venerdì 28 febbraio 2014

Guerra anche a Muti

Forte della dichiarazione di Pappano, secondo il quale per mandare avanti un teatro ci vuole un direttore musicale e un lavoro di gruppo, Valerio Cappelli, dopo essere stato bacchettato da Riccardo Muti ritenutosi  strumentalizzato dal giornalista  che aveva riportato dichiarazioni che egli non gli aveva formalmente rilasciato, muove guerra anche al grande direttore, scrivendo che l'Opera di Roma ha bisogno di un 'direttore musicale' presente ogni giorno sul campo, capace anche di creare uno spirito di corpo, che un direttore come Muti, presente per due o tre titoli al massimo per stagione non può assicurare. Solo che fino a qualche mese fa, prima che si facesse vivo Marino - la cui presenza nella Capitale nessuno ha ancora notato salvo che per le buche, le strade dissestate ed il perenne disaccordo con il suo assessore alla cultura, Barca - che deve allentare i cordoni della borsa per finanziare lautamente ed anche immeritatamente, diciamolo con franchezza ! , l'Opera di Roma,  la presenza taumaturgica del grande direttore per sette/otto settimane circa a stagione,bastava. Adesso,  almeno per Cappelli, non basta più e perciò egli reclama la presenza salvatrice - questa più reale - di un direttore musicale.
 In questo ha ragione, ma noi continuiamo a non capire perchè questo non lo scriveva anche prima; come del resto non scriveva di quella pagliacciata festivaliera, che il suo amico Alessio Vlad, d'accordo certamente con Muti, voleva inventarsi per Caracalla, facendo crollare gli incassi da botteghino che sono la ragione preminente per una stagione all'aria aperta, d'estate, ed in un sito archeologico straordinario. Forse perchè l'amico Vlad vi ha fatto rappresentare anche la sua ( di Cappelli, intendiamo) pièce su Carlos Keiber? E su quella sua presenza in cartellone, non era anche d'accordo De Martino che per tanti anni il Cappelli ha lodato e solo quando la realtà lo stava facendo precipitare, ha cominciato a criticare?
 Guardando al futuro. Ora l'Opera di Roma ha un sovrintendente che s'intende della materia - non come De Martino,  debuttante nel ruolo - si chiama Fuortes e potrebbe nei prossimi mesi, a seconda di come si metteranno le cose, lasciare 'Musica per Roma', dopo dieci anni e passa di permanenza, per la nuova esperienza dell'Opera, ben più impegnativa. E probabilmente, lo farà da solo, perché già in queste prime settimane s'è reso conto che l'Opera non è il Petruzzelli e neppure una seconda azienda che può esser gestita assieme all'Auditorium che, ormai, la sua strada  ce l'ha segnata.
 Poi però ci vorrebbe un direttore artistico che affianchi il direttore musicale. La scelta del direttore musicale non è certo facile, forse è la più difficile; certamente più difficile di quella, conseguente, di un direttore artistico, o segretario artistico che dir si voglia. Ma questa è la strada giusta. E Alessio Vlad non può restare al suo posto, deve andar via con tutta la vecchia compagnia. A questo punto andrebbe via anche Muti? E perchè?
Muti allora avrebbe quel ruolo che  il suo incarico di 'direttore onorario a vita' rispecchia, cioè quello di ciliegina sulla torta; mentre ora si ha la ciliegina, ma la torta non c'è ancora.
 Ma forse anche Cappelli voleva dire questo.

giovedì 27 febbraio 2014

Il menestrello ha superato quota 10.000

Con una media  di quasi 1500 visite al mese, il nostro blog ha superato quota diecimila visite., con alcune punte davvero impressionanti per un blog che si occupa di cose musicali, come oggi che, alle 20, ha già avuto 133 visite. un record che forse  aumenterà ancora entro mezzanotte. La cosa ci riempie di soddisfazione e ci fa anche pensare che sempre più navigatori sono interessati a leggere cose che nei giornali non si leggono più da tempo. Se solo pensiamo alle vicende degli ultimi anni  dell'Opera di Roma, ci rendiamo conto - come se ne rendono perfettamente conto i nostri più assidui lettori - che ci sono stati  illeciti di cui i giornali 'fiancheggiatori' hanno taciuto,  decidendo di tacere, per non  disturbare il manovratore incapace che ha portato il teatro sull'orlo del fallimento.
 Comunque noi continuamo ad esser del parere che nella gestione Alemanno(Vespa)De Martino c'è un peccato originale dei tre, quello di aver in fondo fatto di tutto per tenersi Muti, senza badare a ciò che gli succedeva intorno, e che si è rivelato  essere molto grave. E a Muti, pur di averlo, nessuno ha mai rimproverato la sua marcia indietro sulla primitiva decisione di assumere l'incarico di 'direttore musicale'  - come aveva dichiarato anche a noi nel corso di una intervista che abbiamo pubblicato sul mensile CLASS - e dal quale poi s'è sfilato, evidentemente perchè qualcosa non è andato per il suo  (di Muti) verso.  Quella storia non è del tutto chiara e nessuno s'è preso la briga di chiarirla fino in fondo.
 Passando ad altro argomento - come abbiamo fatto  già facendoci prendere la mano, mentre avevamo in mente di segnalare soltanto il traguardo raggiunto -  Repubblica e Corriere , oggi, non avevano nessuno dei due la notizia della revoca dello sciopero, su tutti ha avuto la meglio il Messaggero che, però, lasciandosi andare a briglia sciolte ha tirato in ballo la produttività di due teatri italiani, a mò di esempio e di monito per l'Opera di Roma( una a settimana, considerando che fra una produzione e l'altra passano mediamente tre o quattro settimane di inattività!), che vanta una cinquantina di alzate di sipario l'anno per l'opera: la Scala e il San Carlo, sparando a salve cifre che non stanno  né in cielo né in terra. Vien da ridere se si pensa al San Carlo che in un anno fa 180 alzate di sipario, perchè ne fa al massimo ottanta, contando anche le conferenze stampa e le prove. Come è anche  sopradimensinata la Scala della quale si citano le 260 alzate. Occhio, cara Antonucci. Sono cifre sballate.

Buffoni ed irresponsabili

Alla fine hanno capitolato. Per non fare la figura di 'merda' come si dice negli ambienti chic, le due sigle sindacali che rappresentano senza dubbio la minoranza dei lavoratori del teatro, non hanno sciolto la riserva relativa alle repliche dell'opera, diretta da Muti e perciò sotto i riflettori internazionali. Una vergogna. Naturalmente in tutto questo bailamme non si è sentita neanche una sillaba della Camusso, visto che il principale protagonista della sceneggiata è il suo sindacato, come non si è sentita  neanche una parola dei componenti il Consiglio di Amministrazione del Teatro, che si è chiamato fuori - PER SENSO DI RESPONASABILITA'!!! - dalla lotta. E l'una e gli altri hanno fatto davvero una bella figura.
 Ci sarebbe anche da commentare quella farsa inscenata dai sindacati scioperanti che inneggiavano al loro amore per Muti - bel modo di dimostrarlo - come anche la denuncia, da parte dello stesso sindacato scioperante, che oscuri personaggi  vorrebbero portar via dall'Opera di Roma, strappandoglielo, il maestro Muti. Ci vuole davvero la faccia. diciamolo apertamente la faccia 'di culo'.
 I sindacati, se vogliono difendere i pensionati ed i prepensionati del teatro, previsti dal piano messo a punto da Fuortes ( in tutto 65 lavoratori), inducano a  parlare i diretti interessati; non crediamo alla  loro finta di essere interessati alle sorti future dei lavoratori del teatro. Stanno mentendo.
 E poi, se hanno ricevuto assicurazione che neanche un Euro dei loro compensi sarà toccato, perchè si oppongono all'aumento di produttività, vista la scandalosa, bassissima produttività di questi ultimi anni del teatro della capitale?
IL tempo dei privilegi  e delle ruberie, ove vengano accertate, è DEFINITIVAMENTE FINITO. La smettano di far finta di non essersene accorti. La situazione del paese è quella che tutti conosciamo,  può essere che solo i rappresentanti sindacali non  se ne rendano conto? Risulta che a scioperare siano state le prime parti dell'orchestra, quelli cioè che hanno sicuramente stipendi fin troppo alti rispetto al  basso grado di produzione del teatro.
 Alla fine della storia, tutto questo casino - è evidente - ha creato un clima di tensione che potrebbe influire sull'esito della prima di questa sera. E per questo dobbiamo ringraziare i sindacati, i quali hanno rinunciato allo sciopero senza che il sindaco li abbia ricevuti, come ci risulta, come loro avevano espressamente richiesto, condizionando la revoca delle sciopero a tale incontro. BUFFONI.

martedì 25 febbraio 2014

Famo a' capisse

Letta l'intervista di Cappelli a Muti, apparsa sul Corriere, abbiamo scritto di getto, ma qualche giorno dopo ci siamo dovuti correggere, per aver letto - questa volta sui siti del teatro e del maestro - che lui non aveva fatto nessuna dichiarazione a Cappelli, il quale ne avrebbe riferito, arbitrariamente, virgolettando frasi ed espressioni. Ed avevamo, dall'alto dei nostri anni di professione, stigmatizzato il malcostume di inventarsi le interviste, mettendo insieme frasi tratte da precedenti dichiarazioni, spacciate per l'ennesima volta come nuove, aggiungendovi solo mezza frase nuova davvero. Chi legge i giornali, anche i grandi giornali, sa bene quanto questo malcostume sia diffuso, diffusissimo.
 Oggi, infine, tutti i giornali, in coro e  all'unisono, riportano le medesime frasi che Muti aveva dichiarato di non aver mai detto,  definendole addirittura 'destabilizzanti', attribuendole al Maestro - come aveva fatto Cappelli, da Muti sconfessato. Scrivono che il Maestro, che ha continuato a fare regolarmente le prove della 'Manon', ha detto ad orchestrali e coristi che se continuano con questi scioperi, lui se ne va. Esattamente ciò che aveva scritto Cappelli. 'Famo a'capisse' - si dice a Roma: o le ha dette o non le ha dette; se le ha dette pubblicamente solo l'altro ieri, mentre in privato le aveva dette qualche giorno prima, la sostanza delle dichiarazioni non cambia. Probabilmente quelle rivelazioni mal digerite dai musicisti  sono servite agli stessi per cercare di stanare Muti e farlo venire allo scoperto. Ma lui ha dichiarato di volersi tenere fuori dalla mischia. Il casino dell'Opera è riuscito a stanare anche Alemanno che ha cantato, senza pudore, la sua gestione, dimenticando il piccolo particolare che se il teatro sta andando  a picco e rischia di affondare si deve proprio a lui, che ora si propone come 'salvatore e difensore dell'Opera'.
 Oggi a mezzogiorno, c'è stata la conferenza stampa degli scioperanti - che tutti i giornali sempre all'unisono quantificano in poche decine, su quasi cinquecento unità - a quanto ammontano i dipendenti del teatro. Non ne consociamo l'esito, ma i toni fanno presagire la catastrofe, del resto  annunciata come ormai prossima dal sovrintendente Fuortes che gli scioperanti dicono di non riconoscere.
 Il terremoto che sta squassando il Teatro dell'Opera di Roma ha prodotto già alcuni effetti esterni, uno su tutti balza subito agli occhi. Rita Sala, la nostra invidiatissima collega, 'Mutologa' del Messaggero, dopo aver cantato per qualche anno un eroe di cartapesta, come De Martino, ha rimesso ad altri colleghi la sua esclusiva  di 'Mutologa' . Negli altri giornali le cose sembrano invece andare sempre per lo stesso verso. Repubblica fa il solito panegirico non solo di Muti ma anche della Muti; e il Corriere torna con fosche previsioni a parlare del teatro che, per anni, ha cantato  e dei dirigenti che ha osannato.  Ed aggiunge una ricetta, estorta a Pappano, secondo il quale per mandare avanti un teatro ci vuole un 'direttore musicale' e un 'lavoro d'insieme', che l'Opera non ha; e  ciò vale anche per  il ruolo di Muti che non è direttore musicale, bensì 'direttore onorario a vita', dizione sulla quale solo noi abbiamo più volte scherzato, anzi ironizzato.

