venerdì 30 settembre 2016

Come siamo caduti in basso. 'IL VOLO' in piazza Duomo a Milano, organizzato da Torpedine. E l'assessore Del Corno esulta?

Poveri noi. Tre ragazzi che non sono tre tenori, che non canterebbero più che qualche canzone, che non vogliono imitare i fratelli maggiori, i 'Tre tenori' - da non imitare per le loro smargiassate, e comunque impossibili da imitare dai ragazzetti, perché quelli erano un tempo cantanti d'opera, anzi tenori - ma che hanno ricevuto gli elogi di due di loro, il terzo non c'è più; di Carreras - il tenore che non  può cantare più e nonostante ciò si ostina a farlo per la vergogna sua e del canto - ed anche di Placido Domingo, obbligato dalla casa discografica che vuol vendere a tutti i costi e  che ha dato la sua benedizione all'impressa discografica, e solo discografica, di nessun valore, oltre quello commerciale,  da sfruttare fino a quando durerà, (pronunciato Placido con  la 'c' dal conduttore della 'Vita in diretta', Liorni, l'unico in Italia a non conoscere la corretta pronuncia, che attiva un collegamento con la celebre piazza Duomo milanese profanata dai quattro ragazzetti, comprendendovi  anche l'ex tenore ora baritono Placido, con la 'c'  sempre secondo la lezione di Liorni). Provengono dell'anonima provincia italiana, ma in un paese di ignoranti fanno la figura di giganti mentre in tutto il resto del mondo appaiono come abitanti di Lilliput.
Se solo si pensa alla grande civiltà italiana, viene lo sconforto.

Mai e in nessun luogo la storia s'è fatta o si può fare con i 'SE'. Ma a Roma si può cominciare

I 'SE' o i 'Però '- questi ultimi di veltroniana memoria - non hanno nè potrebbero mai fare la storia che si basa su accadimenti e mai su ipotesi, specie dopo che i fatti sono già accaduti. Pure l'americano Veltroni, che  voleva in ogni caso salvare 'capra e cavoli', doveva arrendersi ogni volta di fronte a all'evidenza della storia che, a seconda delle circostanze, salvava ora la capra ed ora i cavoli, mai ambedue insieme, per la medesima circostanza. E perciò s'è dato di recente al cinema dove la realtà uno può farsela come vuole - scusate questa digressione veltroniana, in memoriam.
 Da qualche settimana, però, risulta sempre più possibile che  si possa cominciare a ragionare ed a pensare il futuro prossimo, sdoganando il 'SE'.

La sindaca  Raggi è sempre più nel pallone, e non per chissà quale complotto, come va trombonando ogni giorno il povero Di Maio, in minoranza per decreto di Grillo, bensì per fatti concreti, alcuni dei quali andiamo ad elencare.
Non riesce a trovare un assessore al bilancio fra i tanti candidati, uno che accetti di assumersi l'incarico; al suo capo di gabinetto ha perfino smesso di pensare, dopo che la precedente s'è sfilata perchè - ha dichiarato - non c'erano le condizioni per lavorare. Notizia di queste ultime ore è l'uscita di scena del ragioniere generale del Comune (senza assessore al bilancio e senza il controllore dei conti, dove andrà a sbattere la povera sindaca? Anzi dove porterà a sbattere il già disastrato e dissestato Campidoglio?).

E poi c'è anche l'affaire Muraro, assessore alla zozzeria, l'unica in grado di mettere a posto le cose riguardanti i rifiuti, perchè la 'monnezza' la conosce dal di dentro e profondamente, come ha giustificato la sua nomina sia Raggi che Grillo, ed ha, indirettamente, confermato la Procura di Roma che ora la indaga, nell'ambito del processo 'Mafia Capitale', e che forse, anzi senza forse, quasi sicuramente dovrà dimettersi.
 Sorvoliamo sulla denuncia dei dirigenti del Campidoglio che hanno scritto una  lettera di protesta dichiarandosi impossibilitati a mandare a avanti anche la normale amministrazione, perché le caselle di comando sono vuote e dunque  non ricevono direttive né sanno a chi rivolgersi.

E la Raggi, povera ragazza, si mette a discutere sulle quote di genere, per intorbidire le acque onde non si veda il fondo melmoso dell'amministrazione pentastellata  di Roma che lei ha preteso di poter gestire.

Ciliegina sulla torta, il no alle Olimpiadi del 2024 - fra otto anni, per le quali si è subito candidata Parigi che propone un piano non costoso con grandi vantaggi per la sua città, gli stessi vantaggi ai quali la Raggi non intende rinunciare e perciò chiede aiuti al Governo, il quale senza riuscirci ha tentato in tutti i modi di farla ragionare proprio sulle Olimpiadi, come opportunità - che ieri ha ricevuto l'ok dalla sala consigliare.
 E se la Raggi, vittima di se stessa, del suo 'movimento' e della sua incapacità, DOVESSE DIMETTERSI?

giovedì 29 settembre 2016

ROMA in rovina. Anche i due sovrintendenti, Parisi Presicce e Prosperetti denunciano e sono essi stessi allo sbando

L'appello denuncia di Prosperetti, sovrintendente di qualche cosa a Roma, non importa più quale, ha lanciato ieri un appello. Se non si affidano i singoli monumenti o beni storico/artistici da tutelare a singoli cittadini o istituzioni è finita. Lo Stato non ha soldi per  tutelare, restaurare, proteggere l'immenso patrimonio che ci è  stato regalato della storia, senza alcun merito nostro, con l'unico  incarico di conservarlo per tramandarlo a nostra volta alle generazioni future. E noi non siamo capaci neanche di questo. Lo Stato spendaccione, lo Stato delle 'incompiute' pubbliche messe in cantiere per favorire questo o quella amministrazione, questo o quel potente di turno, non ha i soldi per custodire i nostri beni  culturali. E non ha neppure i soldi per custodire, vigilandolo, un bene storico/architettonico di recente restaurato e restituito ai cittadini, la Scalinata di Trinità dei Monti. Per la quale un altro sovrintendente di Roma, non sappiamo a cosa,  Parisi Presicce ( noto alle cronache per aver ingabbiato le statue del Campidoglio durante la visita del premier iraniano e per aver attribuito il restauro della Scalinata a Fendi piuttosto che a Bulgari, per ben due volte e in pubblico - evidentemente non ci sta con la testa) ha lanciato il grido di allarme: finora abbiamo avuto due vigili in più per turno per la vigilanza alla restaurata Scalinata di Trinità dei Monti, solo perché avevamo  turni straodinari da smaltire. Quando questo smaltimento  di turni - che si esaurirà in poco tempo, a  differenza dello smaltimento dei rifiuti che è tuttora una criticità - la Scalinata sarà di nuovo 'incustodita', alla mercè di incivili e vandali, sempre in agguato. Che i quattro cartelli, poco visibili, posti due in basso e due in alto, non preserveranno la Scalinata dai suoi barbari frequentatori.
 E quando invece non ci sono problemi di soldi, come nel caso del Mausoleo di augusto, in scandaloso abbandono, per il cui restauro si è fatto avanti un donatore, TIM, con sei milioni di Euro, Parisi Presiscce in coppia con i disastrati burocrati del Campidoglio, rischia di annullare la donazione - come ha denunciato  Sergio Rizzo ieri dal Corriere della Sera- se i lavori non cominciano entro la fine di questo ottobre. Nè Franceschini, nè Renzi prendono posizione, mandando a casa questi inetti, tanto meno lo fa la Raggi sempre più nel pallone.

mercoledì 28 settembre 2016

L'ANFOLS al ministro Franceschini

 "Vogliamo essere interlocutori del percorso di riforma delle Fondazioni lirico sinfoniche, per questo abbiamo chiesto un incontro con il ministro Franceschini. Pensiamo che in questa fase vada coinvolta anche l'Anci, perchè i  Comuni avrebbero molto da dire".
Lo afferma all'Adnkronos Cristiano Chiarot, presidente dell'Anfols e sovrintendente del Teatro La Fenice di Venezia. L'associazione, che rappresenta le 14 fondazioni lirico sinfoniche, si è riunita ieri e ha chiesto un incontro con Franceschini sul futuro dei teatri lirici italiani, alla luce delle misure previste per il settore dal decreto Enti locali, convertito in legge e in vigore dallo scorso 21 agosto. "E' chiaro che la politica fa il proprio lavoro, ma noi dovremmo dare qualche indicazione. Anche perchè - sottolinea Chiarot - entro giugno prossimo dovranno essere messi a punto i regolamenti, previsti dalla legge, che stabiliranno i parametri entro i quali i teatri verranno mantenuti come fondazioni o trasformati in teatri lirici. Queste istituzioni, che custodiscono un patrimonio culturale che rappresenta l'Italia nel mondo, oggi vengono gestite con forte oculatezza e una certa attenzione al territorio. Vorremmo dimostrare che siamo in grado di amministrarle". Quanto all'Art Bonus, di cui hanno beneficiato 13 su 14 fondazioni liriche (tutte tranne Cagliari), "un provvedimento utile del quale ringraziamo il Governo, ma non uguale per tutti, perchè ci sono territori con istituzioni culturali che magari hanno una maggiore visibilità del teatro. E' una strada che stiamo percorrendo, ma non facile. Spesso ci sono mecenati che preferiscono altri tipi di donazioni. Per le fondazioni - conclude Chiarot - la defiscalizzazione dovrebbe essere portata all'anno in cui si versa", mentre in questa fase il credito di imposta ripartito in tre quote annuali di pari importo. (Orl/AdnKronos)

D'Alema s'è fatto un litro. Del suo vino?

La 7 quest'anno ogni sera cambia pelle. Da Lilly sono apparsi prima Renzi e Travaglio,  il secondo molto simile ad una serpe velenosa che non guarda mai in faccia l'avversario ma che è pronto a morderlo - anche se spesso senza iniettargli veleno velenoso, perchè non ne ha di efficace nella sacca in cui lo raccoglie - mentre l'altro le spara ogni giorno più grosse - il 'promessificio' di Renzi non ha limiti - benchè qualcosa a Travaglio gliela spieghi, nonostante che lui  faccia finta di non capire o non vuol proprio capire.
Nei giorni successivi, sempre Lilly, nel suo salottino soft, post Mentana,  ha ospitato due coppie salite ma sul ring 'parrocchiale', nonostante fingano di lottare. Una sera  Padellaro/Augias e l'altra Severgnini/ Scalfari .

Nella coppia Padellaro/ Augias chi tira pugni è Padellaro. Augias sembra uno che le ha prese di santa ragione ed ancora non si è ripreso,  mentre con buone maniere ammanta banalità ed ovvietà e risponde picche alle domande della Gruber che gli chiede di politica, e  che  lui dichiara  di non conoscere a  fondo.  Peché allora c'è andato sul ring? Per presentare il suo nuovo libro?

Nella seconda coppia, salita sul finto ring, Severgnini - che ha sempre l'aria di 'primo della classe'  cui non sfugge nulla in nessun campo, non proprio il massimo della simpatia nonostante i suoi forzi sovrumani per apparire 'piacione', e che invidiamo soprattutto perchè parla sempre inglese che noi non consociamo - e Scalfari che, oltre che per l'età e la lentezza conseguente, porta i segni  dei pugni che c'ha preso che l'hanno reso anche incontinente. Altrimenti quei fatterelli relativi al cimitero e soprattutto alla garconnière berlusconiani poteva risparmiarseli, richiesto semplicemente di fare gli auguri per gli ottant'anni a Berlusconi.
 Sul primo ring fra i due un accenno di lotta c'era, mentre si allenavano a mandare al tappeto in ambedue gli incontri Renzi ed il suo referendum; sul secondo era tutta una finta, anzi i due hanno fatto a gara, pur agendo sulla carta stampata (di appartenenza) su fronti diversi, a difendere sia Renzi che il referendum. Qualche pugno, innocuo, hanno fatto finta anche loro di tirarselo, ma niente di serio.

Dal salotto di Lilly alla piazza di Giovanni (Floris). Qui, come in piazza, si parla di tutto e così passa la serata, ci si ritrova dopo cena e si resta a cazzeggiare fino a notte inoltrata, quando i regolamenti comunali consigliano a tutti di andare a casa se non si vogliono prendere multe per schiamazzi.
 C'è anche Massimo D'Alema che dà veramente l'impressione di essersi scolato un bel litro di vino a cena, non sappiamo se del suo. Certo è che gli ha fatto male. Se Giovanni non  lo avesse più volte chiamato per nome, incalzandolo con le domande - come del resto hanno fatto poi anche altri due giornalisti invitati nella piazza - chiunque avrebbe potuto pensare che su quella poltrona non c'era D'Alema bensì Brunetta e in certi momenti Salvini o Grillo, e financo Travaglio.

