venerdì 30 giugno 2017

Il Festival di Spoleto ha trovato il suo Bob Wilson 'de noantri'


Con il Don Giovanni di Mozart che ieri sera ha inaugurato la sessantesima edizione dell'ex Festival dei Due Mondi ( che ora si chiama semplicemente Festival di Spoleto, e di mondi ne abbraccia non più due, ma tutti, anzi tutto il mondo,' Il Mondo in scena', secondo l' acuta espressione della sua attuale direzione) si è conclusa la trilogia 'italiana' Da Ponte -Mozart che, in tre edizioni consecutive, ha impegnato la stessa compagine orchestrale, la 'Cherubini' di Muti ( alla quale quest'anno s'è aggiunta l'Orchestra sinfonica dei Conservatori italiani - e speriamo che sia la resurrezione definitiva!), lo stesso direttore d'orchestra, James Conlon, gli stessi scenografi e costumisti, i due famosi premi oscar ( Ferretti- Lo Schiavo), ed anche lo stesso regista, ribattezzato il Bob Wilson 'de noantri', alias Giorgio Ferrara, che da dieci anni tiene stretto nelle sua mani lo scettro spoletino, e lo terrà ancora per almeno altri tre, causa la recente sua riconferma.

 Giorgio Ferrara si è attribuita la regia della trilogia 'italiana' di Mozart, debuttando praticamente nella regia d'opera. E già questa è di per sé una scelta molto avventata, perchè certe opere sono il coronamento di una carriera e non il primo esperimento, il debutto.
Naturalmente le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti. S'è inventato, in combutta con il suo drammaturgo di fiducia, De Ceccatty (drammaturgo e biografo di sua moglie, la celebre Adriana Asti, presenza fissa sul palcoscenico spoletino nella gestione Ferrara) una visione nuova ( antichissima, secondo la coppia Ferrara- De Ceccatty, perché attinta al famoso testo mozartiano di Kierkeegard, del quale si  proiettano per essere letti alcuni lacerti nel corso della Ouverture) che vuole Don Giovanni non tanto 'dissoluto punito' - come poi avviene - e neppure 'seduttore seriale', che vive per il 'piacere della conquista' ma colui che lotta, per allontanarla finchè è possibile, contro la signora con la falce, la morte.

E da questo, il Bob Wilson 'de noantri' fa scaturire la sua idea di regia. Cimiteri, tombe, donne velate con la falce ad ogni piè sospinto, luci cupe, oscurità, per dirci: guardate che le conquiste continue di Don Giovanni sono un espediente per 'passare il tempo', mentre ha intrapreso una lotta contro la morte che con ogni conquista spera di allontanare sempre più, sentendosi, conquista dopo conquista, sempre più - o ancora - vivo.

Ma che fa Il nostro Bob Wilson 'de noantri' in questa 'città di morti'? Fin dall'inizio anche nei momenti di coinvolgente seduzione, nei momenti quindi di maggiore vitalità, ci mostra tombe sulle quali sono seduti tutti i protagonisti, come morti viventi, cadaveri non ancora putrefatti ed in attesa di essere rianimati, ma solo per cantare la loro parte. Anche la esemplare seduzione della giovane Zerlina - quanta ricchezza di umana fragilità nel suo personaggio – diventa una specie di 'visita al cimitero, per il giorno dei defunti'.

Una noia 'mortale', è il caso di dire, che per poco non dava il colpo di grazia anche alla musica di Mozart. Che Ferrara non considera  coprotagonista assieme all'azione, nel capolavoro teatrale. Perchè azione non ve ne è – e, del resto come poteva immaginarsene fra tanti morti viventi? - riducendo l'opera allo stesso invariabile schema, dall'inizio alla fine.

I protagonisti, vengono in proscenio - quando non sulle passerelle laterali, grande invenzione, e nuova soprattutto, che fa il paio con la discesa, alla fine, in platea dei protagonisti come anche del Commendatore in carne ed ossa, un morto vivente che compare nelle ultime file della platea, mentre in palcoscenico viene trascinato il suo capoccione - cantano la loro aria e, nei momenti di più convulso movimento, i loro pezzi 'd'insieme', e poi, senza neanche accelerare il passo, escono.

Questa la regia, e del resto cosa ci si poteva aspettare, viste le premesse? Ora, non vi aspettate che qualcuno scriva le stesse nostre cose. Come potrebbe farlo Repubblica, tanto per fare un esempio, media partner del Festival che qualche giorno fa ne ha fatto il panegirico: che non è più né quello di una volta e tanto meno quello di Menotti, ma che comunque Ferrara ha resuscitato portando nella cittadina umbra ogni anno le stesse vecchie glorie, in una passerella tristissima, funebre; e, quest'anno, molte firme dei giornali di De Benedetti, anche in palcoscenico? Il Corriere, per ora, celebra Menotti, a dieci anni dalla scomparsa, visto che non lo fa il suo festival.

Non solo. L'antichissima canzone che i protagonisti intonano dopo la fine del dissoluto, e cioè: Questo è il fin di chi fa mal, a Spoleto non vale. Perché Ferrara, con tutti i suoi demeriti, non viene spedito altrove, ma riconfermato, per almeno tre anni ancora. E poi si vedrà, perché lui come Don Giovanni, lotta strenuamente contro la fine (della sua direzione, s'intende!), con tutti i mezzi, e forse riuscirà ad allontanarla ancora, almeno finché potrà contare sull'amministrazione comunale, sul ministro e sui salotti che un qualche potere l'hanno sempre. Tutti compiacenti.

Ilaria Borletti Buitoni, sottosegretario del ministero di Franceschini ha affermato che Ferrara ha salvato il Festival di Spoleto: "Credo che la strada presa da Ferrara sia quella giusta, cioè un’offerta che coniuga altissima qualità, sperimentazione ed eventi di tanti tipi, come i confronti e i dialoghi. Con questa formula ha salvato un grande festival che stava rischiando di morire. Se i prossimi tre anni di Ferrara saranno nel segno della continuità? Sì, ma il teatro è vivo e quindi si rinnova continuamente, così come le idee".





P.S. Finalmente la diretta televisiva ha trovato un suo commentatore adeguato. Francesco Antonioni, che sa quel che dice ed anche come dirlo, abituato da anni di radio, a Radio 3. Peccato che la sua partner, Federica Guerzoni (si chiamava così?), apprezzabile per la sua grazia ed il bell'aspetto, dica solo cose ovvie e banali, dette anche in modo trasandato, nel suo ruolo di 'brava presentatrice', inutile e perfino dannosa, forse, per il danno che può fare una trasmissione televisiva.



Spoleto, anno primo. ' La nostalgia delle corti' di Alberto Moravia

                                                    Le arti a Spoleto (1958)


GIAN CARLO MENOTTI alla ricerca di una degna sede per il Festival dei due mondi ha finito per scegliere Spoleto. Questa iniziativa di Menotti rientra in una tradizione europea ormai antica; molte infatti in Italia e in Europa sono le piccole città illustri che hanno il loro “maggio” o “ giugno”, il loro festival, la loro settimana teatrale o musicale. Sarebbe molto ingiusto oltre che superficiale attribuire queste celebrazioni ad un intento soltanto turistico. In realtà esse nascono da un sentimento più profondo e disinteressato che chiamerei la nostalgia delle corti. Infatti, nei tempi andati, era proprio in queste piccole città che le corti più o meno illuminate giustificavano la loro esistenza con un mecenatismo misurato e decoroso. Fiori terminali di una lunga e antica vita comunale e civica, le società locali, dopo le fortificazioni e le chiese delle prime età feroci e mistiche, avevano costruito palazzi e case, teatri e sale da concerto; ma la rivoluzione industriale imprevista e spietata aveva fermato per sempre uno sviluppo che presupponeva l'eternità della civiltà rustica e artigiana. Con la seconda metà dell'ottocento, difatti, tutte queste piccole città, un tempo capitali di regni minuscoli, scadono a prefetture; nasce così ufficialmente la provincia mai prima esistita, destinata a diventare una dei luoghi comuni della letteratura naturalista ottocentesca. Che cos'è essenzialmente la provincia, nel senso ormai corrente della parola? Un luogo lontano della metropoli, dove la vita della cultura giunge di riflesso, debolmente e indirettamente e sempre con grande ritardo. Ma ecco che verso il principio di questo secolo quella che ho chiamata la nostalgia delle corti, ossia del mecenatismo illuminato e aristocratico, risveglia le piccole città con i festival e le altre celebrazioni artistiche. Improvvisamente la provincia diventa in più e più luoghi altrettanto moderna che la metropoli, anzi più moderna perché lontana dalle folle, più rarefatta socialmente e più selezionata artisticamente. Il nuovo vino dell'arte moderna, talvolta diabolicamente alcoolico, viene versato senza danni, anzi con evidente vantaggio di tutti, nei vecchi recipienti delle piccole città storiche; la società della metropoli si dà convegno in provincia. Così le grandi automobili scintillanti si arrampicano per le quiete e un po' meste strade di circonvallazione; e le rampe a gradoni, tra i vecchi palazzi, risuonano dei tacchi prepotenti di esigenti bellezze del mondo cosmopolita; negli alberghi tranquilli affacciati su immensi panorami verdeggianti o su vicoli e piazzette erbose risuonano voci insolite tra lo sbattere degli usci e il fruscio delle gonne. Un festival musicale in una città come Spoleto è dunque molto di più che un'occasione turistica ed estetica. Giocando sul titolo del festival, si potrebbe dire che è addirittura un incontro tra due mondi.
Meditazioni trasognate di fronte a meravigliose facciate di calde pietre indorate dal sole di secoli, passeggiate per la campagna circostante o sui monti sparsi di ville e di santuari, indugi sui belvederi cittadini rinfrescati dalle brezze della sera, vagabondaggi notturni per le viuzze deserte e oscure, tutto questo che forma di solito l'incanto delle antiche città medievali, Spoleto può offrirlo in soprammercato agli spettacoli del festival. Giancarlo Menotti eleggendo la città umbra a sede del suo festival ha senza dubbio fatto assegnamento su queste attrazioni , per adoperare una parola falsa e scintillante da luna park. Sono le attrazioni profondamente intime ed esclusivamente psicologiche dei luoghi lontani dalla vita moderna, conservati intatti dalla gelosia della storia, i quali chiedono al viaggiatore soltanto una disposizione d'animo contemplativa. Spoleto certamente non si spettava di diventare sede di un festival per opera di Giancarlo Menotti; lo stesso Menotti e coloro che accoglieranno il suo invito non si aspettavano fino a poco tempo fa di trovarsi a Spoleto per un festival. Da queste due situazioni imprevedute e sorprendenti senza dubbio scaturirà il successo dell'impresa.
                                                                                                     Alberto Moravia











giovedì 29 giugno 2017

Franceschini finalmente ha capito che c' hanno rotto i cabasisi. Ma lui crede di non avere responsabilità

In questi giorni sono in molti a lanciare messaggi non cifrati a Renzi, e molti dei messaggi non cifrati, arrivano anche dalle sue stesse trincee.
 Ieri, il filosofo Cacciari, di casa dalla Gruber, gli ha consigliato di smettere di gridare al complotto, e di andar dritto per la sua strada. E i cespugli? quelli il primo caldo li brucia. C'è un altro leader nella sinistra, si è chiesto Cacciari, oltre Renzi. Dunque metta nero su bianco un programma e tiri dritto, non stia d inseguire tutti i dissidenti, perchè la fossa se la scaveranno da soli, non possono continuare a vivere, non se li fila nessuno, oltre loro stessi.

