martedì 31 marzo 2015

Al concerto di Pappano, con la prima assoluta di Sciarrino, un giallo

All'indomani della elezione di Michele dall'Ongaro a presidente-sovrintendente di Santa Cecilia, immediatamente il sito del'Accademia dava conto dell'avvenuto cambio al vertice , mettendo al posto del vecchio sovrintendente, il nuovo. E il vecchio, Bruno  Cagli? Creata appositamente una carica per lui, quella di presidente onorario, con la quale oggi figura nell'organigramma dell'Accademia, con funzioni evidentemente di rappresentanza, come ha già iniziato a fare in occasione della Laurea Honoris causa a Pappano, dove l'assente dall'Ongaro era sostituito dal presente Cagli.
 Ma al concerto di Pappano con la  strepitosa novità assoluta di Sciarrino, sfogliando il programma di sala, davvero ricco, leggiamo in prima pagina  i nomi dei componenti del consiglio di amministrazione presieduto da dall'Ongaro. Ma che vi notiano? L'assenza di Battistelli, ed il rientro di Giovanni  Carli Ballola ed Ivan Fedele,  estromessi con la nuova sovrintendenza.  E Battistelli? L'amico gemello di dall'Ongaro  era  stato già estromesso dopo neppure un mese dal suo rientro, a seguito delle elezioni che hanno visto gli elettori dell'Accademia esattamente schierati a metà su due fronti, con qualche unità in più per dall'Ongaro? Dunque tutte le professioni  di amicizia di dall'Ongaro nei riguardi di Battistelli, erano finte, come abbiamo sempre pensato e continueremo a pensare, perché nessuno ci toglierà mai dalla testa che lì, come in qualunque altro ambiente nel quale si esercita un notevole potere, le pugnalate non si risparmiano a nessuno. E
 Tra parentesi - ma la cosa ci lascia davvero indifferenti- per questo il nuovo re dell' Accademia deve guadarsi bene le spalle perché una pugnalata gli può essere sferrata quando meno se lo aspetta, e non deve dormire sugli allori, perché anche noi temiamo, senza per questo  star svegli di notte, che alla fine del primo mandato non è poi così automatico che ne riceva un altro. Battistelli, l'amico gemello è là, sempre  paziente che aspetta,  e se non gli è riuscito una volta ed anche un'altra, forse alla terza ci riesce, perché giocheranno in suo favore, tutti gli errori che dall'Ongaro sicuramente commetterà in questi anni, per sete e fame di potere. Ma che ha già fatto anche da vicepresidente, come si nota da certe presenze del cartellone della stagione in corso.
 Comunque, a fine serata, tornati a casa, il giallo è venuto a risoluzione: sul programma di sala avevano messo il nome del nuovo presidente ed anche di quello onorario; ma per i componenti del Cda, avevano lasciato quelli vecchi.

sabato 28 marzo 2015

GIOVANNI ALLEVI E ROBERTO BOLLE. CHE NOIOSA TENEREZZA

 Due nello stesso giorno, sui giornali, son troppi.
Allevi sta per cominciare, da Roma, Auditorium Conciliazione - anche il nome è 'alleviano' - il suo tour, per il lancio del nuovo CD, e ripete come farebbe un bambino con una poesiola che ha appena imparato a scuola, le solite sue furbe ingenuità. l'amore, la famiglia, i figli, core de papà. Ma che ci frega se poi la sua musica ha poco, anzi nessuno spessore 'musicale'? Varranno a giustificarla alle menti dei suoi ignari ascoltatori, tutte quelle storielle, inutili, banali relative alla su vita quotidiana? Può una vita quotidiana in tutta la sua banalità giustificare una musica  in tutta la sua ingenua banalità? Sì che  può e alla stregua dei milioni di poveri sanremesi spingere i suoi seguaci a seguire il proprio idolo. Che idolo è anche per molti giornali più incolti dei fedelissimi sanremesi, quando scrivono dell'Allevi pianista, compositore, direttore d'orchestra. Giovanni, perdonali, non sanno quello che scrivono.
 L'unico dato incontrovertibile della storia di Allevi è la sua enorme presa sul pubblico e i molti dischi venduti. E su l'una e gli altri non c'è nulla da dire, ma solo su questo non c'è nulla da dire, mentre su tutto il resto, anche noi possiamo mettere bocca e dire ancora e più di ciò che in questi anni abbiamo detto e scritto di Allevi, il fenomeno, che abbiamo anche ascoltato dal vivo, suonare e commuovere con le sue inutili chiacchiere. Fra le quali ci mettiamo anche l'ultimo 'Love' che ci ha fatto venire in mente il Carlo Verdone di 'love, love, love'.
 Leggere anche le inutili ripetute dichiarazioni di Bolle, il Roberto tutto muscoli e prestanza fisica, lo stesso giorno su un altro giornale è troppo. Bolle, lei è  al traguardo dei 40 anni, fra non moltissimo arriverà ai 45, un'eta critica per i ballerini, anzi l'età della pensione. E Lei pensa di seguire le regole della vita- gli viene chiesto? No, risponde il Roberto baldanzoso, ne ho 40 di anni, ma ho un corpo da ventenne. Le solite stupidaggini. Ma come si può dire questo. Un tempo lo dicevano gli anziani quando sottolineavano che in un corpo di settantenne c'era il cervello di un ventenne. Perchè Bolle non ci dice a quale età è arrivato anche il suo cervello?
 Senta Bolle, non è stato lei a criticare altri famosi ballerini che non si decidevano nonostante l'età a scendere dal palcoscenico?Sì, ma... io mi sento, glielo ripeto, come un ventenne (questo lo diceva fino a qualche settimana fa anche la Fracci, vent'anni appena compiuti).
 Sbarcherà nel cinema, una volta che non potrà più volare sulle punte? Mai dire mai.
Allora continuerà a ballare anche dopo i 45 anni? Vedremo. L'hanno fatto prima di me anche Nureiev ed altri. Ma su, Roberto, vuoi mettere?
Noi  che abbiamo visto Nureiev  nel 'Cappotto' a Firenze, già molto avanti negli anni, che non ballava, dobbiamo ammettere che funzionava, ma non facciamo paragoni. Lei intanto  continui a ballare finché ce la fa, ma non creda che la natura con lei  farà un' eccezione. A 45 anni, come le hanno insegnato e come lei ha ricordato a tanti suoi colleghi anche più  bravi di lei, un ballerino va in pensione, anche se c'ha il cervello di 20.

GIOVANNA MARINELLI? TENETEVELA. A MILANO, PEREIRA DA' I NUMERI

L'arrivo di Giovanna Marinelli nell'assessorato romano di Piazza Campitelli, dove per un periodo aveva navigato senza sapere bene dove volgere il timone la Barca, era stato salutato come provvidenziale, specie da tutti quelli che la conoscevano da tempo, essendo la Giovanna  sempre stata al Comune di Roma, anche se mai come assessora  prima d'ora. Veltroni , andando via , l'aveva premiata  per il lungo servizio al campidoglio, mandandola al Teatro Argentina ( Veltroni è stato sempre molto generoso con i suoi fedelissimi ( Walter Verini, deputato a sua insaputa) o con gli amici ( Marianna Madia, prima deputata e poi addirittura ministra in barba alla sua competenza,  solo perchè figlia di un suo amico e fedelissimo collaboratore, defunto). Tutti si aspettavano dalla Giovanna che Lei avesse più a cuore della Barca, le sorti della cultura a Roma, visto che di Marino, il  sindaco in bicicletta, non ci si poteva fidare, e la Barca non ne capiva tanto. E così è stato.
 Assai furbamente all'Argentina è arrivato il direttore di Radio 3, Sinibaldi,  uno di quelli cui la sinistra anche più combattiva non può dire di no, anche in casi estremi;  e così Marino ( non il sindaco ma Sinibaldi) e Giovanna, alla cultura a Roma stanno rompendo le ossa o spezzando la schiena, come si dice.
 Si sono  visti all'opera i due prima nel Caso Valle - ' i problemi sono a monte non al Valle', scrivevano ironici gli occupanti dello storico teatro - fatto sloggiare senza troppe proteste, con promesse  in parte disattese - per il futuro vedremo: Intanto c'è poco da stare allegri. Dove sono i fondi per l cultura nel bilancio del Comune?.E, mentre la Giovanna e Marino, Ignazio, trasferiscono la cultura d'inverno, in periferia, al centro città ed ai suoi abitanti, s'è fatto sapere che l'estate sarà più dura dell'inverno. Soldi non ce ne sono, e bisogna che tutte le associazioni, oggi riunite sotto l'etichetta 'i festival di Roma' , animata alla combattiva Carmen Pignataro de 'I solisti del teatro', attive nell'estate romana, i soldi se li procurino da soli. Al 'pubblico'- inteso come istituzione,  Comune nel caso specifico - dell'Estate romana non fotte più nulla e perciò  quest'estate si chiude tutto baracca e burattini. e così la 'missione' della Giovanna e di Sinibaldi, sotto la protezione del Marino in bicicletta, è chiara ed ora si compie.
 La protesta si legge più sui giornali - ANCHE REPUBBLICA NEGLI ULTIMI TEMPI è STATA GIUSTAMENTE SEVERA CON MARINO, a firma  Giuseppe Cerasa, capo della cronaca - che nei movimenti di opinione e nello stesso PD, al quale questo settore, nelle priorità di governo, è diventato l'ultimo o il penultimo.
ULTIMISSIME. IN NOTTATA NEL BILANCIO DEL COMUNE DI ROMA SONO APPARSI 2 MILIONI PER L'ESTATE ROMANA.  SEMPRE SUL FILO DEL RASOIO, SEMPRE ALL'ULTIMO MINUTO. E' BUONA AMMINISTRAZIONE?

Per agitare le acque 'del nulla che fa rumore', Pereira ha annunciato che nella prossima stagione farà un 'Elisir d'amore' a Malpensa, cioè senza palcoscenico. Gli strumentisti in piedi e i cantanti che si muovono fra biglietterie, sale d'aspetto, salsamenterie e gioiellerie, porteranno al popolo che non ne vuol sentire parlare, l'opera di Donizetti. Chi gliel'ha chiesta?  Il grande sovrintendente  sa già che quelli che restano a terra per scioperi aerei, d'ora in avanti, potranno usufruire dell'opera di Donizetti senza pagare il biglietto e per ingannare l'attesa del nuovo volo.

venerdì 27 marzo 2015

Il menestrello s'è guadagnato la stima di oltre 50.000 amici, in meno di due anni ( 21 mesi)

Il nostro blog, avviato quasi alla chetichella ma con la volontà di non mollare, il 23 giugno del 2013, con un post intitolato 'la sedia vuota', di critica chiarissima a papa Bergoglio per la sua assenza voluta al concerto dell'Orchestra Nazionale della Rai di Torino,  oggi, 27 marzo 2015, quindi a 21 mesi dalla sua apertura, ha raggiunto e superato le 50.000 visite. Vuol dire che in Italia c'è qualcuno che, avendo a cuore le sorti della musica italiana, come del resto l'abbiamo noi, visita il nostro blog con assiduità, condividendolo, ma anche semplicemente per informarsi di ciò che difficilmente si aspetta di leggere sui giornali cosiddetti 'normali'. Come ci è stato più volte detto e confermato da insospettabili visitatori.  Continueremo.

Barbareschi, ci dice qualcosa dell'Eliseo, ora che ha prodotto Mennea? O è diventato lento?

Da tempo non abbiamo notizie del Teatro Eliseo  e della contesa che vede Luca Barbareschi  faccia  a faccia con i vecchi proprietari del teatro, quanto meno con uno di loro, Monaci.
 Ci aveva detto: nel giro di qualche settimana... prima aveva detto: addirittura di qualche giorno... avrebbe riaperto il teatro; poi ha detto che i lavori da fare, non più procrastinabili, erano tanti, e che quindi ci sarebbe voluto più tempo.
Ha detto che la stagione sarebbe ripresa ad inizio estate e che durante l'estate sarebbe proseguita, a differenza di quanto solitamente avviene nei teatri italiani, e che avrebbe aperto un ristorante in teatro. Insomma ci ha fatto venire l'acquolina in bocca.
 Poi più nulla. ma ora che anche lui si è allenato  a correre, avendo dovuto insegnare a Mennea, nella fiction RAI, a correre sempre, perchè non ci dà uno scatto di notizia sullo storico teatro finito nelle sue mani?
Aspettiamo a bordo pista, in attesa di accomodarci in oplaeta o di sederci a tavola, nel suo ristorante.

Girondini riconfermato sovrintendente all'Arena di Verona. L'ha avuta vinta Tosi; dove si vede che Franceschini non conta.

