Il dialetto napoletano questa volta c'entra. Già, perchè il direttore d'orchestra Daniel Barenboim, demiurgo pagatissimo alla Scala, nell'era Lissner - lui ha diretto, a stagione, più concerti ed opere di quanti ne abbiano diretto tutti i direttori musicali del teatro prima del suo arrivo; a nostro parere troppi , inutilmente tanti!- intervistato per 'Repubblica', mentre è a Berlino e dirige il Tannhauser di Wagner, sembra voler far casino, 'ammuina' si dice a Napoli per confondere le idee. Avrebbe potuto dirci qualcosa sulla gestione Lissner - perchè no?- della quale è stato corresponsabile fin da principio, farci capire perchè, pur oberato di lavoro, abbia accettato di lavorare, stralavorare, anche a Milano; avrebbe magari anche potuto dirci cosa pensa della storia di Pererira, con il quale a Salisburgo ha avuto contatti e rapporti negli anni passati attraverso la sua orchestra 'Divan', presentissima nei cartelloni austriaci. Invece no, quando si tratta di dimostrarsi capaci di intendere e volere e di avere una qualche personalità ed autonomia di pensiero, no, si rinuncia volontariamente e diplomaticamente - pusillanimi tanti dittatori del podio. Mentre per far ammuina distraente, Barenboim accenna alla 'gratuità' ( non di costi, s'intende) di tante regie d'opera - se ne accorge solo ora? - che non rispettano la musica e, colmo dei colmi, manifesta il desiderio di dirigere almeno una volta a Napoli, nello storico bellissimo Teatro di San Carlo. Ma come fa a dire questo? se avesse manifestato una sola volta, nei lunghi anni milanesi, il desiderio di dirigere al San Carlo, i dirigenti del teatro glielo avrebbero subito esaudito. La vera storia è invece un'altra. Nessun direttore di rango che ha un incarico stabile, o semistabile, in Italia con un'orchestra, ritiene (stupidamente) di dover accettare l'invito a dirigere un'altra orchestra del nostro paese. Non c'è neanche bisogno di fare esempi, perchè non vi sono eccezioni a questa regola, alla quale hanno ubbidito ed ubbidiscono tutti da Muti a Pappano a Mehta ( ma la stessa cosa poteva dirsi per Abbado. Abbiamo scritto in passato che né Abbado né Muti, sinceramente interessati alle sorti della gioventù musicale italiana, nei loro anni milanesi, e, nel caso di Abbado, in quelli dopo, non hanno mai diretto un solo concerto con la Verdi di Milano, l'unica realtà 'nuova' in fatto di orchestre degli ultimi vent'anni in Italia. Come mai?) e prossimamente anche a Chailly ( lo farà anche lui, ne siamo certi!) ecc...
Noi stessi più di una volta abbiamo informalmente - perchè non avevamo titolo a farlo 'formalmente' - invitato un notissimo direttore a dirigere un concreto importante ( importantissimo!!!!) in una istituzione diversa da quella nella quale ha un incarico stabile. La risposta è sempre stata la stessa: no, sono occupato, ho impegni fino all'eternità ed altre simili scempiaggini. Ci è sembrato di ascoltare la stessa falsa canzone che da anni va cantando la Bartoli: non canto in Italia perché si programma all'ultimo minuto e, invece, i miei concerti sono programmati con anni di anticipo. Poi esce un nuovo disco della signora e lei trova il tempo per farsi un giro, NON PROGRAMMATO, fra i teatri italiani.
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