Oggi dalle pagine di Repubblica Stefano Folli consiglia a Renzi di un colpo da statista: lasci perdere i complotti, non c'è un complotto dell'intera sinistra contro di lui. Che deve fare allora? Folli lo dice chiaramente: la sinistra,  a questo punto più unita dello stesso PD, preferirebbe  che Renzi non si candidasse nuovamente a premier (sebbene l'indicazione spetti solo al presidente della Repubblica) e faccia il segretario del più grande partito italiano, come l'hanno votato alle primarie. Di lavoro ne avrebbe, ed il paese gliene sarebbe grato, se poi più in là lo si dovesse richiamare al servizio di premier, si vedrà, ma ora ci rinunci, anche perchè non è detto che Gentiloni , più gradito di renzi in Italia ed anche fuori, non possa essere reincaricato da Mattarella.

Ma ora gli attacchi a Renzi si sono fatti più frequenti, si sono infittiti addirittura, ed anche  le sue trincee scalpitano. Perfino 'mezzodisastro' Franceschini - maggior azionista della segreteria e del governo Renzi - ha parlato:qualcosa si è rotto si è chesto? Cosa,  pensiamo di potergli rispondere noi, nel nostro piccolo: si sono rotti i CABASISI, secondo la vulgata camilleriana, i nostri, quelli di tutti i cittadini che vedono un governo tirare avanti fra mille difficoltà ma anche insidie continue oltre che ricatti e minacce, non tanto velati, e la bolgia politica discutere di come presentare il conto alle prossime elezioni, per le quali, avendo troppo da fare i fannulloni parlamentari - hanno deciso di rimandare la discussione della legge elettorale, al rientro dalle vacanze, per misurare con il bilancino vantaggi e svantaggi di ogni parola delle legge medesima per questa o quella forza.

 E intanto a noi c'hanno rotto i cabasisi, e non sappiamo più come ripararli, tant'è che restiamo chiusi in casa e non andiamo neanche a votare. Come potremmo con i cabasisi rotti?

Va al maxxi il sensazionale CONCERTO PER PUBBLICO E ORCHESTRA . Questa sera in campogrande

Per una volta,  la prima nella storia, non ci sarà l'orchestra sul palco e il pubblico in platea, la prima a suonare ed il secondo ad ascoltare, immobile e  in religioso silenzio. No, tutto questo appartiene al passato della musica, alla  musica della storia, non del presente. Il concerto di stasera ha del sensazionale, e va al maxxi,  in campogrande, a Roma.
 E il titolo lo preannuncia. Concerto per pubblico e orchestra - notare come il pubblico è messo prima dell'orchestra  - non il pubblico che sta lì  solo per  guardare ed ascoltare, ma per suonare e cantare e l'orchestra assieme. C'è solo un picclo pegno da pagare, neppure tanto gravoso. Prima del concerto il pubblico dovrà fare una mezz'oretta di prova. Ma prima gli saranno consegnati gli strumenti da suonare che sono 'caramelle' e 'kazii' ,  e le une e gli altri da suonare percuotendoli. No c'è improvvisazione, la partitura del rivoluzionario concerto è pubblicata in ogni sua nota da uno degli storici editori di musica tedeschi, Breitkopf & Hartel. Canteranno Golosese ( anzi suoneranno con le caramelle il golosese), il Dadaliano ( che canta: da,da,da) e il kaziano, che attinge suoni dal dialetto delle lontane province giapponesi dove si suonano i Kazii.
 Il pubblico, per controbilanciare l'orchestra, che sarà comunque  di grandi dimensioni,  sarà altrettanto grande,  ma siccome  non può essere sterminato, affrettiamoci.
Aanzi affrettatevi. Noi non ci andremo!

Cherchez le parlementaire ou le senateur!

Pourquoi - viene voglia di rispondere con una delle quattro parole di francese che ricordiamo ancora.
Pourqoi, se uno vuol far valere le proprie ragioni in Parlamento, ottenendo una legge a proprio favore, deve cercarsi deputati o senatori che l'appoggino, sposando la sua causa.

Perchè ormai in Parlamento si naviga a vista e chi ha una vista più acuta di un altro, si butta avanti e indica la strada a chi ci vede poco o fa finta di vederci poco, in  attesa che si invertano le parti.

La cultura, naturalmente, è il terreno preferito di simili scorribande piratesche, e la musica in particolare - che è quella che ci interessa maggiormente.
L'invito o consiglio a cercarsi il parlamentare 'amico' è venuto, con enfasi, da Luca Barbareschi che, con questo sistema, nonostante il parere contrario dei ministri Franceschini e di Padoan, sì è visto regalato - in parte meritato, per qualche verso - un doppio premio di 4.000.000  di Euro cadauno, al Teatro Eliseo, di sua proprietà e gestione, a rischio chiusura per deficit.

Prima di Barbareschi, ci avevano provato altri due, con la legge finanziaria di fine 2016, nella quale il decreto 'milleproroghe', famigerato ma intoccabile, elargisce elemosine e premi a tutti quelli che contano.

Ad esempio al Festival Verdi di Parma, e, visto che erano con le mani in pasta, anche alla Fondazione Romaeuropa ( Causi, che potrebbe aver pensato di fare un regalo alla mogliettina Monique, ce'entra qualcosa, nel caso di Roma?). Non sappiamo quale sia stato l'esito della scappatoia (un decreto a parte che assicurava, ogni anno per il futuro, alle due istituzioni, un finanziamento statale di 1.000.000 di Euro, extra FUS), se i ciechi  erano nel frattempo guariti dalla cecità ed avevano voluto vederci chiaro. Ma forse non sono arrivati in tempo, e il decreto per le due istituzioni alla fine passò.

Adesso la Sereni, PD, e forse altri parlamentari umbri, tentano un nuovo colpo - ci stanno provando in questi giorni - chiedendo di approvare un nuovo decreto, extra FUS, per Umbria Jazz. Riusciranno i nostri parlementaires e senateurs ( senatrices)?

Qualcuno potrebbe pensare che noi siamo, in linea di principio ma anche per i soggetti nominati, contrari al loro finanziamento. No, non lo siamo affatto, specie se pensiamo ai mille rivoli attraverso i quali lo Stato finanzia istituzioni, avvenimenti ed altro, troppo spesso inutili e di bassa qualità.

 Vorremo solo che simili finanziamenti fossero attribuiti in base al merito oggettivo ( lasciamo stare gli algoritmi fasulli di Nastasi) ed in un quadro generale  di sostegno dello Stato alla cultura, senza figli e figliastri, attraverso il FUS ( altrimenti potrebbe accadere che 'i figli della gallina bianca' diventino sempre di più e per loro si dovrà pensare ad un FUS bis).

Mentre ora accade che basta trovarsi il padrino in Parlamento e la richiesta di soldi va in porto, nell'indifferenza generale o nella previsione che in futuro toccherà ad altri richiedere il medesimo appoggio. E così diritti cosiddetti 'acquisiti' si aggiungono a diritti 'acquisiti' cosiddetti, nella confusione generale.

mercoledì 28 giugno 2017

Che fine ha fatto 'La ciociara' di Tutino da Moravia, coprodotta dal Regio di Torino con San Francisco? E un 'Romano a Marte' lo vedremo mai a Roma?

Dell'Opera di Montalti, Compagno librettista, Un romano a Marte - vincitrice del Concorso di composizione bandito dall'Opera di Roma, nel biennio 2013-4, sotto la sovrintendenza di Fuortes, per la quale erano stati mobilitati registi e poeti di nome (Giorgio Barberio Corsetti, Patrizia Cavalli), per assicurarle un  battesimo di palcoscenico degno, e gli autori avevano  avuto anche un premio in denaro ( 20.000 Euro) - abbiamo parlato già l'altro ieri, sottolineando che neanche nella nuova stagione dell'Opera, 2017-8, c'è traccia.

Adesso tocchiamo, invece, un altro caso abbastanza strano che riguarda il Teatro Regio di Torino, per la stessa ragione: l'approdo in palcoscenico di un'opera nuova, frutto di una coproduzione, assente dal cartellone torinese anche nella prossima stagione, nella quale è da notare un fatto straordinario. Il debutto di un regista di genio, Stefano Mazzonis di Pralafera, con un'opera di Verdi, importata dal Teatro di Ligi, di cui il geniale regista è direttore artistico,  ed insieme il prestito del suo direttore 'principale' la talentuosa Speranza Scappucci .
Torino, il suo Teatro Regio, retto da molti anni ormai da Vergano e Noseda, coprodusse qualche anno fa con un teatro americano, San Francisco, un'opera nuova tratta da un capolavoro si Moravia, La ciociara, dal quale fu tratto in passato un film che meritò alla protagonista femminile, la Loren, l'Oscar. L'iniziativa era stata dell'allora direttore artistico del teatro americano, l'italiano  Luisotti, direttore d'orchestra; l'opera con il titolo americano, Le due donne, debuttò felicemente in America, mentre in Italia, a Torino, si attendeva il debutto nella stagione successiva. Che non si è ancora avuto, nonostante che di anni da allora ne siano trascorsi più d'uno; e forse mai si avrà.

Perchè nel frattempo, nel teatro torinese, che per un periodo è parso arroventato dalla lotta interna fra sovrintendente, eterno, e direttore musicale, aitante - anche se ora ha qualche problema di salute che speriamo si risolva presto ( nel frattempo, aggiungiamo, il glorioso teatro torinese, in una sua trasferta inglese, sostituisce Noseda, con il suo direttore di palcoscenico. Boh!) -  è arrivato con la benedizione dell'allora sindaco-presidente Fassino, che riuscì a metter pace fra i due, un nuovo direttore artistico, Gaston Fournier-Facio, al quale il debutto torinese dell'opera di Tutino che il teatro aveva coprodotto con San Francisco, non sta bene; e perciò l'ha cancellata dal presente come dal futuro cartellone.

Viene da chiedersi se può essere consentito all'ultimo arrivato, il nuovo direttore artistico,  pur con un incarico pesante, mandare all'aria un accordo sottoscritto in precedenza, senza che nessuno gli chieda i danni, non tanto a Tutino che comunque la sua opera l'ha vista rappresentata in America,  ma per il teatro impegnato nella coproduzione, con una consistente partecipazione alla spesa.
Come può il nuovo direttore artistico decidere di mandare all'aria quell'accordo di coproduzione, senza che nessuno gli chieda conto della decisione e , in solido, dei danni economici prodotti? 

Sembra che prossimamente l'opera di Tutino debutterà in un altro teatro italiano: Cagliari. Il quale, diversamente da Torino, ritiene che spinta anche dal clamore della fonte letteraria e del famoso film, l'opera possa avere un grande successo di pubblico, oltre che di critica - questo assicurato, basta invitare - come Meli faceva un tempo da sovrintendente ed ora farà certamente Orazi - orde di giornalisti.  E' prevista a novembre. Protagonista Anna Caterina Antonacci, nel ruolo alla prima mondiale di San Francisco. Direttore Giuseppe Finzi, già direttore 'residente' a San Francisco.

Premi 'SCHIENA DRITTA'. Ci sarà mai fra i premiati un giornalista che si occupa di musica?

