giovedì 31 maggio 2018

Babbo Natale arriverà alla Scala con una slitta carica di... Muti ( Riccardo)?

L'altro ieri è stato annunciato il programma della prossima stagione del Teatro alla Scala. E da quel che si legge, sommariamente (perchè il dettaglio, oltre che sul Corrierone anche sugli altri giornali, si potrà leggere solo a ridosso  dell'inizio della stagione, a pagamento, nelle cosiddette, Pagine 'Eventi') si elogia il teatro milanese per una  stagione ricca di titoli ed anche di nuovi allestimenti. Insomma una stagione come si conviene al Teatro d'Opera più famoso al mondo.

 Sono finalmente tornati, dopo la quarantena decretata da Lissner e Barenboim, Verdi e Puccini, mentre Wagner per ora è in castigo, fuori del cartellone. C'è anche Strauss, che vedrà a Milano, nel suo teatro, il debutto attoriale di Pereira.  E l'Attila verdiano, inaugurale, verrà anche quest'anno trasmesso in diretta tv, e si spera che abbia lo stesso successo di pubblico dell'anno passato, quando ha superato i due milioni di telespettatori - non dodici milioni, come ha scritto, con errore volontario, il giornalista del Corriere troppo benevolo con il teatro milanese, al punto da fargli superare,  nello share, sia Sanremo che le grandi partite di calcio internazionali.

Babbo Natale con la sua slitta, quando si fermerà a Milano, a ridosso di Sant'Ambrogio,  potrebbe recare in dono un graditissimo pacco. Non è stato detto espressamente, ma lo si è lasciato intendere.  Occorre ora vedere se Babbo Natale non cambia idea. E cioè un pacco pieno di Riccardo Muti  che potrebbe dirigere, ma non con la sua 'Cherubini', il Concerto cosiddetto di Natale - uno dei tanti che la tv regala durante le feste - che Rai 1 trasmette, registrato, alla vigilia di Natale ( da non confondere con il concerto che il giorno di Natale viene trasmesso da  Assisi, e che fa sempre buoni ascolti).

Sarebbe questo il primo passo di riavvicinamento di Muti alla Scala, preludio ad un ritorno in buca con un titolo operistico: sono trascorsi quindici anni dalla sua uscita dal teatro milanese, e forse sarebbe ora di mostrare come quella ferita si sia rimarginata del tutto.

Ma Muti, e i dirigenti scaligeri, devono fare attenzione al programma di quel concerto che, trasmesso in tv, non ha mai avuto ascolti lusinghieri, vuoi per la fascia oraria di trasmissione, vuoi, soprattutto, per il programma  non adatto anche alla trasmissione televisiva, vuoi, infine, per gli improbabili  ed improponibili direttori  del medesimo, qualche anno addirittura ragazzini, ancora con i pantaloni corti

 Se quello di Muti sarà il primo passo del ritorno del noto direttore in quello che fu il suo teatro per una ventina d'anni, e quel suo ritorno verrà amplificato dalla trasmissione tv, alla Scala studino un programma adeguato all'occasione ed alle esigenze di un programma tv. Non facciano, come hanno fatto sinora, i superiori, perchè quando non si considerano anche le circostanze di certi concerti, quella superiorità discende soltanto da stupidità e cecità.

Questi problemi  li conosciamo bene, essendoci occupati  per oltre dieci anni del Concerto di Capodanno dalla Fenice di Venezia, in qualità di consulente artistico con la responsabilità del programma, che ha avuto esiti televisivi  sempre molto positivi - oltre 4 milioni di telespettatori - fino a quando siamo riusciti faticosamente a far accettare ai recalcitranti, gelosi direttori artistici del teatro veneziano, programmi adatti alla tv, in un giorno di festa e per un orario particolare. Andati via noi il Concerto di Capodanno ha registrato una débacle pesantissima negli ascolti tv, salvo riprendersi nell'ultima  edizione, quando il programma, noi assenti, è tornato ragionevolmente  a ricalcare le orme che noi avevamo stabilito e seguito, compresa la presenza dei due pezzi obbligati in chiusura, anche quella una nostra idea.

Perciò alla Scala pensino bene al programma per non far trovare Muti con gli stessi miserabili - per numero, s'intende - telespettatori che hanno avuto negli anni passati sia Barenboim che altri.

Bonisoli, ministro della cultura, avrà molto da fare ( da Artribune)

"La figura di Bonisoli come ministro potrebbe collocarsi in una linea di parziale continuità con Dario Franceschini? Difficile fare previsioni, ma non è escluso se si pensa a misure come l’Art Bonus, alla riforma dei musei, alla spinta verso l’internazionalizzazione. Ma è ancora presto per capire quale sarà la linea operativa del nuovo ministro. Le uniche linee programmatiche sono quelle, quasi umilianti per come sono state scritte a tirar via, piene di banalità e di concetti superati, del Contratto di Governo tra Lega e Movimento 5 Stelle. In quelle pagine, che saranno l’infrastruttura tecnico-politica sulla quale si muoverà l’esecutivo guidato da Giuseppe Conte, c’erano solo sciocchezze e superficialità. Non resta che sperare che Bonisoli sappia interpretare in maniera estensiva quel mandato". 


Governo giallo verde.I due padri - che Mentana definisce 'nobili'- che nobili non sono

 Fino a ieri l'Italia non aveva nessun governo. Oggi, ventiquattr'ore dopo, l'Italia ne ha ben due in  procinto di partire:ne senso che un governo entro stasera 's'ha da fare' e se non parte uno, quello dei PADRI IGNOBILI,  parte l'altro. il Governo del Presidente con Cottarelli premier.

La sorte di Savona non è ancora decisa. Va via dal ministero dell'Economia? Resta nel governo? Va in un altro Ministero? Esteri o Rapporti con l'Europa? Intanto il diretto interessato tace, mentre i due padri 'ignobili' trattano, continuando a giocare sporco per andare al potere da parte di Di Maio, e a provocare ancora per la seconda volta Mattarella con lo spostamento di Savona ai Rapporti con l'Europa, dove potrebbe mettersi al fianco di Orban, amico, sostenitore ed a sua volta sostenuto da Salvini e di altri leader dell'Europa Orientale.

E forse Mattarella potrebbe tornare a dirgli a Salvini: ma allora vuoi sfruguliare? Salvini che non teme le elezioni e non le teme neanche a distanza ravvicinata perchè nessuno l'ha visto ancora all'opera  quando il suo libro di sogni si scoglierà ion un attimo, e che perciò teme più il governo che le elezioni, perchè non propone a Di Maio di spostare Savona alle Infrastrutture? Sarebbe bello vedere Savona nel ruolo di mediatore - che non avrebbe svolto in Europa - fra i due padri 'ignobili', visto che molte grandi opere uno le vuole e l'altro no. Vada lì Savona, e faccia scoppiare subito il bubbone che chiarirebbe le contrastate visioni dei due.

 Comunque in questi giorni la litania che abbia visto recitare da tutti è.  a noi sta a cuore la sorte del paese, non siamo entrati in politica per le poltrone. Ma chi gli può credere?

Nel petto spavaldo del barbaro Salvini batte un cuore tenerissimo

Chi pensava che il barbaro Matteo avesse un cuore tenero solo per la sua Elisa - l'attuale sua compagna- si è sbagliato di grosso. I fatti hanno smentito questa  convinzione. Il barbaro Matteo, quasi ogni ora in questi giorni, dopo il rifiuto di formare un governo senza Savona, come l'ha invitato a fare Di Maio - il grullo della coppia -  va ripetendo che lui vuole andare al voto. Se non gli hanno consentito di varare il governo giallo verde, a causa del veto su Savona posto dai mercati e dell'Europa, per mezzo di Mattarella, allora si voti,  e si voti il prima possibile.

Lui è sicuro di fare il pieno di voti e allora che farà Mattarella, quando la Lega avrà maggioranza assoluta? Se riproporrà Savona, Mattarella glielo boccerà nuovamente, sempre che il vecchio professore non si ritiri per il meritato riposo?

Al voto, al voto, ma non d'estate - ha spiegato il barbaro dal cuore tenero. Io non coglio mandare a votare il mio popolo quando si sta godendo il meritato riposo dopo un anno di lavoro - e dopo aver sopportato anche le sue bischerate! No, in estate non si può. I nonni che accudiscono ai nipotini vanno lasciati in pace al mare ed i montagna. ed anche i nonni senza nipotini Matteo non vuole costringerli ad uscire di casa per andare a votare nei giorni di grande calura. Ma come, dice il barbaro dal cuor gentile, da un lato invitiamo per quei giorni, vecchi e bambini a stare al riparo, e dall'altro di costringiamo ad andare a votare, magari facendo lunghe file per dare il loro voto? A chi? Ma alla Lega, si capisce.

Ma perchè non accogliere l'invito del grulletto Cinquestelle e varare il governo, anche senza Savona?
La ragione è facile da capire.  La paura di andare al governo e dimostrare in pochi mesi che quel loro programma è soltanto un libro di sogni e un'accozzaglia di promesse irrealizzabili, offerti a quella massa di grulli italiani che ancora credono ai due. L'assenza dell'intellettuale filosofo della politica economica Savona, minerebbe alla base anche tutte le ipotesi di scardinamento delle basi dell'Unione.

