domenica 31 ottobre 2021

Danilo Rossi, violista, scrive ad Aldo Cazzullo, giornalista. Per dimenticare altri importanti successi italiani, dopo quelli sportivi?


Ad Aldo Cazzullo. Corriere della Sera

Carissimo,

dopo una estate stracolma di allori sportivi, medaglie, campionati europei vinti, l'autunno é il periodo dei grandi concorsi internazionali musicali.
Al Concorso Pianistica Chopin di Varsavia l'Italia ha ottenuto il quinto premio con Leonora Armellini, 29 anni e il secondo premio con Alexander Gadjiev 27 anni. 
Al Concorso violinistico Paganini di Genova invece l'Italia con Giuseppe Gibboni 20 anni ha vinto il Primo Premio assoluto, cosa che non succedeva da 24 anni.
In nessun giornale nazionale e in nessuna TV nazionale é stata data questa notizia.
Inoltre nessun politico con ruoli istituzionali importanti, dalla cultura alla scuola all'università, ne ha parlato.
Mi risulta che i vincitori di medaglie varie, olimpiche o tornei, dal tennis al volley, vengono invitati dal Presidente del Consiglio o addirittura dal Presidente della Repubblica.
La cultura al primo posto? Se fosse veramente così questi straordinari giovani sarebbero su tutti i giornali e su tutte le televisioni e sarebbero già stati invitati dalle più alte cariche dello Stato.
Invece nulla di tutto questo è accaduto.
Quindi in realtà siamo il ter
zo mondo culturale?

Mi piacerebbe avere un riscontro a questa mia domanda.
La ringrazio.

P. S. Aggiungo anche che pochi giorni fa l'Accademia Bizantina, ensemble italiano di musica barocca ha vinto ai Grammy il premio come seconda miglior orchestra al mondo!
Anche in questo caso, silenzio totale!

Con stima.
Danilo Rossi
Prima viola Solista Orchestra Teatro alla Scala di Milano".

Palermo. Orchestra Sinfonica Siciliana. La neo direttrice artistica, Gianna Fratta, direttrice d'orchestra, approfittando del suo ruolo, riserva a sè il concerto inaugurale di stagione

 Si inaugura oggi a Palermo (Teatro Politeama) la stagione dell'Orchestra Sinfonica Siciliana, che ha una nuova direttrice artistica: Gianna Fratta, di professione direttrice d'orchestra.

Con un concerto straordinario - è proprio il caso di dire - per diverse ragioni. Innanzitutto perchè la direttrice artistica dell'Orchestra ha riservato a sè il podio del concerto inaugurale. E questa è una novità - inopportuna - perchè solitamente il direttore artistico di una istituzione non approfitta del suo incarico per 'mettersi in mostra'. Anche nel teatro di prosa si consiglia al direttore artistico di una istituzione, quand'anche regista, di non firmare egli stesso regie nel teatro che dirige. Opportunità ma anche stile!

 Seconda novità è rappresentata dalla presenza di ben due pianisti, di gran nome - uno spreco, in nome di quale profitto? - ai quali è affidato un concerto ciascuno nella stessa serata:  per Daniel Rivera Rachmanonov e per  Martha Argerich  Schumann, Robert e prima Clara (per pianoforte solo).

Il tutto per una durata che, soprattutto in tempi di pandemia, risulta  spropositata e forse anche 'irresponsabile'- nel senso che sarebbe più opportuno ridurre le durate dei concreti per ridurre il tempo di permanenza del pubblico in un luogo al chiuso che è tornato alla capienza preCovid. Il primo tempo dura, infatti, intorno ai 60 minuti, ed il secondo oltre i 40.

 Poi Gianna Fratta tornerà a fare la direttrice artistica, incarico che ha ricevuto a Palermo - fino alla conclusione della stagione, il cui concerto l'ha riservato nuovamente a se stessa.  

                                             *****

 Non contenta, Gianna Fatta, ha diramato anche un annuncio-invito al concerto giudicato un pò osé, ma che, a nostro parere, era semplicemente idiota. 

                                                                                            ( P.A.)

Gianna Fratta emozionato/a.

Seguito/a da 25.357 persone
29 ottobre alle ore 08:10

ALLE 21.00 STASERA VI DO UN APPUNTAMENTO AMOROSO. NO PERDITEMPO. SOLO VERI INTERESSATI AD ESPERIENZE DI GRUPPO ECCITANTI, APPASSIONATE E PIENE DI MUSICA.
TUTTO...

Altro...

Nuova Consonanza. Nuovo direttore artistico. Festival 2021, dal 7 novembre al 19 dicembre a Roma

 Teatro musicale, performance, concerti, prime esecuzioni assolute, ma anche incontri, seminari, laboratori e workshop: è ricco di proposte il cartellone del Festival di Nuova Consonanza, storica manifestazione per la musica contemporanea, presieduta da quest'anno da Paolo Rotili, in programma a Roma (Teatro Palladium, Teatro di Villa Torlonia, La Pelanda-Mattatoio) dal 7 novembre al 19 dicembre. "La musica al plurale" è il titolo della edizione n. 58, un omaggio a Igor Stravinsky per i cinquant'anni della morte. Gli appuntamenti offriranno spazio e visibilità ai diversi approcci estetici, così come traspare con tutta evidenza proprio dalla storia artistica di Stravinsky, simbolo e metafora della musica al plurale. Il Festival è realizzato con il contributo del Ministero della Cultura e della Regione Lazio ed è promosso da Roma Culture. L' inaugurazione, il 7 novembre, è affidato a Le ossa di Cartesio, opera in un atto e sei scene, al Teatro Palladium, composta da Mauro Cardi su libretto di Guido Barbieri, con la regia di Enrico Frattaroli e l' Ensemble In Canto diretto da Fabio Maestri. Per il Teatro musicale contemporaneo, la prima assoluta La scoperta dell'America (Teatro Palladium, 14 novembre), musica di Fabrizio de Rossi Re su testi di Cesare Pascarella. Azione musicale per attore, clarinetto e pianoforte, affidata per l'occasione all'estro di Massimo Wertmüller. Il 17 novembre, sempre al Palladium, in scena la prima italiana di Arianna e il Minotauro, melologo per voce recitante, soprano ed ensemble di Silvia Colasanti su libretto di Giorgio Ferrara e René De Ceccatty tratto dall'opera lirica omonima che ha inaugurato il Festival di Spoleto nel 2018. Protagonisti l'attore Elio De Capitani (Minotauro), il soprano Omo Bello (Arianna), e la Paris Mozart Orchestra diretta da Claire Gibault. Prima assoluta anche per Qui nella torre opera da camera in quattro scene e due intermezzi di Daniele Carnini su testo di Renata M. Molinari interpretato dall'Hemisphaeria Trio (Teatro di Villa Torlonia, 30 novembre). Tra gli appuntamenti dedicati a Stravinsky, figura ispiratrice del Festival di quest'anno, il 12 dicembre al Mattatoio-La Pelanda La storia del ragazzo, di Giovanni Maria Briganti, nuovo libero adattamento dell'Histoire du soldat ambientato nei nostri giorni, con i Solisti della Roma Tre Orchestra. Concerti con interpreti ed ensemble internazionali sono in programma al Mattatotio-La Pelanda a sondare il variegato repertorio della musica contemporanea. Tra questi, il 1 dicembre debutta al Festival l' Orchestra Filarmonica Vittorio Calamani, nata nel 2019, che raccoglie musicisti under35 diretti da Pasquale Corrado. Il 15 dicembre sarà la volta del concerto della Roma Tre Orchestra, diretta da Benedetto Montebello, su musiche di Stravinsky. Come ormai tradizione il Festival si chiuderà il 19 dicembre con la finale della XXIII edizione del Concorso Internazionale di Composizione Franco Evangelisti.  (ANSA).

sabato 30 ottobre 2021

Fuortes, AD Rai, risponde a 'La Repubblica' in perfetto 'stile Veltroni': 'sì/no, ma anche...'

Nella lunga intervista che Carlo Fuortes,  da quattro mesi amministratore delegato Rai, ha rilasciato a Giovanna Vitale, per La repubblica, la prima nella quale tocca diversi temi, aspetti e modalità della sua azione nel colosso pubblico dell'informazione e intrattenimento, lo stampo della scuola dalla quale egli proviene, quella di Walter Veltroni, e Goffredo Bettini insegnante di sostegno negli anni di 'Musica per Roma', è evidente ad ogni passo, in ogni risposta.