ROMA, 28 giugno 2017.  - CONSEGNATI AI VINCITORI I RICONOSCIMENTI DEL PREMIO GIORNALISTICO "SCHIENA DRITTA" INTITOLATO AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA CARLO AZEGLIO CIAMPI. ALLA CERIMONIA, CHE SI E' SVOLTA A ROMA IN OCCASIONE DEL CONSIGLIO NAZIONALE DELL'ORDINE DEI GIORNALISTI, ERANO PRESENTI, TRA GLI ALTRI, IL DIRETTORE DI RAINEWS, ANTONIO DI BELLA E IL SEGRETARIO DI OSSIGENO INFORMAZIONE, GIUSEPPE F. MENNELLA. I PREMI CONSEGNATI DAL PRESIDENTE NICOLA MARINI, DAL VICEPRESIDENTE SANTINO FRANCHINA E DAL SEGRETARIO PAOLO PIROVANO SONO ANDATI A FLORIANA BULFON - 'NOI, I RAGAZZI DELLO ZOO DI ROMA' - L'ESPRESSO (CARTA STAMPATA), DAIANA PAOLI - 'VITA SOTTO SCORTA' - RAINEWS (TV) E MARIA CRISTINA FRADDOSIO - 'ALL'OMBRA DEL CAPORALATO' - REPUBBLICA.IT (web). IL CONSIGLIO NAZIONALE DEI GIORNALISTI, INOLTRE, HA CONSEGNATO ATTESTATI DI RICONOSCENZA ALLE COLLEGHE E AI COLLEGHI CHE, "PER AVER SVOLTO CON DEDIZIONE E SACRIFICIO LA PROPRIA PROFESSIONE, SONO STATI 'CONDANNATI' AD UNA VITA BLINDATA": I RICONOSCIMENTI SONO STATI ATTRIBUITI A LIRIO ABBATE, MICHELE ALBANESE, FEDERICA ANGELI, PAOLO BORROMETI, ROSARIA CAPACCHIONE, SANDRO RUOTOLO E GIOVANNI TIZIAN. (AGI)

martedì 27 giugno 2017

Monica Maggioni. La presidente Rai non sa quello che dice e Mentana la bacchetta e invita a dire cose sensate

Ieri l'ha bacchettata, la Maggioni, in diretta anche Enrico Mentana, durante il telegiornale serale; anche Mentana che   quando affronta  problemi dell'azienda del vicino è solitamente misurato. Cosa aveva detto di tanto grave Monica Maggioni, nella sua veste di Presidente della Rai, da convincere ed indurre Mentana ad intervenire?

L'oggetto del contendere era Fabbio, detto Fazio, ed il suo contratto Rai per i prossimi quattro anni, appena rinnovato, con un compenso vicino a i 12.000.000 di Euro: una paghetta.
 Nelle avventate dichiarazioni della Maggioni, Mentana ravvisava innanzitutto una bugia e cioè l'aver affermato che se non rinnovava  entro il 23 giugno, il contratto di Fabbio, questi era già in parola per passar a La 7. Cairo, ufficialmente, e Mentana pubblicamente, hanno ribadito che con Fabbio non c'era nessun contatto per il suo passaggio a La 7. Smentita ufficiale, ha sottolineato Mentana.

Ma ciò che ha irritato non solo Mentana, che avrebbe potuto anche passarci sopra non riguardandogli affatto la cosa, ma l'intera opinione pubblica, è stata l'affermazione seguente, più grave della bugia, della Maggioni: senza Fabbio per la RAI  sarebbe stato un disastro. Senza la colonna di sostegno di Fabbio la Rai sarebbe crollata.

  E qui perfino Mentana, che ha una grande considerazione di se stesso, meritata,  è stato costretto ad affermare che nessuno di noi è tanto indispensabile e necessario, oltre che insostituibile, da essere considerato la colonna portante di un'azienda come la Rai, che ha 13.000 dipendenti circa, una storia di tutto rilievo, anche prima della Maggioni - si potrebbe dire, a questo punto, nonostante la Maggioni  - ed un bagaglio di professionalità che certamente non si sarebbe azzerato con l'uscita di Fabbio, bravo sì, ma anche furbettino, come ha dimostrato in questo caso con la manfrina del rinnovo del contratto: se non me lo rinnovate alle mie condizioni, ECONOMICHE me ne vado, ho pronte le valigie. Ma per andare dove? E chi oggi avrebbe potuto dargli un compenso pari a quello che gli ha assicurato la Rai, con i soldi dei contribuenti?

 La Maggioni, per dar peso alle sue parole - un peso che certamente non avevano - ha anche aggiunto che Fabbio, andandosene dalla Rai, si sarebbe portato appresso anche la sua trasmissione, titolo compreso, di sua proprietà. Che paura!

Ah Maggioni, Maggioni. Appena chiamata ad esprimersi nel suo ruolo di presidente Rai, sbraca in maniera imbarazzante, al punto da dire che la azienda che Lei presiede, senza un Fabbio qualunque collasserebbe.  E' bastata la sua uscita di ieri per far capire a tutti quanto non sia  il ruolo occupato a mettere all'altezza chi lo occupa, se non ne ha le capacità.  La Maggioni ha dimostrato che non  è capace di fare la presidente Rai, ruolo le è arrivato per  strane congiunture.

E del resto la guerra fatta a Campo Dall'orto, per il canale di notizie da affidare alla Gabanelli,  aveva dato qualche segnale. Vuole mettere bocca proprio Lei che, negli anni in cui, per grazia ricevuta, ha diretto il canale informativo,  nulla ha fatto per far sapere che esisteva, mentre oggi quel canale con la direzione di Di Bella sapiamo tutti che esiste e che vive di una sua vita. Ma forse la Maggioni stava pensando a se stessa, al suo possibile futuro, alla fine del mandato come presidente.

Intanto sappiamo che Lei oggi avrebbe bisogno di un badante che la consigli prima di parlare e che, nel caso arrivi tardi, le tappi letteralmente la bocca, per non farle dire altre...

Carlo Fuortes: sarà una stagione di successi

Lui lo sa da prima di cominciare, lui  è Carlo Fuortes,  e a proposito della prossima stagione dell'Opera di Roma che ha appena annunciato, buon ultimo fra i teatri di più antica storia del nostro paese, ha assicurato del successo: sarà una stagione di successi? Chi glielo ha assicurato? I registi chiamati - adesso ha tolto l'aggettivo 'grandi' che nelle stagione passate utilizzava ad ogni piè sospinto - a lavorare all'Opera, che sono:  Popolizio, debuttante, ed i i collaudati e fedelissimi di Fuortes, Barberio Corsetti, Michieletto, Pippo Delbono, Alex Ollé ecc...A Lui bastano loro, soprattutto loro, poi i direttori , beh su quelli ... Mentre sulle cantanti, una passerella di bellissime, anche su quelle punta Fuortes.

Senonchè, nel corso della conferenza stampa, Fuortes, dopo aver assicurato  che per il terzo anno consecutivo l'Opera chiude il bilancio in pareggio (ma i debiti pregressi sono ancora una montagna ed a quelli si provvede altrimenti, e sarà lui  a dovervi provvedere!) ha sottolineato che l'età media degli spettatori dell'Opera si sta abbassando: sempre più giovani frequentano il Costanzi (non sarà che la media degli spettatori giovani si è alzata da quando si apre il teatro, per le 'generali', agli studenti?), e che il pubblico è aumentato (caso strano: secondo una recente inchiesta il pubblico è aumentato soprattutto nei teatri più disastrati economicamente come Bologna, Roma, Firenze e Bari. Saranno loro, i nuovi invasori, a creare deficit di bilancio?).

 Poi, evidentemente sollecitato dal solito giornalista inopportuno e ficcanaso - perché fosse stato per Fuortes l'argomento non era da toccare - ha confessato che ha sbagliato a nominare Giorgio Battistelli, (perchè era sufficiente - per quanto insufficiente di suo - era Alessio Vlad, sottolinea il giornalista amico del Vlad)  per la cui presenza era stato costretto - senza voglia, altro che proclami sul teatro contemporaneo!- a inventare il Festival di teatro contemporaneo che ha avuto vita brevissima, una sola stagione, e quei concerti  che si sono segnalati all'opinione pubblica per il palcoscenico avanzato in platea ( forse per coprire le poltrone altrimenti vuote!).

Adesso Battistelli  se ne è andato e forse reagirà alla  bordata del sovrintendente amico - avrebbe dovuto restare se non c'erano i soldi per fare il secondo festival  e i concerti con il palcoscenico proteso in platea?- E l'opera che attendeva di essere rappresentata proprio in questa seconda edizione del festival, 'Un romano a Marte', di Montalti-Compagno, vincitrice del concorso di composizione bandito dal teatro, nel biennio 2013-4  che fine fa? deve ancora attendere? Per fortuna che ai vincitori è andato anche un premio in denaro, che ci sia augura, sia stato già consegnato di 20.000 Euro, una somma stratosferica, per raggiungere la quale Fuortes, per il teatro, aveva bussato a Eni, Deutsch Bank, Maite e Paolo Bulgari.

Ma nessuno ha chiesto a Fuortes del destino di quell'opera, nè Fuortes ha  anticipato la data in cui è prevista la rappresentazione, come da regolamento del concorso. Intanto è sicuro che neanche nella prossima stagione. 2017-8, l'opera di Montalti-Compagno andrà in scena.

 Per il resto, Fuortes ha dato la sua parola: sarà una stagione di successi!

lunedì 26 giugno 2017

Fabio Fazio ed altri (Giletti) disastri Rai

Alla fine l'ha spuntata Fabbio con Rai 1, e non perché avesse un contratto alternativo, già in tasca, con La 7 di Cairo -  passaggio smentito all'indomani di alcune rivelazioni giornalistiche evidentemente errate. Come altre volte il noto presentatore/ artista - anch'egli non giornalista, come  Vespa che ha con la Rai un contratto da esterno ma come artista -   ha sventolato sotto il naso dei dirigenti Rai la minaccia della sua uscita e i dirigenti, capitani coraggiosi, hanno accolto le richieste del presentatore genovese che adesso dopo il lauto compenso raggiunto non potrà più addurre a giustificazione delle sue giacchettelle cortine da ragazzo, la mancanza di soli. Almeno quelle se le faccia allungare, perchè ora chi crederà più al Fabbio bohémien e controcorrente che anche quelle giacchettele vorrebbero inculcare?

Ma che cosa chiedeva di così importante Fabbio alla Rai per restare? Semplicemente che non toccassero il suo cachet. E che, di conseguenza, non lo considerassero solo un costo, che poi è. E, difatti, il suo cachet non solo non è stato ritoccato ma glielo hanno anche aumentato, perché Fabbio è una ricchezza che non si poteva cedere ad altri e che ora, passando a Rai 1, farà aumentare anche le entrate pubblicitarie  legate al suo programma, che si sdoppierà: oltre la domenica, avrà una coda il lunedì. Intanto sappiamo dell'aumento del suo cachet e degli altri costi della sua trasmissione: complessivamente il doppio del suo cachet.  Dell'aumento delle entrate pubblicitarie  se ne potrà parlare solo in futuro. Tutto questo hanno detto a giustificazione del nuovo contratto al presentatore, il direttore generale e  la presidente Rai.

I dirigenti per dimostrare che cosa può fare Fabbio, e di conseguenza la ragione principale per cui  se lo sono tenuti stretto e gli hanno anche aumentato il compenso, hanno tirato fuori l'ultima puntata della sua trasmissione, nella quale ha ospitato Fiorello, il vero asso della televisione che quella sera ha fatto faville. Fiorello, non Fazio. Tanto valeva convincere Fiorello, facendogli superare la sua  ben nota pigrizia, magari facendogli sentire il profumo dei soldi al quale tutti, Fiorello compreso,  si mostrano sensibili.
 Fabbio , infine, non si tocca , per gli alti ascolti che faceva. intorno ai 3.000.000 di telespettatori. Ora dovrà cambiare anche registro perché il pubblico di Rai 1 non è quello di Rai 3, e si dovrà vedere come reagirà alle sue nuove proposte.

 Ma allora, se uno fa ogni domenica, in una fascia oraria diversa, e su Rai 1, 4.000.000 circa di telespettatori , e  costa 1/5 di quel che costa Fabbio, questi è da cambiare, anzi il suo programma da annullare, come nel caso dell'Arena di Giletti, in difesa del quale è scesa in campo unanime tutta la destra, dai consiglieri Rai ai partiti e altri?