Ma come può presentarsi in tv, con quale faccia intendiamo, uno che è del PD e sparare a zero su tutto e per tutto contro Renzi? Non gli sta bene la data del referendum - mancanza di rispetto per gli italiani che dovranno andare a votare in un periodo freddo, suvvia - la riduzione dei parlamentare, l'abolizione del Senato, il risparmio. Nulla, proprio nulla. Tanto che - ma non è la prima volta che gli si chiede - Giovanni gli chiede cosa gli abbia mai fatto Renzi per avercela così tanto con lui. Ha biascicato qualche parola per rispondere alla domanda delle domande, lasciando intendere che Renzi è per lui, per il Pd e per l'Italia tutta l'incarnazione del male assoluto.
 Alla prossima beva meno e cambi fornitore, perchè il vino che s'è scolato poteva essere avariato.
                      

martedì 27 settembre 2016

Anche Cantone denuncia la corruzione dell'Università italiana

In questi giorni in cui l'argomento 'corruzione all'Università' è stato denunciato anche da Cantone, è venuto alla luce una serie di fatti a riguardo.
 Innanzitutto che, nel bailamme esistente, i nostri migliori studenti, sono fra i migliori in assoluto fra quelli usciti dalle nostre, come da tutte le altre università. Tanto che, quando inviano il loro curriculum  alle università straniere, queste non perdono tempo, subito li convocano per accaparrarseli.
 Dunque delle nostre migliori risorse  umane nella ricerca  e nello studio  beneficiano sopratutto gli altri paesi, mentre non  avviene in egual misura il cammino inverso e cioè che in Italia vengano assunte le migliori menti straniere. Perchè in Italia alle menti, le migliori, non si presta la dovuta attenzione, non ritenendole preziose per il futuro del paese. Infatti la ricerca in Italia langue, è sempre senza fondi, e un brillante studente italiano, se non per ragioni strettamente familiari o perchè non sa stare senza spaghetti e pomodoro fatti dalla mamma, appena laureato vola all'estero, ove viene apprezzato a dovere e meglio pagato. E dove sa che, a parte gli spaghetti con il pomodoro, farà quasi certamente carriera in base alle sue capacità al suo impegno ed ai risultati delle sue ricerche.
 In Italia no.

Tutto questo era già noto e da tempo. Ma non riesce a smuovere le acque per nessuna ragione.
 Perchè, si chiede Cantone, aggiungendo come si dice il 'carico da dieci'  con l'ennesima sua  denuncia?
 Perchè in Italia nelle università, senza eccezione, sembra che non ve ne sia neppure una virtuosa, c'è corruzione. In che senso vien da chiedere?
 Perché i ricercatori giovani ma brillanti, se restano in Italia ed hanno l'occasione di essere inseriti nell'Università, sebbene cosa rara, sono pagati malamente e la carriera, per farla, devono attendere che ci siano stravolgimenti terraquei o ecatombi.

Perchè per arrivare all'Università ci sono concorsi, ma di concorsi regolari forse nessuno. Ogni volta che se ne bandisce uno si sa già, preventivamente, chi ne sarà il vincitore, anzi qualche volta il concorso viene bandito proprio per quel candidato. Perché tanto potere a chi bandisce il concorso? Perché  nelle Università italiane, senza eccezione - lo ripetiamo perché vorremmo che fosse chiaro - il familismno è di casa. E non potrebbe essere altrimenti, Se su oltre 60.000 docenti delle nostre università, il 10% circa, e cioè più o meno 6.000, hanno cognomi ricorrenti fra i docenti universitari. Che vuol dire che l'Università, una volta che un professore ha raggiunto il traguardo di insegnarvi, se acquisisce un certo potere ci porta dentro anche mogli, figli, amanti. Ecco dove l'ingranaggio del merito si blocca producendo tutto il male che conosciamo.

Anni fa, per curiosità personale, abbiamo spulciato - può farlo chiunque, tali atti si trovano in rete -  fra gli atti di una commissione preposta ad esaminare i titoli di candidati ad una cattedra, in ambito musicologico. I candidati erano tre o quattro, uno di questi era strettamente imparentato con un musicista noto e potente. E la commissione composta da professori tutti competenti, ma istruiti e addomesticati  per  far vincere magari  anche qualche altro, ma prima degli altri il candidato imparentato al noto musicista. Che è quel che accadde. Il presidente della Commissione fu, l'anno immediatamente seguente, premiato con una lauta ricompensa a seguito di conferenza. Lauta, anzi lautissima. Come per dire: grazie, non voglio avere più nulla a che fare con te, anche per evitare che qualcuno scopra l'imbroglio. Non non ci siamo mai nè visti nè parlati nè accordati.
 Abbiamo visto le carte e  lette le relazioni dei singoli commissari esaminatori. Alcune di dette relazioni sono imbarazzanti, perché costringono gli estensori ad arrampicarsi sugli specchi per dar peso a pubblicazioni ed attività che tanto peso, in diversa situazione, non avrebbero potuto meritare. A noi è venuto anche in testa il dubbio che qualche pubblicazione abbia avuto come autore effettivo il noto musicista, e pubblicato poi con il nome del congiunto.
 In seguito ci capitò di parlarne con un membro di quella famigerata commissione  ed alla nostra sottolineatura dell'evidente imbroglio, la risposta fu: c'era di peggio!
 Sì di peggio c'è sempre qualcosa o qualcuno, perchè il peggio - come dice la sapienza popolare - non è mai morto.

Vogliamo dire anche di tanti cosiddetti 'professori' chiamati ad insegnare dal rettore o dal professore amico, per chiara fama, quando invece andrebbero messi dietro le sbarre, piuttosto che dietro una  cattedra, perchè vanno ad insegnare materie riguardanti campi nei quali hanno fatto disastri. Uno di questi campi, alla moda, è quello della 'economia della cultura' che vede tanti cultori, molte volte inquisiti, proprio per questo loro mestiere. Che vanno ad insegnare allora? Come si può fottere anche nell'amministrare i pochi soldi che circolano nel mondo dell cultura?

Quante altre volte ci è capitato di leggere negli ordinamenti scolastici dei Conservatori, materie del tipo 'tecniche della comunicazione' affidate ad insegnanti che forse non hanno mai scritto una riga, anche perché non sarebbero stati in grado di scriverla. E ciò accade per gli ordinamenti dei corsi superiori post diploma, quelli di livello 'universitario' dei nostri Conservatori. Chiaro?

E poi ci sono gli infiniti casi di coloro che vanno ad insegnare all'Università solo perchè occupano un posto di responsabilità in campo amministrativo , ma nello steso distretto cui appartiene anche l'Università, dove magari sono arrivati secondo le modalità - vigenti anche fuori dalle Università - denunciate da Cantone. Perchè tutto il mondo è paese.

lunedì 26 settembre 2016

Scalinata di Trinità dei Monti. Addio integrità

Abbiamo scritto appena ieri della vigilanza, intensificata, sulla Scalinata di Trinità dei Monti, dopo il restauro; ci siamo però dimenticati di dire che nei primi due giorni di apertura i vigili solertissimi hanno elevato 900 Euro di multa, a vari soggetti beccati a infrangere le regole sul decoro della scalinata.
 Abbiamo, invece, felici, fatto notare come la vigilanza era stata intensificata con l'invio di un drappello di vigili: 12 , in sei turni, compreso quello notturno.
 Vero, ma fino a domenica.  La pacchia per la scalinata è durata appena tre giorni. Da oggi, lunedì, s'è tornati alla normalità.  I vigili sono 4, in due turni, ma solo per il servizio diurno.
 Già insufficienti, in attesa di nuove disposizioni, la scalinata di notte è affidata alle cure di  vandali ed alla protezione in loco di senza fissa dimora.
 Raggi, Bergamo, Parisi Presicce SVEGLIA!

A Firenze, quando c'era Renzi, erano molte le famiglie numerose, che ora gli tocca sistemare a Roma. E, perciò, non vuole il Fertility Day

La ragione per cui Renzi s'è scagliato apertamente contro la Lorenzin per la Campagna sulla fertilità, non riguardava tanto il manifesto - cosa volete che importi a Renzi  di un manifesto - quanto sugli effetti della fertilità che vuol dire famiglie numerose che, se appartenenti al ceto ricco e dominante non creano problemi di occupazione, ma se , invece, sono del ceto medio, anche intraprendente, al presidente del Consiglio, nonostante non sia più sindaco di Firenze, stanno creando molti problemi.
 Perchè quelle famiglie numerose, della generazione sua, nate con la benedizione della Chiesa e dei boy scout, per il giuramento di mutuo reciproco soccorso, fatto alla maniera in cui lo intendono massoni e organizzazioni mafiose - ma nè gli uni nè le altre c'entrano nel caso di Renzi, sia chiaro -  Renzi le ha prese in carico, assumendosene in prima persona l'onere ed il dovere di provvedere a tutte, in caso di bisogno, ma anche senza che ve ne sia bisogno. E dunque è il frutto dell'umana carità e solidarietà, tanto predicate da Bergoglio, che spinge Renzi ad interessarsi ai destini di alcune famiglie della sua città, delle quali anche a Firenze si è interessato, ed ora continua.
 Dopo il caso della plurititolata famiglia De Siervo, il cui capostipite,  già alla Consulta Renzi candidò anche alla Presidenza della repubblica e della Rai; e i cui rampolli: Luigi , Renzi ha sistemato alla Rai e poi, forse, alla guida della lega Calcio: e  Lucia, prima nella sua segreteria fiorentina e poi altrove, come anche il di lei marito Filippo Vannoni, alla guida della società che gestisce gli acquedotti  toscani, ed alla quale Nardella mai e poi mai si azzarderà a imputare l'ultimo disastro sul Lungarno; dopo la famiglia De Siervo - ormai tutta sistemata, salvo che non gli venga   voglia,  a loro volta, di fare figli, per effetto della campagna della Lorenzin, ed allora  il futuro capo del governo, renziano senz'ombra di dubbio per i prossimi cinquant'anni, dovrà provvedere - è tornata agli onori della cronaca un'altra famiglia di professionisti competentissimi, devota al premier che s'è dovuta trasferire a Roma - necessità fa virtù - per chiamata diretta e chiarissima fama. La famiglia Manzione. La quale è tornata agli onori della cronaca in questi giorni, non per Domenico che è e resta sottosegretario agli Interni, ma perchè sua sorella Antonella , ex capo dei vigli urbani, chiamata senza competenze specifiche a Roma a dirigere l'ufficio legislativo di palazzo Chigi, Renzi l'ha spostata al Consiglio di Stato - promoveatur ut amoveatur - tutti dicono per i danni fatti a Palazzo Chigi, non conoscendo il mestiere  di grandissima responsabilità cui il premier l'aveva chiamata. Se ne parla in questi giorni perchè l'ex vigilessa non 'ha l'età' per entrare nel Consiglio di Stato, ma Renzi non bada a queste sciocchezze e pur di togliersela dalle palle - si perdoni il linguaggio - l'ha mandata al Consiglio di Stato.
 Ma siccome non c'è due senza tre ecco che nella famiglia Manzione un'altra signora, che di nome fa Nicoletta - legata con vincoli parentali stretti alla precedente Antonella ( cugina di secondo grado), la vigilessa per intenderci -  nella recente infornata di nomine Rai, Campo Dall'Orto ha tolto da corrispondente in Germania- conosceva il tedesco, sarebbe il caso di indagare - e l'ha messa a dirigere 'Rai Parlamento'. Su di Lei, fonte Rai, circolano delle gag in rete davvero imbarazzanti.
 E, intanto, due famiglie sono sistemate. Ora un sistema ci sarebbe per non creare a Renzi ed ai suoi successori altri problemi della stessa natura. Basterebbe che quel nodo rosso che compare nel manifesto della campagna a favore della fertilità tanto contestato, invece che farlo col fazzoletto, i diretti interessati  lo facessero con altro, impedendo così loro di  procreare  creando altri problemi al premier e a tutta la sua successione.