Matteo il barbaro può solo guidare le ruspe; mentre Savona gli serve per mettere benzina, il meno inquinante nelle ruspe. Insomma dovrebbe con le sue argomentazioni cerare di salvargli la faccia, in modo che lui possa dire al popolo dei suoi grulli: vedete anche un professore da tutti stimato mi incoraggia ad andare avanti e sfondare tutto; perché con le buone maniere,  con la diplomazia, con  il rispetto dei patti - va dicendo ogni giorno il barbaro- non si ottiene nulla.  E,invece, con le ruspe? 

martedì 29 maggio 2018

Le convulsioni della politica

Ha fatto bene o ha fatto male Mattarella a mandare a casa il Governo giallo verde  presieduto da Conte ( leggi: Salvini-Di Maio) con Savona? C'è chi dice che abbia fatto male, anzi malissimo perchè avrebbe dovuto dire ai due giovinotti - uno un pò fessacchiotto, l'altro abilissimo e furbissimo - governate, vediamo cosa riuscite a realizzare del vostro impossibile programma. Ed anche chi dice che ha fatto non bene ma benissimo per evitare al paese mesi e forse anni di  problemi.
 Mattarella si è comportato come un buon padre che al figlio che ha portato a casa una fidanzata impresentabile, dice di lasciar perdere. Fa bene il buon padre  a mettere sull'avvio il proprio figlio per non fargli correre rischi, ma...  a quel figlio resterà sempre il dubbio che  quel boccone non sarebbe potuto essere necessariamente amaro.

 Gli elettori italiani che  non la pensano come Mattarella   diranno sempre:  se li avesse mandati al governo quelli avrebbero rivoltato l'Italia. Sì, ma come? Sta qui il problema.

 Non dimentichiamo che i due giovinotti si sono accordati sulla spartizione del paese  e della poltrone facendo finta di lavorare alacremente alla stesura di un programma (poveri grulli quelli che pensano che con il governo giallo verde, il potere sarebbe finito in mano di salvatori della patria! )quando Mattarella, a due mesi dalle elezioni, ha spinto, anzi minacciato per un governo del Presidente.

Ora, mandato a casa il governo dei due giovanotti, Mattarella è tornato sul governo del 'presidente' chiamando Cottarelli.  E, di nuovo, i due giovanotti, hanno fatto sapere che potrebbero tornare a trattare, rinunciare magari a Savona e andare al governo. Tanto sta loro a cuore la sorte del paese.....Seeeee!

Pur di salvare questo nostro Paese, che si salverebbe anche senza i due giovanotti - il barbaro ed il grulletto - loro vogliono rinunciare alle elezioni anticipate e andare in Parlamento dove hanno la maggioranza.
 Cancellata  la minaccia della messa in stato di accusa del presidente;mentre la Meloni, irriducibile nell'accusare Mattarella, temendo di scomparire completamente, più di quanto non lo sia già,  in da un giorno all'altro ha cambiato idea - mai con  i Cinquestelle e con Salvini loro alleato!) s'è fatta avanti ed ha offerto al possibile governo dei due il suo appoggio.

 Ora possiamo stare più tranquilli perchè la sorte del nostro paese sta a cuore  a quasi tutti i politici.

lunedì 28 maggio 2018

Le buche di Roma fermano il Giro d'Italia ( da Il Sole 24 Ore)

Cala il sipario sul Giro d'Italia. Un giro da cartolina. Purtroppo macchiato da un finale rocambolesco da commedia all'italiana. Le buche di Roma, ultima tappa della corsa rosa, si sono dimostrate molto più pericolose della discesa del Sestiere o dello sterrato del Colle delle Finestre. I romani ci sono abituati, ma i corridori del Giro, già abbastanza provati dalle fatiche di questa edizione, si sono ribellati chiedendo al terzo passaggio dei Fori imperiali che il tempo fosse neutralizzato. Non è una corsa di bighe, hanno commentato sui social.

Lo stesso Chris Froome, sollecitato da Elia Viviani, uno dei favoriti per lo sprint finale, è andato vicino alla macchina dell'organizzazione protestando vivacemente. Era troppo pericoloso: anche cambiando i tubolari, il rischio di cadere era altissimo. Alla fine gli ufficiali di gara, dopo molte resistenze, hanno ceduto temendo probabilmente una protesta più clamorosa che sarebbe andata in onda in mondo visione. La tappa, neutralizzata dopo tre giri, è stata quindi un affare solo per velocisti dove l'ha spuntata l'irlandese Sam Bennet, al suo terzo centro a questo Giro. Un finale assurdo, che porta nel mondo l'attuale situazione di Roma, città eterna anche nei suoi problemi irrisolti.

Le buche di Roma, governata dall'alleata, che Salvini non vede; e le fontane ridotte a paludi

Anche Salvini s'è prodotto nella difesa ad oltranza,  e contro ogni evidenza, della incapace Raggi al governo della Capitale, da due anni, senza che nulla sia riuscita a fare, aggravandone ogni giorno problemi e emergenza.
 Nei giorni scorsi, quel furbacchione, ha dichiarato testualmente: 'sono andato in giro per Roma, ma le buche non le ho viste'.
 Mentre proprio ieri nella tappa conclusiva del Giro d'Italia, svoltasi a Roma,  gli organizzatori hanno dovuto ridimensionare il circuito per non far correre troppi pericoli ai ciclisti, in relazione alla loro incolumità.
 Dunque, pochi giorni dopo la passeggiata di Salvini in una Roma mendata delle buche, i nemici  dei Cinquestelle  avrebbero ridotto le strade nuovamente  una groviera, per gettare fango sulla povera Raggi.

 Che ieri sera, a poche ore dalla rinuncia di Giuseppe Conte, s'è materializzata a Fiumicino, a fianco di Di Maio e Di Battista per  appoggiare la campagna elettorale comunale della pentastellata Velli, come portabandiera ed artefice del buongoverno nella Capitale.
 Ma ciò accadeva proprio mentre alle tante emergenze romane (monnezza, buche, trasporti pubblici, verde, per parlare delle principali, ancora tutte irrisolte) una nuova si aggiungeva: la mancata manutenzione delle fontane della Città, dall'antichità nota come la 'Città delle acque'.

 Turisti e romani, appena sbarcati a Roma, a Termini, possono ammirare la grande fontana dell'Esedra, la cui vasca, mai prima d'ora,  è diventata un acquitrino, e l'acqua ha assunto colore giallo. Da mesi  le fontane di Roma non hanno più manutenzione. In questo ultimo caso perché il bando per l'appalto della manutenzione conteneva errori ed è stato, di conseguenza, invalidato. Ora se ne dovrà fare un altro, e le fontane continueranno a presentarsi, anche le fontane, nello stato pietoso in cui le ha ridotte l'amministrazione Raggi.
 I cittadini sono ancora convinti di voler affidare ai Ciquestelle ed anche alla Lega  le sorti del Paese.
L'esempio romano non ha insegnato nulla?

Salvini, Di Maio molto arrabbiati; Giuseppe Conte rinuncia, Cinquestelle e Fratelli d'Italia vogliono accusare di tradimento il presidente Mattarella, il quale ha convocato per questa mattina Cottarelli

I nostri lettori  sono invitati a tollerare questa nostra  invasione di campo, motivata solo dalla volontà di cittadino ed elettore, di riflettere sull'attuale situazione politico-istituzionale del Paese.

Cominciamo dai due capipopolo  che per settimane e settimane hanno professato fede cieca e totale  in Mattarella. Fede che gli è stata poi tolta in meno di quarant'otto ore, quando il Presidente, forte delle sue prerogative, ha  dichiarato che la candidatura di Paolo Savona - per ragioni che ha a lungo spiegato nel suo messaggio - non l'avrebbe avallata.

Nel pomeriggio di ieri, prima del patatrac annunciato, in maniera irrituale, Mattarella, precedendo il ritorno di Conte  con la lista dei ministri, aveva ricevuto separatamente al Quirinale, i due giovanotti ai quali ha fatto presente che avrebbe accettato la lista di Conte, a patto che vi fosse stato depennato il nome di Savona, indicando - pare - anche qualche nome della stessa Lega, anche assai in vista, in sua vece. I due gli avrebbero risposto 'picche', facendo capire al Capo dello Stato che chi comandava erano loro e che lui avrebbe dovuto  accettare quella lista dei ministri, firmarla, farli giurare e, nel più assordante silenzio e con smacco istituzionale, far partire il governo.

Mattarella ha detto loro chiaramente che era sua prerogativa non accettare diktat, esattamente come loro sono andati a dire al Presidente che non accettavano veti. E siccome l'ultima parola spetta a Mattarella, il diktat su Savona è stato fatto valere; e Conte, con la coda fra le gambe,  ma ligio alla sudditanza nei confronti dei due - come è apparso chiaramente dalle poche parole pronunciate per dichiarare  la sua rinuncia - se ne è tornato a casa., in Via del Governo Vecchio, lasciando la casella del Governo Nuovo.

Apriti cielo. I due  si sono arrabbiati. A noi è venuto spontaneamente di dire: e chissenefrega... Conte-Nessuno andava bene ai due perchè lo avrebbero comandato a bacchetta, non riconoscendogli nessuna autonomia nell'azione di governo; mentre Savona, accreditato anche in Europa, avrebbe dovuto  fungere da  macchina di sfondamento per ogni loro proposta, molte delle quali irrealizzabili nella attuale situazione, allo scopo di accreditarsi come governo 'del cambiamento'.