Napoli e Verona: due casi due tecniche due vincitori due diversi suggeritori. Stessi guai.
A Napoli l'ha avuta vinta Nastasi che ha riconfermato lui stesso la Purchia alla sovrintendenza, alla faccia di De Magistris che con la Purchia non ha rapporti neppure di buona creanza. Come sono i conti non sappiamo, tanto è sempre la stessa storia. A Napoli, Teatro San Carlo, c'è un  Museo di fresca costituzione, un tempo curato dalle amorevoli mani della Giulietta Minoli in Nastasi, mentre ora non sappiamo che fine abbia fatto, e via dicendo. Ed un Museo, inutilissimo, anche  Verona.
 Dove agli stessi problemi, si risponde con diverso copione. Girondini, l'ex sovrintendente, voleva lasciare. Vero? Sembrerebbe di no. Anzi una protesta pubblica  aveva chiesto, anche attraverso le pagine del Corriere, di metterlo a riposo, mentre le cronache idiote indirizzate a persone ritenute allocche, dicono che si è ricandidato dopo le insistenti richieste del suo già benefattore Tosi, sindaco, ed ora candidato alla Regione Veneto. Il CdI, nel quale il sindaco ha la maggioranza, ha fatto il suo nome al ministro, il quale lo ha rinominato. E Girondini, alla faccia di tutti quelli che l'hanno di fatto protestato, è ancora lì.
 Uno si chiede: dateci una sola ragione per convincere anche noi che Girondini abbia i titoli per restare nonostante che tutti, per semplice invidia (?), lo avrebbero voluto mandare a casa. La prima più importante ed unica ragione è che è l'uomo di Tosi. E basta. Ma come va la gestione dell'Arena? A gonfie vele nel rosso. L'Arena? Non è possibile, con quella platea oceanica. Sì, ma circa il 6o% dei biglietti rimane invenduto e non per ragioni atmosferiche.  Ecco perchè si parla di un buco di circa 40 milioni di Euro, alla stregua del teatro peggio gestito di Italia, e con una capienza talmente ridotta che ogni spettacolo diventa un costo.
 Girondini, infine, pare sia indagato per due diverse inchieste che hanno naturalmente sempre a che vedere con l'Arena.
 Alle accuse Girondini risponde che sì l'Arena è grande, ma ha anche grandi spese. Certo. ma probabilmente da parte della sovrintendenza c'è stata una continua eccessiva elargizione al personale che ora dovrà sottoporsi ad una cura dimagrante fortissima. E forse si ricorrerà, oltre che alle scenografie virtuali, anche alle comparse virtuali.
 Anni fa si scoprì che la società che gestiva la biglietteria, faceva la cresta, tratteneva percentuali alte e pagava molto in ritardo. Va ancora così? Oggi si accusa Girondini per la società che gestisce le vendite in Arena: un caso analogo?
 E poi c'è il Museo dell'Opera 'virtuale'. ormai non basta più neanche l'Opera reale. Il Museo che si chiama dispettosamente AMO ( Museo Arena Opera) è un monumento allo spreco. Qualcosa da spartire con quello del Teatro san Carlo? Spreco identico. Identica mangiatoia, a Verona comunale, a Napoli soprattutto ministeriale.
A Napoli come a Verona nessuno dei dirigenti dei due teatri crede nell'Opera, a Napoli si sfruttano i Mondiali di calcio, a Verona si pattina sul ghiaccio d'inverno, in uno spettacolo agghiacciante, presentato per la Tv da una matrona rosa confetto, assolutamente fuori luogo e fuori ruolo.
 Così va la lirica in Italia dalla 'nordica' Verona alla 'sudica' Napoli.

giovedì 26 marzo 2015

Francesca Barracciu, sottosegretario ai beni culturali, nei guai si è messa da sola. Alessandro Gassman non c'entra

Questi giorni, Francesca Barracciu, è alla ribalta della cronaca. Ed è la prima volta, da quando nel febbraio del 2014 Renzi l'ha nominata sottosegretario ai Beni culturali, per toglierla dai guai nei quali s'era cacciata nella nativa Sardegna.
Sorvolando sulla gaffe della commemorazione del Satta confuso, della quale s'è scusata dicendo in pratica: oh, ma io sono laureata in filosofia, vi pare che non me ne sia accorta? mentre ha insistito a commemorarlo, gettando poi la croce dello scambio di persona, sulle spalle del suo staff. Stessa scusa di quell'altra laureata della Gelmini,  che sul tunnel da Ginevra al Gran sasso, incolpò il suo segretario, che ovviamente aveva studiato nella sua stessa università.
 Laureata in filosofia la Barraciu, ha insegnato nelle scuole superiori, laureata come tantissimi altri, insegnante come tantissimi altri; solo che, a differenza di tantissimi altri, lei come la Gelmini - non so chi si deve scusare con l'altra per l'accostamento - se non si mettevano a fare politica, dove si vede di tutto,  la Barracciu sarebbe ancora a fare l'onesta insegnante, e la Gelmini, a fare l'avvocata onesta, mentre fino ad oggi la Gelmini non passa giorno senza che ci dispensi briciole di sapienza, e la Barracciu di giorni ne ha lasciati passare tanti, troppi, senza spiegarci le ragioni vere della sua scappata in continente, aggrappata all'ancora che le ha gettato Renzi.
Non vogliamo parlare anche di Alessandro Gassman che le direzioni degli Stabili deve forse non alla sola sua bravura, sulla quale non osiamo neppure dubitare. Come invece ha osato fare la Barracciu, che se dovesse applicare a se  stessa il criterio che ha usato con Gassman, dovrebbe giungere alle medesime conclusioni e conseguente autoconfessione. Lei, che meriti per fare il sottosegretario ai beni culturali, ed anche competenze non ne  può vantare, bensì solo la sua laurea in filosofia, con la quale ha potuto insegnar. perciò su simili rivendicazioni professionali è preferibile tacere dall'una e dall'altra parte.
 Le medaglie al petto che chiunque esibisce, a fronte di un incarico di responsabilità e prestigio, si valutano partendo da quelle guadagnate in trincea. Tanto per restare ai beni culturali, la sig.ra Ilaria Borletti Buitoni, sarà anche laureata oppure no non importa, ma da presidente del FAI, dove ha dimostrato cosa sapeva fare, la sua nomina a sottosegretario è più che giustificata dalla sua competenza dimostrata sul campo; mentre altrettanto non si può dire nè della Barracciu nè dello stesso ministro Franceschini. Condizioni queste per l'esplosione del potere del Nastasi grande&grosso.
 Tornando alla Barracciu, la sua fuga in continente, dopo essere stata eletta anche parlamentare europea, subentrata a Crocetta, salvata da Renzi, lei renziana, ovviamente, nasce dal clamore suscitato dalle sue spese 'pazze' - così le definì l'opinione pubblica - da consigliera regionale: 33.000 Euro circa di carburante in tre anni - così almeno si legge negli articoli di giornali riguardanti il suo caso.
 Calcolatrice alla mano, se il carburante costava all'epoca all'incirca 1,70 Euro, e con un litro di carburante lei poteva percorrere mediamente una ventina di km, in tre anni la Barracciu avrebbe percorso con la sua macchina 390.000 Km. circa, e perciò ogni anno avrebbe  potuto oltre cento volte percorrere la distanza 'dalle Alpi alle piramidi' della nostra amata penisola, lunga 1200 Km circa, solo che quegli oltre 130.000 km annui, li avrebbe percorsi nella 'incarcata' patria Sardegna, lunga 270 Km. ( l'avrebbe percorsa 500 volte circa circa per anno, una volta e mezza al giorno per tutti i giorni e per tutti e tre  gli anni, ogni giorno) andando su e già all'impazzata, con l'acceleratore a tavoletta, perchè l'altra ipotesi sarebbe, oltre quella dell'alta cilindrata della sua macchina, che non sapendo la consigliera guidare, abbia consumato il doppio o il triplo di quanto consumerebbe un normale ma avveduto guidatore.
 Morale della favola. La cultura, quella vera,  che dovrebbe essere appannaggio di ogni politico, benché non lo sia quasi di nessuno, non dovrebbe far cadere il politico di turno nelle trappole dei falsi o indebiti rimborsi che sono una vergogna fin troppo diffusa nel nostro paese,. E non aggiungiamo altro. L'unico vantaggio, adesso che sta al ministero, è chela Barracciu, usi la macchina di servizio e perciò non debba farsi rimborsare nulla. E con ciò evita altri  possibili addebiti politico culturali futuri.

mercoledì 25 marzo 2015

Renzi muoviti su Nastasi!

Insomma è mai possibile che Lupi se ne è dovuto andare dal ministero perchè ha chiesto al suo dipendente Incalza di intervenire sul suo amico e compagno di giochi Perotti, per trovare un posto a suo figlio, che si è ben laureato, tanto da  ricevere da Perotti in regalo un Rolex, e Nastasi che crea - appositamente, ci viene il dubbio! - al Teatro san Carlo, durante il periodo in cui del teatro lui era commissario, un Museo , MeMus, a capo del quale mette sua moglie Giulia Minoli, avete capito, non una qualsiasi, come cooordinatrice,  non ha fatto nulla di strano e resta ancora al suo posto? Che cazzo di paese è questo?
 Ciò che ha fatto Nastasi è più grave di quello che ha fatto Lupi. Perchè l'ex ministro ha chiesto ad uno che a sua volta  chiesto ad un altro un posto a suo figlio; Nastasi, ha fatto spendere allo Stato i soldi per la creazione del Museo del teatro - inaugurato da Napolitano, capito che giri? - e prima di andarsene da Napoli, dunque ancora da commissario, o appena terminato il suo incarico - la gravità del sopruso non cambia - ci ha messo sua moglie a 4000 Euro mensili (stando a quanto rivelò a suo tempo Dagospia: come si vede la faccenda è nota da tempo, senza che nessuno si sia mai mosso)  il doppio del figlio di Lupi, ingegnere, mentre la 'giulietta' di 'romeo' Nastasi (inanellata a Filicudi , Gianni Letta suo compare di nozze) non aveva - ci sembra - nessuna qualifica per diventare la coordinatrice di un Museo del melodramma, oltre quella di essere figlia di Giovanni Minoli che il Ministero di Nastasi mise a capo di un altro museo, torinese, forse contemporaneamente all'incarico di sua figlia: una specialità di famiglia finché comanda Nastasi.
La faccenda dunque è assai più grave, ma Renzi è ancora più cieco e sordo.
 Non sappiamo se tuttora la giulietta sia ancora al san Carlo, dove per la seconda volta il suo 'romeo' vuole la Purchia, e l'avrà; ma anche l'avesse rapita per portarsela nel suo nido d'amore romano, tutta per sè, dopo il faticosissimo periodo napoletano, ogni giorno su è giù con l'Alta velocità, perchè Renzi non chiede alla giulietta di romeo Nastasi, la restituzione dei soldi precepiti,senza merito altro oltre quello di essere la giulietta di romeo Nastasi?  E, poi, non lo manda a casa?

Su Nastasi, l'amico di Nardella, quanto siamo ingenui

E noi che invochiamo quasi ogni giorno Renzi perchè metta a posto, spedendolo da un'altra parte, Salvo Nastasi, potentissimo, oltre che grande&grosso direttore generale dello Spettacolo che da mille anni è lì al Collegio Romano, portatovi da Urbani, restato sotto Buttiglione, Rutelli, Bondi, Ornaghi, Galan, Bray, e resistente anche con Franceschini.
Come e perchè Renzi dovrebbe metterlo in riga se lui è amico intimo di Nardella, a sua volta amico intimo ed anzi suo uomo ombra -  mentre ombra di Nardella Nastasi non può esserlo, per le ben note caratteristiche somatiche.
Nardella lo ha conosciuto dai tempi in cui si edificava a Firenze il Nuovo Teatro dell'Opera, i due sono diventati amici e Nardella, diploma da violinista a Firenze (forse negli stessi anni in cui noi vi abbiamo insegnato Storia della Musica) non avendo nessuna dimestichezza con leggi e circolari del ministero, si è messo nella manone di Nastasi che della macchina ministeriale, che guida senza patente e con spericolatezza, conosce tutto e manovra tutto.
Nardella come Franceschini, come Bray e andando all'indietro fino a Urbani, quando forse Nastasi il mestiere di gran manovratore non lo conosceva ancora bene - Urbani ha fatto largo ai giovani - e l'ha dovuto imparare  in fretta, data la totale ignoranza dei ministri che sono sfilati in via del Collegio romano.
 Cosa dovrà accadere ancora al Ministero perchè il premier ed il sindaco amico si accorgano  che di Incalza, il gran manovratore, nei nostri ministeri ve ne è almeno uno per ciascun dicastero? E quello della cultura si chiama Salvo Nastasi?
Anche Nardella, di scuola renziana, riferiscono i giornali ben informati, è spesso ospite di casa Nastasi-Minoli, casa romana ospitalissima; dunque oltre che della competenza di Nastasi, Nardella gode anche della sua amicizia, allo stesso modo di  Renzi  che dormiva a casa del suo ricco amico a Firenze, per non tornare a Pontassieve, quando  faceva tardi in Comune.
 Renzi perciò ha chiuso gli occhi e s'è foderato le orecchie, per non vedere e non sentire le accuse che anche dal suo stesso partito - Orfini, ad esempio, l'ha fatto chiaramente in una pubblica assemblea, ma non è l'unico a sottolineare che la presenza di Nastasi al Ministero è mortale per la cultura italiana - sono rivolte al grande &grosso direttore generale.
 Il quale da controllore diventa, di volta in volta, anche manovratore. Prendiamo l'ultimo caso del san Carlo. Lui dovrebbe controllare insieme a 'mezzo disastro' Franceschini che nelle fondazioni, che vivono di soldi statali,  le cose si svolgano sempre nella più completa regolarità. E invece Nastasi che fa? Fa il manovratore, mette al vertice chi vuole lui (Purchia), e manda via chi non gli sta a genio, e non controlla, perchè dovrebbe controllare se stesso.
 Un direttore generale che sopravvive, aumentando ogni volta il suo potere, ad una schiera di ministri, una qualche arma segreta deve necessariamente averla per difendersi. E non può essere la competenza l'unica sua arma. E' sufficiente guardare come tratta alcune questioni: da incompetente ed elargendo favori ai suoi amici , il potere dei quali forse conta molto per la sua permanenza  al Ministero.  Renzi e Nardella forse aspettano un suo passo falso prima di muovergli qualche sommesso appunto? Passi falsi, o che possano apparire tali agli occhi di Renzi e Nardella, Nastasi non ne farà mai. Come, in oltre mezzo secolo, non l'hanno mai fatto i suoi protettori, nonostante che i loro nomi compaiano in ogni pentola che si va a scoperchiare nel nostro paese. Di chi parliamo? non c'è bisogno che lo diciamo per l'ennesima volta. Sempre gli stessi.
 L'unica nostra consolazione, in prospettiva, è che quando Nastasi,  se scivolerà su una buccia di banana - e una volta o l'altra potrebbe accadergli - potremo dire: ve lo avevamo detto.