Giornali e tv ci rimandano immagini della Scalinata di Trinità dei Monti in pericolo costante

Prosegue l'attenzione dei media sulla Scalinata di Trinità dei Monti, dopo l'accesa discussione sulla vigilanza di giorno e, per lo notte, della cancellata. Esclusa la cancellata, antidemocratica secondo governanti ed opinionisti ' alla moda' e 'populisti', tutti sperano in queste ore, immediatamente seguenti alla inaugurazione della scalinata dopo il costoso restauro, che per un pò almeno, vandali e incivili la risparmino.
Intanto si rispolvera un  regolamento del 'regno' Veltroni impartito ai vigili con il quale si elencavano i divieti  relativi all'uso della scalinata. Divieti che naturalmente nessuno ha osservato mai, se la scalinata è stata ridotta nelle condizioni pietose in cui si è detto e scritto in queste settimane, per invocare maggiore vigilanza, sanzioni per coloro che  non osservano le regole  e per la notte l'erezione di una cancellata come mezzo estremo di dissuasione per quanti intendono offendere la scalinata monumento, sfregiandola.
 No ci sono ancora cartelli che mettono nero su bianco i divieti e le sanzioni, però assicurano dal Campidoglio che sono stati destinati alla vigilanza ben 12 agenti di Roma Capitale, distribuiti in 6 turni - immaginiamo compresi quelli notturni.
 Ma le immagini rimandate dalle tv e dai giornali ci fanno vedere come tutto è riperso come prima, anche perchè i pochi vigili destinati a garantire il decoro della scalinata sono evidentemente insufficienti. Una giornalista di Repubblica, che poi ne ha scritto sul suo giornale, s'è seduta, ha tirato fuori il panino e la bevanda ed ha cominciato la sua merenda all'aria aperta. Un vigile, anzi una vigilessa, le si è avvicinata per sconsigliarle di proseguire, ma lei non s'è scomposta, anche perché la povera indaffaratissima vigilessa  sarà dovuta correre  da qualche altra parte ella scalinata.
 Insomma, tristemente, dovremo far nostro lo stesso atteggiamento, un pò 'spregiativo', dell'amministratore delegato di Bvlgari, il francese Babin, il quale candidamente ha detto: abbiamo restituito la scalinata a tutti; la sporcheranno di nuovo  perchè non c'è vigilanza ( e qui ce n'è veramente poca) che possa  dissuadere e fermare  incivili e vandali; fra dieci o vent'anni faremo (o faranno) un altro restauro.
 I populisti democratici alzano bandiera bianca e si arrendono allo scempio inevitabile.

sabato 24 settembre 2016

De Luca , boss di Salerno, vuole l'inchino della statua del santo patrono davanti al Comune, un tempo suo.

La cronaca racconta di ispezioni del Ministero dell'Interno o dei vari prefetti nei paesi in cui si è perpetuata fino all'altro ieri la tragica usanza di fare l'inchino con la statua del santo patrono davanti alla casa del boss cittadino, anche quando egli era dietro le sbarre, ma non aveva perso il dominio del territorio.
 Si fermava la processione davanti alla casa del boss, si rivolgeva la statua verso la casa, in segno di omaggio, di 'rispetto' si dice in quei paesi, verso il farabutto locale, magari mandante od esecutore di furti, usure, sgarri, quando non anche omicidi, neppure tanto rari, si fermava e poi ripartiva.
 Quando ci si è resi conto di quale anomalia si andava perpetrando con un gesto simile che inneggiava alla delinquenza, e mentre  si faceva strada un minimo di coscienza civile, quegli 'inchini' sono stati vietati dalle pubbliche autorità, per la gioia di fedeli onesti e della stessa chiesa che, per troppo tempo li aveva forse subiti, ma certo senza alzare mai la voce.
 Ora in quel di Salerno, proprio in ossequio alla nuova sensibilità civile e religiosa, l'anno scorso  la statua del patrono in processione non è stata  portata fin dentro il Comune di Salerno, da dove De Luca era già venuto via per insediarsi a Napoli alla Regione, ma dove aveva lasciato  un suo fedelissimo che , per mantenere evidenti il rapporto di sudditanza verso De Luca, ha assunto un suo figlio, politico di razza secondo il boss, suo padre.  Nulla a che vedere con quelle 'mezze pippe' dei grillini,  come ha dichiarato pubblicamente  De Luca, facendo i loro nomi  con chiarezza e spregio.
Dopo quell'affronto addebitato alle autorità religiose, quest'anno il sostituto del boss, al Comune,  ha fatto alla manifestazione religiosa una specie di guerra fredda.
 E le autorità religiose? Invece di fare salti di gioia per essersi finalmente liberati dalle catene servili che le legavano al potere politico,  piangono e si agitano per rivendicare la situazione esistente prima dello 'sgarbo'.
E perciò anche loro, come del resto il boss prima, non è che ci fanno una bella figura.

Sulla Scalinata di Trinità dei Monti siedono, mangiano ,bevonoe fumano. E i Vigili stanno a guardare

 A neppure dodici ore dalla inaugurazione della Scalinata di Trinità dei Monti dopo il restauro,  torna alla  triste vita di sempre il celebre monumento. Turisti e romani si fermano a parlare lungo in gradini, siedono, tirano fuori merende e panini per lo spuntino, bevono da  lattine di coca cola e  di birra o  acqua i più salutisti, fumano e gettano i mozziconi per terra, e magari spengono le sigarette sui gradini aiutandosi con i piedi.

Tutto come prima del restauro. E i vigili? Quelli stanno a guardare e osservano. Hanno ricevuto l'ordine di riferire al Comando o alla Raggi, la quale in base alle notizie di infrazione, redigerà gli ordini di servizio per i vigili ed elencherà i divieti sui cartelli promessi ma ancora da pensare, realizzare ed impiantare.  Finora non ci sono stati ubriachi, nè cittadini che hanno fatto i loro bisogni sulla scalinata, che faranno di notte, come pure di notte si potranno verificare atti osceni in luogo pubblico. E neanche vandali che con le loro bombolette abbiano imbrattato con scritte e disegni la candida scalinata. I cartelli con relativi divieti arriveranno dopo che la 'frittata' sarà fatta.
 Ma c'è sempre tempo per allargare il ventaglio delle manomissioni vandalistiche.
 E la vigilanza già messa in atto fino a domenica - come s'è letto sui giornali? E quella già assicurata da Prosperetti ( o da Parisi Presicce, i due sovrintendenti che si spartiscono a metà le irresponsabilità sui danni), e i due viglianti in più lanciati da Franceschini sulla scalinata?

In queste ore, all'indomani dell'inaugurazione della Scalinata, mette pensiero il fatto che senza vigilanza, in pochi giorni o qualche settimana, la scalinata verrà nuovamente offesa da incivili e vandali. E se non ci fosse da disperarsi, verrebbe da dire a tutti, riprendendo la premonizione di Paolo Bulgari: ve l'avevo detto. A tutti, compreso l'amministratore delegato della sua stessa maison, ora nel gruppo Lvm, il francese Babin. Molto prima di una decina d'anni occorre pensare ad un novo restauro. Anzi giacché ci siamo,  dott. Babin, cominci a mettere da parte i soldi, perché forse nessuno dei Bulgari avrà intenzione di tirarne fuori altri, per rimediare ai danni che l'incuria e l'inciviltà di tutti oltre l' accondiscendenza diseducativa di chi governa stanno già producendo.

Non scoperchiare le pentole. Esce di tutto. Come dal Ministero della salute, con il caso Daniela Rodorigo

In tutte le amministrazioni pubbliche, ma anche alla Rai, si parla di  tagli di stipendi superiori a 240.000 Euro che sarebbe lo stipendio del Presidente della repubblica. Non si parla però di rimodulazione di tutti gli altri stipendi dei dirigenti dei medesimi enti, di quelli che si trovano, per effetto dello stesso principio degli stipendi gonfiati ed immotivati, poco al di sotto del limite imposto. Di questo non si parla. Sebbene risulti a tutti assurdo che il direttore del TG1, ad esempio, guadagni quando la dirigente 'comunicazione' del Ministero della Salute, dott. Daniela Rodorigo, avvocato, non giornalista né con qualche competenza in  fatto di comunicazione, che qualche potente di turno ha messo a quel posto, dirigenziale, e che paga con 236.000 Euro l'anno, il cui nome è venuto fuori nelle ultime ore.

Perchè tanto clamore attorno ad una semplice dirigente, come tante altre, del Ministero? Perchè sarebbe Lei, con tutta la  sua incompetenza, la principale responsabile delle ignobili campagne pubblicitarie sulla fertilità ed altro, messe in campo dal ministro Lorenzin, che se ne è lavate le mani.
Insomma dove altro le darebbero 236.000 Euro senza alcuna competenza nel settore cui è preposta?

Scoperchiare le infinite pentole cariche di immeritati privilegi sarebbe necessario, per farne uscire tutto il marcio presente e ricominciare accapo, sperando di diventare una 'pentola' (un paese) finalmente normale. nei vari ministeri di tagli ce ne sarebbero da fare.

Tanto per citarne uno, sapete quanto guadagnava Nastasi da direttore generale del Mibac? intorno a 400.000 Euro, come si lesse da qualche parte? E da commissario di Bagnoli, dove lo ha spedito Renzi? Avrebbe guadagnato molto molto meno, ed allora il premier se lo è portato, nominalmente, a Palazzo Chigi, come vice segretario generale, per fargli salvo lo stipendio , e da lì commissaria Bagnoli, con grande gioia di de Magistris?
Con tutta la sua mole, Nastasi si merita uno stipendio simile, il doppio quasi del Presidente della Repubblica e il triplo dello stesso premier, suo padrone? Suvvia.
Pulizia vogliamo.

Arena di Verona. Prova generale di smantellamento e svendita, sotto l'occhio vigile di Tosi 'il barbaro'

Poco prima dell'estate, Tosi 'il barbaro' ci aveva provato a chiudere 'baracca e burattini'  della sua Arena. 'Sua' nel senso che disgraziatamente la governa con il suo attendente Girondini, che l'aveva portata sull'orlo del fallimento.
Poi Franceschini, 'mezzodisastro' l'ha chiamato a Roma e contro la proposta di Tosi il barbaro di privatizzare l'Arena - ma solo quella estiva, da cui i privati suoi amici pensavano di trarre profitto, mentre della Fondazione se ne fottevano, giustamente - gli ha mandato un pacco dono, con dentro il risanatore della cultura italiana e cioè Carlo Fuortes. Il quale starebbe per tornare definitivamente a Roma, dopo aver proposto lacrime e sangue, con la chiusura di un paio di mesi per anno, in autunno, onde risparmiare qualche milione ed il solo licenziamento del corpo di ballo( già è tanto se non ha licenziato anche l'orchestra). Fino al momento in cui i conti  non torneranno in ordine. Nel frattempo si aspetta la soluzione del 'dopo Fuortes', alla quale si lavorava già prima che Fuortes fosse designato ed arrivasse a Verona.
Perchè tanto chi doveva risanare i conti e cioè la rampolla del barone rosso, il banchiere Micheli, che fa di nome Francesca Tartarotti - dallo sguardo di ghiaccio, come la principessa Turandot, che era arrivata a Firenze, quando se ne stava andando un'altra Micheli, e cioè la sua compagna di un tempo, l'ing. Francesca Colombo (una Micheli deve esserci dappertutto per far andare le cose!) -  emigrata  all'inizio di quest'anno dall'Opera di Firenze a Verona, per volere di Tosi 'il barbaro' (ma si dice anche di Renzi che aveva voluto  nella sua città la 'principessa' quand'era sindaco) i conti non li ha risanati, nonostante la sua fama di tagliatrice di teste, esattamente come la principessa della favola.
 Tosi, 'il barbaro', rosso di vergogna per Girondini ed anche per la Tartarotti, la principessa, che lui difende strenuamente, all'azienda municipalizzata che gestisce l'elettricità ed anche altro a Verona, la AGSM, il cui presidente, Venturi, era  capo della campagna elettorale del 'barbaro', fa minacciare di non erogare il contributo  già messo in bilancio all'Arena
 Negli ultimi giorni si viene a sapere, leggendo i giornali, che la AGSM, che vuol dire Tosi 'il barbaro' finanziatrice dell'Arena, di cui è prresidente Tosi' il barbaro', potrebbe non erogare il suo contributo di 7,5 milioni. Che fa la Tartarotti-Turandot, che vuol dire Tosi-barbaro?
 Il sindaco cioè, se non gli va bene la governance futura dell'Arena, potrebbe ingiungere alla AGSM di non erogare il finanziamento previsto e promesso. Perchè?
Perchè Tosi, 'il barbaro'  starebbe pensando  ad una privatizzazione  dell' Arena, attraverso una nuova società 'stagionale', senza più costi fissi per tutto l'anno. Al suo fianco - l'hanno già dichiarato pubblicamente- ci sarebbero o potrebbero esserci, oltre naturalmente la AGSM, il Gruppo Manni HP e Calzedonia-Intimissimi, il quale ultimo ha già pagato con 100.000 Euro  gli studi preliminari del progetto della copertura dell'Arena - svenduta per un piatto di lenticchie.
 E Franceschini? Il ministro tace ed assiste, ridendosela sotto i baffi, alla prova generale della privatizzazione o del declassamento delle fondazioni che non raggiungono certi obiettivi, come si parla da mesi, in attesa di vedere il suo decreto.
 E  di questa catastrofe incombente, non una sola parola o posizione viene dall'Anfols, dall'Agis e dalle singole Fondazioni.  Mentre Nastasi, ora a  palazzo Chigi, sta facendo salti di gioia, perchè finalmente vede realizzarsi il  suo progetto di smantellamento e distruzione della musica in Italia.

venerdì 23 settembre 2016

Hidalgo elogia le donne al potere, compresa la Raggi. Che altro poteva dire?

