Mai e poi mai avrei pensato di fare per buona parte della mia vita il giornalista, sebbene in un settore anomalo come quello della critica musicale. Ed invece un giorno accadde che un giornalista, che avevo da poco conosciuto, mi disse che al giornale avevano bisogno di uno che si occupasse di musica - materia che io conoscevo, e perciò mi offersi. Cominciai così. Poi anche mio figlio ha fatto il giornalista: giornalista figlio di giornalista. Ma questa è l'eccezione che conferma la regola, opposta. Perché non bisogna essere figli di giornalisti per fare il giornalista, come accade, invece, in molti altri settori dove certe professioni si tramandano di padre in figlio. Basti pensare ai notai, avvocati e medici, tanto per fare qualche esempio. Perfino la professione di impiegato. Regola che vige anche alla Rai dove un padre che va in pensione, lascia il posto ad uno dei suoi figli, non importa se con mansioni diverse: magari dirigente il padre, impiegato semplice il figlio; il quale avrà tempo e modo per farsi apprezzare e raggiungere i vertici dell'azienda come suo padre.
Nel giornalismo, la regola è diversa, è tutto un altro mondo. Come, del resto, è accaduto a me, che non ero figlio di giornalista e ho fatto il giornalista. E per dimostrare ai più dubbiosi e malfidati che l'assunto corrisponde a verità, avallato dai fatti, valga l'esempio di Enrico Mentana che quando mise su il TG5, prese fra i tanti giornalisti della redazione due aspiranti giornaliste che con tale mestiere nessun membro delle loro famiglie aveva nulla a che fare, signorine 'nessuno' che si chiamavano Scalfari e Forcella.
Perciò chi vuol fare il giornalista non si perda d'animo e si faccia avanti.
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