvibile, nonostante le rassicurazioni degli organizzatori. Dunque meglio sarebbe se si trovassero, per intanto, altri spazi per proseguire nell'attività.

mercoledì 27 gennaio 2016

Quanto ha pagato l'IRAN per la copertura dei nudi in Campidoglio?

Per Franceschini è una scelta inconcepibile, il premier Renzi è irritato  e tutti se la prendono con l'eccessiva sudditanza del cerimoniale di Palazzo Chigi, sulle cui spalle vorrebbero mettere unicamente la croce di quella che a destra soprattutto considerano una gaffe - come  la considera anche Gasparri, gaffeur di professione pluripremiato per le sue.  E mentre ci si sente presi di mira dai giornali stranieri che accusano l'Italia di essersi calate le braghe ( dietro un separé, ovviamente, per non offendere l'ospite musulmano), c'è chi non si dichiara affatto scandalizzato, nicchia, ma poi rimanda, facendo il conto in tasca  all'industria italiana e iraniana per gli scambi commerciali ed i industriali sottoscritti, non senza aver prima ricordato che non molti mesi fa, il premer Renzi, ricevendo un emiro a Firenze, si trovò ricoperta, per le stesse ragioni, una scultura sessualmente molto esplicita di Jeff Koons, ma nulla disse, mentre ora si dichiara irritato. Forse perchè, a Firenze, nonostante l'emiro, il monumentale  David, con i suoi vistosi attributi, restò al suo posto sul piedistallo ed in bella mostra?
 Ma c'è anche chi tira fuori quella storia che  vede una fanciulla oggetto di un'offerta che è impossibile rifiutare. La quale racconta di una richiesta rivolta alla fanciulla, di tenore non certo felice:  se uno ti propone di darti un miliardo di lire se passi una notte con lui, che fai?  Dapprima la fanciulla  rimane sconcertata: ma come - pensa - una notte con me, senza che io l'ami? Ma com'è quest'uomo che vuole passare una notte con me, pagandomela profumatamente, anche più del necessario? Attenzione, in questa domanda c'è già il germe del cedimento. Forse che l'accettazione cambia  i valori  di riferimento se a fare la richiesta  c'è il più bel giovane della terra o un omone  vecchio e grasso? Poi la fanciulla - prosegue il racconto - riflette sul suo presente e prova ad ipotizzare come cambierebbe il suo futuro con un miliardo di lire per una sola notte di sesso (od anche di amore) non consenziente. E che fa, acconsente, e dichiara di 'sacrificarsi', così giustificandosi: cos'è una sola notte, anche di terrore, di fronte ad una vita che cambierebbe totalmente e della quale potrei essere l'unica artefice e rseponsabile, con le tasche piene?
 Ecco la storia che qualcuno ha richiamato a  giustificazione della copertura dei nudi per non offendere l'ospite iraniano,  esigente ma  tanto munifico con un paese alla ricerca disperata di occasioni e mezzi  di crescita commerciale ed industriale. Che viene garantita dall'ospite iraniano che, in cambio, ottiene, senza domandarlo ufficialmente, per pura opportunità, che i nudi lungo il  suo percorso in Campidoglio  vengano ricoperti.
 Se non si voleva ricoprire i  nudi, che taluni ritengono una grave ferita all'orgoglio della nostra civiltà, allora Renzi poteva ospitare il premier iraniano altrove. Roma ha decine di altri luoghi magnifici e senza nudi esibiti in tutta la loro prorompente ( e offensiva, per gli islamici, per noi no) bellezza.
 E non si dia la colpa solo alla responsabile del cerimoniale della Presidenza del consiglio.


P.S. Prosegue la polemica sulle statue nude ricoperte per non offendere l'ospite iraniano. Ieri sera Sgarbi, nella trasmissione di Lilli Gruber, ha fatto rilevare che a Teheran, nel Museo storico della città, di statue e quadri con nudi ve ne sono; Rouhani lo sa e non le  ha fatte coprire. Dunque forse bastava farlo notare alla delegazione del premier iraniano, oppure più semplicemente cambiare location per l'incontro.
 Poi Sgarbi e  Severgnini hanno fatto un curioso siparietto sulle prossime candidature al governo delle varie città. Per alcune delle quali si fa il nome del noto critico d'arte, il quale ha detto al suo interlocutore che lo vorrebbe nella sua squadra , se venisse candidato ed eletto sindaco di Milano. A Vittorio Sgarbi, ma anche a Severgnini, vorremmo consigliare di continuare a fare il loro lavoro che fanno bene, e di non farsi tentare da salti nel buio che potrebbero danneggiarli. Perchè se è già accaduto che volti noti della tv o della carta stampata siano stati candidati a cariche pubbliche - i casi sono numerosi : da Badaloni a Marrazzo, tanto per citare i più noti - è accaduto anche che abbiano fatto una fine ingloriosa, facendo pentire i partiti che li avevano candidati, ai quali si era, inutilmente,  detto che le candidature pubbliche vanno ricercate  in altri campi, perchè quello di amministratori, specie di grandi città, è un mestiere che non si può improvvisare.

martedì 26 gennaio 2016

Carreras alla Barcaccia di Radio 3 - Giovanni Bellucci al Teatro Eliseo

Si è ascoltato, l'altro ieri, nel corso di una puntata dell'acuta,  all'apparenza  perfino cattivissima Barcaccia di Radio 3, condotta dall'esilarante, ridanciano duo Stinchelli-Suozzo,  una performance di Josè Carreras - che chiamare 'vocale'  è davvero un insulto all'arte del canto - il quale ormai settantenne e con l'arnese vocale completamente disastrato, si arrischia ancora a cantare, non conta se in un teatrino della provincia toscana, in occasione dell'ennesimo premio attribuitogli.
Agli ascoltatori di Radio 3 sono stati proposti due brevissimi brani - INASCOLTABILI - al termine dei quali i due con la faccia tosta che tutti conoscono, hanno lodato l'interpretazione, il fraseggio, aggiungendo semplicemente, sapendo di mentire - altrimenti non sanno neppure cosa sia il canto -  "certo la voce non è più quella di un tempo". Ma come, la voce non è più quella di un tempo? Carreras di voce non ne ha più,  e quella poca che ha è sfibrata, esile, sforzata anche per piccoli passaggi nell'acuto, insomma un disastro.
Ma per  gli esilaranti conduttori  non era così. Loro  gli perdonavano tutto, per la sua storia passata ed anche per la grave malattia, per sua fortuna, superata.
 Il canto è una cosa seria, e quando uno non può più praticarlo è bene che si ritiri.

Il giorno prima della imbarazzante performance di Carreras trasmessa da Radio 3, esattamente domenica 24, al Teatro Eliseo, Giovanni Bellucci, pianista interprete e musicista di altissima classe, nel pieno della forma. Per lui che sicuramente ha avuto la sala strapiena e che ha suonato 'da dio' un breve servizio sul Tg regionale.
 Mentre guardavamo il servizio ci è venuto da pensare  che Carreras e Bellucci avrebbe dovuto avere collocazioni radiotelevisive opposte: un breve servizio di cronaca per Carreras bastava ed avanzava, mentre una lunga intervista a Bellucci  era il minimo dovuto ad un interprete che, purtroppo, in Italia  direttori artistici incapaci ed anche disonesti - diciamo le cose come stanno - continuano a tenerlo a distanza, mentre all'estero è osannato da tutti.
In Italia Bellucci deve suonare sempre in sedi 'improprie', diciamo così, mentre un musicista come lui dovrebbe regolarmente essere presente nei cartelloni delle principali istituzioni musicali del nostro paese, a cominciare, limitandoci a Roma, da Santa Cecilia - che evidentemente ha altri interessi - alla Filarmonica.
La quale Filarmonica, purtroppo, ora si trova in un periodo nerissimo, per il crollo che ha interessato il Teatro Olimpico, ed in aiuto della quale non vediamo correre le altre istituzioni romane che dispongono di sale, come ad esempio Musica per Roma o Santa Cecilia, non molto distanti dal teatro Olimpico,  che dovrà restare sicuramente inagibile per qualche mese.
Eppure fra l'Accademia ceciliana e la Filarmonica ci sono  intrecci di vario potere,  a cominciare dai direttivi artistici i cui componenti sono praticamente gli stessi. La Filarmonica forse dovrà votarsi al suo potentissimo presidente, Paolo Baratta, augurandosi  che possa fare di più dei musicisti distratti dall'inseguire i personali affari.
 E dopo, una volta tornata alla regolare programmazione all'Olimpico, la Filarmonica - PER GRAZIA RICEVUTA - inviti Giovanni Bellucci a suonare.
Ed anche Santa Cecilia, segua l'esempio,  invitando, per la prossima stagione Giovanni Bellucci - una volta accontentati amici, accademici ed anche amanti, perchè ci saranno anche amanti da compensare, oltre i meritevoli, non per meriti di 'agenzia'.

lunedì 25 gennaio 2016

La magistratura in Italia ha troppo lavoro

Dovrebbero avere le giornate di quarantotto ore i magistrati. E forse, neanche in quel caso, sarebbero in grado di mandare a sentenza tutti i contenziosi loro assegnati, perché il loro lavoro  è assai delicato, trattando essi, quasi sempre, di vita o di morte.
 Come in un caso recentemente accaduto a Roma  di cui hanno scritto i giornali. Un medico in pensione, anni 74, trovandosi in cattive acque economiche - anche lui non riesce ad arrivare alla fine del mese - chiede un piccolo contributo a sua mamma, benestante ( il giornale diceva :ricca). La quale va a prelevare 100 ( CENTO!!!!!!) Euro e li dà al figlio.
 Della copiosa elargizione viene a sapere la sorella, alla quale la mamma ha cointestato il  suo conto in banca, la quale, accortasi dell'AMMANCO, si rivolge al giudice, accusando il fratello che avrebbe 'costretto' con la forza, insomma violentemente, la mamma a dargli, lei ricca, la bellezza di 100 Euro.
Viene fissata l'udienza,  dove si capisce immediatamente  che la sorella non ha i  nervi a posto e il pubblico ministero chiede che la causa si chiuda lì, perchè....perchè tutti, perfino un giudice dell'accusa, capisce che quella causa non s'aveva da fare. E, visto che s'era fatta, sarebbe stato opportuno finirla lì. No, il tribunale non è d'accordo e fissa una nuova udienza perchè ritiene di dover andare a fondo della questione. Sono in ballo 100 Euro.

Segnali inquietanti dal regno di sua maestà Elisabetta II

Racconta la Bibbia ( Esodo) che Dio per far uscire il suo popolo dall'Egitto, inflisse al popolo egiziano dei castighi tremendi (noti come 'piaghe d'Egitto'), l'ultimo dei quali, il decimo - essendo  il Faraone ed i suoi sudditi inamovibili, nonostante i primi nove - fu lo sterminio di tutti i primogeniti. Un gesto premonitore di ciò che poi avrebbe fatto Erode per  uccidere, appena nato, Gesù. Che non gli riuscì.
 Per mettere in atto lo sterminio, facendo salvi i primogeniti ebrei, Dio  chiese a Mosè di  segnare gli stipiti delle loro  case con il sangue rosso dell'agnello sacrificato e mangiato in quella notte prima della fuga: quel rosso che colorava le case degli ebrei fu per i loro primogeniti un segno di salvezza, perchè li avrebbe risparmiati.
 Oggi, un altro rosso tinge altre porte e con ben altri scopi, nel regno di sua maestà Elisabetta II. Cameron ha creato per tutti gli immigrati una specie di ghetto allargato, relegandoli in zone ben definite, ed in case le cui porte sono di color rosso sangue, ma non per proteggerli, bensì per controllarli.
 Chiunque, perciò, sa, nel regno di sua maestà Elisabetta II, che  in quelle case con il portoncino rosso abitano immigrati, e lo sa anche la polizia che può effettuare controlli ogni volta che lo vuole. Quel rosso, quelle porte e quelle case rappresentano una sorta di marchio di infamia, e quasi una condanna. E richiamano alla mente, alla vigilia del 'giorno della memoria' le case degli ebrei segnate per i rastrellamenti e le deportazioni. Inquietante!