"Amo Roma: è una città splendida, l’unica gemellata con Parigi”. Così Anne Hidalgo, sindaca della capitale francese, ha iniziato l’intervista rilasciata all’Ansa riguardo la palpitante sfida per la candidatura alle Olimpiadi del 2024 con Roma. “Virginia Raggi? Non entro nella candidatura di altri – ha affermato Hidalgo al media centre di Rio – Dico solo che i valori delle Olimpiadi, di pace e libertà, oggi sono necessari sempre più. E noi dobbiamo offrire una prospettiva alle nuove generazioni. Sono felice che Roma abbia un sindaco donna, le donne cambiano il mondo…”

Hidalgo a Roma e Raggi a Parigi. Proposta di scambio (indecente)

Se Roma avesse la Hidalgo sarebbe una piccola Parigi, ed una grande Roma. Non altrettanto con lo scambio fra Roma e Parigi, qualora oggetto dello scambio fosse la Raggi,  che anche Parigi farebbe diventare una 'piccola' città, come sta già facendo con Roma.
 Avete mai sentito parlare la Raggi del'altra emergenza , quella 'umanitaria' dei profughi?  neanche una parola - il direttorio deve averle detto: lascia perdere, che se la vedano il prefetto e il ministro dell'Interno, non ti prendere un'altra gatta da pelare; chissà quanti altri guai potrebbe procurare alla città a se stessa ed al movimento- ha pensato, quando pensa, il direttorio sbrindellato.
 La Hidalgo a Parigi invece non solo ci ha pensato ma ha parlato chiaro, pur nell'occhio del ciclone creato dai vari attentati dei quali la Francia è certamente il paese più colpito d'Europa. La sindaca di Parigi sta facendo ristrutturare un enorme caseggiato per creare tremila posti per gli immigrati, facendoli vivere in una residenza umana- cosa che nè a Roma nè in Italia si farà mai. L'integrazione, cara Raggi, sa cosa vuol dire?  Dunque la Hidalgo si è mossa in tempo, mentre la Raggi sta lì ferma, forse ci sta ancora pensando. Intanto tace.
Ma dove le due sindache hanno pareri diametralmente opposti - anzi quella di Parigi ce l'ha questo parere, mentre la romana non ha nessun parere e nessuna cognizione di cosa voglia dire governare e progettare il futuro della città che governa - è sulle Olimpiadi del 2024, rigettate dalla Raggi, per far contento il direttorio, il movimento e qualche altro incapace sostenitore, mentre la Hidalgo ha colto l'occasione per riproporre la candidatura della sua città ad ospitarle fra otto anni, con un programma che in gergo definisce' low cost'. E cioè solo due nuovi impianti, rilanci della banlieu, spesa 1,2 miliardi,  per muovere un giro d'affari di 10 miliardi circa, e con 250 mila nuovi posti di lavoro. Non sono alcune delle cose che la Raggi a chi gliele prospettava rispondeva che erano impossibili a Roma?  E sulle quali è stata, roba di ieri, bacchettata anche da Cantone?
 Vogliamo la Hidalgo come sindaco di Roma! Cosa vi diamo in cambio? Capiamo che la sola Raggi, una scartina, non fa guadagnare nulla a Parigi, ma se insieme mandassimo anche Grillo ed il direttorio nazionale e romano (detto 'mini' in ogni senso) e poi qualunque altra cosa o persona ci chiedano, Parigi poptrebbe consentire il baratto? Attendiamo risposta.

L'amministratore delegato di Bvlgari,Babin: abbiamo restaurato la scalinata per restituirla ai cittadini. Fra dieci, quindici anni si farà un altro restauro. Che fine ha fatto Paolo Bulgari

Detto papale papale, l'amministratore delegato della maison Bvlgari passata in mani francesi, Lvmh, ha di fatto sconfessato il presidente della maison Paolo Bulgari il quale  una quindicina di giorni fa, a restauro ultimato, ha lanciato la proposta - SENSATISSIMA - di  proteggere con una cancellata la scalinata, almeno nelle ore notturne.
 Apriti cielo: La cultura non si ingabbia, la scalinata è dei cittadini, vigileremo sul suo decoro. L'amministratore delegato richiesto dai giornalisti di un parere sulla cancellata, ha risposto chiaramente: noi abbiamo restaurato la scalinata per restituirla ai cittadini. Fra dieci quindici anni si farà un altro restauro. Ancora noi? Chissà. Intanto abbiamo in programma altri restauri.
 Che è come dire a Paolo Bulgari: hai visto che vespaio hai suscitato? tutti contro di noi nonostante che la tua proposta  fosse sacrosanta, sapendo in che condizioni in poco tempo a Roma si riducono i monumenti. Ma chissenefrega - voleva dire l'amministratore delegato di Bvlgari - di come ridurranno, molto prima di dieci anni, la scalinata. Ci penseremo noi od altri a suo tempo.
 In pratica una sconfessione del presidente del gruppo per non inimicarsi i solerti difensori della cultura per tutti.
E il presidente del gruppo, Paolo Bulgari, s' ovviamente incazzato ed ha detto a suo fratello Nicola di fare lui il rappresentante della vecchia proprietà, nel giorno di festa. E Nicola ha svolto il suo compito in maniera egregia, anche quando ha dovuto correggere quel  poveraccio di Parisi Presicce che ha attribuito, nel corso delle dieci parole pronunciate la mattina ai microfoni, il restauro a Fendi.
Per fortuna che l'appello di Paolo Bulgari, che nessuno ha più visto e più citato, ha mosso le acque tanto che la Raggi, perfino Lei, condannata ogni giorno a combattere contro se stessa e contro la sua incapacità di governare, ha detto che provvederà alla custodia della scalinata, senza rivelare come, ma aggiungendo che per intanto la affida alla civiltà ed alla educazione dei cittadini e dei turisti.
 Nient'altro. Il capo dei vigili che ha l'ordine di proteggere la scalinata fino a domenica, ha detto che incontrerà la sindaca quanto prima per stabilire con lei le modalità della vigilanza.
 Non è difficile capire in quali mani siamo finiti e come siamo messi, cioè malissimo. Si riuniranno per decidere come vigilare sulla Scalinata, come non sapessero, a cominciare dalla sindaca, che la scalinata era stata restaurata ed andava inaugurata ma anche vigilata. Lei  ha taciuto - così l' hanno consigliata, come del resto su tanti altri argomenti - ed ha  mandato avanti sovrintendenti, intellettuali e sindaci di municipi.
 A riprendere l'argomentazione e la difesa di Paolo Bulgari ci ha penato oggi Corrado Augias, portavoce involontario del presidente della maison. Speriamo, ha scritto, che fra qualche giorno o settimana non abbiamo a dirvi, in coro con Paolo Bulgari- ve l'avevamo detto!
Alla serata inaugurale, hanno scritto i giornali, oltre gli invitati c'era anche il vice sindaco Frongia - 'me cojoni', si dice a Roma - e poi 30 comuni cittadini e 10 carcerati. E la Raggi  ha fatto la sua figuretta.

Di Martedì di Giovanni FLoris per La7: un tripudio di applausi

Ci siamo messi davanti allo schermo con un taccuino ed abbiamo annotato tutti gli applausi, lungo l'intera durata del programma di Floris che, da quel che si legge, è tornato a crescere, mettendo all'angolo Semprini con il suo 'Politics', voluto dalla direttora, Daria Bignardi, sia la trasmissione, sia Semprini -  il contratto e l'assunzione di quest'ultimo definiti antisindacali, nonostante il compenso calmierato.
 Rispetto al ciclo passato c'è una grande novità, oltre il fatto che la trasmissione va avanti fino a notte inoltrata, così si becca ascolti più soddisfacenti. E cioè che il politico di turno invitato in studio non ha più alle spalle quello stuolo umiliante di servi e serve che ad ogni affermazione del loro padrone, anche la più idiota - cosa che accadeva più d'una volta nel corso dell'intervista - dovevano assentire. Ora il politico ospite è al centro dello studio e quella schiera di servi e serve non è più in primo piano e magari qualcuno di loro può anche abbandonarsi a qualche sbadiglio - abbiamo visto anche questo.
 Ma il politico di turno, che ascoltarlo mette tristezza per la scarsa qualità umana, sociale e professionale del medesimo, ora viene sempre preceduto dall'intervento di Crozza che, con le sue risate, tenta di indorare la pillola dell'ascolto della successiva intervista, la quale talvolta fa ridere più della caricatura di Crozza. E, infatti Cairo, sta pensando di invitare più politici, tanto ridiamo lo stesso, a partire dal prossimo gennaio, quando il contratto con Crozza scadrà e Cairo non intende rinnovarlo perchè anche lui negli ultimi mesi ha fatto venire agli ascoltatori un calo del desiderio (di lui).
 Adesso nel corso delle quattro ore si parla di tutto. Dagli alimenti, alla pulizia, detersivi compresi, allo spessore degli assorbenti femminili ( la prossima puntata, come anticipato) e tutto con ospiti sempre diversi per evitare l'addormentamento in poltrona. Ci ha colpiti nella scorsa trasmissione il prof. Ticca che  ha distrutto le nostre convinzioni in fatto di zuccheri, raffinato e di canna. Non c'è differenza fra i due, ha detto il professore, quello di canna, integrale, come noi pensiamo, altro non è che lo zucchero bianco con qualche impurità della pianta dalla quale viene estratto che le dà quel colore e lo sporca, e quindi in buona sostanza non è che lo zucchero bianco sporco. Dunque niente zucchero raffinato e zucchero grezzo, ma zucchero pulito e zucchero sporco.
Ma la novità delle novità è il gradimento del pubblico in studio, autentico,  espresso attraverso gli applausi a chiunque e per qualunque cosa. Abbiamo annotato, sul nostro taccuino, in quattro ore di trasmissione, ben 120 applausi - mica a comando, tutti spontanei - con una media di 30 per ora, che vuol dire che un minuto sì e l'altro no si applaude, insomma a minuti e  banalità alternate.

giovedì 22 settembre 2016

Scalinata di Trinità dei Monti. Ieri sera l'Inaugurazione. Che notte è stata la prima notte senza cancellata?

Ieri sera la riapertura con concerto fuochi d'artificio e grande festa, poi tutti a casa e gli organizzatori  pronti a smobilitare tutto e a dare una pulita alla scalinata, la prima dopo il restauro e la prova generale di come dovrebbero fare ogni notte per far trovare la mattina la scalinata splendente, come il primo giorno dopo il restauro.
 Ieri l'ANSA, a dimostrare quanto le cose che riguardano la cultura, anche la massima agenzia giornalistica sia impreparata, ha diffuso un comunicato con il quale annunciava la riapertura della Scalinata, incorrendo in un errore madornale, laddove indicava che in serata ci sarebbe stato il concerto dell'ORCHESTRA del CONSERVATORIO di SANTA CECILIA diretta da Pappano, mentre l'orchestra che ha fatto ieri sera il concerto era quella dell'Accademia di Santa cecilia, che, come orchestra , è tutt'altra cosa.
 Immagino che qualcuno avrà fatto una tiratina d'orecchi al giornalista che ha materialmente confezionato il comunicato. Ed immaginiamo anche la risposta dello sciagurato. 'Che sarà mai. Sempre Santa cecilia è. Vagli a spiegare la differenza.
 Ma  ciò che ieri ci ha colpiti leggendo i giornali, oltre la comparsa di Prosperetti dopo quella di Parisi Presicce - due sovrintendenti per una città - magari con i Fori divisi in due, per rispettare le reciproche competenze - è stata la dichiarazione del ministro il quale come sempre, rilascia dichiarazioni lapidarie ma risolutive.  Bene senza cancellata. Basta aggiungere due vigilantes e la Scalainata anche di notte sarà salva.
 Di grazia, Franceschini, aggiungerli a chi o a cosa? Alla vigilanza che è stata già assicurata? E da chi? Come composta? Con quali compiti? E con quale orario?
 Tutto  ancora in alto mare, ma con  il benestare del ministro prima ancora che qualche soluzione si sia trovata, anche transitoria. Perchè finora hanno parlato Parisi Presicce, la sig. Alfonsi, i 10 intellettuali  - ( ?) per qualcuno dei quali è l'unica occasione per far sapere che esistono -   che hanno proposto la soluzione che 'salva capra e cavoli', ma di fatti concreti sulla vigilanza necessaria - in  questo almeno sono tutti d'accordo, non fidandosi dei cartelli dissuasori proposti dalla democraticissima Alfonsi - non se ne sono visti. Attendono forse che ci sia il primo sgarro.
 Dopo aver visto il breve video dello spettacolo inaugurale in rete ( con Pappano che sta ai piedi della Scalinata con la sua orchestra, in formazione ridotta  - chissà che cosa s'è sentito della musica proposta senza alcuna protezione acustica - ci siamo chiesti se la prima pulizia della Scalinata questa notte non abbia dovuto cancellare le tracce che i fuochi d'artificio lasciano sempre.

P.S. All'inaugurazione è intervenuta anche la sindaca Raggi la quale ha assicurato che la Scalinata di Trinità dei Monti di notte non sarà chiusa, sicura che i cittadini di Roma la rispetteranno dando il buon esempio anche ai turisti.
 Ancora un buon esempio? Magari come quello dato a Piazza del Popolo, alla Fontana di Trastevere, alle fontane di Piazza Navona, ai busti di uomini celebri al Pincio?