 Se ci tenevano tanto a varare il loro governo di 'cambiamento' , perchè non hanno proposto al Capo dello Stato un nome alternativo a quello di Savona? Non esiste in Italia uno che possa svolgere altrettanto egregiamente il lavoro che sarebbe andato a fare il prof. Savona a Via XX settembre? Salvini si è impuntato su Savona, per dimostrare che, nel braccio di ferro, lui aveva la meglio su Mattarella.

 Ma forse la ragione vera della rottura e della messa in stato di accusa di Mattarella, sta nella  speranza- che per Salvini è quasi certezza - che alle prossime elezioni, la Lega farà il pieno di voti per governare da sola, e allora Salvini vorrà  di nuovo sfidare Mattarella  e vedere se metterà il veto su qualche ministro. E siccome il nome di Savona sarà una delle bandiere della campagna elettorale giù avviata,  Mattarella se il nome di Savona gli verrà nuovamente sottoposto, non potrà agire altrimenti da come ha agito ora. Perchè è nei suoi poteri anche quello di porre il veto su ministri e non accettare diktat da nessuno, anche per la seconda volta.

Intanto Di Battista-cannoniere è già rientrato dal suo semestre sabbatico in America, anzi non è mai partito, per candidarsi al fianco di Di Maio che, evidentemente, è giudicato troppo morbido. E il dibattito, sebbene all'inizio, si è subito infuocato.

 Mattarella ha convocato per questa mattina Cottarelli, da tutti stimato ed elogiato, per il suo lavoro sotto i governi Letta e Renzi, per tagliare le spese dello Stato, specie quelle inutili, e indirizzare le risorse ricavate  verso terreni produttivi e più utili al paese. Ora non possono dire che anche Cottarelli, alfiere nella lotta contro privilegi e sprechi, sia un traditore, servo dei poteri forti, contrario a qualunque rinnovamento.

Anzi dovrebbero esser grati a Mattarella che, chiamando Cottarelli, farà fare il lavoro sporco proprio all'economista, un lavoro che nessun governo mai farà, per non perdere consensi. Il caso dei vitalizi che, a detta di Fico, sarebbe stato risolto dal nuovo Parlamento in  una quindicina di giorni, non è entrato neppure nell'agenda della discussione. Questa inefficienza, anche in un settore che non sarebbe stato difficile riformare, deve far riflettere sul programma 'di cambiamento' del governo dei due giovanotti.

E' chiaro a tutti, a cominciare da Mattarella e Cottarelli - che non ha nulla da perdere, lui continuerà a fare l'economista anche dopo la sua uscita di scena, a meno che i Leghisti non lo vogliano insediare nella poltrona prenotata per Savona ( è difficile, anzi impossibile perchè Cottarelli e i ministri del suo gabinetto non si potranno candidare alle prossime elezioni; ma  la sete di 'potere', non di 'governo' dei due è così forte che nei prossimi mesi  li vedremo fare tante capriole) - che le elezioni sono alle porte, quindi nessuna paura per i  due giovanotti che sono sicuri di far man bassa di consensi. Ma sarà proprio così? O già Di Maio potrebbe fare, obbligato, un passo indietro e lasciare che al suo posto si insedi un altro candidato più abile di lui, per  fronteggiare Salvini che da questa trattativa esce rafforzato, essendosi comportato da abile giocatore, più abile di Di Maio, anche se ha dovuto capitolare di fronte a Mattarella, contro il quale il muso duro non ha funzionato, perchè lui non può modificare le regole  e le prerogative che la Costituzione gli riconosce.

sabato 26 maggio 2018

Festival di Spoleto , Festival di Ferrara

E Ferrara non è la città, ma il cognome di Giorgio, fratello di Giulianone, da molti anni e per molti altri ancora  al timone del Festival, inventato  e diretto fino alla morte da Gian carlo Menotti .

Giorgio Ferrara, marito di Adriana Asti, ha ripreso fiato, in relazione alla sua carriera, dopo che andò a dirigere l'Istituto di cultura italiano a Parigi, per meriti propri e nessuna spintarella, dove fece sbarcare una cerchia di intellettuali, artisti, giornalisti, soprattutto teatranti, veri e presunti, dei quali, da quel momento in poi, si è sempre circondato, anche a Spoleto, approdo successivo a quello parigino.

 Da quando è arrivato a Spoleto, fra due ali di folla plaudente per lo sbarco, ancor prima che mostrasse la mercanzia in vendita, tutta la sua azione ha mirato a cancellare l'impronta del fondatore del festival, il vecchio Menotti, la cui memoria è stata distrutta prima che da Ferrara dal figlio adottivo del musicista, un incapace, senza genio.
Neanche la festa menottiana che ogni anno scandiva lo scorrere del tempo al Festival, in coincidenza del suo compleanno, esiste più.  Lui di Menotti ha cancellato perfino la memoria, per metterci la sua.

Al punto che l'anno scorso, un film sul festival costruito con il noto regista francese suo sodale in diverse avventure, Jacquot, alcune delle quali hanno coinvolto anche la celebre attrice sua moglie, Adriana Asti, non era che la celebrazione del suo approdo spoletino e la narrazione - lui narratore di se stesso, patetico - dei suoi trionfi.

 E il Festival di Spoleto, già di Menotti, è diventato anno dopo anno Festival di Ferrara. Spazio al teatro, che è il terreno che conosce ed ha praticato, ridimensionamento della musica; sostituzione del piacere della scoperta che era uno dei pallini di Menotti che guardava anche alle giovani generazioni, con il ritrovo dei soliti nomi. Al punto che quest'anno, appresa la notizia che Bob Wilson 'non poteva', presenterà comunque uno spettacolo, nato nel suo laboratorio.

 Non gli è bastato fare il direttore artistico, ha voluto strafare anche nella regia, attribuendosi da tre anni a questa parte le regie - l'ultima criticatissima, strampalata - delle opere mozartiane 'italiane' inaugurali, e quest'anno  anche della nuova opera commissionata a Silvia Colasanti, Minotauro, della quale lui è anche librettista. Perchè? Perchè la compositrice romana l'ha "colpito al cuore"! Felice lui.

Ha stravolto anche alcuni appuntamenti classici del festival, come il Concerto in Piazza, a chiusura della rassegna, per il quale  ha scelto un oratorio, in forma però semiscenica, per mostrarci anche lì una celebre attrice, Marion  Cotillard, nelle vesti di Giovanna d'Arco.

 E i concerti che erano al tempo di Menotti un terreno di scoperta di talenti di ogni parte del mondo? Lì, avendo speso tutti i soldi - che non sono pochi; s'è fatto fare anche una legge speciale, e bene ha fatto! - con le celebrità ed i giornalisti amici, e non avendo voglia di viaggiare e scovare, chiama studenti dei conservatori vicini.

Com'era bello il Festival di Spoleto (di Menotti), ora di Ferrara (Giorgio).


Un nostro chiodo fisso: L'italianità non è un vezzo! ( da Suono Hi-Fi- marzo 2015)