Ninni Cutaia deve riparare i disastri di 'grande& grosso' Nastasi

Il nuovo direttore generale dello spettacolo, Ninni Cutaia, ha annunciato che il FUS per il 2016 sarà di 407 milioni di Euro e che sarà cambiato il regolamento affidato da quel disastro di Nastasi all'algoritmo con il quale, in una sola stagione, ha DELIBERATAMENTE messo ko lo spettacolo in Italia. In un colpo solo. Decretando la fine di decine e decine (più o meno centocinquanta su centoottanta) di istituzioni musicali, alle quali ha  negato il finanziamento dopo anni o decenni di concessione.
Nel silenzio generale delle  varie associazioni  di categoria del mondo dello spettacolo, a cominciare dall'AGIS di Carlo Fontana che, all'uscita di scena di Nastasi lo ha anche ringraziato per la proficua collaborazione, quando invece , da prima avrebbe dovuto dargli un bel calcio in culo, pubblicamente, e metterlo fuori gioco, prendendo forza da tutte le associazioni cancellate  in un attimo dalla faccia della terra. E non venga a dirci Carlo Fontana che condivideva  quel misfatto, perchè Carlo Fontana che da sempre vive nel mondo della musica, che perciò conosce bene, avrebbe dovuto per primo ed ufficialmente alzare la voce e guidare la protesta contro le malefatte di Nastasi. Che decapita tutti  ma trova lavoro per la mogliettina al San Carlo di Napoli.  A proposito, perchè i solerti magistrati non lo hanno comunque indagato, anche se lui ad un certo punto, vista la mal parata, ha fatto dimettere in tempo la mogliettina che da signorina - è bene non dimenticarlo mai - fa Minoli ed è figlia anche di Matilde Bernabei? Chi se ne fotte delle regole, ed in barba ad ogni pudore fa quello che ha fatto Nastasi come lo vogliamo definire? Dirigente pubblico infedele? Perchè no? Ma forse potremmo anche osare qualche definizione più forte.
 Ora lui  è al seguito del premier che lo ha voluto al suo fianco per sfruttarne le capacità e le doti magiche utilizzate sempre a fin di distruzione, salvo che nei casi della difesa degli interessi suoi e famigliari.
 Cutaia  cancellerà quell'algoritmo, a seguito delle centinaia e centinaia di proteste di tutto il mondo dello spettacolo, e  tornerà a distribuire i finanziamenti secondo criteri che tengono conto dei vari fattori  identitari delle nostre istituzioni.
 Anche Franceschini , il loquace 'mezzodisastro' tace, ha perso l'uso di parola, perchè sa di non poter più difendere l'indifendibile Nastasi. E già si prepara a mettere mano alla borsa nel caso  in cui i ricorsi pendenti presso i tribunali amministrativi, le istituzioni dovessero vincerli e il Ministero fosse costretto da tali sentenze dare loro il contributo (o finanziamento) che  Nastasi gli ha negato senza ragione.
  Mentre NASTASI, ANCHE DOPO QUESTO ULTERIORE  PASSO FALSO, HA ANCORA IL PADRINO, A TUTTI NOTO, CHE LO DIFENDE E PROTEGGE.

domenica 24 gennaio 2016

La musica a Berlino: un tempo volava sulla città mentre ora scorre per strade e piazze

 Negli anni Novanta del secolo passato, gli anni in cui Abbado fu a capo dei Berliner - restandovi fino al 2002, appena dopo la fase critica della sua malattia - Lidia Bramani, musicologa di successo specializzata in massoneria, fu sua  fedelissima collaboratrice oltre che amica. E, la musica, in quegli anni, a dire del maestro e della sua conversatrice privilegiata,  volava nel cielo sopra la città. Da tale concetto di partenza, Lidia Bramani  firmò a quattro mani un fortunato volumetto, La musica sopra Berlino, frutto di  lunghe ed esclusive conversazioni con il direttore, che ebbe nel tempo diverse edizioni finendo perfino nei 'tascabili', a significare il successo editoriale. Poco più di 300 pagine, per un costo di poco superiore alla decina di euro.
 Passano gli anni, e Lidia Bramani si accorge di conservare, gelosamente, ancora altre confessioni, mai rese pubbliche, dell'amatissimo maestro, decidendosi infine a renderle pubbliche, non tenendole più  solo per sè .
 E così a 15 anni di distanza dalla musica che volava sopra Berlino, scopre che la Musica  che prima volava, ora scorre in città, e pubblica un altro volumetto, La musica scorre a Berlino, che è poi lo stesso volume precedente,  ma con molte pagine in più, inedite, rispetto al primo  (poco più di 300 pagine, una ventina o poco  più in aggiunta a quelle del precedente, e una decina di Euro di costo, come il precedente).
 L'attesa è grande, al punto che fioccano le presentazioni sui giornali e altrove, come oggi  ha fatto Leonetta Bentivoglio su Repubblica,  e come farà ancora la Bentivoglio proprio domani  quando presenterà assieme all'autrice, Lidia Bramani, nella Libreria Feltrinelli di Milano, il nuovo volume. Bentivoglio conosce bene la Bramani con la quale ha firmato un volumetto dal titolo ' Susanna non vien',  e ne apprezza doti e capacità, come aveva fatto a suo tempo anche Claudio Abbado, aprendo a lei il cuore e l'anima.

Ciò che non si legge sulla stampa: dai furbetti (TUTTI) del cartellino e pianisti, a TANTE cattive compagnie

Tutti a gridare: bene ha fatto  madonna Madia, attraverso la 'sua' legge, a censurare , anzi licenziare in quattro e quattr'otto i furbetti del cartellino sanremesi, messi in mutande dalle telecamere della Guardia di Finanza. Madonna Madia vuol dare una solenne lezione - punirne uno per  educarne cento! - ai milioni di impiegati pubblici, la cui maggioranza fa il proprio dovere - premette -  ma ai quali d'ora in avanti nessuno più farà sconti. Chi sbaglia paga, e non importa se il pegno pagato è  fuori misura rispetto allo sbaglio. Come è accaduto a qualcuno dei sanremesi licenziati che  hanno pagato un enorme prezzo per  dare visibilità alla riforma epocale di madonna Madia.
Niente sconti per nessuno, compresi i parlamentari, sebbene si tratti di 'dipendenti' pubblici sui generis. Questo ha deciso Madia. E i presidenti dei due rami del Parlamento devono vigilare, altrimenti  come per i dirigenti pubblici che non denunciano irregolarità, possono essi stessi essere sanzionati e licenziati. Ora da Grasso e Boldrini si attendono, a momenti, provvedimenti contro i cosiddetti 'pianisti' che in tante votazioni e sedute del Parlamento hanno coperto gli assenteisti e i furbetti della votazione, i cosiddetti 'pianisti' messi in mutande dalle telecamere mentre votano per se stessi e per colleghi parlamentari assenti. Boldrini e Grasso, senza indugio, procederanno al licenziamento, altrimenti il popolo dirà che si fanno le leggi per tutti, ma poi valgono solo per alcuni.

Quanto chiasso -  giustissimo -  attorno agli incontri del papà della ministra Boschi con Flavio Carboni.  Ci si chiede come possa  un amministratore di una banca, padre di un noto esponente politico frequentare un signore dalla vita non proprio specchiata. Perchè non si tratta di semplice leggerezza, ma di errore gravissimo: vuoi salvare una banca e vai a chiedere come fare ad uno che i tribunali hanno sanzionato come abile truffatore e traffichino?  Ci corregga Carboni se i nostri aggettivi non gli piacciono.
 Però...però anche altri comportamenti andrebbero sanzionati, anche se non circoscrivibili ad incontri precisi. Prendiamo, ad esempio il caso di Banca Marche, il cui direttore generale Massimo Bianconi,  è stato accusato di tutto e di più, lasciando l'istituto di credito, che ha diretto per un decennio, nella merda. Domanda. Il sindaco di Pesaro, già presidente della provincia di Pesaro e Urbino, che porta un nome consacrato dalla storia, Matteo Ricci, non ha mai frequentato Bianconi? Risposta-  Certo che sì. E solo lui non sapeva in quali guai stava cacciando la Banca Marche  quel direttore generale, dal quale riceveva soldi anche il noto festival musicale della sua città? Insomma solo Matteo Ricci sarebbe stato all'oscuro del disastro di Banca Marche, al punto da intrattenere rapporti con i suoi dirigenti anche mentre l'istituto affondava, per loro colpe?

Carboni ce l'aveva scritto in fronte chi era e Boschi doveva stare alla larga, ma anche  di Bianconi  si sapevano tante cose, perchè allora Ricci lo ha frequentato fino alla sua uscita dalla banca? Mai neanche il sentore della ineluttabile bancarotta? Noi siamo sicuri che lo abbia frequentato, senza farsi troppe domande. I benefici, diretti ed indiretti, per la sua amministrazione, gli hanno fatto turare il naso e chiudere gli occhi.

La cultura italiana può fare a meno di Paolo Baratta? E la Biennale, di Paolo Baratta? Per i governi di sinistra e qualcuno di destra: NO!

 La cultura italiana può sopravvivere senza  Paolo Baratta? La domanda, spontanea,  ha una sola risposta, obbligata: No! Senza Paolo Baratta chissà che fine avrebbe fatto o farebbe la Biennale di Venezia, al cui vertice il manager schieratissimo a sinistra, siede inamovibile. Si badi bene, Paolo Baratta non è indispensabile per il governo del paese. E' stato più volte ministro, in vari dicasteri, quasi sempre per periodi molto brevi, al termine dei quali, ai dicasteri in precedenza occupati da Baratta, sono approdati altri, senza che il paese  sprofondasse nel baratro, più di quanto o diversamente da quanto aveva fatto nel periodo in cui Baratta era stato ministro.
 Il governo del paese ha mille altre carte da giocare, ma la cultura no. Tanto che quando il Baratta corse il pericolo di essere sostituito da  Malgara, ai tempi di Galan ministro, mezzo mondo artistico si  schierò al suo fianco, costringendo il ministro a confermare Baratta . Ma già allora qualcuno scrisse che il sostituto era talmente inadeguato rispetto a Baratta, che la ventilata nomina  era stata fatta per confermare Baratta.
 Il quale arriva a Venezia per la prima volta, nominato da Veltroni, nel governo Prodi, nel 1998, e vi resta per un quadriennio; gli succederà Bernabè.
 Vi torna per una seconda volta e per un secondo quadriennio nel 2008, restandovi fino al 2011, quando ci fu quella patente mossa falsa di Galan,  progettata per la riconferma di Baratta. Non più solo la sinistra fiancheggiatrice, ma forse altri fiancheggiatori da cercarsi in  ben diverse congreghe,  della cui iscrizione di Baratta, si è spesso detto e scritto. Nel 2011, Baratta vien ancora rinnovato fino al 2015. e dunque son già dodici anni che regna indisturbato al Lido di Venezia.
 Fino al rinnovo di queste settimane, incluso, alla chetichella, nella legge di stabilità, che dunque si preoccupa anche della stabilità di Baratta. Che proseguirà per altri quattro anno, fino al 2019, quando Baratta avrà 80 anni e quando, se si dovesse ancora non trovare un suo sostituto comincerebbe per lui il diciassettesimo anno alla Biennale.
 E già il futuro governo, dei grillini,  è sconvolto dal pensiero di  dovergli trovare un sostituto, perchè pensa che  la Biennale non sarebbe più la stessa senza Baratta, mentre esultano tutti gli altri. E forse anche la stessa Biennale,  dove entrerebbe aria nuova, dopo troppi anni.

P.S. Finalmente è passato il decreto 'milleproroghe'- detto decreto 'della vergogna' - contenente anche il rinnovo dell'incarico  a  Paolo Baratta per i prossimi quattro anni alla presidenza della Biennale di Venezia ( si tratta del quarto mandato, necessitante di mille e più proroghe), e Natalia Aspesi,   ormai vedova di Lissner, non sa  trattenere l'entusiasmo per l'amico Baratta, e ne dà l'annuncio solenne, cantando vittoria per la sua permanenza alla Biennale. Tutti, o per lo meno in parecchi criticano la Biennale, ma non il suo presidente. Ci sembra di leggere alcune cronache musicali del medesimo tenore: i solisti non erano all'altezza, l'orchestra ha suonato male,  ma il direttore ha ben diretto. 'Da par suo', aggiungono i più temerari.

sabato 23 gennaio 2016

Va di moda il Verdi 'giovane'in Italia. Va bene, ma non dimentichiamo i capolavori della maturità

Giovanna D'Arco, Luisa Miller, I Due Foscari, Stiffelio, Attila in Italia e all'estero Jerusalem, Oberto, conte di San Bonifacio, solo nel giro di pochi mesi, dall'inaugurazione della Scala a seguire. E Chailly, nuovo direttore scaligero già annuncia che la 'sua' riscoperta del giovane Verdi non si ferma, proseguirà con Alzira ed anche Stiffelio, che in questi giorni viene proposto alla Fenice di Venezia. Dunque le opere  minori che Massimo Mila aveva incautamente ed esageratamente definito 'brutte', tornerebbero a piacere, quanto meno ad essere riproposte, nella maggioranza dei casi da giovani direttori (Mariotti, Rustioni), in attesa di cimentarsi con le opere 'maggiori' di Verdi, secondo il consiglio di Riccardo Muti: ' ogni cosa a suo tempo'.
 Nella lunga lista delle opere giovanili in cartellone i giornali appuntano con attenzione i nomi dei registi - della musica  è sempre fregato assai poco - quasi  a significare che  quelle 'riesumazioni' dipendono dalle uniche mani che possono risuscitarle, quelle dei registi i quali - Giovanna D'Arco scaligera insegna - sbagliano più spesso di quanto non ci azzecchino.
 Ma allora perché ostinarsi? Perché forse, specie per i giovani direttori, non è ancore venuta l'ora di avvicinarsi ai grandi titoli del repertorio, per le quali occorre fare i conti con una tradizione interpretativa e registica di gran peso. Potrebbe essere questa una delle ragioni, anche se la ragione proposta dai vari direttori giovani, ma lo ha fatto anche Chailly, è che in  quelle opere, ingiustamente uscite dal repertorio, c'è già il germe del grande operista, ci sono anticipazioni dei capolavori futuri, e sono disseminate di vere gemme musicali. Sì tutto vero, ma... è bene ricordarsi che, con tutti i problemi,  è il grande  repertorio che deve essere battuto. Mentre per il timore di confrontarsi con i grandi interpreti del passato, si tengono fuori anche da grandi teatri ( perfino alla Scala tanto che Muti dovette lanciare una sfida per riproporre Traviata , 'dopo Maria', con la Fabbricini) i titoli a ragione più amati.
 Vanno bene i titoli minori, ma non si facciano le stagioni su quelli, per paura di toccare i maggiori e soprattutto perchè la critica ( che da visibilità almeno nazionale all'attività dei nostri teatri) - a differenza del pubblico - accorre più volentieri a sentire Oberto che  Traviata, l'ennesima - come scrivono i più snob, ed anche i più cretini.
 E di  queste riesumazioni sembra diventato un specialista,fra i registi italiani, Daniele Abbado che firma la regia dell'Attila a Bologna e, nei prossimi mesi anche altre.

giovedì 21 gennaio 2016

Mozart e Salieri, fu vera inimicizia?