lunedì 24 febbraio 2014

Idonea per ciascun commissario. Non idonea per tutti

Bene ha fatto Gian Antonio Stella ( Sette del 21.2.2014) a segnalare l'anomalia di quanto accaduto a Elisa Bonacina, 39 anni, archeologa, che attendeva il via libera di una apposita commissione per partecipare ad un concorso per un posto di professore associato. La commissione, come stabilito  non ricordiamo da quale cavolo di ministro - ma forse è la solita Gelmini che ha rivoluzionato l'istruzione a tutti i livelli in Italia, distruggendola - deve sancire l'idoneità dei candidati a partecipare al concorso, sulla base  di titoli ed esperienze  scientifiche previste. I cinque  componenti la commissione le concedono sulla base delle sue credenziali scientifiche, la idoneità; ciascuno per sé, a fine indagine i cinque devono redigere un giudizio complessivo ed unico sulla base dei giudizi dei singoli. per la commissione ministeriali, cinque idoneità non fanno una idoneità sola. Dunque, a maggioranza, la Bonacina viene ritenuta non idonea. Ci vorrebbe la magistratura, conclude Gian Antonio Stella, Ed ha ragione. Secondo noi, ci vorrebbero i carabinieri.
Ma i carabinieri non  vanno chiamati solo per questo caso, perché di casi simili, di commissioni create ad hoc per promuovere tizio o caio, sono piene le cronache universitarie italiane e la cronaca nera di tanti giornali, senza che nessuno faccia nulla, ministero compreso, altrimenti le cose andrebbero diversamente. Sono state nel tempo denunciate commissioni pilotate;  candidati promossi ,indipendentemente dai titoli presentati; vincitori i cui nomi erano noti prima ancora di qualunque esame...  Infiniti casi, senza che nulla si faccia per stroncare questo ignobile malcostume.
Anni fa segnalammo il caso di una insegnante, moglie di un musicista, candidata con altri ad un posto di professore associato presso uan Università italiana, nota per gli studi musicali. La signora, candidata assieme ad altri, fu giudicata idonea a maggioranza, da una  commissione strutturata in maniera da garantire alla signora il posto di associato; e, ottenutolo, il presidente della commissione, noto musicologo, subito dopo, venne compensato dal di lei marito con una 'lectio magistralis' pagata profumatamente ( 70.000 Euro!!!) con soldi pubblici, trattandosi di una istituzione finanziata dallo Stato. Se qualcuno andasse a mettere il naso in quello come anche in tanti altri concorsi chissà di fronte a quante sorprese si troverebbe.
Come tante sorprese verrebbero fuori se si prendesse in esame  l'esorbitante numero di cattedre create ad hoc, per avere in università il notabile del momento. Parliamo naurtalmente,per esemplificare, dell'ambiente musicale. Tanti sovrintendenti, divenuti tali per grazia ricevuta, vanno ad insegnare all'Università come si amministra 'male' una istituzione. De Martino, un caso per tutti, insegnava in un master al Conservatorio di Santa Cecilia, come si amministra una fondazione lirica, e forse la stessa materia la insegnava anche in una delle cinquanta università romane. Una cattedra non si nega a nessuno.
 La stessa solfa regola numerosi altri settori in Italia, come quello dei direttori degli istituti di cultura all'estero. Il ministero, per avere mano libera e fare il buono e cattivo tempo, specie per molti istituti non di prima fascia,  si appella alla 'chiara fama'. Ora se si guarda semplicemente l'elenco dei direttori per 'chiara fama', verrebbe voglia di portare detto elenco in caserma per far fare una indagine sul conto di ciascuno. Ultimissima: all'Istituto di Los Angeles è stato nominato direttore un ginecologo. Il nostro paese NON CAMBIERA' MAI.

domenica 23 febbraio 2014

A proposito della Messa in si minore di Bach diretta da Pappano

Lo spettacolo, indimenticabile, di una grande sala piena di pubblico di ogni età  ( anche se in prevalenza ultracinquantenne) che ascolta, con interesse ed attenzione, un monumento della musica di tutti i tempi, nonostante la  sua durata complessiva - senza intervallo, quasi due ore di musica - ci fa ancora  ben sperare per l'Italia e per la musica in Italia. Come ci fa sperare, in generale e per un diverso profilo, anche la presenza in sala della presidente del Brasile, inducendoci perfino ad essere convinti che se pure la vecchia Europa un giorno collasserà, non sapendo  nutrirsi dei suoi tesori, ci sarà sempre qualcuno del nuovo mondo che lo farà. Cambiamo per un momento registro.
Anche ieri sera abbiamo notato - sfogliando il programma di sala, che riproduceva note abbastanza dozzinali sulla Messa in si minore di Bach, mentre avrebbe potuto riportare  note scritte in altre occasioni e da autori con ben altra competenza - che nelle indicazioni bibliografiche suggerite dai 'bravi' e 'corretti' autori, sebbene poco competenti, si continua con l'ostracismo nei confronti  di un musicologo atipico ma competentissimo come Piero Buscaroli che su Bach ha scritto un poderoso volume, come ha anche fatto su Beethoven. Sull'uno e sull'altro l'Accademia ne ignora regolarmente la fatica per ragioni che sarebbe ora troppo lungo spiegare, e che ci costringerebbero a gettare fango sull'immagine di una istituzione storica che fa differenza se uno studio  reca la firma di tizio o di caio, come se nella ricerca musicologica il valore si avesse a misurare dalla persona che la compie, dalle sue appartenenze ideologiche o, perfino, dai buoni o cattivi rapporti che egli ha con la dirigenza dell'Accademia che impartisce ordini in tal senso ai curatori dei programmi di sala. Parlare di simili bassezze ci fa un pò senso prima di  riferire di un capolavoro di musica, pensiero e religione, che ci rapisce inesorabilmente e ci conduce ad altezze vertiginose, ma sentiamo di doverlo ancora una volta  fare,  almeno fino a quando le cose non cambieranno.  Ed ora torniamo alla Messa di Bach e a Pappano che l'ha diretta.
Egli, mantenendo le promesse, è tornato a Bach, alla Messa in si minore, dopo la Passione secondo Matteo presentata l'anno scorso. E, tornandovi, ha esibito maggiore profondità di pensiero e più sicurezza stilistica, di quanto non ne avesse già mostrate con la Passione. A dimostrazione che la Messa, sebbene presentata dopo anni e anni di carriera, è stata fin dalla sua gioventù - come ebbe a dichiarare - ogni giorno sul suo leggio di musicista.
Dovrebbe apparire la Messa, con il suo testo, per la maggior parte dogmatico, ostico ad ogni irrorazione di calore e sentimento. Ed invece no. Bach, profondamente immerso nella spiritualità luterana, coglie nel testo liturgico i momenti di riflessione, meditazione, contrizione e si apre alla loro espressione sincera, non trascurando neanche quelle circostanze in cui  la retorica della musica può dare una mano all'arida enunciazione della fede cristiana, a cominciare dal sentitissimo, implorante Christe affidato alle due voci femminili, le straordinarie Lucy Crowe e Sara Mingardo, alla quale ultima, per l'invocazione dell'Agnus Dei, spetta la palma della migliore interprete della serata. Mentre gli interpreti maschili, Kurt Streit e John Relyea, meno in evidenza,  sono, comunque, apparsi a posto.
Pappano, colto il disegno generale della Messa, ha voluto poi sbalzare ogni particolare con il  più adatto rilievo. Alle parti corali, solitamente ricorrenti a conclusione delle varie parti, ha impresso un ritmo ed una andatura come si conviene ad un 'finale' che volge inesorabilmente al termine - e del resto le parti conclusive del Gloria e del Credo a ciò si prestavano. Ma  analoga posizione ha assunto nel grande Kyrie iniziale - con la caratura emotiva di una supplica corale a mezza voce - e per il Sanctus,  riconoscimento della grandiosa inavvicinabilità della santità di Dio.
La Messa ha rivelato tutti  i suoi numerosi altri tesori, primo fra tutti quelli che coincidono con  il nucleo centrale del Credo e della fede cristiana che racconta della passione, morte e resurrezione di Cristo.
L'Orchestra dell'Accademia, ridotta  nelle dimensioni ma efficientissima nella prestazione, ha seguito Pappano con  fedeltà e slancio. Una  citazione particolare  meritano le prime parti ( oboe, fagotto,violoncello, flauto, corno,organo) particolarmente impegnate nella 'concertazione' con i solisti  vocali, come anche la spalla, nuova di zecca, il giovane Roberto Gonzales-Monjas, ed ancor più il coro, istruito da Ciro Visco, chiamato qui ad un compito  non indifferente ed in un repertorio che non fa parte del suo DNA, più in sintonia con il sinfonismo dell'Otto-Novecento.
La serata si è naturalmente conclusa con un diluvio lunghissimo di applausi.

sabato 22 febbraio 2014

In Brasile non amano solo il carnevale.La presidente ascolta Bach in concerto ma Roma

Dilma Rousseff, la presidente del Brasile è a Roma in questi giorni.  Questa sera , come un qualunque cittadino, ha colto l'occasione ed è venuta all'Auditorium, nella Sala Santa Cecilia, ad ascoltare la Messa in si minore di Bach diretta da Tony Pappano.
Domani cercheremo di raccogliere qualche nostra riflessione sulla magnifica esecuzione di Pappano,  che ci è parsa addirittura  più meditata  e più riuscita della stessa Passione secondo matteo, diretta l'anno scorso. Ve l'immaginate Renzi che arriva all'Auditorium per ascoltare la medesima Messa? Neanche dopo che sarà  caduta la torre di Pisa, Renzi prenderà una simile decisione.
Ci hanno raccontato, mentre commentavamo la presenza della presidente brasiliana, che quattro anni fa, il giorno della reinaugurazione del Teatro San Carlo, dopo accurati restauri, erano a Napoli il Presidente Napolitano ed il Presidente Berlusconi. Chiunque di noi, in un paese normale quale noi non siamo però, immagina che i due presidenti si fossero recati a Napoli per la medesima ragione: partecipare al concerto inaugurale dello storico teatro napoletano. Sì, ambedue i presidenti andarono a teatro quella sera, ma Napolitano andò al San Carlo; mentre Berlusconi preferì andare in un altro teatro dove si dava il musical.
 Non vi venga in mente di pensare che ora le cose cambieranno, con Renzi. Sotto questo profilo sono tutti uguali, analfabeti ugualmente, sia Berlusconi che Renzi. E lo stesso discorso vale per Monti, nonostante il milanese bocconiano non manchi mai la Scala a Sant'Ambrogio, come per Letta nipote. La musica non è mai entrata nei loro orizzonti e  men che meno è stata mai fra i loro interessi. Per fortuna che gli ultimi due Presidenti della Repubblica, Ciampi e Napolitano, ci stanno tirando su il morale.

venerdì 21 febbraio 2014

Riccardo o dell'ultima spiaggia

Lo abbiamo detto e ridetto, scritto e riscritto. L'Opera di Roma non è il Petruzzelli di Bari, e Fuortes non avrà a Roma mano libera come a Bari, dove ha potuto mettere in piedi un teatro praticamente inesistente, partendo da zero e, apparentemente, senza grandi intralci. A Roma, uno dei teatri con un organico fra i più folti, ma con la produzione fra le più basse - capito Alemanno? - anche il buon amministratore Fuortes ha vita difficile. Perchè c'è un sindacato, anzi più sindacati che si fanno guerra  anche fra loro, annebbiando ancora di più un paesaggio nel quale già in condizioni normali non è facile trovare la strada giusta.
 E per questo,  tramite il solito Cappelli del 'Corriere',  Riccardo (Muti) manda i suoi avvertimenti all'orchestra ed al coro.  Se continuate con scioperi, veri o minacciati, io me ne vado. Dove, maestro? Sì c'è anche questo rebus. Perché se Muti avesse pronto un altro posto dove andare  e all'altezza del suo nome, ma in Italia, se ne sarebbe già andato.
 Ma l'avvertimento di Muti sta anche a dirci che Fuortes potrebbe arrendersi non riuscendo a governare il Teatro, troppo conflittuale e incapace di reagire alla crisi che le stesse maestranze hanno contribuito ad aggravare con il loro complice silenzio. In special modo quando, negli anni di De Martino, hanno taciuto per godere dei benefici, piccoli, che hanno portato a questo disastro, grande.
 Il Teatro dell'Opera di Roma è chiaro che non potrà fallire, sarebbe l'ennesima vergogna  e la beffa dopo il danno; perciò troveranno sempre il modo di tirarlo fuori dai guai, non si sa a quale prezzo.
Ma l'unica salvezza del teatro si chiama Riccardo Muti, Fuortes non può che fare il bravo ragioniere, controllando ogni volta i conti e dicendo, quando necessario, qualche no!
 A meno che, sull'onda delle fusioni fra istituzioni romane, come sembra stiano pensando di fare  Santa Cecilia e l'Accademia Filarmonica, non si pensi ad una fusione fra l'Opera di Roma e Musica per Roma che hanno già in comune  l'amministratore/sovrintendente e non è detto che non posano avere a breve anche la squadretta che Fuortes ha fatto spostare da Roma a Bari, ed ora ha  fatto rientrare alla base, perché lui senza la squadretta - qualche volta è davvero 'etta'- non si muove mai, perché nella musica non sa mettere insieme un 'do con un re'.
Se l'Opera di Roma si fondesse con Musica per Roma, cercata la nuova denominazione, si coronerebbe finalmente,  benchè a partita finita, un sogno di Alemanno:costruire nelle caserme di Via Guido Reni un teatro d'opera, da usare come seconda sala del Teatro dell'Opera (perchè insufficiente a contenere lo strabordante pubblico!!!) dandola in gestione a Musica per Roma che, pur avendo tre sale di diverse dimensioni,  non ne ha nessuna per ospitare il melodramma. Ma c'era una seconda ragione dietro il progetto di Alemanno, come s'è scoperto alla fine del suo mandato. In quel nuovo teatro d'opera, lontano dal Costanzi, ci voleva mandare  le poltrone del Costanzi, sbullonate, ad ogni recita,  per non mostrare al pubblico i vistosi vuoti, e consentire ai giornali  'amici' del teatro di gridare al 'teatro esaurito'.
 Riccardo Muti ha smentito Valerio Cappelli per le dichiarazioni attribuitegli, dichiarandole destabilizzanti e  mai uscite dalla sua bocca. Ed ha anche aggiunto che il costume di  far apparire come interviste regolarmente rilasciate, dichiarazioni mai fatte, deve finire. Bravo, Muti. Solo che doveva dirlo prima a Cappelli, suo quasi portavoce.