                                     Barenboim via dalla Scala manda un saluto a Muti
Terminato il Fidelio inaugurale della stagione milanese, Barenboim – che a detta del quotidiano Repubblica è stato ribattezzato affettuosamente dai milanesi “BimBumBam” a causa delle troppe B del suo cognome, che sono appena due – ha fatto alcune dichiarazioni. Innanzitutto, rivolgendosi a chi lo ha accusato, d’accordo con Lissner, di trascurare il repertorio operistico italiano (Verdi, Bellini, Donizetti, Rossini e mettiamoci anche Puccini, perché no?), ha risposto che “l’italianità” non è una questione di passaporto. Ovvero, che si può fare Opera italiana, o “all’italiana”, anche eseguendo Wagner, Mozart, Strauss, Beethoven, Bizet. In che modo? Ad esempio, innestandovi la grande tradizione storica e musicale del nostro Paese, imprescindibile. E che, di conseguenza, chi non esegue alla Scala nessuno o quasi dei grandissimi autori sopra citati, non può essere accusato di anti-italianità.
È una teoria che zoppica, come zoppica altrettanto un’altra teoria, che da questa direttamente discende, e cioè che la venuta di Barenboim e Lissner alla Scala, dopo l’epoca Muti, sia servita a portare un po’ di Europa in Italia, secondo l’interpretazione di qualche giornale che ha scritto che con la coppia “estera” alla Scala siano arrivati anche i grandi nomi della regia internazionale. Vabbè, ma è stata vera gloria? Barenboim e i giornalisti fiancheggiatori del direttore argentino e di Lissner sostengono che era necessario; noi no, perché pensiamo che nell’Opera lo spettacolo conti – e come potrebbe essere diversamente? – ma conti innanzitutto la musica; questo ci sembra ancor più vero quando si vedono regie e ambientazioni che lasciano sinceramente sbalorditi, per la loro estraneità all’opera rappresentata (quella del Fidelio, per restare in tema, non lo era del tutto, sebbene mantenendo l’ambientazione in un carcere avrebbe sottolineato l’inferno che in quei luoghi si vive, e in Italia più che in altri paesi d’Europa).
Per sottolineare che l’appartenenza a una nazione non è legata al passaporto, Barenboim ha detto che se avesse dovuto dirigere solo musica del suo paese per farla conoscere nel mondo, avrebbe diretto e fatto eseguire solo il tango, che è la bandiera musicale argentina. E poi ha invitato tutti in Italia – ma forse si rivolgeva innanzitutto al ministro Franceschini, l’unico con una carica istituzionale di peso, oltre al presidente del Senato, Grasso, presente alla prima milanese – a continuare a impegnarsi affinché l’Italia, “come dice Riccardo Muti, non diventi da paese della musica, il paese della storia delle musica”. Barenboim sottoscrive quanto dice Muti ma in tutti questi anni non ha mai neanche pronunciato il nome del suo predecessore alla guida della Scala; ricordarsene solo ora appare un po’ ruffiano. E ha aggiunto, rivolto a chi lo accusa di non aver mai diretto un’opera del grande repertorio italiano a Milano, che lui questo repertorio lo fa a Berlino. Bella scusa.
In realtà qualcuno ha detto e scritto negli anni passati che la ragione del suo mancato impegno nel repertorio italiano a Milano si giustificava con la mancanza di sicurezza in tal repertorio; che a Berlino – aggiungiamo noi – sentiva di avere e a Milano no. Perché Berlino non è Milano, e il suo teatro berlinese non è la Scala, dove non gli avrebbero fatto nessuno sconto in fatto di interpretazione e tradizione esecutiva del grande melodramma italiano. In una parola, in fatto di “stile”. E lasciamo in pace Toscanini, tirato in ballo per l’occasione, quando diceva che “la tradizione è l’ultima cattiva interpretazione”. Altri tempi, altre circostanze. Altro direttore, senza offesa per nessuno.
Oggi, il repertorio di alcuni direttori presenta casi assai strani che meritano attenzione. Cominciamo da Claudio Abbado, che non ha mai diretto né voluto dirigere Puccini (invece Roberto, suo nipote, lo dirige eccome). Non è strano? Per noi lo è, come lo è anche per uno studioso come Michele Girardi, valoroso pucciniano, al quale avevamo chiesto tempo fa di scrivere per la nostra indimenticata rivista Music@ qualcosa sull’argomento, anche in considerazione del fatto che il suo corso all’Università avrebbe avuto come tema “Abbado alla Scala”. Girardi non ce l’ha scritto, poi Music@ è finita, e la ragione “musicologica” (ma noi pensiamo piuttosto “ideologica”) non l’abbiamo capita. Per noi si tratta di vezzi ingiustificati, privi di qualunque ragionevolezza. L’altro caso, altrettanto clamoroso e ancora di casa nostra, è quello di Giuseppe Sinopoli che non ha mai voluto dirigere Strawinsky, preferendogli sempre e comunque Schoenberg, forte del verbo adorniano (Strawinsky, la reazione; Schoenebrg, la rivoluzione; passato contro futuro). E, per tornare a Puccini, oggi che Pereira, d’accordo con Chailly, sta pensando, nei prossimi anni, di programmare alla Scala tutte le opere di Puccini, noi siamo assolutamente d’accordo con lui.
Ci sono altrettanti casi in cui celebri direttori non hanno mai diretto alcuni autori ma per ragioni condivisibili, non come quelle di Abbado, Sinopoli e anche Barenboim. Ad esempio, quando un direttore, guardando alla grande tradizione interpretativa di alcuni autori, ritiene di non saper aggiungere a essa nulla di nuovo o di diverso, o quando li sta ancora studiando, o quando, più semplicemente o praticamente, si dedica a un diverso repertorio, giustificandosi che non si può fare tutto e bene, e che altri lo fanno meglio. Come Boulez, che ha deciso di dedicarsi completamente alla musica moderna e contemporanea. O come Pappano, che ha un repertorio vastissimo, al quale ogni anno regolarmente aggiunge un titolo nuovo: ad esempio, ha proposto Bach, da tempo studiato, solo negli ultimi anni (Passione secondo Matteo e Messa in si minore), parallelamente al repertorio “belcantistico” o “comico”, ai quali si è dedicato solo negli ultimi anni. Mai però opponendo, durante l’attesa, ragioni ideologiche come per tanti anni se ne sono sentite a proposito di autori come Mascagni o Leoncavallo.
Sebbene non si possa negare all’interprete lo stesso diritto che si riconosce a un ascoltatore, e cioè quello di avere delle preferenze – noi, ad esempio, amiamo immensamente Bach; ma se dovessimo scegliere che musica portarci su un’isola deserta, probabilmente opteremmo per certe pagine di Schumann (Scene infantili), rinunciando a qualunque altra. In questo caso, però, si tratta solo dei gusti personali di un ascoltatore, mentre l’interprete ha altri e più pesanti obblighi nei confronti sia della comunità musicale che della musica stessa.

Fico è il cognome di Valentina ex moglie di Giuseppe Conte. Lo stesso del Presidente della Camera

La ex moglie di Giuseppe Conte, con il quale ha fatto un figlio che ha ora 10 anni e si chiama Niccolò, è Valentina Fico. I due due mantengono buoni rapporti, anche dopo che il probabile premier ha avviato una nuova relazione con Olivia Paladino, biondissima figlia del Proprietario dell'Hotel Plaza di Roma.

 Valentina Fico - ma chi sarebbe suo padre del quale i giornali nei giorni scorsi, hanno scritto che è direttore del S. Cecilia? - è 'avvocato dello Stato', l'altro ieri ha difeso l'onorabilità  e le qualità professionali del marito, dopo che i giornali  lo avevano criticato per via di quel curriculum gonfiato e dell'essere  egli, nonostante fosse accademico e avvocato molto noto, un signor 'nessuno' per la GRAN PARTE DEGLI ITALIANI, NONCHE' PER TUTTI I POSSIBILI  FUTURI PARTNER EUROPEI.

venerdì 25 maggio 2018

In un curriculm tanto prolisso, quello di Giuseppe Conte, premier incaricato, silenzio sospetto sulla identità della ex moglie

Questo  Giuseppe Conte è davvero un bel tipo. Ci ha raccontato tutto anche della su vita privata, per amore di dettagli, al punto da scambiare la caffetteria di una famosa università inglese per la cattedra di detta università, dove lui si era recato per incontrare, in estate, la sua fidanzata -  la bionda Olivia Paladino, giurista, figlia del proprietario dell'Hotel Plaza a Roma? - che lì studiava.
  Della sua attuale fidanzata che potrebbe anche sposare e che potremmo vedere al suo fianco nelle prossime occasioni ufficiali, sappiamo almeno come si chiama, di chi è figlia ed anche come è fatta - l'ha immortalata Pizzi in compagnia di suo padre imprenditore alberghiero.

 Sulla sua ex moglie, invece, silenzio assoluto, sebbene ella stessa, che sappiamo si chiama Valentina, sia intervenuta sui giornali in difesa del suo ex, dal quale ha avuto un figlio Niccolò,  che ha 10 anni.

Ma chi è questa misteriosa Valentina, quale il suo cognome, che lavoro fa- immaginiamo che un lavoro lo faccia, anche se il suo ex marito e padre di suo figlio di soldi ne  ha, per mantenere lei ed il figlio. Il Giornale, ha scritto che Valentina è figlia del 'direttore di S.Cecilia'. Per questo ci interessa.

 Il giornale si domanda: quale S.Cecilia. perchè a Roma lo stesso nome  hanno due diverse istituzioni ( e già è un miracolo che al Giornale conoscano la differenza fra le due! ): l'Accademia di S. Cecilia, e il Conservatorio di S. Cecilia. E si domanda ancora: direttore: artistico e musicale (se si tratta dell'Accademia), direttore didattico, amministrativo ecc.. se del Conservatorio.

 Forse se sapessimo la sua età, potremmo salire all'indietro sui direttori,. ma certo se si trattasse di un direttore amministrativo del Conservatorio, o anche di un direttore generale dell'Accademia, non sapremmo davvero chi possa essere.
Resta il mistero e resta pure la nostra grande curiosità sull'identità dell'ex moglie di Giuseppe Conte.

Come ti tarocco un curriculum

Se si sottoponessero i curricula (al plurale, il latino curriculm fa curricula) di tanti esponenti della società e delle profesisoni, all'esame di esperti dei vari settori, verrebbero immediatamente alla luce i taroccamenti operati,  anche dai diretti interessati, in questo o quel punto. Ma  solitamente non si fa. A noi, ad esempio, che del settore musicale conosciamo fatti e misfatti, anche perchè lo frequentiamo da una  quarantina d'anni, ci viene da ridere quando leggiamo nei curricula di 'direttori d'orchestra', che hanno diretto le 'più prestigiose orchestre' e scorriamo  l'elenco di esse. Noi, almeno in questo settore, le bufale le smascheriamo in un batter d'occhio.

 Come ovviare? E' possibile? Esiste innanzitutto un format 'europeo' relativo alla compilazione del curriculum, nel quale la gabbia predisposta, dovrebbe rendere più difficile millantare incarichi di lavoro e di formazione inesistenti o di poco conto. Ma anche in questo caso fino a quando qualcuno non smaschera la inconsistenza di certe annotazioni, anche con il format europeo, si possono incartare  tutti i destinatari dei curricula,  specie se benevoli.