La scoperta, di questi giorni, della musica di una cantata (in forma di Lied con accompagnamento di pianoforte) della cui esistenza si aveva già notizia,  ha fatto dire ad alcuni che l'inimicizia e l'invidia di Salieri verso Mozart, alla base di una celebre pièce teatrale e del film celeberrimo di Milos Forman, 'Amadeus', è pura invenzione, perchè i due si conoscevano, si stimavano ed erano forse anche in ottimi rapporti, addirittura amicali, se ambedue firmarono la musica di quella cantata , in forma di Lied, la cui musica, a firma: 'Mozart,Salieri e Cornetti', è venuta alla luce, a Praga.
 La rivelazione del ritrovamento, viene dallo studioso Timo Jouko Hermann, il quale, spulciando nella Biblioteca  del Museo Nazionale di Praga, si è trovato fra le mani lo spartito della cantata di cui, ripetiamo, si conosceva l'esistenza, con la firma dei tre autori. Questo ha fatto dire ad alcuni che dunque l'inimicizia fra i due musicisti è pura invenzione.
Lo sarà anche pura invenzione, ma il ritrovamento non autorizza nessuno a sostenere che i due erano amici. Perchè la scrittura a sei mani di quella cantata era dettata dalla guarigione di una celebre cantante amica dei tre. 'Per la  ricuperata salute di Ofelia', versi di Lorenzo Da Ponte( i versi erano l'unica cosa nota della cantata) venne scritta all'indomani della guarigione delle celeberrima Nancy Storace ed a lei dedicata, dopo che un suo problema alla gola aveva fatto temere per la sua prosecuzione  di carriera. Dunque i tre musicisti ( meglio 'due' più un terzo il cui cognome 'Cornetti' nulla dice agli studiosi e potrebbe essere anche un'aggiunta di 'fantasia' che magari nasconde il nome di un ammiratore della cantante) dedicano alla cantante un Lied per salutare il suo ritorno sulle scene. Non per la pace ritrovata fra Salieri e Mozart.
 Questo vuol dire che Salieri e Mozart erano amici' o, non più semplicemente, che la salute dei Nancy Storace, 'Ofelia', nella cantata, stesse a cuore sia a Salieri che a Mozart? E' più logico optare per la seconda ipotesi.
 Che, poi, Salieri avesse invidia di Mozart, perchè fra i pochi a riconoscere lo spropositato genio del giovane collega, è anche umano, ma da questo a sostenere che lo abbia ucciso, ce ne corre.
 La cantata ritrovata verrà pubblicata molto probabilmente dall'editore Friedrich Hofmeister di Lipsia.

P.S. IL quotidiano La Repubblica,  dopo Il Messaggero torna sul'argomento affidandone l'illustrazione d una delle penne più acute, dedicandogli il paginone centrale del giornale. Ma...con le solite inesattezze, degne di un grande giornale. Il quale scrive che è stato ' ritrovato il frammento di un'opera'. Ed invece non si tratta di un frammento ma della pubblicazione stampata della musica della cantata, in forma di Lied (  ma che opera e opera? E'una cantata che si riteneva perduta) scritta, per il testo da Da Ponte, in strofe, ben 30, con la musica per le prime due di Salieri e le ultime due di Mozart. E le 26 centrali? Probabilmente del 'Cornetti'; oppure viene da pensare che  (come in un Lied strofico) sulle rispettive musiche di Salieri e Mozart si cantavano ben più strofe di quelle che recano la musica. Tutto questo si conoscerà con più precisione quando lo studioso che l'ha ritrovata la pubblicherà ed addirittura proporrà una pubblica esecuzione. Il 'pastiche' alto grossolano errore del giornale, è una tecnica compositiva messa in atto da diversi autori sul medesimo libretto; ma non sta ad indicare che si tratta di una particolare 'opera' di teatro.  Il fatto infine che lo spartito pubblicato e ritrovato contiene, per le strofe con musica, un rigo con il teso ed il canto ed un secondo con il basso, non deve necessariamente far concludere che si tratta di un'opera per più strumenti, qui ridotti al solo accompagnamento del basso, bensì dell'accompagnamento 'stilizzato' per una tastiera, dal quale ci costruiva, seduta stante, l'accompagnamento completo. La giornalista autrice del testo de La Repubblica, evidentemente si rifa ad una prassi di stampa del primo Seicento, ma nel caso del Lied-cantata siamo alla fine del Settecento. E le cose erano cambiate nel frattempo. Se si voleva  affidare l'esecuzione ad un ensemble, si scriveva anche il testo strumentale.
 E l'amicizia fra i due musicisti? quella va a farsi benedire. Ambedue tenevano al celebre soprno. Salieri perché aveva interpretato il ruolo di Ofelia in una sua celebre opera ( 'Grotta di Trofonio'), Mozart perchè Nancy sarà Susanna nelle sue 'Nozze'.

mercoledì 20 gennaio 2016

'Domenica in' compie 40 anni. Festa per Lucio Presta su Rai Uno

'Domenica In', inaugurata da Corrado nel 1976, ha compiuto 40 anni e Rai Uno,  nella puntata di domenica scorsa s'è incaricata di  festeggiare l'importante traguardo.
 Era presente  Maurizio Costanzo che Giancarlo Leone, direttore di Rai Uno, s'è incaricato di richiamare in vita, affidandogli la direzione dell'edizione di quest'anno, e assieme a lui tutta la scuderia Presta, a cominciare dalla signora  dell' influente agente, Paola Perego.  Ai giornali non è sfuggita la tristezza  nella quale si è risolta quella commemorazione che invece doveva essere una festa, e non soltanto perchè qualche invitata 'di diritto'  sia stata esclusa, non facendo più parte della scuderia del  potente agente, come Mara Venier (testimone di nozze dei coniugi Presta al tempo del sodalizio lavorativo) che se ne è lamentata dalle pagine del Corriere.  Dove Aldo Grasso ha stigmatizzato la scandalosa sceneggiata di quella celebrazione che sembrava un funerale ed insieme il trionfo della banalità.
 Il discorso della fattura dei programmi che direttamente riguarda il direttore di rete - che giudizio dare, ad esempio, dei coniugi Al Bano che,  sfruttando un loro antico dolore, animerebbero la trasmissione 'così vicini, così lontani', dedicata alla ricerca di persone scomparse? - non può non toccare  anche il nuovo direttore generale, per la cui  nomina, perfino un 'corsaro' e battitore libero, consigliere Rai, come Freccero, si disse soddisfatto, perchè Campo Dall'Orto 'conosce bene il prodotto'.
Ma finora, dopo oltre sei mesi dal suo insediamento, il 'profondo conoscitore' del prodotto televisivo, quale provvedimenti - taluni necessari - od aggiustamenti ha proposto e messo in atto? Ad esempio, quale decisione ha assunto dopo lo scandalo -  minimizzato da Freccero - della trasmissione di fine anno da Matera? Nessun provvedimento contro il vertice della rete, che ha gettato la croce sulle sole spalle del capo struttura e lui se ne è lavato le mani, anzi una giustificazione e perfino una lode da parte di Campo Dall'Orto che ha dichiarato di aver apprezzato del 'Leone, il silenzio'.
 Lasciano senza parola simili dichiarazioni, in realtà ammissioni di 'impotenza' gestionale, di fronte allo strapotere degli agenti ed agli altolà - vietato toccare! - dei protettori di questo o quel dirigente. E dei protettori di Leone, i nomi sono stati  fatti già tante volte, e in diverse occasioni. E si tratta di protettori potentissimi.

martedì 19 gennaio 2016

Anna Frank. Il suo diario in prima pagina per una storia poco edificante.

Finora si sono vendute nel mondo 31 milioni di copie del celebre diario tenuto dalla giovane fanciulla, Anna Frank, nei due anni in cui  visse nascosta in una soffitta ad Amsterdam, per sfuggire all'eccidio nazista, e che,  tradita da chi la conosceva,  fu deportata in un campo di sterminio e lì morì, assieme a tutta la famiglia, salvandosi solo suo padre, Otto.
 Il diario della Frank è diventato - giustamente!- uno dei libri più letti ed anche dei più commoventi.
 La fondazione che porta il suo nome proprio in questi giorni sta tentando di vietarne la pubblicazione ad opera di diversi editori nei  vari paesi del mondo, avanzando il diritto d'autore e minacciando denunce e richieste di danni.
 Essendo morta nel 1945, trascorsi i 70 anni, un'opera diventa di pubblico dominio e dunque non sottosta più alla protezione del diritto  d'autore che garantisce introiti agli eredi o ad istituzioni intitolate all'autore. Dunque dal 1 gennaio 2016 il diario può essere pubblicato senza più autorizzazioni  e pagamenti di diritti.
 E' evidente che il diario della povera ragazza non va ascritto nella categoria delle 'opere dell'ingegno' per la cui protezione è stata fatta la legge sul diritto d'autore, benchè ad esse sia equiparata. Ed essendo passati i 70 anni previsti, anche quell'opera  non gode più della protezione del diritto d'auore e dunque qualunque editore può stamparlo e venderlo.
 Altrettanto evidente è pure il fatto che tutte le opere - si tratta di indagine ben nota - quando diventano di pubblico dominio, procurano all'autore una conoscenza più diffusa e capillare. Dunque ciò che giova all'autore, non piace agli eredi, ammesso che ne abbia, perchè privati degli introiti dovuti alla protezione.  Ai quali eredi l'aver guadagnato, senza merito personale alcuno, per settant'anni, evidentemente non basta, e perciò ricorrono molto spesso ad escamotages che si rivelano veri e propri furti.
Tale sospetto  tocca anche Otto Frank padre della ragazzina,  il quale nel 1976 fece pubblicare  altri inediti del diario -  della stessa anna o suoi? il dubbio esiste.
 Se tale dubbio non è stato sciolto, nè Otto ha avuto interesse a scioglierlo, ora la protezione si estenderebbe per altri settant'anni dalla morte del genitore, avvenuta nel 1980, e cioè fino al 2050.
 Resistendo tale dubbio, ed avendo la Fondazione intitolata alla ragazza,  lo scopo di far conoscere ancora al mondo la sua drammatica storia, perché sia di esempio e costituisca un forte atto di accusa di ogni totalitarismo, allora forse quella fondazione dovrebbe solo incaricarsi di controllare che le nuove edizioni del diario, siano conformi all'originale e basta. E gioire della sua diffusione.  E non  avanzare diritti su qualunque nuova edizione, minacciare denunce e pretendere royalties.
  Dopo il sacrificio della ragazza sarebbe un pessimo esempio  perpetrato in suo nome.

lunedì 18 gennaio 2016

Chiara Macrì ha scalato la graduatoria di 'storia della musica', giungendo in cima nel minor tempo possibile

Un nostro assiduo lettore ci segnala, oltre le tante travi ficcate negli occhi dell'Italia musicale, anche una pagliuzza, che noi - non tollerando più le travi  ma neanche le pagliuzze - vorremmo tentare di estrarre, per non adulterarne la vista.
 Trattasi di un caso assai singolare, occorso al Conservatorio di Vibo Valentia, e specificamente alla graduatori degli idonei all'insegnamento di 'Storia della Musica' per didattica. In cima alla quale brilla il nome - ma solo in quella graduatoria e solo in quel Conservatorio - di Chiara Macrì, che sarebbe imparentata, direttamente od indirettamente, con un membro della famiglia Pollice che al Conservatorio ha regalato l'attuale direttore e due insegnanti - sebbene tale annotazione parentale nulla abbia a significare. Come nulla significa il fatto che  l'associazione 'A.M.A. Calabria' , nella quale pure lavora al Macrì, sia diretta da tempo da un altro Pollice.
 Il problema della sua posizione nella suddetta graduatoria, invece, è tutt'altro che irrilevante, sebbene di tale  anomalia di fatto la responsabilità debba essere attribuita non tanto a chi ha designato i membri della commissione che ha esaminato le domande  degli aspiranti, e cioè il direttore Pollice, ma agli stessi componenti che hanno così valutato titoli di studio, servizio e titoli artistici degli aspiranti.
 E dire che in quella graduatoria, ben sotto - come punteggio - la dott. Macrì, si leggono i nomi di professionisti ben noti in ambito nazionale, giornalisti o musicologi, come Giangiorgio Satragni, Gregorio Moppi, Alberto Mammarella, Antonio Caroccia - per citare quelli  che incontriamo a prima vista  in graduatoria. Bene, il primo posto in graduatoria, Chiara Macrì, secondo la commissione giudicatrice, l'ha meritato con il seguente punteggio:
Titoli di studio 1,5
Titoli  di servizio : 0
Titoli artistici 70
Totale :71,5
 Che avrà mai fatto la Macrì, per meritare artisticamente un punteggio tanto alto da sbaragliare  aspiranti, le cui imprese in materia, sotto gli occhi di tutti, andavano altrimenti considerate?

