giovedì 29 ottobre 2015

Museo nazionale degli strumenti musicali di Roma. La passione continua

Eravamo rimasti al capitolo precedente della strana storia della governance del Museo degli strumenti musicali, statale, l'unico nazionale, ricchissimo di dotazioni, costretto per la scarsa attenzione dello Stato a tenere la gran parte dei suoi tesori nei magazzini.
 Al capitolo cioè che anticipava il nuovo allestimento del Museo affidato a Pier Luigi Pizzi, con modica cifra, aperto pochi anni fa e non sappiamo se ancora chiuso, noi siamo rimasti.
 La storia di quel museo  è stata sempre abbastanza ingarbugliata. Dapprima  con la direttrice dott. Cervelli - alla quale va riconosciuto il merito di averlo creato - che  lo considerava una sorta di  proprietà privata; alla cui uscita, la direzione fu affidata a persona davvero competente in materia  di conservazione e valorizzazione degli strumenti musicali, dott. Antonio Latanza. Il quale però non aveva fatto i conti con qualche potente della sovrintendenza che gli metteva continuamente il bastone fra le ruote  e  alla fine l'ha avuta vinta. All'unico direttore competente sono seguite  figure sfuocate  ed assolutamente a digiuno della materia specifica di quel museo, che è stato collegato a Castel sant'Angelo, in unica direzione.
 Negli anni, l'unica cosa che era necessario fare per dare prestigio ma anche spazio fisico, assolutamente vitale per quel museo, non è stata fatta. E la responsabilità maggiore l'ha il famoso giornalista /ministro, Alberto Ronchey, il quale destinò ad archivio del ministero, una delle palazzine del comprensorio dove si trova oggi il museo. Nessuno si rivoltò contro di lui - perchè a nessuno frega in Italia  di un museo di strumenti musicali - che anzi viene additato da tutti come il miglior ministro della cultura che l'Italia abbia mai avuto. Immaginatevi gli altri!
 Dell'allestimento affidato a Pizzi e voluto da Nastasi - che da quelle parti aveva il suo dipartimento: 'spettacolo dal vivo' del Ministero - non conosciamo l'esito.
 Oggi apprendiamo dai giornali che il ministro Franceschini ha fatto una bella infornata di direttori di musei, all'insegna della COMPETENZA. E apprendiamo anche che il nostro museo non è in cima ai pensieri del ministro; alcuni giornali non lo citano neanche - e noi stessi abbiamo faticato per trovarlo sui giornali - e quelli che lo citano lo mettono in fondo alla lista.
Alla direzione del Museo nazionale degli strumenti musicali di Piazza S.Croce in Gerusalemme di Roma, Franceschini, in nome della competenza,  ha nominato  la storica dell'Arte Sandra Suatoni, già ' Direttrice della Stamperia dell'Istituto nazionale per la Grafica', LA QUALE APPENA INSEDIATA HA FATTO SAPERE CHE SVUOTERA'  I DEPOSITI DEI PEZZI  DA RESTAURARE E RIMPIAZZERA' GLI STRUMENTI MAL RIDOTTI CON COPIE PERFETTE STAMPATE IN 3D.
 E intanto  si sta curando l'allestimento, l'ennesimo, del sito del museo.

Fermate Marino, prima che faccia altri danni.

Il sindaco dimissionario della Capitale, il dott. prof. Ignazio Marino, chirurgo di professione,  ma amministratore dilettante, che ha voluto sfidare il caso contando sul marcio che c'è in politica, dopo averle annunciate  ad ottobre, oggi, nel pomeriggio, ha ritirato le dimissioni.
'E' matto'; 'va rinchiuso' sono i commenti che si sentono maggiormente ripetere  da giorni, da quando ha fatto capire che lui non se ne sarebbe andato nonostante tutto, e che da oggi, quasi non bastassero i danni che ha fatto, altri minaccia di farne alla città - della quale evidentemente  nulla gli importa - ed al suo partito, dal quale dopo un lungo ed estenuante tiro  e molla, si è sentito definitivamente mollato, ed al quale ha giurato vendetta. Nei pochi giorni  che ci separano dal momento del dibattito in consiglio comunale,  dove con le dimissioni dei consiglieri PD, dopo che già buona parte dei suoi assessori si sono dimessi, dovrà necessariamente andare a casa, potrebbe accadere di tutto, per vendetta nei confronti del PD e di Renzi che con gli ha fatto sapere che non ha tempo da perdere per incontrarlo.
 Non serve ripetere che lui deve andare via non per gli scontrini che rappresentano la sua ennesima gaffe, bensì per il fatto che non ha saputo governare la città, facendo, male perfino più di Alemanno, che è tutto dire. Marino non vuole capire. E' per questo che andrebbe preso in custodia medica, da apposite strutture, un medico che non si cura. E quel che più preoccupa, molto più di qualunque cittadino che ha qualche problema, è che resta a capo di una città.
 Ci incuriosisce immginarlo al Verano, davanti a Papa Francesco, domenica prossima. Con quale faccia; e come potrebbe ormai presentarsi all'appuntamento del Giubileo con uno strappo così grave con il Vaticano di Bergoglio. Anche questa anomalia non capisce, al punto da fargli dire che 'fosse stato lui il papa non avrebbe fatto quella osservazione secca sul viaggio del sindaco a Filadelfia'. Che faccia tosta:' fosse stato lui il papa'... Per fortuna la Chiesa, a differenza dei cittadini che non sono  assistiti dallo Spirito santo quando scelgono i loro governanti, mai e poi mai avrebbe fatto papa Ignazio Marino.
Roma che ne ha viste di tutti i colori, non meritava di vedere anche questa sbiaditissima amministrazione Marino.

Ignazio Marino sprint. Alla fine ha messo il turbo.

Il sindaco di Roma, uscente, ha messo il turbo. Quello che non ha fatto, nè ha voluto e saputo fare ma che poteva fare, nei due anni di governo della città, vuole farlo negli ultimi giorni,  nelle utlime ore, rischiando di creare ancora problemi come non fossero sufficienti quelli creati alla città, e tenendo tutti sulla corda sulle sue vere o presunte dimissioni che ad ogni istante minaccia di ritirare.
Contro il parere del Ministero del suo amico Franceschini. che però è sposato con la sua, del sindaco, nemica Di Biase, la quale zitta zitta, ha preso una posizione dura sull'argomento che preme tanto al sindaco uscente, questi oggi porterà in giunta la pedonalizzazione completa dei Fori, comprendendovi anche la via 'dell'Impero', cioè Via dei fori imperiali.
 Marino insiste, lasciando un boccone avvelenato alla città. Perchè quasi sicuramente, se riuscirà a farlo votare dalla giunta - ma che esiste ancor una giunta se vice sindaco, Causi, assessore alla mobilità, Esposito, e  assessore ai lavori pubblici, Pucci, si sono  manifestamente sfilati e qualcun altro latita, come Sabella ? -  sarà, immediatamente dopo contestato, trattandosi di materia che va sotto una doppia responsabilità, comunale e statale.
Perchè corre tanto solo nelle ultime ore del suo mandato, mentre invece, nel caso ad esempio degli scandali agostani, se l'è presa comoda non riducendo neanche di un minuto la sua vacanza americana?
 Se non si fosse addormentato, per non vedere i mali della città, per due interi anni, forse oggi Roma non sarebbe ridotta nello stato pietoso in cui si trova in molti, quasi tutti, i settori.
 Dobbiamo tenercelo Marino solo perché ha scoperchiato la pattumiera di 'Mafia capitale'? Che , ad essere precisi, non è stato lui a scoperchiare bensì il procuratore Pignatone?
 Lui è convinto che lo si vuole dimissionario per la faccenda degli scontrini, dimostrando di non capire come precaria ed indifendibile sia la sua posizione, ma non per gli scontrini. Ciò che tentano di fargli capire tutti ( ieri sera, in casa di Causi, ci hanno provato per l'ennesima volta, sia Causi che Orfini a fargli capire che la sua corsa in  bicicletta è terminata, ma lui non solo non vede, ma finge anche di non sentire e capire), è che non ha più la fiducia dei cittadini che l'hanno votato, e che tutti quelli che l'hanno votato, ignari della sua competenza e capacità amministrativa,  non possono essere rappresentati da quei duemila sostenitori che gli hanno chiesto in piazza di restare ( si sa da chi era composto quello sparuto drappello di sostentitori? si è verificato se c'erano infiltrati che pur di recare ulteriori danni al PD si sono finti  estimatori del sindaco per il quale,  negli ultimi tempi,  a moltissimi è venuto il sospetto che abbia bisogno di cure mediche, quanto meno di sostengo psicologico?).
Come non bastasse, per domani, venerdì 30 ottobre , ha convocato una conferenza stampa a Musica per Roma - la convocazione l'ha fatta Aurelio Regina, uno dei suoi, presidente  dell'ex CDA riconfermato da Marino, appunto - per presentare il nuovo CDA, sul quale pure la sua totale inefficienza  ha fatto cadere un altro macigno, quello della nomina dell'amministratore delegato che, secondo gli esperti, non lui ma il consiglio di amministrazione avrebbe dovuto nominare. Lui se ne è partito in vacanza, il giorno in cui aveva da tempo prenotato il biglietto, se ne è fottuto di nominare il CDA ed ha creato altri pasticci, ben noti. Ora non si pone il problema che altri ne potrebbero derivare da questa ulteriore decisione dell'ultimo minuto?
 E poi il 1 novembre, chissà con quale faccia, ma con la fascia a tracolla, andrà a salutare il Papa in visita al Verano, per la commemorazione dei defunti, che nel calendario liturgico ricorre all'indomani.
Marino, per la città di Roma, per il prossimo Giubileo, ma anche per se stesso, è meglio che  vada via a riposarsi. Si prenda ora una meritata vacanza, anche lunga.

domenica 25 ottobre 2015

Dell'Utri, Galan, De Caro. Amicizie pericolose

A chi li conosce, per quanto possibile, si consiglia di evitarli. Chi? Dell'Utri, Galan, De Caro. Tutti e tre . Perchè? Una premessa su Dell'Utri.
 Dell'Utri, noto ricco bibliofilo, per un libro antico, o una edizione rara, che non ha ancora nella sua biblioteca personale, non è difficile immaginare  che sarebbe disposto a fare qualunque cosa. Anche se illegale? Non possiamo dirlo. Certo è che un collezionista di libri antichi o edizioni rare ha a che fare con il mondo dei trafficanti di libri, i quali, a loro volta, con i ladri di libri ( con falsari magari no, perchè nel settore, ve ne sono meno).
 Accade che Dell'Utri, principale di Galan quando questi lavorava in Mediaset o Pubblitalia - di ciamo  per Berlusconi,  per non  sbagliarci -  segnali a Galan, divenuto ingloriosamente ed immeritatamente ministro della Cultura, per il posto di direttore della famosa biblioteca napoletana dei Girolamini, un finto nobile,  finto professore universitario, ma competente bibliofilo, anzi ladro e trafugatore di libri, nonchè venditore illegale.
 E che Galan per la devozione che serba verso Dell'Utri, nomini il suddetto De Caro alla direzione della Biblioteca napoletana, paradiso di tutti i bibliofili del mondo, perchè scrigno di tesori editoriali unici ormai.
 E che De Caro, una volta insediatosi a Napoli per raccomandazione di Dell'Utri e nomina di Galan, di notte,  cominci a svaligiare lentamente la biblioteca, privandola delle opere conservatevi più preziose, e distribuendo tali opere nel mercato clandestino o delle aste  all'estero, da dove è stato possibile, una volta messo dietro le sbarre il ladrone De Caro, recuperare alcuni testi rarissimi, preziosissimi e perciò anche costosissimi. Alcune edizioni trafugate  rappresentavano l'unico esemplare conosciuto, ancora in circolazione.
 Di questi giorni sono due notizie che riguardano  i tre amici. Da non frequentare, se possibile.
La più esilarante  riguarda il ladro di tangenti, Galan, il quale avendo patteggiato con il tribunale, per uscire dal carcere, i domiciliari e 2.600.000 Euro di danni, ha dovuto dare al fisco la sua magnifica villa che aveva comprato appunto con i soldi delle tangenti, altrimenti con quali altri soldi? E che ti fa  il ladrone? svuota la villa anche dei termosifoni, dei camini, rendendola praticamente invendibile ed inabitabile.  Il suo avvocato l'ha difeso con la scusa 'più stronza del mondo' - direbbe Verdone. E cioè che Galan ha frainteso la direttiva dei tribunale che gli consentiva di portar via dalla villa l'intero 'arredo', nel quale -come è stato denunciato - Galan ha compreso perfino i sanitari. L'avvocato ha dovuto inventare quella scusa, per evitare a Galan, che aveva disatteso le direttive del tribunale, la galera per la seconda volta.
 Galan l'avrebbe fatto perchè ritenutosi perseguitato dalla giustizia.  Un vero dispetto, che caro gli sarebbe costato se non fose intervenuto il suo legale con quella pezza evidentemente fasulla ma utile.
 Negli stessi giorni, da una intercettazione telefonica resa nota solo ora, s'è saputo che il ladro di libri  De Caro avesse proposto a Dell'Utri due volumi di Giambattista Vico, rarissimi, con la promessa di un invito a cena. Insomma per un piatto di lenticchie. E  che la risposta di Dell'Utri, immaginabile, fose la seguente: non un invito ma due.
Quei libri, Dell'Utri si chiese da dove li  prendeva De Caro, da lui suggerito a Galan per l'incarico di direttore ai Girolamini? Non se lo chiese, nè lo chiese a De Caro, conoscendo la risposta.

sabato 24 ottobre 2015

Riccardo Muti torna a Roma per la Festa del Cinema, ma riparte subito dopo per Chicago. L'Opera di Roma non rientra (più) nei suoi progetti artistici, almeno per i prossimi anni.

