Nei giorni scorsi è scomparso Ettore Zocaro, un nostro amico, uno dei pochissimi veri amici. Giornalista dell'Ansa noto a tutti da una vita, commesso viaggiatore instancabile per seguire teatro soprattutto, ma anche cinema, danza ed opera; memoria storica degli ultimi cinquanta -sessant'anni di vita culturale in Italia, di cui è stato attento onesto ed acuto osservatore, ed anche studioso.
Ci dispiace veramente che sia morto. Ma tant'è arriva per tutti quel momento, e poi aveva quasi 93 anni, una bella età specie per chi, con qualche acciacco, è stato attivo e sveglio fino all'ultimo. Ciao Ettore.
Il ministro Franceschini ha nominato i due membri che rappresenteranno il suo Ministero all'interno del CDA del Teatro alla Scala, uno di questi è una riconferma ( Zanbon), l'altro è di fatto un ritorno, Francesco Micheli, già nel CDA della Scala fino al 2011, fondatore e deus ex machina di MiTo ( il festival estivo che lega Torino a Milano, e diretto dalla sua amica l'ing. Francesca Colombo ( già alla Scala, con Fontana e poi al Maggio Fiorentino, dal quale dovette andar via dopo poco tempo per perchè il bilancio, che aveva promesso in pareggio, non era riuscito a pareggiare, e saldamente insediata a MiTo del suo amico Micheli, che non ha mai lasciato, oltre che, successivamente, anche al Ponchielli di Cremona - 'se non la Scala grande, almeno quella piccola', avrebbe preteso l'avvenente ingegnere) presidente del Conservatorio Verdi di Milano, e fondatore del Concorso pianistico 'Micheli' - di cui non si sa che fine abbia fatto, dopo due o tre brillanti edizioni.
Ora torna alla Scala, per volere di Franceschini, essendo egli, Micheli, del giro di Renzi. Bentornato finanziere.
Angela Spocci è stata indicata dal nuovo consiglio di amministrazione del Teatro Lirico di Cagliari, presieduto dal sindaco Zedda come nuovo sovrintendente al ministro Franceschini che dovrebbe nominarla ufficialmente.
Sostituisce dopo solo sei mesi dal suo ritorno nell'isola Mauro Meli, assai gradito alla Barracciu, sottosegretario del ministero di Franceschini per volere espresso di Renzi, dopo che la bella signora era stata indagata per spese illecite con fondi pubblici e mandata via dall'isola, e altrettanto assai sgradito a Zedda, che l'avrebbe avuta vinta. Ora occorre attendere la nomina del Ministro, alvo che il suo suggeritore non gli consigli di non firmare la nomina. Ma sarebbe un fatto assai grave, perchè la Spocci, che da Cagliari come commissario c'è già passata anni fa, ha tutte le carte in regola per fare il sovrintendente. Lei non è una musicista, quindi dovrà nominare a sua volta un direttore artistico. Meli, che invece è musicista, chitarrista diplomato per la precisione, ma che ha fatto una gran carriera anche se continuamente funestata da bilanci non proprio brillanti, faceva a meno di un direttore artistico e si faceva bastare una segreteria molto attrezzata, per condurre le danze della programmazione artistica lui in prima persona. magari ascoltando i suggerimenti di qualche ben noto agente, non di pubblica sicurezza.
Ciò che ci mette pensiero è che il Teatro di Cagliari, già disastrato ( ma premiato dal ministero per produttività e bilanci in ordine - una beffa ed anche un insulto! -) non può cambiare dirigenza ogni sei mesi, perché così non ci sarà mai un vero colpevole di eventuali altri futuri disastri, e la programmazione artistica sarà di conseguenza disastrosa, nonostante alcuni 'specchietti per le allodole', o 'stivaletti', se si vuole, al loro secondo round cagliaritano.
In una intervista apparsa oggi sul Messaggero, Aurelio Regina, presidente di Musica per Roma e titolare di una nota manifattura di tabacchi che, in piena crisi dell'opera aveva dedicato un sigaro al disastrato teatro retto da Fuortes, 'l'esternalizzatore', ha dichiarato che l'AD di Musica per Roma, Fuortes, ha fatto così bene anche quest'anno che il problema di lasciare una delle due responsabilità apicali ( sovrintendente dell'Opera) non si pone.
sabato 31 gennaio 2015
Ultimissime dal mondo della musica. Zocaro, Micheli, Spocci, Regina per Fuortes
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C'è disparità di trattamento fra BCE e Senato della repubblica italiana, perchè Mario Draghi non è Elisabetta Serafin
Mario Draghi, salvatore dell'Euro, dell'Europa, dell'Italia, salvatore di tutto e tutti, al punto da essere considerato fino a pochi giorni fa e prima della sua dichiarata volontà di restare alla BCE, uno dei più accreditati candidati a succedere a Giorgio Napolitano, ha incontrato qualche settimana fa Elisabetta Serafin, da qualche anno segretario generale del Senato della repubblica, la bionda signora dalla ciocca 'single' (talvolta in versione 'boccolo') che le pende sul lato destro del viso giovanile, e le ha chiesto nome ed indirizzo del suo parrucchiere. La signora, lusingata, glielo ha dato, preavvertendolo che è 'abbastanza caro, anche se ne vale tutti i soldi che mi fa spendere, come anche Lei ha notato'.
Draghi chiedeva del parrucchiere alla Serafin non senza ragione. Voleva suggerirlo, se avesse voluto cambiare pettinatura, a sua moglie, con la quale nei giorni scorsi è stato ritratto mentre la baciava teneramente, fra un acquisto e l'altro di mangimi per cani in un noto centro commerciale della Capitale. La signora Draghi, in quella foto, appare sobria e pur elegante; ma non si sa mai, le donne spesso cambiano tutto da un giorno all'altro, anche la pettinatura.
Draghi - ci risulta - non l'ha ancora suggerito a sua moglie il nome del parrucchiere della Serafin, perchè vuole farglielo come regalo al prossimo compleanno e perchè sta ancora meditando se il costo, sebbene non proibitivo per le sue tasche, possa comunque sostenerlo nel lungo periodo.
Draghi non ha voluto rivelare quanto costa il parrucchiere della Serafin, la quale forse non glielo ha nemmeno detto con precisione, ammonendolo semplicemente che 'è abbastanza caro'.
Certo è che dal parrucchiere la Serafin lascia quotidianamente soldi, tanti soldi, quanti forse non sarebbero neppure necessari alla signora Draghi che dal parrucchiere potrebbe andarci una volta e basta, per fare una follia.
E comunque la voce 'parrucchiere' per la Serafin è una delle più pesanti fra quelle che concorrono a formare il suo compenso annuale che ora ammonta a 427.000 Euro e che si adegua annualmente ed automaticamente con un aumento del 2%, in linea con l'aumento dei prezzi del suo parrucchiere.
Mentre Draghi, non includendovi anche alcune spese della sua signora, ha uno stipendio annuo da governatore della BCE che si ferma a 374.000 Euro.
Riuscirà mai Draghi a mandare la sua signora dal parruchiere della Serafin?
Draghi chiedeva del parrucchiere alla Serafin non senza ragione. Voleva suggerirlo, se avesse voluto cambiare pettinatura, a sua moglie, con la quale nei giorni scorsi è stato ritratto mentre la baciava teneramente, fra un acquisto e l'altro di mangimi per cani in un noto centro commerciale della Capitale. La signora Draghi, in quella foto, appare sobria e pur elegante; ma non si sa mai, le donne spesso cambiano tutto da un giorno all'altro, anche la pettinatura.
Draghi - ci risulta - non l'ha ancora suggerito a sua moglie il nome del parrucchiere della Serafin, perchè vuole farglielo come regalo al prossimo compleanno e perchè sta ancora meditando se il costo, sebbene non proibitivo per le sue tasche, possa comunque sostenerlo nel lungo periodo.
Draghi non ha voluto rivelare quanto costa il parrucchiere della Serafin, la quale forse non glielo ha nemmeno detto con precisione, ammonendolo semplicemente che 'è abbastanza caro'.
Certo è che dal parrucchiere la Serafin lascia quotidianamente soldi, tanti soldi, quanti forse non sarebbero neppure necessari alla signora Draghi che dal parrucchiere potrebbe andarci una volta e basta, per fare una follia.
E comunque la voce 'parrucchiere' per la Serafin è una delle più pesanti fra quelle che concorrono a formare il suo compenso annuale che ora ammonta a 427.000 Euro e che si adegua annualmente ed automaticamente con un aumento del 2%, in linea con l'aumento dei prezzi del suo parrucchiere.
Mentre Draghi, non includendovi anche alcune spese della sua signora, ha uno stipendio annuo da governatore della BCE che si ferma a 374.000 Euro.
Riuscirà mai Draghi a mandare la sua signora dal parruchiere della Serafin?
'Senso di responsabilità', 'Rispetto del bene della nazione'. Alcune delle bestemmie che si ascoltano questi giorni in tv.
Alla vigilia della elezione del nuovo Presidente della repubblica, che succederà a Giorgio Napolitano, dimissionario come aveva promesso, tutti i partiti danno segno di resipiscenza, dichiarando e mostrando quanto forte sia in loro il senso di responsabilità, e come abbiano a cuore le sorti del paese, quanto importante sia il rispetto che nutrono per i cittadini che li hanno votati (non è proprio così, ma facciamo finta che lo sia).
Sgomitano per il loro minuto di celebrità prima di ricadere nel dimenticatoio che avvolgerà nuovamente la gran parte di loro, ad elezione avvenuta.
Ma, si sa, come basti un minuto, uno solo, per mostrare a tutti, a futura memoria, la loro faccia di c...
S'è sentito, come un ritornello: Renzi ha proposto Mattarella, senza consultarci, rompendo il patto di lealtà che Forza Italia, anzi il suo Presidente, condannato, ha stretto nelle segrete stanze del Nazareno. A noi non interessano le poltrone, ma l'interesse generale ed il bene della nazione.
E giù, parte una solenne risata dalla immensa platea televisiva, occultata in tempo alle orecchie di tutti dalla immediata chiusura dei microfoni.
E tutti, per il senso di rpsosnabilità, questa mattina - veramente già da ieri sera - faranno convergere il loro voto su Mattarella, sul quale tutti hanno dichiarato in questi giorni di vigilia - nessuno ha nulla da dire, neanche i Cinque stelle - i quali però sembra non abbiano da dire nulla in assoluto e su nulla - che non hanno nulla da dire, sulla persona, ma che non possono accettare il metodo seguito da Renzi. Ciò dice anche il condannato, e dice anche Alfano, l'inconsistente, in coppia con Cesa, l'industriale che avrebbero candidato Casini ( con quel nome?).