Non una affermazione che non venga subito dopo smentita, una frecciata subito attutita nell'impatto, insomma il tanto criticato 'buonismo' veltroniano che non è mai piaciuto ma che rende bene come Fuortes, che pure conosce la buona amministrazione - ' Io risolvo problemi' aveva intitolato una intervista di molti mesi fa L'Espresso – sappia anche come restare sempre a galla, anche quando le acque si increspano o intorbidiscono.

Man mano che l'intervista correva, ci è tornato in mente quello che un dirigente di 'Musica per Roma', stretto collaboratore di Fuortes, ci rispose quando gli chiedemmo perché, con la amministrazione Alemanno, Gianni Borgna dovette lasciare la presidenza ( affidata poi a Regina, il signore del 'sigaro toscano') mentre Carlo Fuortes mantenne l'incarico. 'Borgna aveva una connotazione politica evidente'. E Fuortes no? 'Anche Fuortes - precisò - ma lui ha imparato a mimetizzarsi all'occorrenza ed a nuotare in qualunque acqua'.

L'intervista a Giovanna Vitale è un trattato, in formato ridotto, della diplomazia politico/amministrativa nella quale Fuortes sembra aver conseguito laurea e master. Una tesi di dottorato.


In Rai - dice Fuortes, prima ncora che l'intevistrarice apra bocca - è tutto 'rose e fiori'. Confessa di essere rimasto letteralmente stupito: 'pensavo di salire sull'aereo più pazzo del mondo, e invece ho trovato una Rai tutt'altro che ingovernabile; nel CDA regna l'armonia ed i partiti non bussano alla mia porta'. Meglio così!

.

Al suo arrivo in Rai Fuortes dà una accelerazione alle riforme: 'Io che ho diretto teatri e istituzioni culturali sono sempre stato convinto che bisognasse pensare innanzitutto agli utenti... (quale sarebbe l'alternativa possibile? ndr.)...la scommessa sul futuro si vince solo mettendo al centro il prodotto e la sua qualità' (c'è stato mai qualcuno che anche in Rai abbia detto il contrario, e cioè che la scommessa si vinceva perpetrando privilegi e storture, in una grande impresa culturale pubblica e mettendo in secondo piano la qualità del prodotto? ndr).


Il bravo amministratore, alliscia il pelo ai dipendenti:' Verranno rimesse in gioco risorse umane ed economiche di tutta l'azienda, Sarà uno choc, ma credo molto positivo per valorizzare le energie interne' ( anche questo ci pare di averlo sentito affermare qualche altra volta prima di Fuortes. Ma poi? ndr.).


Rassicurazioni sulla riorganizzazione 'orizzontale' ereditata da Salini e che prevede la nomina di dieci direttori. 'La politica non sta bussando alla mia porta... saranno scelti in base alle competenze... il nuovo modello potrà servire ad allontanare i partiti che qualche volta in passato hanno mostrato una certa invadenza' (il proclama della ipocrisia di cui anche Fuortes si dimostra campione ndr.).


E l'informazione - chiede la giornalista; sappiamo, dal passato, che chi la tocca in Rai 'muore'? Per ora non si tocca, risponde Fuortes, restano le tre testate generaliste, mentre potenzieremo RaiNews 24 , e nascerà anche Rai News.it ,'testata giornalistica online del Gruppo'. Dunque per ora non si tocca, perchè Fuortes non vuole 'morire'.

Ma allora, continueremo ad avere tre telegiornali ognuno dei quali fa riferimento ad una parte politica, come sempre?

'Adesso è più importante procedere con una trasformazione da reti in generi che interessa due terzi della Rai. L'informazione è solo un pezzo del servizio pubblico... l'intrattenimento, la fiction ed altri generi sono una parte fondamentale: dimostrano che popolarità e qualità vanno considerate insieme'.

Al buon amministratore la giornalista chiede sui conti dei quali Fuortes, in Vigilanza, aveva detto che 'destano preoccupazione'. Siete sull'orlo del pre-dissesto?

' Ma no. (Veltroni avrebbe risposto: sì, ma anche... che è più o meno come ha risposto Fuortes ndr.). La Rai è un'azienda particolare, le risorse di cui dispone si basano sul canone e sulla pubblicità, che una legge in via di approvazione rischia di ridurci...Dal 2008 ad oggi sono già diminuite di 700 milioni... al di sotto dei valori attuali non si può svolgere il servizio pubblico richiesto dal contratto di servizio'.

Non vi basta il canone – chiede ancora

.' Attenzione io non ho chiesto l'aumento del canone annuo, che è di competenza del Parlamento e Governo, ma che quella parte di canone ancora trattenuto dallo Stato venga destinato per intero alla Rai'.

Ed ha anche chiesto - insiste la giornalista - la restituzione dei 110 milioni versati ogni anno al fondo dell'editoria, che è ossigeno puro per la stampa. Le pare giusto?

' Io non mi sono mai sognato di dire che il fondo vada annullato, forse però può essere finanziato con la fiscalità generale e non con l'imposta di scopo del canone che gli italiani pagano per il servizio radiotv'.

Un bravo amministratore può non capire che la coperta è quella che è e che non può essere tirata da tutti i lati, senza strapparla? Fuortes, appena si accorge di poter irritare la stampa, corre ai ripari. Non ho detto di togliere, bensì di finanziarlo con altri fondi. Veltroni replicato con la tecnica 3D.

Tocca poi anche la questione del canone da far pagare a smartphone e tablet: 'non è una tassa sul telefonino'-  è la risposta. Che altro è?

E, infine, il caso Mietta: tutto regolare. In Italia non è obbligatoria la vaccinazione, lo è il 'Green Pass' e Mietta, a 'Ballando con le stelle', l'aveva.

'Non esiste obbligo vaccinale e noi non possiamo costringere dipendenti, conduttori o autori a vaccinarsi'. Giusto, anzi sacrosanto. Fuortes non ne sbaglia una!

Tante le domande non poste - forse inevase(?), o rimandate all'intervistatrice (?) - ma concrete ed utili per Fuortes: il 'ruolo degli agenti', le produzioni esterne, i cachets in alcuni casi spropositati, la presenza di alcuni dinosauri che non schiodano per far posto a giovani, gli sprechi, come ad esempio, quelli dei vari corrispondenti esteri, uno per ogni testata giornalistica, i cui direttori sembrano restare quelli attuali, ad eccezione del TG1 (la politica ha bussato alla porta di Fuortes?).


Perciò sarebbe opportuno che Fuortes, la prossima volta, parli di cose concrete. Perchè l' intervista di Repubblica è poco più che una dichiarazione d'intenti, fumosa e, per quel che riusciamo a capire, inconcludente, perciò anche inutile. In ogni caso in perfetto 'stile Veltroni'.



venerdì 29 ottobre 2021

A RICCARDO MUTI. Lettera aperta al grande direttore che il 20 novembre sarà al Cairo

Caro maestro, 

le notizie relative alla sua prossima tournée con i Wiener Philharmoniker  in Giappone, Corea ed Egitto dove si concluderà, il 20 novembre, con il concerto da Lei diretto,  per l'inaugurazione nella Capitale, il Cairo, della nuova New Concert Hall of the City of Arts and Culture, mi spingono a scriverle, anche se so bene che  sicuramente non ve ne sarebbe bisogno, conoscendo la sua sensibilità. 

 E' del tutto evidente che un 'suo' concerto al Cairo di

 questi tempi, e non certamente  a causa della pandemia, non è simile a mille altri che si sono tenuti in passato o che si terranno in futuro, quando le cose, di cui sto per dirle, cambieranno.

Lei, alla testa dei Wiener, accetta di dirigere in un paese al cui vertice siede un dittatore che calpesta le più elementari norme del vivere civile,  come è chiaro ormai al mondo intero, e che si è macchiato di due gravi delitti che riguardano direttamente il nostro paese, e  che portano i nomi di  Giulio Regeni e Patrick Zaki.

 Il primo, italiano, ricercatore, torturato e ucciso barbaramente, senza ragione e per infondati sospetti, i cui carnefici quella dittatura protegge sotto ali macchiate di sangue; ed il secondo,  egiziano, allievo in Italia dell'Università di Bologna, tenuto in carcere da quasi due anni senza che sia  accusato di un delitto meritevole di tale condanna. Aveva semplicemente scritto  delle persecuzione che quel regime infligge ai cristiani, di rito maronita.