'Muti e il cinema', i suoi autori preferiti, i suoi film 'cult', la musica da films, il suo autore preferito, che resta Nino Rota. Questi gli  argomenti sui quali  Antonio Monda, direttore della Festa del Cinema, ha indotto a parlare il grande direttore che torna a Roma, dopo l'addio al Teatro dell'Opera, del settembre dell'anno scorso, e senza che si intraveda , all'orizzonte, un prossimo ritorno nella capitale, nel teatro che  un tempo fu il uso, e del quale egli ancora  risulta - benché sarebbe ora di cambiare - 'direttore onorario a vita'. Un titolo semplicemente onorifico, senza senso,  al qual il teatro tiene, nonostante che Muti abbia fatto chiaramente intendere che non ha nessuna intenzione e voglia di rimetterci piede, come ha detto chiaramente a noi, subito dopo l'incontro pubblico, quando, salutandolo, gli abbiamo chiesto del suo possibile ritorno a Roma, all'Opera:" Domani torno a Chicago, dove ho la mia orchestra, una delle più grandi  del pianeta". Alla nostra insistenza per capire se è nei suoi pensieri anche futuri, un ritorno nel Teatro della Capitale, Muti ha ripetuto che ha già un'orchestra e che è una delle più belle, se non la più bella". Che altro volere? In fondo analoga risposta ha dato nelle varie occasioni in cui gli si è domandato di un suo possibile futuro ritorno a Milano, dove gli oltre dieci anni già trascorsi dalla sua uscita traumatica, dovrebbero aver lenito le ferite e smussate le angolosità nei rapporti, ed invece no, nonostante i ripetuti inviti degli ultimi mesi e la lettera di invito scritta e sottoscritta da buona parte degli orchestrali.
 Muti tornava alla festa del Cinema esattamente dieci anni dopo la precedente, alla prima edizione, quando, proprio al Teatro dell'Opera (dove fra l'altro Sean Connery ebbe un premio alla carriera, nel corso di una cerimonia  troppo paesana e scombinata) diresse la sua orchstra 'Cerubini' in un programma di musica da film di Nino Rota.
 Muti, come al solito,  da  navigato affabulatore, ha fatto uno show seguito con grande interesse e partecipazione dal pubblico venuto ad ascoltarlo in Sala Petrassi, all'Auditorium, alla vigilia della chiusura del festival cinematografico, una baraonda generale, che gli ottimisti- e noi non siamo fra questi - definiscono 'festa' di popolo.
Era venuta a salutarlo, senza però  fermarsi ad ascoltare la sua conferenza, anche una curiosa coppia di insperabili, Gianni Letta e Salvo Nastasi, il secondo amico di lunga data del direttore;  mentre fra il pubblico s'è  notato anche Alessio Vlad (e signora), attuale direttore artistico dell'Opera di Roma, in coppia con Battistelli, in quell'incarico per grazia di Muti, e che mai gli è passato per la mente di uscire dall'Opera  dopo l'abbandono di Muti. Lui  è restato, anche perchè l'occasione che un altro grande direttore  lo spinga  nella carriera, come ha voluto Muti, quando  gli capiterà più nella vita?
 Muti, stimolato da Monda, ha raccontato i film della sua vita, in cima ai quali c'è 'Dies Irae', di Dreyer, che lui vide la prima volta a Napoli, ancora ragazzo, spinto da un amico 'intellettuale' suo compagno di studi al Conservatorio, e che lasciò in lui un impressione indelebile.
 Ma prima ancora di parlare degli altri film più importanti della sua vita, fra i quali c'è ai primi posti 'Roma città aperta' di Rossellini, Monda ha mostrato al direttore una clip del film di Sorrentino, 'Youth', del quale è protagonista Michael Caine, direttore d'orchestra e compositore in pensione.  Per un episodio assai singolare: il rifiuto del  direttore compositore Caine a dirigere alcune sue musiche per la regina  d'Inghilterra, che potrebbe non essere una  invenzione del regista perchè un simile fatto, almeno una volta è accaduto davvero: maestro, ci racconti del suo rifiuto di dirigere a Buckingam Palace.
  Muti che era, all'epoca, direttore della Philharmonia Orchestra di Londra,  ricevette da Buckingam Palace l'invito a dirigere un concerto per i sessant'anni del principe Carlo, amante della musica ed egli stesso violoncellista dilettante, ma 'reale'. Il maestro concordò almeno un anno prima il programma. Ma alla vigilia del concerto, mi arrivò una lettera da 'Palace' - ha sottolineato con ironia divertita il direttore - con la quale mi si invitava a cambiare programma, perchè troppo lungo. Lo cambiai.  Ma dopo giunse una seconda lettera con un nuovo invito a cambiare, riducendolo, ancora il programma. Anche questa seconda volta Muti, anche se contrario, cambiò il programma, Alla terza, nuova richiesta, Muti seccato risponde a 'Palace': "se volete un direttore io sono pronto,  se cercate invece un intrattenitore, allora chiamate un altro".  'Palace' aveva bisogno di più tempo per  il rito dell'apertura dei sessanta pacchi regalo del principe Carlo. Sorrentino conosceva l'episodio? Forse. Muti  l'ha raccontato altre volte.
 La visione della clip finale dell'Alexander Nevsky di Ejzenstejn, con la musica di Prokofiev, altro film importante per Muti, gli  offre il destro per raccontare un altro episodio di forte impatto emotivo, accadutogli, anche questo a Londra, in occasione di una esecuzione di quella musica di Prokofiev. La scena finale è accompagnata dall'unico brano per mezzosoprano, mentre tutto il resto della cantata omonima è per coro e orchestra; una nenia funebre, mentre si vede un campo di battaglia pieno di cadaveri. In quel punto esatto, che lì era cantata da una cantante sovietica, Irina Archipova, in buoni rapporti con il regime, dalla platea si fece avanti un gruppetto di protestatari, dissidenti, gridando  'Libertà per Sharanski'. Fermai l'orchestra ed attesi che la polizia portasse fuori i protestatari. Ripresi dallo stesso punto ed ancora altri gridarono 'Libertà per Sharansky'. Ancora un pausa forzata, per fortuna la terza volta potei arrivare alla fine.  Devo confessare - dice il direttore - che quella musica non lascia indifferenti, con il suo carico di dolore, angoscia e protesta.
Poi Muti cita un film spagnolo, sconosciuto ai più, dal titolo 'El nido' del regista Arminan, nel quale - per tornare al tema dell'incontro - la musica è protagonista ed ispiratrice. Al protagonista del film,  nella testa risuona sempre una musica - nel caso specifico è 'La creazione' di Haydn - che egli, come la sentisse sempre, anzi la producesse anche, dirige, girando a cavallo nei boschi.
Dopo aver spiegato le diverse funzioni che la musica può avere nel cinema, da commento ad evocazione a sostegno ad autentica protagonista; Muti ha fatto qualche accenno polemico ai direttori d'orchestra che oggi 'sembrano nascere come funghi'. Una ragione c'è, ha spiegato: il direttore, a  differenza degli strumentisti o dei cantanti, può vendere fumo, in fondo lui dà ordini ma chi deve svolgere il lavoro, a dir il vero, è chi gli sta davanti e deve suonare, non lui.
Un secondo accenno l'ha meritato anche la musica 'contemporanea' che lui dirige regolarmente, anche a Chicago, ed ha sempre diretto - un obbligo per noi - in attesa che nasca il 'profeta', perchè purtroppo oggi la musica che si scrive muore immediatamente dopo la prima esecuzione. Il rapporto con il pubblico si è rotto da tempo, e tale vuoto l'ha riempito la musica di consumo: mentre la musica cosiddetta colta  va sempre più verso il difficile, la musica di consumo sempre più verso il facile, troppo facile, ma così è. C'è da sperare che i  numerosi innesti di popoli e tradizioni lontani da noi- s'è augurato Muti - porti nuova linfa nell'Europa che sembra ormai inaridita ed incapace di produrre qualcosa che abbia un vero seguito, e ristabilisca  i rapporti interrotti da tempo col pubblico. Applausi e saluti, dopo un'ora e mezza circa.
 Il tempo di tornare dietro le quinte, superprotetto dagli organizzatori, salire in macchina e via verso l'albergo, e la permanenza romana di Muti, alla larga dal Teatro dell'Opera, si conclude. E chissà se ci sarà un'altra volta e quando.

giovedì 22 ottobre 2015

L'ITALIETTA VOLGARE,BUGIARDA,MASCALZONA E MARIUOLA: Brunetta,Barracciu, Mastrapasqua e Saguto

Il giudice di Palermo, Saguto, una signora, accusata di amministrare i beni tolti alla criminalità con leggerezza e interesse troppo personale, in  una telefonata, a poche ore della commemorazione del giudice  Borsellino alla quale aveva partecipato, ha ingiuriato figli del giudice, dando loro della squilibrata e dell'imbecille. Colta sul fatto  prima ha negato e poi  ha tentato una scusa: è sbagliato estrapolare una espressione da un contesto, e di telefonate ne faccio talmente tante - noi aggiungiamo: per  profittare dell'incarico  di magistrato e per favorire, come sembra, anche suo marito - che forse qualche espressione un pò colorita potrebbe essermi scappata di bocca. Saguto, lei , per dirla papale papale, è una MARIUOLA, senza giri di parole  e espressioni colorite, e farebbe bene a pensare come uscire dalle vergognose irregolarità di gestione che le vengono addebitate.
Da un articolo di  Enrico Deaglio sul 'Venerdì' di oggi, apprendiamo inoltre che la MARIUOLA,  è andata a far la spesa in un supermercato di Palermo, fra quelli confiscati alla mafia e da lei amministrati, nel quale ha già lasciato un conto di oltre 18.000 Euro. Rientra nel modo tutto suo di amministrare i beni confiscati alla malavita?
L'amministratore degli amministratori, il super burocrate che ha fatto una carriera strepitosa anche perchè alle spalle aveva il solito mammasantissima - sempre lo stesso che però esce indenne  da tutte  le tempeste, con il capello perennemente a posto -  che fa di nome Mastrapasqua,  e che fino a qualche mese fa era presidente e consigliere di amministrazione di mezza Europa, dall''INPS all'Ospedale Israelitico, dall'altro ieri è ai domiciliari, dove meritava di essere da tempo. Ma solo per uno dei suoi trascorsi , quello alla presidenza dell'Ospedale, dove per ottenere dalla Regione cospicui finanziamenti,  avvertito per tempo, faceva trovare agli ispettori regionali l'ospedale  e la documentazione relativa all'attività che  vi si  svolgeva, opportunamente modificata e falsificata. Insomma era il regista del set del malaffare  della sanità romana. MASCALZONE, alto che grande manager.
Per la signora Barracciu è arrivato il momento dell verità. Si era sfilata dalle primarie del PD in Sardegna quando era emerso che nella sua precedente vita da consigliera regionale aveva scialacquato con i contributi pubblici: oltre 80.000 Euro per rimborso carburante. Da un rapido calcolo era venuto fuori che con tutto quel carburante di cui chiedeva il rimborso spese, Ella avrebbe dovuto percorrere ogni giorno, per un anno, la Sardegna da cima a fondo, andata e ritorno. Una vergogna. Renzi allora l'aveva salvata, facendola emigrare ed affidandole l'incarico di sottosegretario alla cultura, con il tacito accordo che qualora, a seguito di quelle spese, la procura cagliaritana l'avesse indagata - come ora è accaduto - lei avrebbe mollato l'incarico ministeriale. Ora se ne torna a Cagliari ed attende l'udienza in tribunale che avverrà ai primi di febbraio. BUGIARDA di una Barracciu.
E, infine, Brunetta, che non è nano solo di statura. Sul 'Mattinale' di qualche giorno fa  - il foglio di informazione  di cui ha egli la responsabilità, in quanto capogruppo in Parlamento di FI - ha pubblicato una ignobile vignetta in cui compare Maria Elena Boschi, distesa, con le gambe scoperte e sotto la scritta che suonava all'incirca: chi vuole una unione civile si faccia avanti. VOLGARE