Insomma lo dicono tutti, ma senza la strategia di Renzi che ha messo tutti all'angolo, nessuno lo avrebbe votato, per una questione di principio, perché in politica la forma e importante quanto la sostanza, e, comunque, sempre per senso di responsabilità. Poi per lo stesso senso di responsabilità (non hanno pesato le paure di perdere poltrone e rendite di posizione politica, oltre che prebende) verso il paese, tutti i 'quaquaraqua', maschi e femmine senza distinzione , che siedono in questi giorni in Parlamento per la grande occasione di dare pessimo spettacolo di sè, ancora una volta, hanno deciso di votare Mattarella. Ad eccezione del partito del condannato il quale ha scelto di uscire dal Parlamento e stare con il suo capo, nell'ospizio milanese, dove svolge il suo servizio sociale, per evitare la galera e scontare la condanna.
E, sempre per il senso di responsabilità del mondo politico, e solo per questo, fra qualche ora l'Italia avrà il suo nuovo Presidente della repubblica, Sergio Mattarella.
Sgomitano per il loro minuto di celebrità prima di ricadere nel dimenticatoio che avvolgerà nuovamente la gran parte di loro, ad elezione avvenuta.
Ma, si sa, come basti un minuto, uno solo, per mostrare a tutti, a futura memoria, la loro faccia di c...
S'è sentito, come un ritornello: Renzi ha proposto Mattarella, senza consultarci, rompendo il patto di lealtà che Forza Italia, anzi il suo Presidente, condannato, ha stretto nelle segrete stanze del Nazareno. A noi non interessano le poltrone, ma l'interesse generale ed il bene della nazione.
E giù, parte una solenne risata dalla immensa platea televisiva, occultata in tempo alle orecchie di tutti dalla immediata chiusura dei microfoni.
E tutti, per il senso di rpsosnabilità, questa mattina - veramente già da ieri sera - faranno convergere il loro voto su Mattarella, sul quale tutti hanno dichiarato in questi giorni di vigilia - nessuno ha nulla da dire, neanche i Cinque stelle - i quali però sembra non abbiano da dire nulla in assoluto e su nulla - che non hanno nulla da dire, sulla persona, ma che non possono accettare il metodo seguito da Renzi. Ciò dice anche il condannato, e dice anche Alfano, l'inconsistente, in coppia con Cesa, l'industriale che avrebbero candidato Casini ( con quel nome?).
Insomma lo dicono tutti, ma senza la strategia di Renzi che ha messo tutti all'angolo, nessuno lo avrebbe votato, per una questione di principio, perché in politica la forma e importante quanto la sostanza, e, comunque, sempre per senso di responsabilità. Poi per lo stesso senso di responsabilità (non hanno pesato le paure di perdere poltrone e rendite di posizione politica, oltre che prebende) verso il paese, tutti i 'quaquaraqua', maschi e femmine senza distinzione , che siedono in questi giorni in Parlamento per la grande occasione di dare pessimo spettacolo di sè, ancora una volta, hanno deciso di votare Mattarella. Ad eccezione del partito del condannato il quale ha scelto di uscire dal Parlamento e stare con il suo capo, nell'ospizio milanese, dove svolge il suo servizio sociale, per evitare la galera e scontare la condanna.
E, sempre per il senso di responsabilità del mondo politico, e solo per questo, fra qualche ora l'Italia avrà il suo nuovo Presidente della repubblica, Sergio Mattarella.
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venerdì 30 gennaio 2015
Ancora su Schubert/Berio, sigla di Radio 3
Se si voleva, attraverso quella sigla , dare una mano ai compositori d'oggi, bistrattati ed ignorati anche dalla radio di Stato - salvo alcuni, amici degli amici - quella mano era più logico darla ad altri compositori meno esposti ed eseguiti di Berio e perciò impossibilitati a ricavare dal loro lavoro di musicisti un solo Euro. Berio non ne aveva bisogno. Ma se quello era il 'pio' scopo, allora era più serio, dopo aver cominciato con Berio, passare, ogni due o tre anni, ad altri compositori. Mentre Berio resiste da almeno una quindicina d'anni e forse più (Non è che l'uso di quella sigla coincise con l'arrivo di Berio a Roma, prima Commissario e poi Sovrintendente dell'Accademia? Per ingraziarselo?) E invece no. Berio, solo lui e gli altri si arrangino.
Ma c'è anche un'altra ragione, più squisitamente artistica, per togliere quella musica, anche se da questo orecchio coloro i quali hanno promosso ed avallato l'operazione Berio non ci sentono. E cioè che Berio, in questo caso, lucrerebbe sulla pelle di Schubert. Povero. E non sulla musica solo sua, cioè farina esclusiva del suo sacco.
Nella sua vita ed attività, operazioni simili a questa, di cannibalismo musicale, Berio ne ha fatte più d'una, a cominciare da Boccherini (Ritirata notturna di Madrid sulla quale ha prodotto quattro versioni con un giochetto, rifilate alla Scala) per finire a Puccini(Turandot), costruendo il finale dell'opera incompiuta (?) destinandola a Chailly che l'ha più volte utilizzato, ma che non è riuscito a scalzare quello più usato. E forse Chailly lo utilizzerà anche per le recite previste all'inizio dell Expo di Milano, alla Scala.
Per questa seconda ragione, soprattutto, quella musichetta dovrebbe sparire da Radio 3. In Italia di musica molto più bella e più adatta allo scopo di quella di Berio ve ne è a josa, c'è solo l'imbarazzo della scelta, che dovrebbe cadere di colpo, al tintinnare del denaro che finisce nelle tasche dei suoi eredi.
Ma c'è anche un'altra ragione, più squisitamente artistica, per togliere quella musica, anche se da questo orecchio coloro i quali hanno promosso ed avallato l'operazione Berio non ci sentono. E cioè che Berio, in questo caso, lucrerebbe sulla pelle di Schubert. Povero. E non sulla musica solo sua, cioè farina esclusiva del suo sacco.
Nella sua vita ed attività, operazioni simili a questa, di cannibalismo musicale, Berio ne ha fatte più d'una, a cominciare da Boccherini (Ritirata notturna di Madrid sulla quale ha prodotto quattro versioni con un giochetto, rifilate alla Scala) per finire a Puccini(Turandot), costruendo il finale dell'opera incompiuta (?) destinandola a Chailly che l'ha più volte utilizzato, ma che non è riuscito a scalzare quello più usato. E forse Chailly lo utilizzerà anche per le recite previste all'inizio dell Expo di Milano, alla Scala.
Per questa seconda ragione, soprattutto, quella musichetta dovrebbe sparire da Radio 3. In Italia di musica molto più bella e più adatta allo scopo di quella di Berio ve ne è a josa, c'è solo l'imbarazzo della scelta, che dovrebbe cadere di colpo, al tintinnare del denaro che finisce nelle tasche dei suoi eredi.
giovedì 29 gennaio 2015
Nonostante le disposizioni della direzione RAI, a Radio 3 persiste la sigla di Berio( quanto a diritti d'autore), che in realtà è di Schubert
All'inizio del 2015, come hanno riferito i giornali, in Rai s'è verificata una rivoluzione. Le sigle delle trasmissioni come i cosiddetti 'tappeti' musicali - così sono volgarmente detti, quei 'sottofondi' che accompagnano perfino le notizie dei telegiornali e giornali radio - devono appartenere ad autori editi dalla RAI, dei quali l'ente radiotelevisivo statale ha la proprietà dei diritti. La ragione di tale norma sta nel fatto che ogni anno la RAI versa il 4% del suo bilancio generale ai loro autori. Si tratta solitamente di musichette, musicacce, di autori sconosciuti, arrivati in Rai per vie anche traverse e spesso anche sotto falso nome, per la vergogna. Ora la RAI ha detto basta, e bene ha fatto, anche perchè edita autori di un certo nome, ed ha anche un'Orchestra sinfonica nazionale con sede a Torino, alla quale può far registrate musiche di autori presenti nel proprio catalogo, senza dover pagare diritti di esecuzione, altro capitolo di spesa ingiustificata che in tempo di vacche magre SI FA BENE A ELIMINARE.
Oggi, per verificare l'osservanza di tale disposizione, abbiamo atteso che ci fosse lo stacchetto fra due delle trasmissioni di Radio 3 per constatare se quella musichetta che si ascolta dalla mattina alla sera, attribuita per diritto d'autore a Luciano Berio, ma in realtà elaborazione di una incompiuta decima sinfonia di Schubert, dal titolo 'Rendering', si ascoltava ancora. E abbiamo constatato che quella musichetta ancora si ascolta. Segno evidente che la commissione di vigilanza interna alla RAI che deve verificare l'osservanza delle disposizioni impartite alla direzione generale, sì è tappata le orecchie per far finta di non sentire.
Quella musichetta, che non riusciamo a farcela piacere e neppure a convincerci della ragione della presenza, una sola, per cui Berio ed i suoi eredi debbano percepire diritti per musiche non sue, sta lì dai tempi della direzione di Roberta Carlotto. Non crediamo di sbagliarci, se aggiungiamo che tale scelta possa essere stata sollecitata da Michele Dall'Ongaro, all'epoca consulente di Radio 3, oltre che essere gradita alla Carlotto, in omaggio al noto musicista.
Altre ragioni di opportunità non sappiamo trovarne, per quanto abbiamo da tempo riflettuto sulla questione. E per questo da tempo abbiamo proposto la sostituzione di quella musichetta Schubert/Berio, magari con Rossini o chiunque altro che non esiga diritti d'autore, essendo caduto da secoli nel cosiddetto 'pubblico dominio'. Senza che tale cambiamento comporti una caduta di stile per Radio 3, che godrebbe del vantaggio di non dover pagare un musicista (e i suoi eredi) senza alcun merito. Ma, evidentemente, la 'lobby beriana' è così forte da essere superiore a qualunque disposizione della direzione generale della RAI.
Un invito, anzi due, a Michele Dall'Ongaro che, detto per inciso, nel suo cursus honorum cita con grande evidenza, la sua collaborazione alla trasmissione di Berio 'C'è musica e musica'. Dall'Ongaro a quella trasmissione non ha collaborato e non perchè non ne abbia le qualità - ne ha in avanzo - semplicemente perchè quella trasmissione è degli anni Settanta, 1972 per la precisione, quando Michele studiava ancora e neanche in Conservatorio, e non aveva neppure vent'anni, perchè ne aveva solo 15, per quanto geniale. Lui a quella trasmissione ha collaborato, una quindicina o poco più di anni fa, sotto la supervisione di Berio, alla operazione di restauro della medesima, ritrasmessa da RAI 3 e poi finita anche in un DVD.