La sua 'Arena' del primo pomeriggio domenicale di Rai 1 non c'è nel palinsesto della prossima stagione, anche se nella passata faceva intorno ai 4.000.000 di telespettatori ogni volta. Era una ampia finestra politica e di costume del lungo pomeriggio domenicale che ora sarà tutto nelle mani di Cristina Gori, in arte Cristina Parodi, nonostante quel suo tragico scivolone dell 'intervista all'imbroglione, presentato come martire ed eroe ( nato donna in un corpo di uomo; meglio: farabutto in un corpo umano, ora indagato!) del quale tutti i giornali hanno scritto chiedendo per Lei e la sua redazione ( la vita in diretta) una ammonizione pubblica,  che non c'è stata; come l'ha avuta, in questa stagione,  la signora Presta, in arte Paola Perego, che ora, dopo un periodo di quarantena, torna vittoriosa in Rai. La Parodi non solo non è mai uscita ma regna sovrana, la signora Gori.

Dell'Arena demagogica e populista e della 'spalla' leccatissima del presentatore,  s'è detto tante volte, ma al pubblico evidentemente quella fossa dei leoni, talvolta con  gli artigli limati, piaceva. Ora Rai 1 l'ha tolta dal palinsesto; ma per quali ragioni, e tutte opposte a quelle per cui ha fatto il nuovo contratto a Fabbio?

Ragioni 'editoriali': la domenica non si vuole turbare l'aria serena e familiare del pubblico di Rai 1. Ma se a 4.000.000 circa quell'aria un pò turbata  piaceva, perché privarli? Scelte editoriali.

Si potrebbero tirare le somme facendo i conti della serva: Fabbio è una  ricchezza della Rai con i suoi 3.000.000 circa di telespettatori e le sue classiche giacchettelle; Giletti col ciuffo, più bellocccio e le giacche a lunghezza normale, con i suoi 4.000.000 circa di telespettatori che cosa è? Troppi spettatori sono ingombranti?
Fabbio  è riuscito a farsi dare da Rai 1, 2.800.000 Euro a stagione, per quattro stagioni consecutive. 12.000.000 di Euro ( oltre una ventina di miliardi di lire, lira più lira meno)  e resta per la Rai una ricchezza - ma non dimentichiamoci anche che è prima di tutto un costo; Giletti con i suoi 500.000 Euro circa di compenso non è una ricchezza che va tutelata quanto Fabbio, che va tutelato più di Giletti, perché lui è più ricco di Giletti.

Si potrebbe aggiungere, per finire, che Fabbio nell'ottenere soldi, anche senza far nulla, è maestro. Si possono dimenticare i quasi venti miliardi di lire, o forse anche più, forse 28 addirittura, che riuscì a farsi dare dai precedenti proprietari dell'attuale La 7,  quando interruppero un contratto ancor prima che il Fabbio cominciasse a lavorarvi. Bravo, no? Ed è forse questa la ragione per cui Cairo ha subito messo le mani avanti: con noi non c'era neanche un 'pour parler'.

Poste Italiane. Uno dei tanti furti autorizzati dallo Stato, attraverso Poste Italiane

Torno or ora dall'Ufficio postale dove sono andato a pagare l'ennesimo bollettino per il consumo elettrico, ad ACEA, dove è presente anche la quota relativa al canone tv.
 La tassa che si paga alle Poste (e dunque allo Stato, essendo Poste Italiane  società pubblica) per ogni bollettino di c/c e di 1.50 Euro. Poca cosa, certo, ma se uno, nel corso dell'anno, va alle Poste a pagare un centinaio di bollettini, fra i quali la gran parte è a beneficio di società,   anche quotate, che sono pubbliche in tutto o in parte, lo Stato, attraverso Poste italiane, incassa oltre che il pagamento per i vari consumi, anche una tassa che, a fine anno, supera di gran lunga i 100,00 Euro. Dunque un'altra tassa, l'ennessima. Occulta.

Vero è che il servizio che Poste Italiane rende - o dovrebbe rendere se non ci fossero file e disservizi vari - ha un costo anche in termini di personale sia negli uffici che in giro per le strade ( pensiamo alla consegna della posta o di pacchi che adesso in certe zone non è più giornaliera: un bel progresso! -  e quest'anno Poste Italiane gestisce anche la consegna di pachi per conto del colosso Amazon). Ma forse il costo di francobolli e di qualunque genere di spedizione,  dovrebbe ampiamente ripagare a Poste Italiane il costo dei servizi resi ( che sono sempre scadenti, bene ripeterlo!)

La legge prevede che coloro i quali hanno al di sopra dei 65 anni, paghino una tassa dimezzata rispetto a quella normale. Per ottenere lo sconto gli anziani paganti devono mostrare un documento proprio o dell' intestatario del bollettino di c/c, qualora questi incarichi altri ad andare alle Poste.
Ma questo sconto occorre sempre domandarlo, come si domanda una elemosina, mentre è il frutto del rispetto di un diritto riconosciuto ai cittadini che abbiano superato i 65 anni di età.

Dal bollettino risulta chiaramente - attraverso il codice fiscale riprodotto - l'età dell'intestatario del bollettino medesimo. Ora, è mai possibile che non si confeziona un programma, attraverso il quale il computer rilevi l'età del contribuente, attingendolo dal suo codice fiscale riprodotto sul bollettino, applicando immediatamente e AUTOMATICAMENTE la tariffa ridotta?

Non è affatto impossibile nè difficile per uno Stato che ormai spia i cittadini in ogni momento per ogni cosa . Si dirà che lo Stato  è costretto a fare lo  spione per combattere l'evasione fiscale, in Italia, che è altissima. Ma se lo Stato si attrezza a dovere per fare lo spione, perchè non usa altrettanta solerzia nell'attrezzarsi a non fare più il LADRONE OCCULTO degli ignari ed indifesi cittadini.

Lo faccia per i bollettini che non riguardano il pagamento di acquisti privati,  almeno per quelli ; e cioè per i pagamenti relativi ad utenze pubbliche che vanno a finire nelle casse dello Stato. Che bisogno c'è, almeno in questi casi, di  far pagare un'ulteriore tassa?

domenica 25 giugno 2017

Festa della Musica a Roma. Ciò che l'Accademia tedesca di Villa Massimo sa fare e fa meravigliosamente, e Roma no!

A leggere il proclama-invito diramato dall'assessore Bergamo,  incaricato della 'ricrescita culturale' a Roma dal suo superiore Virginia Raggi, uno si immaginava che mercoledì scorso, a Roma, ogni piazza, vicolo, strada,  ponte, centro culturale ecc... ecc... sarebbe stato inondato dalla musica. E, invece, no. Come era da temere, per la ben nota disorganizzazione della giunta comunale e della sua amministrazione all'insegna dell'improvvisazione  all'ultimo minuto. I giornali hanno raccontato la desolazione dei pochissimi concertini (considerarli tali  suona già come una immeritata concessione!) che somigliavano, laddove sono stati improvvisati, alle esibizioni di musicisti di strada che chiedono l'elemosina. Mancava solo ai loro piedi il cappello o la custodia degli strumenti per gli spiccioli  offerti dai più caritatevoli. Questo era lo spettacolo desolante che Roma ha offerto nel giorno che doveva suonare come la FESTA DELLA MUSICA!

Forse solo l'Accademia di Francia ha organizzato un concerto degno di questo nome, un concerto pubblico, in Piazza Farnese, avendo come quinta la storica facciata della sua Ambasciata a Roma.

Il giorno dopo, primo dell'estate dopo il solstizio - giovedì 22 giugno - Villa Massimo, sede romana dell'Accademia tedesca, ha aperto i suoi cancelli per la Festa dell'Estate - Festa delle arti! - e la conclusione dell'anno accademico. Il viale sul quale si affacciano gli studi dei borsisti erano tirati a lucido e gli studi addobbati con cura, in ognuno di essi l'esposizione di un borsista: immagini, sculture, tableaux vivants, video, azioni in movimento e concerti brevi, ma ripetuto ed affollati. Viale e studi letteralmente invasi da una folla, giovane soprattutto, di  artisti e non,  di tante nazionalità, una specie di babele musicale che si ascoltare passeggiando nei viali. Dall'altra parte del meraviglioso bosco-giardino, la sede vera e propria dell'Accademia , rimessa a nuovo ed illuminata da suggestive fiaccole. La Villa  era rimasta chiusa per qualche mese per inderogabili lavori,  molti dei quali non visibili immediatamente, perché riguardanti strutture - quasi tutte sotterranee - che non si vedono ma il cui ammodernamento si  farà sentire ogni volta che ci dovesse essere una emergenza. Questa si chiama prevenzione, un'altra delle virtù che in Italia nessuno, e neppure il potere, pratica e le cui conseguenze disastrose sono da registrare quasi giornalmente.

L'Accademia tedesca di Villa Massimo ogni anno celebra la Festa dell'Estate in giugno, in concomitanza con la 'Festa della Musica', e, in autunno, a novembre, quella più specificamente musicale per dare spazio ai suoi borsisti musicisti, invitando un complesso di rinomanza internazionale per un concerto ospitato all'Auditorium e sempre apprezzato anche per la qualità degli interpreti che l'Accademia mette a disposizione dei suoi giovani artisti. Quest'anno il concerto si è svolto il 22 maggio. In Italia prevale la tendenza di offrire a giovani artisti  mezzi e strutture sgarrupate!

E sempre in autunno, giunge, gradito omaggio, l'Annuario di Villa Massimo, una specie di album di famiglia, dove si racconta la vita dell'Accademia e si mettono in vetrina le produzioni dei suoi artisti ospiti.

Analoga cura dei propri istituti di eccellenza artistica e culturale hanno altre nazioni per le loro  sedi a Roma, da quella francese all'americana alla spagnola. E, tutto sommato, è forse una fortuna che l'Italia non abbia a Roma una sua accademia, perché il solo confronto nella gestione generale, nella cura della propria sede, e  nel pregio delle  produzioni, sarebbe impietoso.

Già la cura con cui queste accademie accudiscono le loro sedi sembra un miracolo vivente. Villa Massimo  come anche Villa Aurelia al Gianicolo ( sede di rappresentanza  dell'Accademia americana) hanno del miracoloso. Giardini  curati a regola d'arte in ogni particolare. Proprio come in Italia si fa con i propri monumenti più pregiati, dove dal giorno dopo un restauro, regna l'incuria più totale.

Qualcuno potrebbe azzardare che quelle nazioni forniscono i fondi necessari per gestire egregiamente le loro sedi culturali all'estero e le attività che vi si svolgono. No, non è così. Perché i soldi anche i Italia ci sono, solo che vengono spesi male; e, comunque, non è detto che, alle accademie straniere giunga ogni anno un fiume di denaro. I direttori hanno sempre da fare i conti con i fondi disponibili che, per definizione,  non sono mai sufficienti, ma che comunque loro sanno ben spendere, con i risultati che sono sotto gli occhi di tutti.

La sgangherata giunta Raggi lancia il proclama-invito per la Festa della Musica 2017, a Roma

Il 21 giugno 2017 Roma festeggia la musica. Artisti, studenti, musicisti e amanti delle note potranno ascoltare, suonare, cantare, divertirsi, organizzare concerti in piazze, cortili, strade, parchi. Chi aprirà la finestra e canterà a squarciagola la sua canzone preferita. Chi organizzerà un live in un luogo della città.
Tutta Roma farà musica

sabato 24 giugno 2017

Il ministroFranceschini i guai se li va a cercare da solo, indipendentemente da Fedez

Si dice che mette le mani avanti. E, infatti, se uno va a cercare in rete la 'Sorgente Group', una società internazionale nei cui meandri forse anche un addetto ai lavori si perderebbe, figuriamoci noi, si legge   che il 'Gruppo e le società da esso controllate ecc... non hanno alcun rapporto con il Ministero di Franceschini'. E chi glielo ha chiesto, direbbe una qualunque persona? Perchè una società immobiliare, almeno questa sembra la sua vocazione principale dovrebbe avere rapporto con il Ministero della cultura? Ma sì forse per il fatto che la società organizza anche eventi culturali - ci pare di aver letto nel seguito della pagina 'home'.