martedì 24 marzo 2015

Soldi a Pereira, mentre ancora non si sa quanti per Fuortes e dall'Ongaro e neppure Sani. Nastasi riconferma, contro il sindaco, Purchia a Napoli

Alexander Pereira, per decisione del CdI, prenderà a stagione 240.000 Euro, che è quanto si può prendere dopo il tetto stabilito dal governo. E Fuortes? E Dall'Ongaro? e Sani, a Bolgogna. il capitolo 'amministrazione trasparente' delle singole fondazioni è sempre occultato,  fottendosene di quanto ha raccomandato, nazi prescritto, il ministero. A proposito del quale, se neanche ora, con tutta l'angelica dedizione della Madia ed il velocismo decisionale di Renzi non si mette mano alla rotazione dei massimi dirigenti, non lo si farà mai più. Ed anche questo giro Nastasi resterà al suo posto, una specie di Incalza al Ministero della cultura. Con una sola differenza. che Incalza, per quanto regnasse despota, aveva per lo meno i collaudatori, a fine opera, Nastasi non ha nemmeno quelli. Quando lui decide che il San Carlo, che lui presiede da commissario, deve andare a Chicago per la Messa da requiem di Verdi, e qualcuno gli fa notare che non è il caso: costa troppo, non serve e che vuole andare a dimostrare il san Carlo - lui lo fa andare lo stesso e gli trova i soldi per andarci: glieli da lui, dalla casa del Ministero.  A cose fatte chi gli va a contestare che è stata una trasferta beffa, inutile e costosa? nessuno, perchè al suo ministero non ci sono i collaudatori, e qualora ci fossero, sarebbero, anche quelli, scelti da Nastasi. Ora l'hanno messo in mezzo - giustamente - per i lavori al Teatro grande di Pompei. Come credete che andrà a finire? Nastasi ne uscirà come al solito immacoltao, contano troppo i suoi padrini e protettori.
 Ora, l'ha fatta per l'ennesima volta, assai grossa. Sempre al san carlo, per la successione alla purchia, alla quale, per sua volontà succederà la Purchia. E Renzi? Troppo piccole beghe per  interessarsene? Si sbaglia, se non coglie neppure ora l'occasione, Nastasi resterà lì per altri trent'anni, giacchè è ancora troppo giovane, anche se grande&grosso - ma solo di stazza. Ora a Napoli, appena lui, Nastasi, l'avrà nominata per la seconda volta, si avrà un teatro retto da una sovrintendente, in rotta di collisione con il presidente del CdI, il sindaco De Magistris. Ma Nastasi, non si ferma davanti a nulla e nessuno, mentre Renzi, continua a fair finta di niente.

Philip Pickett, un altro stupratore

Il direttore inglese che avrebbe dovuto dirigere la Messa in si minore di BACH, profanandola, è stato sostituito al Bologna Festival perchè in galera, dove è giusto che resti per oltre dieci anni, per una condanna inflittagli a causa di violenze ed abusi sessuali  su minori ai tempi in cui insegnava  in una celebre scuola.
 Uno scandalo che ha toccato di recente (2010) anche Pletnev, per  sospetta pedofilia, in estremo oriente, ma sembra che sia stato scagionato. Dobbiamo prenderne atto, anche se... qualche dubbio sulla sua assoluzione ci viene, e non staremo a dirne le ragioni.
 Questi reati , abusi su minori, devono esser puniti severamente come sta facendo, finalmente, anche la Chiesa che di simili misfatti è stato troppo spesso teatro.

Di ritorno dal conferimento della laurea 'honoris causa' in Musica e Spettacolo ad Antonio Pappano.

L'università di Roma 2, Tor Vergata, ha oggi solennemente conferito a Antonio Pappano la laurea 'honoris causa' in Musica e Spettacolo, nell'auditorium intitolato a Morricone, alla presenza del rettore prof. Novelli e di molti altri docenti fra cui quelli di discipline musicali, da Sanguinetti ad Adamo alla Gialdroni, tutti schierati sul palco con la divisa accademica d'ordinanza.
In platea seduti alcuni volti noti, da Agostino Ziino, nella doppia veste di Accademico ceciliano e professore di Storia della Musica a Tor Vergata, al presidente onorario dell'Accademia - carica coniata di zecca non più tardi di qualche giorno fa, alla fine del suo mandato durato vent'anni; più di lui regna solo Elisabetta II -  Bruno Cagli, qualche strumentista - neppure una decina - dell'Orchestra ceciliana, ed in rappresentanza del mondo intero lui, chi altri, Gianni Letta. Molti, troppi i posti vuoti del pur piccolo auditorium. Si è notata l'assenza del nuovo Presidente-sovrintendente dell'Accademia, Michele dall'Ongaro.  C'era invece il m. Rizzari, assistente di Pappano e, nella fila avanti alla nostra, il  direttore d'orchestra Marcello Bufalini, quasi sicuramente successore di Pappano a Santa Cecilia, come da più parti si va mormorando, quando il direttore anglo-italiano deciderà di lasciare, mentre Rizzari resterà assistente a vita dei direttori musicali dell'Accademia, visto che lo fa così bene.
La laudatio del nuovo dottore l'ha tenuta l'illustrissimo professor Sanguinetti, cattedratico  di valore, il quale però ha sciupato buona parte del tempo a disposizione, raccontando cose che tutti sanno e cioè la carriera di Pappano: le onorificenze, i numerosi incarichi . Ma neanche una parola per identificare la particolarità della direzione e dell'interpretazione di Pappano che da uno come Sanguinetti ci si aspetterebbe. Ed invece ha letto ciò che di Pappano si legge in un qualunque curriculum.  Bravo il nostro professore.
 A seguire la lectio magistralis del nuovo dottore, una breve ma istruttiva master class con due cantanti a dimostrare che la fama di cui Pappano gode preso i cantanti è tutta meritata, perchè dell'arte del canto egli conosce tutti i segreti, le particolarità ed anche i trucchi. Li conosce da sempre, fin da quando ancora ragazzo aiutava suo padre, cantante e maestro di canto. Una meraviglia! Pappano, presentandosi, ha detto che era tenuto a fare questa lezione, perchè la laurea doveva meritarsela e non sapendo lui fare discorsi profondi si 'limitava' a fare una prova di canto. Più preziosa ed istruttiva di tante parole. Come di quelle, inutili, di Sanguinetti.
 Poi la lettura della formula con la quale gli veniva conferita la laurea, in latino - ci è sembrato che Novelli, medico, conoscesse la lingua, ed anche gli accenti, ad eccezione di quando per ben due volte ha pronunciato 'academìa' , con l'accento sulla 'i', una preziosità inutile ed in disuso. Le foto di rito e l'omaggio musicale di un quartetto d'archi della sua orchestra.
 Insomma tutto come doveva essere;  tacendo della sala mezza vuota. Che ci ha fatto venire in mente la sala altrettanto mezza vuota della Sapienza al conferimento della laurea a Riccardo Muti, alla presenza del rettore,  noto gaffeur, Frati - la formula lì fu letta da Piperno - con la differenza che il rituale a Tor Vergata per Pappano era perfetto, mentre alla Sapienza, per Muti, sembrava quello di una commedia recitata alla bell'e meglio in in teatrino di periferia. Quasi quasi offensivo.

Purchia sostenuta da Nastasi sarà riconfermtata da Nastasi? Certamente no

Nel regno dell'opera buffa, Napoli, sta per andare in scena l'ultimo titolo di stagione: 'Rosanna sancarlina riconfermata', della premiata ditta Nastasi.
La storia che vi si narra, quella di Rosanna Purchia, è ben nota. Lei ha lavorato per secoli, nonostante la sua giovane età, al Piccolo Teatro di Milano, fino a quando - pochi anni fa - il grande e grosso direttore generale dello spettacolo, Salvo Nastasi, la vuole al suo fianco, al tempo del suo commissariamento del Teatro san Carlo.  Il cui consiglio di amministrazione, come si chiamava fino all'altro ieri, era composto da tutti i notabili istituzionali di Napoli e Campania. Poi, quando Nastasi ha fatto ed ottenuto quello che voleva, va via dal san Carlo - ma vi lascia qualcuno a guardia del 'suo' teatro, la vigile mogliettina Giulia Minoli - e vi mette sulla poltrona più alta la Rosanna, la quale in questi anni fa tante cose criticatissime, dalla trasferta in America con coro e orchestra - costosissima, ma c'era Nastasi che provvedeva - alla farsa calcio/musica al tempo dei 'Mondiali', al balletto sul 'Requiem' di Mozart, senza dire della normale amministrazione che certo noi non abbiamo potuto  seguire da vicino, ma sulla quale chissà quant'altro ci sarebbe stato da ridire.
 Ad un certo punto  alcuni consiglieri si dimettono e Nastasi, sempre lui, chiama un commissario - la volta precedente, dopo Lanza Tomasi da lui riabilitato e portato a modello, nonostante tutto, s'era insediato lui medesimo, grande & grosso - il presidente dell'Unione industriale di Napoli, e la Purchia, sotto vigilanza doppia in questo caso, Nastasi e Lignola, resta ad amministrare. C'era qualche problema di carattere finanziario? Non si capisce, forse sì, ma garantisce Nastasi che ce la lascia, invece di affidare tutto al Commissario.
 Unico a non  condividere la passione smodata nei confronti della Rosanna, è il cattivo De Magistris. Ma in questo caso non è ben chiaro se si comporta come la volpe con l'uva. visto che la Rosanna non ne vuole sapere; e allora De Magistris si vendica. Non la vuole più a Napoli. Lui  sarebbe, anzi è, il presidente del CdI (così si chiama ora: Consiglio di Indirizzo) del teatro, quindi potrebbe imporsi.Ma fa male i conti perchè la Rosanna c'ha Nastasi al suo fianco.
 Al cambio di gestione, voluto dalla cosiddetta 'legge Bray' De Magistris coglie l'occasione per mandare a casa la Rosanna. Diffonde un bando per la ricerca del nuovo sovrintendente. al quale partecipano una quarantina di personalità ( molte, in verità, sono personcine) fra le quali non c'è la Rosanna. E De Magistris canta vittoria. Ma la Rosanna, più scaltra del sindaco, anche perchè conta sui suggerimenti del suo protettore Nastasi, si fa nominare a Catania al Teatro Bellini dal sindaco Bianco che pensa di aver fatto un grande acquisto: una che viene dal Piccolo, prima del san Carlo, per  l'ignaro sindaco è un bel colpo ( un copione tante volte visto e rivisto. C'è un gregario che alla prima caduta del caposquadra, monta lui in sella e da allora in poi, per miracolo, da semplice gregario diventa capo squadra per la vita: come è accaduto anche al san Carlo, dove gli esempi sono più d'uno. Come altrimenti leggere la storia e la carriera del più grande direttore artistico, ex gregario di tutti, Vincenzo De Vivo?). Ma la Purchia si tiene in caldo Catania, qualora... ma non ci va e non ci pensa neanche a trasferirsi. Se Bianco volesse, a Catania opera già il più grande regista ed impresario che la storia della musica conosca, Enrico Castiglione. Ci metta lui vedrà che fuochi d'artificio, oltre quelli che già ha fatto vedere con il suo festivalone.
 La Rosanna,dunque, resta a Napoli in attesa, e all'ultimo minuto si ricandida anche lei al san Carlo.
 E il Consiglio di indirizzo, presieduto da De Magistris, esaminate tutte le candidature, ricandida ufficialmente la Rosanna - con il voto contrario di De Magistris e di qualche altro consigliere - e la indica al Ministero di Nastasi ( e Franceschini) perchè Nastasi sancisca la nomina. ( finirà più o meno alla stessa maniera la riconferma di Girondini, avversato da molti, all'Arena di Verona, ma dove Tosi, presidente, tifa per lui )
.Come pensate che finirà la commedia napoletana? Con la riconferma di Rosanna? Affatto. Perchè Nastasi sicuramente non la rinominerà.