Paolo Isotta. Con rispetto parlando

L'anticipazione di Camillo Langone ( Il Giornale.it) sul nuovo libro di Paolo Isotta, da oggi in libreria, ad un anno esatto dal precedente, e dal titolo 'Altri canti di Marte', edito ancora da Marsilio, ci aveva procurato un pò di agitazione. Perchè il giornalista, intento alla lettura del nuovo libro di Isotta, durante il viaggio di ritorno da Venezia a Parma, come egli stesso racconta, aveva immediatamente raccolto un accenno alle riviste musicali, - spregiativamente virgolettate nel testo -  con la seguente specifica che Langone riportava alla lettera:( Una parentesi  per dire che questi professori universitari - il riferimento  a Carli Ballola, Pestelli, Gallarati, ndr - per non trenta ma tre shekel collaborano con preziosi articoli a " riviste musicali" fatte da cretini o per cretini che s'intitolano "Amadeus","Classic Voice", " Piano time"...).
 Rispettando la consegna del 'voi', che mi avevate detto usarsi fra persone che si stimano, caro maestro, desidero battermi per l' esclusione di 'Piano Time' dalle "riviste musicali"  cosiddette, " fatte da cretini o per cretini", alle quali avrebbero collaborato i suddetti professori universitari, tirati in ballo per denunciarne la inadeguatezza di fronte alla monumentale opera beethoveniana di Piero Buscaroli, vostro stimatissimo amico.
 A proposito della monografia di Buscaroli, anche l'Accademia di Santa Cecilia, in occasione di esecuzioni beethoveniane, nell'era Cagli, mai  pensò di includere  quella monumentale opera musicologica fra quelle suggerite nei programmi di sala. Appena notata, la voluta colpevole dimenticanza -  più precisamente: esclusione - non mancammo di segnalarlo pubblicamente.
 Tornando alle "riviste musicali" cosiddette, vi potrebbe essere sfuggito il particolare che "Piano Time" ha cessato le pubblicazioni da oltre dieci anni, e che la nostra direzione durò dall'origine ( 1983) fino al principio del 1990. Quel che accadde a "Piano Time",  cosa vi si pubblicò, e chi collaborò per i successivi dieci anni circa, non sappiamo nè mai ci interessò.
 Ma per il periodo di nostra responsabilità dobbiamo dirvi, da 're' di tutti i cretini che scrissero su quella rivista, sotto il nostro regno, che la vostra memoria di elefante potrebbe avervi indotto a  generalizzare un episodio singolo - che abbiamo ben presente - nel quale, uno fra i detti professori e Buscaroli ebbero a dibattere, proprio a proposito di Beethoven, o di Mozart, non importa.
 Nessuno di quei professori universitari ebbe a scrivere per "Piano Time"; due di essi  in una sola occasione, che non serve  ricordare  nei particolari.
 Ciò che invece ci preme  segnalare, caro maestro, fermo restando la riconoscenza nei vostri riguardi, per un fatto di cui sappiamo entrambi e che noi non dimentichiamo, è che a quella rivista, fra i cretini che vi scrissero, anche più di una volta,  vi furono il vostro  maestro Vincenzo Vitale, il pianista Franco Mannino ed anche Piero Buscaroli che a "Piano Time", dietro nostra richiesta, destinò un lungo saggio su Furtwaegler e la 'Tetralogia' a  Roma.  Ed anche, stavamo per dimenticarlo, Francesco Nicolosi.
 Di Vincenzo Vitale, veneratissimo  vostro maestro e  nostro insostituibile consigliere, ricordiamo con grande nostalgia gli incontri che avemmo a Roma, quando ci disse che  con "Piano Time"  noi avevamo realizzato un sogno che avrebbe voluto realizzare lui , quello cioè di  fra tornare in vita la prestigiosa rivista di inizio secolo "L'Arte pianistica".  E l'apprezzamento dell'indimenticato maestro  per "Piano Time" si concretizzò quando ci fece  il preziosissimo duplice regalo - che senz'altro anche voi conoscete ed avete letto all'epoca - dei ritratti sorprendenti  di Carlo Zecchi e Vladimir Horowitz. Due capolavori. Per i quali ci viene da pensare che assieme alla musica il grande maestro vi abbia iniettato il gusto ed il dono della scrittura
 Ora non continuiamo  per non tediarvi, rubandovi altro tempo ed energia. Vi preghiamo solo di precisare alla prima occasione, al prossimo libro, che "Piano Time" non era fatto da cretini; mentre, e qui conveniamo, non  ci sentiamo di giurare che fra i lettori  non ve ne fossero. Di cretini.
Vostro Pietro Acquafredda

mercoledì 21 ottobre 2015

Processo a ERRI DE LUCA. Con un ESCAMOTAGE il tribunale non ha SABOTATO la lingua italiana.

Ancora oggi, Corrado Augias, maestro di indipendenza,  commentava negativamente la assoluzione di De Luca, da parte del tribunale di Torino, perchè 'il fatto non sussiste'. Spiegando che qualora non fosse stato del tutto scagionato non sarebbe stata impedita la libertà di pensiero e di espressione, bensì quell'invito a sabotare 'con le cesoie'  i cantieri della TAV in Val di Susa. Insomma cancellando con bianchetto le cesoie, i giudici torinesi l'hanno assolto, leggendo il verbo 'sabotare' come sinonimo di 'impedire' con ogni mezzo anche lecito. Le cesoie sono scomparse dall'intervista a De Luca che diedero corso al processo.
 Per dirla  banalmente, un 'escamotage' ha salvato De Luca, intendendo il termine di origine francese come ' trucco', 'trovata intelligente' e non piuttosto come trovata che qualche volta rasenta l'illegalità per risolvere un qualche problema.
 A noi è capitato anni fa, oltre una decina, di essere stato chiamato in giudizio da Luciano Berio, allora  all'Accademia di Santa Cecilia, perchè in un nostro articolo avevamo scritto che l'Accademia, attraverso un 'escamotage' era riuscito ad assegnare un posto ai privati nel suo CDA. E Luciano Berio e l'allora direttore generale, Di Benedetto, avevano tradotto quel termine con 'imbroglio' che è uno dei possibili significati estesi del termine francese, ma uno e non certamente il principale con il quale viene il più delle volte usato, e perciò ci avevano portato in tribunale.
 Non si giunse alla sentenza che ci sarebbe stata sicuramente favorevole - noi eravamo a conoscenza della lingua italiana più del celebre musicista, ed avevamo anche l'assistenza di uno dei più noti studi legali dell capitale, quello dell'avv. Grazia Volo - perchè Bruno Cagli successore di Berio nella sovrintendenza dell'Accademia ritirò la denuncia - cosa che più d'una volta ci ha ricordato, specie quando abbiamo scritto qualcosa non gradita su di lui.
 La sostanza era la seguente. Dopo la Legge Veltroni sulle Fondazioni lirico-sinfoniche, ci si attendeva la fila di privati come finanziatori della attività di dette istituzioni, la quale fila naturalmente non ci fu. A Santa Cecilia, per l'unico posto in CDA attribuito a privati, si misero insieme, per giungere alla quota stabilita per l'ingresso in CDA, tre o quattro big dell'economia, per raggiungerla, fra i quali anche La Repubblica. Noi scrivemmo che l'esiguità di quella quota ( in tutto 300.000 Euro, se non ci sbagliamo) avrebbe consentito anche a noi di entrare nel CDA. Era questo, secondo noi, l'escamotage: non un privato ma più privati,  con il cui contributo raggiungere la quota richiesta, e che poi si accordano per designare chi di loro entra a rappresentarli tutti  nel CDA. Se non ricordiamo male li rappresentò tutti l'avv. Vittorio Ripa di Meana.
 Come si può capire, nulla di illecito, ma certamente un atto di grande furbizia. Una trovata intelligente. Nulla di illegale. Un escamotage.

martedì 20 ottobre 2015

Wolfgang Rihm è soltanto il quarto ad aver avuto, al Festival di Salisburgo, un ' tributo senza precedenti', dopo Scelsi,Sciarrino,Varèse/Neuwirth

Nell'intervista al compositore tedesco Wolfgang Rihm, pubblicata su 'La repubblica' di oggi, l'intervistatrice incorre in un grossolano errore, quando scrive che " Nel 2010 il Festival di Salisburgo ha presentato un monumentale omaggio monografico al suo lavoro, 'Continente Rihm', un tributo senza precedenti...
 Il senza precedenti è falso. Il direttore artistico della parte concertistica del Festival di Salisburgo, Markus Hinterhauser, aveva inaugurato già nel 2007 un festival monografico, all'interno del noto festival estivo, intitolato 'Kontinent' e dedicato ad autore contemporaneo.
 Nel 2007, ci fu  il 'Kontinent Scelsi'; nel 2008 'Kontinent Sciarrino'; nel 2009 'Kontinent Varèse/Neuwirth; e solo nel 2010, 'Kontinent Rihm'.
 A Salvatore Sciarrino poi, nel 2006, andò il Musikpreis Salzburg', alla sua prima assegnazione.
 Per Leonetta Bentivoglio , autrice dell'intervista, si è trattato sicuramente di un vuoto di memoria.
  

lunedì 19 ottobre 2015

Giorgio Battistelli. Un compositore dalla memoria corta

Leggiamo dal 'Messaggero' di ieri, in una di quelle pagine 'Eventi' che non ci sono mai piaciute, per il fatto che non si limitano ad illustrare un prodotto, ma si arrischiano ad
 esaltarne  caratteristiche e  qualità miracolose - come Dulcamara nell'Elisir donizettiano! - anche quando di tali prodotti si conoscono difetti di fabbricazione, criticità ed effetti collaterali.
 Leggevamo ieri, a proposito della incipiente stagione dell'Opera di Roma che, per l'anno in corso, si è chiusa con due opere 'contemporanee ( una di Adams e l'altra di Weill-Brecht) e con un'altra contemporanea si inaugurerà prossimamente, di Henze, della iniziativa,  annunciata per maggio-giugno 2016, che reca la firma e lo stampo di Giorgio Battistelli, direttore artistico 'in seconda' dell'Opera di Roma, ingaggiato per ancorare con maggior forza la stagione del teatro al presente - che poi è un vanto di cui si pavoneggia il sovrintendente Fuortes, al quale chiediamo di farci sapere le presenze a dette rappresentazioni ( quando non sono entusiasmanti lui non le diffonde, temendo che gli si consigli di cambiar rotta!), prima che assuma anche l'incarico di sub-commissario del Comune di Roma, per il Giubileo.
 Ieri su quelle pagine del Messaggero, Giorgio Battistelli dichiarava, a proposito della sua iniziativa della prossima primavera, testualmente: "Per la prima volta nella sua storia il Teatro dell'Opera ha programmato un FESTIVAL CONTEMPORANEO ... Ci è sembrato necessario aprire una finestra su quanto accade oggi nella scena operistica proponendo anche lavori del recente passato che non sono allestiti da parecchio tempo. Mi riferisco, per esempio, alla 'Passion selon Sade' di Bussotti che proporremo in una nuova produzione".
Fin qui il Battistelli disinformato. Il quale, bastava che si fosse rivolto al suo collega  nella direzione artistica, Alessio Vlad, per sapere  che non si tratta affatto della prima volta di un 'Festival contemporaneo' all'Opera di Roma. Perchè Alessio Vlad? Perchè il figlio di Roman proprio sull'argomento ha scritto, certamente a quattro mani con il padre, un racconto sull'indimenticabile 'Festival di opere contemporanee' che ebbe luogo nientemeno che nell'autunno del 1942, proprio all'Opera di Roma, sotto l'occupazione nazista ed in piena guerra, per volontà di Tullio Serafin, caldeggiato anche da Goffredo Petrassi e Fedele d'Amico; e il Duce che  telefonò a Hitler, che parte di quella musica aveva proibito, per rassicurarlo in qualche modo (L'articolo di Alessio Vlad si legge nel catalogo della mostra ' Sotto le stelle del '44' che ebbe luogo al Palazzo delle Esposizioni di Roma nel 1994, a cinquant'anni esatti dalla Liberazione).
 In quel festival di oltre settant'anni fa, si ebbe la prima italiana del Wozzeck di Alban Berg (direttore Serafin, regista Milloss), con una recita rivolta esclusivamente ad un pubblico di operai; Belfagor di Respighi;  I capricci di Caillot di Malipiero, con scene e costumi memorabili di Enrico Prampolini; Arlecchino di Busoni; Volo di notte di Dallapiccola, Coro di morti di Petrassi in una versione scenica ec...
 Queste cose Battisetlli avrebbe dovuto sapere, nè vale  come scusante il fatto che egli  non era ancora nato - non lo eravamo neanche noi che pure ci siamo informati (e ne abbiamo già più d'un volta anche scritto), quando nel 2004, in occasione della nostra unica esperienza di 'direzione artistica', al Festival delle Nazioni di Città di Castello, organizzammo ed ospitammo una mostra dedicata esclusivamente ad Enrico Prampolini, scenografo e costumista del melodramma, il cui materiale, preziosissimo, ci fu prestato da Francesco Ernani, gratuitamente,  proveniente dall'Archivio dell'Opera di Roma.
 Strano che di tutto ciò Battistelli non sapesse nulla, quando ha fatto quelle dichiarazioni, prontamente e acriticamente - ma non gratuitamnte, s'intende  - raccolte dal Messaggero.