Comunque mettiamoci l'anima in pace. Non è la prima volta che accade né sarà l'ultima. Accadde anche a noi, all'inizio del nostro insegnamento di Storia della Musica, presso il Conservatorio di Santa Cecilia di Roma, dove nella relativa graduatoria per tale insegnamento risultammo al primo posto.
 Quando la graduatoria venne rifatta, forse addirittura l'anno seguente o due anni dopo,  non solo eravamo scesi nella graduatoria, ma risultavamo  fra 'i non idonei'. Al nostro ricorso ufficiale al direttore dell'epoca, la risposta fu: ogni commissione decide come crede, anche ignorando le decisioni che nello stesso Conservatorio altra commissione ha preso precedentemente, pur esaminando la medesima documentazione. Nè servì far notare al direttore che  noi avevamo già insegnato per un anno in quel Conservatorio,  e lui lo sapeva bene, e che, nel frattempo, fatto nuovo rispetto alla graduatoria precedente, avevamo fondato e dirigevamo la più importante rivista musicale dell'epoca, Piano Time. Ma forse fu proprio a causa di Piano Time, che fummo esclusi da quella graduatoria dagli integerrimi giudici, alcuni dei quali anche giornalisti, che noi non avevamo chiamato a collaborarvi. Insomma una vendetta!

domenica 17 gennaio 2016

Mentre in musica, secondo Nicola Campogrande, ci sono 'giochi di lingua melodici', per il Giubileo, a Roma, mancano i cessi

Nicola Campogrande,  prima che gli  venisse affidata la direzione artistica, alla quale segretamente mirava, del Festival MiTo (un tempo nelle mani di Restagno-Micheli-Colombo), ogni tanto si faceva vivo attraverso i giornali, abbandonato il suo principale impegno di compositore, per regalare al mondo felici e sorprendenti intuizioni. Tale  seconda attività,  che sembrava essersi attenutata a seguito dell'impegno  più recente, non si è esaurita del tutto; ed ora, a commento di tre quadri di Hayez dedicate al bacio ( vedi La Lettura di  oggi, 17 gennaio) ed esposti a Milano, ci regala  una ulteriore inattesa profondissima sua intuizione. I baci, tutti sappiamo ma Campogrande ce lo ricorda, sono il condimento quasi necessario e continuo della musica; l'amore, ed il bacio che ne è il principale condimento, sono cantati  fin dall'antichità e  forse lo saranno per l'eternità.
Ma ora c'è dell'altro - rivela Campogrande. C'è di più. Senza fermarci ai ricorrenti 'baci' nei testi di opere e canzoni, il bacio, anche quello erotico, costituisce quasi l'elemento strtturale di molte composizioni musicali, in specie quelle con violino, a causa della voce  sinuosa ed appassionata dello strumento. E - infatti- come altro definire il 'dialogo ' fra violino e pianoforte, della 'Sonata n.2' di Prokofiev, se non 'giochi di lingua melodici' ? Campogrande, solo per amor di decenza, non è andato oltre.

Se Prokofiev  fa giochi  anche 'di mani' -  perchè gli strumentisti suonano con le mani -  oltre che 'di lingua', a Roma si lancia l'allarme per la mancanza di bagni pubblici, non per appartarsi, ma per soddisfare i più elementari bisogni fisici. I quali, più dei giochi di lingua di Campogrande-Prokofiev, hanno bisogno di essere soddisfatti. E così, se non ci ha pensato Tronca -  almeno non ci  ha pensato ancora - ci hanno pensato alcuni privati romani . Mai intuizione fu più felice e redditizia, molto più felice e redditizia di quella del Campogrande milanese/torinese. Un privato, nei pressi di san Pietro  ha inaugurato una ventina di bagni (chimici) in appena 6o metri quadri, per il cui accesso si paga 1 Euro; si soddisfa il bisogno, si scarica e si esce; una semplice invenzione che si è rivelata un vero affare. Sulla scia e sull'esempio dell'accorto  improvvisato imprenditore 'del cesso', un altro sta  per impiantare in Piazza Rondanini,  al piano terra di uno storico palazzo, una fila di bagni.
 Chissà che gli affari, se non si riesce a farli con alberghi e ristoranti, all'epoca del Giubileo, non si possano fare con i cessi.
 Il Ministero, prontamente informato  dello scandalo dei cessi sulle 'terme di Nerone', in Piazza Rondanini, ha chiesto chiarimenti. Franceschini, nessuno lo frega sui tempi delle decisioni,  benchè a cose fatte.
Al ministro, purtroppo, è giunta una brutta notizia in queste ore dai vari musei romani ad ingresso gratuito. Le scatole di plexigas poste all'ingresso dei vari musei, per raccogliere  OFFERTE dei visitatori,  da destinare  alla necessità dei musei, sono rimaste praticamente vuote: 50 Euro il bottino di uno, 150 di un altro. Insomma neanche per comprarci la carta igienica per  i bagni. E' il frutto del disamore dello Stato nei confronti dei nostri massimi tesori, suibito trasmesso ai cittadini. Perciò se le domeniche dei musei gratis risultano gradite dai cittadini, a giudicare dall'affluenza, non si può che essere contenti, perchè potrebbero  significare la rinascita dell'amore e dell'interesse dei cittadini  verso i nostri beni storici e culturali.

Marco Carrai, amico del premier, avanti tutta. Statali, chi sbaglia è fuori

" Dopo il Bataclan", ha pensato il premier, devo trovare un posto all'amico Carrai - come ha anticipato Il Fatto quotidiano, i cui vertici, fotografatissimi, erano fra gli invitati alle sue  nozze con la filosofa. In Italia c'è bisogno di qualcuno che si intenda e curi specificamente la 'sicurezza informatica'; e il mio amico Carrai - forse l'unico rimasto a vigilare su Firenze dopo la sbarco a Roma di Matteo - è l'uomo giusto al posto giusto e nel momento giusto. A questo punto,viene da pensare, disastri a parte, che Renzi giorno e notte pensava a come premiare per l'ennesima volta l'amico Carrai, che ora gestisce i servizi dell'aeroporto  e ai tempi del Matteo fiorentino, era il suo capo gabinetto. In fondo Carrai è rimasto l'unico del giglio magico ad essere rimasto a Firenze; è giunta l'ora perciò di far venire a Roma anche lui, magari in questo caso sarà Renzi ad offrirgli ospitalità a Palazzo Chigi, in cambio dell'ospitalità che l'amico gli offriva quando il sindaco si tratteneva a Firenze. Gratuitamente, s'intende, come  a Firenze.
 Carrai è titolare di una impresa di sicurezza informatica, dunque avrebbe le carte in regola per quell' incarico, alle dirette dipendenze del premier. Ma come si fa ad affidare la sicurezza di un paese ad una agenzia privata di proprietà dell'amico del premier.  Com simili presupposti forse il nostro paese  sarebbe più scuro senza Carrai. Il quale non avendo tutto il resto delle carte in regola, pensa già di lasciare  in mani altrui la cura diretta dei propri interessi, come la presidenza dell'Aeroporto di Firenze - senza che possa al momento escludere che non abbiano mai ad intrecciarsi con quelli del nuovo incarico.
 Solo che a Renzi non puoi rimproverare di aver pensato alla sicurezza anche attraverso l'informatica. Come fai, se lui chiama in causa l'attentato al Bataclan che, con  una maggiore attenzione ed un intervento più sollecito degli addetti alla sicurezza ed all'intelligence, poteva forse essere sventato. Con l'arrivo di Carrai è sicuro che ci sarà un giro di poltrone fra gli uomini, civili e militari, che oggi sovrintendono alla sicurezza del nostro paese.
 Grazie Renzi,   ma se Carrai è l'ultimo dei tuoi amici a  venire a Roma, possiamo dormire sonni tran quilli?

Madia, la madonna del gabinetto Renzi, non vuole sentire ragioni. E' uscita dal quadro chela ritraeva in trono fra gli angioli, ha messo l'elmo, vestito la corazza ed è partita lancia in resta contro i pubblici dipendenti colti in flagrante. Con il decreto di riforma della pubblica amministrazione, chi sbaglia paga. Non solo. Paga subito, senza inutili attese. Sembra di assistere ad uno di quei reality televisivi dalla formuletta semplice semplice: ' sei fuori!', tanto di moda
 Un tempo si diceva 'dipendente pubblico ' e si pensava 'lavoratore privilegiato'. Oggi dici 'dipendente pubblico ' e pensi ' lavoratore bistrattato', 'peggio pagato' e d'ora in poi 'più licenziabile' degli altri. Resta comunque sempre in vigore, per il settore pubblico, l'art.18, abolito per il settore privato. Anche l'ultimo tabù, quello dell'intoccabilità dei dipendenti pubblici, è caduto. E così Renzi e la sua madonna vogliono diffondere il verbo della nuova morale . Bene, anche se non del tutto. Però occorre intendersi.
 Non può e non deve accadere che un lavoratore che ha lavorato ININTERROTTAMENTE nella scuola pubblica, in diversi ordini, per 42 anni, se ne veda riconosciuti ai fini della anzianità di servizio soltanto 29, e di dieci gli freghino anche la cosiddetta 'liquidazione' . Le colpe  di tali furti legali  sono delle istituzioni di servizio, degli istituti di previdenza  degli statali, ma anche delle regole antiche dei cosiddetti 'ricongiungimenti'  e 'riscatti'. In questa materia Boeri, dovrebbe poter dare qualche risposta; non deve essere più consentito che tutti se ne lavino le mani, ai danni del povero dipendente pubblico.  Licenziabile sì, anche in 48 ore, se sbaglia, ma se poi è truffato legalmente è - sinceramente - troppo.

sabato 16 gennaio 2016

Le imprese di Nicola Sani all'Istituto verdiano e di Laura Valente a Ravello si arricchiscono di nuovi particolari

Basta gettare un sasso nello stagno che  l'acqua si muove torbida ma fa venire a galla la melma ed ogni altra robaccia gettatavi.
 Chi legge il nostro blog spesso ci fornisce indicazioni e precisazioni che a noi che non frequentiamo i salotti non sono noti.
 Ad esempio a proposito di Nicola Sani - che assieme ad Alessio Vlad risulta essere l'organizzatore musicale più richiesto in Italia - ma che dico: in Europa, anzi nel mondo - ci dicono che è stata assunta come 'direttore scientifico' dell'Istituto verdiano che Sani presiede, la stessa Alessandra Carlotta Pellegrini che con il medesimo incarico, e dunque per la stessa identica competenza, Sani aveva assunto alla Fondazione Scelsi.
 Come ci dicono anche che sarebbe assai interessante andare ad esaminare l'intera carriera della dott.ssa  Laura Valente, a cominciare dalla sua laurea in 'Musicologia del linguaggio '- che roba è questa?- come anche verificare le ragioni della sua uscita dal San Carlo, dove si occupava dell'Ufficio Stampa.
 Niente di sconosciuto, perchè di tutto questo si è già letto sui giornali.

Petruska ( Rai 5) insiste con Michele. Michele chi?