Ora a noi la società ci interessa per il semplice fatto che gestisce anche l'immenso patrimonio immobiliare della SIAE che forse con il Ministero di Franceschini qualche rapporto ce l'ha. E allora?

Allora le cose cominciano a complicarsi. Perchè nel 2016, dunque l'altro ieri, la sig.ra Michela Di Biase, consigliera comunale PD, anzi capogruppo in Campidoglio, riceve dalla suddetta società un incarico  nel settore delle 'relazioni esterne'. Ed uno allora si chiede: relazioni esterne con chi? forse con il ministero di Frnceschini', E, se pure,  che ci sarebbe di strano? C'è di strano che Franceschini è il marito di Michela Di Biase. Ed è anche strano che alla consigliera, moglie del ministro, arrivi tale incarico  proprio qualche mese fa e non quando lei non era ancor la moglie di Franceschini. Non c'è nulla di strano, anzi nulla ci sarebbe in teoria, ma il caso dunque è strano assai. E per questo Fedez ha fatto bene a denunciarlo - anche se la sua denuncia nasce forse da un interesse personale: si è dissociato dalla Siae e si è rivolto ad una'altra società che riscuote  i diritti per gli artisti.

 Sui  possibili conflitti di interesse - anzi sugli interessi senza conflitti - della consigliera comunale Di Biase altre volte abbiamo scritto, ai tempi del sindaco Marino quando lei era  presidente della Commissione cultura al Campidoglio e suo marito era già ministro. Beh, in quel caso forse la Di Biase,  attraverso Franceschini, dava una mano a Marino - cosa che certamente non fa ora dai banchi dell'opposizione con la Raggi ( e bene fa visto il disastro della presente amministrazione); una mano che poi gli tolse quando il capo, toscano, decise di buttare a mare il sindaco chirurgo, al quale l'operazione di salvataggio di Roma non era riuscita.

Di fronte all'impiego della Di Biase nella Sorgente Group, lei che è già consigliera comunale e mamma, oltre che moglie di ministro parlamentare,  viene da concludere che davvero in Italia trovare un posto di lavoro è impresa quasi impossibile, se deve intervenire ( come si sicuramente non sarà accaduto nel nostro caso, ma noi lo ipotizziamo comunque) il marito ministro per trovare lavoro a sua moglie. E qui  la fortuna per noi è che la società esisteva già. Perchè in tempi passati, non remoti,  il fedele scudiero di Franceschini e Letta, cioè Salvo Nastasi, per trovare posto alla sua mogliettina Giulia - la figlia di Gianni Minoli e Matilde Bernabei - si inventò il Museo del Teatro San Carlo a nostre spese.
 Dunque ci è andata fin troppo bene nel caso di Franceschini e Michela di Biase alla Sorgente Group.

 Infine, secondo alcune ricostruzione giornalistiche, pare che la Siae sia diventato il 'cavallo di troia' dei renziani per dare l'ultimo assalto ai posti che man mano si liberano nel pubblico, ma solo a quelli più ambiti e meglio retribuiti: vi ha trovato impiego anche una sorella del sindaco di Firenze, Dario Nardella.

venerdì 23 giugno 2017

Attilio Lolini è scomparso ieri. Era lui il LEPORELLO di MUSIC@, bimestrale edito dal Conservatorio dell'Aquila

La notizia l'abbiamo appresa oggi, leggendo un elzeviro che Paolo Di Stefano gli ha dedicato sul Corriere. Il Poeta, il polemista senese Lolini  se ne è andato all'età di 78 anni. Solo alla morte non ha opposto la sua proverbiale pigrizia, lentezza, indolenza quasi.

Noi lo abbiamo conosciuto molti anni fa, in casa di suo cugino Ruggero, compositore, nostro amico. Ci colpì di lui subito l'acutezza di pensiero e di giudizio e la leggerezza del parlare e dello scrivere, oltre naturalmente la sua sviscerata passione per la musica e la conoscenza puntigliosa, specie il melodramma, che di essa ne aveva.  Viveva da sempre nella campagna di Siena, sede della Chigiana, dove anche noi negli anni Sessanta abbiamo studiato e dove molte altre volte siamo tornati; ma in quel palazzo da protagonista non lo abbiamo mai visto aggirarsi, nonostante che ai suoi vertici si siano succeduti l'uno dopo l'altro, degni, più o meno, reggitori, perché Attilio era schietto e perciò scomodo.

Lo avevamo già interpellato e coinvolto nella avventura di Applausi il mensile di musica patinato, ma sferzante, che ebbe vita breve in edicola, un paio d'anni circa. Poi quando decidemmo di dar vita a Music@, incoraggiato e sostenuto dal direttore del Conservatorio dell'Aquila, Bruno Carioti, che ne divenne l'editore, per la pagina conclusiva del bimestrale, intitolata Aria del catalogo e firmata da Leporello, pensammo immediatamente a lui.
 Lui sapeva essere anche cattivissimo ma di penna leggerissima, come una piuma. diremmo equilibrista della parola, funambolo, caratteristiche che attutivano, almeno nella facciata, la durezza dei suoi giudizi, la profondità delle sue analisi.
 Solo rarissime volte, nei sette anni in cui Music@ ebbe vita felice, non abbiamo condiviso il catalogo che lui autonomamente decideva come riempirlo e ci inviava. E lo abbiamo fatto, quelle rare volte, per paura. Per paura che il solito malandrino, scoperto a rubare, ci denunciasse, ma senza smettere di rubare, anzi ci denunciasse proprio per continuare a farlo.
 Che ci ricordiamo, una volta sola,invece, gli dicemmo che quella sua aria del catalogo non potevamo pubblicarla, come poi facemmo senza che lui se la prendesse. Riguardava una trasmissioncella radiofonica idiota che lui bistrattava senza ritegno. Come meritava.

Ci piacerebbe raccogliere e pubblicare in volumetto quei suoi cataloghi pieni di aria pulita e fresca.
Chissà che non ci riusciamo. Intanto, Leporello, passato a servire un altro padrone, ciao. Pietro

giovedì 22 giugno 2017

Blog: IL MENESTRELLO. 23 giugno 2013 - 23 giugno 2017. Numeri

Oggi, sono esattamente quattro anni dacché questo Menestrello ha preso a girare per le strade e piazze a cantarle.  Le ha cantate tutte le volte che ha ritenuto di doverlo fare, al cospetto di tutti, e parlando di qualunque argomento, anche di alcuni non strettamente legati alla sua vocazione che è stata e sarà prevalentemente musicale.

Dopo quattro anni si possono anche tirare delle somme. Innanzitutto è difficile fare star zitto il nostro menestrello per troppo tempo, quasi non passa giorno senza che lui faccia sentire la sua voce, al punto che le sue 'canzoni'( 'post', in gergo) hanno superato anche le 2000 unità.
Ma anche il seguito  può vantare numeri degni di rispetto. In quattro anni siamo giunti a quasi 214.000 visite, e ci sono stati giorni in cui c'è voluto qualcuno per tenere  a bada la folla che spingeva sull'uscio della sua  casa.
Fra le ultime occasioni, quando abbiamo scritto dell'uscita, sempre tardiva, di Battistelli dall'Opera di Roma: oltre un migliaio, in ventiquattr'ore, hanno apprezzato quel che il menestrello gli aveva cantato in faccia.

Il menestrello perciò continuerà  a cantare fino a quando ne avrà voglia e forza e fino a quando soprattutto ci sarà qualcuno disposto ad ascoltarlo. Ad oggi, davanti alla sua porta, ogni mese c'è una fila che supera le 3.000 unità e che vi staziona stabilmente, oltre i nuovi arrivati che ogni mese si registrano. Dunque superata ogni rosea previsione e perciò lunga vita al menestrello.

Caproni? Chi era costui? A margine dei temi di italiano della maturità

La domanda più ricorrente sulla bocca degli esaminandi all'uscita dalle aule d'esami era: Caproni, chi è? Chi lo conosce? Davvero in pochi,  i più avveduti ed anche più cauti, hanno azzardato: non siamo arrivati. Dunque quel nome,  presente forse solo su qualche antologia - perché non è detta la sua presenza su tutte - era noto a qualcuno, anche senza conoscerne un solo verso. E pure quei versi, offerti alla riflessione, avevano lo stesso candore del Cantico delle creature di Francesco d'Assisi e celebravano una liturgia laica in onore del creato, officiata dall'uomo, di qualunque cultura e fede, del nostro tempo.

Ma un altro elemento salta agli occhi, leggendo tutte le tracce dei temi. E cioè il ricorso che il Ministero della Fedeli ( la ministra che ha mentito sulla sua laurea - che non ha mai conseguito - e forse anche sul diploma, di dubbia natura, ma se fa bene la ministra, pur dell'Università, che lei non ha neppure vista di fuori e di lontano, chissenefrega!) ha fatto, per i vari argomenti proposti, agli articoli di giornale citandone l'articolista e la testata. Anche questa, come il ricorso a Caproni, poeta nobilissimo, ma non altrettanto conosciuto, è una prima volta, perché anche nel caso dei giornali non si tratta di firme notissime e neppure autorevolissime, colpevoli o meritevoli solo perché hanno affrontato  nei loro articoli argomenti e temi che la ministra voleva offrire alla riflessione dei maturandi.

 Ora, non sarebbe stato più opportuno che  quegli stessi argomenti fossero offerti alla riflessione dei maturandi in altro modo, e non attraverso la citazione letterale, parziale, di un articolo di giornale?
Secondo noi sì.

C'è poi una caso particolare che ci ha messo curiosità, per il quale, senza bisogno di interrogare il diretto interessato,  e quindi osando, siamo in grado di dare una  spiegazione, senza timore di sbagliare.
 Uno degli articoli citati recava la firma di un  bravo giornalista economico, Enrico Marro, al Corriere per molti anni, che avemmo anche la ventura di conoscere. Solo che l'articolo prescelto era  uscito su Il Sole 24 Ore, dove potrebbe essere passato, da non moltissimo tempo, Marro ( l'articolo e degli ultimi mesi del 2016).
 Una conferma a questo nostro sospetto è venuta leggendo oggi il Corriere che nelle due pagine dedicate all'argomento,  mentre cita tutti i temi della maturità e gli autori degli articoli ai quali il ministero aveva fatto letterale riferimento, cita l'argomento ma omette il nome di Enrico Marro.
 Il nostro sospetto è, perciò, che Marro è passato dal Corriere al Sole 24 Ore, sebbene nel periodo più disastrato del giornale economico di Confindustria, e che il Corriere suo giornale precedente, glielo abbia fatto pagare, attraverso la cancellazione perfino del suo nome dall'elenco dei giornalisti i cui articoli la Fedeli ha voluto mettere in vetrina, senza bisogno. Ma forse avrà voluto fare un favore ai giornali  che con lei d'ora in avanti, proveranno ad essere più teneri ( almeno sulla laurea)

Divo Nerone chiude bottega, per fortuna senza dar fuoco alla città, ma solo a polemiche, roventi

Ci raccontava una nostra amica, giorni fa, di sua figlia che faceva la hostess sul Palatino per l'opera rock Divo Nerone, aggiungendo che non l'avevano ancora pagata mai - ma che forse non l'avrebbero mai pagata - che il pubblico che vi aveva assistito era di poche unità, nonostante che molti  avessero l'ingresso omaggio, e che alcune donne, soprattutto donne, accompagnate magari dai figli, mollavano la platea  a seguito di alcune scene triviali, davvero tali. Dunque, concludeva la mia amica,  era assai improbabile che quell' indecente spettacolo durasse tutta l'estate, e perciò sua figlia bene aveva fatto a telare, a gambe levate.