Tutti piangono lacrime di coccodrillo per l'amico Gianni

Volevano farlo morire prima ancora che ciò accadesse, visto che negli ambienti a lui vicini sapevano della sua malattia che l'ha condotto alla morte l'altro ieri. Inesorabilmente. Non l'hanno fatto perché hanno pensato, sebbene cinicamente,  che di lì a poco si doveva di nuovo cercare un presidente per il Teatro di Roma? Sarebbe stata una ragione 'politica' più plausibile. No. L'hanno fatto perché di lui, ormai fuori dai giochi, non importava nulla a nessuno. Stiamo parlando di Gianni Borgna, morto a 67 anni appena,  e dei suoi assassini, politici e morali, tutti della sua area politica. Oggi, il sindaco Marino come il presidente della Regione fingono di piangere per la scomparsa dell'amico Gianni. Ma che facevano Marino, la Barca e Zingaretti nei giorni in cui Gianni, proprio lui, più volte candidato alla presidenza del Teatro di Roma, s'era dovuto sfilare dalla corsa al vertice dell'Argentina, perché stufo del 'tira e molla'  e dei 'veti incrociati' dei suoi stessi compagni di partito? Si può dire che non l'hanno aiutato a tirarsi fuori dalla malattia, come forse sarebbe potuto accadere, e che l'hanno fanno morire prima che il male se lo portasse effettivamente via? Sì, si può dire.
 Siamo convinti di ciò e possiamo scriverlo apertamente perché noi con Borgna non abbiamo mai avuto rapporti lavorativi - come del resto con nessuno dell'uno e dell'altro schieramento -  e in virtù del fatto che, considerandoci attenti osservatori - nel nostro piccolo -  ci sentiamo autorizzati a parlarne apertamente.
 Quando lo fece Alemanno, non ci rammaricammo più di tanto. Che si vuole? Arriva un nuovo sindaco e cambia le persone ai vertici delle istituzioni capitoline da esso dipendenti. Questo è uno degli aspetti del 'made in Italy' politico. A nessuno importa delle capacità e della professionalità, e meno ancora dell'onestà, dei vertici di una istituzione; ogni sindaco vuole mettere i suoi, per compensarli dei servigi resi fino all'ultimo minuto della campagna elettorale, salvo poi a scoprire, a fine mandato, che quegli amministratori sopraggiunti erano delle schifezze umane e professionali. La cronaca romana, anche recentissima, è ricca di esempi.
 Alemanno scalzò di sella ( Musica per Roma) Borgna perchè troppo segnato dalla sua appartenenza al PD. Marino non lo ha voluto perché PD, preferendogli Sinibaldi per assicurarsi la radio buona amica.
 A 'Musica per Roma', Alemanno ci mise Regina come presidente;  mentre lasciò al suo posto Fuortes, amministratore delegato. Perché Fuortes era, forse, meno segnato? Ma se Fuortes ha fatto tutta la sua carriera con Veltroni e Bettini, vogliamo dire che lui, a differenza di Borgna, non è segnato politicamente? Ciao Gianni, fatti una risata, adesso che puoi, sugli integerrimi e sinceri tuoi compagni.

martedì 18 febbraio 2014

Francesco Antonioni. In Europa lo manda Henze?

Francesco Antonioni è la seconda volta che viene eseguito in questi ultimi anni all'Accademia di Santa Cecilia. La prima, qualche anno fa in un concerto in onore di Henze che s'era portato appresso alcuni giovani compositori, da lui stimati - si disse. Il vanto che Santa Cecilia si fa da alcuni anni di  dare una mano alla musica di oggi, con l'aiuto preziosissimo di Antonio Pappano, ha del vero, ma solo in parte e merita qualche riflessione. Critica. A cominciare dalla famosa commissione ad 'Henze', giunta quasi alle soglie del decesso del musicista,  sulla quale lo stesso compositore aveva scherzato. L'Accademia lo aveva ignorato per oltre cinquant'anni, che senso aveva vantarsi di avergli commissionato un'opera ad ottanta e passa?
  Ciò che risulta comunque strano, nella politica dell'Accademia è la logica delle 'commissioni', negli ultimi anni a D'Amico, Panfili, Battistelli ed altri i cui nomi al momento non ci sovvengono, Ah, no, c'è stata anche la commissione alla Ravinale, appena entrata nel consiglio di amministrazione. Insomma giovanotti per buona parte. In musica anche i quarantenni e cinquantenni sono considerati giovani, come viene considerato Antonioni che di anni ne ha qualcuno più di quaranta.
 Il  suo brano per orchestra, 'Gli occhi che si fermano', che Pappano ha diretto all'inizio di febbraio, non è una commissione dell'Accademia, come avevamo supposto - erroneamente - bensì la prima 'romana' di una commissione fattagli  cinque anni fa dal Teatro di Cagliari, da parte del direttore artistico  Massimo Biscardi, ora sbarcato a Bari, sua terra d'origine. Terra anche di Antonioni, del quale a breve verrà eseguito un nuovo pezzo scritto per 'I solisti di Mosca' alla Camerata barese'  feudo artistico della famiglia Antonioni. A conferma che senza agganci, di qualunque genere, in Italia non si fa nulla, si resta al palo.
 L'Orchestra di santa Cecilia, guidata da Pappano, ha fatto nella settimana passata, una tournée europea, facendo ascoltare anche il brano di Antonioni. Nulla di male in sè, se si aggiunge che la benedizione di Henze in terra tedesca - la sua terra d'origine che l'ha mandato in esilio in Italia - si presume conti qualcosa.
Però il pubblico straniero, tedesco in particolare, si domanderà - forse, come ingenuamente crediamo noi -  ma chi è questo Antonioni  che l'Orchestra di Santa Cecilia porta addirittura in tournée?  Perchè in Germania sono altri i nomi dei più noti musicisti italiani che circolano regolarmente.
Le grandi orchestre  straniere in tournée portano spesso compositori nuovi  delle rispettive nazioni, ma solitamente si tratta di compositori 'residenti'. La domanda, dunque, non è priva di senso, perchè il pubblico straniero si aspetterebbe forse di ascoltare qualcuno dei  più noti musicisti italiani, quasi tutti accademici.
E, invece, sembra che le commissioni, e le conseguenti esecuzioni nei concerti dell'Accademia, siano dettate da ragioni elettorali interne, o dal gradimento o meno da parte della dirigenza o ancora dall'atteggiamento ossequioso di questo o quel musicista verso la dirigenza. Sempre quella. Le recenti lettere di accusa del Cardinale Bartolucci, scmparso nei mesi scorsi, e di altri noti Accademici, fanno pensare.
 Questo  induce ad un'altra riflessione. E cioè che in tutti questi anni l'Accademia non è riuscita a legare a sé i musicisti più noti, suoi membri, i quali si sono sempre sentiti estranei. Non c'entrano le richieste economiche dei medesimi per una commissione.  Se l'Accademia avesse legato a sé tutti i musicisti membri,  siamo certi che taluni avrebbero scritto anche gratis. Sentendosi invece quasi estranei, addirittura sgraditi, è chiaro che pretendano di essere pagati secondo il loro valore di mercato .
 Ed allora ci si rivolge ai giovani che costano  certamente meno o forse niente e che in questa maniera  si legano all'Accademia anche in funzione delle future tornate elettorali.
 Scommettete che Antonioni, sarà presentato, come vuole la consuetudine, da qualcuno alle prossime elezioni accademiche? Se già non lo è stato una prima volta.
Se si guardano i programmi degli ultimi anni, si nota che  alcuni nomi nuovi ENTRATI con  una certa frequenza nelle stagioni ( compositori o interpreti) o sono in procinto di diventare ACCADEMICI O LO SONO DIVENTATI  DA POCO.
Perchè se l'Accademia fosse veramente interessata alla sorte dei giovani musicisti, limitiamoci ai compositori, fuori da queste logiche, allora comincerebbe col dare spazio al miglior laureato del suo corso di composizione affidato a Ivan Fedele. Se non lo fa è perchè attende conferme esterne. Ma allora non  si fida del proprio fiuto poco accademico?
A proposito, perchè l'Accademia non esegue  Lucia Ronchetti che in questi ultimi anni sta conoscendo un grande successo in tutta Europa? Non ci sembra che musiche sue siano state eseguite nelle stagioni ceciliane. Se ci sbagliamo chiediamo venia, perchè  la memoria non sempre ci assiste.
P.S. Contrariamente a quanto pensavamo, il pezzo di Antonioni non è andato in tournée. Chiediamo scusa per l'imprecisione. Resta, comunque valido il discorso relativo alle carriere che si fanno solo appartenendo a consorterie. Chi  pensa di poter andare avanti da solo, sbaglia. E ciò vale in qualunque parte del mondo.  In Italia, chi solo lo pensa  è finito.

lunedì 17 febbraio 2014

Lavori in corso alla IUC. Quanto durano?

Alle norme sulla trasparenza le istituzioni musicali finanziate con soldi pubblici - e la IUC è fra queste, ricevendo un cospicuo finanziamento dal FUS - dovevano ottemperare entro il 1 febbraio; in mancanza di tale osservanza ci sarebbero ripercussioni, ovviamente negative, sul finanziamento.
La IUC , ad oggi, non ha ancora ottemperato a tale obbligo. Che aspetta?
Guardando il sito della IUC emergono alcune anomalie. Innanzitutto per beccare i nomi dei suoi attuali dirigenti occorre cliccare su 'la storia' della IUC. Nella lingua italiana il termine 'storia' vuol dire ben altra cosa. In molti siti leggiamo, più giustamente, 'amministrazione trasparente'. Di tale trasparenza la IUC evidentemente fa ancora a meno. Alla fine, quando si riesce a raggiungere l'organigramma della istituzione, si legge qualcosa di anomalo fra i nomi. Nel consiglio direttivo c'è un'Altea Fortuna; poi come direttore generale o qualcosa del genere , altra Fortuna. Ma quante Fortuna devono alloggiare dalla IUC? La IUC non è un patrimonio di famiglia, ereditato  ormai da oltre cinquant'anni. E poi nel comitato artistico si legge ancora il nome di Nicola Sani, già presidente della Fondazione Scelsi, e consulente artistico del teatro Comunale di Bologna, in quest'ultimo caso il direttore artistico meno pagato d'Italia - lo diciamo a suo merito.
 Ora cliccando sui vari nomi dell'organigramma , invece che venir fuori curriculum e compenso, compare la scritta 'Lavori in corso'. Davvero inspiegabile. Cosa devono fare i dirigenti della IUC? Aggiustare i loro compensi che potrebbero generare  qualche perplessità? Non crediamo sia lì qualche ragione del ritardo. Ed allora perchè non compaiono i loro compensi? Dovrebbero mettere quelli del 2013, già liquidati ovviamente?  Stanno sistemando quelli del 2014, omettendo quelli dell'anno precedente? E, nel frattempo si stanno chiedendo se possono farlo, per evitare confronti? Gli interrogativi, come si vede, uno dopo l'altro, è impossibile evitarli, fino a quando i dati non saranno resi noti. Allora la cosa più semplice, giusta e veloce, è PUBBLICARE senz'altra MORA i dati richiesti e prescritti dalla LEGGE. E magari  aggiungere anche qualche dato identificativo sull'Altea Fortuna.
Sabato22 febbraio, durano ancora i lavori

sabato 15 febbraio 2014

Un nuovo governo di fighette ed anche fighetti. Quando la rinuncia è una buona notizia