E, infine, lo invitiamo, dando corso alla disposizione della direzione generale e commerciale, a sostituire Berio con Rossini. Farebbe una certa figura, per la sostituzione, e realizzerebbe per la RAI un bel risparmio.
Faccia questo regalo alla RAI e agli ascoltatori di Radio 3 in procinto (o semplice previsione), di lasciare la RAI per sedersi sulla poltrona più alta dell'Accademia di Santa Cecilia, che da tempo e disperatamente insegue.
Oggi, per verificare l'osservanza di tale disposizione, abbiamo atteso che ci fosse lo stacchetto fra due delle trasmissioni di Radio 3 per constatare se quella musichetta che si ascolta dalla mattina alla sera, attribuita per diritto d'autore a Luciano Berio, ma in realtà elaborazione di una incompiuta decima sinfonia di Schubert, dal titolo 'Rendering', si ascoltava ancora. E abbiamo constatato che quella musichetta ancora si ascolta. Segno evidente che la commissione di vigilanza interna alla RAI che deve verificare l'osservanza delle disposizioni impartite alla direzione generale, sì è tappata le orecchie per far finta di non sentire.
Quella musichetta, che non riusciamo a farcela piacere e neppure a convincerci della ragione della presenza, una sola, per cui Berio ed i suoi eredi debbano percepire diritti per musiche non sue, sta lì dai tempi della direzione di Roberta Carlotto. Non crediamo di sbagliarci, se aggiungiamo che tale scelta possa essere stata sollecitata da Michele Dall'Ongaro, all'epoca consulente di Radio 3, oltre che essere gradita alla Carlotto, in omaggio al noto musicista.
Altre ragioni di opportunità non sappiamo trovarne, per quanto abbiamo da tempo riflettuto sulla questione. E per questo da tempo abbiamo proposto la sostituzione di quella musichetta Schubert/Berio, magari con Rossini o chiunque altro che non esiga diritti d'autore, essendo caduto da secoli nel cosiddetto 'pubblico dominio'. Senza che tale cambiamento comporti una caduta di stile per Radio 3, che godrebbe del vantaggio di non dover pagare un musicista (e i suoi eredi) senza alcun merito. Ma, evidentemente, la 'lobby beriana' è così forte da essere superiore a qualunque disposizione della direzione generale della RAI.
Un invito, anzi due, a Michele Dall'Ongaro che, detto per inciso, nel suo cursus honorum cita con grande evidenza, la sua collaborazione alla trasmissione di Berio 'C'è musica e musica'. Dall'Ongaro a quella trasmissione non ha collaborato e non perchè non ne abbia le qualità - ne ha in avanzo - semplicemente perchè quella trasmissione è degli anni Settanta, 1972 per la precisione, quando Michele studiava ancora e neanche in Conservatorio, e non aveva neppure vent'anni, perchè ne aveva solo 15, per quanto geniale. Lui a quella trasmissione ha collaborato, una quindicina o poco più di anni fa, sotto la supervisione di Berio, alla operazione di restauro della medesima, ritrasmessa da RAI 3 e poi finita anche in un DVD.
E, infine, lo invitiamo, dando corso alla disposizione della direzione generale e commerciale, a sostituire Berio con Rossini. Farebbe una certa figura, per la sostituzione, e realizzerebbe per la RAI un bel risparmio.
Faccia questo regalo alla RAI e agli ascoltatori di Radio 3 in procinto (o semplice previsione), di lasciare la RAI per sedersi sulla poltrona più alta dell'Accademia di Santa Cecilia, che da tempo e disperatamente insegue.
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mercoledì 28 gennaio 2015
Scambio di cortesie fra statisti. Torna a colpire lo statista affidato ai servizi sociali
Alfano, l'unico fra gli statisti italiani in possesso di tutte le caratteristiche richieste dall'identikit del prossimo Presidente della repubblica - statura di statista, uomo delle istituzioni, conoscitore della macchina dello Stato, caratura e prestigio internazionale - ha fatto un passo indietro in favore di un antoagonista che all'indomani della sua autocandidatura, si è rivelato avere una qualità che lui, candidato perfetto, non ha, e cioè la bellezza che a Casini esce da tutti i buchi. E lo ha candidato assieme all'altro grande elettore che il mondo invidia all'Italia e cioè Cesa.
Ma Alfano non è l'unico a fare un passo indietro a favore di un candidato che reputa più degno. Nella lista compare anche il prof. Settis, studioso, candidato dal Movimento di Grillo, il quale, ha detto che il candidato ideale è per lui Giuliano Amato, ed in suo favore è disposto a ritirare la sua candidatura, laddove venisse nuovamente proposta. Amato perché lui lo conosce bene, essendo stato suo dipendente - si fa per dire - alla Treccani e perché conosce la sua generosità: ha rinunciato alle sue tre o quattro pensioni, da quando è giudice della Consulta, naturalmente le riprenderà quando quel suo mandato terminerà, la qual cosa farà anche da Presidente. E, del resto, prosegue Settis, anche alla Treccani ha rinunciato al suo compenso, e, infine, Amato sarebbe il presidente della repubblica che, a suo parere, presterebbe attenzione maggiore di ogni altro ai problemi della cultura.
ora a proposito della attenzione della Presidenza della repubblica ai problemi della cultura, finora non v'è stato presidente più attento di Napolitano. ma cosa si è ottenuto? Forse di non peggiorare la situazione, certamente senza non migliorarla.
Comunque sulle candidature pende il giudizio divino dell' evasore fiscale Berlusconi, condannato in via definitiva, affidato ai servizi sociali, privato del passaporto e del diritto di voto, estromesso dal Senato, ed impegnato in un via vai fra palazzo Grazioli e palazzo Chigi.
Povera l'Italia, se deve sottostare al giudizio, per la massima carica dello Stato, di un condannato definitivo.
Ma Alfano non è l'unico a fare un passo indietro a favore di un candidato che reputa più degno. Nella lista compare anche il prof. Settis, studioso, candidato dal Movimento di Grillo, il quale, ha detto che il candidato ideale è per lui Giuliano Amato, ed in suo favore è disposto a ritirare la sua candidatura, laddove venisse nuovamente proposta. Amato perché lui lo conosce bene, essendo stato suo dipendente - si fa per dire - alla Treccani e perché conosce la sua generosità: ha rinunciato alle sue tre o quattro pensioni, da quando è giudice della Consulta, naturalmente le riprenderà quando quel suo mandato terminerà, la qual cosa farà anche da Presidente. E, del resto, prosegue Settis, anche alla Treccani ha rinunciato al suo compenso, e, infine, Amato sarebbe il presidente della repubblica che, a suo parere, presterebbe attenzione maggiore di ogni altro ai problemi della cultura.
ora a proposito della attenzione della Presidenza della repubblica ai problemi della cultura, finora non v'è stato presidente più attento di Napolitano. ma cosa si è ottenuto? Forse di non peggiorare la situazione, certamente senza non migliorarla.
Comunque sulle candidature pende il giudizio divino dell' evasore fiscale Berlusconi, condannato in via definitiva, affidato ai servizi sociali, privato del passaporto e del diritto di voto, estromesso dal Senato, ed impegnato in un via vai fra palazzo Grazioli e palazzo Chigi.
Povera l'Italia, se deve sottostare al giudizio, per la massima carica dello Stato, di un condannato definitivo.
Politica e tv. Versione aggiornata di 'donne e motori'
Moretti con Giletti, Isoardi con Salvini. Due coppie, una delle quali congiunta dalla medesima finale del cognome, da ascrivere al capitolo 'c'è del tenero fra i due' che appartengono rispettivamente alla politica ed alla tv, più a quella dell'intratteni,mento che a quella dell'informazione, con buona pace di Giletti/Moretti che certamente ce ne vorrà. E la seconda delle coppie tiene banco in queste settimane sui giornali, facendo sapere che la bella presentatrice di Cuneo e 'calda e possessiva' come una 'guagliona' napoletana.
Ma ci sono molti altri esempi in cui c'è interesse, non necessariamente 'tenero', fra politici e volti noti della televisione, come nel caso di Alemanno e Eleonora Daniele, per la quale, stando alle telefonate intercettate a suo tempo, l'ex sindaco di Roma si spese molto con i dirigenti televisivi, esclusivamente perchè apprezzava le qualità di intrattenitrice della bionda Eleonora. La quale poi, anche dopo la caduta di Alemanno, ha continuato la sua ascesa in tv, segno evidente che degli interventi di Alemanno, Ella poteva anche fare a meno. E infatti oggi conduce una rubrica dove se non si è capaci si capisce subito - e per lei non si capisce - e va a fare l'opinionista anche in altre, perchè la sua bravura esonda. E resta legata alla tv, solo perchè ancora nessuna testata giornalistica della carta stampata ha preso in seria considerazione il suo talento come aveva visto giusto Alemanno, altrimenti le affiderebbero qualche rubrica di quelle che oggi sono della Natalia Aspesi o di Michele Serra. E sicuramente non sfigurerebbe per acutezza negli interventi, eloquio semplice efficace ed appropriato, tutte qualità che spesso anche i suoi esperti di 'storie vere' non hanno neanche in modica quantità.
Qualche altra volta sono i mezzi busti televisivi, di ambo i sessi, ad essere affascinati dalla politica, e a correre in suo aiuto, come quando giornalisti, starlette e cantanti vengono proposti nelle liste elettorali di qualunque partito come specchietti per le allodole, ben sapendo i diretti interessati e i loro padrini che fuori del loro lavoro, dove già non sono delle aquile, però sanno mettersi di tre quarti - una posizione che piace molto - non combineranno un granchè. E, infatti poi ritornano, avendo compiuto la loro missione impossibile di 'onesti professionisti', al loro nido dove mamma tv ha tenuto loro il posto in caldo, anche quando il posto caldo se lo sono cercato in ambienti equivoci., vedi il caso M....
Dove si è cominciato a capire che le cose si stavano evolvendo al punto che non era più chiaro chi attraeva e chi si faceva attrarre è con lo sbarco di Berlusconi nell'arena politica, quando lui ha travasato in politica molti dei suoi più stretti collaboratori in tv, da Romani alla Bergamini, a Dell'Utri; e non bastandogli quelli ed altri, è ricorso anche a volti televisivi noti da spendere nel suo partito, dove però ha innestato una bella giovane progenie, togliendola dal piccolo schermo e non solo da quello, bensì anche dalle strade del grande mondo.