sabato 17 ottobre 2015

Marrazzo è tornato ed io non sono contento

Da giorni Piero Marrazzo completamente reintegrato in tv ci racconta, corrispondente da Gerusalemme, la nuova tragica intifada. E tutto sommato non la racconta male, dopo aver rinfrescato con un corso accelerato, rispolverandolo, il mestiere di cronista.
Ma non è lo stesso Marrazzo, governatore del Lazio ( per meriti televisivi, competenza zero!) che per lungo tempo si faceva portare ogni sera - ma anche di pomeriggio, se ricordiamo bene - dalla macchina di servizio, e con la scorta, nello studio-alcova di un trans, nelle cui vicinanze poi, macchina di servizio e scorta, l'attendevano, dopo che egli aveva aperto il suo cuore al suo confidente?
 Certo che è lui. Che ne è venuto alla sua professione da quel comportamento reiterato che certamente non gli fa onore, e non per ragioni moralistiche ? Punizioni? censure? Manco per sogno.
 Sua moglie, Roberta Serdoz, che, giustamente ha chiesto la separazione - e forse anche  il divorzio - ha ottenuto di essere assunta, lei precaria, al TG3, dove la Berlinguer avrebbe dovuta assumerla da prima, mentre invece l'ha fatto solo a seguito dei fatti che la riguardavano indirettamente, protagonista suo marito.
 E lui? Lui è rientrato in RAI - perchè a tutti, belli e brutti, buoni o cattivi, un incarico pubblico non gli fa perdere  il precedente posto di lavoro, anzi glielo tiene in caldo in attesa che egli schioda dalla poltrona, qualunque cosa abbia fatto. Dopo qualche inchiesta,  affidatagli più per ricordare a tutti che lui è il figlio di Giò Marrazzo che per altro,  l'hanno mandato a Gerusalemme, con un incarico di prestigio. Non basta.
Dopo la sua ingloriosa permanenza alla Regione, dal 2005 al 2009, è riuscito anche a guadagnarsi una bella pensioncina ( non così 'ina': oltre 3.000 Euro che percepisce da sei anni!)  che cumula con il ricco stipendio di corrispondente RAI a Gerusalemme; ricomincia a farsi vedere in giro anche a casa, Roma, nelle feste che raccolgono tutto il mondo che conta, esercitandosi in baciamani malandrini.
 A che altro poteva aspirare? In fondo il passaggio inglorioso in Regione è stato per lui e la sua famiglia, un AFFARE.

venerdì 16 ottobre 2015

L'esperienza Marino non è bastata al PD e a Renzi, sul punto di fare altri pasticci

Va bene, Marino non è un ladro,  ma forse un furfantello - se gli scontrini dicono il vero - che, come tanti ladruncoli da quattro soldi  va a cena con chi gli pare,  moglie e madre e famiglia comprese, e fa pagare il conto al Comune. Qualcosa di analogo, non sappiamo in quale misura, gli deve essere capitato anche in America. Comunque non conta l'ammontare della somma, che Marino appena scoperto e sul punto di farsela sotto per la figura 'di merda', ha restituito assieme alla carta di credito del Comune; ma il fatto che si sia inventato delle balle a proposito, mentre imponeva a tutti onestà intellettuale ed anche economica, e si sfilava dalla congrega che per anni, forse decenni, aveva saccheggiato Roma, in accordo anche con malavitosi e senza che il partito che ora lo censura e licenzia - soprattutto a causa degli scontrini ma anche per i sopraggiunti rapporti troppo tesi con il Vaticano, alla vigilia del Giubileo - se ne fosse mai accorto. In verità se ne era accorto da tempo, tutti sapevano, ma stavano zitti, e facevano affari. Sporchi.
 Marino continua a fare come se fosse ancora il sindaco, e lancia l'ennesimo  sasso  con la pedonalizzazione completa dei Fori e strade circostanti, anche contro il parere del Consiglio superiore dei Beni culturali, del Ministero, che su tale proposta, presa in esame da tempo, aveva espresso parere negativo.
 Insomma Marino che dovrebbe starsene, se crede anche nel suo ufficio,   e comunque in qualunque posto con la coda fra le gambe, continua a far danni e non dice una sola parola a proposito dell'ultimo incidente della metropolitana. Lui si sfila senza pudore dalle sue responsabilità.
 Tutto questo avrebbe dovuto insegnare al PD romano ed a Renzi che un chirurgo che magari sa squartare e ricucire dopo aver tolto il bubbone e far guarire l'ammalato, non è detto che sappia fare il sindaco. Anzi è certo che non lo saprà fare, come nel caso di Marino.
 Ora, a Roma, dopo la disastrosa esperienza dell'incapace, se pur onesto - ma chi se ne frega, anche se al giorno d'oggi l'onestà fra i politici risulta merce rarissima -  chirurgo Marino, si sta o pensando al commissario ed al gruppo di sub-commissari, oltre che al possibile candidato per le elezioni che oggi sembrano lontane ma sono, invece, vicinissime. E i nomi che circolano sono nomi di sosia di Marino, di persone cioè che rivestono  incarichi di una qualche importanza, onesti fino ad oggi, ma che NON HANNO MAI AMMINISTRATO UNA CITTA' tanto meno una città difficile come ROMA. Dunque della schiatta degli INCAPACI e NON IDONETI
 Accanto al gruppo di prefetti - poliziotti, per essere più comprensibili - o ex magistrati, spuntano nomi del mondo chic di sinistra, che stanno bene dove sono, dai circoli a ridosso del Tevere, o nello sport, come Malagò; oppure  di un manager che già per essere stato trasferito da Musica per Roma al Teatro dell'Opera ( due realtà totalmente diverse, mentre oggi, ancora oggi l'interessato va dicendo che vuole impiantare all'Opera il modello Musica per Roma! )  un casino l' ha combinato, stratosferico ( quello dell'esternalizzazione di orchestra e coro, il più esilarante per il mondo intero, per fortuna rientrato) come Carlo Fuortes, il cui nome risulta nella rosa dei candidati a sub commissario. Anche lui certamente è persona onesta e, a Musica per Roma, ha saputo ben operare. Questo è fuori di dubbio. Ma non è che siccome sa fare il manager culturale saprà anche amministrare la città. E poi che fa del suo incarico all'Opera? lo mantiene? Non mantiene contemporaneamente , per un altro disastro del Marino vacanziero,  anche la carica di AD di Musica per Roma?
Con Fuortes candidato ad ogni cosa - come si continua a fare anche con Cantone, ci si rende conto di quante poche intelligenze  e capacità disponga il PD, che non  riesce mai a guardare oltre la ristretta cerchia dei suoi fedelissimi.
 Ma il colmo dei colmi deve ancora venire. E riguarda la rosa di candidati a sindaco di Roma, nella quale spicca il petalo profumato  di Marianna Madia. La quale, già tante critiche s'è tirata addosso per il fatto che senza guida e protezione dall'alto, oggi sarebbe altrove, certamente non nel governo, con tutta la benevolenza possibile, perchè con le madonne non si governa.
 E, a proposito della Madia, suo padre, Stefano, giornalista e regista, uomo di Veltroni, morto prematuramente per un brutto male fulminante, persona degnissima sia chiaro, per la sua vicinanza con la politica ha dalla politica ricevuto - in questo caso senza nessuna ragionevole motivazione - una strada intitolata.  Sta a vedere che intitolano anche a noi una strada, quando moriremo, il più tardi possibile. Basterà se ci mettiamo alle costole  di Franceschini - lui no , proprio no! -  di Padoan o  di Gentiloni?

mercoledì 14 ottobre 2015

L'Arena di Verona e il Colosseo. C'E' CHI VUOLE la 'VALORIZZAZIONE'. COME?

Come fosse oggi, ricordiamo la conferenza stampa del'allora sovrintendente dell'Arena di Verona, Orazi, nella sede romana della Stampa estera, per presentare il progetto della copertura dell'Arena, nella zona che funge da palcoscenico degli spettacoli d'opera, onde evitare che le scenografie deperissero a causa delle intemperie che in estate erano già allora abbastanza frequenti, ed oggi lo sono ancora di più. Guardavamo con un pò di amorevole compassione il sovrintendente che voleva coprire l'Arena, e nello steso tempo pensavamo al Festival di Bregenz che tante volte abbiamo seguito, con il palcoscenico allestito sul Lago di Costanza, ad una decina di metri dalla riva, dove - secondo la stessa logica - avrebbero dovuto costruire un tetto su quella porzione di lago interessata agli spettacoli d'opera estivi. Un tetto che comunque non avrebbe protetto le scenografie, ed anche le ugole dei cantanti, non lo dimentichiamo, dall'umidità. Un tetto parziale, in attesa che anche lì spuntasse un politico con il progetto di coprire l'intero lago, per ospitarvi anche sotto la pioggia battente, serate di balli e feste sontuose.
 Dalla prospettata copertura dell'Arena, sono ormai passati parecchi anni,  e non se ne è fatto nulla, per fortuna dell'Arena. Di recente, per scherzo, abbiamo ricordato quel progetto, attribuendo al sovrintendente l'idea di coprire con un tetto l'intera Arena. Orazi ci ha scritto ridimensionando il progetto che recava la sua firma. Era chiaro che avevamo esagerato, per segnalare che anche quel suo progetto erano fuori di ogni grazia di dio.
Senonchè c'è chi in fantasia e  barbarie, ha superato anche Orazi, ed è il sindaco di Verona Tosi, il quale ha effettivamente parlato di voler  fare un tetto che copra l'intera Arena, allo scopo di utilizzare  in qualunque momento e in qualunque stagione, l'immenso spazio veronese, per qualunque iniziativa. Mentre oggi è sfruttato quasi esclusivamente nei mesi estivi per la lirica e per qualche  idiozia che si sono inventati da poco, trasformandola in una pista di ghiaccio sulla quale far roteare ballerini ed atleti della disciplina, a favore di telecamere.
 Dunque Orazi, a confronto del sindaco Tosi,   ci è sembrato un barbaro sì, ma timido e ancor in fasce, indeciso se massacrare quel monumento o no. Tosi non ha queste remore ed al massacro temiamo che procederà, nella meraviglia generale che guarderà all'Arena nella logica della moderna valorizzazione dei monumenti.
Niente più e niente meno che quello che sta pensando il ministro Franceschini in persona per il Colosseo, del quale vuole ricostruire l'arena in legno per ospitarvi spettacoli, ma solo di qualità - lui assicura - ma noi che conosciamo quale sia il suo concetto di qualità, già ci mettiamo le mani nei capelli. A quali spettacoli pensa il ministro? A spettacoli molto simili e degni complementi di quegli altri che ogni giorno -secondo il reportage trasmesso ieri sera da 'La gabbia' de La7- si vedono sotto le arcate del Colosseo, fra bagarini e antichi romani che indisturbati, anzi protetti dai vigili, rapinano folle di turisti?

La musica italiana d'oggi. Il punto, dopo la Biennale che i giornali hanno ignorato.