Che nel nuovo governo presieduto da Matteo Renzi ci fossero delle fighette ma di sinistra, era noto a quanti seguendo le cronache di queste ultime convulse giornate, hanno potuto ammirare, ad esempio, la Boschi, 'Carfagna' di sinistra ma di colore castano, il cui nome si appunta su parecchi ministeri; alcuni troppo impegnativi per un giovane avvocato (Giustizia), o altri, più calibrati per Lei, come quello delle Riforme o dei Rapporti con il Parlamento. Naturalmente la differenza  tra fighette di destra e sinistra non sta solo nella parte dell'emiciclo di Montecitorio dove  siedono. Ancora della Boschi, oltre la sua aristocratica disinvolta avvenenza, non sappiamo molto, mentre invece delle fighette di destra sappiamo quasi tutto.   Si riconoscono perchè griffate dalla testa ai piedi, disposte a lanciarsi in azioni spericolate per salvare il loro salvatore; ma anche le griffes che si sono guadagnate impegnandosi  nella lotta. Preferiscono discoteche e pub a sale da concerto e teatri, dicono di  aver visitato mostre che , invece , si sono guardate, facendole scorrere sull'iPAD. Ed, infine, che  a causa del loro dichiarato impegno in qualunque attività le venisse assegnata dal salvatore, sono state impiegate in settori di cui non conoscevano forse neanche l'esistenza, e, comunque,  quasi sempre al di là di ogni loro seppur minima competenza. Si spera, anche se  non è possibile per ora averne certezza, che il Renzi furioso le impieghi le sue fighette in ambiti in cui possono da subito ben figurare, come non sarà nel caso della povera Madia, spaesata, non timida, come qualcuno va difendendola.  Poi c'è anche da sistemare la Moretti, che dall'essere l'ombra di Bersani, neanche  un anno fa, s'è votata 'anema e core' a san Matteo fiorentino.
 Dunque per quanto nutriamo seri timori,  speriamo nel meglio.
 Dove invece non speriamo affatto nel meglio è nel settore fighetti, dati per certi nella nuova compagine governativa. I fighetti di sinistra si riconoscono perchè aborriscono le griffes e preferiscono lo stramiciamento e per questo riconoscibilissimi. E poi perchè sono sinceramente detestabili, e snob.
Da giorni  corrono sulle bocche cucite di tutti, sottovoce, alcuni nomi, per un ministero al quale siamo direttamente interessati, quello dal quale va subito  a casa Bray: il dicastero della cultura e turismo. S'erano fatti i nomi di Farinetti che sicuramente amerebbe la cultura italiana e la difenderebbe come ama e difende il Bel Paese , od anche quello di Orfini, già responsabile della cultura per  il PD che noi abbiamo ascoltato qualche mese fa in una pubblica manifestazione delle istituzioni musicali dire parole chiare, anche sulla svolta decisiva da imprimere al Ministero ( fuori Nastasi! lo disse chiaramente).
 E, invece, viene fuori il nome di Alessandro Baricco, il fighetto più snob della sinistra lontana dal potere. Non possiamo dimenticare quello che negli ultimi tempi ha scritto su 'Repubblica', a proposito delle istituzioni musicali, per le quali vanta una certa competenza,  già espressa in qualche saggio e in quelle sue trasmissioni, per superintelligenti , a Rai Tre, ' L'amore è un dardo'.
Baricco scriveva che i teatri, case del melodramma che il mondo ci invidia e per il quale soprattutto ci conosce e che, ancora oggi, ama, forse più di quanto l'amiamo noi stessi, andrebbero chiusi, perché sanno di vecchio, e quei soldi a loro destinati, tanti in  termini assoluti, girati alla televisione,  unica vera espressione di cultura popolare di oggi, come esattamente due o tre secoli fa lo fu il melodramma.
 Capito  quali chiari di luna ci attendono con il  fighetto di sinistra Baricco ministro? Noi tifiamo per Farinetti e Orfini.
 Alla fine Baricco, interpellato direttamente da Renzi, sì è chiamato fuori, rinunciando definitivamente alla sua candidatura a Ministro della cultura. Per noi è una buona notizia.

A che serve conoscere i compensi dei manager musicali?

La curiosità di sapere quanto guadagnano coloro che, in Italia, gestiscono la musica, se non porta con sè anche qualche riflessione,seguita da necessaria risoluzione, è assolutamente vana.  abbiamo, intanto, appreso che Lissner è il più pagato con oltre 500.000 Euro - più di qualunque altro manager di grande istituzione musicale in Europa - come riporta il sito del teatro milanese - a proposito di siti ve ne sono tanti di istituzioni musicali medie che ancora non si decidono  a mettere in rete i dati, come vuole la legge; che aspettano? - mentre il sito del Ministero riporta una cifra quasi doppia : 800.000 Euro  (diamo cifre arrotondate per eccesso o difetto, tanto la  solfa non cambia). Segue a ruota Bruno Cagli dell'Accademia di Santa Cecilia, con 300.000 Euro - evidentemente seccato di dover rivelare il suo compenso sinceramente enorme, ha fatto sapere che quel compenso è la somma dei compensi per le due cariche che egli riunisce nella sua persona : sovrintendente e direttore artistico. E se fosse stato anche direttore generale, avremmo avuto un'altra aggiunta? Il guaio è che, a detta del Sole 24 Ore, la direzione artistica di santa Cecilia sarebbe fra le più popolate di dirigenti e dunque in assoluto la più costosa, nonostante il direttore artistico/sovrintendente. E se fosse stato un teatro, invece che una istituzione sinfonica, quanto sarebbe costata  la nostra amata Santa Cecilia? Dopo La Scala, perciò, Santa Cecilia, almeno ora, perché se le statistiche le avessimo fatte qualche mese fa, vi avremmo messo al secondo posto l'ing. Francesca Colombo, milanese, sovrintendente al Maggio Fiorentino per volontà di Renzi e suggerimento di alcuni salotti milanesi, invisi a qualche frangia della sinistra chic, che aveva un compenso di 300.000 Euro, solo per la fare la sovrintendessa.
Dopo Milano e Roma c'è Verona: Girondini, per grazia di Tosi suo sindaco e benefattore, guadagna 250.000 Euro; subito dopo Vergnano a Torino che in una quindicina d'anni al vertice del Regio, ha raggiunto la bella somma di quasi 190.000 Euro: per anno, s'intende.
E, infine, un gruppo di sovrintendenti, a partire da quello della Fenice, Chiarot, che sta fra i 160.000 e 170.000. Il quale compenso ci sembra  adeguato alle responsabilità ed alla mole di lavoro che comporta la reggenza dei teatri - un mondo in continua fibrillazione.
Ve ne sono, ruota di scorta  virtuosa, alcuni altri il cui compenso  è ancora inferiore, solitamente si tratta di teatri che hanno bilanci disastrati, nonostante il fondo Bray e che quindi sarebbe davvero stonato se avessero al vertice un manager superpagato.
Mancano a quest'appello sommario alcuni casi.
Fuortes che dall'Opera di Roma prende solo 13.000 Euro, ma ne prende ben 230.000 da Musica per Roma;  Fontana che  al Regio di Parma ha un compenso di 140.000 Euro, nonostante che l'attività del teatro parmense sia inferiore a quella già abbastanza diradata della quasi totalità dei teatri;  e  ci manca ancora di sapere quale compenso si dà Mauro Meli che ha fatto ritorno a Cagliari,  dopo la prima esperienza conclusa su una voragine di debiti; come anche Biscardi, al Petruzzelli da pochi giorni.
Infine ci sono teatri commissariati che presentano ulteriori anomalie. A Napoli, ad esempio, c'è il Commissario (che presta la sua attività gratis) ma resistono sia sovrintendente che direttore artistico; a Palermo il Commissario lavora anch'egli gratis; mentre il Commissario di Firenze, Bianchi, voluto dal sindaco Renzi è l'unico a percepire un emolumento  pari a quello dei sovrintendenti.
Ciò detto, il costo di un sovrintendente  è quello che ci raccontano i loro compensi? Affatto. Essi godono anche di benefit non irrilevanti (casa, macchina ecc...) che vanno ad aggiungersi ai compensi e che  non si fa obbligo di dichiarare, consentendo quindi un bilancio 'falso' dei rispettivi teatri.
 I direttore artistici, altra figura apicale delle istituzioni musicali, viaggiano - almeno quelli delle istituzioni più prestigiose - fra i 130.000 e 140.000 Euro, con la sola eccezione della Fenice , il cui direttore artistico, è per lo stipendio, alla pari del sovrintendente. Gli altri un pò meno, salvo alcuni, come Bologna ,  che non arrivano  a guadagnare quella cifra, ma una molto inferiore (sui 70.000 Euro).
 Poi ci sono i capi degli  Uffici Stampa.  Diciamo che la media è di 80.000 Euro; ad eccezione di qualcheduno che guadagna molto di più,  e taluni proprio in casi in cui la buona stampa i teatri se la sono assicurata attraverso altre vie. E su questo il sovrintendente della Fenice, in una bella intervista rilasciata a Music@, ha messo in guardia dalle stagioni che si fanno belle  'con le rassegne stampa'- non sempre affidabili , voleva dire il sovrintendente veneziano - piuttosto che  con i bilanci in ordine e indici di produttività nella media dei teatri europei.
Al termine di tale fatica ragioneristica, sarebbe opportuno tirare le somme. Ma non spetta  a noi farlo, dovrebbe farlo il ministero, allineando i compensi. Non sarebbe compito neanche degli amministratori locali perché - come nel caso di Milano - sono stati loro ad offrire  il companatico a Lissner quando l'hanno voluto; e neppure i vari consigli di amministrazione che - alla stregua dei politici nostrani - si aumentano gli stipendi alla faccia del popolo che soffre ( lo fece anche l'integerrimo, venerato Luciano Berio appena insediato a santa  Cecilia, ritenendo il suo compenso, e gli annessi benefit, non all'altezza del suo rango, e senza che nessuno protestasse).
 DEVE intervenire il ministero che dà i soldi - solo il ministero può farlo -  a mettere ordine e ad allineare i compensi a quelli medi, tagliando con decisione le punte, assolutamente INGIUSTIFICATE. Lo farà? Potrà farlo il direttore generale dello Spettacolo, Nastasi, che  ha uno stipendio non lontanissimo da quello di Lissner? Il pesce, si dice, puzza dalla testa.

giovedì 13 febbraio 2014

Nazionale Accademia Filarmonica di Santa Cecilia Romana

L'annuncio è sensazionale, di quelli che uno mai avrebbe immaginato. Stanno per fondersi in una, due delle più celebri e storiche accademie musicali italiane. L'Accademia Nazionale di Santa Cecilia e l'Accademia Filarmonica Romana. Assumeranno, una volta fuse, la seguente denominazione , che non fa torto a nessuna: Nazionale Accademia Filarmonica di Santa Cecilia Romana. Nessuna delle due ha dovuto rinunciare, nella nuova denominazione che sancisce il matrimonio, neanche ad  una virgola.
Intanto s'è proceduto ad unificare i rispettivi organi di gestione, che risultano così composti:
Accademia Nazionale di Santa Cecilia
Cagli presidente;
Dall'Ongaro vicepresidente
D'Amico consigliere
Carli Ballola consigliere
Panni accademico
Baratta consigliere Amici di santa Cecilia

Accademia Filarmonica Romana
Baratta presidente
D'Amico vicepresidente
Dall'Ongaro consigliere
Carlo Ballola consigliere
Panni consigliere
Cagli accademico, già direttore artistico

Stanno trattando, per mettere in comune anche l'attuale presidente degli Amici di Santa Cecilia, che è il ministro Fabrizio Saccomanni. 
Per questo sono in atto consultazioni febbrili, perchè i consiglieri dell'Accademia Filarmonica Romana, mandano a dire ai consiglieri dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia - che sono poi gli stessi - attraverso raccomandate con ricevute di ritorno, per non essere accusati di brogli, che è loro intenzione inaugurare una 'Compagnia dell'Accademia Filarmonica Romana',  attribuendone la presidenza al Saccomanni.
 Quando anche  a questo secondo atto sarà dato corso, dopo l'unificazione degli organi di gestione, il passo successivo sarà quello di unificare le stagioni, facendo fare all'Orchestra dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia un concerto, ogni quindici giorni, al Teatro Olimpico, sede dell'ex Accademia Filarmonica Romana. Nel tal caso l'orchestra sarà diretta, oltre che da Antonio Pappano, da Marcello Panni che è 'Accademico' dell'Accademia nazionale Santa Cecilia e 'consigliere' dell'Accademia Filarmonica Romana.

mercoledì 12 febbraio 2014

Dai, Bray, facci vedere come riformi il ministero

Ieri il ministro Bray ha riunito a Roma i sovrintendenti delle fondazioni liriche italiane, quelle additate dal pubblico come spendaccione - qualche colpa, più d'una certamente ce l'hanno, ma oggi c'è poco da spendere, non si hanno neanche i soldi per pagare gli stipendi, e senza il fondo istituito dal Ministro parecchie di esse, quantomeno una bella percentuale, sarebbe stata costretta a portare i libri contabili al ministero  e chiedere il fallimento - per insegnare loro come risparmiare.  In sala riunioni hanno fatto il loro ingresso dei debuttanti: Fuortes a a capo dell'Opera di Roma; Meli tornato a dirigere il Teatro Comunale di  Cagliari - in riconoscimento della  precedente buona amministrazione; e Biscardi che dopo Cagliari a Bologna ( Orchestra Mozart) si è insediato al Petruzzelli, sulla poltrona di sovrintendente lasciata libera dal commissario Fuortes che, se fosse dipeso da lui, l'avrebbe mantenuta  accanto a quella di sovrintendente dell'Opera, come del resto continua a mantenere quella di amministratore delegato dell'Auditorium. Biscardi fra tutti è l'unico debuttante nel ruolo di amministratore, avendo sempre fatto il direttore artistico a Cagliari, dai tempi di Meli.
Naturalmente si sono parlati fra loro. Sono cominciate le grandi manovre e gli spifferi sulle prossime partenze. Lissner ormai è metà a Milano, ma l'altra metà è già a Parigi, non si porta con sé l'attuale cooordinatore artistico, mentre sta facendo lavorare  anche per Parigi 'el Greco'- così chiamato per la sua nazionalità, - l' esperto di canto, che è il vero motore della dirigenza vocale del teatro milanese.
Ma l'interesse dell'incontro stava nella rivoluzionaria proposta del ministero per far risparmiare le fondazioni. La ricetta proposta è la seguente: se voi fondazioni vi parlate fra di voi al momento della programmazione, e mettete in atto coproduzioni, risparmiate. Tutti hanno convenuto che il sistema proposto dal ministero era davvero rivoluzionario ed innovativo.
Ciò che non si è detto, ma trattasi di particolare ininfluente, è che  non si può andare avanti a spendere per gli allestimenti, dicendo che 'essendo in tanti a produrre  si risparmia'. Perchè occorre  sempre  e comunque risparmiare sugli allestimenti, sui cui costi c'è grande disparità fra teatro e teatro, dove vi sono teatri che  producono allestimenti costosissimi, ed altri che per ogni produzione  si attestano intorno ai 200.000 Euro. Così, solo così ci sarebbe un vero risparmio, in caso di coproduzione. Se invece si continua a produrre a colpi di  800.000,1.000.000 per allestimento, poco potrà fare una coproduzione,  per la voce 'abbattimento dei costi'.
Bray, appena dieci mesi dopo aver assunto l'incarico di ministro del governo Letta, fa le valigie e torna al suo lavoro precedente alla Treccani ed al Festival della Taranta, in Puglia. Buon viaggio!