Con Berlusconi il mondo s'è capovolto e noi non sappiamo più quale emisfero ci sia toccato: politica o tv?
Ma ci sono molti altri esempi in cui c'è interesse, non necessariamente 'tenero', fra politici e volti noti della televisione, come nel caso di Alemanno e Eleonora Daniele, per la quale, stando alle telefonate intercettate a suo tempo, l'ex sindaco di Roma si spese molto con i dirigenti televisivi, esclusivamente perchè apprezzava le qualità di intrattenitrice della bionda Eleonora. La quale poi, anche dopo la caduta di Alemanno, ha continuato la sua ascesa in tv, segno evidente che degli interventi di Alemanno, Ella poteva anche fare a meno. E infatti oggi conduce una rubrica dove se non si è capaci si capisce subito - e per lei non si capisce - e va a fare l'opinionista anche in altre, perchè la sua bravura esonda. E resta legata alla tv, solo perchè ancora nessuna testata giornalistica della carta stampata ha preso in seria considerazione il suo talento come aveva visto giusto Alemanno, altrimenti le affiderebbero qualche rubrica di quelle che oggi sono della Natalia Aspesi o di Michele Serra. E sicuramente non sfigurerebbe per acutezza negli interventi, eloquio semplice efficace ed appropriato, tutte qualità che spesso anche i suoi esperti di 'storie vere' non hanno neanche in modica quantità.
Qualche altra volta sono i mezzi busti televisivi, di ambo i sessi, ad essere affascinati dalla politica, e a correre in suo aiuto, come quando giornalisti, starlette e cantanti vengono proposti nelle liste elettorali di qualunque partito come specchietti per le allodole, ben sapendo i diretti interessati e i loro padrini che fuori del loro lavoro, dove già non sono delle aquile, però sanno mettersi di tre quarti - una posizione che piace molto - non combineranno un granchè. E, infatti poi ritornano, avendo compiuto la loro missione impossibile di 'onesti professionisti', al loro nido dove mamma tv ha tenuto loro il posto in caldo, anche quando il posto caldo se lo sono cercato in ambienti equivoci., vedi il caso M....
Dove si è cominciato a capire che le cose si stavano evolvendo al punto che non era più chiaro chi attraeva e chi si faceva attrarre è con lo sbarco di Berlusconi nell'arena politica, quando lui ha travasato in politica molti dei suoi più stretti collaboratori in tv, da Romani alla Bergamini, a Dell'Utri; e non bastandogli quelli ed altri, è ricorso anche a volti televisivi noti da spendere nel suo partito, dove però ha innestato una bella giovane progenie, togliendola dal piccolo schermo e non solo da quello, bensì anche dalle strade del grande mondo.
Con Berlusconi il mondo s'è capovolto e noi non sappiamo più quale emisfero ci sia toccato: politica o tv?
L'identikit del prossimo Presidente dell repubblica calza perfettamente a Franco Alfano che l'ha tracciato
Il prossimo Presidente della repubblica dev'essere un grande statista, ha detto solennemente il ministro Alfano, stampella non solidisima, insieme ad altri due statisti: Cesa e Casini - del Governo Renzi. Se fosse questa la caratteristica 'secca' richiesta, dovremmo ammettere che ad aspirare a quella carica ci sarebbe una rosa, ristretta, di grandi personalità della nostra repubblica: Alfano, Casini, Salvini, Grillo.
Se poi, in aggiunta, come il grande statista Alfano vuole, il prossimo Presidente dev'essere uomo delle istituzioni dalle quali deve provenire e conoscere la macchina dello Stato, la rosa si restringe ad Alfano e Casini. Fuori dunque Salvini ( che fra l'altro ora è anche occupato in altre faccende, che vanno dalla presenza a tutti i programmi televisivi alla costruzione dell'affaire sentimentale con Elisa Isoardi; mentre non è ancora occupato affatto nello sfogliare e magari anche leggere qualche libro, come Renzi lo aveva invitato a fare, ma potrebbe presto farlo, avendo esaurito molte delle bestialità che va affidando al vento) e Grillo, che con le istituzioni non ha mai avuto rapporti e rapporti non vuole avere, tendendo piuttosto a distruggerle, salvando solo la Presidenza della repubblica, per aspirarvi un domani.
Non finisce qui. Alfano nel tracciare il profilo del prossimo Presidente della repubblica italiana ha poi aggiunto che deve avere prestigio internazionale. A questo punto anche la candidatura di Casini (oltre che per il cognome improponibile!) sfuma perchè lui è conosciuto solo in Italia e soprattutto per 'bella presenza', all'estero anche per via di quel cognome lo ignorano quasi tutti. Resta solo la candidatura di Alfano: statista, uomo delle istituzioni, conoscitore della macchina statale, prestigio internazionale - la sua autocandidatura.
Se poi, in aggiunta, come il grande statista Alfano vuole, il prossimo Presidente dev'essere uomo delle istituzioni dalle quali deve provenire e conoscere la macchina dello Stato, la rosa si restringe ad Alfano e Casini. Fuori dunque Salvini ( che fra l'altro ora è anche occupato in altre faccende, che vanno dalla presenza a tutti i programmi televisivi alla costruzione dell'affaire sentimentale con Elisa Isoardi; mentre non è ancora occupato affatto nello sfogliare e magari anche leggere qualche libro, come Renzi lo aveva invitato a fare, ma potrebbe presto farlo, avendo esaurito molte delle bestialità che va affidando al vento) e Grillo, che con le istituzioni non ha mai avuto rapporti e rapporti non vuole avere, tendendo piuttosto a distruggerle, salvando solo la Presidenza della repubblica, per aspirarvi un domani.
Non finisce qui. Alfano nel tracciare il profilo del prossimo Presidente della repubblica italiana ha poi aggiunto che deve avere prestigio internazionale. A questo punto anche la candidatura di Casini (oltre che per il cognome improponibile!) sfuma perchè lui è conosciuto solo in Italia e soprattutto per 'bella presenza', all'estero anche per via di quel cognome lo ignorano quasi tutti. Resta solo la candidatura di Alfano: statista, uomo delle istituzioni, conoscitore della macchina statale, prestigio internazionale - la sua autocandidatura.
martedì 27 gennaio 2015
L'italietta dura a morire
L'altro giorno sul sito di Luigi Boschi ( Parma) un lungo articolo segnalava l'ennesimo imbroglio del ministero di Franceschini, relativamente al FUS, a causa del quale, una quota non irrilevante viene ora elargita dal ministero ( NASTASIIIIIIIIIIII1) secondo criteri qualitativi apparentemente oggettivi, realmente alla mercé del Ministero medesimo che valuta qualità, ma prima ancora schieramenti, amicizie ecc... complice la cosiddetta Commissione centrale Musica (Toniolo, Licalsi, Colasanti) della quale più di una volta abbiamo segnalato, da una parte la non profonda conoscenza della materia, e dall'altra l'assoluta dipendenza da Nastasi che l'ha nominata, chiedendone preventivamente obbedienza gesuitica 'perinde ac cadaver'. Da tali criteri risultano premiati per 'produttività' teatri che stanno chiusi 300 giorni su 365 e via tacendo....
Giunge ora una notizia inquietante da uno dei teatri che si vuole rimesso in riga, quello di Firenze, il 'teatro del principe', affidato ad un suo funzionario, un banchiere dalla cui famiglia il principe ha attinto più d'una forza lavoro. La notizia è che ' a causa di uno sciopero indetto per il giorno... dalle 20 alle 21. la recita di .... prevista per le 20.30, potrà subire qualche ritardo nell'ora di inizio.
Ora da Firenze, dopo l'uscita della Colombo le cose, a detta della corte del principe, sembravano essersi messe a posto, gli stipendi pagati ecc... ( mancano solo un pò di milioni per completare la faraonica nuova sede del teatro). E allora perché lo sciopero? E soprattutto perché a subirne gli effetti deve essere il pubblico che paga il biglietto, con i cui ricavi si pagano anche gli stipendi? Non sembri un discorso superficiale. Occorre cambiare mentalità.
Come mentalità devono cambiare anche quei pochi delegati CGIL che, il prossimo primo maggio, vorrebbero far saltare alla Scala la prima di 'Turandot', in coincidenza con l'apertura dell'EXPO, quando migliaia di altri lavoratori milanesi di ogni settore saranno impegnati per l'apertura della esposizione milanese. e solo quella decina di delegati sente l'imperativo morale di partecipare, invece, alle manifestazioni per la festa dei lavoratori. Sembra una burla ordita dalla Camusso.
E, infine, l'Italietta di sempre che è dura a morire. A Davos, dove si sono riuniti i grandi del mondo, concerto di Andrea Bocelli. All'inaugurazione dell'EXPO di Milano, concerto di Andrea Bocelli. Alla chiusura del semestre di presidenza italiana dell'Unione Europea, concerto di Bocelli? No, concerto dei Solisti veneti diretti da Scimone. E non si sa qual è peggio; ma ambedue dipingono alla perfezione l'Italietta, agli occhi del mondo e per colpa di quelli che ci comandano.
Giunge ora una notizia inquietante da uno dei teatri che si vuole rimesso in riga, quello di Firenze, il 'teatro del principe', affidato ad un suo funzionario, un banchiere dalla cui famiglia il principe ha attinto più d'una forza lavoro. La notizia è che ' a causa di uno sciopero indetto per il giorno... dalle 20 alle 21. la recita di .... prevista per le 20.30, potrà subire qualche ritardo nell'ora di inizio.
Ora da Firenze, dopo l'uscita della Colombo le cose, a detta della corte del principe, sembravano essersi messe a posto, gli stipendi pagati ecc... ( mancano solo un pò di milioni per completare la faraonica nuova sede del teatro). E allora perché lo sciopero? E soprattutto perché a subirne gli effetti deve essere il pubblico che paga il biglietto, con i cui ricavi si pagano anche gli stipendi? Non sembri un discorso superficiale. Occorre cambiare mentalità.
Come mentalità devono cambiare anche quei pochi delegati CGIL che, il prossimo primo maggio, vorrebbero far saltare alla Scala la prima di 'Turandot', in coincidenza con l'apertura dell'EXPO, quando migliaia di altri lavoratori milanesi di ogni settore saranno impegnati per l'apertura della esposizione milanese. e solo quella decina di delegati sente l'imperativo morale di partecipare, invece, alle manifestazioni per la festa dei lavoratori. Sembra una burla ordita dalla Camusso.