 Al premier incaricato, prof. avv. Giusepep Conte, è accaduto, anche a lui, che esperti del settore, e le stesse istituzioni, improvvidamente citate nel suo curriculum, l'abbiano smentito, facendogli fare la figura del millantatore, anche un pò truffaldino, alla vigilia dell' incarico a premier. Ma che bisogno  aveva un professionista e accademico, apprezzatissimo per la sua preparazione e professionalità - che però non  ne ha neppure un pò nell'incarico che si appresta ad assumere - di raccontare alcune balle? S'è detto leggerezza, vanità, potremmo anche aggiungere 'stupidità'-  sperando che per questo non ce ne voglia!

 C'è anche da dire, a seguito della nostra esperienza, che più lungo è il curriculum di un candidato ad un determinato incarico, più forte deve essere il sospetto che dentro ci sia anche zavorra.
Al professionista riconosciuto, per formazione e esercizio della professione,  sono sufficienti poche righe per presentarsi ad un nuovo lavoro. Chi scrive pagine e pagine in un curriculum - roba da far impallidire anche uno come Leonardo da Vinci, quanto a capacità e professionalità - è più facile che voglia vendere fumo, che è magna pars ( latino) di ciò che ha da mettere in vendita.

 Di recente ci siamo occupati, leggendoli attentamente, di due curriculum. Il primo di William Graziosi,  candidato alla Sovrintendenza del Teatro Regio di Torino, in quota grillina,  prelevato dalla minuscola per quando chic marchigiana Jesi.
 Bene il suo curriculum è lungo una quaresima. Ma se lo si legge, si capisce che a tale lunghezza contribuisce in maniera determinante l'elencazione di tutti gli spettacoli che nel Festival pergolesiano di Jesi hanno trovato collocazione da quando lui, per meriti ( politici?) l'ha presieduto. Quel suo curriculum, avrebbe potuto esser ridotto a poche righe, dalla quindicina di pagine presentate, se avesse solo scritto: Sovrintendente del 'Festival Pergolesi' di Jesi. Anche perchè ad uno viene il sospetto che, ad esempio La serva Padrona di Pergolesi, è anche un pò di Graziosi, senza la cui mediazione ed operatività,  non sarebbe la stessa e mai e poi mai sarebbe stata riconosciuta come uno dei grande capolavori del melodramma.

Un'altra nomina eccellente  (al Donnaregina di Napoli) ci ha indotto a leggere  con attenzione il curriculum dell'interessata, Laura Valente. 'Musicologa, esperta di danza, giornalista professionista, specialista nel settore delle imprese culturali' . 

Che la Valente, donna e professionista sveglissima e valente, come il suo nome, abbia svolto lavori esattamente nei settore in cui dice ella stessa non c'è dubbio. Ma ci ha colpiti quella qualifica di 'musicologa' che ella si ascrive. E siamo andati a vedere la sua formazione, dalla quale sarebbe dovuta dovrebbe emergere una preparazione specifica nel settore, anche se si può esercitare la professione di musicologo - ammesso che Lei l'abbia esercitata - onorevolmente, senza averne mai acquisito le professionalità nelle sedi deputate. In tanti hanno studiato privatamente o si sono formati autonomamente.
 Laura Valente, comunque, di titoli relativi alla sua  sbandierata qualifica di musicologa, ne avrebbe conseguito uno nella Duquesne University,  avendo frequentato un corso superiore di 'Musicologia del linguaggio' (che vuol dire?) nel 1988, quand'era ancora pischella, 23 anni appena, fresca di studi ad un Liceo classico di Milano.

 Tre anni dopo, nel 1991, consegue, presso la 'Scuola di Servizio sociale' di Udine, un 'Diploma di Laurea  di assistente sociale' (che roba è?).

 E dodici anni dopo,  nel 2003, ancora una seconda ( prima, se quella di Udine è una laurea singolare per Laura) Laurea in Marketing alla New York University ( Vot.A, 29 marzo 2003, Reg.N. L033 del 3 aprile 2003. Tanta puntigliosità nel dettaglio dovrebbe suscitare qualche  dubbio?).
 Inutile dire che ha insegnato, forte di tali titoli, in molte università, sopratutto napoletane o campane, 'Gestione e Produzione nelle Imprese culturali' che è il suo campo di attività ed anche di formazione, dopo quella laurea newyorkese. Ed ha curato parecchie mostre, far il Memus di Napoli, Ravello e Positano  -  triangolo geografico prevalente - nessuna allusione al cognome - della sua attività)

Ora, lungi da noi il semplice pensiero che Laura Valente non sia brava e capace - l'abbiamo constatato di persona le volte che  siamo finiti nelle strade della sua professione.
 Però, ci si lasci dire, che buona parte della sua attività, si è svolta nel campo della comunicazione ed ufficio stampa ( nella Scala di Muti e al San Carlo di Nastasi), e che, forse, nel campo della danza,  attività preminente della Valente universalmente apprezzata (perfino dal pittoresco governatore campano,  Crozza-De Luca), la sua formazione è frutto di studio e caparbietà privata e personale.

Ma, come nel caso di Conte, bravo avvocato e accademico, che bisogno c'era di scrivere quel curriculum? Fanno fede le opere.

giovedì 24 maggio 2018

I governanti del CAMBIAMENTO: Fico,Raggi,Conte

L'altro ieri Fico, che 'figo' non è, presidente grillino della Camera dei Deputati, a Palermo, nel corso della manifestazioni per la 'giornata della legalità' è stato colto in castagna dai fotografi che l'hanno ritratto, durante l'Inno nazionale, con le mani in tasca.
Lui, in nome del CAMBIAMENTO, di cui è un esponente in vista ( attraversamenti a piedi, o in bus con beneficio di telecamere e fotografi; e non ci mettiamo anche la storia della colf 'amica di famiglia'), ha risposto che 'non importa dove si tengono le mani, anche perché coloro che se le mettono sul petto, quegli stessi con quelle mani , poi commettono delitti".

Ma poi c'è l'ineffabile Raggi, dalla parlantina scioltissima, che poi nell'agire non è lentissima, è immobile: "...perchè abbiamo trovato una situazione disastrosa e prima che la risolviamo passeranno anni... noi ci stiamo lavorando...'.

In queste ultime settimane l'ennesimo esempio, in due casi paralleli:disinfestazione contro la zanzara tigre e verde incolto. E Di Maio e Salvini, dopo essere andati da Bramini, per difenderlo dallo Stato ingiusto e crudele, si fossero fatti una passeggiata per Roma, per mettersi in testa al corteo di protesta che ogni giorno i cittadini formano per marciare sul Campidoglio, non prima però che Salvini si sia fatto visitare da un oculista,visto che l'altro ieri ha detto che, girando per Roma, di buche non ne ha viste neanche una - ma forse ironizzava sul governo del CAMBIAMENTIO cittadino, già attuato dalla  alleata grillina.

La Raggi e la sua spalla Montanari hanno emesso due ordinanze, relative alle due ultime emergenze- senza naturalmente che anche quelle anteriori siano state risolte: rifiuti, buche, trasporto pubblico.

 L'ultima riguarda il verde pubblico. E' fatto obbligo ai cittadini - si legge nell'ordinanza - di  curare il verde pubblico delle proprietà private prospiciente i luoghi pubblici, onde evitare con il caldo della stagione estivo che si sviluppino incendi.... Chi non ottempererà a tale obbligo, sarà multato pesantemente con sanzioni che arrivano anche intorno ai 1000 Euro.
 Sulla cura del verde pubblico invece nessuna risposta e neppure multa alcuna per l'amministrazione. per cui durante la prossima estate , che tuttavia è alle porte, potrà accadere che andranno a fuoco interi parchi, mentre giardinetti e aiuole di condomini privati  continueranno a far risplendere il loro verde curatissimo, ad opera dei singoli cittadini.

Analoga ordinanza è stata emanata anche per le disinfestazioni di luoghi privati, obbligatoria ed a carico dei cittadini, mentre  per la disinfestazione dei luoghi pubblici, a carico del Comune, la sindaca del CAMBIAMENTO ha fatto sapere che ha avviato le procedure per l'affidamento dei lavori di disinfestazione, bandendo la gara, come prevede la legge.

 Insomma la Raggi con  i Romani, come lo Stato con  Bramini: dai singoli cittadini pretende osservanza delle regole, alle quali lei ed il Comune si sottraggono.

 E ancora ieri sera, invitata a Piazza Pulita da Corrado Formigli ( La 7), ha sfoggiato una invidiabile parlantina, con l quale ci ha riempiti di dati, di gare da bandire, o sul punto di esser bandite, e di altre appena bandite, di mezzi pubblici da acquistare ecc... concludendo . nel 2021 arriveranno a Roma, altri 200 nuovi autobus per sostituire quelli ormai vecchi e malandati, che il fuoco uno per volta sta divorando.  Ha salutato l'arrivo del principe, anzi Conte dal CAMBIAMENTO al Governo, elogiandone la severità- lei l'ha conosciuto perché ha sostenuto con lui l'esame di diritto privato a Roma, e lui, severo,anzi giusto, le diede un bel 25. Ora dal suo governo Raggi spera di avere  se non 25, almeno 2 0 3 miliardi  di Euro per la Capitale, perché Roma è diversa da tutte le altre, anche grandi, città italiane, Milano compresa, dalla quale un celebre architetto, vorrebbe rapire il sindaco, Sala, per insediarlo per qualche mese a Roma.