Ludovica in Esposizione

 Abbiamo perso la Ludo/ l'abbiamo persa, non la troviamo/ chi la trova ci faccia sapere/ della Ludo, trallala.
 A parte il tono scherzoso della filastrocca, noi non scherziamo affatto, perchè la perdita della Ludo ci ha procurato parecchie notti insonni. La Ludo è naturalmente Ludovica Purini, figlia del famoso architetto, sposata Rossi; e chi altri se non Lei? L' abbiamo conosciuta anni fa quando  in Campidoglio si presentò  con Veltroni - più o meno una decina d'anni fa - alla vigilia della venuta a Roma di Claudio Abbado con l'Orchestra di Lucerna, per una sorta di 'Lucerna a Roma'. La Ludo,  allora una sconosciuta, aveva raccolto dalle sue amiche un pò di soldi per metterli  nella cassa di Santa Cecilia, onde far fronte alla spesa non indifferente della trasferta della grande orchestra. In concomitanza di quella sua uscita pubblica come mecenate della musica, la Ludo aveva fondato a Roma una 'Compagnia per la musica in Roma', il cui sito ufficiale a distanza di non molti anni e della poco intensa attività, è oggi in disarmo e abbandono.
Eppure la Ludo in questi anni non è stata con le mani in mano, ne ha tentate tante, anche in campi diversi.  Che vanno dall'innamoramento per la causa venezuelana di Abreu,  con le orchestre giovanili, sbocciata contemporaneamente alla passione per Abbado, poi annacquatasi; alla istituzione di un 'Concerto per l'11 settembre', allo scopo di non dimenticare - che però non ci ha fatto dimenticare neanche quella esilarante sua rappresentazione in video, sul sito della 'Compagnia per la musica' con un inglese assai improbabile,  per lanciare appelli dalle strade di New York. E poi altre esperienze, alcune non proprio esaltantti, almeno per noi, di cui ha dato spesso notizia fotografica Dagospia, nel suo irresistibile 'cafonal', a seguito delle quali avevamo dato per esaurita quella sua vena di protettrice dell'arte e delle buone cause. Invece.
 Adesso la Ludo riciccia per  tentare l'ennesima capriola: catapultarsi sulla poltrona di vertice del 'Palazzo delle Esposizioni da cui dipendono anche la 'Scuderie del Quirinale', fiore all'occhiello delle mostre a Roma. Per tale poltrona la Ludo ritiene evidentemente di avere in mano buone carte da giocare.
 Solo che  quelle sue carte pare non siano state prese in considerazione se è vero che la decisione  il  comico duo Barca-Marino, sembra averla presa, facendo sedere su quella poltrona Franco Bernabè come presidente. Il quale Bernabè ha parecchia esperienza in tale settore essendo stato al vertic delle Biennale e del MART di  Trento e Rovereto per molti anni.  Per la poltrona di direttore generale si sta  per annunciare la nomina di un tecnico nella materia propria dell'istituzione romana; e, anche per questa seconda possibilità, sembra che la Ludo non abbia in numeri per spuntarla.  Che deve fare allora la Ludo? Senza scoraggiarsi, deve attendere il  prossimo giro,  in qualunque altro campo, per giocarsi le sue belle  carte.
 P.S. La Ludovica la ritroviamo, con grande nostra sorpresa unita a incontenibile gioia, a L'Aquila nel consiglio direttivo della Società di concerti 'Barattelli', nominatavi dal Consiglio di amministrazione alla fine del 2013,  con durata biennale. Chi ce l'ha chiamata? Giorgio Battistelli. Fa figo! Perchè la Ludovica, con la sua Compagnia per la Musica in Roma, aveva finanziato (in parte) l'allora fulminante progetto di Battistelli, direttore della Biennale Musica all'epoca, di  commissionare ad un compositore inglese che fa tanto figo, Michael Nyman,  i 'Versetti lussuriosi' dell'Aretino. Che resteranno nella storia della musica, della committenza pubblica e privata.

lunedì 10 febbraio 2014

Profanata la Galleria Borghese

Qualche giorno fa su tutti i giornali trovava grande evidenza la notizia che stava nascendo una nuova associazione di mecenati allo scopo di raccogliere fondi per la Galleria Borghese - forse il più bel museo italiano - che non aveva nella sua dotazione economica i soldi per la custodia e per il restauro dei suoi meravigliosi tesori. Iniziativa lodevolissima,  avviata da una giovane signora spagnola,  naturalizzata italiana per via di matrimonio, Maite Carpio in  Bulgari, la quale  ormai va considerata a tutti gli effetti una protettrice dell 'arte in Italia. Inutile dire che in questa associazione,m come del resto nelle altre già promosse, alcune per fini caritatevoli ( Agenda Sant'Egidio) è riuscita a raccogliere molti paperoni italiani che non hanno ancora  il pelo sul cuore e riescono a fare la mossetta di mettere la mano in tasca - nella loro di  tasca - per tiravi fuori  un pò di soldi.
 Oggi però viene fuori che per la cena di inaugurazione dell'associazione, ospitata  nella galleria,  non  s'è badato a spese, addossando tubi innocenti e tende ai monumenti ed alla galleria. Una vera VERGOGNA.
Molti anni fa si gridò allo scandalo quando l'Arena allestì una rappresentazione di Aida in Egitto, nel sito delle Piramidi, senza rispettare  quei grandi monumenti, come risultò dalle foto pubblicate dai giornali, dalle quali si vedevano anche allora tubi innocenti  addossati  ai monumenti, in taluni casi anche danneggiati. Allora si gridò allo scandalo. Oggi? Ci sembra che solo Repubblica ( nella 'romana') parli dello sconcio. Gli altri tacciono per non dare del cafone e del barbaro a ciascuno degli organizzatori e dei partecipanti alla magnata, all'ombra del Museo.
 Verrebbe da chiedersi: i soldi raccolti basteranno almeno a restaurare le opere danneggiate?
 E la Coliva,  anch'ella partecipe all'Associazione, non ha nulla da dire?
 La Coliva, direttrice della Galleria Borghese,  all'indomani della denuncia, se l'è presa con Repubblica affermando che in quella serata, come in tante altre organizzate in galleria pro galleria, sono state rispettate le regole.  Vogliamo crederle.
Però ci piacerebbe sapere quanto hanno sganciato i ricconi che fanno parte dell'associazione, perché da analoghe iniziative è venuto fuori che sono quasi sempre abbastanza tirchi. E poi sarebbe interessante sapere anche chi ha curato il catering della serata. Noi un sospetto lo abbiamo. Ma è solo un sospetto e temiamo di sbagliarci, altrimenti lo diremmo.
Oggi un altro giornale torna sull'argomento, 'Il fatto quotidiano', che si scaglia contro coloro che credono di poter comprare, con i loro soldi, anche la bellezza che, invece, appartiene a tutti, ed addita alla loro attenzione la diversa cura dell'arte che si realizza in altre nazioni, dalla Francia agli Stati Uniti.

Suggerimenti di un cantastorie

Un nostro assiduo lettore ci segnala, dopo aver letto i nostri ultimi post sui compensi, alcune anomalie, anzi mancanze. Il lettore in questione è nostro confratello: un cantastorie. Ci segnala , ad esempio , che nel sito dell'Accademia Filarmonica Romana, compaiono nella sezione amministrazione trasparente, solo i dati di Baratta presidente (che prende zero Euro, forse ci si dovrà rivolgere al sito della Biennale per capire in che misura già grava sulle casse pubbliche; grava già per 130.000 Euro, non una enormità, tutti i suoi direttori artistici sono meglio compensati ed anche il direttore generale. Ma vuoi mettere il presidente) e di Cesare Mazzonis che prende un'elemosina ( 7.000 Euro) e ci dice come mai non ci sono i dati del direttore generale della produzione e dell'assistente alla direzione artistica, citando nomi e cognomi degli interessati, presenti nell'organigramma  e assenti nel settore dell'amministrazione. Già, come mai, presidente Baratta?
 E poi ci consiglia di guardare il sito della IUC, altra benemerita storica istituzione musicale della capitale. Lì, addirittura, la pagina dell'amministrazione trasparente è in 'CONTRUZIONE' (crasi di : confusione e costruzione?). Nell'organigramma si notano  due 'Fortuna' presenti. Una non bastava? Giusta osservazione.
 Siamo poi andati a vedere altri siti importanti per constatare de visu se le rispettive istituzioni avevano ottemperato alla legge che prescriveva la pubblicazione entro il 1 febbraio.  Va sottolineato che in alcune di esse, la voce 'amministrazione trasparente' è messa  in maniera da risultare il meno visibile, ma poi i dati ci sono: ad esempio GOG genovese, Unione musicale Torino, Amici della Musica Perugia, i compensi dei rispettivi direttore artistici( Borgonovo, Pugliaro, Batisti)  vanno da 51 a 57 mila Euro annui. Compensi , possiamo dire equi, se uno fa veramente il direttore artistico ed è impegnato  nella formulazione del calendario ed anche nella organizzazione dei singoli concerti.
 Ma navigando da un sito all'altro, si scoprono delle anomalie. Ad esempio, a Bologna, Gavazzeni , critico musicale de Il Giornale, sul quale anche noi abbiamo scritto per oltre un decennio, riceve oltre 30.000 Euro come compenso per la cura dei programmi di sala. Ciò che ci colpisce è però il fatto che lui fa di mestiere il critico musicale, il che a noi sembra una'anomalia. Faccia il musicologo per il teatro o il critico per Il Giornale, non tutt'e due le cose.
E ciò riporta a galla un problema che da sempre abbiamo sollevato: e cioè la situazione anomala  di coloro che fanno contemporaneamente due mestieri in evidente conflitto di interessi, perché sarebbe come se uno facesse contemporaneamente il medico ed il becchino, senza che nessuno dei rappresentanti delle due onorevoli professioni si offenda.
 Ma tutto questo accade perchè il Ministero emana leggi e regolamenti e poi non controlla. Quante sono ancora le istituzioni che non hanno pubblicato tali dati? che si aspetta a dire a coloro che non l'hanno fatto entro il 1 febbraio,  che quest'anno non avranno diritto a ricevere lo stesso finanziamento dell'anno passato. Almeno una multa, altrimenti la solita storia delle leggi che esistono, ma che nessuno fa osservare. E in Italia questo è un costume antico.

domenica 9 febbraio 2014

Nastasi lo smemorato. Muti e Abbado, ancora fratelli

Chi glielo ha chiesto? Nastasi senza essere interrogato - 'excusatio non petita, accusatio manifesta', dicevano i latini - precisa,  a Valerio Cappelli sul 'Corriere' di oggi, che l'Orchestra Cherubini riceve dal ministero identico contributo dell'Orchestra Mozart, cioè 300.000 Euro.  Come a dire, non c'è mai stato nessun occhio di riguardo o preferenza per l'una o l'altra orchestra, naturalmente sempre a favore di quella di Muti, la Cherubini. Falso! Oggi è così, ma non lo è stato sempre. In anni passati, la Cherubini  veniva finanziata con ben altri soldi, anche con il contributo di ARCUS, mentre la Mozart prendeva, quando le prendeva, le briciole che cadevano dalla tavola del Ministero, imbandita per Nastasi e soci. Oggi la Mozart è in grave difficoltà, semplicemente perchè la sua esistenza era troppo legata ad Abbado, alla cui morte - ma il dramma si presentò già in tutta la sua tragicità,  al ricomparire in maniera violenta della sua malattia - una  sentenza di chiusura definitiva sembrerebbe pendere anche sulla testa della povera 'Mozart'. Insomma  data la instabilità di questi organismi non è automatico che 'morto un direttore se ne fa un altro' come avviene in ben altri ambienti, dove  immediatamente sostituiscono il defunto regnante, e non è raro che il sostituto sia migliore del sostituito.
 La notizia di oggi è che Muti dirigerà, il prossimo 30 giugno, un concerto in ricordo di Claudio Abbado, a Ravenna, nel festival di sua (di Muti) moglie Cristina, il Ravenna Festival, mettendo inseme  la Cherubini e la Mozart, come del resto aveva lasciato fare ad Abbado qualche anno fa quando gli aveva imprestato la sua Cherubini per il 'Te Deum' di Berlioz.
 Possiamo parlare in tutta sincerità, senza inutili pudori , come richiederebbe, secondo un galateo di maniera, la memoria del defunto direttore? Se questo fair play i due direttori l'avessero mostrato da sempre, se ne sarebbe avvantaggiata la vita musicale e i giovani componenti delle due compagini orchestrali, ma anche i giornali, almeno i più idioti - che sono la maggioranza -  che non avrebbero più avuto giustificazione alcuna per il tempo perso a ricamare sopra  le invidiuzze dei due.
 Ai quali, senza mezzi termini,  va  detto che quel loro slancio verso i giovani, avrebbero deivuto indirizzarlo anche altrove,  spingendoli  a  salire almeno una volta, sul podio, ad esempio, dell'Orchestra 'Verdi', la gloriosa orchestra di Milano ( che sia Abbado che Muti conoscevano bene!) fondata da Delman, negli anni  duri che ha attraversato in passato. I giovani della 'Verdi' erano forse diversi da quelli della Cherubini e della Mozart? Nessuno dei due  può avere alcuna giustificazione.
 E, infine, andiamo fino in fondo:  non sarebbe stato opportuno che sia Muti che Abbado  lavorassero con le due orchestre giovanili sempre e solo GRATUITAMENTE? Forse che quei compensi erano indispensabili alla sopravvivenza?  Non sappiamo se qualche volta l'abbiano fatto. Se sì, siamo contenti e riconoscenti. Ma certamente non l'hanno fatto sempre, come ci convincono due notizie che riguardano rispettivamente l'uno e l'altro e che  ci sono rimaste impresse - negativamente - nella memoria.
A Roma Muti diresse un concerto al Senato alcuni anni fa. Era a Vienna per le 'Nozze' mozartiane, un aereo privato lo prelevò condusse a Roma e lo riportò a Vienna. Si scrisse che quel concerto costò la bellezza di 300.000 Euro. Una bella sommetta! Andò  all'orchestra ed a sostenere le spese?
Sempre alcuni anni fa - lo scrisse L'Unità - Abbado diresse a Bologna i 'Brandeburghesi' e il  suo cachet era di 100.000 Euro.
 Ciò non ci impedisce di riconoscere ad Abbado il nobile gesto di devolvere alla Scuola di Musica di Fiesole il suo vitalizio di senatore a vita, sebbene giunto quando ormai le  sue condizioni di salute facevano temere  il peggio.