E, infine, l'Italietta di sempre che è dura a morire. A Davos, dove si sono riuniti i grandi del mondo, concerto di Andrea Bocelli. All'inaugurazione dell'EXPO di Milano, concerto di Andrea Bocelli. Alla chiusura del semestre di presidenza italiana dell'Unione Europea, concerto di Bocelli? No, concerto dei Solisti veneti diretti da Scimone. E non si sa qual è peggio; ma ambedue dipingono alla perfezione l'Italietta, agli occhi del mondo e per colpa di quelli che ci comandano.
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Una valanga di critiche ha subissato il sito 'verybello' del ministero per l'EXPO 2105
Evidentemente proprio l'idea più criticata, quella del titolo immaginato da 'Lora et Labora' e compensato con 35.000 Euro, è quella che più è piaciuta al ministro che oggi gongola perché il sito è stato visitatissimo (oltre che criticatissimo) e perché spera, d'altro canto, di salire al Quirinale, essendo stato fatto anche il suo nome per la scalata alla presidenza della Repubblica.
Nessuno più di noi ne sarebbe contento, perché così lascerebbe il Collegio romano e con la sua bella moglie rappresenterebbe l'Italia anche alle sfilate di moda e bellezza.( in verità sotto il profilo della bellezza ci sono anche altri antagonisti, benché inutili altrettanto, di Franceschini, a cominciare da Rutelli Casini e Gasbarra che con la bella presenza ci ha fatto camminare anche i treni. E poi anche perché, per la prima volta, all'inquilino del Quirinale potrebbe nascere, se fanno presto, un figlio nel palazzo, privilegio che dalla nascita della Repubblica non è toccato a nessuno, essendo tutti i presidenti in età non più adatta alla procreazione, mentre qualche moglie sì, cioè poteva ancora, anche se poi si è astenuta. E potrebbe quella essere la prima occasione per cui si parla di Franceschini, senza che ne abbia demerito alcuno.
Tornando al sito, quell'inutile titolo permette di memorizzarlo, sì per la sua assurdità, benchè nella sua maccheronica espressione, dovrebbe servire a mettere in luce le eccellenze e bellezze del nostro paese. E' questa l'opinione sempre del ministro, ma anche di Sala capo dell'Expo. Sono tutti d'accordo, anche nel non spiegare a nessuno come si è arrivati a quel calendario che coglie fior da fiore, senza capo né coda, e sena nessun criterio che sia possibile decifrare. Si sono offerte le varie istituzioni oppure è stato l'ufficio dell'EXPO - sì, c'è anche un ufficio che seleziona e sceglie - a scegliere fra l'intera offerta italiana?
E fin qui solo questioni di forma e di metodo, per tralasciare anche quelle di lingua (hanno promesso che entro il 7 febbraio il sito avrà anche una versione inglese che speriamo non sia ' all'italiana', aggiungendo vergogna a vergogna).
Poi ci sono quelle di contenuto, per le quali già parecchie nefandezze abbiamo segnalato nei giorni scorsi, nefandezze e sciatterie frutto di incompetenza, analfabetismo ed anche di evidente disprezzo del tesoro d'Italia. Da mettere in mostra.
Nessuno più di noi ne sarebbe contento, perché così lascerebbe il Collegio romano e con la sua bella moglie rappresenterebbe l'Italia anche alle sfilate di moda e bellezza.( in verità sotto il profilo della bellezza ci sono anche altri antagonisti, benché inutili altrettanto, di Franceschini, a cominciare da Rutelli Casini e Gasbarra che con la bella presenza ci ha fatto camminare anche i treni. E poi anche perché, per la prima volta, all'inquilino del Quirinale potrebbe nascere, se fanno presto, un figlio nel palazzo, privilegio che dalla nascita della Repubblica non è toccato a nessuno, essendo tutti i presidenti in età non più adatta alla procreazione, mentre qualche moglie sì, cioè poteva ancora, anche se poi si è astenuta. E potrebbe quella essere la prima occasione per cui si parla di Franceschini, senza che ne abbia demerito alcuno.
Tornando al sito, quell'inutile titolo permette di memorizzarlo, sì per la sua assurdità, benchè nella sua maccheronica espressione, dovrebbe servire a mettere in luce le eccellenze e bellezze del nostro paese. E' questa l'opinione sempre del ministro, ma anche di Sala capo dell'Expo. Sono tutti d'accordo, anche nel non spiegare a nessuno come si è arrivati a quel calendario che coglie fior da fiore, senza capo né coda, e sena nessun criterio che sia possibile decifrare. Si sono offerte le varie istituzioni oppure è stato l'ufficio dell'EXPO - sì, c'è anche un ufficio che seleziona e sceglie - a scegliere fra l'intera offerta italiana?
E fin qui solo questioni di forma e di metodo, per tralasciare anche quelle di lingua (hanno promesso che entro il 7 febbraio il sito avrà anche una versione inglese che speriamo non sia ' all'italiana', aggiungendo vergogna a vergogna).
Poi ci sono quelle di contenuto, per le quali già parecchie nefandezze abbiamo segnalato nei giorni scorsi, nefandezze e sciatterie frutto di incompetenza, analfabetismo ed anche di evidente disprezzo del tesoro d'Italia. Da mettere in mostra.
domenica 25 gennaio 2015
Che stagione di Caracalla sarebbe senza Elton John?
Fuortes e Marino l'hanno annunciata come si annuncia una vittoria la venuta di Elton John a Roma, d'estate, alle Terme di Caracalla, il 12 luglio, per dar peso e spessore ad una stagione d'opera all'aperto fra gli straordinari ruderi delle terme romane che, ai loro occhi, evidentemente, non ne avrebbe. Peso e spessore, s'intende. E sta qui il problema. Si affidano a mani inesperte ed incompetenti la custodia e valorizzazione di tesori che esse non conoscono e che , se fossero tutti come Marino e Fuortes, da tempo non esisterebbero più.
Se esistono ancora e se ancora costituiscono oggetto di richiamo è per il rispetto che di questo nostro patrimonio hanno soprattutto gli stranieri che numerosissimi affollano d'estate gli spettacoli d'opera alle Terme di Caracalla. I responsabili di tali stagioni basterebbe che annunciassero in tempo titoli, interpreti e date, il resto verrebbe da sé, anche senza sforzo alcuno aggiunto. Cosa che naturalmente non fanno tuttora a Caracalla con la gestione del 'gaffeur' Fuortes.
Certo conosciamo i titoli ( Butterfly,Bohème,Turandot) ma nulla ancora, con l' esattezza che questi elementi richiedono, di date e interpreti. E gli stranieri, soprattutto, dovrebbero fidarsi di un teatro che va in scena senza orchestra, come l'anno scorso, nella speranza che non accada mai più? E senza conoscere gli interpreti dei titoli in programma, perchè l'Opera di Roma costituirebbe di per sé una garanzia?
L'unica cosa che si conosce per filo e per segno è la venuta a Roma di Elton John, all'indomani di un altro suo concerto a Lucca. Si conoscono anche i prezzi dei biglietti (esosissimi!, per un sindaco ed un sovrintendente che predicano di voler portare all'opera più pubblico ed anche, poveri noi!, di voler portare l'opera nelle periferie) e si sa perfino che i biglietti possono già acquistarsi. Per la stagione estiva ancora no, essendo ancora sconosciuti date e interpreti delle opere.
L'unica cosa che non si sa è quanto costerà la venuta a Roma del baronetto ( che fra l'altro non vi manca da molti anni, essendo stato ospitato pochissimi anni fa all'Auditorium, sempre d'estate) e quanto si ricaverà, tolte le spese, se la platea di 4000 posti circa di Caracalla sarà al completo.
Questo la buffa coppia di dilettanti non lo dice, perchè comunque la venuta di Elton John, nella loro folle immaginazione, dovrebbe servire da traino per la stagione d'opera. Costi quel che costi.
Se esistono ancora e se ancora costituiscono oggetto di richiamo è per il rispetto che di questo nostro patrimonio hanno soprattutto gli stranieri che numerosissimi affollano d'estate gli spettacoli d'opera alle Terme di Caracalla. I responsabili di tali stagioni basterebbe che annunciassero in tempo titoli, interpreti e date, il resto verrebbe da sé, anche senza sforzo alcuno aggiunto. Cosa che naturalmente non fanno tuttora a Caracalla con la gestione del 'gaffeur' Fuortes.
Certo conosciamo i titoli ( Butterfly,Bohème,Turandot) ma nulla ancora, con l' esattezza che questi elementi richiedono, di date e interpreti. E gli stranieri, soprattutto, dovrebbero fidarsi di un teatro che va in scena senza orchestra, come l'anno scorso, nella speranza che non accada mai più? E senza conoscere gli interpreti dei titoli in programma, perchè l'Opera di Roma costituirebbe di per sé una garanzia?
L'unica cosa che si conosce per filo e per segno è la venuta a Roma di Elton John, all'indomani di un altro suo concerto a Lucca. Si conoscono anche i prezzi dei biglietti (esosissimi!, per un sindaco ed un sovrintendente che predicano di voler portare all'opera più pubblico ed anche, poveri noi!, di voler portare l'opera nelle periferie) e si sa perfino che i biglietti possono già acquistarsi. Per la stagione estiva ancora no, essendo ancora sconosciuti date e interpreti delle opere.
L'unica cosa che non si sa è quanto costerà la venuta a Roma del baronetto ( che fra l'altro non vi manca da molti anni, essendo stato ospitato pochissimi anni fa all'Auditorium, sempre d'estate) e quanto si ricaverà, tolte le spese, se la platea di 4000 posti circa di Caracalla sarà al completo.
Questo la buffa coppia di dilettanti non lo dice, perchè comunque la venuta di Elton John, nella loro folle immaginazione, dovrebbe servire da traino per la stagione d'opera. Costi quel che costi.
Il portale www.verybello.it è una vergogna
Una torta senza ciliegina che torta è? E l'EXPO del malaffare senza un cartellone di eventi in tutta Italia che grida vendetta e sembra fatto con i piedi, che EXPO è?
Alla presentazione del cartellone, ricco di 1300 'eventi', i giornali all'unanimità plaudono all'iniziativa nella quale il ministero di Franceschini ha investito 5 milioni di Euro. Per fare cosa? Per fare un elenco di cose che hanno svolgimento in Italia da maggio ad ottobre di quest'anno, in coincidenza dell'Expo milanese? Con quali criteri' ? E quei soldi, una bella montagnetta, servono a stampare l'inutile programmone che è pieno di nefandezze e di vergogne tipiche del nostro paese ignorante? O servono anche per fare affluire nelle tasche di coloro che si sono iscritti al campionato 'Expo', qualche liretta? sfogliando il vergognoso catalogo...