Siamo sempre convinti, e lo abbiamo ripetuto già tante volte, che quando abbandonerà - come è sacrosanto che faccia - Rai5 e la sua trasmissione 'Petruska', ora che è Presidente/ Sovrintendente dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia, nessuno ricorderà il nome di Michele dall'Ongaro e, laddove citato, nessuno potrà esimersi dal chiedere: Michele chi?
 Ed è  proprio per timore di un simile totale oscuramento che, nonostante la palese conflittualità, Michele continua ad apparire su Rai5, come ha fatto anche due giorni fa, per commemorare la morte di Pierre Boulez. Con un fervorino di stretta osservanza che  chissà quanti altri avrebbero potuto fare al suo posto, e mandando in onda per due pezzi celebri di Boulez (  pechè proprio quelli e non altri: Pli selon Pli, e Le Rituel) due fra le più brutte registrazioni video che si siano viste in tv.
 I dirigenti di Rai 5 non si danno da fare per trovare il/ i sostituto/i di Michele; e Michele, nelle more, che forse dureranno a lungo per sua stessa volontà e richiesta, non si tira indietro: perchè un minuto dopo che smette di apparire in tv  nessuno più si ricorderà di lui.
E Santa Cecilia? Benchè lui sia al vertice dell'Accademia, sa bene che  il suo ruolo è principalmente quello di rappresentanza, e che l'Accademia è Pappano. E poi all'Accademia, nonostante ne sia il Presidente/Sovrintendente/ Direttore artistico, non ha lo stesso ampio spazio di manovra che aveva a Radio 3, dove ha costruito, decisione dopo decisione, ammissione dopo ammissione, esclusione dopo esclusione, favore dopo favore, la sua carriera.
Non chiedere mai  di lui a chi lavora nel campo della musica, dai compositori - soprattutto questi - agli interpreti. La risposta sarà sempre la stessa: bocca mia statti zitta; perchè tutti hanno in serbo una bella dose di accuse e risentimenti da raccontarvi, su Radio 3 sotto il dominio di Michele.
 E noi tra questi, approfittiamo dell'occasione per farlo, ricordando solo che quando scrivemmo la prima biografia di Pappano (2007), Michele non volle che essa venisse presentata a Radio 3, come sarebbe stato opportuno anzi obbligatorio.  Ci venne confermato da Guido Barbieri al quale pure l'editore inviò la biografia pregandolo di una presentazione ( "devo chiedere a Michele"; Barbieri lo chiese e la risposta fu NO!) Capite dunque chi era e cosa faceva Michele con chi non riteneva della sua compagnia? Questo a Santa Cecilia non può farlo, certo può aiutare amici, sostenitori ed anche amanti, eventuali; ma anche qui  deve fare attenzione a non  minare equilibri  delicati e distribuzioni in atto. E per questo  no molla ancora Rai 5. Strano comunque che Santa Cecilia, nelle persone degli integerrimi accademici, non gli diano l'ultimatum di lasciare l'altra parrocchia.

La casa al mare di Pavarotti; Massimo Bray presidente ballerino; Radio 3 che non conosce vergogna

Apprendiamo che, per volere delle figlie di Lucianone,  e per bocca della portavoce Cristina,  la villa di famiglia sulle colline pesaresi, sarà adibita a residenza artistica; e uno immediatamente si immagina che il tenore e la famiglia, quella messa su con Adua, sua prima moglie e manager, avesse una seconda villa a Pesaro, oltre quella di Modena, escludendo gli appartamenti  di  Montecarlo e New York. Ed invece no.
 Noi che abbiamo incontrato per un'intervista il grande tenore nella sua residenza pesarese, verso la metà degli anni Ottanta - all'epoca dirigevamo Piano Time - possiamo attestare che la villa pesarese non era che una casa semplice, arredata alla ben'e meglio - stile grandi magazzini  si direbbe oggi - con una fila di stalle, per soddisfare la ben nota passione del tenore per i cavalli. Facemmo l'intervista all'aperto seduti ad un tavolo da casa al mare di impiegato statale ( senza offesa, solo perchè si sa che gli impiegati statali non hanno soldi!) e via. Dunque se ora gli eredi, quelli del ramo Adua, dispongono che quella residenza sia destinata ad ospitare artisti, si presume in campo musicale, vuol dire o che  l'hanno ristrutturata a loro spese, oppure che  in cambio della destinazione qualcuno si incarica di ristrutturarla, se non l'ha già fatto. Forse la Fondazione del Festival rossiniano -  ma ci pare di ricordare che fra il tenore ed i vertici del festival non  corrispondessero sensi proprio amorosi - o la locale  banca. Ci piacerebbe saperne di più per capire meglio.

Mentre capiamo perfettamente perchè Massimo Bray, ex ministro ed ora presidente della Treccani sia diventato, per nomina ministeriale e  su indicazione di qualcuno, presidente dell'Accademia nazionale di Danza di Roma, di cui è direttore il nostro amico Bruno Carioti. Ufficialmente perchè Bray è stato in Salento l'inventore ed il patron del festival della taranta - che sempre danza è  - ma nella realtà perchè ogni istituzione aspira a mettere il suo futuro nelle mani di chi, alla bisogna, possa recarle aiuto. Nascono così  presidenze e  CdA di tante istituzioni culturali, i cui membri sono sempre scelti fra i frequentatori dei salotti buoni che possono alzare il telefono, nel momento del bisogno, e raccomandarle a chi  dispone di autorità e mezzi. La  stessa ragione per cui, ad esempio, Gianni Letta, ha collezionato finora il numero più alto di presidenze e vice presidenze effettive o onorarie ed anche altro, come ad esempio quelle di Civita e dell'Accademia di Santa Cecilia; senza contare  quelle dei premi di qualunque natura (ma per maggiori e più dettagliate informazioni si guardi su questo blog, il post 'Antico gioco del Letta', che si fatica a tenere aggiornato).

Oggi, in macchina, ascoltando un predicatore di Radio 3 - il tono è quello di un predicatore, così  inadatto alla radio -  che risponde al nome di Sandro Cappelleto e che ci illuminava su 'Attila' di Giuseppe Verdi, ci siamo chiesti perchè proprio 'Attila', ancora una volta 'Attila', considerato che proprio lui  l'aveva fatto già al tempo della rappresentazione romana diretta da Muti? La nuova illuminazione era dovuta al fatto che al Teatro di Bologna si rappresenta 'Attila' di Giuseppe Verdi? Quale teatro? Al Comunale di Bologna, dove è sovrintendente Nicola Sani, massimo studioso verdiano e, perciò, presidente dell'Istituto di studi verdiani di Parma, dove Sani ha chiamato Cappelletto, altro insigne studioso verdiano, a dirigere il bollettino dell'Istituto. Il quale Sani ha anche chiamato a Bologna Cappelleto, a presentare l'opera verdiana. Ecco spiegata la ragione della nuova illuminazione, della  cui VOLGARITA'  solo a Radio 3 non si rendono conto. Infatti, tranne che a Radio 3, a tutti viene da domandarsi: perchè Attila, quando magari in altri teatri italiani in queste settimane si rappresentano titoli più bisognosi di essere illuminati? Forse il contratto per la presentazione dell'opera verdiana a Bologna prevedeva, sottinteso, che una seconda presentazione venisse fatta a Radio 3.

Ravello finalmente in mani sicure e competenti: Baffettone, Alessio Vlad, figlio del compianto Roman, e Laura Valente

 Tanto per parlare; senza nulla personale aspirazione agli alti incarichi per i quali sono state scelte le persone più idonee, avendo noi da tempo superata l'età canonica dei 35 anni, che rende candidabile chiunque, ed essendo digiuni di inglese, condizione indispensabile per aspirare agli incarichi in questione, venendo buon terze capacità  e competenza, alle quali, chi sarebbe disposto a riconoscere il relativo punteggio, mancando le prime due, fondamentali e preliminari?
Rispettando i tempi, allo scopo di evitare intrusioni e interventi indesiderati e sventare manovre di qualunque genere , il consiglio di amministrazione della Fondazione Ravello, composto da Sebastiano Baffettone ( presidente e consigliere politico del governatore De Luca,  da Antonio Bottiglieri, Paola Manzi (politici eletti)e Genoveffa Tortora ( prof. universitario, informatica) ha nominato i vertici della Fondazione cui spetta principalmente il compito della programmazione del Ravello Festival (tassativamente all'inglese, da quando vi sbarcarono gli alleati). E sono Alessio Vlad, " figlio del compianto Roman - come si legge  nel verbale di nomina, forse a significare che  la sua nomina a direttore artistico sarebbe un atto concreto di riconoscenza nei confronti di suo padre; benché in anni passati, quand'era ancora vivo Roman, avesse diretto la sezione 'tendenze - e la dott. Laura Valente, già capo ufficio stampa del Teatro San Carlo, incarico che ha lasciato  per seguire 'nuovi progetti nel campo della danza'. Segretario generale viene nominato il dott. Renato Quaglia, con un passato ed anche un presente di direzioni artistiche, prevalentemente nel campo del teatro, da far invidia e impallidire anche i curriculum dell'attuale coppia di direttori artistici.
 Dunque Baffettone ha scelto di affidarsi ad una coppia, ma non per un capriccio personale avallato dai quattro gatti del consiglio di amministrazione, bensì perchè i curriculum dei due erano di quelli che non si potevano ignorare. E infatti sono i più luminosi dei 27 che si sono candidati ( chi sono gli altri 25? perchè  Baffettone non ha reso noti i loro nomi? Così facendo viene il cattivo pensiero - subito scacciato, s'intende - che i due siano stati  consigliati (obbligati?) ad inviare il loro curriculum, perchè erano già 'nominandi',  prima dell'esame degli  altri aspiranti.
Passando sopra il caso della dott. Laura Valente, sveglia e svelta, ben introdotta in Campania, la nomina di Alessio Vlad, " figlio del compianto Roman" - è bene non dimenticare mai tale qualifica genitoriale, perchè spiega l'intera carriera del giovane Alessio, per la quale il compianto Roman si è sempre in tutti i modi applicato, e in ogni luogo - va a sommarsi ad altri incarichi, come quello di direttore artistico all'Opera di Roma, per volontà di Riccardo Muti riconoscente verso Roman, cui deve gli esordi di direttore a Firenze, e riconfermato da Fuortes ( il destino ha voluto che anche a Roma l'incarico di direttore artistico è  'uno e bino', essendo Alessio in coppia con Giorgio, Battistelli; forse l'incarico a Ravello potrebbe preludere ad una sua prossima uscita da Roma) e quello di 'direttore per la musica' allo 'Spoleto Festival' ( tassativamente in inglese per  lascito del fondatore italo americano, Menotti), dove regna quel mammasantissima di  Giorgio Ferrara sempre riconfermato ad ogni scadenza. Insomma tre incarichi, due dei quali almeno confliggono fra loro ( Roma e Ravello) ma il cui conflitto  nessuno si interessa a risolvere.
 Se si scorre brevemente la storia degli ultimi anni di Ravello, non è difficile  notare avvicendamenti  continui, quantomeno sospetti e  numerosi nella direzione artistica. Alla presidenza, un tempo c'era De Masi - per tutta l'epoca in cui si sentiva dappertutto l'odore dei soldi elargiti dal Monte dei Paschi - e la direzione artistica vide diversi avvicendamenti, fino a quando Stefano Valanzuolo - inizialmente  in posizione defilata nel festival ma deciso a scalare zitto zitto e ubbidiente al capo di turno - ne assunse la direzione, confermata anche all'epoca in cui presidente venne nominato il prof. Renato Brunetta che, fosse dipeso da lui,  avrebbe volentieri cancellati tutti i festival d'Italia , ma che, spalleggiato da Caldoro - che gli aveva dato un pacco di soldi ( due milioni di Euro, se non andiamo errati) s'era insediato  nella cittadina dove aveva celebrato il suo matrimonio ed aveva una casa, con colonne antiche (in stile, s'intende, come recitava la sua lista di nozze!).
Cambiato il governatore,  si  doveva cambiare anche la dirigenza della Fondazione Ravello: a Caldoro succede l'ispirato De Luca, che, veloce come un fulmine, invia a Ravello il suo consigliere politico, Baffettone, il quale  fa a sua volta, veloce come un fulmine, un bando per la nomina del direttore artistico e segretario generale, ed altrettanto velocemente, procede alle nomine.
 Ora i nuovi arrivati hanno un futuro davanti, un futuro già iniziato, da riempire di belle trovate, come ha saputo fare  anche Valanzuolo ( una per tutte: i concerti all'alba, con gli strumenti miagolanti).
Nella nomina dei consiglieri del CDA, ligio alla regola di estromettere la politica dalle istituzioni culturali, De Luca  e compagni hanno nominato consiglieri comunali o regionali e comunque tutti eletti nelle liste del PD, fatta eccezione per Baffettone, filosofo,  semplicemente suo consigliere politico.
 P.S. L'uscita di scena di Amitrano , segretario generale, e Valanzuolo, direttore generale della Fondazione Ravello, voluta da De Masi, è stata accompagnata dalla pubblicazione di lettere velenose , con botta e risposta e  accuse reciproche fra De Masi, intervenuto per  un brevissimo periodo dopo l'uscita di Brunetta, prima di Baffettone, al vertice di Ravello e i vertici uscenti. In tutte le lettere si parla di  cachet, di poteri, di scelte avventate, e di molto altro, mai una sola parola su capacità e competenze dei vertici uscenti - la stessa cosa può dirsi per quelli entranti - al momento del loro primo incarico (parliamo naturalmente  dei direttori, più che del segretario generale). Noi, tanto per dirne una, conosciamo Valanzuolo da molti anni, da quando  collaborava ad un nostro giornale( Applausi), da Napoli, dopo l'indisponibilità di Marina Mayrhofer che aveva esercitato il medesimo incarico per un'altra nostra rivista(Piano Time). Valanzuolo, non ricordiamo più se già allora o in seguito,  collaborava in qualità di critico musicale al quotidiano 'Il Mattino', ma le rare volte in cui  lo cercammo noi, lo facemmo telefonando ad uno studio di commercialisti dove egli lavorava, ofrose era suo; e presumiamo quella fosse la sua principale attività. Ma poi evidentemente, la passione musicale,  sostenuta dall'impiego in tale settore, ha avuto il sopravvento.

venerdì 15 gennaio 2016

David Bowie è morto?