sabato 8 febbraio 2014

De Martino via. Emma Dante professore. La brutta storia del Palladium. Biscardi a Bari. Saggese e il ballerino. Letto sulla stampa di domenica 9 febbraio 2014

Possiamo dirlo che la notizia del licenziamento di De Martino dall'Opera di Roma  ci può far sperare che giustizia si può fare, almeno in qualche caso? De Martino all'indomani della sua 'cacciata' come Sovrintendente - al suo posto arrivò Fuortes - riprese il suo ruolo di direttore generale, incarico che aveva al suo arrivo nel teatro, prima di essere nominato sovrintendente, con la benedizione di Alemanno ed anche Muti - diciamola tutta. Il suo nuovo contratto, quinquennale, prevedeva il compenso annuo di 180.000 Euro. In cinque anni, per fare due conti, l'Opera al dissipatore di fondi pubblici (10 milioni ed oltre di deficit nel solo esercizio 2013) assicurava  emolumenti per quasi 1 milione di Euro. Bella ricompensa! Ora De Martino va a casa, e dovrà cercarsi un altro lavoro. Quei compensi chi glieli dà, dopo Alemanno?  Ma come ha fatto a fare quel buco enorme ?  Portavoce Cappelli ( Corriere della Sera): 'Ci sono state scelte artistiche sbagliate, come il giovanile 'Rienzi' wagneriano'.  Le scelte artistiche sbagliate e l'amministrazione allegra erano tante;
andrebbe riesaminata l'intera gestione, e le consulenze inutili e costose, cui in questi ultimi giorni i sindacati fanno riferimento. Adesso Fuortes può lavorare senza sentirsi sul collo il fiato del 'deficitatore', e l'insulto della sua presenza in teatro, nonostante i danni procurati. Ora dovrebbero cadere anche altre teste, come il direttore artistico, e Muti deve convincersi che avere al fianco persone competenti ed autonome in fondo porta acqua al suo mulino. Purchè Fuortes non faccia arrivare anche a Roma, come ha fatto a Bari, la  compagnia di giro che si porta dietro dappertutto. Teme  di avere un calo di rendimento da solo, o in ambiente che reputa ostile.
 A Bari, Petruzzelli, è prevalsa la scelta 'pugliese', con la nomina di Biscardi  di Monopoli, a sovrintendente, debuttante in tale ruolo. Biscardi per anni, forse più di un decennio, è stato direttore artistico a Cagliari, e negli ultimi tempi ha lavorato a fianco di  Abbado con la Mozart ( forse un suggerimento di Meli, amico del maestro e compagno di lavoro in gioventù della figlia  del maestro, Alessandra, e sovrintende a Cagliari un tempo, con Biscardi direttore artistico, ora tornato per la seconda volta sul luogo del delitto:deficit).
 Si è dato, finalmente, a Dante, Emma ciò che le spetta. Insegnare teatro nella sua città, Palermo, dove la precedente amministrazione l'aveva praticamente dimenticata, anzi esclusa. Forse  sarà una delle cose buone  per ricordare  il sindaco Orlando; e forse riuscirà a farci dimenticare il probabile imminente ritorno del suo assessore Giambrone al timone del Teatro Massimo, dove era già stato già sovrintendente nella precedente amministrazione Orlando.
 Il Palladium senza soldi che licenzia dalla direzione artistica la Fondazione RomaEuropa (Grifasi-Veaute), nelle stesse giornate in cui Emma Dante presenta il suo ultimo spettacolo è una brutta storia. Non ci sono soldi, il teatro torna a Roma Tre che ne è la proprietaria; poi, dal cilindro della Regione ( Assessorato alla formazione) sbuca fuori una dotazione per aprirvi una scuola.  RomaEuropa commenta 'che scuola?', e sfodera i  numeri delle sua passata positiva gestione.  Assicurazioni  per il futuro, promesse sia dalla Regione che dal Comune, il cui assessore Barca, è il principale imputato di questa come di tante altre criticità culturali della Capitale. Sembra una storia , brutta bruttissima, tutta interna alla sinistra. Mentre - ci è concesso un piccolo suggerimento? - non sarebbe ora che anche nelle istituzioni culturali della città, come RomaEuropa ed altre , ci fosse un ricambio al vertice? Mica possono credersi eterni.
 Infine Saggese. per via del ballerino di tango scritturato per far danzare  nell'aria i futuri astronauti. E' una delle tante troppe anomalie dell'ASI ( Agenzia Spaziale Italiana)  presieduta dall'ingegnere elettronico Saggese, del quale abbiamo appreso dai giornali che deve la sua nomina all'amicizia, nata sui banchi di scuola, con Maurizio Gasparri. Sì, lui che fa nominare il capo dell'ASI  che, a sua volta dà da mangiare a tutti gli  amici, e spende a spande soldi pubblici. Ma non bastava mantenere  Gasparri, del quale non abbiamo ancora capito che ruolo (mestiare) svolga, ci voleva anche Saggese? Anche lui dimesso.

giovedì 6 febbraio 2014

Il giallo del compenso di Lissner alla Scala. Ed altri gialli

Insomma a fine giornata, ieri, il giallo del compenso di Stéphane Lissner alla Scala non è giunto a soluzione. Il Corriere della Sera riportava la  ragguardevole cifra di Euro 507.000; Il Messaggero ( fonte MIBACT), invece, la sbalorditiva cifra di 817.000 Euro. Non serve chiedersi  da dove è venuta la cifra pubblicata sul sito del Ministero. Dalla Scala. Perché, allora, dalla Scala - fonte del Corriere - dicono 507.000?
 Il problema è che , se anche quella del Ministero fosse esagerata, addirittura errata, quella che avrebbe fornito la Scala al Corriere sarebbe ugualmente errata. Perché, è bene ricordarlo, quando  nell'estate del 2012 si parlò del compenso di Lissner, che aveva fatto il beau geste di autoridursi lo stipendio, venne fuori che le due voci del suo stipendio erano 450.000 +150.000 Euro. Dunque 600.000 Euro, centesimo più centesimo meno. Questo s'era venuto a sapere da una intervista della Aspesi -  da sempre avvocato d'ufficio di Lissner - al Sovrintendente . Il quale, dicendo ancora qualche inesatteza, dichiarava che 'il suo compenso per le mansioni di sovrintendente e direttore artistico, ammontava a Euro 14.500 Euro netti mensili. E che il 1.000.000 di Euro circa, di cui s'era parlato, lui non l'aveva mai visto. E rispondeva piccato a coloro i quali -  tra cui Formigoni, quello delle vacanze pagate, delle ville comprate a saldo e  di tutte le altre irregolarità che pian piano sarebbero venute fuori dalle indagini della magistratura - denunciavano che il suo stipendio era troppo alto, che quello stipendio era stato concordato ( proposto? almeno avallato) da Regione (Formigoni), Provincia e Comune ( Moratti) all'atto della sua chiamata a Milano. Dunque avevano tutti, compreso Formigoni, buone ragioni per tacere.
 Bando a queste questioni che tuttavia non sono secondarie perché gettano non poche ombre sulla correttezza dei comportamenti e delle dichiarazioni pubbliche, è bene ricordare che il suo predecessore al timone del Piermarini, e cioè Carlo Fontana, aveva uno stipendio annuo di 180.000 Euro. Tre volte meno di Lissner o addirittura cinque. Poi Lissner ha una macchina ( giustificazione: è offerta dalla BMW per farsi pubblicità) ed ha un bell'appartamento in centro a Milano , costo 85.000 Euro (  giustificazione:lo hanno tutti quelli che vengono a lavorare a Milano da fuori.  Chi non vorrebbe andare a lavorare alla Scala, a queste condizioni?). Il problema dell'appartamento , o dell'hotel - la cosa non cambia - che non compare nei compensi dei supermanager riguarda tutti coloro i quali sono chiamati a lavorare in una città lontana da quella di residenza).
Va ricordato anche che Lissner è il più pagato sovrintendente fra i più grande teatri d'Europa,  ed è secondo solo a Peter Gelb del Metropolitan di New York che guadagna 1.400.000 dollari ( ma il MET è finanziato da privati, che è una differenza sostanziale). Nicolas Joel ( Parigi) guadagna 360.000; Tony Hall (Londra ) 205.000 sterline; Dominique Meyer ( Vienna) 260.000; Gérard Mortier ( Madrid) 250.000 (questi dati vennero raccolti nell'estate del 2012). Da non dimenticare che si tratta dei maggiori e forse  unici, grandi teatri europei, quelli delle capitali, e non di uno dei tanti finanziati con soldi pubblici come avviene in Italia, dove  non è facile venire a capo delle ragioni per cui c'è enorme disparità fra i compensi  da teatro a teatro?
 Perchè, si dirà, specie in una situazione di grave crisi proprio dell'intero settore, Lissner, Cagli, ( fino a pochi mesi fa avremmo dovuto metterci la Colombo che, a Firenze, aveva uno stipendio di 300.000 Euro),Girondini, e mettiamoci anche Fuortes ( Auditorium di Roma) devono esser più pagati degli altri? Perchè non si sono autoridotti gli stipendi,  crisi perdurando? Non sono interrogativi moralistici, semplicemente frutto di consapevolezza ed anche di civile buon senso.
Quei compensi sono da mettere in relazione all'entità dei bilanci degli enti? No.  Delle responsabilità ? Neppure. Dei risultati? Manco a dirlo. Anzi, quando i supermanager vanno via dopo aver fatto danni, si trova sempre qualche paracadute per premiarli (il caso di De Martino all'Opera di Roma GRIDA VENDETTA. Ma si tratta solo del caso più fresco, nel recente passato nessuna azione di responsabilità è stata promossa, ad esempio, contro Lanza Tomasi, Giambrone, Colombo,Tutino - sono quelli che ci vengono in mente - che hanno abbandonato i rispettivi timoni  poco prima che  le loro navi musicali affondassero.
 Insomma non ci sono parametri in base ai quali quantificare i rispettivi compensi; e il Ministero e l'infaticabile ed inaffondabile Nastasi, direttore generale, non sembra vogliano porvi rimedio. Qualche ragione forse c'è. Ad esempio, la  giovane moglie del direttore generale Nastasi, da lui messa a guidare il Museo del Teatro San Carlo, pare percepisca uno stipendio di 6.000 Euro ( fonte: Dagospia, sempre informata) che è più o meno lo stipendio che prende Nicola Sani, nelle sue funzioni di direttore artistico al Comunale di Bologna, potrebbe essere una ragione, seppur piccola? Al ministro ed al suo direttore generale sembra normale una cosa simile? Un altro caso. Pensate voi che uno, uno solo dei direttori delle nostre grandi biblioteche nazionali abbia lo stesso stipendio di Annalisa Bini che ha un incarico simile,ma nella più ridotta Accademia di santa Cecilia, e cioè 105.000 Euro annui?
 Il principio malsano alla base di questi anomali compensi è il medesimo sul quale hanno basato il loro futuro coloro i quali, anche per breve tempo, occupano cariche politiche.  Chi ha avuto quella fortuna, a differenza di tutti i poveri cristi di tutte le categorie, non avrà più problemi economici, perchè quelli lo Stato  crede di doverglieli risolvere in partenza. Anzi, se non lo Stato in prima persona,  se li risolvono gli stessi amministratori che, con l'avallo dei rispettivi CdA, si danno quei compensi.