Il capitolo 'mostre' è certamente il più ricco ma non più ricco di qualunque altro periodo in Italia, senza EXPO milanese, con nessuna attinenza alla esposizione milanese, ad eccezione di una ( Roma, Ara pacis, quindi robbetta) dedicata all'EXPO del 1942 che non ebbe luogo e che può costituire una curiosità, oltre a quelle sul cibo, alcune già inaugurate.
La musica lascia allibiti per le sciocchezze che vi si leggono. Rifulge, nella sezione 'Opera' un teatro di provincia, quello di Modena, intitolato post mortem a Pavarotti, che vi è presente con la sua programmazione da ottobre 2014 a ottobre 2015, per quale ragione legata all'EXPO non è dato sapere. Si segnala una Lucia di Donizetti a Genova ( teatro ancora senza testa) solo perché la regia è affidata a Dario Argento; e un Turco in Italia di Rossini a Catania, per la regia di Michele Mirabella. E poi a Roma si segnala un'Aida, in maggio, all'Opera di Roma, testualmente: ' regia scene e costumi di Donato Renzetti' il quale dell'Opera è invece solo il direttore. E poi c'è Rinaldo Alessandrini che guiderà l'orchestra del San Carlo nell'esecuzione dell'elegante partitura sulle note di Mozart e Jommelli'. Capite una 'sinfonia sulle note di....'. Che altro devono fare o dire, di quale altro delitto devono macchiarsi per ridurli al silenzio e metterli in galera?
Si segnalano anche la stagione di Caracalla a Roma ( e il programma?) come anche 'Luglio suona bene' all'Auditorium sempre a Roma, anche questa senza programma, mentre Opera ed Auditorium hanno lo stesso dirigente ( Carlo Fuortes) che ancora non ha avuto tempo per programmare o comunicare il programma.
E il Festival di Ravenna, anche questo senza programma, mentre ci si dimentica, di segnalarne anche la semplice esistenza, del Festival di Spoleto, gestito dal fratello di Giulianone Ferrara. Nella sezione 'concerti' brillano, ovviamente, i nomi di Gianna Nannini di Mengoni, di Biondi. E che altro ci si poteva attendere?
Si va avanti di questo passo, fra approssimazioni, inesattezze, bestialità, errori madornali, ad opera di solerti lavoranti IGNORANTI, ai quali il Ministero ha affidato la creazione e la gestione del sito, nel quale il ministero ha impegnato cinque milioni di Euro. Purtroppo le cose non cambiano mai in Italia, pensiamo solamente al sito turistico del nostro paese, del famoso ministro Brambilla - appena qualche anno fa - costato molti milioni, e poi abbattutto a cannonate di critiche e insulti, e che si apriva con la musica di Carmen di Bizet, alla faccia di tutta la musica italiana!
Very bello, ministro.
Alla presentazione del cartellone, ricco di 1300 'eventi', i giornali all'unanimità plaudono all'iniziativa nella quale il ministero di Franceschini ha investito 5 milioni di Euro. Per fare cosa? Per fare un elenco di cose che hanno svolgimento in Italia da maggio ad ottobre di quest'anno, in coincidenza dell'Expo milanese? Con quali criteri' ? E quei soldi, una bella montagnetta, servono a stampare l'inutile programmone che è pieno di nefandezze e di vergogne tipiche del nostro paese ignorante? O servono anche per fare affluire nelle tasche di coloro che si sono iscritti al campionato 'Expo', qualche liretta? sfogliando il vergognoso catalogo...
Il capitolo 'mostre' è certamente il più ricco ma non più ricco di qualunque altro periodo in Italia, senza EXPO milanese, con nessuna attinenza alla esposizione milanese, ad eccezione di una ( Roma, Ara pacis, quindi robbetta) dedicata all'EXPO del 1942 che non ebbe luogo e che può costituire una curiosità, oltre a quelle sul cibo, alcune già inaugurate.
La musica lascia allibiti per le sciocchezze che vi si leggono. Rifulge, nella sezione 'Opera' un teatro di provincia, quello di Modena, intitolato post mortem a Pavarotti, che vi è presente con la sua programmazione da ottobre 2014 a ottobre 2015, per quale ragione legata all'EXPO non è dato sapere. Si segnala una Lucia di Donizetti a Genova ( teatro ancora senza testa) solo perché la regia è affidata a Dario Argento; e un Turco in Italia di Rossini a Catania, per la regia di Michele Mirabella. E poi a Roma si segnala un'Aida, in maggio, all'Opera di Roma, testualmente: ' regia scene e costumi di Donato Renzetti' il quale dell'Opera è invece solo il direttore. E poi c'è Rinaldo Alessandrini che guiderà l'orchestra del San Carlo nell'esecuzione dell'elegante partitura sulle note di Mozart e Jommelli'. Capite una 'sinfonia sulle note di....'. Che altro devono fare o dire, di quale altro delitto devono macchiarsi per ridurli al silenzio e metterli in galera?
Si segnalano anche la stagione di Caracalla a Roma ( e il programma?) come anche 'Luglio suona bene' all'Auditorium sempre a Roma, anche questa senza programma, mentre Opera ed Auditorium hanno lo stesso dirigente ( Carlo Fuortes) che ancora non ha avuto tempo per programmare o comunicare il programma.
E il Festival di Ravenna, anche questo senza programma, mentre ci si dimentica, di segnalarne anche la semplice esistenza, del Festival di Spoleto, gestito dal fratello di Giulianone Ferrara. Nella sezione 'concerti' brillano, ovviamente, i nomi di Gianna Nannini di Mengoni, di Biondi. E che altro ci si poteva attendere?
Si va avanti di questo passo, fra approssimazioni, inesattezze, bestialità, errori madornali, ad opera di solerti lavoranti IGNORANTI, ai quali il Ministero ha affidato la creazione e la gestione del sito, nel quale il ministero ha impegnato cinque milioni di Euro. Purtroppo le cose non cambiano mai in Italia, pensiamo solamente al sito turistico del nostro paese, del famoso ministro Brambilla - appena qualche anno fa - costato molti milioni, e poi abbattutto a cannonate di critiche e insulti, e che si apriva con la musica di Carmen di Bizet, alla faccia di tutta la musica italiana!
Very bello, ministro.
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venerdì 23 gennaio 2015
La RAI cambia musica
Chi lavora in tv, ma anche in radio, in programmi di ogni genere, compresi i telegiornali, sa quanto pratici siano tutti quegli spezzoni e 'tappeti' musicali (una vera parolaccia se riferita ad una musica che si vuole rispettata) che servono a qualunque bisogna, come sottofondo od anche come breve sigla d'apertura e chiusura programmi.
Su spezzoni, siglette e tappeti musicali in tanti ci hanno mangiato, fino a ieri, talvolta anche musicisti di un certo mestiere, magari sotto falso nome per non farsi riconoscere. Negli armadi di telegiornali e redazioni ci sono - c'erano un tempo - dischi su dischi dai titoli poco accattivanti ma di pratica utilità: 'scena in riva al mare', ' giochi in un parco'. Questi dischi, ora inutili perché rimpiazzati dal digitale che richiede sempre meno spazio, costituivano la fonte di commenti sonori per servizi dell'ultimo minuto oppure, semplicemente, al confezionatore frettoloso e pigro che non aveva voglia di cercare o di domandare all'assistente musicale e preferiva fare da sè, offrivano un aiuto prezioso. E non era raro il caso, che il 'confezionatore frettoloso' conoscesse il vero nome degli autori di quelle musiche e sapeva anche che dagli oggi e dagli domani, una sigletta oggi, un sottofondo domani, nelle tasche del musicista conoscente od amico finivano bei soldini.
Alla fine della storia, fra sigle e tappeti, tutto questo traffico (abbastanza illecito) costava a RAI o Mediaset qualcosa come il 4% del fatturato. Una bella cifretta, che finiva nelle tasche di musicisti che altro non avrebbero nè saputo nè potuto fare oltre che improvvisare qualche secondo di musica e passarlo brevi manu al giornalista o all'autore amico e crocerossino.
Ora la RAI ha detto basta. D'ora in avanti le musiche utilizzate a tali scopi devono esser di proprietà, come diritti, della RAI e l'esecuzione, visto che la RAI ha anche una orchestra sinfonica e fior di musicisti, suoi dipendenti, affidata ai suoi musicisti. Da ciò un risparmio enorme per i diritti d'autore e per quelli di esecuzione.
Qualche avvisaglia di tale nuova politica, moralizzatrice, s'era avuta un paio d' anni fa quando Rai Trade, casa editrice musicale della Rai, aveva chiesto ad illustri musicisti ( Piovani, Morricone, Bacalov e forse anche Trovajoli, se non andiamo errati) di scrivere apposite musiche, editate dalla Rai stessa, per tali scopi. I quali naturalmente lo fecero e così la Rai ebbe anche modo di avere sigle siglette tappeti e tappetini 'd'autore'. E fece ancor più contenti quei musicisti che di diritti d'autore guadagnano già parecchio.
Dal 1 gennaio la musica in RAI è cambiata. E noi ne siamo contenti.
Da tempo denunciamo certe incongruenze, come quella della sigla dei programmi di Radio Tre, firmata Schubert/Berio, mentre invece sarebbe stato più opportuno suonare la sveglia al mattino e tante altre volte durante l'intera giornata con un bel Rossini, che so ...la sinfonia da 'La Gazza ladra' che non costava nulla, magari eseguita dall'Orchestra della RAI. Ed invece no, si voleva finanziare il musicista Berio, quando era in vita ed ora i suoi eredi che ne hanno beneficiato perciò per anni, con una musichetta che prima che di Berio era di Schubert. E Schubert non ha eredi che possono rivalersi sulla RAI, e neanche su Berio. Non abbiamo fatto caso se quelle sigla si ascolti ancora oppure no, come la disposizione RAI prescrive. Nelle prossime ore controlleremo e ne scriveremo.
Su spezzoni, siglette e tappeti musicali in tanti ci hanno mangiato, fino a ieri, talvolta anche musicisti di un certo mestiere, magari sotto falso nome per non farsi riconoscere. Negli armadi di telegiornali e redazioni ci sono - c'erano un tempo - dischi su dischi dai titoli poco accattivanti ma di pratica utilità: 'scena in riva al mare', ' giochi in un parco'. Questi dischi, ora inutili perché rimpiazzati dal digitale che richiede sempre meno spazio, costituivano la fonte di commenti sonori per servizi dell'ultimo minuto oppure, semplicemente, al confezionatore frettoloso e pigro che non aveva voglia di cercare o di domandare all'assistente musicale e preferiva fare da sè, offrivano un aiuto prezioso. E non era raro il caso, che il 'confezionatore frettoloso' conoscesse il vero nome degli autori di quelle musiche e sapeva anche che dagli oggi e dagli domani, una sigletta oggi, un sottofondo domani, nelle tasche del musicista conoscente od amico finivano bei soldini.