Sono passati pochi giorni, il pubblico qualche sera praticamente non c'era (una ventina in tutto gli spettatori una sera, in una platea che poteva contenerne 3000), e sull'opera rock che aveva messo insieme alcuni premi oscar italiani per scene e costumi, sì è abbattuta la scure comunale della inflessibile ed integerrima Raggi che ha constatato come l'impresa non avesse l'autorizzazione e che , nel caso del 'suono-rumore' irradiato, esso superasse di gran lunga i limiti imposti. Dunque giù il sipario, in attesa che il ricorso al Tar presentato dall'impresa venga discusso e si arrivi a  sentenza.

Diverso l'atteggiamento dei due più noti quotidiani nazionali sulla cosa. Il Corriere anche oggi gli dedica più di un articolo, Repubblica lo ignora addirittura.

Comunque sono molti i punti ancora da chiarire sul discusso spettacolo autorizzato senza che nessuno abbia potuto vedere prima del suo debutto, come si trattasse di una piccola cosa da rappresentarsi in un localino di periferia. E invece... urgono spiegazioni.

1. Il Ministero di Franceschini, 'mezzodisastro', ed il suo sovrintendente Prosperetti hanno autorizzato l'utilizzo di Vigna Barberini,  che mai prima d'ora aveva ospitato alcunchè, per la sacralità del luogo.

2. Lo stesso sovrintendente di fronte al mostro eretto per la rappresentazione: un palco enorme ed una platea sterminata., ha confessato che lui non s'era reso conto, e che di esso si è accorto solo quando ha visto il manufatto messo in opera ( il sovrintendente, avete capito? ).

3. Anche la Regione di Zingaretti è chiamata in causa perchè una  sua agenzia ha finanziato con oltre un milione di Euro il progetto. Si può finanziare un progetto che non è valutabile in ogni sua componente? Che cosa hanno allora inteso finanziare? Facevano fede i nomi pesanti dei premi oscar coinvolti? Troppo poco quando non si conosce la sostanza.

4. I vigili vigilantissimi della Raggi vengono fuori solo a cose fatte, redigono un verbale di irregolarità e tirano giù il sipario. Magari loro avrebbero fatto come i solerti funzionari del ministero che hanno concesso Vigna Barberini con troppa disinvoltura, leggerezza ed irresponsabilità. Visto però che non hanno colpa provano a dare fastidio al governatore Zingaretti.

5. Infine, Franceschini, si è posto il problema della figuraccia che lui, il suo ministero, ma anche il Governo e l'Italia hanno fatto di fronte all'opinione pubblica mondiale? Hanno ospitato, per la prima volta, in un sito sacro per storia e archeologia,  un prodotto dozzinale, anzi scadente. Non solo. Figuraccia dopo figuraccia, l'indecente spettacolo rischia di non andare più in scena. E chissà che non dovremo abituarci a vedere sul Palatino, quel mostro di tubi che, per insolvenza, l'impresa, non vorrà o potrà neppure rimuovere.
 Franceschini su questa faccenda non ha nulla da dire? E neanche Zingaretti, che in una sua dichiarazione ha sostenuto la bontà dell'investimento, ha nulla da dire? Perchè tanta leggerezza nel concedere un finanziamento cospicuo?

A Radio 3, c'è chi litiga con la lingua francese, inciampando perfino nella pronuncia di un titolo rossiniano celeberrimo

Confessiamo che  abbiamo nutrito sempre una sanissima invidia verso coloro che hanno dimestichezza con le lingue straniere, specie con l'inglese - perchè con il francese, la lingua dei nostri studi giovanili, almeno nella pronuncia, crediamo di cavarcela. Quando ascoltiamo i vari conduttori di Radio 3 - qui il termine ' conduttori' è giusto, non per i direttori d'orchestra che un certo giornalismo becero ora chiama anche 'conduttori' - pronunciare correntemente un termine od un nome inglese - la lingua che ci è sempre stata nemica, tanto da averne interrotto lo studio più di una volta - invidiamo la loro bravura con tutte le nostre forze. Salvo poi notare come taluni di essi, e uno in particolare, del quale già altre volte abbiamo scritto in anni passati,  se si ascolta(no) attentamente quel che dice (dicono) viene in animo di incolparlo(i) di apostasia e di delitto di logica.

Naturalmente c'è anche chi, pur nell'inglese, dove se la cava certamente meglio di noi, ma ci vuole assai poco, sembra parlare sempre con la bocca piena, rendendo praticamente insicuro e , di conseguenza, incomprensibile ogni cosa che dice, da quel che dice, alla lingua straniera.

Qualcuno ci dirà di fare i nomi, se non altro per invitarli a frequentare un corso intensivo di pronuncia inglese, ma anche di analisi logica e soprattutto del senso del discorso, cioè della 'logica' nel senso della filosofia: ma forse questo sarebbe troppo.

L'ultima novità, stamattina, sempre a Radio 3. Una voce femminile, presentata dal logorroico Camurri, attacca a presentare il programma della serata, che prevede una diretta dall'Opera di Roma, di una recita del Viaggio a Reims di Rossini, opera-cantata scritta per l'incoronazione di Carlo X.
Ora l'opera rossiniana, riscoperta molti anni fa da Abbado, che la diresse per la prima volta in tempi moderni a Pesaro e da allora tante altre volte è stata ripresa, è ormai celeberrima e straconosciuta, come celeberrima e straconosciuta è anche la cittadina francese dalla grandiosa cattedrale, al punto che non è consentito sbagliarne la pronuncia neache ad una conduttrice di Radio 3.

 Perciò non è consentito, a Radio 3, che la presentatrice che parla di musica e solo di questa, per giunta di musica cosiddetta classica, sia l'unica al mondo a pronunciare: VIAGGIO a RA(I)MS. Non si capiva  bene, in verità, se diceva RAMS o RAIMS, cioè se la 'I' la pronunciava ' o inghiottiva con la saliva. Questo è troppo!

mercoledì 21 giugno 2017

Vladimir Luxuria, Aldo Grasso, Guardia di Finanza. Indulgenti, forse troppo

Cominciamo dalla Guardia di Finanza che ieri ha arrestato, accusandolo di evasione fiscale e truffa a i danni dello Stato, un ' noto'  imprenditore romano, di una settantina d'anni quasi, e gli ha sequestrato beni per alcune decine di milioni fra  ristoranti, bar,  negozi e conti correnti - alcuni di questi esercizi di ristorazione  erano fra via Veneto e via del Tritone.  La Guardia di Finanza ha fatto sapere che il suddetto 'noto' imprenditore era già noto anche alle Fiamme gialle sempre gli stessi reati.
 Ma la Guardia di Finanza non ha rivelato il nome del presunto farabutto, delinquente ed anche evasore. Perchè? per rispetto della legge sulla privacy - ironia!; ma contravvenendo al comandamento che vuole i peccatori chiamati per nome, onde evitarli. Oggi si legge sui giornali che quel noto farabutto era imprenditore nel settore dell'arredamento, e si riportano solo le iniziali del suo nome e cognome. S.F. Qualche giornale invece lo chiama per nome: Aldo Berti. Tenere a mente il nome del farabutto!

Aldo Grasso - che naturalmente non ha nulla a che fare né con quell'imprenditore nè con la Guardia di Finanza  e tanto meno con Luxuria, della quale tuttavia qualche volta può aver scritto sul Corriere - l'altro ieri, recensendo un servizio di Piero Marrazzo sul Medio Oriente, visto sul TG1 (Speciale) ne ha notato l'eccessiva prudenza, bollandolo come un compitino fatto a regola d'arte senza offendere nessuno e neanche dicendo alcunchè di rilevante per ciascuno.
 Nel presentare Marrazzo ha avuto l'indulgenza, eccessiva, di non ricordare le sue vicende da Governatore della Regione Lazio. Ed ha scritto che, " terminato il suo mandato politico, è tornato in Rai". Doveva tornare, o no? Lo stabilisce una legge dello Stato che prevede che  durante l'esercizio di un mandato politico esiste una sospensiva temporanea del lavoro precedentemente esercitato, e terminato l'incarico politico si torna a quello precedente. Tutto normale.
Ma Aldo Grasso non può far finta di non sapere che Marrazzo non terminò il suo mandato politico al termine naturale della legislatura, perché  dovette dimettersi dopo che si era scoperto delle gravissime manchevolezze di carattere sessuale. Grasso ricorderà che egli si faceva accompagnare a casa di un  trans con la macchina di servizio la quale lo attendeva e, finito il 'mandato', lo riportava a casa o in ufficio. Tralasciamo la faccenda della droga, della quale, confessiamo, non ricordiamo più i particolari. Ma poco aggiunge, anche se, forse,  fu assolto dalla storia perché ci fu un tentativo di incastrarlo ecc... ecc.... Grasso dicendo che terminato il mandato politico tornò in Rai, dimostra nei suoi confronti una indulgenza eccessiva che Marrazzo non merita, per sua  irresponsabilità.

 E, per ultimo, Vladimir Luxuria, il cui caso, riguardando  il suicidio di un giovane, merita maggiore CAUTELA . E , tuttavia, non giustifica il fatto che ieri Lei si sia presentata in tv vestita a lutto per piangere il giovane Prato, suo amico e animatore del 'Gay village', che si è suicidato nel carcere di Velletri, alla vigilia del processo che lo avrebbe visto imputato dell' omicidio Varani , assieme a Foffo che è stato già giudicato con rito abbreviato e condannato a 30 anni.
Ora con tutta la pietà che si deve avere - ed anche noi abbiamo - per un giovane che si è suicidato ed il cui suicidio poteva forse essere evitato con la giusta sorveglianza carceraria, Luxuria non può dimenticare che il delitto di cui si sono macchiati Prato e Foffo è gravissimo, terribile.  Hanno cercato la loro vittima, in una serata che non sapevano cosa fare, insieme si sono drogati, e poi lo hanno massacrato fino alla morte, per vedere che effetto faceva la morte del giovane Varani. E' evidente che tanta indulgenza, pur con la dovuta pietà verso un giovane suicida, non si può avere per lui, neppure da parte di un' amica.

Festa della musica o Festa alla Musica?

Oggi, 21 giugno, dovremmo gioire, senza pause, dalla mattina alla sera,ed anche alla notte e fino alla mattina di domani, perchè a Roma,  non solo,  in Italia, e  in Europa si  celebra la Festa della Musica, voluta molti anni fa dal ministro Lang in Francia e poi diffusasi in tutto il vecchio Continente.
 E sicuramente fra le 552 città italiane che vi hanno aderito, le oltre 10.700 iscrizioni e i quasi 35.000 artisti, tutta l'Italia  suonerà e risuonerà. Quest'anno poi il Mibact di Franceschini ha voluto darle un tono più solenne impegnando anche un famoso testimone come Nicola Piovani.

A Roma, la Associazione che ogni anno organizzava - a modo suo - questa festa è stata sciolta od esautorata ( non sappiamo se è ancora in vita ed a quale festa si sia votata), ma la amministrazione della Raggi ed il suo fantasioso assessore alla 'ricrescita culturale', Bergamo, hanno invitato tutti i cittadini a parteciparvi attivamente, cioè scendendo in strada, con qualunque cosa di musicale abbiano o conoscano, per fare la loro parte. Anche senza vergogna.