 

domenica 22 marzo 2015

SEGNARTICOLO. Il Sole 24 ore. Scarpe strette: 'Boldrini collaterale' di Pierangelo Buttafuoco

"Il libro di Laura Boldrini, presidente della Camera - quanto a manufatto tipografico - è l'esempio più calzante dell'avvilente condizione in cui si è ridotta l'industria editoriale:affidarsi ai non scrittori per infinocchiare (nella mistificazione degli acculturati) i non lettori".
" E' anche il segno di una catastrofe culturale. Einaudi che affida ai propri torchi i pensierini di una presidenta, sebbene baciata dal transeunte successo, significa una sola cosa: ridurre il blasone della cultura a un circo in cui non è richiesta competenza bensì la sola fama". E via leggendo...
 E, noi aggiungiamo, non è richiesto  neanche lo stile, come si dovrebbe ad ogni scrittore, e che invece non si chiede a nessuno degli scriventi, oggi in catalogo di  note case editrici.
 Da sottoscrivere in pieno.

Dimenticatemi, supplica RICCARDO MUTI. Lasciatemi in pace, dichiara a Rita Sala del Messaggero

Con una intervista a Rita Sala - l'unica portavoce giornalistica del maestro del quale raccoglie puntualmente ed a ritmi serrati, pensieri e pronunce, senza mai  avventurarsi in interpretazioni, che poi risultano più o meno, anche se benevolmente e senza colpa, errate - sul 'Messaggero' di oggi  dà il microfono al Maestro, alla vigilia di una  sua importante tournée mondiale che lo vede a capo prima  della Cherubini , e dopo anche dei Berliner e dei Wiener. L'occasione serve a Muti ed anche a Rita sala per parlare del prossimo - estivo - nuovo impegno del maestro, quello didattico, nel senso tecnico del termine, nella direzione d'orchestra e concertazione, che lo impegnerà a Ravenna, nel corso del festival di sua moglie Cristina, per la preparazione del Falstaff che  proprio al Ravenna festival vedrà il debutto.
Muti ripete che, ad un certo punto della vita, si sente quasi morale l'obbligo di trasmettere alle giovani generazioni un patrimonio di tradizioni e saperi che potrebbe andar perduto. Del quale lui protagonista della vecchia scuola di sente depositario.
 Ma l'occasione per ribadire tali concetti altre volte già espressi dal maestro - di nuovo c'è solo che nella scelta dei dieci allievi effettivi conteranno i titoli di studio degli aspiranti, nel caso specifico, di pianoforte e composizione, senza i quali lui non ammetterà nessuno al corso di direzione e maestro collaboratore, e bene fa! - gli serve anche e per l'ennesima volta per correggere alcune sue dichiarazioni recenti, anzi alcune interpretazioni di sue recenti dichiarazioni, apparse nientemeno, le une e le altre e non del medesimo segno, sul Corriere, firmate da due esegeti del maestro, uno dei quali sembra essere passato alla scuola apocrifa, ed un altro restato a quella canonica di sempre, la quale pure sembrerebbe non esser piaciuta, perchè non auitentica, al maestro.
 Comunque il maestro è amareggiato al punto che dichiara a Rita Sala: Lasciatemi in pace, dimenticatemi. A seguito egli spiega di "certe dichiarazioni che avrei presuntamente fatto,osservazioni  improbabili spacciate per mie, sono arrivato ad una precisa consapevolezza:vorrei essere lasciato in pace. Dimenticatemi. Non chiamatemi in continuazione per avere giudizi su questo e quell'evento.Non chiedetemi di prendere posizione su qualsiasi argomento,vicino o lontano da me, spesso e volentieri anche non musicale... Adesso vorrei lavorare in pace, al di là delle dietrologie, e del 'misundestanding' "- che vorrà dire, noi non capiamo, ma lo trascriviamo comunque.

sabato 21 marzo 2015

L'opera italiana patrimonio dell'Umanità. Opportunità o responsabilità? CPI ottimisti

 Si vuole candidare l'Opera italiana a 'bene immateriale dell'Umanità' inserendola nella già lunga lista dell'Unesco, dove sonio  già presenti, ad esempio, la pizza napoletana ed altri soggetti, fermandoci all'Italia.
Per Opera italiana in questo caso si intenderebbe quell'insieme di idee, saperi, mezzi  che vanno dalla stesura di un''opera alla sua realizzazione. Insomma dal libretto, alla partitura, alla scenografia, alla costumistica, al canto, alla regia ( la più moderna delle scienze applicate al melodramma) alla rappresentazione. Senza uno di questi elementi la rappresentazione come prodotto finale non si dà. E mettiamoci anche i teatri i quali sorsero in Italia numerosi dal momento in cui l'Opera italiana divenne la bandiera musicale e linguistica del nostro paese nel mondo, e il mezzo per la sua  coesione sociale, culturale e perfino politica, oltre che naturalmente e prima di tutto linguistica. Dato che ancora oggi, giova ricordarlo, la nostra lingua è fra le più conosciute nel mondo proprio a causa dell'Opera italiana, il più vasto e vario repertorio di teatro musicale della storia,  e che molti termini ad essa collegati sono tuttora citati in italiano in ogni parte del mondo.
 Si dirà che  se  hanno incluso nell'elenco Unesco la 'pizza napoletana', per l'Opera italiana non ci sarà certo problema alcuno . Ed è vero. Però...
 Giovanni Puglisi, massimo rappresentante in Italia dell'Unesco, in una sua relazione preliminare a tale candidatura,  raccomandava ai promotori della prima ora , i Cantori Professionisti Italiani, CPI, una consorteria di cantanti, che sebbene alcuni ostacoli di carattere tecnico potevano anche superarsi, l'Unesco nell'esaminare una nuova candidatura bada molto a che il bene che si vuole proteggere stia a cuore alla comunità cui appartiene, che tale comunità  destini a tale bene attenzioni immateriali ed anche materiali e che la candidatura e la successiva accoglienza pongono a coloro che si erano fatti promotori di tale candidatura, grandi responsabilità.
 Tutti fatti ed elementi che in Italia, anche nel caso dell'opera lirica, rappresentano una forte criticità: la distrazione dello Stato  e la sua pratica disattenzione verso i beni culturali cui destina, ultimo paese in Europa, appena lo 0,1 del PIL; la grave crisi nella quale versa buona parte elle nostre Fondazioni liriche, il pubblico- italiano!- ancora troppo elitario del melodramma, i costi per il pubblico per riportarlo ad essere popolare come lo fu dapprincipio ecc...
 I promotori dei CPI ritengono, invece, che tale candidatura possa generare diversa attenzione da parte dello Stato. Si tratta di una illusione che, già in altri casi, recentissimi ( Pompei), hanno fatto correre all'Italia il rischio di vedere cancellato dalla lista Unesco il sito forse più importante dell'antichità.
 L'Unesco ragionerebbe così: se l'Opera italiana non vi sta a cuore, come volete che la proteggiamo, noi?
 Al momento sembra che al Ministero di Franceschini, 'mezzo disastro' e Nastasi, 'grande&grosso' stiano istruendo la pratica per la candidatura ufficiale. C'è da fidarsi, di quei due rottamatori della cultura e della musica in Italia?

venerdì 20 marzo 2015

Meno male che c'è Padoan nel governo Renzi

Ci siamo domandati molte volte nel corso dell'anno del Governo Renzi cosa sarebbe accaduto all'Italia se non avessimo avuto, imposto anche da Napolitano - benedetto presidente - un ministro del Tesoro o delle Finanze - che poi è la stessa cosa, giacchè il tesoro  che non c'è più, ilministro incaricato deve ricostituirlo  badando alle Finanze - che in Europa, nella materia di cui si occupa, stanno ad ascoltare.
 Ieri l'ultima bacchettata all'Italia spedita dalla Banca Centrale Europea, dove siede l'altro 'sancristoforo' dell'Italia,Mario Draghi: attenta Italia al tuo debito pubblico! E lui, senza perdersi d'animo, ha risposto: stiamo facendo le riforme necessarie voi lo sapete ed avete approvato; stiamo tenendo il deficit entro i limiti stabiliti, ma  tenere contemporaneamente sotto controllo il debito, in un momento di crisi, quando appena si intravede la possibilità di una risalita, vuol dire annullare i benefici effetti  della ripresa che sembra alle porte. Punto e basta.
 Non gli hanno replicato: ma cosa stai dicendo Padoan? Nessuno poteva dirglielo, neppure Draghi, perchè Padoan sa quel che dice.
 E mentre ascoltavamo Padoan dare questa risposta secca e precisa, abbiamo pensato all'eventualità catastrofica che Renzi avesse voluto, disubbidendo al diktat di Napolitano, mettere al Tesoro una Madia, ad esempio, o anche una  Boschi.
 Non osiamo pensare al disastro nel quale sarebbe piombata l'Italia, con tante brave ed anche intraprendenti ministre - vale anche per tanti altri ministri-  se avesse preteso ed ottenuto che l'intero suo gabinetto di governo fosse fatto ad immagine e somiglianza della Madia o della Busi. Sì, anche della Busi, che certo ha una bella parlantina, ma sostanza: competenza cioè ed esperienza poca, e in campo economico zero. Conosciamo la risposta di Renzi. E - infatti - lui direbbe: non ho messo al tesoro né la Madia né la Boschi. Sì ma tutto il suo governo, caro presidente è fatto ad immagine di Madia e Boschi, quasi affatto ad immagine di Padoan. Che, se anche è l'unico nel suo Governo, meno male che c'è.

Carrère e Baricco ci insegnano come vincere la paura.Il piacere, rinviato, di leggere l'autobiografia (non autorizzata) di Busi

Giorni fa, di notte, avevamo sognato Baricco, Alessandro Baricco. Con qualche preoccupazione per l'improvviso suo occupare i nostri sogni notturni. Da tempo  non sentivamo parlare di lui, e sempre da tempo non lo sentivamo parlare , come ancora da tempo, non leggevamo anticipazioni di un qualche suo libro o un suo intervento sulla fraterna 'Repubblica', il quotidiano.
 Poi altri pensieri hanno invaso i nostri sogni, prima ancora che  potessimo sincerarci della sua presenza nel catalogo letterario dei viventi.
 Per restare in tema, l'uscita dell' autobiografia non autorizzata di Aldo Busi, osannata dai recensori più autorevoli, e del quale, anche in nome di una antica amicizia, avevamo letto molti libri, scoprendo alfine - noi lettori accaniti di giornali - la bellezza della letteratura, dello stile, anche quando le parole sono scritte con il sangue rosso, come inchiostro. Come nel caso del suo 'Seminario sulla gioventù', il libro rivelazione del Busi scrittore.  Uguale sensazione avevamo avuto anni prima, leggendo un libriccino regalatoci da amici, di Leonardo Sciascia, dal titolo ' Una storia semplice'.
 Poi anche l'uscita del nuovo libro di Busi - che leggeremo il prima possibile -  s'è fatto da parte per lasciar spazio alle drammatiche vicende dell'assalto di quelle bestie dell'ISIS ad ignari ed incolpevoli turisti italiani e di altri paesi,  in visita ad un museo, a Tunisi.
 E così la curiosità di sapere che fine aveva fatto Alessandro Baricco, ed il piacere di leggere il nuovo di libro di Busi, sono stati schiacciati dall'enorme peso della paura del terrorismo che  sembra ormai minacciarci da vicino, da molto vicino.
 Aprendo oggi il quotidiano  La Repubblica, leggiamo sulla prima pagina, in alto a destra , ben evidente: "Carrère e Baricco: come si supera la paura....".non perdiamo altro tempo e corriamo subito all'interno del quotidiano a leggere  l'articolo. E rileggiamo con attenzione e per intero il titolo: "Carrère e Baricco: come si supera la paura della pagina bianca". CHISSENEFREGA della loro paura, manifestata in occasione dell'uscita di loro nuovi libri. Adesso  abbiamo da pensare alla nostra paura, drammatica e reale. Se loro restano impauriti per mesi davanti alla pagina bianca, il mondo e loro stessi non subiranno nessun trauma. A noi interessa sapere come superare la paura vera del terrorismo, lasciando a Carrère e Baricco la paura che si prova davanti alla pagina bianca.Il piacere di tale paura.