Nonostante le numerose e dure proteste di molti paesi, quel regime dittatoriale non demorde. E il Governo del nostro paese, che pure protesta a parole, senza ottenere risposta, continua a fare affari con quel regime.

I casi presenti ci fanno venire in mente quel che accadeva in Sudafrica, al tempo dell'apartheid. Il mondo della cultura si era diviso in due : c'era chi sosteneva che non si dovesse mettere piede in quel paese fino a quando non fosse finita quella incivile discriminazione; e chi, invece, in quel paese ci andava, convinto che comunque non serviva abbandonarlo a se stesso,  e affiancava alle manifestazioni ufficiali visite e manifestazioni parallele nei ghetti in cui i neri erano segregati. Da allora sono passati decenni ed il mondo almeno sotto il profilo della sensibilità civile è notevolmente cambiato, in meglio per fortuna.

Ora, Lei, caro Maestro, non può arrivare al Cairo, dove ancora è detenuto ingiustamente Zaki, e dove è stato barbaramente trucidato Regeni, salire sul podio, dirigere il concerto in quella nuova sala dedicata 'alle Arti ed alla Cultura', stringere magari la mano di qualche  alto rappresentante di quel governo dittatoriale e poi ripartire senza aprir bocca.

 Non può.  Deve dire pubblicamente qualcosa su questi due casi tuttora irrisolti, e se non lo fa, il suo silenzio verrà sicuramente interpretato come complice. Non può nascondersi dietro la scusa, troppe volte accampata, che 'la musica non può fare politica' ;  fare politica no, ma difendere la civiltà e la cultura sì.

 Sono convinto - e nessuno mi toglie dalla testa che lo sia anche Lei - che un suo intervento sarebbe più ascoltato di tanti altri.

 In fondo sarebbe nella scia  dei grandi ideali che in questi anni l'hanno condotta per le 'Vie dell'amicizia' in molte parti martoriate del mondo.

 Lo faccia, non se ne pentirà, e sarà il suo più bel regalo all'Italia, che l'ha festeggiato,  nell'anno del suo ottantesimo compleanno.

                                             Con stima e affetto

                                             Pietro Acquafredda

 

  

Marino Sinibaldi salirà in Campidoglio per occupare la poltrona di Assessore alla cultura? Ad uso di chi non lo conosce, la sua biografia (Wikipedia)

Nato a Valle Aurelia, si è diplomato al Liceo Terenzio Mamiani di Roma e ha studiato alla Facoltà di lettere e filosofia della Sapienza. Aderì a Lotta Continua, insieme a Gad Lerner e a Luigi Manconi, con i quali ha pubblicato alcuni saggi sul movimento degli studenti sfociato nella contestazione degli anni Sessanta e Settanta. A metà degli anni Ottanta partecipò all'esperienza di redazione del quotidiano Reporter, durato dal 1985 al 1986.

L'attività pubblicistica era iniziata contemporaneamente a quella di bibliotecario che ha svolto per oltre vent'anni presso la Biblioteca di storia moderna e contemporanea di Roma. Successivamente si è dedicato full time al giornalismo e alla conduzione di programmi radiofonici e televisivi per i quali ha ricevuto numerosi riconoscimenti (Premio Ischia-Giornalista dell'anno 2006, Premio Alassio 2006, Premio Flaiano 2007). Dirige la Festa del libro e della lettura "Libri come" presso l'Auditorium-Parco della musica di Roma.

Ha condotto, alla RAI, le trasmissioni AntologiaFine secoloNote azzurreLampiSenza reteSupergiovaniTema, e ha collaborato a La storia siamo noi. È stato vicedirettore di Radio3, nonché nel 1999 ideatore e conduttore della trasmissione Fahrenheit su Rai Radio 3.

Ha collaborato con la rivista Ombre Rosse e successivamente ha cofondato la rivista Linea d'ombra e pubblicato Pulp. La Letteratura nell'era della simultaneità (Donzelli, 1997). Ha collaborato con Natalia Ginzburg nella stesura di: È difficile parlare di sé. Conversazione a più voci condotta da Marino Sinibaldi (Einaudi, 1999). Nel 2014 l'editore Laterza ha pubblicato Un millimetro in là. Intervista sulla cultura curata da Giorgio Zanchini.

Il 3 agosto 2009 è stato nominato direttore di Radio 3 dal Consiglio di amministrazione della Rai, carica che manterrà per oltre dieci anni fino al 25 marzo 2021, giorno in cui viene sostituito dall'ex-direttore del TG1 Andrea Montanari. È membro del direttivo del Premio Strega e del Consiglio di amministrazione della Fondazione Bellonci.

Dal gennaio 2014 al 2017 è stato presidente del Teatro di Roma.

Dall'8 gennaio 2020 è il nuovo presidente del Centro per il Libro e la Lettura.

Palermo. La nuova stagione del Massimo. Giambrone sloggia per insediarsi all'Opera di Roma? ( da Leggo, di Totò Rizzo)

 Si inaugura il prossimo 20 gennaio la stagione lirica e di balletto 2022 del Teatro Massimo di Palermo. L’ha presentata stamattina il sovrintendente Francesco Giambrone (che alcuni rumors dalla Capitale vorrebbero in corsa per la successione a Carlo Fuortes all’Opera di Roma) che ha pure anticipato alcuni eventi per i cartelloni a venire (tra cui il ritorno sul podio di piazza Verdi di Riccardo Muti per il «Don Giovanni» di Mozart a dicembre 2023).

 

L’apertura con «Les vepres siciliennes» di Verdi, nell’edizione francese, sotto la guida da Omer Meir Wellber, direttore stabile dell’Orchestra, e la regia di Emma Dante. Un nuovo allestimento in collaborazione con i teatri lirici di Bologna, Napoli e Madrid.

 Ancora Verdi con «Simon Boccanegra» dal 19 febbraio in un’edizione storica che porta la firma per regia, scene e costumi di Sylvano Bussotti, il compositore da poco scomparso. Nel ruolo del protagonista Placido Domingo, la bacchetta è quella di Francesco Ivan Ciampa. 

Dal 20 marzo di scena «Roberto Devereux» di Donizetti, direttore Roberto Abbado, regista Alessandro Talevi in un’edizione dell’inglese Welsh National Opera.

Primo balletto in programma «Le relazioni pericolose» su musiche di Rameau e di Fähndrich in una coreografia firmata da Davide Bombana, direttore del Corpo di Ballo della Fondazione palermitana, al debutto il 9 aprile. 

Si torna all’opera il 29 aprile con la «Tosca» pucciniana in un rodato allestimento del Massimo con la regia di Mario Pontiggia e la direzione musicale di Valerio Galli

Tre musicisti di epoche diverse (Beethoven, Scriabin e Nono) per lo spettacolo successivo incentrato di mito di Prometeo che vedrà sul podio Gabriele Ferro e la regia in presa diretta e le proiezioni video dei Masbedo, tra i più applauditi creatori di installazioni e videoarte (dal 3 giugno).

 

Dopo la parentesi estiva al Teatro di Verdura (già annunciati una «Turandot» diretta da Daniel Oren, il balletto «Nijinski» con la coreografia di Marco Goecke e «Le quattro stagioni» di Vivaldi firmato da Cayetano Soto), 

la stagione tra gli stucchi del Basile riprenderà il 30 settembre con «Il matrimonio segreto» di Cimarosa, direttore Davide Levi, regia di Roberto Catalano

Si torna a Verdi con «Nabucco» dal 23 ottobre, direttore Francesco Lanzillotta, regia di Andrea Cigni. 

Nel trentennale delle stragi di mafia (1992-2022) il Massimo onorerà la memoria dei giudici Falcone e Borsellino e degli agenti delle loro scorte con una serie di eventi in anteprima assoluta: l’opera-inchiesta di Gery Palazzotto «Cenere» su musiche di Marco Betta, Fabio Lannino e Diego Spitaleri, la «Messa da Requiem» di Verdi, l’opera di Marco Tutino «Falcone e Borsellino - L’eredità dei giusti» e una singolare iniziativa il 23 maggio, anniversario della strage di Capaci, «One minute of no silence», un progetto collettivo che unisce artisti di tutto il mondo che invieranno via web, su commissione del teatro, un minuto di musica che comporrà una sinfonia di “minuti di non silenzio”.

