L’archivio
di Nino Rota (1911-1979), presso la Fondazione Cini di Venezia, è
stato catalogato per l’editore Olschki ( Catalogo critico. Pagg.
103. Euro 15,00) dal suo curatore e custode , oltre che parente del
musicista, Francesco Lombardi che, di recente, lo ha lasciato in
altre mani, più esperte e competenti, ed anche più musicali.
Annunciato come ‘primo’, e ‘critico’ delle composizioni di
Rota, tocca i settori della musica sinfonica, da camera e per il
teatro - lasciando quindi volontariamente fuori la musica da film,
per la quale Rota è soprattutto noto a tutti, facendo torto al Rota
non cinematografico, che resta musicista di grande valore. In questo
catalogo mancano le opere incompiute – la gran parte delle quali
appartengono all’età ‘infantile’ di Rota, e le trascrizioni
che rappresentavano il pane quotidiano per gli studenti di
composizione di Rosario Scalero, in America. Sono inclusi , invece,
quelle opere andate smarrite ma di cui si ha traccia certa di almeno
una esecuzione.
Nei
poco più di cento numeri d’opera, ordinati per genere all’inizio
del catalogo e poi nel corso del medesimo, in ordine progressivo,
non trova soluzione un enigma che proprio nelle passate settimane
s’è presentato a proposito di una sua celebre opera: Mysterium
Catholicum, poi solo Mysterium. Intitolato sulla partitura originale
‘oratorio per voci solisti, coro e orchestra’ e , nel catalogo,
con il sottotitolo di ‘Cantata’ per quattro voci soliste coro e
orchestra, va considerato oratorio o cantata? Forse il curatore
del catalogo avrebbe dovuto accennare se non adidirittura dirimere
la questione. Ed invece non l’ha fatto. Come non s’è curato, in
almeno altri tre casi, che noi conosciamo direttamente, riguardanti
tre composizioni sacre di Rota ( Unum panem frangimus da Mysterium,
trascrizione per coro a voci pari e organo; Inno del Seminario
pontificio della Quercia( Viterbo); Tu es Petrus, mottetto per coro a voci pari
e organo) di andare alla radice del problema della loro destinazione.
A proposito della quale, nelle note - chiarificatrici?- del
catalogo, si cita espressamente il committente - che era in tutti i casi chi scrive - ma si sbaglia su
parecchie altre cose. Chi redige un catalogo, e conosce il
committente ( del quale c’è lettera manoscritta fra la
corrispondenza di Rota, consultabile nell’archivio veneziano), è
tenuto ad interpellarlo per non incorrere in inesattezze, come è
incorso il Lombardi. Naturalmente vogliamo pensare che le inesattezze
siano circoscritte a quelle pochissime che noi abbiamo individuato e
che per tutto il resto del catalogo - dal n.1 ( Il mago doppio,
suite per pianoforte a quattro mani) inedito del 1920, quando Rota
era proprio un bambino, al n. 187 ( Canzoni Dodicesima notte) del
1979 - ciò che si legge sia vangelo
P.s. Una intervista uscita oggi su Repubblica, scioglie il mistero della paternità di Rota che, come s'è saputo solo dopo la sua morte, aveva una figlia che solo oggi porta anche il cognome Rota e che, dopo la nascita era stata affidata ad un istituto e poi adottata. Alla ragazza , assicurò Suso Cecchi D'Amico, forse l'unica a dividere con Rota il segreto della paternità, Rota ha sempre provveduto. Sulla madre della signora s'erano fatte parecchie ipotesi, ora il lontano cugino del maestro, Lombardi, rivela che la madre della figlia di Rota era una pianista italiana che si era stabilita a Londra, il suo nome era Magda Longardi.
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