Le notizie si susseguono al ritmo di migliaia al giorno su David Bowie e nulla sembra più certo al riguardo. Dove ha  passato gli ultimi giorni?A New York o a Bristol? Nella sua casa americana o nella città dove si materializzava spesso senza dare nell'occhio? Nel suo letto o in un clinica? ed era davvero malato di cancro? Si farà il funerale? Dove? Pubblico o privato'? Verrà sepolto o cremato? Ma a questo punto viene anche  da chiedersi se  Bowie sia morto per davvero o se non sia 'scomparso' come Moana Pozzi,  che, sebbene data per morta, viene spesso avvistata in molti punti del pianeta.
 L' ultima notizia ,che notizia  non è,  ci dice che le ceneri del cantante saranno custodite in luogo segreto. Ma allora forse non è morto?
 E, infine, notizie certe, dati alla mano, ci fanno sapere che i suoi dischi sono ora, dopo la sua ipotetica morte, in cima alle classifiche di vendite, come non era mai accaduto prima per David Bowie. Per il mercato, e per le sue crudeli e disumane leggi, almeno per il mercato è valsa forse la pena che David Bowie morisse, veramente o per finta.

Teatro Petruzzelli. Ci risiamo con i ladri. Ma anche dall'Arena di Verona non giungono buone notizie

Quando in tv hanno dato la notizia che sul Petruzzelli s'era abbattuta un'altra disgrazia, il nostro pensiero era andato alla prima più nota fra le sue disgrazie, alla quale  abbiamo subito collegato la seconda: ancora un rogo dopo quello che tanti anni fa lo distrusse quasi interamente, abbiamo temuto?.No. S'è appreso subito,  che il Petruzzelli non era andato di nuovo a fuoco, ma stava per essere distrutto questa volta dal malaffare. E cioè?
 Il nuovo presidente del teatro, l'ex magistrato Carofiglio,  già rubato alla magistratura dalla scrittura, e messo a capo della istituzione barese dal sindaco Decaro, nel darne notizia, ha rassicurato i lavoratori e dipendenti del teatro, sul loro futuro: "da oggi comincia per il Petruzzelli una nuova vita, purificata, perchè la magistratura, con l'aiuto delle forze sane del teatro, è riuscita a smascherare e a  portare dietro le sbarre il direttore amministrativo del teatro, FRANCO MELE - tenete a mente questo nome, è quello del farabutto; e tenetevi alla larga da lui se mai dovesse uscire dal carcere - il quale è stato filmato con le mani nel sacco, mentre riceveva - con l'indifferenza solita dei delinquenti - mazzette, una dopo l'altra per ogni appalto. Le telecamere lo ritraggono mentre tiene il telefono con una mano e con l'altra riceve la mazzetta, a favore delle telecamere, e la mette in una tasca.
 Dalla Digos abbiamo saputo della esistenza di un altro filmato, nel quale il MELE, una volta riempita la tasca destra, sposta il malloppo accumulato nella tasca sinistra per poi ricominciare a riempire la destra.
E Carofiglio ha reso noto anche il fatto che gli appalti relativi alla illuminazione, occorrente di volta in volta al teatro, venivano affidati, senza gara, dal direttore amministrativa, MELE il ladrone, ad una ditta di cui lui, MELE, era proprietario.E questo accadeva da tempo. Da quando? Da quando è arrivato Biscardi alla sovrintendenza o da prima? No, da prima. Da quanto prima? Dal tempo del commissario Carlo Fuortes che perciò non si sarebbe accorto di nulla, lui amministratore bravissimo?
 Una notizia  non rassicurante viene invece dalla Fondazione Arena di Verona, quella che ha la platea più grande del mondo e che perciò dovrebbe avere  anche il bilancio più florido del mondo. Ed invece no. L'anno scorso si portava sulle spalle il fardello di oltre 25 milioni di debito, per il cui ripiano il sindaco Tosi, aveva voluto ed insistito perchè a capo della fondazione restasse il sovrintendente Girondini, con la seguente motivazione. il buco s'era creato sotto la sua gestione, toccava  a lui riempirlo - non di altri debiti.
 E per protestare contro tale situazione si legge che da novembre la sede della fondazione è occupata dai lavoratori della fondazione medesima. Ma sembra che nulla di nuovo sia accaduto nel frattempo, salvo che l'inaugurazione della stagione invernale al Filarmonico. Che è un miracolo!

Festival di Salisburgo. Un debutto dopo l'altro sul podio dell'opera

Ancora fresco di stampa e con il solito tempismo ( che anche le istituzioni italiani dovrebbero mettere in atto! ) è stato distribuito il programma dettagliato della prossima edizione del Festival di Salisburgo, che si svolgerà dal 22 luglio al 31 agosto, ultimo con la direzione artistica del regista Bechtolf, cui succederà - trattasi di un ritorno, ma con responsabilità maggiori - di Hinterhauser.
 Sfogliando il calendario delle opere  in programma, si leggono i nomi dei direttori Thomas Adès ( per una sua opera, 'L'angelo sterminatore' da Bunuel), Franz  Welser-Moest ( Die Liebe der Danae), Alejo Perez ( Faust di Gounod), Ottavio Dantone (Così fan tutte), Alain Altinoglu ( Don Giovanni), Gustavo Dudamel ( West side story, Cecilia Bartoli è Maria), Dan Ettinger ( Nozze di Figaro), Marco Armiliato ( Manon di Puccini, Netrebko è Manon), Andrès Orozco-Estrada ( Il templario di Otto Nicolai, con Juan Diego Flores), Patrick Fournilleir ( Thais di Massenet, con Yoncheva, Thais, e Domingo, Athanael). Forse solo il caso del debutto di Lorenzo Viotti, sezione concerti, ha una qualche giustificazione nel fatto che fu proprio il concorso del Festival a laurearlo lo scorso anno.
 E i direttori che un tempo  passavano regolarmente da Salisburgo ogni anno, perchè a Salisburgo. anche all'apice del successo, si doveva per forza andare, che fine hanno fatto?
 Anche quelli ci sono, ma ad eccezione di uno o due, come Muti e Jansons o Mehta, tutti gli altri  arrivano con la propria orchestra al seguito (  per esempio: Gatti, Chailly, Rattle), fanno un concerto e ripartono di gran carriera.
 Insomma la novità delle novità di quest'anno, ultimo della gestione Bechtolf, sembra essere lo sbarco, per il loro 'debutto in società', di molti direttori della nuova generazione; mentre non  ubbidisce alla medesima logica la formazione dei cast, dove sono presenti molte star . La tecnica è quella di inserire nella locandina  una star che brilla di luce propria, senza frapporne altre, neppure le stelline, che potrebbero anche solo appannare la  loro luce accecante.
 Con l'ulteriore vantaggio che i giovani, si sa, costano poco, e che, si vuole  mettere ordine nel bilancio del festival dopo gli anni di Pereira che , come si ventilò,  dal punto di vista economico, non fece benissimo al grande festival.
 D'altro canto, va registrato una altro fenomeno, del quale si è testimoni ovunque e ora a anche a Salisburgo, e cioè quello che i grandi direttori, o quelli che meritatamente o meno vanno per la maggiore, perfino loro, non hanno più tempo per fermarsi a lungo in un luogo diverso da quello in cui risiedono stabilmente, e perciò neanche Salisburgo ottiene che direttori molto noti stiano lì inchiodati per tre o quattro settimane, il tempo strettamente necessario per concertare e dirigere un'opera.
 Il direttore che dirige oggi a Londra e domani a Roma e l'indomani di nuovo a Londra, oppure oggi a Vienna e domani a Milano e dopodomani a San Pietroburgo, sta diventando la norma che  certamente non fa bene alla musica. Ma tant'è. E' la globalizzazione, signori.

"Il direttore del teatro di mio marito va in America". Su Noseda e il Teatro Regio di Torino

La notizia, data con poche righe da molti giornali, della nomina di Noseda alla direzione della  National Symphony Orchestra di Washington rischiava di  non avere il giusto risalto. perchè se è vero che l'Orchestra americana in questione non appartenga al gruppetto delle grandi, si tratta comunque di una orchestra che ha un rispettabile passato.
 Vi ha rimediato, come era giusto logico ed anche interessato, La Repubblica, il quotidiano fondato da Scalfari, esattamente alla viglia della festa dei suoi quarant'anni di esistenza ( a proposito come era brutto il primo numero del celebre quotidiano, ripubblicato e distribuito gratuitamente per l'occasione), con un articolo di Leonetta Bentivoglio, sempre attentissima alle mutazioni del costume, dal titolo ' Bacchette eccellenti. L'America mette sul podio i talenti made in Italy'.
In esso scrive  di Riccardo Muti che, come si sa è uno dei nostri talenti, fra i tanti "che spuntano come funghi",  che lavora a Chicago, ma anche di Fabio Luisi, ancora per qualche mese a far da spalla a Levine, messo male dai problemi di salute, prima di tornare definitivamente in Italia, a Firenze; e poi di Rovaris e Luisotti che   sono a capo rispettivamente dei teatri di Philadelphia e San Francisco.
Per arrivare infine al colpo grosso. "Gianandrea Noseda, direttore musicale del Teatro Regio di Torino, il teatro di mio marito, vola a Washington". Ecco il colpo da maestra. Per la prima volta, dopo quarant'anni di storia, ad indicare il nuovo corso del quotidiano romano, con l'arrivo proprio da Torino di Calabresi sul podio, la giornalista dice espressamente che è imparentata con il direttore artistico del teatro torinese, per evitare che chicchessia  possa rimproverarle di parlare anzi inneggiare al direttore musicale del teatro  salvato dall 'intervento ' provvidenziale' di suo marito,  Gaston Fournier Facio che è riuscito a mettere pace fra Noseda e Vergnano e a far riprendere al teatro una vita più grande e più bella che pria. E infatti fra breve è in calendario una tournée in Oriente, alla fine della quale potrebbe  essere annunciato anche un nuovo incarico, questa volta in Oriente, per Noseda. Il cui incarico a Washington, spiega la giornalista, non è da prendere  alla leggera, come qualcheduno ha fatto, perchè l'orchestra di Washington, sul cui podio arriverà fra breve "il direttore del teatro di mio marito" - insiste! -   ha sede al Kennedy Center "straordinario centro di Performing Arts munito di sei palcoscenici". Mamma mia chissà se ce le farà, avendone già un altro a Torino. E son sette!
 E se Susanna pensava di non venire al regio di Torino - come ha fatto notare qualche mala lingua - alla fine anche Susanna è dovuta venire al Regio di Torino, "accolta da Noseda e da mio marito", me testimone. Ma chi è Susanna?

martedì 12 gennaio 2016

Con Riccardo Muti la musica torna in prima pagina

C'eravamo illusi di essere tornati ai bei tempi quando, il bis di 'Va pensiero' alla Scala, in un 'Nabucco' diretto da Riccardo Muti, suscitò una discussione nel paese, dai giornali al Parlamento. Che tempi! Per certi versi anche sprecati quei tempi e  inutili quelle discussioni. Perchè non c'era bisogno di tanto chiasso per un bis,  pur se mai concesso prima  nel tempio italiano della lirica. Poi tante altre volte è accaduto e non solo per il 'Va pensiero', senza che la polemica rimontasse, per fortuna. La polemica, se ci deve essere, è giusto che colpisca fatti di una certa importanza. E non come oggi spesso avviene,  per la presenza di un nudo in scena.
 Insomma i tempi in cui una prima  in un grande teatro teneva accessi i riflettori della stampa prima e dopo, quei tempi sono definitivamente passati?
Sì, sono definitivamente passati per qualunque fatto che riguardi la cultura, specie quella alta, mentre non sono passati affatto quando si tratta di fatti o persone che,  in senso lato, fanno parte della cultura di un tempo, come nel caso della morte di David Bowie che campeggia su tutti i giornali in prima pagina, o nei telegiornali occupandone in molte testate anche l'apertura. Ben altra cosa è accaduta con Boulez nei giorni scorsi, sebbene una certa attenzione anche la stampa italiana gli abbia dedicato.
Ma ieri questa nostra amara constatazione sembrava  ricevere un duro colpo, del quale ovviamente eravamo felici, perché ben due pagine il 'Corriere' dedicava a Riccardo Muti che la sera prima avevamo visto ed ascoltato nel salotto televisivo di Fabio Fazio.
 Solo che la ragione era squisitamente 'commerciale'. Il Corriere faceva uscire una ricca raccolta discografica del noto direttore: ben 32 uscite. Insomma, per mezzo anno, ogni settimana, allegato al Corriere - ma pagandolo a parte,  una decina di euro - i lettori avrebbero potuto acquistare una incisione di Muti. E il Corriere che, come tutti i giornali, in tempo di crisi, ricorre a qualunque mezzo nella speranza di veder salire anche  le vendite del giornale, strombazza l'iniziativa, prima con una ospitata nel salotto di Fazio e poi con le due pagine, e non saranno le uniche, dedicate all'avvenimento. Che è poi  semplicemente  una uscita discografica, neppure nuova, raccogliendo, per scelta del direttore, quelle incisioni che meglio rappresentano il suo percorso interpretativo, già abbastanza lungo.

lunedì 11 gennaio 2016

In ricordo di Pierre Boulez N.5. Bruno Maderna: un elefante leggerissimo

Mario Bortolotto scrisse un articolo su Piano Time, negli anni Ottanta, commentando la nostra breve intervista a Pierre Boulez nella quale ebbe ad esprimere giudizi non proprio lusinghieri ma molto veritieri sul suo compagno di avventura musicale Bruno Maderna.
 La  nostra breve intervista a Boulez come l'articolo di  Bortolotto non sono  neppure citati enella vasta bibliografia maderniana,. Chissà perchè.
Nel 2011, Bortolotto riprende quel suo articolo  uscito su 'Piano Time' e lo pubblica su 'Il Foglio', in occasione dell'uscita di un volume ' Scritti su Maderna', dal quale,  naturalmente, quell'articolo e quel giudizio tagliente erano accuratamente espunti.  Abbiamo pensato di ripubblicarlo su questo blog.  Anche perchè della breve intervista a Boulez non viene mai citato, neanche da Bortolotto, l'autore, cioè noi, che allora dirigevamo 'Piano Time'.