Il Massimo palermitano ha anche presentato la stagione di concerti con grandi nomi di direttori e solisti tra cui spiccano una «Noche esponola», sul podio Placido Domingo, tenore Arturo Chacón Cruz, il recital del soprano Maria Agresta e del mezzosoprano Vasilisa Berzhanskaya. E con l’uscita, ci si augura definitiva, dall’emergenza sanitaria, si tornerà a produrre spettacoli dedicati alle scuole e riprenderanno le collaborazioni con le varie istituzioni della città (dal Conservatorio Scarlatti al Brass Group per il jazz) e le tournée internazionali: le masse artistiche e tecniche della Fondazione si sposteranno nella primavera del 2022 in Giappone (Tokyo, Hamamatsu, Otsu, Osaka e Nagoya) per proporre un nuovo allestimento di «Bohéme» e per il «Boccanegra», già citato, del cartellone principale.

giovedì 28 ottobre 2021

Il Prosecco al Parlamento Europeo. In quali mani è finita l'eccellenza italiana. Vergogna per Dino Giarrusso

 L’account Twitter di Azione e quello di Selvaggia Lucarelli hanno pubblicato un video di una seduta del Parlamento Europeo in cui si sente l’eurodeputato del MoVimento 5 Stelle Dino Giarrusso che inizia a parlare del prosecco e della sua salvaguardia ma subito dopo si interrompe. Quando lo avvertono che non c’è la traduzione simultanea del suo intervento e dovrebbe parlare in inglese, Giarrusso prima prova a farlo («I try it, i’m not perfect in english») e poi si interrompe e continua in italiano: «No, io non riesco a fare l’intervento in inglese perché l’ho scritto in italiano e non riesco a tradurlo. Non mi è stato detto che potevo farlo in inglese. Chiedo di poterlo fare in italiano, se possibile». Ma purtroppo non è possibile. E allora l’eurodeputato è costretto a rinunciare all’intervento. Naturalmente sui social network è subito partito lo sfottò.

Carla Fracci raccontata in un film, intitolato semplicemente ' CARLA' ( da Il Giornale, di Laura Rio)

 Quando danzo penso alle libellule, così leggere e così forti e veloci». C'è tutta la bellezza della vita e della carriera di Carla Fracci in questa frase della più grande étoile italiana, diventata un simbolo mondiale. Ed è l'immagine su cui è costruito il primo film a lei dedicato, in uscita a pochi mesi dalla scomparsa avvenuta a maggio. Si intitola Carla, è coprodotto da Rai e società Anele (sarà nei cinema l'8, 9, 10 novembre) per poi arrivare sul primo canale il 5 dicembre con le musiche di Pasquale Catalano edite da Curci e Rai Com. Un'immagine che dà anche il senso di un prodotto - diciamolo subito - pensato per il pubblico largo della Tv di Stato, che magari non ha molta dimestichezza con i passi di danza, la Scala, Nureyev, Visconti. Non per nulla a dare volto (soprattutto) e gambe alla «ballerina assoluta» è Alessandra Mastronardi, personaggio di tante fiction popolari, che ha avuto il coraggio e la bravura di cimentarsi con un monumento dello spettacolo italiano. Dunque, il film usa un linguaggio semplice e comprensibile, unito a un racconto che non vuole essere agiografico, ma per forza di cose deve essere un po' didascalico e in qualche punto retorico. Un lavoro, ispirato all'autobiografia Passo dopo passo - La mia storia, pienamente approvato dalla Fracci medesima che è andata sul set alla Scala quando era ancora in vita e dalla famiglia, per primo il marito Beppe Menegatti.

L'attenzione è concentrata soprattutto sulla modernità della figura della Fracci, un esempio di indipendenza per la sua scelta di diventare madre nel pieno della carriera. All'epoca un tabù: era impossibile coniugare figli e danza, mai nessuna ballerina prima di lei aveva ripreso a danzare ad alti livelli dopo la gravidanza. Carla sfida tutto e tutti («Anzi non è una sfida ma un diritto») e dal sodalizio d'arte e d'amore con Menegatti nasce il figlio Francesco. Il film è costruito sul suo ritorno sul palcoscenico della Scala a un anno dal parto quando Rudolf Nureyev la convince a riportare in scena lo Schiaccianoci a soli cinque giorni dal debutto. Nel countdown delle prove, attraverso lunghi flashback, viene ricostruita la vita di Carla fino a quel 1970. E quindi, si vede lei bambina sfollata per la guerra (una bravissima Elisa Proietti, dieci anni, romana, scelta tra 400 candidate) con la nonna che le insegna a guardare le libellule, poi lei selezionata nella scuola di ballo della Scala con la famosa storia del padre tranviere che l'accompagna in teatro con il tram, la rivalità con le compagne, il sentirsi inadeguata per le sue umili origini. E poi il momento del grande debutto con Luchino Visconti che la sceglie, a 19 anni, per ballare Lo spettro della rosa dopo l'esibizione di Maria Callas. E quindi il trionfo e poi il volo come étoile della Scala e nei più grandi teatri del mondo. Insomma una vita esemplare di lotta, di sacrifici, di duro lavoro, insieme al sorriso sempre acceso, nonostante le rinunce e i contrasti (impersonati dalla rivale Ginevra Andegari, figlia della Milano Bene e raccomandata, con cui però poi costruisce un rapporto d'amicizia).

«Il nostro film non è un santino - riassume la direttrice di Rai Fiction Maria Pia Ammirati insieme alla produttrice Gloria Giorgianni- ma un racconto di quello che c'è dietro il palcoscenico, della vita di Carla che non era solo arte, e della sua modernità»: «Io ho lavorato per sottrazione - spiega il regista Emanuele Imbucci - con una vita così piena abbiamo dovuto concentrarci su alcuni aspetti e abbiamo scelto di mettere in luce le sue emozioni, il lato umano, anche le sue fragilità».

E per la Mastronardi non è stato facile calarsi nella parte, sia per lo sforzo fisico di imparare a ballare (durante la clausura da pandemia) sia per lo sforzo psicologico di entrare nella sua mentalità «cosi diversa dalla mia: io sono allergica alle regole, lei l'incarnazione della disciplina, regola fondamentale della danza». Nelle parti del ballo interviene una vera ballerina (Susanna Salvi) con una serie di accorgimenti come inquadrature solo dei piedi o immagini sfuocate, ma Alessandra ha dovuto comunque imparare a muoversi da ballerina («Ho fatto impazzire i maestri e i coreografi»), ed è stata contenta della fiducia che le ha dato la Fracci: «Quando è venuta sul set si è messa a fare esercizi alla sbarra!». «Il mio più grande rammarico - conclude - è che non sia riuscita a vedere il film finito».


mercoledì 27 ottobre 2021

Sferisterio di Macerata. Nomine in stallo. Barbara Minghetti 'toglie il disturbo'.

 Da un anno circa al Comune di Macerata è cambiata l'amministrazione. Al sindaco Carancini ( PD) che ha governato la città per due mandati è succeduto Sandro Parcaroli ( Lega),  che in quanto sindaco è anche presidente dello Sferisterio, e da lui  dipendono le nomine, quelle apicali, mentre quelle del CDA competono agli altri organi partner: Regione, Provincia ...

 Ora la nuova amministrazione - ma non è l'unico caso - fottendosene dei risultati dei vertici in  carica allo Sferisterio, dice che occorre DISCONTINUITA'. 

E Parcaroli non riesce a decidere, non ci riesce il partito che lo sostiene che pensa a metterci  qualcuno che, pur non capendo nulla di opera lirica è affidabile ed obbediente. Non stiamo dicendo sciocchezze: a Trieste l'attuale assessore alla cultura nella amministrazione di destra riconfermata, è un Perito EDILE e di nome fa Rossi: Se poi il nuovo eletto in poco tempo distrugge il lavoro fatto bene dai precedenti vertici, non conta.

La Minghetti, stanca di questa attesa, senza senso, ha salutato e si è dimessa. Resta la curiosità di sapere chi metteranno al suo posto, ma temiamo che con questi amministratori il timore che ci metano qualcuno non altrettanto bravo come la Minghetti è concreto.

Covid. Bollettino dal fronte dei contagi aggiornato a mercoledì 27 ottobre 2021. Contagi in aumento

 Secondo i dati del ministero della Salute, nelle ultime 24 ore in Italia si sono registrati 4.598 nuovi casi di Covid-19 a fronte di 468.104 tamponi effettuati (martedì i contagi erano stati 4.054 con 639.745 test). Il tasso di positività si attesta all'1%, in aumento rispetto allo 0,6% del giorno precedente. I morti sono 50, che portano il totale dei decessi dall'inizio della pandemia a 131.954. I guariti sono 4.226.