Hanno, insomma, invitato tutti a fare festa, per la musica che oggi si festeggia e attraverso la musica che sanno fare.  Ma non c'è ordine, non ci sono gerarchie, e neppure generi, maggiori e minori, più o meno importanti. Insomma la caciara solita dei Cinquestelle, che arrivano sempre all'ultimo minuto ( come hanno già fatto a Capodanno e come del resto stanno facendo per l'ESTATE ROMANA; l'anno scorso avevano almeno una qualche giustificazione: erano arrivati  da poco al governo cittadino, ma gli uffici  che facevano?) e poi con la solita faccia tosta si improvvisano organizzatori dalla parte del popolo ( perchè sarebbe stato il popolo, ora ingannato e  finalmente cosciente dell'inganno, a votarli).

Che senso ha dire a tutti di partecipare, basta andare sul sito della 'festa della musica' - che  abbiamo cercato invano - ed iscriversi? Ognuno fa quel che vuole e dove vuole; comunicarlo a che serve, allora, oltre che mostrare una lista lunga quanto l'autostrada Roma-Napoli e ritorno?

Governare è altra cosa. Innanzitutto mostrare interesse verso i settori diversi in cui si articola l'attività della società civile (i Cinquestelle, specie verso la cultura hanno mostrato un interesse solo di 'facciata'); poi, agire in tempo per ottenere buoni risultati ( e questo finora non è mai accaduto in nessun caso specifico e per qualunque settore, anche in quelli decisivi per la convivenza); infine,  fare una cernita, delle proposte ( ma con lo stesso spirito critico che dimostrano solo nei casi in cui distribuiscono incarichi e premi ai fedelissimi, per il resto: liberi tutti! Loro aprono i cancelli ed entri chi vuole!).
 Questa politica (?) DISTRUGGERA', NEL CHIASSO GENERALE, ANCHE LA MUSICA.

martedì 20 giugno 2017

Esame disastroso per la Raggi. Ma lei, faccia di ..., si autopromuove con un voto ben superiore alla stessa sufficienza

Qualche volta nella lunga stagione degli esami che hanno accompagnato i decenni di nostro insegnamento in Conservatorio, qualche volta ci  è capitato, dopo un esame non proprio positivo, di di invitare l'esaminando a darsi un voto, allo scopo di vedere quale coscienza egli avesse della propria preparazione e dell'esito concreto del suo esame.
 E le poche volte che abbiamo tentato l'esperimento ci è capitato di sentirci rispondere : 'prof.  cinque al massimo'. Affermazione un pò generosa, seguita però dalla narrazione dei suoi studi e dagli impedimenti, talvolta oggettivi al loro approfondimento.
 E dobbiamo confessare che quelle rare volte abbiamo avuto la tentazione di mandare a casa l'esaminando con un voto quasi sufficiente,nella speranza che rimediasse in tempi ristretti ai buchi neri della sua preparazione.
  A ripescare nella memoria non riusciamo a ricordarci se poi lo abbiamo  di fatto mandato a casa con un voto di sufficienza, risicatissimo, consci che non corrispondeva alla realtà anche voleva 'premiare' - si fa per dire - la sincerità, la coscienza dello studente, ed anche il suo impegno di rimediare. Insomma un voto 'sulla fiducia'.

 Questi pensieri ci sono venuti dopo che oggi abbiamo letto della Raggi che ieri, richiesta dai giornalisti, a dare un voto alla sua amministrazione, ad un anno dalla sua elezione, a dare una valutazione, attraverso voto, delle cose realizzate non delle promesse ( queste sì tante, e tante altre ne ha fatte anche ieri) con la ben nota faccia tosta - per non dire altro, per semplice rispetto verso una donna -  si è data 7 e 1/2. Cioè Lei si è bellamente promossa in base a quali risultati non è dato conoscere. a

 Beh, un risultato sebbene solo annunciato e neppure tanto desiderato, c'è stato ed anche recentissimo.  La Formula Uno delle macchine elettriche. Ci viene di suggerire agli organizzatori di controllare palmo dopo palmo via Cristoforo Colombo per verificare che le buche siano state coperte e i dossi livellati. Semplicemente per non vedere PILOTI E MACCHINE SCHIZZARE FUORI PISTA COME PROIETTILI.  LA GARA,già fissata per il prossimo aprile, si correrà dunque in città. Mentre l'altro ieri  dalla sindaca è venuta la  doppia proposta  di far girare mezzi senza autisti e di alleggerire il traffico con la famosa (fumosa) funivia aerea, ed ambedue le proposte hanno suscitato divertite e ironiche reazioni sui social.

Al voto di promozione ' ampia' che la sindaca s'è dato è seguito anche un annuncio: non restiamo, perchè è iniziata la 'ripartenza' e presto saremo attivi su molti settori.

Ripartenza è un termine assai caro agli incapaci Cinquestelle che amministrano alcune città. E il termine  non sta ad indicare, come è nei loro pensieri e desideri, che dopo la prima partenza se ne ha una seconda che imprime nuovo vigore e fa raggiungere nuovi risultati. No, quel termine nella realtà sat ad indicare che ci abbiamo provato e riprovato più d'una volta a mettere in moto l'amministrazione, senza mai riuscirci. Ora ci proviamo per l'ennesima volta, sperando che questa volta la macchina dell'amministrazione, ferma a Roma ormai da un anno, finalmente si muova.


lunedì 19 giugno 2017

Chi riesce a dormire, fuori casa, a suon di musica, ora ha anche un concerto dedicato: lo SLEEP CONCERT, sbarcato in Italia , a Bergamo

Dobbiamo confessare che negli anni in cui abbiamo frequentato teatri e sale da concerto, oltre che per piacere ed interesse, per ragioni professionali - e fra breve saranno quaranta - non ci è mai accaduto di vedere  spettatori vistosamente addormentati, a causa della musica. Semmai, sempre fra gli spettatori, ne abbiamo contati più disturbati  e indispettiti da certa musica - inutile dire quale. Addormentati, veramente, assai meno, se togliamo quelli che dopo una giornata di lavoro stancante hanno voluto rischiare entrando in una sala da concerto o in teatro; la qual cosa, un paio di volte non più in quarant'anni, è capitato anche a noi.

Mentre, invece,  ci è accaduto di  notare un nostro collega, tuttora attivo su più fronti, nonostante l'età avanzata, dormire  e russare contemporaneamente dall'inizio alla fine del concerto, o quasi, per svegliarsi di soprassalto appena la musica finiva. In un caso lo avevamo seduto al nostro fianco, nella sala grande del Festival di Salisburgo, parecchi anni fa, quando non era ancora in età avanzata, con grande imbarazzo nostro e degli altri vicini di poltrona, i quali - per fortuna del nostro collega - non sapevano del suo mestiere.
Negli anni lo abbiamo incontrato parecchie altre volte, ed abbiamo notato anche che  partecipava, dove gli era possibile, anche alle prove di un concerto o di un'opera. Il perchè lo abbiamo capito dopo, riflettendo sulla circostanza. Egli sperava, fra un sonno e l'altro di ascoltare per intero il concerto o l'opera, mettendo insieme le sensazioni delle pause dal sonno e scrivere poi.
 Inutile dirvi di chi si tratta. Chi legge e conosce un pò il nostro mondo, sa bene di chi parliamo.

Ora a lui lo sleep concert non servirebbe, perchè lui dormirebbe sempre e comunque e non v'è musica che possa tenerlo sveglio per un paio ore di seguito, figuriamoci per una intera notte. Lui comunque per dormire, sceglierebbe non un sacco a pelo eil pavimento di un teatro - ma la più comoda poltroncina. E dunque lui a Bergamo, l'altra sera,  per seguire da vicino la trovata del regista Francesco Micheli,  che voleva così salutare il pubblico ed il teatro che va in restauro, non sarebbe mai andato.

Per chi l'ha fatto Micheli?  Per il pubblico più provinciale della Bergamo alta? Per un
gruppo di suoi fedelissimi ammiratori?  Magari per Gori e signora soltanto per vedere l'effetto che faceva - perché loro, quasi certamente, ad un normale concerto non sarebbero stati mai interessati? O soltanto per i giornali che, puntualmente, sono caduti nella trappola e ne hanno scritto come l'ottava 'stranezza', dopo le sette canoniche registrate?

L'esperimento non è nuovo. E' di importazione. Viene da Berlino, dove nel 2015 l'aveva voluto un compositore sperimentale, allievo di Berio, che di nome fa Max Richter, noto per aver vampirizzato ogni sorta di musica e musicista, primo fra tutti Vivaldi. Aveva riunito in una fabbrica dismessa alla periferia di Berlino un gruppo di persone - immaginiamo giovani in prevalenza,  perchè quelli che hanno un pò d'anni sulle spalle sanno già come vanno simili baggianate - consigliando loro di portarsi appresso il necessario per passarvi la notte, ma di arrivare già mangiati, perchè la cena non era prevista nel prezzo. A Bergamo, per inciso, si pagava un biglietto di 38 Euro,con il quale si riceveva la dotazione notturna.

Cosa sia accaduto, a Berlino, durante tutta la notte non sappiamo dirvi con precisione; sappiamo solo -perché lo abbiamo appreso dalla cronache - che all'indomani, quando è suonata la sveglia, si sono levati di gran lena, lavati i denti, vestiti e fuggiti per andare al lavoro. Quel che di memorabile avrebbe dovuto avere, ma che  certamente non ha avuto, nelle intenzioni del musicista, quella notte a suon di musica, ha consigliato chiunque nei due anni successivi a lasciar perdere, a non ripetere quell'inutile - ed anche stupido - esperimento. E tutto sarebbe finito a Berlino - giusta fine - se Micheli e gli organizzatori del Concertgebouw non avessero pensato di importarlo, in queste settimane.  A Bergamo c'era l'extra di Micheli e di Elio ( quello delle Storie Tese, con sopracciglio a carico), sul quale lo stesso Micheli contava molto sia  per far addormentare dolcemente chi soffriva dei disturbi del sonno, che per svegliare gli assonnati perenni.

Se Micheli voleva sapere che effetto avrebbe fatto sui cittadini bergamaschi l'esperienza di una 'notte a teatro', perchè non l'ha chiesto ai suoi colleghi palermitani del Teatro Massimo ( il duo Pizzo-Giambrone) che l'hanno già sperimentato con i ragazzi, richiamati più che dal teatro in sè, dalla storia del 'fantasma' del teatro? Non sarà che un secondo fantasma si aggira, di notte, anche al Teatro Donizetti di Bergamo, e Micheli, ma solo lui, lo sapeva?

domenica 18 giugno 2017

Susanna Camusso ha reagito male. Si rivolgerà alla Consulta anche per un altro problema oltre i voucher

Susanna la tosta, non ci ha visto più. S'è sentita raggirata per la seconda volta. La prima, quando la fine dell'esperimento dei voucher fece saltare il referendum, la seconda ora,  con la manovrina  che ha reintrodotto i voucher, in versione light.

Lei non ci sta, non vuol sentire ragione e porta in piazza migliaia di lavoratori, probabilmente tutti con posto fisso; forse avrebbe dovuto interpellare e mobilitare quelli che lavorano saltuariamente e che forse con i voucher contribuiscono a far emergere il lavoro nero e mettono un piccolo freno alla disoccupazione.

A nulla è valsa la spiegazione del Governo, per il quale la nuova normativa sui voucher, reintrodotti, non rende ancora più diffuso e stabile - ironia della situazione - il lavoro precario.
Hanno cancellato una volta il referendum  non lo faranno una seconda. Perchè la leader CGIL ha deciso di rivolgersi alla Consulta per chiedere giustizia e neutralizzare quello che lei ritiene un nuovo duro colpo inflitto alla democrazia ed alla libertà.