Noi forniremmo una nostra personalissima lettura dell'appello, lanciato dalle pagine del Corriere, a firma Giuseppina Manin, in favore dei compositori italiani che lavorano all'estero piuttosto che a casa, dove la situazione della musica d'oggi italiana non è certo rosea; ma neanche disastrosa, in un paese come il nostro, dove della musica non importa a nessuno, figuriamoci della musica d'oggi, sinceramene assai ostica, salvo i casi - e sono  numerosi - in cui a tutti i costi, con una operazione di grande furbizia, si tenta un riavvicinamento alle pigre orecchie,  anche disabituate, dei nostri ascoltatori.
Senza saper  leggere il futuro che non consociamo, nè il passato di cui non siamo stati testimoni, sia chiaro, crediamo di immaginare come sono andate le cose.
Paolo Baratta,  presidente dell'istituzione veneziana, dopo che la Biennale Musica non ha avuto neanche un  articoletto  sui giornali, passando nel più totale silenzio stampa, ha chiamato la Giuseppina e, mettendo la faccenda sui 'principi',  per non rasentare la banalità del lamento, ha voluto lanciare un allarme sulla grave situazione in cui si trovano i compositori italiani in Italia, quei pochi, pochissimi che ancora non sono espatriarti e sopravvivono alla moria generale, per fame.
 Baratta avrebbe chiamato anche una fedelissima, come la Aspesi, ma deve avergli risposto che la faccenda, riguardando pochissimi oltre i diretti interessati, non era interessante.
 Che ha scritto la Manin? Ha scritto, sotto fedele dettatura, che molti compositori della generazione dei quaranta-cinquantenni  lavorano per la maggior parte all'estero, e che quei pochi che ancora sono rimasti in Italia fanno fatica a vivere del loro lavoro di compositori e, perciò, stanno pensando anch'essi di andarsene. Perchè in Italia nessuna istituzione musicale si preoccupa di dare spazio alla creatività contemporanea. Dunque non ci si chiede come trattenerli, se addirittura chiedere a Renzi, ammesso che ci senta da quell'orecchio, di fare un bando analogo a quello lanciato in favore del ritorno dei 500 professori universitari.
 In Italia, in effetti, gli spazi per la nuova musica, che pur esistono, sono circoscritti ed esclusivi, salvo rarissime eccezioni, e nessuno di essi può assicurare al compositore di guadagnarsi da vivere.
 Questa però non è una novità. In molti paesi, salvo i compositori sulla cresta dell'onda, che stanno tutti nelle dita di due mani al massimo per l'intera Europa, possono vivere del loro lavoro ed infatti fanno altro per ricavarne i mezzi di sostentamento. Ricordo di un  nostro antico viaggio in Canadà dove i compositori quasi tutti erano dipendenti di radio e televisione, o lavoravano in studi di registrazione, insomma non  si guadagnavano da vivere con il loro lavoro di compositori, salo nei casi in cui scrivevano per le necessità di radio e televisione.
Anche  Boulez s'è guadagnato da vivere, oltre che con i soldi del governo francese per l'IRCAM, facendo il direttore d'orchestra, lavoro con il quale, se si trova da lavorare, si guadagna bene, e benissimo per un musicista del suo rango.
 In  Italia, dicevamo, le occasioni, seppure ridotte e circoscritte, per i compositori di farsi ascoltare, esistono. Ma si dà pure il caso che dopo il primo ascolto quelle loro opere restano lettera morta e non producono altro. Mentre il compositore avrebbe bisogno di trovare editori, mecenati, mezzi di comunicazione ( radio e tv innanzitutto, sebbene l'entità dei diritti d'autore per esecuzione o trasmissione si sia ridotta all'osso) interessati fattivamente al suo lavoro. Se nessuno 'commissiona' ai compositori italiani nuove opere, magari più d'una l'anno, e il compositore non  può pretendere somme di un certo rilievo, la vita del compositore diventa fra le più dure; sempre meglio naturalmente che andare in miniera, ma dura lo stesso.
 Sia la Biennale di Venezia, che Rai Nuova Musica della RAI a Torino, o Play It a Firenze, come anche Milano Musica a Milano, o Nuova Consonanza a Roma, solitamente in mano a compositori od editori, restano dei circoli per iscritti, che servono piuttosto a marcare territori e definire appartenenze che nulla possono cambiare in meglio, e che servono ai rispettivi organizzatori a mostrare la mercanzia dei propri soci od affiliati. Niente più, mentre invece servirebbe altro, molto altro. Un tempo esisteva anche la figura del compositore 'residente' assai diffusa all'estero, in Italia quasi del tutto assente, salvo i casi  delle  massoniche mafiette ben note. E, comunque, sempre  in troppi su un osso solo.
 Oggi, il Corriere,  torna sull'argomento, ospitando una lettera del sovrintendente della Fenice di Venezia,  dott. Chiarot, anche nella veste di presidente della associazione delle Fondazioni liriche italiane, per ribattere che  la situazione  non è poi così nera, se il suo teatro ogni anno presenta nuove opere, ( lo fa anche Santa Cecilia e la Scala, che comunque si sono sfilate dall'associazione presieduta da Chiarot, essendosi guadagnate, di recente, anche l'autonomia che le pone al di sopra e al di fuori della altre), se Roma addirittura ha un secondo direttore artistico ad hoc, per l'opera contemporanea e se addirittura un teatro che presenta regolarmente opere nuove commissionate a compositori italiani, ha al suo vertice un compositore, che Chiarot gratifica con l'aggettivo 'illustre', non proprio meritato -  si tratta di Bologna  che ha come sovrintendente  Nicola Sani, più bravo ed efficiente come organizzatore musicale, come ha dimostrato, anche a suo favore, durante la sua permanenza a capo della Fondazione Scelsi.
 Chiarot voleva dire che i teatri - lui parlava per quelli - nonostante la situazione, si fanno onore anche sul fronte della musica contemporanea. Non ha citato l'ultima notizia che riguarda la musica contemporanea italiana e cioè la nomina del compositore Nicola Campogrande a direttore artistico del Festival MiTo in sostituzione di Restagno, dimissionario, che torna finalmente, dopo molti decenni, ai suoi studi.
 Nell'articolo della Manin si cita anche il caso di due compositori stimatissimi ed eseguitissimi all'estero, il notissimo Salvatore Sciarrino - che comunque è fra i più eseguiti in assoluto anche in Italia, ma che riceve commissioni importanti soprattutto da teatri e festival stranieri, e che l'anno scorso ha presentato una sua nuova opera a Santa Cecilia, commissionatagli dall'Accademia, diretta da Pappano   - alla giovane Lucia Ronchetti, che pratica soprattutto il teatro musicale da camera, e che è eseguita ( rappresentata) praticamente in esclusiva all'estero, da dove le giungono le commissioni più importanti e più di frequente.
 Comunque il problema suscitato della Manin, che pur esiste, è più generale. In Italia, da Santa Cecilia alla Rai di Torino , tanto per citare due soli esempi, nei rispettivi cartelloni sono presenti esclusivamente artisti stranieri. E perciò il problema si pone per tutta la musica italiana che, caso assai strano, è finanziata con soldi pubblici italiani, seppure malamente, che però vanno a finire per la maggior parte nelle tasche di musicisti stranieri. Da tempo lo denunciamo, inascoltati. E non veniteci a dire che la musica non conosce confini. Qui c'è dell'altro, ed è sicuramente del marcio.

Riccardo Muti in prima serata. Su RAI 5.

A Milano oggi è stata presentata la serie di otto puntate di 'prove d'orchestra' che Riccardo Muti ha tenuto in questi ultimi tempi con la sua Orchestra Cherubini, dallo stesso direttore fondata ormai dieci anni fa, che andranno in onda in prima serata a partire da mercoledì 21 ottobre sulla rete 'culturale' della RAI. Che purtroppo non sfonda ancora.
Petruska, la trasmissione del giovedì, curata un tempo da Michele Dall' Ongaro  si aggirava intorno ai 20.000 telespettatori di media, ma scendeva anche sotto fino a 18.000 e saliva anche di qualche migliaio nelle settimane migliori. E le opere trasmesse da RAI 5 stanno intorno ai 120.00 e 150.000 spettatori. E con simili chiari di luna, parlare di un fatto positivo per la diffusione musicale nel nostro paese, ci sembra sinceramente troppo azzardato e fuori luogo. E ipocrita.
Finchè la musica resterà relegata  in un rete di  nicchissima  e non si troverà spazio, nei modi e nelle forme più consone, sulle reti generaliste ( come avvenne, ma solo per sei estati consecutive per All'Opera!, cancellata poi dall'insipienza, ignoranza e disinteresse dei dirigenti RAI, nonostante che gli ascolti fossero gli stessi - da 800.000 e fino a 1.400.000 circa, a seconda dei titoli in programma - di una 'seconda serata' riuscita, di qualunque altro genere!!!!) la musica non si diffonderà mai in Italia, dopo che naturalmente si troverà anche spazio per la musica nei curricula scolastici.
Anche tali prove non sono una vera novità, giacchè sempre di Muti negli anni passati,  e sempre su RAI 5, si sono viste le sue presentazioni, nell'Aula Magna della Sapienza, delle opere dirette poi all'Opera di Roma( Attila, Nabucco, se ricordiamo bene).
 In occasione della presentazione milanese, gli è stato chiesto se dirigerà un concerto alla Scala. La risposta del direttore non lascia dubbi: che senso ha  dirigere un concert(in)o alla Scala? E, siccome Muti non tornerebbe mai e poi mai come direttore musicale alla Scala - mai tornare sui propri passi -  in un ruolo che ha ricoperto per quasi vent'anni, è evidente che intendeva dire che  non dirigerà nessun concerto o concertino alla Scala. Punto.

NiCa per MiTo: Nicola Campogrande direttore del festival torino-milanese MiTo

 A tempo di record, gli assessori alla cultura dei due massimi capoluoghi del nord ( Torino e Milano), e cioè Del Corno e Braccialarghe, hanno nominato il nuovo direttore artistico del Festival Mito per il 2016,  che sarà Nicola Campogrande, di  primo mestiere compositore, di secondo: commentatore radiofonico ( quello che in questi anni  gli ha fruttato di più, anche alla luce di questa ultima nomina, e terzo anche divulgatore, come si deduce dall'ultimo libro (che però non abbiamo ancora letto, ma lo leggeremo).
Campogrande, hanno spiegato, è torinese di nascita e milanese di studi, al Conservatorio di Milano; conosce i media,  e lavora molto di fantasia, come ha fatto in occasione dell'Expo, quando ha costruito una serie di variazioni sugli inni nazionali delle nazioni presenti, affidate all'Orchestra Verdi di Milano, che, si spera, dopo l'attenzione riservatagli di derivarne una maggiore presenza nel festival MiTo, dal quale era stata gentilmente tenuta fuori dal trio che l'ha governato in questi anni, e cioè Restagno-Micheli-Colombo, e nel quale sarebbe opportuno che rientri.
 I suoi padrini assessori, nel delinearne il cursus honorum, hanno anche ricordato che Campogrande è il direttore artistico della Filarmonica di Torino. Che è? Ah, sì lo sapevamo; in un suo articolo  apparso su 'La lettura', a cui collabora,  Campogrande aveva parlato di una nuova opera di Azio Corghi commissionata anche dalla sua Filarmonica - lo aveva dichiarato egli stesso, per non attirarsi le critiche sempre pronte quando si vede qualcuno a lavorare troppo 'pro domo sua'.
 Comunque Campogrande ora ha la grande occasione di mostrare la sua capacità organizzativa oltre che ideativa, nel programmare un festival che  certamente non avrà più a disposizione i fondi di un tempo, nè un raccoglitore di soldi qual era Francesco Micheli, di professione finanziere, con l'hobby di famiglia della musica. E, a detta dei due assessori, il Festival è atteso ad una svolta, perchè non ha più senso che le due città si coalizzino senza travasi di pubblico e senza l'arrivo di pubblico nuovo oltre quello indigeno. E poi, alla luce di quando accaduto nell'estate dell'EXPO, andrebbe anche ripensata l'intera offerta che quest'anno non ha certo usufruito dell'EXPO, come non ne ha usufruito neanche la Scala che, senza pudore ha dichiarato: era meglio se chiudevamo il teatro in agosto. Ora, anche se siamo convinti che i soldi spesi per la musica non siano mai buttati, serve interrogarsi quanto faccia bene una offerta eccessiva in rapporto alla domanda. Crediamo che anche questo sia un problema non da poco che MiTo deve affrontare e risolvere.
 L'uscita di scena del terzetto collaudato, era dovuta sicuramente alla nuova situazione economica segnata da finanziamenti ridotti, ed anche agli imprevisti delle prossime elezioni comunali di primavera nei due comuni interessati, specie dopo che il. sindaco di Milano, Pisapia, ha declinato l'invito pressante di tanti,  e anche di Renzi, a ripresentarsi.
Tali elementi di incertezza hanno spinto gli assessori ad ancorare immediatamente la prossima edizione del festival. Ora Campogrande  può dimostrare se sa fare in un campo per lui totalmente nuovo.

lunedì 12 ottobre 2015

Ancora una volta Eleonora Abbagnato ha scambiato Roma (Teatro dell'Opera) con la Roma di Balzaretti, suo marito. Meglio: li ha sovrapposti, senza pensarci.