Alla fine della storia, fra sigle e tappeti, tutto questo traffico (abbastanza illecito) costava a RAI o Mediaset qualcosa come il 4% del fatturato. Una bella cifretta, che finiva nelle tasche di musicisti che altro non avrebbero nè saputo nè potuto fare oltre che improvvisare qualche secondo di musica e passarlo brevi manu al giornalista o all'autore amico e crocerossino.
Ora la RAI ha detto basta. D'ora in avanti le musiche utilizzate a tali scopi devono esser di proprietà, come diritti, della RAI e l'esecuzione, visto che la RAI ha anche una orchestra sinfonica e fior di musicisti, suoi dipendenti, affidata ai suoi musicisti. Da ciò un risparmio enorme per i diritti d'autore e per quelli di esecuzione.
Qualche avvisaglia di tale nuova politica, moralizzatrice, s'era avuta un paio d' anni fa quando Rai Trade, casa editrice musicale della Rai, aveva chiesto ad illustri musicisti ( Piovani, Morricone, Bacalov e forse anche Trovajoli, se non andiamo errati) di scrivere apposite musiche, editate dalla Rai stessa, per tali scopi. I quali naturalmente lo fecero e così la Rai ebbe anche modo di avere sigle siglette tappeti e tappetini 'd'autore'. E fece ancor più contenti quei musicisti che di diritti d'autore guadagnano già parecchio.
Dal 1 gennaio la musica in RAI è cambiata. E noi ne siamo contenti.
Da tempo denunciamo certe incongruenze, come quella della sigla dei programmi di Radio Tre, firmata Schubert/Berio, mentre invece sarebbe stato più opportuno suonare la sveglia al mattino e tante altre volte durante l'intera giornata con un bel Rossini, che so ...la sinfonia da 'La Gazza ladra' che non costava nulla, magari eseguita dall'Orchestra della RAI. Ed invece no, si voleva finanziare il musicista Berio, quando era in vita ed ora i suoi eredi che ne hanno beneficiato perciò per anni, con una musichetta che prima che di Berio era di Schubert. E Schubert non ha eredi che possono rivalersi sulla RAI, e neanche su Berio. Non abbiamo fatto caso se quelle sigla si ascolti ancora oppure no, come la disposizione RAI prescrive. Nelle prossime ore controlleremo e ne scriveremo.
giovedì 22 gennaio 2015
La lezione dell'Opera di Roma non serve alla CGIL per la Scala
La CGIL, in coppia con il sindacato autonomo, e sganciandosi da CISL e UIL, ha recato danni economici, e di limitazione del diritto di sciopero, con la sua incomprensibile intransigenza, ai lavoratori dell'Opera di Roma. Ora un altro problema pongono, alla Scala, i delegati sindacali CGIL.
Alla Scala, per il prossimo 1 maggio, è in cartellone la prima della 'Turandot', diretta da Riccardo Chailly, in occasione dell'apertura dell'EXPO. Pereira, prima di mettere in vendita i biglietti, ha scritto ai dipendenti ponendo la questione, ben sapendo che si tratta di un giorno doppiamente importante. Da un lato l'apertura dell'EXPO, occasione di importanza mondiale, dall'altro la festa dei lavoratori, che per la CGIL è evidentemente sacro coma la Pasqua per i cattolici.
La CGIL ha lasciato liberi i suoi iscritti di lavorare - come del resto faranno le altre decine di migliaia di lavoratori, quel giorno, a Milano, ma ai suoi delegati sindacali - una decina, poco più - ha chiesto espressamente di partecipare alla manifestazione sindacale e perciò di non essere disponibili a lavorare in teatro, dimostrandosi più intransigente degli stessi cattolici che, in Italia, hanno da tempo accettato di non 'santificare il giorno di Domenica' con l'astensione dal lavoro.
Non sappiamo se una eventuale più consistente indennità prevista per il lavoro in giorno di festa possa convincere i riottosi sindacalisti a desistere dal loro proposito.
Certo è che - come già accaduto a Roma - per l'assenza di una decina di dipendenti (soprattutto tecnici, come si dice) alcune centinaia di altri dipendenti vengono messi nelle condizioni di non poter lavorare, pur volendolo. Può valere la regola che qualcuno possa mettere in ginocchio, con la sua decisione, un intero teatro che, invece, conscio della particolarità di quel giorno per Milano agli occhi del mondo, intende presentarsi in teatro per la prevista 'Turandot'?
Alla Scala, per il prossimo 1 maggio, è in cartellone la prima della 'Turandot', diretta da Riccardo Chailly, in occasione dell'apertura dell'EXPO. Pereira, prima di mettere in vendita i biglietti, ha scritto ai dipendenti ponendo la questione, ben sapendo che si tratta di un giorno doppiamente importante. Da un lato l'apertura dell'EXPO, occasione di importanza mondiale, dall'altro la festa dei lavoratori, che per la CGIL è evidentemente sacro coma la Pasqua per i cattolici.
La CGIL ha lasciato liberi i suoi iscritti di lavorare - come del resto faranno le altre decine di migliaia di lavoratori, quel giorno, a Milano, ma ai suoi delegati sindacali - una decina, poco più - ha chiesto espressamente di partecipare alla manifestazione sindacale e perciò di non essere disponibili a lavorare in teatro, dimostrandosi più intransigente degli stessi cattolici che, in Italia, hanno da tempo accettato di non 'santificare il giorno di Domenica' con l'astensione dal lavoro.
Non sappiamo se una eventuale più consistente indennità prevista per il lavoro in giorno di festa possa convincere i riottosi sindacalisti a desistere dal loro proposito.
Certo è che - come già accaduto a Roma - per l'assenza di una decina di dipendenti (soprattutto tecnici, come si dice) alcune centinaia di altri dipendenti vengono messi nelle condizioni di non poter lavorare, pur volendolo. Può valere la regola che qualcuno possa mettere in ginocchio, con la sua decisione, un intero teatro che, invece, conscio della particolarità di quel giorno per Milano agli occhi del mondo, intende presentarsi in teatro per la prevista 'Turandot'?
Il diritto acquisito della povertà, per molti italiani
Di diritti acquisiti si fa un gran parlare in questi ultimi tempi, e lo fanno in molti, ne straparla anche Capanna, ex Lotta continua, che rinunciare al suo 'diritto acquisito' delle super pensioni non ci pensa affatto. Come non ci pensa affatto neanche quell'avvocato perugino, dipendente del Comune del capoluogo, che per una strana curiosa contingenza riceve una pensione di oltre 600.000 Euro l'anno. O quel segretario generale della Regione siciliana che, in difesa del diritto acquisito ad una ricca pensione, si è dimesso prima che entrasse in vigore la legge che gli avrebbe decurtato la pensione di oltre 400.000 Euro, l'anno - sia chiaro. E' bene chiarirlo perchè di questo passo non sarebbe neppure così peregrina l'idea che in Italia ci possano essere persone che percepiscono pensioni di 400.000 Euro, magari lordi, al mese.
E, mentre, contro certi cumuli, quelli di poche lire, l'INPS spara pallettoni, al punto da azzerare alcune pensioni minime, contro cumuli consistenti - come ad esempio quelli del candidato primo al Quirinale, il prof. Amato, sembra abbia consumato tutte le munizioni possibili. Ma il diretto interessato, Amato, che certamente non vi rinuncia ed anzi le somma alle briciole del suo stipendio come giudice costituzionale ( appena 400.000 Euro, l'anno), ha dichiarato che molti dei suoi compensi finiscono in beneficienza (dei suoi familiari?).
E potremmo continuare con la lista di quelli che vengono definiti 'diritti acquisiti', e perciò intoccabili. Certo i diritti, se meritati, conquistati, pagati e perciò acquisiti sarebbero intoccabili. Ma gran parte dei casi citati ed anche molti altri sono privilegi scambiati, per proprio comodo, in diritti.
Come le pensioni baby, fra le quali quelle dei parlamentari di ogni ordine e grado, in cima alla lista di quelle da cassare seduta stante, senza attendere un minuto in più. O i privilegi che uomini politici che hanno avuto un tempo delle cariche istituzionali, si sono dati, ed ai quali non intendono mai e poi mai rinunciare. Esponenti di tutti gli schieramenti: ex presidenti di Camera e Senato, come Casini o Pera e altri ancora, hanno uffici e segreteria ed altri agi che comprendono magari macchina con autista ecc... nonostante non ricoprano più quelle cariche ed alcuni siano perfino sconosciuti ai più.
In questo ultimi tempi, infine, sembra essersi diffusa la coscienza di un altro diritto acquisito in Italia, difeso a denti stretti da una fetta sempre più grande di popolazione. Il diritto 'acquisito' alla povertà. E non c'è governo che intenda eliminarlo.
E, mentre, contro certi cumuli, quelli di poche lire, l'INPS spara pallettoni, al punto da azzerare alcune pensioni minime, contro cumuli consistenti - come ad esempio quelli del candidato primo al Quirinale, il prof. Amato, sembra abbia consumato tutte le munizioni possibili. Ma il diretto interessato, Amato, che certamente non vi rinuncia ed anzi le somma alle briciole del suo stipendio come giudice costituzionale ( appena 400.000 Euro, l'anno), ha dichiarato che molti dei suoi compensi finiscono in beneficienza (dei suoi familiari?).
E potremmo continuare con la lista di quelli che vengono definiti 'diritti acquisiti', e perciò intoccabili. Certo i diritti, se meritati, conquistati, pagati e perciò acquisiti sarebbero intoccabili. Ma gran parte dei casi citati ed anche molti altri sono privilegi scambiati, per proprio comodo, in diritti.
Come le pensioni baby, fra le quali quelle dei parlamentari di ogni ordine e grado, in cima alla lista di quelle da cassare seduta stante, senza attendere un minuto in più. O i privilegi che uomini politici che hanno avuto un tempo delle cariche istituzionali, si sono dati, ed ai quali non intendono mai e poi mai rinunciare. Esponenti di tutti gli schieramenti: ex presidenti di Camera e Senato, come Casini o Pera e altri ancora, hanno uffici e segreteria ed altri agi che comprendono magari macchina con autista ecc... nonostante non ricoprano più quelle cariche ed alcuni siano perfino sconosciuti ai più.