Quando, nel ’69, consegnammo un nostro libro, eravamo certi che esso, fra l’altro, concludesse i nostri rapporti con Bruno Maderna. Ciò era pacifico per il celebre musicista, ma le cose, da sempre fuggiasche, si sarebbero arricchite di gustosi dettagli: per noi, s’intende. Accanto ad inutili omaggi, panegirici e tributi, sarebbe comparso il tombeau di Pierre Boulez. 
Quale splendido scrittore egli sia è inutile ripetere: basti la prefazione che si legge nel Mahler di Henry Louis de La Grange. Ovunque, il fascino di una sintassi ondulosa, piena di sottili capziosità, di calcolate tergiversazioni, di finte giravolte, non ha probabilmente pari nella letteratura musicale di oggi: anche in questo ambito così esposto agli equivoci, il maestro può ragionevolmente considerarsi come l’erede legittimo di una tradizione illustre: gli articoli di M. Croche (alias Debussy), le lettere e i rari scritti di Ravel, le cronache e le pointes di Cocteau.
Si è letto, allora ( negli anni Ottanta ndr.), un piccolo ricordo di Bruno Maderna, quell’“elefante leggerissimo” dettato in fretta, sembra impossibile, e tradotto in italiano: non siamo dunque nella possibilità di tentare un minuscolo assaggio di Stilkritik. E tuttavia ce n’è a sufficienza per scorgere, leggera come lo scomparso del titolo, e di ben altra grazia, la mano di un eccezionale virtuoso, anche del fioretto.
Boulez naturalmente trascura anzitutto l’ovvio: le qualità del didatta, così pronto ad aiutare gli esordienti, dello studioso, dell’animatore, cui tanti compositori oggi celebri devono più di un’indicazione, o di un avvio. Non dice del pari nulla sulle sue più che discutibili doti di direttore: mediocre senza remissione come ognun sa, ma musicalissimo, sempre capace poi di improvvise illuminazioni: oggi massacrando Monteverdi (e orribilmente orchestrandolo), domani malmenando Mozart e poi accendendo di improvvisi bagliori una pagina di Mahler o di Webern, da lasciarci sbigottiti e sconvolti. Boulez punta diritto sul compositore. Nello spazio di poche righe ci ricorda con impagabile garbo quanto fosse naturalmente dotato: “Era un grandissimo improvvisatore”. Ma la via verso la composizione è acerrima, e la fatica non sembrava addirsi al collega. L’attività di direttore d’orchestra gli ha tolto “tempo prezioso”: inutile osservare come le buone prediche vanno bene anche quando il pulpito è sospetto. (Siamo ovviamente carichi di simpatia per lo svillaneggiato padre Zapata, che poi razzolava tanto male: quando leggiamo Bossuet forse ci domandiamo se poi mettesse in pratica i suoi dolcissimi precetti?).
L’impazienza, la stessa “curiosità” del musicista veneziano traducevano una incapacità a riflettere sulle ragioni formali di fondo, sì da concedergli pagine vivacissime, financo geniali ma da impedirgli poi di stringerle nella sperata unità. In lui, dannatamente, tout ne se tient pas.
Anche le modalità di scrittura intervengono pesantemente. Certo i documenti conservati nell’archivio della Fondazione Paul Sacher saranno “preziosissimi”, ma subito s’aggiunge “pur nella loro frammentarietà”. Gli interpreti così non sono in grado, magari, di rendere un pensiero che non si è compiutamente definito: non si arriva a dichiarare che si tratta di brogliacci, stracarichi di segni di varia mano, ma si nota come “ciascuna opera comporti problemi talvolta insormontabili di ricostruzione e d’interpretazione”. Un meno abile avrebbe semplicemente detto che gli abbozzi venivano poi, in vita dell’autore, consegnati alle estrose manipolazioni del momento, ma, per le esecuzioni odierne, si tratta di ricominciare ad inventare. Non mancherà chi poi sappia ricordare tutto. Sono cose non nuove. Glazunov e Rimskij-Korsakov, ai loro bei giorni, stesero l’ouverture del Knjaz Igor’, firmata da Borodin, avendogliela sentita sonare al pianoforte. 
Ultima amara considerazione la morte precoce, come in ogni dérèglement che si rispetti, “troppo facilmente sedotto dall’aiuto bacchico”, come gli scriveva, tre anni prima, l’amico Nono, intensamente sottolineando. Si legge questa affettuosa lettera su un volume, Scritti su Bruno Maderna, presso il suo editore. Contiene analisi egregiamente condotte e in copia di osservazioni, informazioni che sono naturalmente benvenute. Quando uscì il primo libro critico, quello brillante ed entusiastico di Massimo Mila, vi leggemmo, accanto ad episodi di un gusto costernante (le risate dei due davanti al Quintetto op. 26 di Schoenberg) anche un grazioso cenno di consenso: Mila prendeva le garbate distanze da noi compiute: “Quando stava appena per cominciare l’esplosione dell’ultimo Maderna”: esso libro “rispecchia l’opinione che tutti avevamo allora di lui”.
Sarebbe facile, dopo tanti anni, ricambiare sì amabile inchino e inneggiare all’esplosione. Ma non ci sentiamo proprio di farlo: le ultime cose sono anche più velleitarie e sconnesse (senza stare a ripetere che contengono ancora e sempre momenti esaltanti), la disponibilità leggendaria verso tutto svela la mancanza di centro: qualcosa come i famigerati “effetti senza causa”. Ricordiamo bene la prima a Darmstadt del Concerto per pianoforte e orchestra: figuriamoci, con David Tudor alla tastiera. Gli dei benigni (con qualche piccolo sgarbo) ci avevano dato come vicino Theodor Adorno: che ascoltò con l’attenzione abituale. Poi, alla fine: “Dommage, car il connaît tous les trucs”.
Ripensammo a quella serata, ascoltando il Requiem per soli, coro e orchestra, campionario di derivati d’ogni genere: realmente desolante.

In ricordo di Pierre Boulez N.4 .Boulez riceve il Leone d'oro a Venezia e parla di Maderna

A marzo dello scorso anno scrivemmo su questo blog  il post che ora ripubblichiamo, riguardante Boulez ed anche Maderna.

In una articolo celebrativo per i novant'anni di Pierre Boulez - sacrosanto - sul Corriere, a firma Manin, Ivan Fedele, che gli ha attribuito il 'Leone d'oro' alla Carriera della Biennale Musica di cui è direttore, spezza una lancia in favore della grande umanità di Boulez, a dispetto della sua immagine stereotipata di gran pensatore e teorico della musica  cui va ad aggiungersi quella di oggi: protettore e missionario ( Fedele, pieno di orgoglio, ci mette anche la sua, giacchè lavorò all'IRCAM parigino ed ebbe l'onore di una 'commissione' dello stesso Boulez).
Racconta  Fedele che scoprì la grande sensibilità e profonda umanità di Boulez ascoltando una sua interpretazione dell'Adagietto della 'Quinta' di Mahler, che in lui convive con la durezza con cui apostrofa colleghi e musiche che non condivide e non stima - in cima alla lista i cosiddetti minimalisti, la cui musica è poca cosa: ' les minimalistes sont minimaux', ebbe a dirci in una delle interviste che ci concesse negli anni.
 Ma il buon cuore di Boulez, secondo Fedele, si è manifestato anche concretamente, come quando ha aiutato la famiglia  del defunto Maderna, i cui figli ha provveduto concretamente a mandare a scuola,  nel silenzio e nella discrezione più totali.
 Fedele,però, non sa cosa pensava Boulez di Maderna compositore, nonostante il suo sodalizio giovanile con il musicista italiano e con Berio Il suo gesto di solidarietà concreta  potrebbe suonare come una sorta di risarcimento, alla luce di ciò che stiamo per dire?
 Boulez non aveva grande stima del Maderna compositore, la cui opera riteneva difficile ( impossibile) da definire ed identificare e non a causa della tecnica dell'aleatorietà. Boulez  ha sempre reso onore e merito al Maderna apostolo della musica contemporanea, ma non al compositore.
 In una breve conversazione che avemmo con lui, ai tempi di 'Piano Time',  presso l'Accademia di Francia a Roma, in uno dei suoi rari passaggi nella Capitale,  manifestò il suo pensiero in proposito, definendo Maderna un 'elefante leggerissimo' che, a causa della sua frenetica attività di direttore e divulgatore, tolse tempo alla composizione, nella quale il suo lascito è di pochissimo valore. In sintesi ci disse  proprio questo.  E Mario Bortolotto sulle stesse pagine  di 'Piano Time', dove pubblicammo quella intervista lampo, colse l'occasione, da quelle poche righe, per spiegare meglio la durezza ma anche la verità di quelle affermazioni.
 Mario Bortolotto, se non ci sbagliamo, ha ripubblicato anni fa quella sua pagina profondissima, sul Foglio, dove crediamo di averla riletta qualche tempo fa.

In ricordo di Boulez N.3 .Musica rock e altro...Boulez per esempio

Riproduciamo questo  nostro post, ora, alla morte di Boulez. Lo avevamo scritto e pubblicato tempo fa. Ad oggi non siamo riusciti con 'Suono' a ripescare l'intervista alla quale si accenna. Peccato! Forse qualcuno che  l'ha conservata vorrà inviarcela. Grazie

Nel precedente post abbiamo accennato alla nostra collaborazione al settimanale di 'Repubblica' 'Musica rock e altro', uscito negli anni Novanta. Noi naturalmente scrivevamo dell'altro cui il titolo faceva riferimento. E per questo forse ci sentivamo anche altro dalla redazione, della quale non facevano parte  i critici musicali 'classici' del quotidiano. Collaborava al settimanale anche Vincenzo Cerami. Dopo una riunione di redazione, una delle pochissime alle quali partecipammo, finita la discussione,  Cerami e noi uscimmo, dopo aver salutato tutti. All'uscita Cerami ci venne vicino e ci disse, candidamente: 'cosa c'entriamo noi con quelli?', indicando l'intera redazione del settimanale che era fatta di rockettari. Non voleva alludere a nulla di diverso in fatto di generazione, pochi anni separavano semmai  qualcuno di loro  da noi;  si trattava piuttosto di diversa formazione. Insomma dopo qualche anno di collaborazione, durante la quale continuammo a  sentirci come corpo estraneo, anche perchè qualche critico classico di 'Repubblica'  chiedeva a noi la ragione della sua esclusione dalla redazione del settimanale musicale, decidemmo di uscirne.
Il nostro posto lo prese  un musicista che allora non aveva tutto il potere che ha oggi, ma che  su quel potere, allora ridotto, andava già costruendo le sue future fortune. La sua permanenza durò poco, anzi pochissimo, per una bufala vergognosa che rifilò al giornale appena vi mise piede.
  Andiamo un momento indietro nella storia. In una delle ultime venute a Roma di Pierre Boulez con i Wiener, la DG organizzò con il celebre musicista una intervista pubblica, nell'albergo in cui risiedeva. Boulez parlava francese e noi eravamo fra i pochi giornalisti presenti a parlar quella lingua e dunque a dialogare con lui.  Quell'intervista la pubblicammo sul mensile SUONO. Era una bella, ricca, circostanziata intervista. Passano gli anni e il nostro sostituto al settimanale di Repubblica, in una delle sue prime uscite, pubblica una intervista a Boulez. Leggendola ci domandammo quando quella intervista avesse avuto luogo. E pensammo anche: bel colpo! Poi man mano che andavamo avanti nella lettura, scoprivamo di conoscere già le risposte del musicista. Fu allora che andammo a riprendere la nostra intervista uscita  su 'Suono' e...con grande meraviglia scoprimmo, confrontando le due interviste che buona parte di quella pubblicata su 'Musica rock e altro', e quindi spacciata per intervista fresca di giornata, non era che quella nostra intervista di qualche anno prima copiata per la gran parte, parola per parola. Fotocopiammo 'Suono'  e la stessa cosa facemmo con 'Musica rock e altro' ed inviammo i due testi, nei quali avevamo evidenziato i passi, numerosi, comuni, anzi identici, a  Roberto Campagnano, allora  responsabile del giornale,  per fargli capire quale polpetta avvelenata avesse inviato alla redazione il nuovo arrivato, nostro sostituto. E così, naturalmente, terminò nel breve volger di qualche settimana la carriera giornalistica di quel signore che tuttavia proseguì a grandi passi la sua avanzata  in altri campi. E tuttora continua.

domenica 10 gennaio 2016

In ricordo di Pierre Boulez.N.2 Intervista ( Piano Time, n.12 anno II, marzo 1984 ).