 Per l'occasione la leader CGIL ha deciso di sottoporre  alla Consulta  un secondo quesito  su un problema che affligge il mondo del lavoro in Italia, principalmente quello sindacale.
 Perchè i lavoratori distaccati  presso le organizzazioni sindacali vogliono essere equiparati a tutti gli altri lavoratori dal cui settore essi provengono, in tema di pensioni. La Camusso ha infatti scoperto che  stipendi e, ancor di più, pensioni di lavoratori/sindacalisti sono enormemente superiori ai loro compagni di lavoro non sindacalisti.  Lei non si era accorta della anomalia, fino a che il suo omonimo CISL non è andato in pensione,  con un ricco vitalizio per il quale non aveva certamente versato i relativi contributi. Raffaele Bonanni, il casus belli, mentre era in sevizio aveva uno stipendio di 100.000 Euro superiore al limite dei 240.000 Euro , stabiliti per legge come tetto per gli stipendi  dei massimi dirigenti della pubblica amministrazione; e da pensionato percepisce una pensione netta mensile di 6.000 Euro, 8.500 circa lordi.

Con lei si sono accorti della anomalia tutti i lavoratori e gli stessi ex lavoratori, in forze al sindacato, i quali ora chiedono che la Consulta sancisca la decisione che loro stessi hanno già preso e cioè quella di non voler apparire in futuro ancora privilegiati. Camusso chiederà alla Consulta di sancire con autorevole sentenza ciò che i diretti interessati hanno già deciso, e cioè   di rinunciare al diverso trattamento stipendiale e pensionistico. E così, con una sola pronuncia, prenderà i classici due piccioni.


Virginia Raggi, la sventurata... accettò l'elezione. Ma ora i cittadini vorrebbero che si dimetta, passando il timone a mani più capaci

Non sappiamo più dirvi chi finora non abbia almeno una volta, nell'ultimo anno, primo del governo Raggi, scritto della disfatta di Roma e della assoluta incapacità della sindaca a governare. A fasi alterne l'hanno fato gli stessi grillini, fra i quali le opposte fazioni dei 'proviriginia' e controvirginia' si affrontano quasi giornalmente, convinti gli uni che Virginia, pur incapace, non può certo fare miracoli - ma disastri sì, ne sta facendo - e gli altri che la vorrebbero dimissionaria perché si sono accorti che le parole non rassicurano più e che nei primi 365 giorni di governo della Capitale ha fatto più danni lei a Roma, e al Movimento, che tutti i pastrocchi nei quali si sono infilati Grillo e i suoi, da Genova a Palermo a Parma, per finire alla rovina di Roma.

I giornali che un tempo, sotto Veltroni, forse esagerando, parlavano di un nuovo 'rinascimento' romano, ora, senza esagerazione alcuna ed in coro, scrivono che il degrado attuale, nei suoi oltre 2000 anni di storia Roma non l'aveva ancora visto.

L'opera rock 'Divo Nerone' che in questi giorni infesta il Palatino con tutta la sua  miserabile  pochezza e  intollerabile volgarità ne è la rappresentazione più fedele. E forse, sulla scia di questo indecente spettacolo che  potrebbe finire anzitempo, perché pubblico fino a settembre non ne ha, ci si augura che anche la Raggi decida di scendere definitivamente dal Campidoglio senza attendere  di dare alla città il colpo di grazia che tutti paventano.

 Da qualche settimana c'è di nuovo l'emergenza rifiuti. In molti quartieri della Capitale, da più di una settimana, non vengono raccolti con immaginabili ricadute sul decoro della città e sulla salute  degli abitanti. Ed è così grave l'emergenza rifiuti che  su un punto abbiamo cambiato idea rispetto al passato quando sostenevamo,  senza eccezione, che una spesa a carattere sociale non doveva avere la precedenza su una culturale. Oggi non la pensiamo più così. Al diavolo musica, mostre, teatro, se  la Raggi ci ripulisce Roma. Non ne possiamo più della sporcizia, delle erbacce, delle buche, dei servizi pubblici di trasporto che funzionano peggio di prima.  Basta.

E, ancora un volta, non siamo i soli a pensarla così. Una indagine svolta nelle passate settimane ha bocciato senza appello il mandato della Raggi. Fra gli stessi Cinquestelle, suoi elettori, 4 su 10 hanno dichiarato di essersi pentiti da averla votata e che non la voteranno e non la voterebbero oggi; e i cittadini di Roma, 7 su 10, la pensano come i Cinquestelle. Dunque esperienza fallimentare su tutta la linea,  nel giudizio che accomuna sia i suoi estimatori di un tempo che i suoi detrattori di oggi le cui file si sono enormemente ingrossate.
  

sabato 17 giugno 2017

Comune di Roma e AMA. uno schifo

Bisognerebbe che l'assessora Montanari, quella per le cui larghe vedute a Roma non c'è una emergenza rifiuti, in compagnia del direttore generale dell'AMA e della stessa sindaca si facessero un passeggiata in città, magari dalle parti della Via Nomentana.

Intanto le preannunciamo lo spettacolo che potranno godersi. All'altezza del mercato rionale, nella strada in cui c'è la sede dell'INAIL, c'è una DISCARICA a CIELO APERTO, ma non fuori Roma, IN CITTA'. In uno slargo ci sono sei o sette cassonetti strapieni e per terra un tappeto di schifezze di ogni genere per la gioia di topi e gabbiani. Da giorni! Cosa si aspetta per mandare un camioncino ed un paio di operatori al seguito per eliminare quella indecenza?

Nei giorni scorsi da quelle stesse parti due o tre operatori muniti di ramazza raccoglievano gli AGHI DI PINO che certamente sono molto ma molto meno indecenti delle schifezze  della monnezza. Non sarebbe stato più opportuno eliminare prima quello sconcio e poi raccogliere gli aghi di pino?

E vogliamo parlare delle erbacce?  Ve ne sono, a strafottere, in ogni dove: strade parchi. C'è un piccolo parco attrezzato in fondo a via Ugo Ojetti, dove non si può entrare perchè è da mesi che l'erba non viene tagliata ed ora  che l'erba si è seccata si rischia anche qualche incendio.

 La sindaca, prenda esempio da quelli del PD - che certamente l'hanno fatto anche per fini elettorali - e la prossima domenica inviti tutti ad indossare una maglia gialla, guanti, e ramazze e ripulire dalle erbacce  tutta Roma, magari cominciando dal quartiere Montesacro, nella zona Ojetti. Sarebbe un bel gesto.
 Comunque muovetevi!

venerdì 16 giugno 2017

Cresce il pubblico dei teatri, specie quello giovane, secondo i dati pubblicati da Classic Voice ( da Il Sole 24 ore)

Dimenticate i luoghi comuni che vedono nel pubblico dei Teatri d’Opera in Italia una nicchia di spettatori facoltosi e un po’ avanti con gli anni: il pubblico della Lirica cresce e a trainare questa crescita sono... i giovani. A dirlo è un’inchiesta pubblicata nell’ultimo numero della rivista specializzata «Classic Voice», che rileva un aumento diffuso degli spettatori e soprattutto della componente giovane, in tutti e 13 i Teatri lirici italiani. In tutto sono 185mila le persone in più che hanno assistito a un’opera, un balletto o un concerto di musica sinfonica nel 2016 rispetto al 2015.

Numero di spettatori dei Teatri d'Opera italiani negli ultimi anni

Città

Teatro

2012

2013

2014

2015
       2016
Bari
Petruzzelli
48.668
61.115
78.878
62.119
104.483
Bologna
Comunale
84.432
75.339
78.162
79.677
83.951
Cagliari
Lirico
85.804
94.548
136.250
90.458
132.000
Genova
Carlo Felice
n.c.
74.221
94.118
97.033
96.594
Firenze
Opera
138.837
n.c.
142.351
178.883
238.130
Milano
Scala
402.050
426.000
418.443
511.856*
500.000
Napoli
San Carlo
155.505
144.261
142.869
162.862
212.226
Palermo
Massimo
108.424
104.610
105.860
114.142
136.435
Roma
Opera
186.944
171.307
189.369
238.012
242.665
Torino
Regio
191.529
180.652
175.084
179.485
178.803
Trieste
Verdi
70.533
n.c.
65.954
44.345
59.161
Venezia
Fenice
139.809
138.767
136.653
140.921
141.824
Verona 1
Filarmonico
40.547
35.799
44.255
47.372
43.035
Verona 2
Arena
426.394
482.080
404.431
407.606
370.501
Per questa e per le altre tabelle sono stati presi in considerazione i dati a stagione, che per alcuni teatri corrisponde all'anno solare e per altri comincia l'autunno precedente. Per tutti il periodo esaminato è di 12 mesi
*Dato parziale, al 26 novembre 2015. n.c. = non comunicato
Fonte: Classic Voice
In testa alla classifica dei teatri che hanno aumentato il proprio pubblico c’è l’Opera di Firenze, con quasi 60mila spettatori in più in un anno, seguita dal San Carlo di Napoli e dal Petruzzelli di Bari. Proprio Bari, seguito da Cagliari e Trieste, è il teatro che vede l’aumento percentuale più consistente. Solo tre Fondazioni perdono spettatori: la Scala, che resta comunque il teatro più frequentato, con 500mila spettatori nel 2016, il Regio di Torino e l’Arena di Verona.
Va detto però che la Scala “paga” il confronto con un 2015 speciale, ovvero una programmazione particolarmente ricca in occasione di Expo, che aveva portato il numero di spettatori alla cifra recodr di 512mila presenza. Nel confronto con il 2014, infatti, anche il Piermarini registra un aumento. Diversa la situazione per Verona, che nel 2016 ha perso circa 40mila spettatori (tra Arena e Filarmonico), in seguito soprattutto alla grave crisi economica e gestionale esplosa l’anno scorso. Per il Regio, invece, si tratta di un leggero calo dovuto soprattutto a una riduzione delle attività in sede a favore di un aumento per quelle all’estero (non conteggiate dal Ministero).
Tra le ragioni che – dopo anni di crisi e pubblico in calo – hanno rivitalizzato le sale dei Teatri d’Opera, l’inchiesta di «Classic Voice» mette in rilievo soprattutto due novità: l’aumento della produttività generalizzato fra tutte le Fondazioni, e le politiche di prezzo messe in campo per intercettare un pubblico nuovo, soprattutto rivolte ai giovani. Iniziative, queste ultime, spinte anche dalle nuove clausole per l’assegnazione dei fondi statali (il Fus), che prevedono anche un’offerta a prezzi ridotti e condizioni agevolate per gli studenti.
Alcune indagini a campione promosse dai teatri e riportate nell’inchiesta confermano questa tendenza. L’Opera di Roma ha un pubblico per il 30% composto da spettatori tra i 15 e i 40 anni. Inoltre, il 42% frequenta il teatro da due anni e appena e il 25% lo ha fatto per la prima volta l’anno scorso. Anche alla Scala di Milano aumentano i giovani spettatori, anche grazie a iniziative rivolte alle scuole o ai bambini. Al Massimo di Palermo, il 26,3% del pubblico nell’aprile 2015 aveva meno di 35 anni
Fin qui le buone notizie, di una Lirica italiana che (almeno sul fronte del pubblico) si rinnova e pone le vasi per il futuro. Le note dolenti dell’inchiesta di «Classic Voice» riguardano invece, ancora una volta, i conti delle Fondazioni, con le nove realtà che hanno aderito alla legge Bray che faticano a ritrovare l’equilibrio e, nel complesso, un sistema su cui continua a gravare un forte indebitamento: solo per le nove Fondazioni citate, i debiti accumulati in passato arrivano a 245 milioni di uero.
Altro aspetto che fa ombra ai nostri teatri è l’indice di riempimento delle sale, che rimane molto basso, sebbene con forti differenze tra le Fondazioni,.