Tutto il mondo è paese, di merda. Sul caso Lupi

Non meravigliamoci del caso Lupi; il 'tengo famiglia' regna fin nella landa più sperduta della terra, oltre che naturalmente nei centri più sovraffollati e nelle capitali degli affari, in ogni campo ed in tutti i sensi.
 Neppure un ministro  sfugge alla tentazione di raccomandare suo figlio, nel giro di conoscenze (e dipendenze) del suo stesso dicastero, perchè lì può esercitare più che altrove e senza troppa fatica il suo potere, e quasi a dire che la difficoltà che ogni giovane incontra nell'ingresso al lavoro non risparmia neanche chi discende da nobili o potenti lombi.
 E che questa situazione arrivi a lambire anche le loro superiori menti è finanche un bene, nella speranza che finalmente si rendano conto del problema grandissimo della disoccupazione giovanile e ci mettano mano e testa.
 Naturalmente non ci si può scandalizzare per Lupi, e non farlo per tanti altri esponenti del mondo che conta , anche in Italia, quando simili casi emergano senza pudore. Noi lo abbiamo fatto tante volte, in passato,  per il mondo musicale, incuranti se tali nostre osservazioni avrebbero potuto procurarci qualche fastidio. Che poi non ci hanno mai procurato, sia chiaro.
 Lo facemmo con Abbado, addirittura negli anni in cui il direttore stava bene, quando a ridosso delle sue tournée in Italia con i Berliner,  ne affidava l'organizzazione a sua figlia Alessandra ( già compensata, in coppia con Meli, della direzione di 'Ferrara Musica' ) e subito dopo spuntavano nelle stesse sedi toccate dalla sua tournée, le regie per l'altro suo figlio Daniele. Semplice coincidenza, naturalmente. All'epoca lo segnalammo con date ed istituzioni su una rivista che dirigevamo.
 Tanto per non farci dire che ce l'abbiamo solo con Abbado, Muti che cosa ha fatto, dopo il Ravenna Festival, all'Opera di Roma, prima con sua moglie Cristina e poi con sua figlia Chiara?La stessa cosa di Abbado.
 E cosa tanti anni fa, al tempo del suo esordio,  fece Luciano Chailly, allora al vertice dell Scala? Fece assumere suo figlio Riccardo - meritevolissimo, come poi si è visto - da Abbado, sempre alla Scala, come suo assistente.
Potremmo anche citare, perchè no, il caso scandalosissimo di Salvo Nastasi che da commissario del Teatro San Carlo, fonda il Museo del teatro e ci mette a capo la sua mogliettina, Giulia Minoli. Più scandaloso di così? Oggi, abbiamo visitato il sito del Museo, e non vi abbiamo letto il nome di Giulia Minoli. Perchè? L'hanno nascosto, per la vergogna, oppure per la stessa vergogna il maritino l'ha fatta dimissionare per piazzarla altrove a farla rientrare a casa dove, finalmente, farle fare la vita della signora, lei che oltre che essere mogliettina di Nastasi, grande & grosso, è figlia di Minoli-Bernabei, e nipote del vecchio ancora potentissimo Bernabei.
 E ci fermiamo alle famiglie più note, ma potremmo continuare ancora con altre famiglie un pò meno note. Ciò che colpisce, come nel caso Lupi, è che i potenti, anch'essi, sono nella merda quando si tratta di dover cercare un posto per i propri figli e perciò vanno sul sicuro, pescano cioè  nell'ambiente nel quale essi contano, altrimenti temono di fare un buco nell'acqua. E' chiaro cosa non va? Immaginate allora cosa sono costretti a fare i poveri cristi che non sono potenti, e che hanno figli da avviare nel mondo del lavoro.
 La regola vale anche in altri ambienti, esterni ed estranei alla musica. Vogliamo dire che riguarda, ad esempio, anche la FIAT, con tutta la discendenza, non sempre esemplare sotto ogni profilo, come nel caso più eclatante di Lapo?
 Sì, ma non è la stessa cosa. Per quanto criticabili sotto molti profili e per quanto, come tutti sanno, l'azienda che faceva un tempo capo alla famiglia abbia profittato di grandi aiuti di Stato, si tratta di una famiglia ricca e potente che della sua azienda e dei suoi soldi fa quello che vuole. Può  anche decidere di buttarli dalla finestra mettendo l'azienda in mani poco pratiche. Solo che ad un certo punto sono costretti  sempre a chiamare qualcuno che sa il fatto suo per raddrizzare le gambe a tutti e per evitare di affondare.
 Nel caso, invece, di Lupi, come di Abbado, Muti, Chailly - e potremmo continuare a lungo lungo lungo -  si tratta di istituzioni non familiari, ma pubbliche, finanziate con soldi pubblici e non sempre ben amministrate. E con tutto ciò si vuole approfittare anche per trovare lavoro alla propria discendenza? No, questo è troppo. Già la società ha fatto abbastanza per loro, riconoscendo i meriti dei capifamiglia. Alla progenie devono pensare i padri, e non nuovamente la società che verso i loro discendenti non ha obbligo alcuno.

mercoledì 18 marzo 2015

Caracalla sempre più extra e sempre meno opera. Bob Dylan,Elton John,Ludovico Einaudi

Terzo, ma sicuramente non ultimo, annuncio di arrivi straordinari alle Terme di Caracalla la prossima estate per una stagione d'opera che si annuncia ricca, ricchissima, anzi EXTRA. Il 'grande' pop, e rock in aiuto della 'piccola' opera. Fuortes spera così facendo di portare alle terme un pubblico nuovo che poi potrebbe appassionarsi anche all'opera, semplicemente leggendo il cartellone, sempre che non abbia  dato fondo ai suoi risparmi per acquistare un biglietto per i concerti EXTRA. Che sia detto subito costano molto più di quelli dell'opera, sarà forse perchè i concerti 'EXTRA' hanno un'unica data mentre le opere hanno  un bel pò di repliche. Sta di fatto che per il terzo  'grande' rock, arriva Bob Dylan, in apertura di stagione, il 29 giugno, festa a Roma di san Pietro e Paolo, e dunque del  papato e della Chiesa.
 Tolto quel poveraccio di Ludovico Einaudi i cui biglietti si mantengono al di sotto di quelli della lirica( perché italiano?): i più costosi costano 65 Euro(da 45 a 65 Euro),  per Bob Dylan si pagherò da 70 a 120 Euro, e  per Elton John, addirittura da 70 a 250 Euro. Perché tanta disparità fra Dylan e John? Forse perché Dylan resta ancora un fenomeno 'giovanile', e dunque ha seguito fra i giovani  pèer definizione squattrinati, ed oggi senza lavoro; mentre  Elton John, specie dopo l'ultima polemica con Dolce & Gabbana,  si  spera che porti a Caracalla orde di gay, ma solo quelli danarosi, da sempre devoti al loro idolo mamma/papà.
Le Opere a Caracalla ( Bohème, Butterfly e Turandot) saranno più a buon mercato (da 25 a 100 Euro). Un pò più costerà guardare Bolle e i suoi amici volteggiare fra le rovine(  da 25-135 Euro); e meno di tutti costerà, al chiuso del Costanzi lo spettacolo di Bartabas ( da 25 a 40 Euro).
 Non sarà che i prezzi dipendono più che dal richiamo dei singoli artisti, dal costo dei loro spettacoli? E che alla fin fine le opere porterebbero più soldi nella casse dell'Opera di Roma di quanto ne portano i grandi divi del rock, pop ecc...? Chissà.
Riguardo a Bartabas, poi, il più economico, ricordiamo che molti anni fa, quando venne a Roma, per la prima volta,  invitato dal Festival RomaEuropa, vi fu una polemica, alimentata dalla stampa, sul costo esorbitante della cosiddetta 'opera equestre'. E si disse anche altro, si parlò di una  'stecca'... se non ricordiamo male. Oggi Bartabas è diventato economico, a seguito della crisi o perchè richiama meno di un tempo; o perchè  i cavalli costano meno degli uomini- non ce ne vogliano i cavalli e quelli della 'protezione animali'.
 Poi un giorno, non molto lontano, bisognerà discutere anche la politica dei prezzi. Con il permesso ed il consenso anche del Ministero che finanzia per la maggior parte tutti i teatri ma che nella politica dei prezzi non si è mai impicciato. E male ha fatto e fa tuttora.

Alla agenzia ( D'Alessandro e Galli) che organizza gran parte dei concerti di Caracalla e Auditorium, ma non solo, in una recente intervista s'è chiesto:
Cosa pensa, da agenzia sul prezzo sempre crescente dei biglietti? E di chi lamenta un eccessivo cachet per gli artisti?
Posso assicurare che ancora nel nostro paese il prezzo dei biglietti è meno caro rispetto ad altri paesi della Comunità. Posso supportare questa affermazione vedendo i biglietti del Summer Festival che vengono acquistati dall’estero. Grazie ai voli low cost, e ai costi di pernottamento, per uno straniero è più conveniente venire a Lucca a vedere il concerto del suo artista preferito. Mentre per quanto riguarda il compenso degli artisti, sono abbastanza d’accordo, ma non condanno gli artisti. In fondo succede come nel calcio: se una squadra vuole un campione offre un ingaggio maggiore, questa purtroppo è la dura realtà del mercato, e comporta che le società più potenti hanno i nomi più belli alzando l’offerta d’ingaggio. Nella nostra realtà succede la stessa cosa: le multinazionali dello spettacolo si accaparrano a suon di milioni i nomi più belli e ‘drogano’ il mercato. Gli artisti cosa dovrebbero fare? Se qualcuno offre sempre di più loro accettano, sarebbe stupido il contrario. Questo però toglie sempre più risorse da dedicare agli esordienti, ed è infatti uno dei tanti motivi del successo dei talent in TV, orami l’unico trampolino per molti giovani che invece di una lenta e dura gavetta, si vedono nell’arco di pochi mesi lanciati sotto i riflettori dello showbiz, e non tutti reggono fino alla fine”.


martedì 17 marzo 2015

Lo Spirito santo esiste. E ispira, contemporaneamente, papa Francesco ed un ricco filantropo

Papa Francesco riceve in Vaticano le scuole cristiane e coglie l'occasione per elogiare il lavoro degli insegnanti, che nessuna lingua e nessun computer od altro aggeggio elettronico in dotazione alle scuole può sostituire. Un qualunque contenuto può essere appreso dal computer, ma la formazione umana, il senso critico, i comportamenti nella società civile solo un insegnante può dispensarli ai giovani. E perciò egli è insostituibile, gli andrebbe eretto un monumento in tutti i luoghi in cui la società si mostri matura, merito della 'buona' scuola( da non confondere con la buona(?)scuola di Renzi/Giannini che si punta più su lingue straniere e computer che sugli insegnanti). Dispiace anche per questo, ha detto papa Francesco che vengano maltrattati gli insegnanti,  ed anche malpagati.  Bravo Bergoglio, che ha ricordato anche come l'anno in cui insegnò, in  gioventù,  fu fra i più belli, nei suoi ricordi, di tutta la vita.
 Nelle stesse ore dello storico incontro in vaticano, negli Emirati  arabi - Dubai? - aveva luogo la finalissima del cosiddetto 'Nobel della scuola', istituito da un ricco filantropo americano (?) che ha destinato quale premio la non irrilevante somma di 1 milione di dollari USA. L'ha  vinto una insegnante americana di anni 63, che ha rivelato che, mentre nel mondo si legge sempre meno e in Italia affatto, i suoi allievi leggono una quarantina di libri l'anno, i titoli li scelgono loro; ed ha anche raccontato il suo singolare modello di scuola, dove innovazione e rivoluzione si fanno senza chiedere permessi ed autorizzazioni che, certamente, non sarebbero concessi. Ora con quella somma vinta, l'insegnante americana spera di fare ancora di più per la sua scuola, nei prossimi anni, perchè il premio prescrive che detta somma arrivi all'insegnante che ha ancora una decina d'anni di insegnamento avanti a sè, durante i quali impiegarla.
 Dunque lo Spirito santo esiste e spira dove vuole, anche in due luoghi diversi nello stesso istante.

Il Rolex al polso di Lupi padre; Petruzzelli modello Auditorium di Roma, secondo Carofiglio; Roma non è più Capitale ma solo ROME, per il sindaco Marino

   All'indomani della retata che ha messo al riparo la società da Ercole Incalza e dai suoi soci in affari, primo  della lista Perotti, i giornali pubblicano stralci ancor più istruttivi delle conversazioni telefoniche fra i membri della nuova vecchia 'cricca',  la stessa di sempre in fondo, con qualche personaggio in più o in meno. La 'Repubblica'  di oggi mette una grande foto del ministro con elmetto giallo da lavoratore, mentre sfoggia al polso un enorme, fin troppo, eccessivo, Rolex crono, che uno subito pensa sia quello donato ufficialmente da Perotti a suo figlio, Luca, al momento della laurea, ma il cui destinatario finale era, per la cricca, il ministro medesimo, padre del neo laureato. Il quale ministro, nei mesi passati, prima del ciclone che l' ha investito, poteva sfoggiarlo, come ha fatto, senza che nessuno avesse da ridire. La 'Repubblica' avverte subito il possibile, anzi certo, equivoco  che quella foto può generare -  tanto che uno pensa che l'abbiamo fatto apposta per mettere alla berlina il ministro - e precisa nella didascalia.' Immagine di repertorio'. La precisazione, ovvio, conferma i cattivi pensieri di molti.
    Lo scrittore/magistrato/parlamentare PD Carofiglio è stato indicato dal sindaco di Bari come Presidente della Fondazione Petruzzelli, il cui consiglio di indirizzo ( CdI) ha indicato a sua volta, per la riconferma, Massimo Biscardi,  come sovrintendente, perchè 'ha fatto bene finora' in teatro. Ma subito dopo, nella sua veste di presidente del teatro, dichiara che vuole il Petruzzelli, modello 'Musica per Roma', un teatro cioè dove si fa di tutto, dopo aver dato priorità a melodramma e concerti, il cui numero   ora esilissimo va aumentato e di molto. Dunque il modello Auditorium (Musica per Roma) risulta fra i più esportati ed imitati. Prima di Bari, il modello verrà riprodotto, come da intenzioni, e parzialmente già nei fatti, anche all'Opera di Roma, da Fuortes, che ci ha ancora il piede in  due scarpe, una all'Opera e l'altra  a 'Musica per Roma', di cui resta tuttora amministratore delegato. Ma se a Roma esistono due realtà fotocopia, non sarebbe più economico eliminarne una? Saio che risparmio? Un'idea che lanciamo al tagliatutto Nastasi.
Nella stessa giornata in cui Carofiglio annunciava la sua strategia, Franco Battiato, al termine del suo concerto al Petruzzelli è caduto e s'è rotto il femore. Premonizioni?
    Marino, il sindaco di 'Rome' che questi giorni è letteralmente in confusione, per il terrore che gli sfilino dal portafogli il giocattolone del Giubileo,  e che tutti suggeriscono di tener d'occhio per i disastri che potrebbe fare anche in questo settore, se restasse al comando della cabina di regia del grande evento religioso, ha diramato  una circolare  con la sua nuova grande invenzione. D'ora in poi, nelle comunicazioni ufficiali l'intestazione di Roma perde l'aggettivo Capitale, perchè inutile, e modifica per la prima volta nei secoli - e con ciò il sindaco spera di ritagliarsi un posto nei libri che racconteranno della stupidità umana - 'Roma' in 'Rome', nonostante che tutti nel mondo parlando di Roma, dicano 'Roma' e non 'Rome', come Marino impone di scrivere e dire. Potrà cambiare idea quando si dovesse accorgere che l'unica a proporre 'Rome' invece di 'Roma' è la carta intestata del Campidoglio?