Pierre Boulez, dopo molti anni,  è tornato in Italia, a Roma, per partecipare al Festival Varèse' organizzato dall'Accademia di Francia e dall'Assessorato alla cultura del Comune. Lo abbiamo incontrato.

Molti la considerano musicista 'rigoroso e razionale'. Quale è il suo tributo alla dea ragione?
Alla base di tutte le cose vi è un rigore ed una razionalità. Comporre vuol dire distruggere il rigore e la razionalità di partenza. Molte volte ho citato un breve racconto di  Henry Miller, intitolato 'Porto un angelo in filigrana', nel quale l'autore di descrive in procinto di disegnare un cavallo, poiché razionalmente ha deciso di disegnare un cavallo. Ma a furia di disegnare, scopre di aver disegnato un angelo. I compositori sono nella stessa condizione: partono sempre con idee chiare che rimandano ad una precisa concezione della composizione musicale. Il lavoro di composizione, giustamente, consiste nel fatto che l'immaginazione arricchisce talmente questa razionalità di partenza che essa non risulti poi così importante ed interessante. A coloro i quali si sono divertiti o meglio ingegnati ad analizzare le mie opere – e ben pochi sono arrivati alla razionalità di partenza – ho sempre sconsigliato di cercare la razionalità di base, poiché credo sia la cosa meno interessante.

Da molti anni mancava dall'Italia? Perchè tanto tempo prima di rimettervi piede?
Sono molti i paesi nei quali non sono più andato da anni. Precisamente dal 1977, da quando mi sono 'consacrato' alla creazione dell'IRCAM, un'istituzione che vantava già una storia prima della sua creazione. Da quell'anno mi sono dovuto occupare dell' IRCAM e dell' Ensemble Intercontemporain. Da allora non ho più visitato molte città che amo. Non voglio sottovalutare l'importanza di Roma... ma penso che avrebbero potuto pormi la stessa domanda a Vienna e ad Amsterdam e soprattutto a Londra, una città dove andavo spessissimo un tempo. Tutto questo perché ogni mia energia è concentrata innanzitutto sul la composizione e sui due organismi cui sono preposto, che richiedono una costante presenza sul campo.

Che cosa l'ha fatta decidere a passare dalla composizione alla direzione, o meglio di affiancare alla prima la seconda?
HO cominciato a dedicarmi alla direzione d'orchestra quasi per caso direi... o per necessità più che per caso. Quando ero giovane, le opere della mia generazione – quanto all'0esecuzione – dipendevano esclusivamente da due direttori: Scherchen e Rosbaud, ambedue sulla sessantina. Più tardi vi furono Maderna - che conoscete benissimo - e Gielen ed io stesso. Fra gli interpreti della mia generazione, noi tre soli ci siamo occupati della musica contemporanea e della sua interpretazione. Perchè? A Parigi, negli anni Cinquanta, si polemizzava vivacemente sulla musica della mia generazione. Quando si vuol fare polemica - anche la più violenta - la si deve basare su oggetti, fatti concreti e non su idee vaghe. Ciò che mi ha spinto a creare i concerti che dirigo ancora è la convinzione che ogni discussione debba seguire l'ascolto e dipendere da esso. Per la stessa ragione, a Darmstadt, non vi erano solo corsi: la cosa più importante era che i compositori potevano ascoltare le loro opere. E' fondamentale per un compositore non aspettare la gloria postuma o un riconoscimento tardivo, perché egli beneficia, trae utilità da ciò che ascolta.. ed anche il pubblico ne beneficia o forse no... ma ciò che importa soprattutto è che egli sia testimone di ciò, testimone diretto. I risultai, poi, buoni o cattivi, vanno annotati fra i profitti e le perdite.
Ma ribadisco che il compositore, in ogni caso, si avvantaggia del confronto con il pubblico, più del letterato, del poeta del pittore: nella musica e nel teatro, il confronto con il pubblico, può modificare il punto di vista dell'autore, che non potrebbe altrimenti avere una verifica. Ciò non vuol dire che bisogna sempre piacere al pubblico. Però ci si può rendere conto, ad esempio, di difficoltà inutili e superflue. Se tali difficoltà rendono di fatto irrealizzabile ciò che è scritto, non val la pena di scriverlo. La difficoltà non è solo intellettuale, ma anche di comunicazione, e, per questo, credo che l'esperienza della direzione è stata non utile ma insostituibile.

Nella sua attività di direttore v'è stato un allargamento del repertorio a ritroso: dalla musica d'oggi a quella del passato. Giungere al repertorio classico o romantico dalla musica contemporanea quali vantaggi reca ad un direttore; ad esempio,  nel confronto con l'opera di Wagner?
Io ho l'occhio del compositore. Quando un compositore guarda o studia una partitura si rende conto di ogni minuzia dell'autore. Se ha scritto così, in quel momento preciso, in vista di un certo risultato, ci si deve preoccupare di quel dettaglio. Ho scritto a proposito di Wagner, anzi è Nietzsche che l'ha scritto per primo, che egli è 'maestro della miniatura'. Per Nietzsche, in un duplice senso: innanzitutto per accennare che, a suo modo, di vedere, il senso epico di Wagner mancava di 'grandeur' - una connotazione che non faccio mia - e poi anche nel senso sopra citato, nel quale caso è verissimo: basta guardare gli infiniti dettagli delle partiture di Wagner.
Ma ciò non vale solo per Wagner ( si confronti, ad esempio, 'Jeux' di Debussy per rendersi conto dell'estrema minuzia dei dispositivi strumentali) ma per qualunque compositore. In questo momento entra in gioco il compositore-interprete che si preoccupa innanzitutto della forma e dell'arco generale della composizione. L'interprete corre a volte il pericolo dell'eccitazione momentanea che alterna a momenti di vuoto. Il massimo dell'interpretazione può offrirlo il grande interprete che è anche compositore, come Furwaengler, non importa se non è grande. L'esperienza del compositore - per concludere - si riflette nel senso della grande forma e della tensione generale.
Quanto al mio caso (un compositore-interprete che per il repertorio fa un cammino a ritroso: dal presente al passato) si tratta di proiettare e riproiettare i compositori contemporanei con i quali ho familiarità come interprete, su quelli con i quali non ho potuto avere tale familiarità. Sta qui il problema. Nasce dal fatto che l'educazione musicale si basa sempre sugli stessi classici: si nasce conoscendo Beethoven,Mozart, Brahms, e, di conseguenza, abbiamo già uno stile in testa.
L'ho ripetuto tante volte e non mi stanco di ripeterlo: non credo ad una tradizione, neppure alla tradizione che io stesso potrò creare; le opere importanti demoliscono ogni tradizione proprio quando la creano; e sono in grado di creare dei punti di vista assolutamente nuovi ed interessanti proprio perché nuovi.

Cè una composizione alla quale si sente particolarmente legato?
Certo vi sono composizioni importanti. Nel mio caso sono tutte importanti per me, anche perché non ne ho scritte molte. Alcune però hanno per me un particolare significato: penso alla 'Seconda sonata' per pianoforte che rappresenta l'acquisizione e, allo stesso tempo, l'addio alla forma classica. C'è poi 'Le marteau sans maitre', attraverso la quale mi sono liberato dallo stretto dogmatismo. 'Eclat' e 'Eclat multiple hanno significato la scoperta dell'improvvisazione e del senso del momento, dell'attimo. In 'Rituel' è evidente la conoscenza e l'esperienza dell'orchestra e della tecnica orchestrale. Penso a questi come momenti importanti... ma ve ne sono naturalmente altri. Ora penso a questi, solo a questi, anche perché non ho scritto che questi lavori che rappresentano punti di passaggio in una certa evoluzione.

Fra i suoi maestri ve ne sono stati di importanti?
Due gli incontri importanti della mia vita di musicista: Messiaen e Webern. IL primo è stati mio professore e quindi l'ho conosciuto anche come uomo. Il secondo non l'ho conosciuto, ma ha comunque segnato la mia vita. Messiaen è stato mio insegnante di armonia, una tecnica classica, accademica. Ma ciò che contrassegnava il suo insegnamento era il fatto che non considerava l'armonia come un esercizio accademico, nel quale si dispone di un certo vocabolario e si ubbidisce a precise regole. Il grande vantaggio del suo insegnamento e la grande novità era basarsi su dati storici: mostrava l'evoluzione del linguaggio armonico, nel corso dei tre secoli, dalla quale scaturiva la necessità delle regole interne allo stesso. Ma la mia conoscenza di Messiaen è nata anche dalla conoscenza delle sue opere, mentre gli altri insegnanti per la ragione opposta, non esercitavano su di me che un interesse relativo. Con lui ho avuto l'opportunità di fare cosi di analisi, anche fuori del Conservatorio, su opere niente affatto rivoluzionarie, come ''Ma mère l'oye' di Ravel. Le sue analisi non erano solo precise ed intelligenti, ma anche 'inventive'. Ed io preferisco un'analisi 'falsa' ma 'inventiva' piuttosto che una 'vera' ma 'sterile'. In tali analisi si toccavano talvolta anche le sue opere. Di Messiaen, perciò, ammiro anche il coraggio di introdurci nel suo laboratorio musicale; la qual cosa, ad esempio, io non amo fare con le mie opere.
Per Webern il discorso è diverso. Ricordo ancora la sensazione di 'baratro' destata in me dall'ascolto dell'op.21. E quella sensazione di 'buco nero' era accresciuta in me anche dal fatto che non conoscendo nient'altro di Webern non potevo percorrere il suo iter compositivo. Ricordo anche una circostanza non marginale: l'esecuzione fu pessima. Ma di quella non posso incolpare gli interpreti. Cercai la partitura per rendermi conto direttamente di cose che mi sembravano non quadrare: essi suonavano senza nessun senso di continuità, ogni discorso era cancellato, sembravano dire cose senza senso. A rendere meglio l'impressione avuta al cospetto di Webern, mi è utile l'immagine di un lavoro di Genet, 'Les paravents'. Anche per Webern, come nel lavoro di Genet, occorre sfondare il paravento ed attraversarlo, come fanno al circo gli animali con il cerchio di fuoco. Non è concesso fermarsi davanti al paravento o al cerchio di fuoco ad ammirarli, occorre attraversarli. Un'impressione che, ovviamente, non ho avuto con Messiaen, il cui vocabolario mi era più vicino, più familiare, come anche le sue radici: Debussy, Berlioz. Era una tradizione che conoscevo molto bene, malgrado le innovazioni ritmiche, queste sì radicali, che tutt'oggi mi impressionano ed affascinano della sua invenzione.
Webern era per me l'antidoto contro l'accademismo neoclassico di Schoenberg. E Berg il romanticismo che no accettavo più. Stravinsky aveva liquidato, distrutto questa eredità postromantica, ma io non riuscivo a guardare più in là; in Berg, soprattutto, ai problemi posti sotto la crosta del romanticismo apparente: problemi di forma, citazione, di costruzione tematica.
Si dice che oggi si assiste ad un revival del pianoforte. Lei è d'accordo?
No, e il concetto stesso di recital pianistico appartiene al secolo scorso. Assistervi è come collezionare vecchi mobili.

Lei, in particolare, che rapporti ha con il pianoforte?
Ottimi. E' stato lo strumento con il quale ho avvicinato la musica. Opggi suono il pianoforte per diletto personale e come mezzo per la composizione, anche se il mio interesse per la musica con strumenti tradizionali è scemato a vantaggio di quella elettronica. Resta comunque un compagno prezioso.

Ancora sul pianoforte. I pianisti possono ripensare, rinnovandolo, il loro ruolo di interpreti?
Nel lavoro gomito a gomito con i compositori, con reciproco scambio di idee, ipotizzo il futuro per i pianisti. Conosco naturalmente molti pianisti, fra i quali innanzitutto Maurizio Pollini che è un grandissimo pianista calato nei valori della musica d'oggi. I grandi virtuosi della tastiera non mi interessano affatto...
alors je vous remercie beaucoup, vous en savez maintenant, sur tout, sur moi aussi.