LIliana Segre al Quirinale. L'ultima trovata del 'Fatto Quotidiano' in forma di petizione, ma che è pura idiozia

 Sosteniamo la candidatura al Quirinale della senatrice a vita Liliana Segre. Simbolo universale della Resistenza umana contro il male assoluto nazista e fascista e contro tutte le discriminazioni. Ella rappresenta la più alta testimonianza dei valori costituzionali di libertà e uguaglianza. Ci auguriamo che tutte le forze presenti in Parlamento condividano il nostro appello affinché la massime istituzioni non siano svilite da autocandidature prive di disciplina, onore e dignità.

Firmatari 

Peter Gomez, Antonio Padellaro, Marco Travaglio e Furio Colombo


                                                *****

Il giornale diretto da Marco Travaglio in evidente affanno, dopo che i 'suoi' Cinquestelle brillano assai poco, e tutte le energie, quelle poche che ha ancora, le spende INUTILMENTE contro Mario Draghi ed il suo Governo, volendo far credere che 'Conte è meglio di Draghi' - POVERO TRAVAGLIO! - ha lanciato una petizione che ha dell'incredibile, e che può suonare anche come una beffa, perchè somiglia, per ragioni opposte, alla candidatura di Berlusconi, sostenuto - si fa per dire - dalla Destra per il Quirinale.

Nel caso di Berlusconi, che di anni ne ha 85 e la cui salute è anche malferma, nonostante la cosiddetta 'riabilitazione' del 2018, e l'affannarsi di Gianni Letta in suo favore, la sua candidatura al Quirinale è quanto di più tragico, anzi drammatico si possa immaginare. Mentre per Licia Ronzulli , senatrice, ma  più impegnata come ASSISTENTE di Berlusconi, SAREBBE l'avverarsi di un SOGNO! Con tutto il suo passato politico, giudiziario e personale rappresenterebbe un vulnus per la democrazia italiana ma anche una vergogna agli occhi degli altri paesi. Continui a fare l'imprenditore dove, invece, ha messo su un impero, e lasci stare la politica. Si riposi, magari in Provenza dove c'è aria buona.

Sarà un particolare di poco conto ma a noi fa venire un sussulto anche un altro particolare riguardante Berlusconi. Constatare che lui ha sempre al suo fianco una parlamentare, al momento Marta Fascina - pagata dai cittadini -  sua compagna, ma anche segretaria particolare, badante ed assistente,  e per questo suo lavoro/piacere/interesse personale, manca per tempi molto lunghi, restando sempre al fianco di Berlusconi per mesi lontano da Roma, ai suoi doveri parlamentari. 

 Il caso di Liliana Segre, di anni 91, ma di salute certo non malferma come Berlusconi ( come ha sottolineato stupidamente in tv, vistosi alle perse, Peter Gomez, primo firmatario della petizione)  è chiaro che è di tutt'altro genere. Una donna coraggiosa, esempio per tutti di impegno civile, il cui passato è stato segnato dal campo di concentramento, ora senatrice   a vita, risorsa per il nostro paese, come fa ad ambire al Quirinale,  soprattutto a causa dell'età che la renderebbe per molti versi inadatta al ruolo?

La vita al colle più alto di Roma è tutt'altro che tranquilla, specie in tempi come i nostri quando dal Quirinale  si deve esercitare una vigilanza continua alla quale poi si affiancano i numerosi impegni anche internazionali e di rappresentanza. Liliana Segre non avrebbe le forze per reggere. 

Se ci fosse la possibilità di metterla sotto una campana di vetro  al Quirinale, onde essere ammirata ed omaggiata da tutti i cittadini, allora sì. Vada al Quirinale. Ma Liliana Segre è una donna viva, che già rende al paese più di quello che il Paese potrebbe attendersi ed anche meritarsi, se consideriamo che ogni tanto qualche bestia italiana la copre di insulti; dunque lasciamo che continui  a fare quello che fa. Che è tantissimo, più utile della Presidenza della repubblica, ed anche molto più prezioso. (P.A.)

martedì 26 ottobre 2021

Premio Paganini di nuovo, dopo 24 anni, ad un italiano: Giuseppe Gibboni, salernitano, anni 20

 Strano destino i concorsi musicali. Si ritiene che la vittoria in uno di essi apra immediatamente le porte della carriera al musicista laureato, ed invece non è così, almeno non lo è sempre. E il Paganini

Benchè dipenda tutto anche dall'importanza e dalla storia del concorso, non è che i concorsi riescano a laureare sempre il migliore. Ci raccontava  Gyorgy Sandor che oggi c'è un genere di  pianisti: 'da concorso', i quali vanno di concorso in concorso sperando di guadagnare qualche premio in denaro in alcuni di essi, anche non arrivando primi, e comunque acquisendo una disinvoltura a suonare in pubblico e davanti ad una giuria. Il che fa sì che il pianista 'da concorso' deve assicurare uno standard, senza il quale non viene preso in considerazione, ed anzi viene scartato. Insomma uno  con forte personalità di interprete - come fu nel caso di Pogorelich, giovanissimo, a Varsavia, per il Concorso Chopin - difficilmente vince. Ma in quel caso la mancata vittoria e le proteste della giurata Argerich, segnò per lui l'avvio di una trionfale carriera. Ci sembra di ricordare che fece invece una grande impressione al Casagrande di Terni, dove impressionò enormemente - come ebbe a confessarci- il giurato Giorgio Vidusso.

 Ci sono anche casi assai curiosi, come quello di Bruno Aprea che aveva iniziato una brillante carriera di pianista, passando alla direzione d'orchestra (allievo di Franco Ferrara), che vinse in America il prestigiosissimo  Premio Koussevitzky, prima di lui solo Claudio Abbado. E che in Italia non ha avuto la carriera che quel premio gli avrebbe meritato. Se fosse rimasto in America  avrebbe certamente assaporato i frutti di quella meritata e prestigiosa vittoria. E c'è anche il caso di Mario Brunello, anch'egli vincitore di un concorso altrettanto prestigioso, il Ciaikovskij di Mosca, per il violoncello.  Brunello finge di non ricordarlo, ma fummo proprio noi, dopo quella vittoria a suonare la sveglia, dalle pagine di Piano Time, alle istituzioni musicali italiane che stentarono prima di aprirgli le loro porte, oggi spalancatissime per lui.

 Per tornare al Premio Paganini, l' edizione n.56 si è appena conclusa, e il suo 'albo d'oro' squaderna i più bei nomi del violinismo internazionale; ma ha laureato rarissime volte violinisti italiani. Il vincitore di questa edizione, il quarto italiano in tutta la storia del 'Paganini', è il ventenne salernitano Giuseppe Gibboni. Prima di lui l'avevano vinto altri tre: Accardo, principe dei violinisti italiani e maestro di generazioni di violinisti,  che lo vinse nel 1958;  33anni dopo  Massimo Quarta, e soli sei anni dopo Giovanni Angeleri

Basterebbero questi tre nomi per capire quanto il destino dei vincitori di uno dei premi violinistici più prestigiosi, non sia il medesimo per tutti: Accardo più di tutti ma anche Quarta hanno fatto carriera, mentre pur scavando nella nostra memoria, non ricordiamo il nome di Angeleri legato ad una carriera quale uno ci si attende dopo un Premio Paganini.

Sorprende, infine, constatare che quattro nostre eccellenti violiniste, quasi tutte 'allevate' anche da Accardo: Marzadori, Borrani, Tifu, Dego non abbiano vinto il Paganini. Di esse non sappiamo - ad eccezione di Francesca Dego, che uno dei premi del Paganini, non il primo, lo ha vinto e che era fra i giurati della edizione 2021 - se  vi hanno mai partecipato. Chissà. Mentre leggiamo fra i vincitori dei premi dal secondo al sesto,  i nomi di  Bonucci, Carmignola, Pieranunzi, Angeleri ( che vi partecipò altre volte prima di aggiudicarsi il Primo Premio), Manacorda, Tchakerian ( italiana nonostante il cognome).

 La scommessa è sulla carriera di Gibboni che ora si perfeziona al Mozarteum di Salisburgo. 

Un sovrintendente di teatro che diventa assessore è la prima volta che capita in Italia. A Torino, con Rosanna Purchia

Il caso di Rosanna Purchia che dal Teatro Regio approda in Comune a Torino come Assessora alla cultura, non ha precedenti, salvo uno. 