H colpito la gaffe del sovrintendente  Claudio Parisi Presicce che, all'inaugurazione ufficiale la mattina, (con la sindaca, l'assessore e lo stato maggiore della maison Bulgari) ha ringraziato la maison Fendi per il restauro della scalinata. E Fendi naturalmente ha ringraziato il sovrintendente, per l'attribuzione senza aver tirato fuori neanche un Euro.

 I presenti l'hanno subito richiamato con la seguente frase - che si è trascritta seguendo il labiale: ma che te sei bevuto il cervello? Sveglia. Ha parlato per due o tre minuti, un solo nome doveva citare, quello arcinoto dello sponsor, e s'è imbrogliato. 


Infine il nuovo assessore alla cultura del Comune di Roma,  Luca Bergamo, in accordo con la sua sindaca, ha cambiato nome al suo dicastero cittadino che ora si chiama' Assessorato alla CRESCITA CULTURALE"; promettendo fin d'ora  che, se crescita non ci sarà,  lo cambierà una seconda volta, in ' Assessorato alla DECRESCITA CULTURALE'. Buon lavoro.

mercoledì 21 settembre 2016

Sulla Scalinata di Trinità dei Monti ancora nulla di fatto

Quando cambierà la musica nel nostro paese? mai, o forse un domani di là da venire. Solo ieri il sovrintendente Parisi Presicce faceva sapere che abbatterà tutte le cancellate esistenti a protezione dei monumenti perchè inutili, e quella della Scalinata non sarà eretta, come consigliava Paolo Bulgari, perchè tutti i monumenti sono protetti da vigilanza delle forse dell'ordine e lo sarà anche la restaurata scalinata. Da subito? Datemi tempo, sembra dire il sovrintendente.

Gli intellettuali, firmatari di un appello, indicavano una strada 'all'italiana' per non scontentare nessuno: la scalinata deve servire per il solo passaggio, ma nei corridoi laterali si potrebbe consentire la sosta, almeno la sosta. Certamente i bivachi no, nè nel corridoio centrale  della monumentale scaalinata nè in quelli laterali.

Oggi altri interventi. Parla lui 'mezzodisastro' Franceschini: basteranno due vigilantes per risolvere ogni problema. Da affiancare a quelli già predisposti da Parisi Presicce.

Si fa sentire anche la 'minisindaca' del I Municipio, sig.ra Alfonsi, la quale invita il governo della città ad istituire gli 'Ausiliari del decoro', pescandoli fra volontari ed ex appartenenti alle forze dell'ordine, qualunque corpo, ora in pensione. Niente cancellate ma solo cartelli per indicare chiaramente divieti e multe - e chissenefrega, diranno i vandali alla semplice lettura dei cartelli che non ci sono ancora); e aggiunge che non si fermerà fino a quando la sindaca Raggi non porrà la sua firma sotto la richiesta dell'istituzione di detti 'Ausiliari del decoro'. E poi suggerisce di riempire la Scalintaa con vasi di fiori e piante, tutto l'anno, senza pensare che vasi di fiori e piante stabili lasciano sui marmi bianchi di restauro macchie difficili da eliminare. Ma cosa le passa per la testa? Dobbiamo prevedere  a  breve un altro restauro, causa piante e fiori, per far contenta la minisindaca?

Ancora 24 ore di tregua prima che la Scalinata viva il grande giorno e la prima notte di tregenda, possibile.
 Perchè Presicce ha parlato di una vigilanza affidata alle forze dell'ordine già attiva per alcuni monumenti della città, ma non ancora predisposta per la Scalinata. Franceshini, con il suo solito fervorino, appoggia la proposta di Parisi Presicce che è ancora soltanto un 'voto', ma non muove un dito per arrivare ad una decisione sulla vigilanza prima che la scalinata venga riaperta; i firmatari dell'appello se la sono cavata con una firma e buoni propositi; e la Alfonsi con la richiesta degli Ausiliari del decoro alla Raggi, la quale non l'ha ancora ricevuta , ma che da  quando la riceverà, ogni giorno la Alfonsi farà pressione sulla sindaca, perché firmi il relativo decreto di istituzione.
 E, intanto, la Scalinata di Trinità dei Monti, appena restaurata con i soldi di Paolo Bulgari, rischia, già la prima notte di apertura, di andare a puttane.

martedì 20 settembre 2016

Salone del LIbro Milano -Torino o Torino - Milano, addio. Ognuno a suo modo farà guerra al libro

Noi avevamo scommesso, osando e contro ogni nostra fondatissima convinzione, che, per una volta,  Franceschini, il 'mezzodisastro' del governo italiano, l'avrebbe avuta vinta con la sua proposta riappacificatrice ai due fronti, milanese e torinese, sul futuro della mostra del libro in Italia.
 Ieri la  rappresentante dell'AIE - gli editori con i soldi che vogliono fare la 'loro' festa del ( al ) Libro a Rho,  nella Fiera di Milano - ha voluto smentire le voci di una rottura delle trattative  fra i due fronti; e sembrava convincente, quando negava ogni credibilità alle rivelazioni giornalistiche.
 Il gruppo di lavoro (tavolo, si direbbe nel gergo sindacal politico) istituito per trattare la faccenda era costituito da Gorgani ( per l'AIE, i milanesi per essere chiari), da Bray (presidente in pectore della Fondazione del libro torinese), e dai due emissari/rappresentanti dei ministeri  interessati ( MIBAC e MIUR) rispettivamente Rummo e Colasanti. Insomma tre contro una e i tre si son fatto fregare. Almeno a leggere i soli titoli dei giornali di questa mattina dagli schermi televisivi.
 E se decisione c'è stata, contro la proposta del ministro,  questa ci fa capire ancora una volta quanto Franceschini, oltre che a sparare  successi su successi non suoi, ed a presenziare a inaugurazioni e convegni, non conti un tubo proprio nei settori che riguardano direttamente il suo dicastero, e non abbia alcun peso politico - ce l'ha più sua moglie nell'aula consigliare del Comune di Roma, nella fossa dei feroci pentastellati che non le mettono paura, e, nonostante i denti affilati lei continui a sbraitare.
 Stesso discorso si può fare anche per la Giannini che, nel bel mezzo delle polemiche sui trasferimenti degli insegnanti immessi in ruolo, e sugli inizi disastrosi del nuovo anno scolastico ( dal costo dei libri, alle polemiche su alcuni casi particolari, alle sedi scolastiche non a norma o inagibili e bisognosi di lavori urgenti di messa in sicurezza, alle cattedre ancora scoperte) mette a tacere tutto, riportando l'attenzione su questioni irrilevanti alle quali ricorrono tutti i ministri nel suo dicastero ogni volta che desiderano alzare polveroni: riforma dell'esame di maturità,  giudizi espressi con lettere e non più con i voti nella scuola dell'obbligo ( si dovrebbe scrivere: italiano A, matematica C, Scienze B, Giannini D, che equivale a 'insufficiente') modifica dei criteri di formazione delle commissioni d'esame ecc.... Anche la Giannini, che con il mondo dell'editoria dovrebbe avere a che fare, se non altro per il vasto mercato dei libri scolastici, conta nulla e si vede.
 Insomma in questa partita a quattro, si è arrivati al paradosso che  i tre dell'ala torinese perdono contro l'unica rappresentante di quella milanese, quantomeno non riescono a convincerla su nulla. E fu rottura.
 In questo bailamme di confusioni ed impotenze evidenti,  su una altro tavolo la Lorenzin gioca alle 'figurine' sulla faccenda della 'fertilità' sulla quale, dopo le polemiche della sua insulsa campagna, ha cambiato linea, anzi figurina.

Scalinata di Trinità dei Monti. Trovata la soluzione al dilemma: cancellata no. Vigilanza giorno e notte

Trovata la soluzione? Sì, forse no.  Ma ci stanno pensando - stanno provvedendo, come si usa dire.   E per questo, per prendere tempo, causa tempo, hanno rimandato di 24 ore l'inaugurazione, spostandola a Giovedì. Per riflettere, ancora un giorno, alla soluzione da adottare per rendere il monumento fruibile dai cittadini e, nello stesso tempo,  proteggerlo dalle intemperanze di vandali ed incivili che ogni giorno - ed ancor più la notte - attraverseranno la scalinata.

Diciamo che coloro i quali non vogliono protezioni né di giorno né di notte, ora se la stanno facendo sotto, temendo che alla prima notte, la scalinata riaperta venga imbrattata. Perchè se ciò accadesse - e non è detto che non accada - allora giustamente il mondo intero metterebbe al muro i difensori della libera circolazione di giorno e di notte, convinti che il popolo  è educato, benchè non l'abbia  ancora mai dimostrato, a giudicare dalle condizioni in cui hanno ridotto tanti monumenti lasciati incustoditi.

Di nuovo in queste ultime ore è arrivato un proclama di Claudio Parisi Presicce - quello che diede l'autorizzazione per l'inscatolamento delle bianche statue in Campidoglio, per proteggerle dagli sguardi micidiali del presidente iraniano che avrebbe potuto ridurle in frantumi per l'offesa che  avrebbero potuto recare alla sua sensibilità - il quale ha detto basta alle inferriate. Non solo non ne metteremo alla Scalinata ma le toglieremo anche dai monumenti che ora ne sono provvisti, dall'Arco di Costantino in avanti, per fermarci a  Roma. Troppe inferriate, senza bisogno perché tutti i monumenti SONO PRESIDIATI. Evviva . ciò che si voleva ottenere, e cioè il presidio da parte elle forze dell'ordine di tutti i monumenti, giorno è notte, è cosa fatta.

E poi,  c'è anche un appello firmato da intellettuali, personalità politiche e artisti, con il quale prospettano una soluzione, davvero geniale. La scalinata serve solo per farla su e giù. Ma solo nella parte centrale di essa, in quelle laterali ci si potrà fermare, sedersi, ma senza mangiare o bere o fumare o fare altro - come è stato tante volte fatto  senza che nessuno, in conseguenza di ciò, venisse punito.

Firma quest' appello - che prospetta una soluzione all'italiana, una brutta soluzione, una non soluzione -  anche Vittorio Emiliani che  si era dichiarato pubblicamente per la cancellata e per la posa in opera di panche in piazza di Spagna (la Piazza è fatta per fermarsi, la scalinata solo per salire e scendere!) e che ora dice  sì al saliscendi, ma sulle rampe laterali concede che ci si fermi. Anzi che non hanno proposto, i firmatari dell'appello che appartengono alla categoria di coloro i quali sono del parere che i monumenti devono anche fruttare, tavolini e sedie e servizio di bar sulle medesime fasce laterali della scalinata. Come finalmente potrà fare la Coliva alla Galleria Borghese che ora con i soldi freschi del ministero, vuole aprire  un bar ed anche un ristorante aperto anche quando la Galleria è chiusa.

I firmatari dell'appello bastava che aspettassero solo qualche ora per avere la vera soluzione del problema , quella che tutti s'aspettavamo: e cioè quella venuta dal sovrintendente Parisi Presicce che assicura un vigilanza  continua ai monumenti.

lunedì 19 settembre 2016

Lo straziante appello di Anna Coliva direttrice della romana Galleria Borghese per il restauro dei giardini 'segreti' della Villa

Quando il ministro Franceschini nominò i venti direttori dei Musei e siti archeologici o monumentali più importanti del nostro paese, alcuni pescandoli all'estero, qualche protesta ci fu per Anna Coliva, l'unica direttrice restata al suo posto. Si disse allora che era difficile scalzarla, anche per il ministro, perché Lei a Roma s'era creati infiniti appoggi e poteva perciò vantare protezioni impossibili da neutralizzare.
 In effetti la Coliva, proprio e a seguito dei suoi infiniti appoggi - è una delle presenza più costanti dei salotti che contano (quelli  frequentati da chi ha  i soldi  o il potere politico, poi anche quelli dove si fanno solo chiacchiere e si mangia) - per la Galleria Borghese sembra darsi molto da fare, e sembra anche con qualche risultato.
 L'appello lanciato ieri dalle colonne del Corriere dell Sera-Roma, per salvare i giardini 'segreti', ben tre, della Villa ed a che della Galleria che li ha presi in carica, ci è sembrato straziante e va ascoltato dagli stessi frequentatori dei salotti che contano. Ci spieghiamo.