Un esempio per tutti. Il festival 'Cantieri dell'Immaginario' a L'Aquila voluto da Nastasi e Bertolaso, suggerito da Minoli e che fece contento Letta

Tralasciamo le premesse che ci indurrebbero a dire e sottolineare quale grave disastro, anche e soprattutto umano, provochi un terremoto - e di quello dell'Aquila in specie, di cui, siamo stati testimoni, insegnando al Conservatorio del capoluogo - per dire che si deve  sempre scorgere all'orizzonte un buon fine, quando si mettono su carrozzoni che altrimenti verrebbero subito fattj a pezzi dall'opinione pubblica ormai stanca di vedere malaffare ovunque.
Prima di ricostruire (curare) la città ricostruiamo (curiamo) gli animi, si cantò all'epoca, e Nastasi  ebbe pronta la  la medicina da somministrare.
 Pare che il consiglio di mettere su quel carrozzone dei 'Cantieri dell'Immaginario' che alla fine serviva e serve ancora a far arrivare a L'Aquila un pò di soldi in più, oltre quelli che, goccia dopo goccia, arrivano dal 2009 in avanti, seguiti all'alluvione di soldi del governo Berlusconi che inondò il territorio per le sue case 'matte'.
Giovanni Minoli  - che c'entrava lui con la Protezione civile, con Nastasi o con Letta e con il terremoto? - diede il consiglio disinteressato di un festival rigeneratore a L'Aquila a Bertolaso il quale conoscendo i legami di Nastasi con Letta, protettore dell'Abruzzo, sua terra natale, pensò di cogliere con una fava due piccioni: fece un favore all'Aquila ed a Letta. Poi si scoprirà che un terzo e quarto favore fece a Nastasi e alla famiglia Minoli.
 Nastasi stanziò subito  una bella somma, con la benedizione di Letta, e si partì. Un festival, della cui disorganizzazione, e forse parziale inutilità, ma dell'enorme costo, all'epoca anche noi su Music@ demmo conto, continuato nel tempo e che forse continuerà fino alla ricostruzione totale della città, cioè in eterno.
 Nastasi mette intorno ad un tavolo le istituzioni culturali aquilane, dà un pò di soldi a tutti, in cambio di prestazioni, poi vi chiama Muti, suo amico, per una settimana - anche noi fummo testimoni di quelle belle giornate; non è che poi tutto debba essere per forza marcio -  e  si porta all'Aquila per la 'comunicazione' Laura Valente da Napoli e poi anche la giovane Giulia Minoli che lui, Romeo involontario, incontra e se ne innamora proprio fra le rovine aquilane.
Come ci arrivò la giovane Minoli a L'Aquila? In ringraziamento a Giovanni Minoli del bel suggerimento che gli aveva dato e che aveva fatto contenti, in un sol colpo, Bertolaso, lo stesso Nastasi e soprattuto Letta - un pò meno gli aquilani, i quali, ad esempio,  nei giorni in cui fu all'Aquila Giorgio Barberio Corsetti, per uno spettacolo e un incontro, sembrarono distratti, per usare un termine corretto, e riempirono i centri commerciali invece che le piazze.
 Nastasi,  Romeo, colpito dalla beltà e intelligenza della Giulietta Minoli, da allora non le tolse più gli occhi di dosso, fino al matrimonio celebrato a Filicudi, con  tutto il jet set politico presente e Letta testimone di nozze, e officiante politico. Per dire a tutti. Nastasi è roba mia, guai chi lo tocca.

L'Incalza della Cultura si chiama Salvo Natasi. Ogni Ministero ha il suo Incalza.

Ieri hanno arrestato Incalza, il dominus dei Lavori Pubblici ( oggi: Infrastrutture) da una ventina d'anni. Hanno arrestato l'uomo al centro  di tutti gli affari delle grandi opere per le quali due anni fa hanno già indagato ed arrestato la cricca.
 Ma tutti i Ministeri hanno un Incalza, al vertice, od anche più d'uno negli incarichi di vertice. Perchè c'è bisogno degli Incalza, anche quando non emergessero responsabilità penali? Risponde Galan, che è tutto dire. Per fare a meno degli Incalza, un ministro 'dovrebbe saperla, dovrebbe saperla in tempo e dovrebbe avere una persona con cui sostituirlo'. E, come intendeva dire Galan - perfino lui ha avuto qualche pillola di saggezza, come questa - i ministri non sanno, non sanno in tempo e non sanno con chi sostituire gli Incalza di turno e perciò se li tengono. E il potere degli  Incalza aumenta di ministro in ministro. Il suo è aumentato sempre più negli anni, come è aumentato il potere di tutti gli Incalza italiani.
 Al Ministero della cultura l'Incalza si chiama Salvo Nastasi, il 'grande&grosso' direttore generale, sposato Minoli, pupillo di Gianni Letta, suo testimone di nozze ad attestare, coram populo, un legame forte,  chiamato a via del Collegio romano dal ministro Urbani, buonanima - nel senso che è sparito dalla circolazione.
Nastasi, baldanzoso giovanotto - è nato nel '73 - chiamato al Ministero al tempo in cui si voleva svecchiare, da Urbani - di cui impresa culturale non si ricorda e  che cadde rovinosamente al tempo della sua love story con un'attrice - figlio di una ben nota giudice. che di cognome fa Laterza, della Corte dei Conti che, per un lungo periodo, ha avuto  l'incarico di controllare  un settore assai contiguo a quello di cui si occupa il figlio, nel tempo ha mostrato di saperla cantare ai ministri, uno dopo l'altro, che con  i beni culturali e la cultura in generale nulla avevano avuto mai da spartire, ad eccezione forse di Bondi che, a tempo perso, tra una leccata e l'altra pure al Cavaliere, faceva il poeta, e la cui vena pare oggi esauritasi, al ministro innamorato. Da Capo di gabinetto ottenne  una promozione balzando al vertice del Ministero, direttore generale, 'grande& grosso' per lo spettacolo, ancora sotto Franceschini 'mezzodisastro'.
I ministri che si sono succeduti, dopo Urbani, Buttiglione, Rutelli, Bondi, Galan, Ornaghi, Bray ed ora Franceschini non solo non l'hanno rimosso ma hanno accresciuto sempre più il suo potere, non sapendo essi nulla del ministero che presiedevano, venendo a sapere le cose sempre da Nastasi e non avendo uno di eguale capacità - a loro avviso e inconsiderazione dei suoi padrini eccellenti - e prontezza di riflessi con cui sostituirlo. Ed anche perchè , nonostante tutte le critiche anche pubbliche, e qualche chiamata in causa per affari non specchiati (  restauro Teatro grande di Pompei, ad esempio) non hanno potuto mai sostituirlo, perchè  Nastasi -  come è ormai risaputo, e s'è scritto e riscritto - ha padrini eccellenti, il più grande dei quali  è Gianni Letta, l'Incalza padre di tutti gli Incalza d'Italia,  non perchè egli sia un grande burocrate, bensì perchè nulla sembra essersi mosso e muoversi in Italia,  da quando è salito al potere berlusca, senza lo zampino del 'cardinale' - come tutti lo chiamano - penalmente vergine.
 Dunque il potere degli Incalza è figlio della ignoranza dei Ministri. E quando un Incalza non c'è al Ministero, se ne sente la mancanza. Come in queste ultime settimane s'è letto spesso sui giornali a proposito di alcune decisioni del governo, prima  ventilate, poi ritirate, a causa di incompetenza legislativa,  per l'assenza nello staff del governo di superburocrati capaci e svelti, quale l'ex capa dei vigili di Firenze, oggi a palazzo Chigi, certamente non è.
 E allora che si fa? Occorre stabilire per legge che negli incarichi di vertice di tutti i dicasteri ci sia una rotazione delle persone, tanto per cominciare. Per evitare che si creino sacche di potere incontrollate. Non più di cinque anni di permanenza nello steso incarico. Speriamo che 'madonna' Madia se ne accorga ed invece di infierire sui poveri statali, cominci a togliere il marcio dove c'è.

lunedì 16 marzo 2015

Esegeti di Riccardo Muti - troppi, al Corriere della Sera - per l'intervista del celebre direttore sul Teatro San Carlo.

 Riccardo Muti ha concesso un' intervista al 'Mattino', quotidiano di Napoli,  nella quale s'è  espresso a proposito della successione alla sovrintendenza del Teatro San Carlo, affermando che vorrebbe prossimo sovrintendente una personalità di livello e competenza internazionali - come dargli torto?- mentre  assecondando il sindaco De Magistris che non vuole la riconferma della sovrintendente uscente, Rosanna Purchia, alla chiamata si sarebbe presentata una schiera di signori 'nessuno', perfino l'ex sovrintendente dell'Opera di Roma,  Catello De Martino, artefice del disastro del Teatro della Capitale. Che lui naturalmente nega anche in faccia ai rilievi della Corte dei Conti e forse anche della magistratura ordinari. De Martino, detto per inciso, non si è candidato solo a Napoli, anche a Verona. quando si dice la faccia...
 Nastasi che ce l'ha messa, preme per farvi restare la Purchia, De Magistris non la vuole, il Consiglio di indirizzo chi indicherà fra gli oltre 40 che si sono candidati?
 Ma Muti a chi si riferiva  parlando delle caratteristiche del prossimo sovrintendente? Secondo Valerio Cappelli, sul Corriere di oggi, un tempo esegeta fidato del direttore e cantor dell'ex sovrintendente De Martino, quando era in sella, e del suo  scudiero Alessio Vlad, suo carissimo amico, il nome è pronto lì: Rosanna Purchia che ha sanato i bilanci... Ma non c'era un commissario al Teatro san Carlo,negli ultimi mesi? E perchè un commissario se la Purchia amministrava bene il teatro? C'era arrivato solo perchè s'erano dimessi un pò di consiglieri del CdA? O forse la Purchia il ministero di Nastasi ce l'ha tenuta comunque là, perchè era una sua diretta emanazione?
Paolo Isotta, sempre sul medesimo Corriere e sempre oggi, spiega l'internazionalità espressa ed auspicata da Muti. Il Maestro non intendeva dire 'uno straniero', ma una personalità di 'livello internazionale'. E precisa, ad usum del maestro Muti, che fra i candidati, di personalità di livello internazionale  ve ne sono almeno tre: il grandissimo direttore d'orchestra, Elio Boncompagni, anni 82, già sovrintendente in altri capitali europee; il pianista Nazzareno Carusi, anni 45, responsabile per la musica di Forza Italia e per Isotta uno dei più grandi pianisti viventi, e c'è anche una signora, Elsa Evangelista, direttrice del Conservatorio di Napoli, ma di lei che è una signora niente anni. Ci venga un colpo se abbiamo mai sentito parlare di Carusi e della Evangelista. Si vede che siamo ormai fuori del giro e perciò disinformati.
 Poi Muti rivela la vera ragione della sua fuga da Roma. L'ambiente poco tranquillo e  perciò insicuro per il lavoro, emerso, ancor prima degli scioperi estivi, al tempo della tournée in Giappone.  Cappelli precisa un pò di cose che nell'intervista precise non sono e poi contraddice apertamente il maestro  quando parla della acustica del san Carlo, ritenuta ottima da Muti e che Valerio Cappelli, riportando un'opinione di De Simone,  ritiene deteriorata dopo i lavori di restauro, curati da Elisabetta Fabbri,  alla quale i restauri furono affidati  da Nastasi, che la volle anche a Bari per il Petruzzelli ed altrove, ovunque ci fosse da restaurare un teatro, Scala e Fenice compresa e pure a Firenze, dove proprio oggi , ma per la celebre caserma, è intervenuta la magistratura, anche con arresti.
 Insomma mentre sembra da una parte che Cappelli fiancheggi le scelte del Ministero e di Nastasi, che nelle sue preferenze ha preso il posto che un tempo era di De Martino; nel caso dell'acustica del san Carlo, forse ignora che la longa manus  che ha affidato all'architetto Elisabetta Fabbri,  era proprio quella di Nastasi, commissario del teatro durante i lavori e dopo, quando trovò il tempo ed il modo di piazzarvi anche la sua mogliettina in un museo del teatro ( MeMus) che  a qualcuno sembrò creato apposta. E non si meravigli nessuno  di questa malignità. troppe se ne sono viste nel nostro paese sotto il sole, per non dar credito anche a quest'ultima.
 Ora ai due  esegeti del pensiero mutiano, autorevolissimi, un altro umilmente osa aggiungersi. Noi. Per dire al maestro Muti che stimiamo perfino quando non condividiamo alcune sue scelte, che la stessa internazionalità del sovrintendente del san Carlo, avrebbe dovuto pretenderla anche a Roma, quando all'Opera accettò che la dirigessero, negli anni di sua permanenza,  De Martino e Vlad che certamente questo profilo internazionale non avevano.