 Chi pensa ad un caso recente di questi anni, quello di Francesco Giambrone a Palermo, come un simile antecedete sbaglia di grosso. Perchè Giambrone, laureato in medicina, nella sua vita, per decisione di Orlando e per sua grande aspirazione ha fatto più volte la spola fra Comune e Teatro Massimo, nel suo caso non si può dire quale dei due incarichi venga prima dell'altro, anzi nel caso di Giambrone, Orlando lo premia per l'aiuto alla sua elezione e lo nomina Assessore - non dimentichiamo comunque che al Comune di Palermo, anche attualmente, suo fratello Fabio, politico di professione, è vicesindaco - e poi lui, non andandogli bene nessun sovrintendente, anche quando a detta di tutti aveva ben amministrato, come nel caso di Cognata, mette le mani sul Teatro Massimo, per nomina sempre di Orlando. Dunque il caso di Giambrone è un caso a sé.

 Invece l'unico antecedente che si può prendere in considerazione in Italia di Sovrintendente passato in Comune, addirittura a fare il Sindaco, è quello di Massimo Bongianckino, a Firenze. e , nel suo caso, addirittura l'incarico precedente alla sua elezione a sindaco era  stato quello all'Opéra di Parigi. Prima Bogianckino aveva fatto il giro di parecchie istituzioni musicali dal Teatro del Maggio Fiorentino all'Opera di Roma alla Filarmonica romana.

 E parallelamente aveva  anche insegnato in Conservatori e università italiani, Storia della musica, per 'colpa' di un libriccino su Domenico Scarlatti (argomento della sua tesi di laurea alla Sapienza), solo quello, che per i concorsi, che si sa come vanno in Italia, fu ritenuto sufficiente per fargli occupare cattedre che forse altrove non avrebbe meritato. Aveva insegnato  anche pianoforte, perchè in Pianoforte si era diplomato.

Gli Assessori alla Cultura faranno la stessa 'brutta' fine dei Direttori Artistici delle Fondazioni lirico-sinfoniche?

 Che gli assessori alla cultura della grandi città possano  in breve tempo estinguersi non è timore infondato. E non perchè tali assessorati nelle gradi città vengono per lo più affidati a gente che non ha le carte in regola e nessuna esperienza pregressa - a Roma l'ultima assessora, dopo l'uscita dalla giunta di Luca Bergamo, è stata una compagna di liceo della sindaca Raggi esperta di 'burlesque '- e neanche perchè  assessorati  ritenuti praticamente 'senza portafoglio'. Tutt'altro.

 Lo stesso discorso, almeno fino a non molto tempo fa, si faceva per il Ministro dei 'Beni e delle Attività culturali', sempre l'ultimo ad essere nominato tanta poca era la considerazione in cui i governi tenevano quel dicastero. Fino a Franceschini,  il quale un pò per darsi importanza e un pò perchè ha capito che si trattava di un ministero prezioso che in Italia era addirittura preziosissimo, lo ha definito il Ministero di più grande peso nel nostro Paese.

 Sembra scomparire l'Assessorato alla cultura, ricalcando quanto sta avvenendo nelle Fondazioni Lirico-sinfoniche, dove il sovrintendente azzera l'alter ego rappresentato dal direttore artistico  e assume per sè anche quella carica, popolando anzi affollando poi la cosiddetta 'segreteria artistica', senza la quale sbaglierebbe anche le attribuzioni di opere - come fa nel Padrino Parte III, Al Pacino che attribuisce Cavalleria Rusticana a Puccini. 

 In effetti un tempo quella diarchia ai vertici delle istituzioni serviva solo per consentire  l'esercizio del potere alle due forze in campo: governo e opposizione, tramutando per questa ragione le Istituzioni musicali in un campo di battaglia. Ora al vertice c'è uno solo che comanda, il Sovrintendente, il quale, se vuole, nomina un direttore artistico, altrimenti  anche tale carica la tiene per sè. Non rendendosi conto del danno che procura, perchè sovrintendenza e direzione artistica sono attività distinte, anche se parallele, è l'assenza di una delle due, reca danno all'altra. E non è vero che fa risparmiare lo stipendio del direttore artistico assente.

Fatto salvo il caso di Milano il cui sindaco Sala riconfermato, chiama addirittura dal Comune di Firenze Tommaso Sacchi che era assessore della Giunta Nardella, in sostituzione di Filippo del Corno che dopo due mandati da assessore alla cultura ha preferito tornare a fare, soi disant, il compositore e l'insegnante, mentre invece è stato chiamato a Roma da Enrico Letta a fare il 'responsabile della cultura del partito' ( per intenderci, avrebbe preso il posto che fu di Luigi Pestalozza nel PCI, il quale, spesso,  si comportò come Khrennikov nel PCUS), in molti altri comuni si ha l'impressione che i nuovi sindaci vogliano tenere per sè la delega alla cultura, ben sapendo quanto questa influisca sull'immagine del governo cittadino dentro e fuori il Comune.

 Lo ha fatto lo stesso Nardella, dopo l'uscita di Sacchi, sembra lo voglia fare Lepore a Bologna,  a Roma si parla di assessori ma non di quello dalla cultura (che a Roma con l'avvento di Raggi  ha cambiato nome in 'assessorato alla crescita culturale' e che noi, ironicamente, abbiamo cambiato in 'ricrescita culturale', come fossero capelli che, si sa una volta caduti non ricrescono più); a Torino la  era novità, unica in questo panorama: il sindaco nomina asessora Rosanna Purchia che ha appena terminato il suo mandato di commissaria al Teatro Regio; e a Napoli il nuovo sindaco Manfredi, sembra non voler turbare i sogni di grandezza del Governatore De Luca (fa testo  quella montagna di soldi che spende per l'Estate da re', spettacoli alla Reggia di Caserta, dove forse in un prossimo futuro intende insediarsi, assumendola come residenza .

Nella migliore delle ipotesi - che è poi la peggiore - quell'assessorato finirà nelle mani di qualche amico o conoscente che vanta un dilettantismo  culturale, come nel caso della giunta Raggi.

 Eppure quell'assessorato nella mani giuste può rivoltare 'come un pedalino' una  città. Accadde  a  Roma con Renato Nicolini e dopo,  ma mai come allora, con Borgna.

lunedì 25 ottobre 2021

Dopo Alessandro Barbero, altri hanno perso l'occasione di tacere: Matteo Salvini e Simone LIbralon, musicista

 L'invito 'sapienziale' delle Scritture ad essere 'promptus ad audiendum, tardus ad loquendum' è stato tante volte disatteso da quanti hanno perso l'occasione di tacere quando avrebbero fatto meglio a farlo, tirandosi addosso, non senza ragione, le critiche del mondo intero, piccolo o grande che sia.

 Dopo il prof. Barbero, studioso esimio, che ha consigliato alle donne che vogliono far carriera di trasformarsi in maschi infrequentabili, e cioè spavalde, sicure di sé, aggressive, ha colto la palla al balzo anche il noto 'cazzaro verde', alias Matteo Salvini, che all'uscita dall'udienza della magistratura siciliana per le sue politiche contro i migranti al tempo della permanenza al Viminale, ha dichiarato: 'ciò che maggiormente mi addolora di questi anni  in cui ho avuto chiamate giudiziarie,  è di aver tolto tempo ai miei figli', senza rendersi conto che in tribunale, le volte che ci è andato, ha passato forse neanche ventiquattrore della sua vita, mentre ai figli, ambedue, figli di madri diverse, ha tolto tutto il tempo che ha convissuto con il capo della bestia, Morisi, e quello ancora più lungo passato in tv, quasi giornalmente. Se avesse avuto davvero a cuore i suoi figli con loro avrebbe potuto passare tanto di quel tempo con il vantaggio ulteriore di dire meno cazzate.

 E, siccome non c'è mai due senza tre, ai nostri  due campioni s'è accodato anche un musicista, violista per la precisione dell'Orchestra Verdi di Milano, che di nome fa Simone e di cognome Libralon, anni 33.

 Il nostro violista ne ha pensata una che  solo a raccontarla fa venire i brividi per la sua idiozia. Noi l'abbiamo appresa  dal Corriere, a firma Cappelli - 'Riduco le Suites di Bach e sfido le convenzioni', il titolo dell'articolo - che  non si capisce perché gli abbia dato spazio -  forse semplicemente perchè ha perso anche lui la testa. O come si direbbe a Roma: l'ha fatta fuori dal vasetto - espressione letteraria usata perfino da Gramellini a proposito dell'uscita di Barbero, sullo stesso giornale di Cappelli.