In una notizia è di qualche giorno fa, relativa ad un corpo di ballo, persiste la confusione fra Roma e la Roma, ovvero una squadra di calcio. Il corpo di ballo dell'Opera di Roma, diretto da qualche mese da Eleonora Abbagnato, moglie del calciatore Federico  Balzaretti ( ex della Roma ritiratosi, ad agosto, definitivamente dal calcio), si è dotato di una squadra di medici e fisioterapisti 'come una squadra di calcio', fanno sapere dall'Opera. Bene. La Abbagnato dichiara che se ancora oggi non ha mai avuto problemi, anche dopo le gravidanze, è perchè si è fatta sempre seguire da un medico. E la stessa assistenza ha ottenuto di offrire ai componenti il Corpo di ballo dell'Opera di Roma, di cui è direttrice.
 Basteranno i medici e fisioterapisti cui accenna la ballerina/direttrice a risolvere i problemi dei giovani ballerini del suo corpo di ballo? Noi temiamo che  si sorvoli su un problema, forse il più grave, che negli anni scorsi è emerso drammaticamente per un episodio denunciato pubblicamente, con grande scandalo e  finta colpevole sorpresa da parte dei diretti interessati, relativo al Corpo di ballo del Teatro alla Scala. E cioè il problema dell'anoressia. La Abbagnato ha pensato anche a questo gravissimo disturbo che  prende molti  ballerirni, soprattutto donne e giovani, alle quali si fa credere che  la carriera di una ballerina dipende dalla sua magrezza, anche se malata?

domenica 11 ottobre 2015

Christillin all'ENIT - Premio del Mibact al Teatro San Carlo - Tenore 'in polo' spopola su You Tube

L'ENIT era da tempo commissariato e si diceva pure che aveva fatto il suo tempo e doveva essere soppresso. All'improvviso il ministro Franceschini ci ripensa e mette a capo della struttura, rinnovata, l'efficiente Cristiilin, gran signora torinese con cognome francese, fresca dei successi al Museo Egizio e prima ancora alle Olimpiadi invernali di Torino.
Nei giorni precedenti la svolta il Corriere aveva segnalato che anche all'ENIT carrozzone statale per gente raccomandata, gli stipendi degli impiegati andavano da un minimo di 60.00 ad un massimo di 80.000. La Cristillin, che certamente di soldi non ha davvero bisogno ha dichiarato in tv che il suo stipendio è di 70.000 Euro. Per lei è un punto d'onore tentare i dare una scossa al placido turismo italiano che di anno in anno va perdendo posizioni sul mercato mondiale. E come poteva essere altrimenti?
Ricordate il famoso portale che il governo Berlusconi pagò alcuni milioni di Euro, brutto, pieno zeppo di errori (per questo la Gelmini volle introdotto obbligatoriamente l'inglese nelle scuole. Per i futuri addetti al sito del turismo italiano) e con una musica di sottofondo tratta dalla Carmen di Bizet. Sito che fa il paio con quello altrettanto idiota dell'EXPO:Very bello!
 Il MIbact quando dà i premi  sorpende tutti. Immancabilmente.
 Un pò di anni fa, dopo la  brevissima esperienza della Crivellenti come sovrintendente , il Teatro Comunale di Cagliari ebbe un premio analogo, immaginiamo con motivazioni similari a quelle con cui ora arriveranno al Teatro San Carlo di Napoli, 2 milioni di Euro per il " VALORE DELLA PRODUZIONE, QUALITA' E GESTIONE VIRTUOSA"
 Chi ha valutato tali parametri? l'algoritmo al quale Nastasi poco prima di darsi allafuga dal Ministero aveva affidato la valutazione delle istituzioni di spettacolo italian, cancellandone di fatto alcune centinaia dal finanziamento statale attraverso il FUS? No,  sicuramente per questi premi, sospetti, l'algoritmo non funziona e oltre tutto sarebbe troppo lento, perchè almeno per il San Carlo i 2 milioni premierebbero la trionfante stagione estiva del teatro. Ma allora chi ha deciso questi premi?
 A noi viene il dubbio che sia stato il colpo di coda cosiddetto di Salvo Nastasi prima di lasciare il Collegio romano Per la semplice ragione che sia a Cagliari che a Napoli le due sovrintendenti sono state messe lì da Nastasi, anche contro il parere, nel caso della Purchia a Napoli, del presidente del teatro, il sindaco De Magistris.  Con i premi Nastasi vuole ad ogni costo dimostrare che le sue scelte erano giuste.  Ma se così è, faccia tornare a Cagliari al Crivellenti, ora che la sovrintendenza di quel teatro è vacante. E non ci venga a dire che ora sta a Palazzo Chigi, anzi a Bagnoli. A noi non la racconta con Franceschini che dipendeva da lui per ogni decisione.
 C'è un giovane tenore italiano, siciliano(?), di nome - se non andiamo errati - Paolo Fanale che popola su You Tube: il tenore con la polo che spopola 'per' la polo. Spopolerà anche se metterà una camicia?

sabato 10 ottobre 2015

La politica fa bene alle parlamentari, non altrettanto le parlamentari alla politica. Frivolezze

Siamo in vena di frivolezze, oggi. All'indomani della liberazione di Roma da Marino, in difesa del quale ancora  ieri correvano personaggi insospettabili, come il sociologo De Masi che  nell'estremo tentativo di evitare a Marino la forca mediatica generale, arrivava a prendersela anche con il Papa, il cui intervento ha bollato alla stessa maniera con cui ci aveva provato il diretto interessato.
  Roma potrebbe voltare finalmente pagina e perciò concediamoci qualche istante di leggerezza.
 Abbiamo notato nel giro di mesi, o di qualche anno al massimo, la radicale evoluzione compiuta da alcune donne, ragazze o signore, che la Politica ha portato in Parlamento.
Non ci occupiamo altrettanto e volutamente degli uomini perchè su gran parte di quelli che siedono sugli scranni di Montecitorio o di Palazzo Madama neanche un intervento diretto della divinità potrebbe produrre un qualche cambiamento  esteriore ed estetico degno di nota. Cosa può fare anche la stessa divinità per cambiare i connotati a un Brunetta o a un Calderoli, tanto per fare solo due esempi eclatanti? E, come noi, a seguito di tale meditata constatazione anche la divinità disposta ad intervenire ha fatto marcia indietro.
Mentre ... e qui sta il miracolo, anche senza bisogno dell'intervento di  una qualche divinità, tante signore apparse di recente  nell'agone politico sembrano, a distanza di pochi mesi, addirittura irriconoscibili, naturalmente in meglio - perchè non si è mai verificato il contrario.
 Non possiamo verificare  se tale processo  abbia riguardato signore che nella politica sono entrate quando noi eravamo ancora ragazzini, come la bella, elegante, Anna Finochiaro che in Parlamento è arrivata una trentina di anni fa e quindi ha avuto tutto il tempo per rifarsi. Dacchè abbiamo imparato a far caso a questi cambiamenti, la bella Anna Finocchiaro è sempre stata una  bella signora, elegante.  Non sappiamo come era dapprincipio; e se non  fosse stata come ora, onore  al merito per la sua trasformazione.
 Mentre abbiamo seguito passo passo le evoluzioni di giovani signore, entrate in Parlamento alle ultime infornate, alcune anche per la loro avvenenza - non è un mistero - mentre altre che all'inizio sembravano essere uscite di casa infilandosi  il primo vestito che gli era capitato a portata di mano,   oggi vestono griffate, hanno acquisito una certa eleganza e non per le griffe, e soprattutto si 'sono date una ripulita' - come si dice a Roma -  nessuna si offenda. Prendete ad esempio la Lorenzin, il cui nome si fa oggi - tanto per esagerare - come possibile candidato sindaco a Roma, sembra un'altra persona. Diciamo che la maternità  le ha anche giovato. Ma  oggi ha sistemato integralmente il suo look, veste bene, ha un bel taglio di capelli ed anche il suo viso s'è addolcito. Sembra un'altra persona e non solo per il fatto che non porta più quell'apparecchietto in bocca.
 Un altro esempio? Mariastella, sì, la Gelmini, è un'altra persona, anche se resta sempre quell'antipatica saccente di un tempo. Stesso discorso vale per la Lombardi, dei '5 stelle'. per lei ci sarebbe ancora qualcosa da fare, ma intanto di strada ne ha fatto ( anche di lei si parla come di possibile candidato a sindaco di Roma).
 Ci sono poi altre giovani signore che di cambiamenti non hanno ancora bisogno, perchè  li avevano già operati prima, nella previsione di entrare in Parlamento, ( come certi capi partito gli avevano fatto intravedere).
Ed infine un altro paio di categorie, assai esigue, che per diverse ragioni stentano a cambiare, in meglio.
 La categoria delle 'madonne', alla quale appartiene la Madia, la quale, come la Madonna, ritiene di non dover apportare nessun ritocco al suo look; lei deve star seduta ferma, immobile ,in silenzio, esposta alla devozione  popolare
 E poi la categoria delle 'principesse ereditarie' rappresentata in modo smagliante dalla Boschi, la quale, unica fra le donzelle giunte in Parlamento senza un curriculum preparatorio e di formazione, è talmente sicura di sè e tanto attiva, oltre che desiderata, che non ha nessuna intenzione di cambiare se stessa. Altrimenti non girerebbe con tacco 12 e pantaloni a vita bassa come ha fatto, con ammirevole sfrontatezza, anche al Quirinale, il giorno del giuramento da ministro.
P.s. Ci siamo dimenticati di un caso, forse  il più eclatante per il fatto che non sono interventuti cambiamenti radicali, quello del ministro della Difesa, sig.ra Pinotti
 che sembrava prima, a causa della sua importante corporatura, adeguata ad un capo di forze armate, un monumentale 'auricchio' dolce, gigante. Anche la Pinotti, ora sembra un'altra persona,  anche nel viso, senza aver fatto interventi militari, bel taglio di capelli e scollature un pò malandrine, ma eleganti ed adatte al ruolo.

venerdì 9 ottobre 2015

Ignazio Marino ha avviato la bonifica di Roma, togliendosi di mezzo.

Ignaro Marino le ha tentate tutte in questi mesi per difendersi, da ultimo s'è asserragliato nel suo fortino in Campidoglio dal quale non voleva più uscire, mentre ripeteva ai suoi più stretti collaboratori che lo consigliavano a mollare il ritornello della famosa barzelletta: qui comando io e sto dove mi pare!. E ciò,  mentre la città precipitava nelle buche omicide che lui stesso non riusciva a far riempire di asfalto, lui e l'assessore Pucci, arrivato da poco e che aveva promesso il miracolo della rinascita di Roma, ben sapendo che quando si parla di miracoli non si va oltre la promessa. Perché i miracoli non avvengono mai; perfino quelli della Chiesa vengono troppo spesso messi in discussione anche dalle stesse autorità ecclesiastiche.
 Poi all'inefficienza dell'amministratore si è aggiunto lo scandalo di  'Mafia Capitale', nel quale anche il suo partito, dal quale ha preso le distanze per togliersi qualche sassolino dalle scarpe, era coinvolto.  Ed ha convinto il commissario Orfini che da lì ricominciava la rinascita, dopo tale prima bonifica della Capitale. E Orfini , fino a ieri l'ha difeso, anche con il premier Renzi, il quale - è bene dirlo- con l'uscita di Marino si trova a dover provvedere in tempi brevi il PD romano di un candidato capace di togliere il Campidoglio a i '5 stelle', gli aspiranti al ruolo di sindaco con maggiori chances, fatta fuori la destra che con lo scandalo di 'mafia capitale' è stata affossata definitivamente, per le enormi responsabilità dell'amministrazione di Alemanno.
 Marino avrebbe dovuto mettersi al lavoro e farsi finalmente apprezzare da amministratore, anche in vista del Giubileo. Ma che? Marino ci ricasca. Parte per le vacanze, dimentica di firmare i decreti relativi a CdA e AD di Musica per Roma. Nuovo grattacapo che si presenta al suo ritorno quando non si può più rimediare. Nel frattempo c'è stato ancora un problema  con il funerale del capoclan Casamonica, mentre lui era in vacanza, da dove non ha fatto ritorno neanche un'ora prima di quando aveva stabilito in partenza.
 Non contento ancora riparte per gli Stati Uniti, al 'seguito del Papa' - lui dice,  temerario assai. A questo punto, alla vigilia del Giubileo, crea imbarazzo anche in Vaticano tanto da costringere Papa Francesco a dover scandire che  lui Marino non lo ha invitato in America. CHIARO?
E Marino, ormai fuori di testa - lo temono tutti - risponde anche in tv che lui, fosse stato Papa Francesco, non avrebbe fatto quella precisazione. Marino da quel momento in avanti non deve solo dimettersi ma deve essere preso in cura da una struttura sanitaria per il trattamento obbligatorio, cosi ci chiama, previsto in simili casi.
 E poi, l'ultimo capitolo, quelle delle cene e pranzi, pagati con la carta di credito del Comune, a ai cittadini addebitate. Ha detto una cesta enorme di bugie sui suoi commensali e sugli scopi di tali incontri conviviali. Smentiscono le sue ricostruzione i trattori dai quali egli si è fatto servire piatti anche costosi e vini che forse neanche per casa sua, benchè li conosca, compra mai; e dai suoi ipotetici ospiti che non possono tutti dire il falso, allo scopo di prendere le distanze dal sindaco.
 E' chiaro che tutte le ricostruzioni giustificative di tali incontri a tavola sono FALSE. Ma allora c'è da dubitare degli sventolati, a mo' di minaccia,' suoi diari nei quali per filo e per segno ogni sera scrive ciò che ha fatto o gli è stato fatto. Con questi diari aveva minacciato anche il suo partito quando aveva detto che avrebbe rivelato le numerose pressioni del partito al momento delle nomine della giunta. Se tanto mi dà tanto,  anche quelle ricostruzioni sono false, e lui le ha minacciate sapendo di dire il falso, nella grande maggioranza dei casi.
 Quando il sindaco, di una grande città, anzi della Capitale di un paese, fa questi scivoloni che vanno ad aggiungersi alla sua evidente incapacità di governare, allora vuol dire che è arrivato il momento di farsi da parte. E espatriare.
 Perché nessuno gli affiderebbe più incarichi amministrativi di responsabilità e perché ogni volta che verrebbe mandato a comprare qualcosa gli si chiederebbe, seduta stante, lo scontrino ed il resto, fino all'ultimo centesimo. Come si fa con i servi, dopo che si è scoperto che sono ladruncoli e  che fanno la cresta sulla spesa.
Marino come Cota, come Fiorito ( Batman, per il Consiglio del Lazio),Bossi e tanti altri colti sul fatto, sorpresi con le mani nel barattolo della marmellata, come si dice.  Peccati da uomini, meno le donne, Fra le pochissime beccate in simili traffici, si ricorda solo un caso eclatante, quello di Giovanna Maglie, corrispondente RAi da New York, con la differenza che lei non era un pubblico amministratore mentre Marino e gli altri ladruncoli da quattro soldi lo sono stati.
  A che serve a questo punto minacciare che le dimissioni appena date potrebbe egli stesso revocarle, come prevede la legge? Che altra follia vuole fare? Il PD stia attento, lo faccia curare perchè un uomo della notorietà di Marino che essendosi imbarcato in una impresa più grande di lui, fa buca, può commettere qualunque cosa. E noi, sinceramente, senza essere nè psicologi nè psichiatri, lo temiamo davvero.

giovedì 8 ottobre 2015

La campagna a favore della lettura, vista in tv, l'ha fatta sicuramente Matteo Renzi in persona.