mercoledì 5 febbraio 2014

Ricominciamo da Caracalla

 Ricominceremo da Caracalla. Detto così - esattamente come l'ha detto il nuovo sovrintendente dell'Opera Fuortes, indicando da dove vuole cominciare la rivoluzione che renderà il suo teatro
'più grande e più bello che pria' - sembra che voglia affidarsi al mestiere più antico del mondo per rimpinguare le casse del teatro, giacché Caracalla voleva dire...quando noi eravamo ragazzi, voleva dire a quei tempi 'puttane', adesso  non sappiamo.
Fatto sta che Fuortes vuole rivoluzionare Caracalla, tornando all'antico, a quella grande platea popolare, che può rendere  in una città come Roma che ha  d'estate tanti turisti, molti dei quali mettono nel pacchetto viaggi, una sera a Caracalla, per vedere ed ascoltare l'opera, in uno scenario  che non ha pari al mondo,  e se non più bello perfino dell'Arena di verona, senz'altro più suggestivo.
 Chi infatti frequenta Caracalla  sa che ogni sera giungono fiumane di spettatori, in parte italiani della provincia, ma in buona parte  anche stranieri. Secondo Fuortes quella platea di 4000 posti può essere aumentata. Per fare cosa se poi non si è  in grado di riempirla?  L'estate scorsa, a fronte di una ventina di serate, vi sono stati 40.000 spettatori in tutto, quando avrebbero potuto essercene  sulle 80.000.
 Ma Caracalla, le grandiose terme romane, non rappresentava l'opera popolare un tempo, da quando nel '37 venne utilizzata la prima volta per spettacoli d'opera?
 Caracalla era nata come  vasta arena estiva popolare. E, diciamo che a questa vocazione non era venuta mai meno, neanche quando aveva dovuto traslocare il suo palcoscenico per non recare offesa al monumento.
Poi è arrivata la svolta intellettuale, dell'epoca Vlad, Alessio, avallata da Muti, senza il  cui assenso  nulla si fa in teatro, anche quando lui è a Chicago. Quando Vlad annunciò l'intento di trasformare Caracalla in un festival chic, noi obiettammo che caracalla Cra un'altra cosa. E infatti s'è visto. Nonostante i proclami  dell'ufficio stampa, cantore delle gesta di De Martino, amplificate da Corriere e Messaggero, le stagioni alle terme sono state  disastrose sotto il profilo delle entrate; ancor più disastrose quando hanno voluto presentare spettacoli che con le terme operistiche non avevano nulla da spartire: Monteverdi/Battistelli/Martone; Pucell/Muti Chiara; Kleiber/Cappelli/Pizzi. Spettacoli costosi, in un ambiente delle terme raccolto per un pubblico che in tutte le recite non arrivava complessivamente neanche a duemila unità.
 Un analogo esperimento, abortito per fortuna, lo volle impiantare all'Arena di Verona Giorgio Battistelli, ora nel CdA dell'Opera, e all'epoca direttore artistico. Basta con gli spettacoli popolari, aveva detto. Che peccato, anche intelligenze sopraffine non capiscono che la vocazione di un luogo non può esser tradita, pena disastri finanziari. L'Arena ebbe fortuna, perchè Battistelli se ne andò quasi subito, mentre Vlad resta all'Opera. Ma Fuortes ha la forza per far sconfessare a Vlad e allo stesso Muti  la  fallimentare svolta chic di Caracalla? Sarà in grado di approntare in tempo un  cartellone che ben si adatti allo spettacolo all'aperto, fra rovine monumentali? I titoli che piacciono tanto a Vlad e che sono onnipresenti nella stagione al Costanzi, dove non sembra che funzionino , perchè al Costanzi tutto funziona  solo quando c'è Muti sul podio - troppo poco! -  devono girare alla larga da Caracalla.
 E, comunque, ci sembra che Fuortes sia tuttora incapace di fare un piano di riforme,  e che giri alla larga dall'argomento centrale che è la stagione teatrale, il cartellone, i costi.

Dopo di noi tutti i giornali

Il 'Menestrello' ha fatto centro, precedendo tutti. Il 2 e 3 febbraio, con due e tre giorni di anticipo sulla stampa nazionale, ha sollevato il problema delle enormi disparità dei compensi dei vertici delle nostre istituzioni musicali,  oggi resi accessibili a chiunque, in base alla legge che impone la trasparenza,  e alla quale fino a quando abbiamo scritto noi, non avevano ancora ottemperato nè la Scala nè l'Opera di Roma, per fermarci alle due più importanti.
 E comunque, benché obbligatoriamente accessibili a tutti, non è facile reperirli questi dati, perchè ci sono sempre mille trucchetti precauzionali per non venirne a capo. La Scala ad esempio, mette tutta la sezione 'Amministrazione trasparente' all'interno di un'Area 'RISERVATA', per il cui accesso richiedono nome  e cognome, carta di credito, fedina penale ed altro. E allora dove sta la accessibilità gratuita per tutti, voluta dalla legge, dalla quale dipende l'erogazione dei contributi FUS?
 E poi ci sono le  mille incongruenze. A cominciare dalla Scala: quanto guadagna Lissner? Per il Corriere poco più 500.000 Euro, più benefit ( da dove ha preso la notizia? Dal sito riservato del teatro?)Per il Messaggero che ha dichiarato di aver attinto dal sito del Ministero, il compenso complessivo di Lissner è di oltre 800.000 Euro. A chi credere?
E non è l'unica anomalia, ve ne sono numerose altre. L'Accademia di Santa Cecilia, più della Scala, ha una direzione artistica superafollata e dunque la più costosa in assoluto.
C'è anche l'anomalia  dei commissari: nei teatri dove attualmente sono impegnati (Palermo e Napoli) non hanno compensi, a Firenze invece, quello nominato da Renzi ha un compenso di 103.000 Euro. Diciamo che in queste ore i singoli teatri, anche a seguito delle lettura dei compensi dei dirigenti degli altri teatri, diciamo che si stanno sistemando la faccia per non apparire per quello che sono, cioè un  pò troppo ESOSI.
Ancora, a Napoli, dove lavora la sig.ra Nastasi - Minoli di nascita, figlia della coppia Minoli/Bernabei - il suo nome non risulta fra i 'dirigenti del teatro, alla stregua - ad esempio - di Laura Valente, dell'ufficio stampa. Eppure avrebbe uno stipendio di 6.000 Euro ( secondo Dagospia); non sarà che a Napoli pagano con questa cifra gli uscieri e perciò Lei non è nominata Lei che fa la dirigente? perchè allora viene pagata come un usciere?
 Come si può vedere perfino il direttore generale dello Spettacolo, Salvo Nastasi, per quel che riguarda l'incarico di sua moglie al San Carlo- CHE GLI PROCURATO LUI QUANDO ERA COMMISSARIO!!!! - è  entrato in confusione.

martedì 4 febbraio 2014

Pronto? Chi è? Fuortes. Auditorium o Opera? Opera. Scusi, Auditorium

D'ora in avanti chi telefonerà a nome di Fuortes a chicchessia - o Fuortes stesso in persona  - dovrà specificare se  chiama a nome di Fuortes-Auditorium o Fuortes-Opera. E se non farà in tempo a specificarlo prima, sarà l'interlocutore dell'ambasciatore di Fuortes a domandarlo, per capire di cosa  si intende parlare.
 Non si tratta naturalmente di un problema di poco conto, e meno ancora di pura formalità. Siamo in presenza di un caso anomalo sotto tutti gli aspetti ed anche - forse - di dubbia regolarità. Se Fuortes vuole fare bene il Sovrintendente, e dovrà farlo, altrimenti la sua stella oggi brillantissima si spegnerà, avrebbe bisogno di giornate lunghe 48 ore, in modo da dedicarne la metà all'Opera e l'altra all'Auditorium. Ma come può pensare un manager serio come lui di poter reggere due entità che hanno bisogno di presenza costante, e di energie fresche e vigili?
Per questo non si comprendono le dichiarazioni  rassicuranti del Sovrintendente/Amministratore delegato  in questo doppio impegnativo incarico, nella medesima città, ed in due istituzioni, diciamo così, in concorrenza ( ma quest'ultimo elemento è il meno importante) sulla compatibilità degli incarichi medesimi, che anzi egli trova quasi normali. I quali incarichi vanno ad aggiungersi anche ad altri (Federculture, IZI spa di cui è presidente ecc...). Temiamo che possa non reggere allo stress di una vita passata da una sovrintendenza all'altra, senza un attimo di riposo. Dirà Fuortes che l'ha già fatto  affiancando a Roma Bari. Già, è vero, ma Roma ( Opera) non è Bari (Petruzzelli), dove non s'è capito in quali acque abbia lasciato il teatro, se si parla di deficit e dell'adesione alla legge Bray.
 Noi abbiamo un sospetto che non abbiamo timore a manifestare. Fuortes vede la sua poltrona all'Opera, sulla quale si è appena seduto per una sfida non certo facile che potrebbe perfino vincere - glielo concediamo ed auguriamo in tutta sincerità! - traballare, ed allora non ha voluto mollare - come sarebbe stato naturale - 'Musica per Roma' o Auditorium che dir si voglia, per timore di restare, in caso di fuga notturna inseguito da chi ha riposto in lui eccessiva fiducia, oltre che senza l'Opera anche senza l'Auditorium. Ma questo è un gioco sporco.
 Non può costituire un merito per lui il fatto che dall'Opera percepirà un compenso minimo ( 13.000 Euro in un anno) che però va ad aggiungersi ai 230.000 del suo incarico all'Auditorium. Si adoperi, invece, da subito, per mandare a casa De Martino Catello (San Catello è il protettore di Salerno, patria del nostro), che sarebbe dovuto andare, per sua iniziativa, a casa da molto tempo ed invece è ancora all'Opera e guadagna la non irrisoria cifra di 180.000 Euro, il più alto compenso fra i dirigenti del teatro romano, e che meriterebbe un buon amministratore, come lui non è stato.
 Infine, Fuortes venendo via da Bari ha fatto agli amministratori cittadini - ora, in verità c'è anche il nuovo coniglio di amministrazione - il nome di Gaston Founier-Facio, coordinatore artistico alla Scala, come suo possibile successore. Ci meraviglia che Fuortes  non sappia che il coordinatore artistico è un lavoro del tutto diverso da quello del sovrintendente. E, allora,  perchè l'ha suggerito?

lunedì 3 febbraio 2014

I benemeriti della 'Musica italiana'onlus

 Tutti a dire che in Italia con la musica ci si arricchisce.  Lo dicono se non proprio tutti, in tanti dopo aver letto quanto guadagnano i dirigenti  massimi delle nostre più prestigiose istituzioni musicali, facendo un lavoro fra i più entusiasmanti del mondo che ora si scopre essere anche fra quelli meglio retribuiti,  se si eccettuano i grandi magnaccia di Stato. Questi guadagnano certo dieci volte e più dei nostri dirigenti musicali però fanno una vita stressante e sempre sul punto di doversi barricare nei rispettivi uffici dorati,  rincorsi dai loro dipendenti armati di spranghe e bastoni.
Ad onor del vero ciò è accaduto anche a qualche sovrintendente. L'ultimo caso che ricordiamo, di pochissimi anni fa, fu quello di Tutino , al Teatro Comunale di Bologna. Alla fine se ne dovette andare, ma il Ministero premiò la sua fedeltà al dicastero, chiamandolo a far parte di una sua commissione centrale. Stop, perchè ora siamo andati, presi dalla foga, fuori tema.
Torniamo a bomba, per rendere merito ed onore ai nostri volontari della onlus 'Musica italiana' - senza scopo di lucro.
 Abbiamo  saputo dalla rete che riporta tali cifre che Cesare Mazzonis attuale direttore artistico  della Orchestra sinfonica nazionale della Rai con sede a Torino, per il suo - secondo - incarico: direttore artistico della Filarmonica Romana, riceve il compenso di Euro 7.000 netti fino a tutto febbraio 2014. Un direttore così tutti lo cercano: ha un gran nome ed una lunga esperienza, un passato nelle istituzioni più prestigiose e lavora praticamente gratis a Roma. Come anche il caso di Guido Barbieri, direttore artistico ad Ancona, presso la Società di concerti 'Michelli' , il quale si occupa della stagione di concerti per 9.000 Euro lordi a stagione, dalla Società di concerti 'Barattelli' dell'Aquila, dove Barbieri ha il medesimo e secondo incarico , non sappiamo quanto prende. Immaginiamo  su per giù quello che gli danno ad Ancona. (Anche Alessio Vlad al Teatro delle Muse di Ancona prende  'solo' 20.000 Euro - ma lì fa un'opera per stagione! - mentre non siamo riusciti a sapere quanto gli danno all'Opera di Roma e al Festival di Spoleto. E vorremmo saperlo).
 E allora  i casi sono due: o Barbieri, pur di fare esperienza di direzione artistica in previsione di traguardi futuri più remunerativi e prestigiosi, è disposto a lavorare gratis, come sta facendo; oppure  delle due stagioni, anconetana ed aquilana lui non si occupa affatto, giacché è anche occupato ad insegnare, a scrivere per 'Repubblica' ecc..,  perché sono altri ad occuparsene in sua vece, primi fra tutti i potentissimi agenti che sono, in un' Italia così concepita, i veri direttori artistici. E, di conseguenza, se pagano già gli agenti, perché le istituzioni dovrebbero pagare anche i direttori artistici?  Il caso di Mazzonis  meriterebbe una diversa riflessione, che ora non abbiamo il tempo di fare. C'è solo un piccolo problema: le stagioni sono diventate tutte uguali,  e gli artisti in circolazione sono quelli degli agenti con più potere, a danno delle facce nuove, dei più giovani e degli artisti italiani, in questi tempi di crisi i più penalizzati.  Lo andiamo dicendo da tempo senza che nessuno ci ascolti.
Un momento. Non mancano, però, quelli che si fanno pagare ancora profumatamente. Come, ci sembra, faccia Gabriele Vacis che, per dirigere 'I teatri' di Reggio Emilia  riceve un compenso di 187.200 Euro, il che ci spiega come mai il suo predecessore in quell'incarico, Daniele Abbado, di professione regista come Vacis, ha fatto di tutto per non schiodare. Ma forse Vacis, per le caratteristiche del contratto che lo lega a Reggio Emilia, se li merita tutti. E sia.