Libralon ha pubblicato per l'etichetta  Brilliant - protagonista di tante imprese non tutte di grande qualità e con prevalenti intenti commerciali - le Sei Suites per violoncello di Bach, in una versione per viola da lui stesso approntata con una inattesa novità. Che ha fatto? Ha eliminato tutti i 'ritornelli' segnati da Bach.

 Bisogna adeguarsi ai tempi, ha detto l'acuto musicista; i tempi di Bach non sono quelli di oggi, occorre modernizzarsi,  ridurre le durate è necessario. Non abbiamo tempo da perdere - sembra volerci dire. Ha ragione, non abbiamo tempo da perdere con lui, per le sue panzane.

Si pensi soltanto a quel che accadrebbe se uno studioso di letteratura, per la stessa ragione del geniale Libralon, curasse una edizione di un grade romanzo, espungendone molti passaggi per rendere la lettura meno impegnativa  per il fattore tempo. Gli metterebbero la camicia di forza e lo manderebbero in un manicomio. Libralon, invece, resta in libertà, in attesa di completare il suo ingiustificato disegno di interprete. 

 

Pianisti e regimi. Il caso Yundi Li, a Pechino, inquieta

 Anche di pianisti notissimi, vere star internazionali, la vita in Cina non scorre tranquilla. Se è vero che, appena possono, nonostante il legame che li lega alla madrepatria, fuggono all'estero e vi si stabiliscono. E' acaduito  alla più nota ed nche sbarazzina Yuja Wang che vive in America, come anche a Lang Lang che dopo aver spostato a Versailles una musicista coreana, vive fra Pechino e New York.

  A Lang qualche anno fa, nel corso di una intervista a Roma, chiedemmo perché mai non reagisse al regime cinese. La sua risposta fu il silenzio! Paura e convenienza, visto che viveva fra New York e Pechino?

 Adesso dai guai di un regime disumano ed ipocrita  è statoinvestito una altro pianista cinese, che vie a Pechino, nonostante la sua fama sia mondiale, e cioè Yundi Li (o Li Yundi) 39enne, vincitore a soli diciotto del Concorso Chopin di Varsavia nel 2000, quando aveva 18 anni appena.

 E' accaduto a Yundi Li - o Li Yundi, ma qual è il cognome e il nome? - che venisse spiato da abitanti di un quartiere della Capitale pare molto votati a salvaguardare la moralità dei cittadini, non importa se famosi o gente comune, e da essi denunciato per 'uso' della prostituzione, non sfruttamento: no faceva mica il protettore di prostitute?

 Il pianista si incontrava, con regolarità, in un appartamento di quel quartiere con qualche prostituta- sempre la stessa? - che poi pagava alla fine dell'incontro con una carta di credito - sempre la stessa ! - ma non è stato reso noto se la tariffa era pure sempre la stessa o se cambiava a seconda delle prestazioni richieste, sulle quali ultime, per ipocrito finto pudore, i media cinesi non si sono espressi.

 Nei regimi, e quello cinese  che è fra i più duri non fa certo eccezione, alla moralità si finge pubblicamente di tenere molto, salvo poi a calpestarla in privato.

 Nel caso di Yundi Li - o Li Yundi - si dice che la prostituzione  non era il vero problema, ma che quella è stata la trappola tesa alla nota star per addomesticarla per i suoi eccessi.

 Riteniamo che la vita e le abitudini sessuali dei singoli siano esclusivamente affar loro, compresa l' abitudine a usufruire  di prestazioni a pagamento da prostitute professioniste od occasionali, se avvengono fra le mura domestiche, col consenso della prostituta maggiorenne, e senza che, per qualche verso, rechino scandalo a qualcuno. Ma allora perchè ci si è accaniti con il noto pianista, se non ha  recato danno a nessuno e che pur se avrebbe potuto lasciare la Cina illiberale ( ma non per la questione della prostituzione) è rimasto  viverci?

 Infine, in Cina la pratica della prostituzione - da parte del cliente e di chi la esercita - è reato ma non penale, solo amministrativo: paghi quattro soldi, magari ti portano in prigione per infliggerti una lezione pubblica, e tutto finisce lì. Per Yundi Li - o Li Yundi - il regime ha voluto usare il pugno duro: punire severamente uno per  ammonirne mille!


domenica 24 ottobre 2021

Gruberova, Haitink, Zimmermann se ne sono tutti andati nel giro di una settimana. Discriminazioni giornalistiche

  Dobbiamao dirlo. Dopo la notizia della morte della 'più grande cantante del secolo' passato - la definizione testuale è di Fedele D'Amico - e cioè di Edita Gruberova, morta a 74 anni, sembra per un  banalissimo incidente domestico ( sarebbe, secondo alcune indiscrezioni, caduta nella piscina vuota della sua residenza svizzera), liquidata con poche righe da quasi tutti i giornali, per la ragione che si trattava di una cantante 'slovacca' che 'da noi ha cantato poco'  - e quindi poco ci interessava anche la notizia della sua morte, abbiamo temuto che analogo trattamento venisse riservato ad un noto direttore spentosi a 92 anni, Bernard Haitink, liquidato con la medesima logica:  era un direttore 'olandese' che 'da noi - esattamente come la Gruberova - ha diretto poco'. E invece no. Il 'cantore' della critica musicale del Corriere gli ha riservato un pindarico, poeticissimo necrologio.

Dunque un direttore straniero che da noi ha diretto poco - esattamente come la Gruberova che era straniera e che ha cantato poco in Italia - nerita diverso trattamento? Perché è uomo - la polemica uomo/donna in queste settimane si è acuita dopo l'uscita del prof. Barbero  - o perché è un direttore d'orchestra, e un direttore conta più di un cantante uomo o donna che sia?

 Non abbiamo la risposta, nonostante che la domanda è tronata a porsi quando abbiamo appreso la notizia, attraverso il solito trafiletto - e non su tutti i giornali - della morte di un compositore straniero (tedesco) fra i più importanti, e che ha avuto anche responsabilità gestionali a Berlino e Lipsia, Udo Zimmermann, che aveva 78 anni ed era da tempo malato - che sono poi le uniche notizie che abbiamo avuto dai giornali, salvo l'annotazione che una sua opera degli anni Sessanta, rivista da cima a fondo negli anni Ottanta, è stata rappresentata moltissime volte in ogni parte del mondo (Die Weiße Rose, La rosa bianca, opera da camera per due cantanti e 15 strumenti, ispirata alle lettere dei fratelli Sophie e Hans Scholl).

Dunque nella graduatoria  dei giornali, prima vengono i direttori d'orchestra, e poi forse tutti gli altri: cantanti, compositori. Degli strumentisti non possiamo dire, dobbiamo disgraziatamente attendere, il più tardi possibile, qualche passaggio a miglior vita di qualcuno di essi.

Non non ce l'abbiamo  con Frizzi o la Carrà, la cui scomparsa ha riempito per giorni anzi settimane giornali e tv; e ciò per cui saranno ricordati sarà il loro palcoscenico: la tv. E nient'altro, oltre che per essere brave persone.  Però non poteva esserci nel loro caso una maggiore discrezione, giacchè nel caso di  quei grandi musicisti è stata  così eccessiva da passare quasi sotto silenzio la loro scomparsa?

Mandatele le vostre good vibes per una guarigione veloce - chiede la Ferragni ai suoi seguaci social

 Siamo dovuti ricorrere  al dizionario per capire cosa la influencer Ferragni chiedesse ai suoi  seguaci social di inviare, ma  non a Lei bensì a sua figlia, piccolissima,  che aveva un problema di salute.

Inviatele 'buone vibrazioni'. Anche la malattia, fatto drammatico per una madre quando ad essere colpito è un suo figlio, non ha fatto fermare la nota influencer - una influencer è sempre una influencer? -  che ha postato una foto sua al capezzale della figlia ricoverata in ospedale, perché si era beccata una una forma influenzale, che le aveva tramesso  il suo fratellino, più grande di lei, ed ormai guarito.

 E' evidente che la Ferragni si è comportata come ogni mamma;   e giusta l'apprensione per la salute di sua figlia, è stata con Lei in ospedale senza lasciarla neppure un attimo.