Non più tardi di un paio d'anni fa, alla presentazione ufficiale dell'associazione 'Mecenati della Galleria Borghese' voluta e presieduta da Maite Carpio ( signora Bulgari, moglie di Paolo, attivissima in città in varie opere caritatevoli - Agenda sant'Egidio - o di mecenatismo culturale come  in favore della Galleria Borghese  o della digitalizzazione della Biblioteca Vaticana; ma anche, in prima persona in coppia con il marito, con  singoli interventi, qualcuno di poco conto economicamente, come quello in favore dell'Opera di Roma - Concorso di Composizione) ci fu un gran parlare dell'evento  organizzato per l'occasione. Ai mecenati - tutta gente con doppio o triplo cognome, ma forse poco generosi - fu offerta una visita speciale della Galleria, seguita da cena faraonica, servita da un catering esterno ( non c'è neanche bisogno che diciamo il suo nome, perchè non è difficile intuirlo, il solito; due soli esempi: gestisce i bar del'Auditorium e diede da mangiare ai potenti del mondo riuniti all'Aquila dopo il terremoto) il quale non fu molto rispettoso della galleria, al momento di impiantare fuori del museo le sue cucine 'da campo'.  I giornali ironizzarono, anzi accusarono questi strani mecenati che volevano salvare la Galleria Borghese e poi ponevano di fatto in atto contro la stessa azioni distruttrici. Sorvoliamo.
 Più di recente, quest'estate appena passata, sempre la benemerita associazione di mecenati della Borghese, ha fatto sistemare uno dei tre giardini 'segreti' della Galleria, di cui il Corriere offre la bella foto dall'alto. una meraviglia. Resta da fare analoga risistemazione anche degli altri due giardini per la quale la Coliva ha lanciato il suo straziante appello rivolgendosi a noi tutti, non più ai mecenati quelli con due o tre cognomi e tante palle sui rispettivi stemmi araldici, in aggiunta ai ricchi opatrimoni. Perchè no ai mecenati? Perchè loro hanno già dato, dice di fatto la Coliva. Ed uno, a questo punto, si immagina quale grande cifra  abbiano raccolto quei signori per far risistemare il primo dei tre giardini. Alla stessa Coliva, che non riesce a tenere il vergognoso segreto, le scappa  che quella risistemazione è costata ai famosi mecenati, la considerevole somma di 70.000 Euro. Sì 70.000, non 700.000 Euro. E che loro prima di poter nuovamente racimolare un seconda simile somma hanno bisogno di qualche anno almeno. Insomma i mecenati quando si  iscrivono all'associazione pagherebbero una considerevole somma, dai 20 ai 60 euro, e poi ogni volta che si vedono per cene sociali - pagate forse con i soldi di mecenati di altri musei - sono tenuti a versare una trentina di Euro.
 Noi, ma solo per carità cristiana, non facciamo i nomi di alcuni mecenati che conosciamo bene  e che basterebbe che devolvessero alla galleria Borghese, per far smettere quel pianto straziante della Coliva,  il costo di una mise di cachemire o di un paio di scarpe artigianali - non parliamo di gioielli, perchè non servono tanti soldi -  e da tre o quattro di loro si avrebbero i soldi per restaurare anche gli altri due giardini 'segreti' della Borghese.
 Lanciamo questa provocazione. E attendiamo di leggere i loro nomi nelle aiuole restaurate. due o tre nomi  sarebbero sufficienti a fornire i soldi necessari.
 A Franceschini non osiamo rivolgerci per chiedergli quei fondi che, lo ripetiamo, sono miserabili - de minimis non curat Darius, direbbero i romani antichi - fino a quando non si leverà dalla testa quella sua pazza idea di ricostruire la platea lignea del Colosseo, per la quale ha immobilizzato ben 18 milioni di Euro. Ma poi dove li ha trovati, se piange sempre miseria?

A Salvatore Sciarrino, in occasione della consegna, il prossimo 8 ottobre a Venezia, del Leone d'oro alla carriera

 Come omaggio a Salvatore Sciarrino - che  prossimamente riceverà a Venezia il Leone d'oro alla carriera, alla viglia dei  suoi settant'anni ancora in piena attività compositiva - ripubblichiamo questo testo autobiografico che esattamente dieci anni fa, quando di anni ne aveva sessanta, e fu insignito della Laurea honoris causa in Musicologia all'Università di Palermo, costituì la sua  'lectio magistralis', che la rivista Music@ pubblicò in esclusiva.


                               MALINCONIA DEGLI STUDI   di Salvatore Sciarrino

Il bambino ha finito presto i compiti. Si mette per un poco a disegnare, poi gli passa la voglia. Banchi semivuoti, alcuni compagni spersi nello studio pomeridiano. A sinistra alte tre finestre ad arco: fuori, contro il cielo di porcellana, il glabro dei platani; essi raccolgono tutte le impercettibili variazioni di una luce avorio. Ci si chiede perché a Palermo la luce declini toni così struggenti. Una speciale proporzione credo combini l’ombra delle montagne e il riverbero del mare con l’esposizione geografica della città. Sovente ortogonali e in discesa , le strade s’accecano di un bianco smerigliato; ma nell’inverno l’enigma si apre al visibile, non c’è afa e ogni cosa si rivela altra da sé perché rasata a lunghi colpi di sole. Poi il raggio s’interrompe, intercettato da corone di pietra; con l’improvviso attenuarsi entriamo in una chiarità diffusa, avanzano i controluce e riflessi di madreperla orientale.
La malinconia m’ha assalito precocemente, a sei anni non ancora compiuti.
Quel bambino doveva restare al suo posto un lasso interminabile, nell’incertezza se fosse il tempo a indicare il mutare delle cose o al contrario le cose mostrassero l’appassire del tempo. L’attesa fa volare i pensieri, ecco la contemplazione li sprofonda, mentre il pigolìo dei passeri annega nel calare del giorno. Questo ricordo dai colori smaltati costituisce il primo avviso di immagini ricorrenti nella mia produzione teatrale a partire dal 1980 circa. È soprattutto un nucleo da cui si diramano sceneggiature in cui l’esterno si proietta nell’interno e una meteorologia mentale dalle risonanze primarie invade la scena. E la musica? Si dilata al punto che l’oggetto sonoro si sospenda dinanzi all’ascoltatore con la nitidezza di un’ultima foglia immobile sul ramo. Non potrò tacere qui Vanitas, Lohengrin 2, Perseo e Andromeda, Luci mie traditrici, Macbeth, Da gelo a gelo. Negli anni ’80 mi proponevano spesso di fare io il regista, e dunque andavo parallelamente affinando un linguaggio realizzativo, un appropriato Diagramma della drammaturgia dell’opera rispondere della messa in scena. Da tanti spettacoli quasi mai firmati sortiva uno stile sùbito riconoscibile che amplificava nel vuoto solo una o due azioni, bagnate da cambi di illuminazione lentissimi, a imitazione dell’inclinarsi del sole e della luna. Ho letto abbastanza sulla malinconia, e tuttavia avrei da aggiungere personali notazioni a cui non mi pare alcuno abbia dato importanza: v’è una instabilità emotiva a monte del temperamento saturnino. Per quanto mi riguarda, si è pure manifestato un legame inevitabile fra malinconia, meteoropatia e osservazione della natura. Tale legame, dall’imprinting dimenticato, è emerso alla coscienza per merito di una casa–belvedere nella quale tutt’ora vivo; infatti nelle stanze da lavoro lo sguardo può vagare tra squarci di paesaggio. Lo star seduto ore su ore rende automatico una sorta di monitoraggio dei cambiamenti giornalieri e stagionali, dei fenomeni imprevisti, periodici e in graduale sfumatura, quali l’alternarsi di notte e giorno da cui dipende direttamente la fisiologia umana. Recentemente mi sono chiesto chi possa rappresentare tra i compositori il caso più vistoso di temperamento malinconico. La risposta può sorprendere, trattandosi di una figura a tutti troppo familiare perché si riesca a ripercorrerne la fisionomia. È Beethoven, coi suoi repentini cambi d’umore spesso più simili a spasimi che a metafore dell’esperienza spirituale. Dovremmo forse rileggere su altri piani traslati la sua musica levigata e petrosa. Rileggerla, fra battaglie e uragani, come un racconto drammatico fatto esclusivamente con i suoni. Il rapporto fra luce e oscurità, fra esterno e interno, è intessuto ai nostri ritmi vitali. Di ciò ho fatto materia del mio linguaggio e spiraglio ideale attraverso cui mirare l’origine delle nostre rappresentazioni: mentali e teatrali. Il 14 luglio 1990, durante le prove di Vanitas nella Villa di Pratolino, scrissi alcuni appunti sulla scena come ambiente che riflette la meteorologia esterna. “Il volgere del sole sulla casa del mondo, raffigurato in un interno dove penetra da finestre invisibili. Un gioco un po’ ingenuo, una vigile e accesa sensibilità? O il desiderio di mettersi in risonanza con i moti dell’universo, di ascoltare le ragioni del mare, delle conchiglie, per fiorire come un’erba, fingendo di non avere obliato – il desiderio cioè della coscienza e del sonno? Nessuna lampada può gareggiare col giorno, eppure i nostri riflettori rigano il buio di un pulviscolo a coni o lame, così incisivi! La noia infantile di essere rinchiusi il pomeriggio a dormire s’è trasfigurata, ha mutato senso e divelto la paura alla caverna della mia vita. E come si sono ingranditi gli occhi del mondo: sul pavimento talvolta cadevano minuscoli ovali di luce dalle persiane chiuse.” Se scrutiamo più a fondo dentro di noi, si capisce come davvero il buio sia l’elemento primario della rappresentazione. Vi sono momenti della nostra vita in cui l’impedimento, condizionando uno stato di immobilità all’interno della casa, favorisce l’immaginazione. Quasi l’aspirazione a uscire si proiettasse nel mondo delle percezioni.
La memoria di quel bambino per pochi mesi prigioniero al doposcuola, è affiorata di recente allorché dovetti annullare un viaggio in Argentina. Era una tournée amorevolmente organizzata in previsione di concerti, lezioni e di una nuova produzione di Lohengrin, che poi si rivelò bellissima. Così scrissi per annunziare la mia disdetta: “dal mio letto guardo fuori, anche stavolta è una giornata limpida. La febbre e lo stare coricati di giorno sono cose che trasportano l’immaginazione. Nella mia camera da notte le due finestre mi sovrastano un poco, inquadrano una sezione alta del cielo dove l’azzurro è più profondo e astratto. Sempre, quando sono ammalato, sfilano giorni di sole. Questa puntuale coincidenza ebbe inizio negli anni della mia prima infanzia, una dolce persecuzione che induce strane idee.
Uno, la sensazione che il cielo si faccia beffe di me estenuando le malinconie.
Secondo, che la malattia esploda quando c’è il sereno, e dunque covi col maltempo. L’impedimento dello sguardo lascia correre la mente, ce lo ha insegnato Leopardi. Da noi giunge l’autunno: nei giorni scorsi m’hanno stupito alcuni alberi d’oro; li ho visti sbuffare dinanzi a fondali cupi e mi sovvenne Dosso Dossi, nelle cui intenzioni non si legge bene se sia primavera; certo però che sia uno sforzare verso la magia la normale esperienza visiva. Oggi avrei dovuto essere in aereo: come saranno i cieli dell’altro emisfero? Penso alla luce che non ho mai visto, alla cecità cui ciascuno è condannato. Penso a Borges, è il primo ambasciatore di Buenos Aires, a Martin Bauer che per me è il secondo ambasciatore, come appariva sul selciato luccicante di pioggia nella mia piccola città. Caro amico, non siamo schiavi del destino, non dobbiamo crederlo. Tuttavia il corpo, la mente, le circostanze costringono talvolta a rinunziare, e ciò riporta entro i limiti dell’esistenza umana, quelli che tocchiamo solo eccezionalmente. Per esempio, quando siamo malati. Un abbraccio.”
Demone fausto che tormenti alcuni artisti affinché non si arrestino a uno spunto felice, né trovino appagamento nella prima invenzione! L’urgenza del comporre, ma anche la fretta di per sé, configurano la parte allucinatoria della metodologia compositiva. Da un lato l’attrazione irresistibile verso lo studio, l’intuizione furiosa che non si può tenere; dall’altro il completamento della nuova fisionomia immaginata, graduale e paziente.
V’è pure una sofferenza della creazione, poiché doloroso è varcare la soglia del proprio io. Da un quaderno del 1993 trascrivo liberamente la cruda confessione che segue. “Un nuovo lavoro. Perché l’ansia? Ansia di non farcela? Mille volte ho preso il volo, eppure è difficile ogni volta, tutta la vita costringersi ad essere se stessi, a scalare le rovine di particolari in cui inesorabilmente si vanno sgretolando le nostre abitudini artistiche. Necessarie idee che scavalchino le solite idee, questa la mia ambizione. Talvolta però mi metto io stesso in condizione di superare a fatica l’ostacolo. In che modo? Ritardi, rinvii dell’inerzia, malumori. Ecco, malumori: qual è la loro istanza? All’origine, frustrazioni familiari non del tutto sopite fra i ricordi infantili, tormenti e accuse di incapacità alla vita gettatemi addosso nell’età della crisi, sibilate intorno a me. Diciamo che la follia dei miei personaggi teatrali è a me ben nota: Elsa, Andromeda, Malaspina, Gesualdo, Macbeth, Izumi. Sono i residui di quanto io stesso sono riuscito a superare per non uscire pazzo. Cicatrici malsanate s’aprono ciclicamente. Sarei in grado di comprendere i motivi dell’incomprensione altrui. Al pari di ogni artista, anch’io rifiuto le scorciatoie della massa; come potrebbe essa non rifiutare il mio rifiuto? La lunga vita artistica dovrebbe avermi vaccinato, e invece mi trovo indifeso in faccia all’invidia dei colleghi, all’indifferenza degli organizzatori, all’ignoranza degli esecutori. Indifeso ancora affettivamente, offeso nel mio essere artista.