EXPO di Milano. Presenti i Conservatori italiani perchè costano meno. Quasi nulla

 Suona motivo di orgoglio del Ministero e dell'AFAM, nonchè del presidente della Conferenza dei direttori dei Conservatori italiani, m. Troncon di Castelfranco Veneto, l'aver programmato una presenza, dal primo all'ultimo giorno, di giovani dei nostri Conservatori all'Expo milanese prossima ventura. I giovani, che a gruppi piccoli e non, risiederanno per una settimana a Milano, dovrebbero - usiamo il condizionale - suonare all'interno del Padiglione Italia dalla mattina alla sera ( non si capisce) per i visitatori. L'illuminato Troncon, e con lui tutti gli altri direttori desiderosi di apparire, sacrifica  i 78 gruppi musicali sull'altare del presenzialismo, senza nessun altro scopo. Che altro farebbero?
Questi gruppi, messi lì in qualche angolo per non intralciare il traffico dei visitatori, ci fanno venire in mente quelle hall di alberghi cinque stelle  nelle quali c'è sempre qualcuno che sta al pianoforte o all'arpa a suonare  musica - nel caso dell'EXPO deve essere 'italiana' o scritta da autori stranieri in Italia' o di allievi di composizione dei medesimi istituti'; che fantasia? - che nessuno ascolta e che serve soltanto a coprire da orecchie indiscrete le confidenze che si fanno gli avventori.
 L'EXPO pagherà a questi giovani il viaggio e la permanenza a Milano; ma siamo sicuri che non li manderà in albergo all'Olgettina, dall'esperienza che abbiamo di altre presenze dei giovani musicisti.
  Tutto la complessa inutile macchina  si 'norma' - ah se studiassero un pò di italiano, oltre la musica, questi dannati direttori e dirigenti ministeriali - in un regolamento studiato e diffuso ad hoc.
 Prima che si optasse per questa degradante vetrina della musica italiana, s'era detto che l'Orchestra nazionale dei Conservatori - a proposito che fine ha fatto? Troncon non ha nulla da dire di quello che sembrava profilarsi come un vero gioiello cesellato, senza troppa cura, dai fondatori e curatori e poi sparita,  restando viva suolo sulla carta?- avrebbe dovuto aprire con un concerto sinfonico l'EXPO. Poi si è cambiato idea - forse non si avevano i mezzi per pagare le prove e il direttore, mentre si trovano i mezzi per l' elemosina ( vitto e alloggio) offerta ai giovani per tutta la durata dell'EXPO - rimandando forse(?) il concerto dell'Orchestra Nazionale dei Conservatori (ONC) a chiusura, quando, dovendo ( ?) essa stessa organizzare una tournée di concerti, come ha spesso fatto, verso la fine dell'estate ed inizio dell'autunno, le prove le avrà già fatte e sulle casse dell'EXPO dovranno pesare solo le spese per viaggio e alloggio.
 Ecco l'inutile insignificante partecipazione che la musica italiana ha organizzato per  l'EXPO  2015.

domenica 15 marzo 2015

Popolo di eroi: Zigante,Orazi,Pietrantonio,Di Benedetto,Carusi,Rendine,Meli... e di eroine: Purchia.

Dell'eroina Purchia abbiamo già parlato in questi giorni. Lei è già scaduta al Teatro san Carlo di Napoli, ma desidera restarvi, contro il parere di De Magistris. Se gli andrà male ha in tasca la nomina al Teatro Bellini di Catania. Insomma certe eroine una volta scoperte tutti se le contendono. Ci sembra di rileggere la storia di Georg PhilipTelemann, grande quanto la Purchia, sovrintendente ad Amburgo, fattosi incaricare a Lipsia, facendo scartare Bach, per ottenere da Amburgo un trattamento migliore, come poi accadrà, lasciando Lipsia al povero Johann Sebastian Bach. E' il destino dei/delle grandi.
 Tutti gli altri, eroi  ciascuno a suo modo, compongono la squadra degli aspiranti alla sovrintendenza del Teatro san Carlo di Napoli.
A cominciare da Nazzareno Carusi, pianista, divenuto da poco responsabile per la musica di Forza Italia, e perciò candidato n.1 per tutte le sovrintendente che si libereranno d'ora in avanti.
Per seguire con Sergio Rendine, compositore di un certo successo, che il giro delle sette chiese -anche se basiliche minori fino ad ora (Chieti,Lecce,Palermo) - lo ha già fatto; di cui però  si dice che è stato bruciato proprio nei giorni scorsi. E, perciò, nonostante gli appoggi di una superpotente e supermisteriosa lobby,  sul san Carlo è costretto a mettere una croce sopra.
C'è poi Filippo Zigante, scartato subito perché non  ha l'età, anzi perché l'età l'ha superata a tempo; gli hanno detto di pazientare ancor per 4 anni per andare a sostituire Lanza Tomasi che di anni ne ha 81, mentre  lui appena 77.
 C'è poi Di Benedetto che  dopo gli anni gloriosi - da eroe! - passati, dopo la Scala, a santa Cecilia con Berio, ha cominciato a girare all'impazzata ( Genova, Cagliari) da dove avanza e pretende buonuscite che chissà se un giorno vedrà. Riuscirà questa volta il nostro eroe a rimettersi in sella?
 E Claudio Orazi? Da poco disarcionato da cavallo a Trieste, per farvi salire Stefano Pace, con gli attributi a posto, spera di risalire in sella  a Napoli. L'impresa più memorabile che si ricordi di Orazi è il progetto della copertura dell'Arena di Verona, per non far bagnare le scenografie. Il progetto fu presentato - lo ricordiamo come fosse oggi - nella sede della Stampa estera a Roma, fra le risa generali. Se ce la farà a Napoli occorrerà stare attenti  a non assecondarlo nel suo progetto di scoperchiare - solo d'estate - il san Carlo.
 E Maurizio Pietrantonio? Sono passati i bei ( ?) tempi della sua sovrintendenza a Cagliari, della quale si ricorda l'assunzione, poi denunciata ( che carattere!), per consiglio e suggerimento di Nastasi e Letta, della signora Crivellenti, come responsabile della biglietteria, per ritrovarsela, alla sua uscita,  catapultata sulla poltrona di sovrintendente. Che svolse divinamente a detta anche di Davide Livermore, il regista che in questi giorni sta per volare alla volta di Valencia. Lui assicura che la Crivellenti è la migliore sovrintendente su piazza. Perchè, allora, non la prende a lavorare con lui a Valencia, visto che lei lo chiamò a Cagliari per una regia ( I Sardana)? Perchè non si è presentata a Napoli? Pietrantonio al san Carlo ha già un precedente; non sappiamo però se ciò  possa costituire titolo di merito.
 E poi c'è Mauro Meli. Mettiamoci l'anima in pace; ce lo ritroveremo in tutti i posti dove ci sarà un posto di vertice libero. Dopo Cagliari, Milano e Parma, e di nuovo a Cagliari, ha concorso a Verona, a Cagliari ancora, ed ora a Napoli, e forse più avanti anche in tutta Italia. Perchè no? Lui è  più eroe ed eroico di tanti. Ha solo il difetto di spendere molto, come l'hanno accusato sempre, e lui sempre ha negato.

Un Giubileo in cerca di cervello ed ingegno. Marino ed Alfano lo stanno cercando?

Scartata subito l'ipotesi che si possano programmare e  mettere in cantiere grandi nuove opere per il prossimo Giubileo - che avrà inizio l'8 dicembre, appena un mese dopo la chiusura dell'Expo milanese - per mancanza di tempo ed anche di soldi, si ricorre al cilindro magico per cavarci qualcosa di miracoloso.
Marino, il sindaco della Capitale, ha subito detto di sentirsi pronto alla sfida perché il prossimo Giubileo non ha 'bisogno di grande opere, ma di CERVELLO'. Si è chiesto dove andrà a cercarlo? Non si sarà sopravvalutato  quando ha supposto che quella dose di cervello  necessaria era da ricercare nella sua testa, dove sarebbe risposta da tempo anche se fatica a venir fuori?
 Più modesto il ministro dell'Interno Angelino Alfano, il quale, riferendosi ai gravi problemi di ordine pubblico che un tale viavai di gente porrà alla Capitale, non ha parlato di 'ingegno'- perchè sa  di non averne disponibile in quantità necessaria, come ha ampiamente dimostrato in questi anni - bensì di 'impegno', come solitamente fanno i secchioni che non possono offrire altro che una promessa di impegnarsi a fondo, anche se poi non  concludono alcunché, nel qual caso avanzeranno riflessioni del tipo: non ci posso far nulla... io ce l'ho messa tutta, siamo stati sfortunati...il destino ha lavorato contro di noi... ed anche i gufi non sono stati al loro posto.
 Mancando cervello ed ingegno dove lo si va a cercare se non laddove  si pensa che  ve ne sia stato, a conti fatti. Si ricorrerà - anche se ancora Marino non ha preso la fatale decisione - al gruppo di lavoro che gestì il Giubileo del 2000? A cominciare da Rutelli, allora sindaco commissario - che involontariamente, suo malgrado, senza colpa e responsabilità, assume fisionomia da statista, grande statista - a Pucci, che è già nella giunta di Marino  e poi forse a Zanda, a Giachetti, ad Anzaldi a Bonaccorsi,  perfino a Bertolaso, tutti del pollaio rutelliano, al tempo della sua permanenza in Campidoglio ed al collegio romano.
 E pensare che Rutelli da tempo se ne sta in disparte, pellegrino sulle grandi vie di comunicazione religiosa, e  dice che non vuole nessun incarico ufficiale, semmai  collaborerà da volontario.
Aspettatevi una ridiscesa in campo, in veste ufficiale, fra qualche ora, o forse anche meno.

Quanto conta l'età? Conta e non conta. Conta per Filippo Zigante ma non per Gioacchino Lanza Tomasi

Quando abbiamo letto la notizia recente della nomina ministeriale di Gioacchino Lanza Tomasi a sovrintendente dell'Istituto Nazionale del Dramma Antico di Siracusa, età 81 anni, ci siamo detti che anche noi, che di anni ne abbiamo ancora qualcuno sotto i settanta, potevamo concorrere  a qualche incarico nel settore di nostra competenza, anche se dobbiamo notare pure che il nobile principe palermitano dai teatri d'opera è finito a dirigere un istituto di teatro di prosa classico, dall'oggi al domani e senza un corso accelerato di aggiornamento. Non fa nulla, direte, in fondo si tratta di territori contigui.
 Dunque l'età non conta e del resto come si può buttare in discarica una personalità come il principe Lanza, solo perchè ha 81 anni?  Franceschini e Nastasi della premiata ditta del 'Collegio Romano', e di chissà quante altre ditte e sottoditte, hanno fatto bene a conferirgli quel prestigioso incarico, fottendosene delle direttive di Renzi in tema di rottamazione.
 Poi arriva il concorso ( manifestazione di interesse così si dice oggi, per la sovrintendenza del Teatro san Carlo di Napoli, dove c'è un commissario, Michele Lignola - messo lì dal governo e  che è il presidente di Confindustria Campania, a causa delle dimissioni di gran parte del precedente consiglio di amministrazione - il quale lascia lì sia sovrintendente che direttore artistico - cosiddetti! - i quali giungono a fine mandato e perciò si procede al reperimento dei nuovi vertici. Manifestano interesse ( presentano la loro candidatura) per quell'incarico, per il quale il sindaco De Magistris non ci vuole più la Purchia ( la quale s'è parato il 'lato b' tenendo in serbo il medesimo incarico a Catania, se a Napoli le andasse male) in tanti a cominciare da Filippo Zigante, che al San carlo è già stato direttore artistico e che ora vorrebbe cambiare casacca proponendosi come sovrintendente (nell'Italia di oggi, detto per inciso, la differenza  fra direzione artistica e sovrintendenza in un grande teatro non è più vista come dirimente, in fondo un incarico vale l'altro, tanto poi c'è il ministero che manda il commissario a ripianare  debiti e teatro, mandando a casa  mezzo personale).
 Zigante no, non può concorrere, scrive 'Il mattino' dell'altro ieri, per limiti di età: infatti il maestro Zigante ha 77 anni. Il maestro se l'è presa, ma dal ministero gli hanno assicurato che succederà a Lanza Tomasi a Siracusa, non appena finirà l'incarico, giusto quando anche Zigante avrà 81 anni, e cioè fra quattro anni. a Zigante non resta che attendere con calma.
 Come si vede, con l'intervento miracoloso del Ministero, a tutto c'è rimedio

sabato 14 marzo 2015

L'incoscienza- pericolosa! - del sindaco Ignazio Marino all'annuncio del Giubileo di Papa Francesco