 E Conte? il premier grillo-leghista rischia di fare la stessa fine di Raggi, ma nel governo del paese. Molti sono pronti a scommettere che il suo governo, di 'dilettanti allo sbaraglio, lui compreso, non durerà a lungo. Non potrà durare  sia perché sarà un burattino nelle mani dei due grandi statisti-strateghi, sia perché al primo scoglio della impossibilità di realizzare uno dei tanti sogni scritti nel contratto i due burattinai cominceranno a litigare addossando l'uno all'altro le responsabilità, ma anche perché lui non farà in tempo a capire come funziona la macchina dello Stato, per quanto tutti facciano affidamento sulla sua intelligenza, che già si dovrà tornare alle elezioni, magari con una nuova legge elettorale. E, allora, dei buoni propositi, troppi per ambedue gli strateghi, rimarrà traccia solo sulla carta, del contratto che è assai simile a quello che l'altro imbonitore, Berlusconi, tornato ora sulla scena politica, firmò, nel salotto di Bruno Vespa. E non dimentichiamo che  prima ancora delle prossime Europee, ci saranno altre tornate elettorali in Italia, che potrebbero far scoppiare le recenti alleanze governative e far riemergere, per necessità, quelle di coalizione fra forze politiche simili.

 E, nel frattempo, quando sarà purtroppo tardi, ci accorgeremo e convinceremo, toccandolo con mano, che questi nuovi 'barbari' hanno mandato il paese a sbattere!


mercoledì 23 maggio 2018

Vale per Minoli che si candida al CdA Rai, ma non per Conte, candidato premier, secondo Travaglio: competenza ed esperienza

Alla fine di questo mese scade il termine per la presentazione dei curriculum da parte chi aspira ad entrare nel CdA Rai che  a giugno dovrà esser rieletto, essendo quello in carica in scadenza.

  Michele Santoro ha fatto sapere che lui ha presentato il suo curriculum, in nome della sua competenza in materia, ed altrettanto ha fatto Giovanni Minoli, 72 anni, che è passato da tutti piani di Viale Mazzini - senza che il suocero Bernabei abbia mai mosso un dito in suo favore, mentre avrebbe potuto farlo, dunque si è fatto tutto da sè - salvo quello del CdA, nel quale ambisce ora sedersi.

In nome di che cosa sia Santoro che Minoli intendono candidarsi per il CdA della Rai? In nome, sacrosanto, della loro conoscenza della materia in via diretta e per la loro competenza in fatto di televisione a tutti i livelli - questo vale a maggior ragione per Minoli che ha avuto incarichi dirigenziali e di gestione ma anche autorali.

 Lo ha affermato  chiaramente oggi in un'intervista al Corriere, di 'Cairo' - proprietario anche della Ditta per la quale lavora: La 7, che sta dimostrando di fare squadra e di saperla fare - dove ha esplicitamente detto che per stare in quel CdA occorre  conoscere la televisione, e chi meglio e più di lui?

 Ha ragione Minoli, ed il suo discorso vale per tutti i campi; ma va tenuto presente, nel suo caso, anche il fatto che ritornare sul luogo del delitto non fa bene all'interessato, e che  stare per molto tempo in uno stesso posto, può incancrenire, a dispetto della competenza, certe situazioni anche negative.

Ora  il discorso che fa Minoli potrebbe essere applicato anche a Giuseppe Conte, prelevato di peso dall'Università e dallo Studio legale dove lavora e catapultato a Palazzo Chigi, in nome e per conto dell'accordo Di Maio-Salvini. Ma senza competenza alcuna nel governo del paese o in amministrazione della cosa pubblica. Sì, ma che c'è di strano, rifletteva ieri dall'emittente di Cairo, Marco Travaglio?
 C'è per tutti  e in ogni campo una prima volta. Forse che tutti i presidenti del Consiglio italiani prima di andare a Palazzo Chigi avevano avuto una precedente esperienza, che li promuoveva e giustificava per quell'incarico? No, sosteneva convinto -  semplice finzione televisiva  e per mantenere il punto dell' appoggio ai Cinquestelle - Travaglio.

 E ha fatto anche qualche esempio per convincere della sua asserzione. Forse Ciampi, Monti, Renzi,  Gentiloni ed i loro predecessori avevano tali credenziali? Sì, caro Travaglio. In un modo o nell'altro l'avevano, comunque avevano esperienze di amministrazione della cosa pubblica,  erano politici attivi, o godevano di grande prestigio nel consesso internazionale europeo ecc.. Cosa che Conte non potrà vantare e, peggio ancora, comincia la sua corsa azzoppato. E, fatto non da poco, nessuno al mondo, salvo in quello accademico del diritto amministrativo molto ristretto, conosce neppure di nome.

E del resto, Travaglio, nessuno avrebbe affidato a te la direzione del 'Fatto' se tu fossi appena arrivato nel consesso dei giornalisti pur essendo, per tua stessa convinzione, il più bravo, il più puro (  hai sentito la pernacchietta?) Intendiamoci, nessun editore te lo avrebbe consentito.  Ti avrebbe detto: datti da fare, impara il mestiere e poi concorrerai alla direzione.
 Se il giornale fosse tuo è evidente che potresti fare quello che ti pare, anche farlo fallire - gli esempi sono tanti.
 Dunque è così strano che le forze più responsabili del paese - che naturalmente non sono tutte di quel consesso di bravuomini litigiosi del PD - non vogliano far correre all'Italia pericolo alcuno?

Giuseppe Conte.Un'altra dimenticanza dei Cinquestelle

LO ha rivelato oggi La Repubblica, mentre sarà sicuramente sfuggito ai Cinquestelle che governano la Capitale, altrimenti... Altrimenti se ne sarebbero fregati bellamente come se ne fregano di altre cose.
Repubblica ha rivelato che Giuseppe Conte faceva parte del Comitato  per le Olimpiadi a Roma, bocciate appena arrivati al Campidoglio dai Cinquestelle, e a seguito di tale decisione il Comitato si sciolse. In quel Comitato presieduto da Malagò, e voluto da Alemanno, c'erano anche Letta e via cantando. Come ti sbagli?

Giuseppe Conte, nostro compaesano, convocato al Quirinale questo pomeriggio. Sarà premier, nonostante i millantati titoli del suo curriculm? Roba da poco hanno detto i suoi due padrini, Salvini e Di Maio. Di Battista,Gianburrasca anche con Mattarella ( fonte ANSA)

Giuseppe Conte, indicato da Lega ed M5s come premier del governo giallo-verde, salirà alle 17.30 al Quirinale. In mattinata nuovo faccia a faccia tra i due leader Matteo Salvini e Luigi Di Maio prima della convocazione. Un incontro durato circa un'ora. Sempre in mattinata su espressa domanda della Presidenza della Repubblica, i due hanno confermato la proposta di conferimento dell'incarico per la formazione del governo al professor Giuseppe Conte.
"Oggi comincia la terza Repubblica, ve l'avevo detto, l'avevo promesso", ha detto Di Maio commentando la convocazione di Giuseppe Conte al Quirinale. "Ovviamente il presidente decide ma se è stato convocato....", ha aggiunto. "Ha tenuto tutto l'impianto - ha detto Di Maio - anche se sui ministri chi decide è il premier incaricato". "Un passo avanti lo fanno i cittadini un passo indietro i politici: ma Giuseppe Conte sarà un presidente del Consiglio incaricato politico".
"Soddisfazione in casa Lega per la convocazione di Conte dal presidente della Repubblica. Pronti a partire". E' quanto si legge in una nota della Lega.
In mattinata sia Lega che M5s avevano confermato il nome del giurista."Conte è e resta assolutamente il candidato premier del Movimento 5 stelle e della Lega", aveva detto il capo politico del M5S Luigi Di Maio. "Rimane il nostro candidato e della Lega", aveva detto in mattinata anche Danilo Toninelli, capogruppo del M5s al Senato, ai microfoni di '6 su Radio 1' fuga ogni possibile ripensamento sulla designazione del candidato premier, dopo le notizie su presunte irregolarità nel suo curriculum. L'esponente pentastellato ricorda che Conte "ha alle spalle circa 17 milioni di voti, che sono i cittadini italiani che ci hanno votato il 4 marzo, e non sarà certo per una stupidaggine inventata relativa al suo curriculum a cambiare le cose". "Il Professor Conte - aggiunge - è una brava persona, competente, seria, e penso che sarà un ottimo Presidente del Consiglio di tutti gli italiani". Sulla possibilità che il presidente della Repubblica possa prendere ulteriore tempo Toninelli precisa: "Mattarella ha incontrato ieri la seconda e la terza carica dello Stato per completare il suo percorso istituzionale. Sono convinto che oggi verrà dato l'incarico e finalmente tra pochi giorni potrà partire questo governo che sarà un governo politico".
La Lega - "Il nome resterà questo. Se dovesse cambiare si dovrebbe rivedere un po' tutto l'equilibrio della squadra di governo e il problema sarebbe molto serio. La Lega ha dovuto rinunciare a molto. Si è stabilito un nome in comune che non poteva essere quello dei due leader. Salvini, per tentare di dare un governo al paese ha rinunciato a fare il leader della coalizione di centrodestra con la quale ha preso più voti rispetto a M5S Siamo partiti da una situazione molto diversa". Così Lorenzo Fontana, vicepresidente della Camera e vicesegretario della Lega parlando di Giuseppe Conte - indicato al Colle come candidato premier - ai microfoni di Giorgio Zanchini a Radio anch'io (Rai Radio1).
L'appello di Di Battista - "Il presidente Mattarella per giorni ha insistito sull'urgenza di formare un governo nella pienezza delle sue funzioni. Ebbene, finalmente, una maggioranza si è formata" per "un governo capace di ristabilire un principio sacrosanto in democrazia: il primato della politica sulla finanza. Mi rendo conto che ristabilire questo principio possa far paura a qualcuno, ma non dovrebbe intimorire chi ha l'onore di rappresentare l'unità nazionale". Lo afferma in un post su facebook Alessandro Di Battista del M5S.