La foto che la ritrae mamma amorosa al capezzale di sua figlia in ospedale, l' ha tolta quando si è resa conto - o le hanno fatto rendere conto gli stessi suoi seguaci - che non era il caso, lasciando solo il messaggio del quale l' espressione: 'mandatele buone vibrazioni' rappresenta una estrema sintesi,

 La domanda - che sorge spontanea - è questa: c'era proprio bisogno di mettere quella foto di Lei con sua figlia in ospedale? non sarebbe stato meglio tenere per sè quella immensa sofferenza ed augurarsi che sua figlia guarisca presto? salvo poi dare l'annuncio della avvenuta guarigione che tutti ci auguriamo?

La spettacolarizzazione della malattia di una innocente in nome della legge 'social' è immorale. E la Ferragni, almeno di fronte a questo, avrebbe dovuto per un attimo smettere i panni dell' influencer, restando invece solo  con quelli di mamma.

Amici o buoni Conoscenti. Che male avremmo fatto a ritrovarceli poi quasi avversari?

Negli ultimi tempi, colpa certamente della vecchiaia, ci siamo spesso lasciati andare a confessare amarezze,  a segnalare storture a denunciare schifezze. Non vogliamo con ciò dire che ci siano mancate anche occasioni per  tirare qualche sospiro di sollievo, e lo abbiamo tirato senza risparmio, ma certo le occasioni opposte sono state di gran lunga più numerose. 

Dobbiamo anche confessare, in premessa, che alcuni personaggi ci stanno veramente antipatici, non li sopportiamo al punto da non attenerci alla  regola che tacere è meglio che parlare; ben sapendo che quel parlare potrebbe recarci qualche ulteriore danno, del quale comunque non ci curiamo. Cosa possono farci? Siamo ormai, anche per età, impermeabili e corazzati.

Certo, però, che  a Roma, prima con Fuortes, adesso forse con Giambrone, all'Opera; e a Santa Cecilia, con dall'Ongaro, dobbiamo avere sempre a che fare con persone incontrate sulla nostra strada,  alle quali niente abbiamo fatto che non si siano meritate, e che la prima critica mossa al loro operato, l'hanno presa come atto di 'lesa maestà', per cui da quel momento in avanti, ostilità se non guerra aperta.  

 Questa storia  che è troppo personale, perché possa interessare oltre noi, diretti interessati,  ad altre due o tre persone - forse! - ci fa riflettere su un fatto di carattere generale che investe diversi settori della vita sociale. E cioè sui rapporti fra potere e stampa, che tutti definiscono 'guardia del potere' e poi accettano nella variante 'serva del potere', quasi fosse la cosa più normale.

Il nostro caso attesta proprio questo,  e ogni volta che leggiamo i giornali,  cioè ogni giorno,  ci interroghiamo su quel che è scritto e su quel che si sarebbe dovuto scrivere se...

 Un esempio, tanto per chiarire. Il giornalista che sostiene un direttore artistico, o chiunque altro del mondo musicale che sente la sua poltrona traballare, perchè magari il nuovo sovrintendente lo licenzierà, forse non riceverà molto in cambio, però si assicura di avere notizie in anteprima, o di essere l'intervistatore principe di tutte le star che approdano in quel teatro.  Con lui non userà mai il pugno duro, neanche quando se lo merita. E questo nel giornalismo di oggi è pratica frequente ma immorale.

 Si dirà che non è così grave tale scambio. Vero, però di quello scambio ci si accorge drammaticamente quando, dopo un gesto ritenuto uno sgarbo, le soffiate o le interviste esclusive (quasi) finiscono, e, qualche volta, si diventa meno tolleranti. Il caso di Paolo Isotta con Muti  ci deve aver insegnato qualcosa. Prima Muti era 'il maestro'; poi è bastato un gesto interpretato dal critico come uno sgarbo, per fargli guerra, mettendo in piazza anche cose che forse non erano vere, e che se lo fossero, ancora più grave sarebbe stato negli anni il suo silenzio.

 E' così che la riflessione si spinge al dopo: che farà,  una volta ricomposto il dissidio, il nostro giornalista, per non incorrere di nuovo nella censura?

 Esattamente quello che faceva prima. Mettersi, cioè, al servizio di chi comanda. Che è poi  il succo di ciò che intendevamo dire al principio.

 Il recente Nobel 'per la pace' attribuito quest'anno a due giornalisti che hanno sfidato il potere e mai si sono piegati ad esso,  insegna che il problema esiste ed è anche drammatico.

Giambrone sarebbe sponsorizzato da Fuortes, per succedergli all'Opera di Roma - secondo 'Leggo' ( di Totò Rizzo)

 Per il momento sono soltanto rumors che però potrebbero presto trasformarsi in notizia: Francesco Giambrone, attuale sovrintendente del Teatro Massimo di Palermo, sarebbe candidato alla guida dell’Opera di Roma. Il suo è l’unico nome finora accreditato per dirigere la Fondazione lirica della Capitale, secondo indiscrezioni raccolte dall’edizione romana del “Corriere della Sera”.

 

Dalla palermitana piazza Verdi, dove troneggia il Massimo (terza sala più grande d’Europa tra quelle d’opera) al bianco colonnato marmoreo di piazza Beniamino Gigli, sede del vecchio Costanzi.

 

Nel giro di “consultazioni” che il neo-sindaco Roberto Gualtieri sta effettuando c’è, per l’appunto, anche quella che riguarda la sovrintendenza dell’Opera, rimasta vacante dopo che Carlo Fuortes è stato nominato amministratore delegato della Rai. Ed è proprio con Fuortes (che ha rilanciato il vecchio Costanzi sia dal punto di vista economico che da quello dell’immagine) che Gualtieri dovrebbe avere un incontro nei prossimi giorni. Una chiacchierata orientativa per capire dall’ex sovrintendente quale figura potrebbe essere destinata a succedergli.

 



A

Giambrone sembra il più papabile. Con Fuortes si sono trovati insieme in varie battaglie portate avanti dall’Anfols (l’Associazione italiana Fondazioni lirico-sinfoniche di cui Giambrone è presidente e che riunisce i dodici teatri d’opera italiani costituiti per l’appunto in Fondazione) tra cui l’ultima, quella per tenere in vita, nonostante la chiusura delle sale a causa dell’emergenza sanitaria per il Covid, l’attività artistica e produttiva attraverso forme di fruizione alternative, a cominciare dagli spettacoli proposti in streaming o in televisione. Insomma, tra i due non soltanto un’amicizia personale fondata sulla stima ma anche una comune veduta di intenti. Potrebbe essere proprio quello di Giambrone, dunque, il nome che Fuortes, dalla sua poltrona di viale Mazzini, suggerirebbe a Gualtieri (ogni primo cittadino è, fra l’altro, per legge, anche il presidente del teatro lirico della propria città).

 

Giambrone, palermitano, 64 anni, medico cardiologo che ha riposto nel cassetto quasi quarant’anni fa laurea e specializzazione per dedicarsi al mondo della cultura, è stato assessore al ramo nelle amministrazioni comunali di Palermo guidate da Leoluca Orlando. Critico di danza per quotidiani e riviste, docente universitario di management teatrale, componente di consigli d’amministrazione e direttivi artistici di associazioni concertistiche, Giambrone ha ricoperto due volte la carica di sovrintendente del Massimo palermitano ed è stato anche alla guida del Maggio Musicale Fiorentino. Al teatro d’opera della sua città ha restituito forza a livello di operatività e di immagine internazionale grazie anche ad amicizie illustri da Abbado a Muti, da Mehta alla Bausch, da Martone a Graham Vick. Ha nominato, dopo anni di vacatio, un direttore musicale, potenziato il ruolo dell’orchestra e, per antica passione di studioso, l’attività del Corpo di Ballo. Un curriculum di tutto rispetto che va al di là dello stretto legame con Leoluca Orlando (il fratello di Giambrone, Fabio, ex senatore, cresciuto sotto l’ala politica del sindaco della “Primavera di Palermo”, è attualmente vicesindaco della città). Tanto che, in una recente intervista, nella prospettiva delle future elezioni amministrative del 2022 nel capoluogo siciliano (alle quali Orlando non si potrà più candidare per esaurimento dei mandati), il sovrintendente del Massimo ha dichiarato che «se con il nuovo primo cittadino ci fosse comunanza di visione non avrei problemi ad andare avanti». ( Capito? ndr)

 

Una «comunanza di visione» che Giambrone (che tiene la bocca cucita anche perché giovedì presenterà in conferenza stampa la stagione 2022 del Teatro Massimo) potrebbe trovare prima con Roberto Gualtieri, lasciando l’Aquila panormita per abbracciare la Lupa capitolina.