Ieri papa Francesco ha spiazzato per l'ennesima volta la cattolicità, con l'annuncio del prossimo Giubileo straordinario 'della misericordia' che partirà il giorno dell'Immacolata  prossimo, e terminerà il 20 novembre 2016, festa del Cristo re. Papa Francesco ha spiazzato anche il mondo, e la politica italiana in particolare che, meglio di altri, conosce a fondo i problemi di Roma e si domanda se in così poco tempo riuscirà ad attrezzarsi per ricevere ed ospitare decentemente la folla di pellegrini che tale celebrazione attirerà nel centro del cattolicesimo.
L'unico che non ha fatto una piega ed anzi ha detto : 'siamo pronti', è stato quell'incosciente di Marino,  considerando un Giubileo quasi un fatto normale, come lo sapesse già, dicendo che Roma ha retto bene  alla  recente beatificazione dei due papi dunque... non rendendosi conto che un pellegrinaggio lungo un anno è cosa ben diversa.
 Subito l'hanno zittito due esponenti del suo stesso partito, fra quelli che nel linguaggio renziano potrebbero esser etichettati come 'gufi', i quali hanno detto pubblicamente al sindaco: 'siamo pronti un corno!'.
Il Giubileo del 2000 fu annunciato addirittura nel 1994, e nonostante sei anni di anticipo, molte incompiute presentò Roma ai quasi 20 milioni di pellegrini, quanti più o meno arrivarono a Roma, nel corso di quell'anno.  Oggi certamente non si ha il tempo per far nulla di nuovo, in poco più di otto mesi, ma le toppe da mettere alla città che fa acqua da tutte, o quasi, le parti sono tante. Roma è stata ostaggio e preda della mafia per tanti anni, le ferite  sanguinanti sono ancora tante, lo sfruttamento della capitale non è forse ancora terminato ecc...e secondo Marino sarebbe pronta.
 Come può Marino dire che siamo pronti a sostenere l'onda d'urto del Giubileo prossimo che  se certamente farà felici commercianti,albergatori e ristoratori, ai cattolici che si avventureranno nel viaggio-pellegrinaggio 'ad Petri sedem' potrebbe far perdere la fede?
Marino si metta subito al lavoro, richiami  coloro i quali gestirono il precedente Giubileo, sono tutti vivi ed alcuni li ha forse già in giunta, chieda loro consiglio, crei una commissione apposita e cominci ad esaminare i problemi da risolvere, le emergenze cui far fronte immediatamente, perché non c'è tempo, e poi, solo dopo, magari apra la bocca.
 Ma sarebbe meglio che tacesse anche in quel caso, e che parlasse solo a Giubileo concluso. Come farebbe ogni buon amministratore, come lui non sta dimostrando di essere.

FUORTES PORTA ALL'OPERA DI ROMA IL MODELLO AUDITORIUM

C'era da scommettere sulla piega che avrebbe preso la programmazione dell'Opera di Roma, nella stagione estiva come anche  in quella invernale con l'arrivo di Fuortes: avrebbe trasferito all'Opera il 'modello Auditorium' dove i linguaggi e le forme convivono tutto sommato felicemente.
Ma l'Auditorium non può fare teatro, perché l'architetto,  non dell'universo ma dell'auditorium, non ha previsto in nessuna delle tre sale, la buca per l'orchestra, in caso di rappresentazioni; ed anche  quel similgolfo mistico che  adorna, a livello palcoscenico, la sala più piccola, intitolata a Goffredo Petrassi, è inadatto allo scopo.
 Fuortes, trasferitosi armi e bagagli al Costanzi importa in teatro quel modello di programmazione che all'Auditorium funziona ma che impiantato all'Opera è aperta dichiarazione di scarsa fiducia nelle potenzialità del melodramma di attrarre pubblico. Perchè  non lo conosce.
 In fondo la pensavano quasi allo stesso modo, purtroppo, anche  Alessio Vlad e Muti, negli anni passati, quando sostenendo che Caracalla non doveva più essere quella scena 'popolare' che da sempre è stato - il che non vuol dire che le cose non si possano fare bene, come in questi ultimi anni, fra varie traversie, non si sono fatte - parlarono e misero in atto un 'Festival Caracalla' portandovi rappresentazioni che se gratificavano compositori d'oggi ( Battistelli) e  giovani promesse della regia, come  la giovane Chiara Muti, o giornalisti amici del teatro, come Valerio Cappelli, con il suo spettacolo su Carlos Kleiber, fatto assieme a Mario Sesti, non facevano certo bene alle casse del teatro, perchè  ospitate in luoghi  certamente più ameni del grande palcoscenico, ma di dimensioni salottiere, nei quali il pubblico non superava qualche centinaio di unità. Con quali ricavi è facile immaginare a fronte di spese ingentissime, perchè a quelle non si è mai badato all'Opera di Roma.
 Ora Fuortes - in sintonia ancora con Vlad ( resta o non resta?) - porta a Caracalla due monumenti dell'altra musica: Elton John il 12 luglio e Ludovico Einaudi il 2 agosto: due pulci sul grande elefante della platea delle terme, con una amplificazione che per il melodramma non è certo il massimo, e che per i due alieni sarà solo pompata per creare frastuono.
 E sul sito del teatro l'arrivo di Elton John viene così annunciato: ' non solo opera, ma il grande pop' che tradotto, si legge: qui non c'è solo quella rottura dell'opera, vi portiamo il grande Elton John ecc...
 Chi scrive questo sul sito di un teatro d'opera che vuole diventare internazionale, andrebbe licenziato su due piedi. E il responsabile è Filippo Arriva che, stranamente, andava bene nella gestione di  Catello De Martino ed evidentemente continua ad andar bene anche nella gestione di Carlo Fuortes che non bada tanto per il sottile.
 E che dire dello spettacolo di balletto con la musica registrata che per un teatro d'opera è quasi una bestemmia, nonostante tale modalità sia prevista dagli accordi sindacali e contrattuali dell'orchestra che in passato se ne è giustamente lamentata?
 E, infine, mentre procedono le recite a Caracalla, al Costanzi va in scena 'Golgota'  spettacolo di teatro equestre del famoso Bartabas che forse alle terme sarebbe stato più spettacolare e suggestivo.
 Capirà Fuortes che sta su una strada sbagliata? O c'è qualcuno che  glielo farà capire? Certamente non i componenti del consiglio di indirizzo che, a digiuno di modi e tradizioni del melodramma, la penseranno certamente come lui. Neanche a dire che, alla fine, tenterà il tutto e per tutto l'Alessio Vlad o il suo sostituto, ammesso che Fuortes voglia mandarlo a casa. Non non sarà nè lui nè il suo sostituto a fargli cambiar strada, perchè si può immaginare già come la penseranno-  e di Vlad si sa con certezza.

venerdì 13 marzo 2015

Premio Paganini a Genova. Italia alla deriva. Che giuria ha radunato Fabio Luisi?

Si sono appena concluse al Teatro Nuovo Carlo Felice di Genova tutte le prove del Premio Paganini che da nove anni non laureava un vincitore. L'ultimo, nel 2006, era stato un giovane violinista cinese. Poi niente più. Ora la direzione artistica del premio è stata affidata a Fabio Luisi, dopo Cesare Mazzonis, che l'ha tenuta negli anni senza vincitore.
I numeri: 101 i candidati al premio - giapponesi, coreani, cinesi statunitensi soprattutto; 8 appena gli italiani - in 30  alle preliminari, 16 alle semifinali - nessun italiano -, 6 alle finali. Ha vinto il sudcoreano, diciannovenne, In Mo Yang.  I sei partecipanti alle finali provenivano da Germania,Giappone, Lettonia, Russia, Usa, Corea del Sud. Provenienti da nazioni che hanno grandi tradizioni nelle scuole violinistiche: USA, Estremo Oriente (anche e poi studiano negli USA), Russia, Germania. E l'Italia?
 La giuria, presieduta - come abbiamo detto - da Fabio Luisi era prevalentemente composta da direttori artistici ed agenti, un critico, e solo un paio di violinisti, se non andiamo errati. E già questa è un'anomalia. Un concorso, così prestigioso, dalla storia gloriosa, non va considerata come un'audizione per agenti e per direttori artistici, qual è sembrata questa messa insieme da Luisi. Anche perché non è affatto detto che  la gran parte dei componenti sapesse qualcosa del violino e del violinismo, in senso tecnico oltre che musicale, critico compreso. Si potrebbe obiettare che questo non vuol dire nulla o quasi,  e che la storia ed il futuro di un concorso li fanno i vincitori. Se il giovane coreano avrà una carriera fulgida, tale fulgore immancabilmente si riverserà anche sul Premio Paganini per gli anni a venire, anche quando della giuria ci si sarà del tutto dimenticati.
 In Italia il Paganini l'hanno vinto solo due illustri violinisti: Salvatore Accardo e, dopo molti anni, il suo allievo Massimo Quarta.
 Ciò che comunque colpisce  esaminando questa edizione del Paganini, è la latitanza dei  giovani italiani. La nazione che ospita il Concorso può presentarsi con soli 8 concorrenti su 101,  tutti assenti già alle preliminari, alle quali partecipavano 30 concorrenti? Anche se non si può dire che la carriera di un musicista dipenda in maniera determinante dalla vittoria ad un concorso, la situazione violinistica italiana, cosi come si è presentata alla giuria del Paganini, desta qualche preoccupazione. Possibile che nessun italiano sia tanto bravo da essere preso in considerazione dal Paganini? Vero è che ora sono in circolazione alcune bravissime violiniste, dalla Tifu alla Marzadori alla Dego che non sono passate dalla forche caudine del Paganini, e che comunque in Italia potrebbero ancora esserci negli anni a venire ottimi violinisti, come ha detto più d'una volta Salvatore Accardo, quando gli hanno chiesto un parere sul panorama violinistico internazionale, lui che insegna a Cremona e che ha visto passare nella sua aula quasi tutti i violinisti oggi in carriera.
Ma forse quando si vede che i cartelloni delle maggiori istituzioni musicali italiane sono infarciti quasi esclusivamente di artisti stranieri, e poco o nessun spazio hanno gli ottimi strumentisti italiani che quindi lavorano in prevalenza all'estero, forse un pò di sconforto viene. Perchè lavorare tanto, sacrificarsi  per anni ed anni, se poi non  si viene presi in considerazione nella stessa  nazione in cui si è nati e ci si è formati? Sacrificarsi solo per la musica? E' poco.
 Se non si cambia passo, l'Italia potrebbe a breve essere del tutto marginale al grande giro internazionale della musica. Se Franceschini e Nastasi, invece che lavorare per accentrare il potere e per fini diversi da quelli istituzionali e cioè per la difesa della cultura italiana innanzitutto in Italia, e , di conseguenza, prendessero in seria considerazione come risolvere tale problema, forse gli verrebbero perdonate le già numerose imperdonabili cantonate delle quali ha brillato la loro presenza al Collegio romano.

giovedì 12 marzo 2015

Boulez compie novant'anni. Che pensava di Maderna compositore?

Oggi, sul Corriere, in una articolo celebrativo per i novant'anni di Pierre Boulez - sacrosanto - sul Corriere, a firma Manin, Ivan Fedele che gli ha attribuito il 'Leone d'oro' alla Carriera della Biennale Musica, di cui è direttore, spezza una lancia in favore della grande umanità di Boulez, a dispetto della sua immagine stereotipata di gran pensatore e teorico della musica e, di quella di oggi, protettore e missionario ( fedele, pieno di orgoglio, ci mette anche la sua, giacchè lavorò all'IRCAM parigino ed ebbe l'onore di una 'commissione' dello stesso Boulez). Racconta  Fedele che scoprì la grande sensibilità e profonda umanità di Boulez ascoltando una sua interpretazione dell'Adagietto della 'Quinta' di Mahler, che in lui convive con la durezza con cui  apostrofa colleghi e musiche che non condivide e non stima - in cima alla lista i cosiddetti minimalisti, la cui musica è poca cosa: ' les minimalistes sont minimaux' ebbe a dirci in una delle interviste che ci concesse negli anni.
 Ma il buon cuore di Boulez, secondo Fedele, si è manifestato anche concretamente, come quando ha aiutato la famiglia  del defunto Maderna, i cui figli ha provveduto concretamente a mandare a scuola,  nel silenzio e nella discrezione più totali.
 Ma caro Fedele,  vuole sapere cosa pensava Boulez di Maderna, nonostante il suo sodalizio giovanile con il musicista italiano e con Berio? Il suo gesto di solidarietà concreta  potrebbe suonare come una sorta di risarcimento, alla luce di ciò che stiamo per dirle.
 Boulez non aveva grande stima del Maderna compositore, la cui opera riteneva difficile ( impossibile) da definire ed identificare e non a causa della tecnica dell'aleatorietà. Boulez rende onore e merito al Maderna apostolo della musica contemporanea, ma non al compositore.
 In una breve conversazione che avemmo con lui, ai tempi di Piano Time,  presso l'Accademia di Francia a Roma, in uno dei suoi rari passaggi nella Capitale,  manifestò il suo pensiero in proposito, definendo Maderna un 'elefante leggerissimo' che, a causa della sua frenetica attività di direttore e divulgatore, tolse tempo alla composizione, nella quale il suo lascito è di pochissimo valore. In sintesi ci disse questo.  E Mario Bortolotto sulle stesse pagine  di Piano Time, dove pubblicammo quella intervista lampo, colse l'occasione, da quelle poche righe, per spiegare meglio la durezza ma anche la verità di quelle affermazioni.
 Mario Bortolotto, se non ci sbagliamo, ha ripubblicato anni fa quella sua pagina profondissima, sul Foglio, dove crediamo di averla riletta qualche tempo fa.