martedì 22 maggio 2018

Giuseppe Conte. Dopo le Università anche Equitalia di traverso sulla strada della sua designazione a premier. Che figura! ( da www.Fanpage.it)

L'esclusiva è dell'Espresso. Secondo il settimanale, che ha consultato il database della Conservatoria di Roma ci sarebbe un'ipoteca da 52mila euro sulla casa di proprietà del professore designato da Lega e M5S come futuro premier, "per un importo capitale di 26mila euro". La storia risale al 2009. L'iscrizione sarebbe stata cancellata poi nel 2011, spiegano dal suo staff.

Lo chiarisce anche il suo commercialista di San Giovanni Rotondo, Gerardo Cimmino: "Il professore nel 2009 ha avuto una richiesta di documentazione inerente le sue dichiarazioni dei redditi. L'Agenzia ha mandato le comunicazioni via posta, ma il portiere non c'era. La cartolina è stata smarrita. Quando il contribuente non si presenta, e non porta i giustificativi della dichiarazione, iscrive al ruolo tutto l'Irpef sulla dichiarazione non presentata". La cartella, spiega L'Espresso, non sarebbe mai stata consegnata. Ed per questo che poi è scattata automaticamente l'ipoteca: "Quando il professore se ne è accorto, ha saldato tutto. Ad oggi Conte non ha alcuna pendenza con il fisco. Bastano 4-5 ritenute mancanti sulle fatture che Conte emetteva per arrivare a quella cifra. Può succedere a tutti. Non si sono aperte le procedure penali, solo una questione fiscale".

Dopo il fuoco incrociato di oggi, a proposito delle informazioni sul suo curriculum vitae ritenute false e sulla sua presunta simpatia per il metodo Stamina, Emiliano Fittipaldi e Nello Trocchia scavano ancora nel passato del professore.

Ma, si chiedono i giornalisti "come mai Conte, se aveva davvero tutte le carte in regola, invece di pagare 26 mila euro non ha poi presentato le certificazioni delle ritenute d'acconto richieste dall'Agenzia, in modo da fare ricorso contro la sanzione, vincere e non pagare quanto richiesto "ingiustamente" dall'erario?". E in effetti la domanda è pertinente, perché ci sarebbero stati i tempi per un ricorso. Ma secondo il suo commercialista Conte avrebbe preferito pagare tutto subito, per "levarsi il dente".


                                                                                              (Annalisa Cangemi)



Giuseppe Conte, il suo curriculum scritto da lui medesimo

  • Perfezionamento studi giuridici presso: Yale University (New Haven, USA, 1992),  Duquesne University (Pittsburgh, USA, 1992), International Kultur Institut (Vienna, 1993), Université Sorbonne (Parigi, 2000), Girton College (Cambridge, Regno Unito, 2001), New York University (New York, USA, 2008 e 2009).
Alla smentita della New York University si è aggiunta una seconda identica smentita dell' International Kultur Institut di Vienna.
Ma allora quel curriculum in cui si parla di PERFEZIONAMENTO STUDI GIURIDICI  è tutto fasullo?
 Che bisogno ha un professionista noto  di scrivere simili fandonie nel suo curriculm. Si badi il curriculum  che abbiamo riprodotto sopra è stato redatto dallo stesso Conte e si legge nell'albo degli avvocati civilisti, come del resto reca la sua firma anche quello depositato preso la Camera dei Deputati, al quale hanno fatto riferimento, per la New York University, i giornali.

Giuseppe Conte come la ministra Fedeli: millantano studi mai fatti. Ma anche come la Madia? Se non proprio uguale, assai simile. Il Fatto Quotidiano avvierà una campagna contro Conte per la falsità del curriculum ? ( da LA REPUBBLICA)

Le prime grane per Giuseppe Conte, premier indicato da Luigi Di Maio per il governo M5s-Lega, arrivano dalla verifica del suo curriculum e del suo passato, sui quali si sono scatenati media e social. "Professore in diritto civile, che tra l'altro ha perfezionato gli studi anche alla New York University". Questo si legge nel curriculum di dodici pagine di Conte, pubblicato sul sito della Camera dei Deputati. Ma il corrispondente dall'Italia del New York Times, Jason Horowitz, ha iniziato a fare le sue verifiche per accertarsi che tutte le informazioni relative al futuro primo ministro italiano siano vere. E a quanto pare c'è già un dubbio non da poco.
"Giuseppe Conte, potenzialmente il prossimo leader italiano, ha scritto che 'perfezionò e aggiornò i suoi studi' alla New York University, ma, quando abbiamo chiesto, ci è stato risposto: "Una persona con questo nome non compare nei nostri archivi come studente o membro di facoltà", si legge in un tweet, in cui il giornalista posta il lungo articolo pubblicato sul Nyt.
Uno scambio di mail - scrive l'Adnkronos - dimostrerebbe invece che Conte in effetti aveva soggiornato in quell'ateneo statunitense. Lo scambio di mail con Mark Geistfeld, autorevole studioso della responsabilità civile della NYU School of Law, proverebbe che il candidato premier trascorreva parte delle sue vacanze estive nella università newyorkese, avvalendosi della biblioteca e di scambi culturali, sfociati anche in collaborazioni, con i colleghi americani. Durante il soggiorno del 2014, in particolare, Conte incontrò e interagì con Geistfeld. E proprio da questo scambio è nato l'inserimento del docente statunitense nel comitato scientifico della rivista 'Giustizia civile', edita da Giuffrè, di cui Conte è direttore. Dalle ricerche effettuate in quell'anno è scaturito un volume che Conte starebbe ultimando sulla responsabilità civile, un testo che opera un serrato confronto con i sistemi di common law.

Nel suo curriculum ufficiale, inviato alla Camera dei Deputati in occasione delle elezioni a componente del Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa (incarico poi ottenuto) a pagina 2, Conte dichiara di aver trascorso, ogni estate, dal 2008 al 2012, almeno un mese nell'Università americana. La portavoce della New York University, Michelle Tsai, smentisce però l'informazione: "Una persona con questo nome non compare nei nostri archivi come studente o membro di facoltà", aggiungendo che è  possibile che Conte abbia seguito qualche programma di due giorni per i quali la scuola non tiene registri.

Di Giuseppe Conte. prima ancor di ricevere l'incarico a formare il nuovo governo, viene a galla lo scivolone clamooroso sul caso Stamina (da IL Fatto Quotidiano.it)

"Conte ebbe un ruolo rilevante nella storia di Sofia nel 2013, quando lavorò a un ricorso per ottenere da un giudice di Livorno che la bambina potesse proseguire il trattamento Stamina, sul quale all’epoca c’erano già grandi dubbi e la mancanza di prove sulla sua efficacia. La richiesta fu presentata dai genitori di Sofia con l’assistenza legale di Conte, che aveva trovato il modo per accelerare i tempi del ricorso dopo che un’iniziativa legale analoga era stata respinta dal tribunale di Firenze pochi mesi prima. Il ricorso a Livorno fu reso possibile grazie al cambio di residenza della famiglia in quella provincia, provando di avere vissuto “stabilmente nell’ultimo anno e mezzo dalla diagnosi di Sofia” nella zona, secondo quanto era stato dichiarato dal padre della bambina.
Complici le pressioni dei media, con campagne-inchieste ricorrenti da parte delle Iene, nel 2013 il caso Stamina era al centro del dibattito pubblico e politico. Proprio quelle pressioni e le richieste da parte delle famiglie di persone con gravi malattie portarono il governo ad autorizzare per decreto, con conversione in legge da parte del Parlamento, la sperimentazione del trattamento e il proseguimento delle cosiddette “cure compassionevoli”. Il Movimento 5 Stelle – che ha indicato Conte a futuro presidente del Consiglio e lo aveva già presentato come suo futuro ministro, in campagna elettorale – si schierò a favore di Stamina ritenendo che il trattamento fosse “efficace”, anche se in totale assenza di prove scientifiche e di una corretta revisione del sistema".