Da giovane ho conosciuto più successo, la gente mi concedeva un margine maggiore, almeno mi pare. In ultimo due realizzazioni hanno fiaccato la mia volontà: Cadenzario e Perseo, perché malgrado l’esito notevole non hanno avuto il seguito che mi aspettavo. Non che l’attività artistica ne venga sminuita, è che dopo certe occasioni mancate, la sofferenza raggiunge sfumature intollerabili. Quando ciò avviene, nei giorni di tortura, verrei spinto distruttivamente a negare le mie cose al mondo ingrato, impedendomi di lavorare. Pure l’età, col suo rallentamento di energie, cresce l’ostacolo. Per fortuna l’esigenza creativa passa attraverso strati più profondi (o al di sopra, non so) di ogni complicazione mentale sorta innanzi a difficoltà di rapporto personale o a inesistenti problemi pratici, elementari come il pagamento di una bolletta, o la massiccia corrispondenza che ogni momento approda al mio tavolo.” Quando così scrissi avevo 45 anni. Dovrei smentire io stesso alcuni tratti di eccessiva soggettività negativa ( qualche preteso insuccesso che fu solo stasi momentanea). Tuttavia vorrei rispettare proprio l’alterazione che tali parole vengono a testimoniare. Negli anni successivi ho assistito a una crescita e maturazione creativa che lascia incredulo perfino me. A chi ne chieda ragione, io fornisco una risposta di comodo: sono cresciute le energie compositive avendo interrotto l’insegnamento. Come però essere certi di cosa è avvenuto, del reale meccanismo della creazione, un istante che diventa nascita? Oggi, a 60 anni, pur trovandomi in posizione di privilegio rispetto a tanti miei colleghi, la mia patologia malinconica non è affatto mutata. Basterebbe un niente a perdere una vita virtuosa, quindi non ho smussato l’angolo di incidenza contro il criterio perverso dell’audience, nessun cedimento al gusto del grande pubblico. L’adorato esempio di Beethoven ha dimostrato che tale gusto si possa e si debba guidare, non dovrei essere solo a seguirlo. Sentiremo ora alcuni miei lavori non integralmente originali, ovvero delle trascrizioni. Sono una prova eccentrica del recente approfondimento dei miei studi e delle problematiche compositive. Si intitolano Storie di altre storie, affidate a fisarmonica e orchestra. In questi pezzi ho manipolato il già esistente affinché si scopra, sotto una nuova luce, una fisionomia potenziale diversa da quella che appare. Al fine di evidenziare le anticipazioni di Strawinsky contenute nella musica di Domenico Scarlatti, un musicologo avrebbe scritto un saggio. Invece io ho scritto un pezzo di musica: non è una dimostrazione, è molto di più, e il risultato arriva immediato ed emozionante alle orecchie di ognuno. È possibile applicare alla composizione una speciale idea di analisi per mezzo delle attuali forme temporali multiple, insieme recuperando non a sproposito la classica alternanza solo – tutti. Un progetto del genere è rischioso poiché coniuga suoni noti con immagini musicali e accostamenti storici inediti. Rischioso anche per il confronto scoperto con la tecnica della tradizione, anzi di tre: quella settecentesca, quella novecentesca, quella moderna ( la mia). 

domenica 18 settembre 2016

Perchè mi domandano solo delle 'patate' in mostra a Venezia, e non dei film della Mostra - ha lamentato Natalia Aspesi in un corsivo

La Aspesi che, a Venezia , nelle giornate della Mostra del cinema c'è andata per vedere i film in concorso ed anche per una breve vacanza, è forse l'unica a non aver visto le due 'patate' una in rosso e l'altra in arancione che sfilavano sul red carpet; e perciò, quando dal parrucchiere - che certamente non  è  nella Chinatown milanese - le hanno chiesto delle 'patate' veneziane, è caduta dalle nuvole. E, non avendo letto i giornali a Venezia - dove risiedeva non aveva edicole a portata di mano -  non sapeva neppure di quali 'patate'  le domandassero, anzi sì è dovuta far spiegare e raccontare per filo e per segno la marcia trionfale delle patate sul red carpet, di cui le sue interlocutrici sapevano tutto, anche nome e cognome- delle patate? - e ne ha riferito ieri in un corsivo.

Sempre ieri, una trasmissione delle reti berlusconiane ha creduto necessario inserire, tra una storia lacrimevole e l'altra, in seguito al clamore suscitato dall'episodio veneziano e dal corsivo della Aspesi, la cronistoria delle patate trionfatrici,  con qualche punta di ironia,  sulla Aspesi, l'unica in Italia a non sapere dell'accaduto a Venezia.
 Fuor di metafora, le patate che hanno sfilato a Venezia, non sono quel ricco e saporito tubero importato in Italia da Colombo, che si può gustare in tutte le salse, ed anche al naturale, bensì  quel 'frutto' femminile proibito che nei secoli s'è guadagnato  una sfilza di nomi fantasiosi, e che i veli rosso o arancione delle signorine hanno svelato agli occhi dei presenti.
La Aspesi, innocente, si chiede con grande meraviglia come mai nessuna delle frequentatrici del suo parrucchiere, e noi immaginiamo anche nessuna delle signore milanesi che Lei solitamente frequenta, le abbiano chiesto dei film, e neanche di quello che ha vinto il 'Leone  d'oro'.

Noi, modestamente, una spiegazione possiamo fornirgliela, se lo desidera; sempre che  da noi l'accetti. Ed è semplice.
I film, specie se non commerciali, non contano un tubo, non fanno notizia - lo fanno nei giornali ma solo durante la mostra, poi niente più - non importano a nessuno, come non importa a nessuno quanto avviene nel mondo della arti ed in quello dello spettacolo dal vivo - pensiamo alla musica, al teatro.
E i giornali, consci del mutamento, lo registrano ed assecondano, senza reagire. Negli ultimi giorni ha fatto clamore l'arrivo in Italia,  a Parma, di un direttore giovane, di appena 26 anni, nient'altro.  L'età è la notizia, nessuna sostanza.
Un novità in teatro o all'opera passa inosservata se non ci infilano dentro qualche scandaletto, di carattere sessuale (  ad esempio un nudo, esattamente come a Venezia le due patate in  bella mostra sul red carpet)  e perciò autori e registi, fattisi furbi, si adeguano.
 Altro non c'è da dire.

Sulla Scalinata di Trinità dei Monti prosegue, acceso, il dibattito

 Oggi un altro paio di interventi, il più autorevole dei quali di Vittorio Emiliani. Il quale racconta come le inferriate, o cancellate sono necessarie, almeno di notte,  perché sono l' unico mezzo per evitare il lento ma inesorabile degrado di tanti monumenti ad opera di vandali ed incivili.  E ricorda anche che 'ultimo restauro prima dell'attuale ebbe luogo una ventina di anni fa;  e che il degrado attuale non si è prodotto negli ultimi anni. E che, occorre dotare il celebre monumento di una vigilanza - e su questo tutti, senza eccezione alcuna, sono d'accordo.
 E sostiene anche che per evitare che qualcuno, anzi più d'uno e quotidianamente, bivacchi sulla scalinata, sarebbe il caso che in Piazza di Spagna si mettano un pò di panche in travertino o materiale altrettanto idoneo, per consentire ai visitatori di ammirare la Scalinata in tutta comodità.
 E Gawronski ha proposto di evitare qualunque sosta sulla scalinata, riservandola al solo passaggio.
 Infine, Paolo Bulgari ha risposto a chi gli proponeva di destinare la scalinata anche a mostre  temporanee di sculture o di altro, di non esser d'accordo. Sulla scalinata, è questo il parere del gioielliere, si può mettere in mostra, semmai, qualcosa al centro, dove c'è uno slargo, non altrove; ma che, comunque, basterebbero i fiori, la scalinata non sopporta altro.  E la mente va al ricordo della scalinata fiorita di azalee multicolori in primavera. Uno spettacolo indimenticabile.

Direttori d'orchestra cercansi, ma solo se giovani. A proposito del ventiseienne anglo-indiano che dirigerà la Toscanini, a Parma

Già nei giorni scorsi abbiamo parlato del caso del giovanissimo direttore nato in Inghilterra, da genitori di origine indiana, che a 26 anni assume l'incarico triennale di direttore principale dell'orchestra parmense, succedendo a Franesco Lanzillotta, non giovanissimo di età ma di carriera invece sì.
 Oggi la lettura  dell'entusiasta biografia tracciata da un quotidiano ( Repubblica, a firma Giuseppe Videtti) ci costringe a qualche riflessione di segno opposto.
 Noi non siamo  contro i giovani direttori perché giovani, anche se proprio la loro giovane età in un mestiere così complesso come quello del direttore d'orchestra non può non impensierirci;  come già ci hanno impensierito, in anni recenti, gli sbarchi, non ancora esauriti, italiani e non solo italiani,  dei giovani  direttori venezuelani che non hanno sempre brillato come si pretendeva dalla loro giovane età.

I giovani direttori si sono sempre difesi così. Se ti si presenta una opportunità perchè rifiutarla? Hanno ragione. Ma ha ragione anche chi dice che, a differenza di altri campi creativi,  come nelle arti visive o della scrittura,  quando gli énfant prodige sono capaci di grandi exploit anche in giovanissima età, un direttore d'orchestra giovane, con tutta la sensibilità che gli si può riconoscere ed anche la genialità, ha comunque molte cose da imparare ancora, dalla tradizione e soprattutto dall' esperienza. Ed è in fondo quello che tanti direttori, che pure hanno esordito giovanissimi, oggi hanno accusato vedendo questa passerella giovanilistica sempre più affollata. Lo ha fatto notare Muti, lo fece anche Maazel.

Se uno obietta che un giovane direttore, come quello di cui ci stiamo occupando, e cioè Alpesh Chauhan, dirigerà fra breve la London Symphony potrà ben dirigere la Toscanini di Parma, gli rispondiamo subito che si sbaglia di grosso, perchè il paragone non tiene.
Innanzitutto  perchè dirigere la London non è come dirigere la Toscanini, poi perché la Toscanini non è la London Symphony, ed infine che se alla London Symphony, comunque vadano le cose, non potrà mai nuocere, alla Toscanini è più facile che possa nuocere; e che, comunque, è  purtroppo assai probabile che non le faccia fare un solo  passo avanti nella crescita qualitativa.  In virtù del fatto che gli manca quell'esperienza che si fa sul campo e la conoscenza della tradizione direttoriale capace di far progredire un'orchestra. Alla fine è più facile che la Toscanini giovi a Chauhan,  per farsi l'esperienza indispensabile al mestiere del direttore, piuttosto che il contrario.

E allora perché vantarsi del suo arrivo e addirittura del fatto che lo si è strappato ad una  fondazione lirica che lo avrebbe voluto a tutti i costi -  che matti ! - nonostante che egli non sia ancora mai entrato nella buca di un teatro? Soltanto perché è tanto giovane e dunque da esibire come un fenomeno da baraccone, che è la stessa ragione per cui lo invitano anche le grandi orchestre, le quali però, terminato il concerto, quale che sia stato l'esito, si scrollano di dosso tutto e voltano pagina senza perdere un solo milligrammo del loro peso qualitativo specifico. Mentre la Toscanini, che  non ne ha da vendere, invece, forse non è neppure capace di conservare quel tanto che ha faticosamente raggiunto nel tempo.

Tournée alla velocità della luce. E' vera gloria? La Filarmonica della Scala in Europa

Ultima delle tournée decantate anche per il loro velocissimo svolgimento - 'cinque concerti in cinque giorni', dettano gongolanti gli uffici stampa - quella della Filarmonica della Scala, guidata da Chailly che si appresta a partire la prossima settimana  e che dal 24 settembre a 2 ottobre toccherà 8 città in nove giorni, sei delle quali in Germania , con la sola eccezione del Lussemburgo, le ultime due a Vienna e Parigi. In particolare: Essen, il 24, Dortmund il 25, Lussemburgo il 26, ad Amburgo il 28, Colonia il 29 e Baden Baden il 30. Poi Vienna,  il 1 ottobre, e Parigi,  il 2. E basta!
Va detto che le città tedesche, in parte, non sono lontanissime e forse tra alcune di esse c'è la stessa distanza che serve a coprire l'intero raccordo anulare a Roma, e dunque qualche spostamento non sarà così faticoso. Ma le tournée non  considerano sempre la distanza, né possono prendere in considerazione l'eventuale stanchezza degli strumentisti.
Non gridiamo: al lupo al lupo! solo oggi, mentre non lo abbiamo fatto in occasioni analoghe in anni passati, come quando, invitati dall'Accademia di Santa Cecilia, seguimmo la tournée dell'Orchestra romana con Pappano  da Lucerna a Linz passando per Vienna, con spostamenti in aereo o in pullman.