Da qualche giorno si vede in tv una campagna promozionale della lettura, della serie 'pubblicità progresso' voluta e finanziata dal governo che così qualche soldo alle emittenti televisive glielo dà.
 Si vedono ragazzi che in una biblioteca ( libreria?) prendono libri e ci giocano a palla - prima fanno un palleggio, e non una sola volta, con il libro che rimbalza miracolosamente, poi giocano a pallacanestro, sempre con un libro, e mettono a segno qualche punto centrando il canestro. E si termina, con lo slogan: Leggi, fai centro!
Che bestialità è questa? Solo uno come Renzi/Fonzie può aver avuto una idea così brillante. L'idea di appassionarsi alla lettura, magari comodamente seduto in poltrona o sdraiati sul divano, era poco giovanile per un premier che di libri fa vedere che ne compra tanti, ogni volta che esce da Palazzo Chigi, senza che sappiamo poi quale uso ne faccia, e cioè se ci giochi a a calcio o a pallacanestro quando nessuno lo vede, o li tiri addosso ai ministri nelle movimentate riunione del suo gabinetto.
 Dunque una bella idea sostenuta da una pessima realizzazione che  ci ha fatto venire in mente un'altra analoga becera situazione.
La tv trasmise, molti mesi fa, una lunga intervista ad uno dei manager più in vista del nostro paese,  Kaiser Franz Tatò, all'epoca presidente della Treccani. Si vide e si ascoltò anche sua moglie, l'avvenente Sonia, che aveva creato con una catasta di volumi della celebre enciclopedia, che non sapeva dove mettere (così dichiarò!) un tavolo da salotto, sul quale poggiarvi caffè pasticcini e tutto il necessario per la merenda della figlia o per  il the con le amiche. Non ricordiamo, per fortuna, la bestialità con cui la bella signora commentò quella trovata 'di architettura di interni' .
Noi non ci spingiamo fin dove si era spinto quel nostro amico che imprecava contro Bernstein che nelle sue lezioni di musica in tv, calpestava, camminandoci sopra, le partiture delle Sinfonie di Beethoven, ma esigiamo un pò di rispetto per il libri e per quello che significano. E ciò vale sia per la becera campagna televisiva sia per la blasfema trovata della signora Tatò.

mercoledì 7 ottobre 2015

Così fan tutti, ha risposto Ferrero del Salone del Libro di Torino a proposito delle cifre gonfiate dei visitatori delle passate edizioni

Il Salone del Libro di Torino è in crisi, ha un passivo pregresso di qualche milione di Euro, e per il 2015 si prospetta la chiusura con 5-600 mila Euro di passivo. Ma non era un successo? Come mai ogni anno tale successo era pagato a caro prezzo, e cioè con l'insuccesso economico? E perchè di tale non trascurabile insuccesso, si parla solo oggi?
 Nulla di nuovo. Cambiano i vertici e i nuovi, prima ancora di mettersi a sedere, sapendo già che qualche casino lo combineranno, per spiazzare chiunque li denuncerà a cose fatte, mettono in piazza i panni sporchi delle gestioni precedenti, quasi sempre allegre.
 Qui non è in gioco l'ospite della prossima edizione,  l'Arabia,  prima annunciata e poi ritirata, fra le proteste del paese interessato che ha ammonito di non esagerare, e che ai fatti di casa ci pensano loro ( E' STATA TIRATA IN BALLO LA CONDANNA A MORTE  DI QUEL GIOVANE CHE SI ERA OPPOSTO AL REGIME, FATTO GRAVISSIMO!) che, oltretutto, è bene non dimenticarlo, stanno investendo in Italia e perdere tali necessari e consistenti  finanziamenti per una mostra del libro sarebbe davvero una bischerata - come pensa sicuramente Renzi, che non va tanto per il sottile, e forse con lui molti altri.
 Ma qui il problema non  consiste solo nel paese ospite e neanche nei debiti accumulati, sebbene trattasi di problemi di un certo rilievo. e neppure nelle dimissioni quasi immediate della direttrice che ha dichiarato di non 'trovare a Torino le condizioni per lavorare bene ed in tutta libertà'. La presidente, nuova, del Salone, la Milella - una signora  buona per ogni cosa visto che se la passano da una istituzione all'altra, dal Premio Italia al salone del Libro, prima era in Rai, in posti di responsabilità  del cui passaggio nessuno ha conservato memoria, salvo i dipendenti FS e Alitalia, per i suoi  quasi giornalieri viaggi fra Milano e Roma - ha colto l'occasione per lanciare un'altra accusa: qui negli anni passati si sono regolarmente gonfiate le cifre dei visitatori, l'anno scorso  s'è detto che erano stati quasi 350.000. mentre in effetti  si erano fermati a 270.000 circa.
A tale accusa Ferrero ha risposto: lo fanno tutti! aggiungendo però che, essendo a tutti noto tale giochino,  il Salone non  ha ricevuto più soldi in rapporto  al numero dei visitatori dichiarato e non corrispondente alla realtà.
 Tale segreto di Pulcinella noi l'abbiamo denunciato parecchie volte, ultimamente a proposito del Teatro dell'Opera di Roma (  per gli spettatori di Caracalla di numero superiore alla disponibilità di posti dell'arena archeologica) ed anche di altre istituzioni  (che pur di sparare alto dichiarano un numero di 'eventi'- dicono così- per stagione superiore due volte il numero di giorni dell'anno, impossibile!) alla lettura di cifre  gonfiate, come quelle del Salone di Torino.
Ci è stato sufficiente  fare il cosiddetto 'conto della serva' per capire che erano gonfiate. Nessuno, però, lo dice o scrive, tutti stanno al gioco,  e fingono di credere, adducendo tacitamente la ragione che 'COSI' FAN TUTTI'. La stessa  di Ferrero.
 Che fu poi, in una analoga situazione, anche quella addotta dall'avv. Ripa di Meana, commissario al Teatro dell'Opera di Roma, al momento in cui andò a chiedere soldi al governo, per l'Opera di Roma che svolgeva 'ruoli di rappresentanza' . Nè più e nè meno di quello che aveva fatto  Gianpaolo Cresci per giustificare gli enormi costi del teatro, fuori controllo, ai quali il Governo doveva ogni volta rimediare. A Gianpaolo Cresci tutti dettero addosso, a Ripa di Meana nessuno.

lunedì 5 ottobre 2015

Michela Di Biase e Dario Franceschini. Quando le mogli sono migliori dei mariti, ma...

Michela Di Biase ,giovane, bella, attenta  osservatrice e brava propositrice, è l'attuale moglie del ministro Dario Franceschini, dal quale ha avuto una figlia, di nome Irene. I due sono felici e contenti, si fanno vedere nelle occasioni e nei luoghi deputati, ma...la signora  sta dimostrando di essere più brava del marito.
 La signora che, va detto subito, è consigliera comunale a Roma,  eletta nelle file del PD - non sappiamo se nella corrente Franceschini - ed occupa un posto di grande responsabilità all'interno del governo di Roma Capitale. E' la presidente della Commissione cultura quella che sotto Alemanno era occupata da Mollicone. Vuoi mettere la Di Biase con Mollicone? un miliardo di volte meglio, in tutti i sens, anche perchè  di Mollicone,  si ricorda solo una delle sue uscite memorabili, quella  quando negò l'attribuzione della cittadinanza onoraria  a Muti, il quale, appresa la notizia, dichiarò, generando l'ilarità  di tutti: a Roma conosco solo Morricone, nessun mollicone. Dicevamo che Di Biase è miliardi di volte meglio di Mollicone. E vi  dimostriamo , fatti alla mano, perchè.
 E' di oggi una sua proposta assai interessante. Sostiene Di Biase, in Franceschini, che il mondo dello spettacolo nella Capitale - ma anche in tutta Italia - sta soffrendo molto in questi anni, per i ridotti investimenti pubblici - a dispetto di quello che va dicendo Franceschini , in Di Biase - che hanno come conseguenza e ricaduta immediata la diminuzione dei posti di lavoro nel settore.
E allora, lei ha proposto di detassare le sale cinematografiche e teatrali di tutte le tasse comunali, quali IMU Tasi ecc,. almeno per alleggerirle di spese che per molti esercenti stanno diventando insostenibili. Ed ha aggiunto che le coperture per simili sgravi ci sono. Vista la grinta, non è detto che non le riesca. Servirebbe ciò a smarcarsi, nel suo piccolo ma non tanto piccolo, da Marino che ogni giorno, ormai in totale confusione, ne combina una, e non si sa se l'opinione pubblica e la pazienza dei romani lo reggeranno ancora per molto e fin dopo il Giubileo.
 Ma... la Di Biase, che certamente vede Franceschini molto più di ogni altro cittadino italiano, non poteva, giacchè c'era, intervenire anche sul maritino, per fargli alzare gli stanziamenti del FUS, facendogli notare che proprio il disinteresse oggettivo del gabinetto Renzi per il mondo della cultura e dello spettcolo, ha fatto sì che dall'Art Bonus,  arrivassero solo briciole, e non quegli stanziamenti consistenti che  tutti e Franceschini per primo si attendevano?
 Approfittiamo, infine, per suggerire alla Di Biase di consigliare Franceschini ad intervenire prestissimo sui numerosi ricorsi che l'azione insensata e barbarica del suo tuttofare Nastasi - finalmente mandato a far danni, uno più uno meno, a Bagnoli - ha prodotto con il micidiale algoritmo applicato al FUS.

Mons. Charamsa. La storia del teologo che, dichiarando la propria omosessualità, messo in grande imbarazzo anche la Chiesa di Bergoglio

La storia è nota a tutti. Un teologo, di origini polacche, da anni residente  a Roma, con incarichi importanti nella Curia, nel campo della 'dottrina delle fede', ha convocato una conferenza stampa pubblica per dichiarare apertamente la propria omosessualità, 'non potendo più tacere e sentendo il peso di tale segreto', e ne  ha approfittato anche per presentare il proprio compagno, con il quale è in partenza per Barcellona, dove ha deciso di andare a vivere.
 Una teologa, italiana, sua collega, gli ha mosso severe critiche, fra tutte quella di non averne parlato prima con i superiori. Avrebbe dovuto farlo, al punto che ciò configura una grave scorrettezza formale, più grave perfino del dolore che tale segreto  ha procurato all'interessato, domandiamo  noi alla teologa? Altri ha sottolineato che la dichiarazione del teologo costituisce una grave scorrettezza, alla vigilia del Sinodo sui temi della famiglia, perchè, in qualche maniera, è una ingerenza ed indebita pressione sui padri sinodali.
 Sia la prima che la seconda delle critiche non tengono presente il fatto che la presenza di  gay nelle file del clero, ad ogni livello, è fatto noto,  per non parlare dei pedofili - ma questa è altra cosa, gravissima - nulla da spartire però con l'omosessualità, che va semmai messa in relazione all'altro problema , quello del celibato del clero. Il cosiddetto 'scandalo' del teologo si è reso necessario, perchè la Chiesa non chiuda nuovamente gli occhi sul fenomeno, sanzionandolo come  contrario ai Vangeli.
A proposito dei quali ieri, a Radio 3, il priore di Bose, Enzo Bianchi, con la pacatezza ed insieme lucidità di cui è capace, ha riflettuto sul fenomeno della 'famiglia evangelica'( espressione inventata da Paolo VI, ma che nei Vangeli non trova alcun riscontro) - che di evangelico, ha detto, non ha molto (la festa della Sacra famiglia risale all'Ottocento - ponendo l'attenzione sul fatto che la Chiesa deve badare agli uomini prima che alle forme di vita sociale che  nei secoli si sono dati e che possono mutare, come di fatto sta accadendo, anche per la famiglia.
 Per tornare al teologo al quale il Vaticano ha fatto sapere che decade da tutti i suoi incarichi, l'interessato ha dichiarato che lui ha perso un lavoro ma non la fede.
 Chissà cosa risponderà il Vaticano; sicuramente non c'è da attendersi una dichiarazione del Papa, come quella fatta nei confronti di Marino e che è di nessun conto rispetto al  caso del teologo che invece una dichiarazione la meriterebbe. Ma il Papa in queste ore ha altro  a cui pensare, e soprattutto ha da disarmare un fronte di contestatori  delle gerarchie ecclesiastiche  che non apprezzano e non condividono affatto  le sue posizioni in materia di famiglia e sesso, giudicate troppo aperte, laiche,  per alcuni addirittura 'comuniste' e , per questo, le condannano. Ma il Papa e la Chiesa che  governa e guida non possono più tacere su certi argomenti, sui quali ( famiglie, coppie omosessuali, divorziati; celibato, omosessualità e pedofilia del clero)  ha già taciuto abbastanza. Ora Bergoglio deve farsi coraggio ed assumere una posizione chiara.