Il pianista mascherato

Il mondo intero si domanda chi è quel pianista mascherato che, nella piazza principale di Kiev, dà voce e suono alla forte protesta ucraina contro il tiranno che la governa, assente i n questi giorni dalla scena politica per malattia 'diplomatica' che il mondo intero si augura inguaribile. Chi è insomma quel pianista che suona  musica di Ludovico Einaudi, solo musica di Ludovico Einaudi? Ma è Ludovico Einaudi. Chi altri?

Nella società del 'magnamagna' e del 'fregafinchepuoi' chi conta e chi no. Quanto guadagnano i dirigenti delle fondazioni liriche italiane

Nella società del 'magnamagna' e del 'fregafinchepuoi', Marchionne è un 'figo'  e la Cattaneo è una 'sfigata', in ragione di quanto l'uno e l'altra guadagnano, anche se onestamente. Marchionne guadagna tantissimo  dunque è al vertice della considerazione di tutti i cittadini della suddetta società; la 'Cattaneo', che uno stipendio decente l'ha visto solo da quando è stata nominata da Napolitano 'senatrice a vita',  di considerazione nella suddetta società non ne riceveva affatto in tutti gli anni passati fra vetrini e microscopi a  fare ricerca medica e biologica. Nulla conta il fatto che le sue ricerche siano importanti e più produttive,  anche in prospettiva storica, di ciò che produce Marchionne. Conta il fatto che Lei agli occhi di tutti valeva poco. E perchè, direte? Perchè nella suddetta società se guadagni molto sei qualcuno; se guadagni poco o pochissimo sei come una merda, ci si perdoni il paragone.
 Ragionando secondo questa logica perversa, secondo la quale - permetteteci ancora un esempio - non c'è insegnante che valga qualcosa, pur ricoprendo un ruolo fondamentale nella società, superiore a quello di Marchionne - ne siamo profondamente convinti -  siamo andati a spulciare le classifiche dei compensi dei dirigenti delle fondazioni liriche e delle più importanti istituzioni musicali le quali tutte, secondo una recente legge, devono esporre nei propri siti, curriculum e compenso dei loro vertici, come anche dei collaboratori a vario titolo. Esulano da tale obbligo i compensi artistici. Per spiegarci meglio, prendendo un caso a tutti noto, quello di Pappano, direttore musicale dell'Accademia di Santa Cecilia. Pappano riceve un compenso complessivo per tale sua prestazione, a tale compenso vanno poi aggiunti i compensi per i singoli concerti diretti in sede e nelle tournée.
Premettiamo che a tale obbligo di legge non hanno ancora ottemperato parecchie fondazioni liriche delle 14 italiane, e devono farlo quanto prima perché da tale obbligo dipende la concessioni dei finanziamenti pubblici. Mancano all'appello: Milano (Scala), Roma ( Opera), Cagliari (Comunale), Trieste (Verdi)  e Genova ( Carlo Felice). Ancora una premessa:  esulano dai compensi menzionati i vari benefit che molti dei sovrintendenti e direttori artistici ricevono a vario titolo, quali macchina con autista, appartamento, rimborso spese di vario genere - queste ultime in linea di massima riguardano la quasi generalità dei nostri dirigenti. Nel caso della Scala ad esempio, Lissner aveva dichiarato alla Aspesi, a seguito di polemiche roventi, che lui guadagnava 400.000 Euro, ma non aveva citato i vari benefit che portano, così sembra e non è stato mai smentito, il suo costo per il teatro milanese a quasi 1 milione di Euro. Nell'elenco citeremo i compensi dei sovrintendenti e direttori artisti, ove non diversamente specificato.
 Cominciamo dall'Accademia di S.Cecilia, il cui vertice 'artistico' è affollatissimo, ed ha anche un'altra anomalia, quella che il sovrintendente è, per statuto, anche direttore artistico e che perciò- così si specifica sul sito - ha due compensi che naturalmente si sommano: Cagli, 300.000 ( 200.000+100.000); Pappano, 150.000; Bucarelli, 134.000; Dall'Ongaro, 30.000; Nicoletti, 69.000; Cupolillo, 166.000. A Santa Cecilia insomma c'è un sovrintendente-direttore artistico, un direttore musicale, un segretario artistico, un consulente della direzione artistica, un vicepresidente con incarichi nella direzione artistica, un dirigente per la produzione artistica. Basta così? A proposito dello stipendio di Cagli, sembra che l'ultimo aumento se lo sia fatto Luciano Berio e che Cagli lo abbia mantenuto, beneficiandone suo malgrado.
Nella considerazione generale, relativamente ai guadagni, dopo Cagli viene Girondini, all'Arena di Verona. Girondini, 250.000; Gavazzeni, 98.000. A seguire dobbiamo mettere Musica per Roma , dove il suo amministratore delegato Fuortes guadagna 230.000 cui  sono da aggiungere per i  mesi in cui è stato al Petruzzelli altri 48.000. Poi c'è Pimpinella, 135.000; Severini, 100.000; Pizzo, 48.000
Procediamo con ordine, decrescente. Teatro Regio di Torino. Vergnano, 187.150; Noseda 53.140.
Vergnano è fra i sovrintendenti quello che vanta la più lunga permanenza 'consecutiva' al vertice di un teatro - altrimenti lo supererebbe Cagli; e per Noseda, a quel compenso vanno aggiunti i guadagni per i singoli concerti ed opere che dirige nel corso dell'anno e nelle tournée, come per Pappano. Segue La Fenice di Venezia, l'unico teatro con bilanci solidi e programmazione davvero innovativa. Chiarot, 167.658; Ortombina, 165.000, Conte, 80.000. 
Napoli, commissariata perchè in bancarotta,  al vertice del San Carlo compensa così : Purchia, 151.678; De Vivo, 80.000. Al Comunale di Bologna: Ernani,112.246,Sani 68.640. 
Al Teatro del Maggio fiorentino, commissariato, il commissario Bianchi,103.000,Tangucci 100.000.
Petruzzelli di Bari: di Fuortes abbiamo già detto ( 48.000); Donnini 46.800;Pizzo, 10.000. Per il teatro barese sarebbero necessarie alcune spiegazioni, perchè i contratti riguardano periodi brevissimi. insomma c'è un pò di confusione sotto il cielo; e nella speranza che ci si accorga delle incongruenze, si continui a gridare nel frattempo al miracolo di aver imbandito una tavola  con  due pani e due pesci, giacchè siamo in città marina.
Per il Massimo di Palermo, commissariato, a fronte dei compensi qui di seguito riportati, va esteso il discorso già fatto per il petruzzelli di Bari. Iozzia, 60.000; Amato, 20.000.
 Citiamo , per curiosità un teatro che non è fondazione lirica, il Teatro Regio di Parma: Fontana 140.000; Arcà, 100.000, i cui compensi nonostante la più ridotta attività sono agli stessi livelli delle fondazioni liriche, anche le più attive.
C'è da aggiungere che ad eccezione del commissario messo da Renzi a Firenze, gli altri commissari lavorano gratuitamente (Palermo, Napoli).
 E per i direttori musicali, principali o stabili a seconda dei casi, Rustioni, a Bari, lo è a titolo gratuito;  stesso discorso per Matheuz a Venezia, che non è neanche citato; e forse anche per Muti , direttore 'onorario a vita', a Roma, come anche per Zubin Mehta a Firenze. Non sappiamo di Barenboim alla Scala, come anche di Luisotti a Napoli.
 Al termine di questa sufficientemente  eloquente  sequenza di cifre, si può concordare con coloro i quali sosterrebbero che chi guadagna di più vale e rende di più, oltre ad avere una responsabilità più grande? Certamente no. Perchè i vari compensi non sono mai messi in rapporto ad una buona amministrazione, perchè se così fosse, ogni volta  che un teatro viene commissariato - e i casi sono molti e ricorrenti - i resposnabili del disastro dovrebbero rispondere della loro cattiva amministrazione. Nè si può dire che i compensi vanno messi in relazione alle maggiori o minori responsabilità amministrative, se, nel caso di Cagli, abbiamo il compenso più alto per il bilancio più piccolo. E allora? Allora continua ad esserci  troppo disordine sotto il cielo della musica in Italia;  anche perchè nessuno si decide a mettere ordine.
ULTIM'ORA. Anche l'Opera di Roma ha reso noti i compensi dei suoi masismi dirigenti: Fuortes 13.000 Euro, Vlad 95.000; De Martino , mandato via da sovrintendente, ma paracadutato nell'incairico di direttore generale e del personale, ha un compneso di Euro 180.000. UNA VERGOGNA. Doivrebbe pagare aòl tetaro i dieci milioni di buco fattoi in un solo anno.

domenica 2 febbraio 2014

Amministrazione trasparente


Ogni amministrazione ha l'obbligo di pubblicare sul proprio sito istituzionale nella sezione: ‘Amministrazione trasparente’, i curricula e i compensi dei soggetti, nonché i curricula dei titolari di posizioni organizzative, redatti in conformità al vigente modello europeo. Recita così l’art. 9 comm.1e 2 del Decreto Legge n.91, dell’8 agosto 2013, divenuto Legge il 7 ottobre 2013, n.112.
 Le istituzioni finanziate con denaro pubblico, a questo punto, obbligate per legge, devono adeguarsi. Santa Cecilia che vuol continuare ad essere considerata - giustamente - ‘prima della classe’, si è subito adeguata. A questo punto devono farlo anche tutti gli altri, dalle fondazioni lirico sinfoniche a festival e istituzioni concertistiche finanziati con soldi pubblici.
 Sono esclusi da tale obbligo tutti i compensi artistici. Tanto per fare il caso di Santa Cecilia, Pappano ha uno stipendio come ‘direttore musicale’, incarico di collaborazione, ma quali siano i suoi compensi per i concerti e le tournée l’Accademia non è tenuta a rendere pubblici. Sono lì i veri guadagni per gli artisti, i compensi da direttore musicale od altro, sono puramente formali ed ininfluenti sul reddito totale degli artisti interessati. Diciamo che in questa seconda voce, molto più consistente, ha un peso il ‘mercato’ degli artisti scritturati. Anche se resta sempre valida l’accusa che tutti rivolgono all’Italia - l’ha fatto anche Pappano - e cioè che l’Italia paga molto di più delle altre nazioni i musicisti. E forse anche qui, lo Stato che finanzia, dovrebbe pretendere che si rispetti un ‘tetto’, tante volte invocato, qualche volta fatto finta di applicarlo, ma il più delle volte dimenticato. Volutamente. Gli episodi di malcostume, numerosi anche in tempi di vacche magre, tante volte sono stati segnalati e denunciati dalla stampa, ma gli organizzatori e lo stesso ministero fanno orecchie da mercante, e così tutti continuano a fare il buono e cattivo tempo, senza mai dover rendere conto a nessuno.
 Ora occorrerà mettere fine, anche seguito del caso Mastrapasqua - FINALMENTE - al malcostume dei doppi e tripli incarichi di dipendenti pubblici, non soltanto di quelli ‘apicali’, ma di tutti i dipendenti pubblici, come vuole la cosiddetta ‘Legge Brunetta’, in vigore da fine 2012, alla quale non sembra si siano ancora adeguati gli uffici pubblici che hanno dipendenti con incarichi fuori del proprio ufficio di appartenenza.
 Pensiamo - come abbiamo spesso denunciato - ai tanti, troppi insegnanti di Conservatorio che svolgono mansioni di direzione artistica o amministrativa, contro tale legge, che i dirigenti scolastici sono tenuti a far rispettare.
 Tanto per fare due esempi, romani.
 A Santa Cecilia,  Cagli prende 300.000 Euro, Pappano 150.000, Dall'Ongaro 30.000, Bucarelli 134.000, Nicoletti 69.000,Visco 166.000, Cupolillo 166 e ci fermiamo qui.
 Alla Filarmonica romana, il presidente Baratta (Biennale) non riceve compenso, mentre per  il direttore artistico si legge: 'Il  compenso del m.Cesare Mazzonis è 7.000 Euro di totale imponibile fino al 28 febbraio 2014': Chissà cosa vorrà dire. 
Dopo aver obbligato tutti alla trasparenza, occorre obbligare nuovamente tutti a non essere sibillini, criptici.
 E, infine, fatica vana a cercare i dati relativi ai compensi dei dirigenti dell'Opera di Roma. Ma presto, ne siamo sicuri, Fuortes provvederà a metterli sul sito, e magari a liberare il teatro del gruppo di servitori del precedente padrone, e magari anche del padrone stesso, come ci si augurava di recente.
 E, comunque, facendo il giro di alcuni teatri ed orchestre, si nota come alla 'trasparenza amministrativa', sono in molti ancora a non ubbidire. E il ministero dorme.