Come ieri anche oggi ci domandiamo perché sottoporre a questo tour de force le orchestre; quali sono i vantaggi che ne traggono, e quale il rendimento in simili trasferte 'col turbo'; ma anche quali  i costi?
 Diciamo che solitamente queste tournée rendono poco o  nulla in termini economici, anzi nella migliore delle ipotesi, con uno sponsor in aiuto, si coprono le spese, ma solo se si corre,  perché se si imprimono ritmi più umani i costui diventano insostenibili.

Quali vantaggi allora traggono le orchestre a viaggiare e suonare alla velocità della luce? Farsi ascoltare nei luoghi lontani dalla loro abituale residenza, vuol dire farsi ascoltare nella condizioni migliori? No, certamente. Perchè se è vero che molti direttori malvolentieri dicono di passare da una orchestra ad un'altra - a meno che non si tratti dei Berliner o dei Wiener che suonano anche ad occhi chiusi e perfino 'a dispetto' del direttore di turno - accampando la scusa che  passando da un'orchestra ad un'altra non si stabilisce quel feeling necessario alla buona resa di un concerto, feeling che invece si ha con la 'propria' orchestra, un analogo discorso dovrebbe ripetersi per il passaggio da un auditorium ad un altro, a distanza di poche ore fra l'uno e l'altro. Dunque, sotto questo profilo, le orchestre in tournée non rendono al meglio: vox populi.

E quali sono i costi di simili tournée? Enormi se rapportati alla 'toccata e fuga'.  E maggiori quanto più provinciale è l'istituzione che invita. Ma quanto costano, con più precisione? Tantissimo comunque. Non sappiamo, cifre alla mano, di questa tournée dell'orchestra milanese.

Ma sui giornali nelle passate settimane abbiamo letto della trasferta dell'Orchestra dell'Accademia di Santa Cecilia, diretta da Pappano, a Caserta, nel cortile della reggia borbonica, che il governatore De Luca, novello 'barbone' salernitano, ha voluto a tutti i costi: quasi due milioni di Euro per due concerti, considerando naturalmente anche le spese di allestimento del cortile della reggia; posti disponibili 1000 circa a sera; costo per spettatore: 1000 Euro.
 Fu vera gloria? E, soprattutto, fu buona e utile spesa? Senza attendere i posteri e la loro sentenza: No!

Lo stesso discorso si potrebbe e dovrebbe fare anche  a proposito di cantanti e strumentisti, i primi dei quali, specie se di gran  fama, vivono più in aereo che in sala prove. E, infine, ripensare anche ai costi che oggi sono, nonostante la crisi e qualche misura  calmieratrice introdotta, sono ancora esosi e fuori misura.

sabato 17 settembre 2016

Anche l'Arena, oltre il Teatro romano di Verona, trasformata in pista di pattinaggio su ghiaccio

Ancora a Tomaso Montanari. Vogliamo rivolgergli l'appello ad intervenire per la seconda volta, ma presto, sullo scempio che ha denunciato ieri del Teatro romano di Verona, perché un analogo scempio, per il terzo anno consecutivo- ho letto che sarebbe il quinto anno comnsecutivo - sta per abbattersi anche sull'Arena.  Per una serata voluta da una grande industria di biancheria intima che si affida a pattinatrici professioniste per mettere insieme, opera, danza, luci, in onore di slip e reggiseni di nuova generazione
 Che cosa paga l'industria dell'intimo all'Arena per una simile 'spoliazione' dei suoi connotati storici? Non sappiamo. Ci auguriamo soltanto che non costi quel pochissimo con cui il Comune di Roma cede Piazza del Popolo a chicchessia, specie se fa casino e se tale casino è ripreso dalle telecamere.
 Ma forse, per Verona, l'azienda in questione non paga nulla , perchè all'Arena qualcosa ha già pagato per soddisfare le manie di grandezza di Tosi 'il barbaro' che vorrebbe la copertura del grande Anfiteatro. Il cui progetto di fattibilità è stato proprio pagato da quella stessa azienda, alla quale ora  viene concesso  di pattinare in Arena.

Ancora sulla Scalinata di Trinità dei Monti. Si teme per i lbuono stato della cancellata. E per la scalinata?

Ancora sulla protezione della Scalinata di Trinità dei Monti, restaurata con i soldi di Bulgari, alla vigilia della sua reinaugurazione.
 Chi ha proposto la messa in opera di una cancellata protettiva, Bulgari in primis, naturalmente intendeva che le cancellate sarebbero dovute essere due, una in basso, ai piedi della scalinata, in Piazza di Spagna, l'altra in cima, sotto la Chiesta di Trinità dei Monti che sovrasta, nel tentativo di proteggerla, la scalinata medesima. Ovvio, come si può pensare di chiudere di notte la scalinata in basso, lasciando libero l'accesso dall'alto?
 Le chiusure, se ad esse si arriverà - come noi ci  auguriamo - devono quindi essere due. E la deterrenza che essere dovrebbero esercitare sui malintenzionati nei riguardi del monumento, dovrebbe essere corroborata da telecamere di sorveglianza, oltre che da vigilanza - sulla quale ultima si accettano scommesse che non ci sarà mai e poi mai.
 Adesso, coloro i quali non vogliono la cancellata (anche se in plexigas che lascerebbe libera alla vista l'intero monumento) si preoccupano di proteggere la cancellata stessa dai vandali. Perchè -dicono oggi su Repubblica, ed Augias condivide - la sua esistenza invoglierebbe gli sciagurati ed incivili cittadini ad imbrattarla nel giro di poco con scritte, se non anche a martellarla ( è già accaduto!). Meglio che imbrattino la cancellata che la scalinata. Ma ai difensori dell'integrità della cancellata preme evidentemente meno l'integrità della scalinata medesima.
 Per mettere d'accordo tutti, si erga una cancellata, anzi due, in cima e ai piedi della scalinata, negli stessi punti di accesso, oltre che in vari altri punti della scalinata, si piazzino telecamere di controllo, e poi - il rispetto della bellezza lo impone - si assicuri alla scalinata medesima anche una vigilanza. Alla quale deve necessariamente seguire, per  trasgressori e vandali, la punizione meritata, con multe in denaro, ma non irrilevanti. Se si teme tanto per il buono stato della eventuale cancellata, tanto che si è certi che verrà offesa in tutti i modi possibili, come non temere, a maggior ragione, per la scalinata, tornata al primitivo splendore dopo il costoso restauro?
 E, infine, si cominci subito ad insegnare ai ragazzi dalle scuole il culto e l'amore della bellezza, ed il rispetto della nostra storia e del patrimonio artistico, culturale ed anche  naturale - anche questo terzo aspetto non dimentichiamolo.

venerdì 16 settembre 2016

Sulla scalinata di Trinità dei Monti - chiusura o non chiusura notturna- interviene anche Vittorio Sgarbi

Il quale, Sgarbi, precisa che la proposta di Bulgari di chiuderla di notte non  è quella del padrone che per averla restaurata, crede di poter disporre del monumento. Non, non è così, Bulgari che ha sborsato la cifra necessaria al restauro, conoscendo bene ciò che avviene a Roma in offesa a tanti monumenti, non rispettati, anche perché non custoditi e vigilati, teme che nel giro di poco tempo la scalinata possa tornare ad essere quella di prima, soprattutto con il favore delle tenebre, con i gesti e gli sfregi di scalmanati ed incivili.
 Anche lui, Sgarbi, non crede alla vigilanza. Non si vigila di giorno sui monumenti anche i più celebri, come il Colosseo, come si può pensare che chi governa destini alla scalinata anche solo una coppia di vigilanti di notte?
 E, per ovviare alla installazione della inferriata, magari di plexigas, trasparente, come quella che ora protegge la scalinata in attesa di inaugurazione, per non scontentare nè quelli che confidano  nella vigilanza, nè quelli che insistono per  la chiusura notturna, indica una terza soluzione: far pagare un pedaggio a chiunque l'attraversi, magari solo 1 o 2 Euro.
E magari -  questo Sgarbi non lo dice  ma forse lo pensa - con dei tondelli in alto ed in basso, dai quali i barbari, sempre in agguato e sempre pronti a colpire, passeranno, scavalcandoli, e senza pagare. Portoghesi e saltatori dei tondelli di accesso alle linee della Metropolitana, dovrebbero insegnare qualcosa.

Tomaso Montanari che oggi grida allo scandolo per lo scempio del Teatro romano di Verona, dimentica che anche l'Arena ha subito lo stesso scempio

Il Teatro romano di Verona avrà nei prossimi giorni la vasta platea ricoperta di ghiaccio per ospitare uno spettacolo di pattinaggio. E Montanari, oggi su Repubblica, giustamente grida allo scandalo, indicando anche un colpevole, l'unico colpevole possibile, nel sindaco Tosi, noto con il soprannome di 'barbaro'. E lo scempio è maggiore se, come fa  pesare Montanari, il Teatro romano  era stato richiesto negli stessi giorni anche per un'altra manifestazione che certamente non avrebbe oltraggiato la bellezza del luogo. Ma dai barbari che t'aspetti?
 Montanari - non sappiamo cosa facesse all'epoca del fatto che stiamo per riferire - avrebbe dovuto ricordare nel suo articolo  di denuncia che Tosi ed il suo  sodale Girondini, allora sovrintendente dell'Arena, ospitarono pochi anni fa, ma  nel grande anfiteatro tempio della lirica, l'Arena, una squallidissima serata di pattinaggio artistico, a favore delle telecamere  RAI, in cui, oltraggio su oltraggio, si ascoltavano le musiche di Traviata , ma non il brindisi bensì il tesissimo straziante 'preludio', ad esempio, e la pattinatrice di turno svolazzava felice e contenta.
 Dopo simili oltraggi i responsabili andrebbero processati per direttissima e chiusi dietro le sbarre, perchè non facciano altri danni. Come ne ha già promesso un altro, ancora Tosi che vuol coprire l'Arena per  utilizzarne l'enorme storico spazio, tutto l'anno, e per qualsivoglia porcheria, anche quando piove o tira vento.
 Salvo scoprire poi che, nonostante la vastità  della platea, 13.000 posti circa, l'Arena di Verona è in perenne deficit e che poco ci è mancato nei mesi scorsi che chiudesse per fallimento.
Un successone, dunque, anche per Tosi.

P.S. Il portavoce di Tosi il 'barbaro' ha fatto sapere, a mezzo stampa, che il Comune di Verona ci ha preso quasi 20.000 Euro per l'affitto del Teatro romano. Certo,  tre volte  quanto il Comune di Roma prende per affittare Piazza del Popolo  ( 7.000 Euro circa), ma pur sempre una miseria.
 Gli affitti bassi e vergognosi di tanti luoghi storici fanno, ancora una volta, capire la scarsa considerazione in cui noi teniamo questi monumenti e, di conseguenza, lo scarso valore che gli attribuiamo nella commercializzazione.

Chi tocca la Callas indegnamente resta fulminato

Perchè parlare della Callas se non si hanno le conoscenze necessarie? 'La vita in diretta' di Rai 1, appena pochi minuti fa, ha chiamato in studio Fiamma Izzo D'Amico, cantante per due o tre giorni in tutta la sua vita, e che  da quindici anni non canta più, ed uno stilista innamorato come tanti della Callas, per parlare della cantante interprete,  la più grande del secolo - l'ha detto anche una rivista di musica italiana, dunque è vero! - e, in collegamento, una cantante, Luisa Mandelli, oggi novantaquattrenne, che con lei fece Annina in Traviata, e Giovanna Lomazzi, amica di Maria.
Inutile dire che ogni sillaba del chiacchiericcio, nell' anniversario della sua morte, avvenuta in un tragico 16 settembre 1977, a Parigi,  era fuori luogo. Mentre del tutto errato era quanto si diceva nel servizio, curato da Alessandro D'Alessandro che attribuiva il successo della Callas all'incontro con Toscanini.
Nulla di più falso, anche perchè con Toscanini la Callas non ha mai cantato e perchè a lei ha sempre preferito la Tebaldi. Il direttore cui si deve la scoperta della Callas ed il suo debutto italiano all'Arena di Verona ( 1947) con Gioconda e, successivamente, 1948, alla Fenice, con Tristano e Isotta di Wagner fu  il direttore Tullio Serafin - non Toscanini! -  e Francesco Siciliani  che la ascoltarono per primi in Italia e per  primi capirono che quella ragazzona greca aveva la stoffa della grande interprete.
Allora meglio tacere che dire le solite banalità e colossali inesattezze.