Rosetta Cucchi lascia il Teatro Lirico di Cagliari. Nuovo bando, scadenza fra una decina di giorni, il 14.

Alla fine la Cucchi, sfiduciata da mezzo teatro, ha dovuto alzare le braccia in segno di resa.  La sua permanenza al Teatro Lirico di Cagliari, in qualità di Svrintendente, è stata segnata da amministrazione non efficiente - possiamo dire disastrosa? - e  non all'altezza del compito, e da problemi di salute - invocati a scusante quasi sempre dai giornali isolani. E dire che era stata scelta meno di un anno fa, dopo l'uscita, sbattendo la porta, per la seconda volta, di Mauro Meli, inviso al sindaco e presidente del teatro sorretto invece, ma senza risultati, dalla Barracciu, la bella sottosegretaria del PD che Matteo Renzi ha chiamato a Roma affidandole un incarico al MIBACT, per sottrarla alle critiche dello stesso suo partito e per allentare in qualche modo la morsa della magistratura che la sta processando per spese non proprio specchiate e comunque gonfiate  durante il suo mandato alla Regione.
 A Roma la Barracciu tace, ha taciuto per tutto il tempo, tranne l'unica volta in cui per far sentire la sua voce e  mandare a dire a tutti che esiste ancora, ha sparato una castroneria, a proposito degli scioperanti, assemblati, al Colosseo, bollandoli con una espressione fuori luogo: hanno commesso un reato'. E lei allora che, per i rimborsi chiesti alla Regione del carburante consumato dovrebbe aver percorso da nord a sud la sua Sardegna, almeno due volte al giorno - si fa per dire ; quello caso mai è un reato, se la magistratura che sta  indagando lo accerterà e la condannerà.
 Il Teatro Lirico di Cagliari ha  fatto un nuovo bando per vedere chi ha interesse a ricoprire quel l'incarico lasciato vuoto prima da Meli, contro la sua volontà, ed ora  dalla Cucchi. Insomma, ci risiamo.
 Chissà se anche questa volta, la terza, si ripresenterà Meli, e forse la sua candidatura sarà per la terza volta  accettata, ritenendola la più idonea. Perchè, occorre dirlo, salvo alcuni difettucci - i rapporti con certi agenti mangiasoldi stranieri e  i bilanci  sempre in disordine tutte le volte che ha lasciato gli incarichi; accuse, specie la seconda, che Meli ha sempre contestato, attribuendo i buchi nel bilancio a sommovimenti tellurici in Sardegna, inusuali certo, ma non impossibili, come  lui sostiene da esperto sismologo - ha fatto le stagioni che più si ricordano, e non per gli occhialetti in 3D ed altre amenità. E questa volta, anche per far vedere che è ancora viva, la Barracciu  forse riuscirà ad imporlo, con l'appoggio di Renzi, al riottoso sindaco di Cagliari che di Meli non vuol sentir parlare.
 Un mesetto e sapremo, nel frattempo ancora una volta il teatro cagliaritano è stato decapitato, a causa della incapacità del medesimo Consiglio di indirizzo che ora sta cercando un nuovo vertice, che evidentemente non sa fare la scelta giusta.
 E se richiamassero la Crivellenti, altra campionessa catapultata dalla biglietteria del teatro alla sovrintendenza - bellezza pugliese, non sappiamo se anche efficienza sempre  pugliese - dalla coppia Letta-Nastasi, come hanno scritto e dichiarato tutti quelli che conoscono i fatti -  e perciò, fra parentesi, senza ragione il marito/compagno avvocato della signora  inutilmente  sventola querele nei riguardi di soggetti che hanno solo riferito ciò che altri, a conoscenza dei fatti, hanno affermato ( vedi l'ex sovrintendente sul quale la coppia fece pressione, in quel caso per la biglietteria!) - proprio la Crivellenti  che per la sua  positiva amministrazione, durata come  quella della Cucchi poco tempo, si   meritò addirittura un premio dal Ministero di Nastasi - altro mistero di quel ministero! -  e chissà se non sarebbe la migliore soluzione, adesso che  il suo pargolo, che all'epoca  la fece allontanare per un pò dagli impegni in teatro, sarà cresciuto.
Stiamo a vedere, sperando che  questa volta il saggio Consiglio di indirizzo non faccia la scelta più avventata. Come in questi casi c'è sempre da temere, non senza ragione.

sabato 3 ottobre 2015

Ignazio Marino o 'del delirio di bischeraggine', secondo l'espressione di mons. Paglia

Mons. Paglia doveva essere più attento nel rispondere con sincerità, seppure nel corso di una telefonata che immaginava privata, alle domande postegli da un 'finto' premier, con il quale evidentemente il prelato ha qualche familiarità, non solo telefonica, specie dopo che è stato prosciolto da quella compravendita diocesana, in quel di Terni, per la quale era stato imputato, in concorso, di truffa.
 Paglia, quando Renzi , il finto Renzi, gli chiede di Marino, risponde in tutta sincerità: Marino è un imbucato ed un bischero. Imbucato, perché il sindaco di Roma non se ne perde una per apparire, sempre con la fascia tricolore, per paura che non  lo riconoscano, dove sono puntati i riflettori, anche se la sua prima azione da imbucato è stata quella di candidarsi e salire al Campidoglio.
 E bischero perché ogni giorno gliene capita - NE COMBINA - una, per sua incapacità ed inadeguatezza al ruolo che purtroppo il voto popolare, IGNARO,  gli ha attribuito, quello di amministratore della Capitale d'Italia. Frutto anch'esso, indirettamente, della disaffezione verso la politica che arriva a premiare,  per andare contro tutti i partiti, un esterno - ESTRANEO, AMERICANO - che di amministrazione pubblica non capisce  nulla.
 Ogni giorno accade qualcosa, Marino si lava sempre le mani ed ostenta sicurezza da bischero, sì da bischero. Al punto che arriva perfino a dire, nel corso di una trasmissione televisiva, alla quale l'hanno invitato per 'metterlo in mezzo'- come si dice  in gergo - che  se fosse stato lui il papa non  avrebbe risposto al giornalista che gli chiedeva  se era stato lui ad invitare Marino a Filadelfia.
 Dopo quella dichiarazione, 'fossi stato io Papa Francesco',  uno si aspettava che da Santa Maria della Pietà arrivasse un furgone del 'pronto intervento psichiatrico', lo vestisse di bianco per dargli l'impressione che papa lo era davvero e lo portasse all'ex nosocomio, dove ora non si dovrebbe stare neanche tanto male, dopo che Zingaretti l'ha risistemato trasformandolo in un '5 stelle' - ma non quelle di Grillo - per cittadini affetti da deliri vari, compreso quello della stupidità o bischeraggine, giusta l'annotazione azzeccata di mons. Paglia. Il quale la sa lunga e se si è lasciato andare l'ha fatto perchè vede quali altri guai potrebbe combinare a Roma durante il Giubileo, alla cui inaugurazione - Marino, attento, l'inaugurazione si fa con l'apertura della Porta santa, e non con la passerella di politici e politicanti -  dovrebbe presentarsi, se  proprio non riesce a starsene alla larga, con la fascia tricolore, ma non a tracolla, bensì  a mò di turbante, per fasciarsi la testa.
 Marino, ci faccia la MISERICORDIA GIUBILARE di star zitto e di mantenersi il più possibile  invisibile ed inattivo. Roma ha dovuto già pagare per l'errore di averla eletto sindaco; e siccome dovrà ancora sopportarla per un pò, a causa della politica, almeno limiti i danni. E l'inaugurazione del Giubileo, se la guardi da casa, alla tv, se non altro per risparmiare a Lei e a tutti noi, qualche altro intervento pesante di sua santità  papa Francesco il quale, per essersi sentito costretto a pronunciarsi sulla sua ( di Marino, lo sottolineamo, per evitare che anche questa volta lei possa equivocare e pensi che parliamo del papa) andata a Filadelfia, era veramente imbufalito, secondo la colorita ma efficace espressione di mons. Paglia.

RAI 5 deve decidere cosa vuole essere. Ascoltando l'inaugurazione dell'Accademia di Santa Cecilia con Pappano sul podio. Musiche di Francesconi e Beethoven.

 Stiamo  ancora ascoltando la diretta della serata inaugurale della stagione sinfonica dell'Accademia di Santa Cecilia, ora presieduta, dopo la lunga permanenza di Bruno Cagli, da Michele dall'Ongaro, secondo Maria Concetta Mattei 'conduttore televisivo -i telespettatori di RAI 5 lo conoscono - ed anche radiofonico - come ben sanno gli ascoltatori di Radio 3 - intervistatore, compositore e direttore d'orchestra'. Anche direttore d'orchestra è troppo; giacchè finora ha fatto il direttore nella sigla del suo programma di RAI 5, dove fa finta di dirigere l'Orchestra della Rai di Torino, della quale era fino all'altro ieri sovrintendente.
 Il problema naturalmente non è dall'Ongaro per RAI 5, specie ora che è andato via.
 Il problema di RAI 5 è RAI 5. La rete affidata a Pasquale D'Alessandro, entrata sotto l'ombrello di Rai Cultura, deve decidere se essere una rete per professionisti o intenditori nei vari rami dello spettacolo e, più in generale nell'arte, oppure configurarsi, pur trasmettendo  spettacoli di qualità, come una rete divulgativa. Gli ascolti finora non l'hanno  certamente premiata nell'una come nell'altra configurazione.
 Nei giorni scorsi ascoltavamo una lunga intervista ad Emma Dante, che amiamo da sempre. L'intervista, fatta a regola d'arte e da persona competente, era interrotta da prove dei suoi spettacoli e brandelli degli stessi. Ci ha soddisfatti al punto che ci siamo chiesti perchè altrettanta competenza, proprietà di linguaggio, e capacità di evitare banalità luoghi comuni ed anche idiozie scambiate per divulgazione, non si possa avere nella musica.
E ce lo siamo chiesti ancora oggi nell'ascoltare i vari interventi e le interviste della Bella ma incompetente Mattei che presentava il concerto in diretta. Possibile che a RAI 5 non ci sia una sola persona in grado di scrivere testi appropriati alla presentatrice e domande simili a quelle che il bravo intervistatore rivolgeva alla Dante?
 Sempre la Mattei, presentando un critico, quando lo invita a parlare della Nona di Beethoven,  fa notare che egli è autore di una monografia sul grande musicista, mentre avrebbe dovuto sapere che  in realtà si tratta di un suo libercolo di molti anni fa - e forse anche questo gliel'ha scritto uno che non conosce il senso delle parole.  Imprecisioni dopo imprecisioni; e in una cade anche il dotto critico quando cita un'opera 'giovanile' di Mozart - pronta la povera Mattei: allora l'ascolteremo più volentieri; che voleva dire? Basta con le idiozie giovanilistiche!  - ne sbaglia il titolo che è 'Misericordias Domini' e non 'Misericordia, Domine', un offertorio, nel quale il dotto critico ha fatto intendere esistano rinvenuto tracce dell'Inno alla gioia di Beethoven.
 Infine si mostra Pappano che prova, e per sottolineare il rapporto amichevole (quando mai?) con gli orchestrali, la Mattei, sempre lei, aggiunge: di origini beneventane. Per favore fatela star zitta.
 Concludendo, RAI 5 cosa vuole essere? Una rete per intenditori o per chiunque che voglia entrare nel mondo dell'arte? Nell'uno come nell'altro caso, la proprietà di linguaggio e la competenza di chi parla - od anche di chi necessariamente scrive testi e domande - è d'obbligo. Non può dire la Mattei, più d'una volta che Pappano è il 'maestro musicale' dell'Accademia di Santa Cecilia.
 Dobbiamo, infine, cambiar parere sul brano di Francesconi sul quale avevamo preventivamente espresso qualche riserva, per il suo accostamento alla Nona, ed anche per l'operazione 'Beethoven e i contemporanei' per la quale sussistono le nostre perplessità, già espresse su questo blog nei giorni passati. Intanto è un bel pezzo, di  durata anche consistente, scritto con bravura ed estro, ed anche un pizzico di quella furbizia che non ci piace molto, ma comunque...
Per dimostrare che non è il primo caso di concerto  con musiche di ieri e di oggi a Santa Cecilia, RAI 5  ha mostrato un breve inserto di un altro concerto  della scorsa primavera, quando è stato presentato il nuovo strarodinario lavoro su 'Orfeo'  - Euridice in realtà, da Rilke - di Salvatore Sciarrino e, nella seconda parte, il Magnificat di Bach. (Mattei attenta a pronunciare bene i nomi di Bach, per favore!). Ecco quello di Sciarrino era un lavoro  non scritto non furbizia, e che ci piace di più.
 Ora è appena finito il concerto. Per fortuna RAI 5 ci ha risparmiato i saluti della Mattei e dei suoi ospiti, che ci avrebbero mandato di traverso l'intero concerto.