Italiani schiavi di psicofarmaci, Mattarella messo all'angolo

Due fra  rivelazioni e fatti inattesi hanno ieri colpito l'opinione pubblica.
 La rivelazione, a cura dello psicoterapeuta d'Italia, Matteo Salvini   che con il governo che sta per far nascere col compagno Di Maio, vuole che gli italiani siano più tranquilli, anzi felici e guardino al futuro con maggiore fiducia, eliminando l'uso eccessivo che ora fanno di psicofarmaci: 11 milioni di italiani fanno normalmente uso di psicofarmaci. Secondo le informazioni fornite a Salvini direttamente dal Ministero della Salute,  questi 11 milioni circa di italiani  che fanno regolarmente uso di psicofarmaci, sono la gioia solo delle case farmaceutiche che  sulla vita 'lunga e malaticcia' degli utenti fanno affari d'oro.
 Salvini, finissimo psicoterapeuta, non vuole togliere  di colpo gli psicofarmaci agli 11 milioni di Italiani che soffrirebbero di crisi di astinenza e, curiosamente, ne  richiederebbero e consumerebbero in quantità ancora maggiore, e forse la platea stessa dei consumatori attuali si allargherebbe: Italiani popolo di santi, navigatori, inventori, evasori e psicofarmaci dipendenti

 No, lui vuole eliminare alla radice le cause che costringono gli Italiani a far uso di psicofarmaci, per sopravvivere. Darà al paese serenità fiducia e speranza.

 Dall'identikit , fonte  ancora Ministero della salute della Lorenzin, del cittadino che consuma psicofarmaci,  risulta che di quegli 11 milioni,  la maggior parte erano elettori del PD che hanno votato Cinquestelle o Lega. E, perciò,  si presume che gli psicofarmaci hanno  avuto lo stesso  effetto terapeutico  del 'turarsi il naso' di montanelliana memoria,  al cospetto della cabina elettorale.

Mattarella sarebbe stato messo all'angolo da quei due giovinotti che, incuranti del galateo istituzionale, sono andati al Quirinale, ed hanno di fatto detto al Presidente della repubblica: governo di coalizione via libera, questo il nome del premier, questo  il programma e questa la lista dei ministri. Firma e mosca.
Giobbe-Mattarella per non dargli un calcio in culo alle due delegazioni e scaraventarle per le scale, conscio delle sue prerogative, ha ascoltato solo il nome proposto per il premier, e di esso, fatto assai inusuale, questa mattina ne sta parlando con i presidenti delle Camere, poi questo pomeriggio si recherà a Civitavecchia per salutare la nave diretta a Palermo per la Giornata della Legalità, un impegno già preso da tempo, e poi si vedrà. Se il Quirinale ha atteso ottanta giorni che i due si mettessero d'accordo e si spartissero il Paese, ora i due giovanotti potranno attendere qualche giorno, tanto per cominciare a capire come ci si comporta quando si hanno incarichi istituzionali.
 Certo i due sono lesti, lesti assai. Intanto Salvini ha candidato la sua dolce metà alla direzione generale in Rai, in attesa la fa ammirare dagli italiani, in procinto di mettersi a tavola ogni giorno.

Certo Mattarella, ora che i due giovinotti si sono messi d'accordo - quanto durerà? - non può mandarli a quel paese. Quindi il tempo che si sta prendendo serve solo per salvare la faccia e rimettere ordine nel galateo istituzionale che i due non conoscono. Non può far altro. Come nel caso in cui, invitando un ospite di riguardo - e i due sarebbero tali perché votati dal popolo - che a tavola  mangia come se fosse un animale, non può far altro che  star zitto; magari non lo inviterà una seconda volta, visto che non può dirgli cosa pensa di lui, facendogli notare che a tavola si sta secondo il galateo.

 Ma anche perchè, se non  accettasse - come potrebbe - il nome del premier, e la lista dei ministri e si mettesse di traverso sulla strada, per ora spianata, del governo, cosa potrebbe accadere? Un presidente contro il Parlamento.

 Avrà certo da ridire sui ministri. A cominciare dal nome per il ministero chiave dell'Economia, per il quale è stato proposto un professore  certamente di vaglia, Savona, ex ministro, ma che ha già 82 anni ed è contro l'Europa, ma che proposto da Salvini, sarebbe  anche gradito a Berlusconi con il quale, quand'era a Palazzo Chigi, ha avuto incarichi di peso. I due giovanotti sono matti!


Roma prima in classifica fra le capitali europee. Da un'indagine Eurostat

Virginia Raggi, quando le hanno portato la notizia, ha fatto salti di gioia. Era in riunione con l'Assessora Montanari, quella addetta alla monnezza che, ben compattata, intorno ai bidoni, romani e turisti ammirano, e che nessuno si azzarda a far sparire dalle strade.

 Era da tempo che Roma non compariva in vetta a nessuna classifica, e così la Raggi e la Montanari si sono abbracciate e quasi commosse si sono dette: vedi che a furia di stargli dietro anche Roma viene classificata prima fra le grandi città d'Europa? Montanari ha annuito ed insieme, soddisfatte, sono andate al baretto del Campidoglio, per un  brindisi di vittoria.

Virgina Raggi, rientrata nel suo ufficio, ha voluto ringraziare, con un tweet, romani e turisti, senza il cui contributo determinante - ha scritto - dopo quello in generale dell'amministrazione e della Montanari, per competenza del dicastero preposto,  Roma non sarebbe mai a poi mai risultata  prima fra tutte le città d'Europa: PER SPORCIZIA - come constata l'indagine Eurostat. Prosit!

domenica 20 maggio 2018

Governo SALVIMAIO in difficoltà ancor prima di partire

Nel prossimo futuro possibile governo Cinquestelle-Lega, che Mattarella dovrà tenere a battesimo - sempre che decida per il sì,  una volta lette le carte: il cosiddetto contratto firmato dai sigg. DiMaio e Salvini,  e controllata la lista dei nomi e prima ancor il nome del premier - ci sono cose che ci fanno ancora dubitare della sua nascita.

 Mattarella accetterà quel contratto bocciato sulla carta da schiere di esperti, eccetto quelli del Fatto che l'hanno approvato, pur con qualche riserva, e a seguire l'esercito dei votanti sulla piattaforma Rousseau - addirittura oltre 40.000 - e i votanti ai gazebo della Lega - quasi 200.000 comprendendovi i cittadini non elettori della Lega invitati da Salvini ad esprimersi - che, a detta della maggioranza, e le migliori  loro intenzioni,  ma mettedo da parte la confusione, creerebbe problemi con l'Europa e farebbe saltare i conti dell'Italia?

 Questo è certamente il maggiore dei problemi che presenterebbe l'eventuale compagine che in queste ore pare si stia formando, alla viglia dell'incontro con Mattarella.

 Ma  ce n'è anche un altro non inferiore per gravità e peso politico. Chi sarà il premier, da chi sarà composta la squadra di ministri, chi avrà la responsabilità dei dicasteri chiave: economia, interni, esteri, ma anche scuola e università, lavoro, sviluppo economico, cultura... dicasteri questi ultimi sui quali il contratto è o reticente o generico.

 Sarà Di Maio il premier? Salvini non vuole. Ma Di Maio, autoesclusosi senza convinzione, dice che il premier deve essere un politico. E qui i nomi proposti, messi in fila uno dopo l'altro, fanno letteralmente sconpisciare dalle risate. Ed è probabile che effetto analogo possano generare nel Presidente Mattarella.

 Ma forse una ragione c'è nella proposta di questi signor nessuno, incompetenti ed inaffidabili per la carica di premier. I due capibastone vogliono guidare le danze e comandarli a bacchetta.
Solo che mentre Salvini deve ogni volta prima rendere conto  a Berlusconi, per non rompere alleanze per le quali governa in molte parti d'Italia; Di Maio ha una fila di suggeritori alle spalle e dovrà sentirli tutti, prima di impartire ordini al suo premier fantoccio. Si chiamano: Casaleggio spa, Grillo, la Piattaforma Rousseau che parla via internet e chissà quanti altri, magari anche Di Battista che parte non parte o forse resta. E, perchè no, anche Casalino, formatosi ad Harward, nella Facoltà 'Grande fratello'? Con il vantaggio, non trascurabile, che potranno sempre addossare la responsabilità di scelte sbagliate ai rispettivi fantocci.

Se Mattarella non gli dà una bella raddrizzata alla coppia di cavalli che lo trainano, temiamo che il carro Italia, dopo le prime curve,  possa finire in qualche fossato e non si riesca più a rimetterlo in carreggiata. Questo Mattarella lo sa; e per questo ha dato ai due signori tutto il tempo richiesto, per poter dir a loro ed anche all'opinione pubblica, che lui ha fatto tutto il possibile, e che questi non sono ancora pronti per una responsabilità di governo, se ne parla perciò al prossimo giro, se ce ne sarà un altro per loro due, dopo questa prova di incapacità totale. Intanto ci pensa Mattarella.

sabato 19 maggio 2018

Statisti pentastellati per l'incarico da premier


In queste ore si stanno definendo gli ultimi punti d’intesa tra il Movimento 5 Stelle di Luigi Di Maio e la Lega di Matteo Salvini.
Stando a quanto riportato dal quotidiano La Repubblica sarebbero sei i nomi proposti dal Movimento 5 Stelle per il ruolo di Presidente del Consiglio.
I nomi in corsa per la premiership sarebbero:
Luigi Di Maio
Alfonso Bonafede
Vincenzo Spadafora
Riccardo Fraccaro
Emilio Carelli
Vito Crimi