In questo ultimi tempi, infine, sembra essersi diffusa la coscienza di un altro diritto acquisito in Italia, difeso a denti stretti da una fetta sempre più grande di popolazione. Il diritto 'acquisito' alla povertà. E non c'è governo che intenda eliminarlo.
martedì 20 gennaio 2015
Al Comunale di Bologna stanno per cambiare le cose? Sani sovrintendente?
Sembrerebbe di sì, se ci si attiene semplicemente ad una notizia apparsa l'altro ieri sui giornali ( Corriere, intervista di Valeri Cappelli), e cioè che Nicola Sani succederà a Francesco Ernani sulla poltrona di sovrintendente dello storico teatro bolognese, dove in questi anni, ancora in coppia con Ernani (che l'ha chiamato dopo la comune esperienza all'Opera di Roma, da dove furono fatti sloggiare con l'arrivo di Alemanno al Campidoglio, e con la spinta di Nastasi che voleva far pagare a Ernani le critiche mossegli pubblicamente), ha retto il teatro, per volontà della ex commissaria comunale Cancellieri che ha sempre avuto una stima profonda di Ernani.
Ora, al giro di boa impresso dalla nuova legge Bray ( 'Valore cultura') nei teatri si stanno insediando i nuovi 'consigli di indirizzo', che devono segnalare al ministro una terna di candidati alla sovrintendenza, il quale fa poi la scelta.
E, sembra, che per Bologna la scelta che si farà, salvo cambiamenti dell'ultimo minuto, sarà quella di Nicola Sani. Compositore del filone 'suoni (elettronici) e immagini', messosi in luce attraverso la Fondazione Scelsi dove ha dimostrato di saperci fare per Scelsi, ed anche per sé - meritato riconoscimento - passato poi per la avventura, stroncata anzitempo, all'Opera di Roma, dove aveva dalla sua tutti i giornali avanguardisti ( nel senso dei giornali che plaudono sempre alle regie d'avanguardia, un pò meno alle esecuzioni di qualità con cast appropriati), per finire poi a Bologna dove proseguendo sulla linea 'romana' ha parallelamente dato spazio a filoni concertistici, di quelli che ancora una volta piacciono ai giornali 'avanguardistici', mettendoci dentro chi ( anche figli di...) si tira dietro altrettanti giornali amici, sempre con progetti 'sinistri' (di sinistra, s'intende) molto apprezzati ( Luigi Nono, Resistenza, musica russo-sovietica), meritandosi poi anche di essere considerato un lavoratore indefesso ed a baso costo( lui è il meno pagato dei direttori artistici in Italia, salvo Palermo, dove Oscar Pizzo lavora gratis).
Ora , invece, forse con la benedizione di Nastasi che farebbe pagare a Ernani quel che non è riuscito a fargli pagare a Roma, Sani sarebbe il candidato più quotato per la successione come sovrintendente. E noi siamo felici. Per lui, Sani intendiamo.
Ma non siamo altrettanto felici per il teatro. Si può essere contenti di un nuovo sovrintendente di un importante teatro che non ha mai e altrove fatto il sovrintendente, quindi senza alcuna esperienza di gestione generale di una importante istituzione - nulla a che vedere con la Fondazione Scelsi?
Non sarebbe meglio un amministratore provetto con la passione della musica, lasciando continuare a Sani il lavoro di direzione artistica nella quale a detta di tutti ci sa fare? In fondo sarebbe più logico mandarlo alla Scala ( dove comunque c'è una rete di protezione artistica che supplisce alle deficienze di qualunque direttore artistico) sempre come direttore artistico, che promuoverlo a Bologna come sovrintendente.
Ora, al giro di boa impresso dalla nuova legge Bray ( 'Valore cultura') nei teatri si stanno insediando i nuovi 'consigli di indirizzo', che devono segnalare al ministro una terna di candidati alla sovrintendenza, il quale fa poi la scelta.
E, sembra, che per Bologna la scelta che si farà, salvo cambiamenti dell'ultimo minuto, sarà quella di Nicola Sani. Compositore del filone 'suoni (elettronici) e immagini', messosi in luce attraverso la Fondazione Scelsi dove ha dimostrato di saperci fare per Scelsi, ed anche per sé - meritato riconoscimento - passato poi per la avventura, stroncata anzitempo, all'Opera di Roma, dove aveva dalla sua tutti i giornali avanguardisti ( nel senso dei giornali che plaudono sempre alle regie d'avanguardia, un pò meno alle esecuzioni di qualità con cast appropriati), per finire poi a Bologna dove proseguendo sulla linea 'romana' ha parallelamente dato spazio a filoni concertistici, di quelli che ancora una volta piacciono ai giornali 'avanguardistici', mettendoci dentro chi ( anche figli di...) si tira dietro altrettanti giornali amici, sempre con progetti 'sinistri' (di sinistra, s'intende) molto apprezzati ( Luigi Nono, Resistenza, musica russo-sovietica), meritandosi poi anche di essere considerato un lavoratore indefesso ed a baso costo( lui è il meno pagato dei direttori artistici in Italia, salvo Palermo, dove Oscar Pizzo lavora gratis).
Ora , invece, forse con la benedizione di Nastasi che farebbe pagare a Ernani quel che non è riuscito a fargli pagare a Roma, Sani sarebbe il candidato più quotato per la successione come sovrintendente. E noi siamo felici. Per lui, Sani intendiamo.
Ma non siamo altrettanto felici per il teatro. Si può essere contenti di un nuovo sovrintendente di un importante teatro che non ha mai e altrove fatto il sovrintendente, quindi senza alcuna esperienza di gestione generale di una importante istituzione - nulla a che vedere con la Fondazione Scelsi?
Non sarebbe meglio un amministratore provetto con la passione della musica, lasciando continuare a Sani il lavoro di direzione artistica nella quale a detta di tutti ci sa fare? In fondo sarebbe più logico mandarlo alla Scala ( dove comunque c'è una rete di protezione artistica che supplisce alle deficienze di qualunque direttore artistico) sempre come direttore artistico, che promuoverlo a Bologna come sovrintendente.
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Arrestata Helga Schmidt, la zarina di Valencia
E' stata arrestata la sovrintendente del Palau de les Arts di Valencia che si è rivelato, dopo qualche anno appena, un monumento allo spreco anche architettonico - se non andiamo errati è venuta fuori anche qualche magagna costruttiva del grande complesso.
Le accuse sono più d'una , dai contratti irregolari che avrebbero fatto finire nelle tasche di importanti artisti ( Mehta, Domingo, Maazel - pace all'anima sua; sembrerebbero tutti artisti riconducibili ad una agenzia di rappresentanza con sede nel Principato di Monaco, ben nota alla cronache per cachet mai normali, cioè sempre gonfiati) somme stratosferiche, troppo grandi in ogni caso, insulto vero e proprio in tempo di crisi; alla spese folli della bionda Zarina, ai suoi compensi. Insomma materia che conosciamo bene e che se venisse indagata anche in Italia, metterebbe forse in luce irregolarità di cui da sempre si parla, ma mai apertamente e pubblicamente.
Da anni si parla di responsabilità degli amministratori, ma poi tutto viene messo a tacere. Si dice di contratti non proprio regolari di alcuni artisti, con clausole fumose - esattamente come quelle impiegate dalla Schmidt per regalare soldi ai suoi sodali - sui quali poi si glissa al momento di prendere - è proprio il caso di dirlo - il toro per le corna.
Dall'epoca in cui finirono in galera, per qualche ora soltanto e per poca cosa, personaggi come Lanza Tomasi, Siciliani, per la legge sulle agenzie di rappresentanza artistica - una semplice azione dimostrativa - non si è mai visto un solo sovrintendente dietro le sbarre anche dopo i disastri ben noti anche al grande pubblico.
In Italia, come sempre, alla scoperta segue l' affossamento, altrimenti dopo le reiterate quotidiane denunce dei giornali su irregolarità amministrative in ogni campo, qualcuno verrebbe messo nella condizione di non nuocere più. Ed invece no. Ogni scandalo - di quelli grossi - fa emergere figure altolocate, onnipresenti, e sempre al timone del comando, e poi li fa dimenticare come se nulla avessero fatto, lasciandole pronte ad intervenire alla prima occasione. Cosa che loro fanno.
Una semplice domanda. Perchè il Ministero, senza il quale nessuna attività musicale potrebbe aver luogo in Italia, non dà regole precise e chi sgarra va a casa, anzi va in galera? Semplicemente perchè ogni ministro vuole aver mano libera per aiutare chi gli è amico e far morire di stenti chi gli si oppone. Questa è la regola italiana. Eppure Valencia è vicina, e si dice che molte delle cose addebitate alla Schmidt erano ben note. Ma allora, perchè adesso vengono tenuti in grande considerazione alcuni personaggi dell'italietta che alla corte della Schmidt hanno fatto il loro apprendistato? Non sarebbe meglio diffidarne, mentre invece li stanno candidando ad ogni sovrintendenza che si libera?
Le accuse sono più d'una , dai contratti irregolari che avrebbero fatto finire nelle tasche di importanti artisti ( Mehta, Domingo, Maazel - pace all'anima sua; sembrerebbero tutti artisti riconducibili ad una agenzia di rappresentanza con sede nel Principato di Monaco, ben nota alla cronache per cachet mai normali, cioè sempre gonfiati) somme stratosferiche, troppo grandi in ogni caso, insulto vero e proprio in tempo di crisi; alla spese folli della bionda Zarina, ai suoi compensi. Insomma materia che conosciamo bene e che se venisse indagata anche in Italia, metterebbe forse in luce irregolarità di cui da sempre si parla, ma mai apertamente e pubblicamente.
Da anni si parla di responsabilità degli amministratori, ma poi tutto viene messo a tacere. Si dice di contratti non proprio regolari di alcuni artisti, con clausole fumose - esattamente come quelle impiegate dalla Schmidt per regalare soldi ai suoi sodali - sui quali poi si glissa al momento di prendere - è proprio il caso di dirlo - il toro per le corna.
Dall'epoca in cui finirono in galera, per qualche ora soltanto e per poca cosa, personaggi come Lanza Tomasi, Siciliani, per la legge sulle agenzie di rappresentanza artistica - una semplice azione dimostrativa - non si è mai visto un solo sovrintendente dietro le sbarre anche dopo i disastri ben noti anche al grande pubblico.
In Italia, come sempre, alla scoperta segue l' affossamento, altrimenti dopo le reiterate quotidiane denunce dei giornali su irregolarità amministrative in ogni campo, qualcuno verrebbe messo nella condizione di non nuocere più. Ed invece no. Ogni scandalo - di quelli grossi - fa emergere figure altolocate, onnipresenti, e sempre al timone del comando, e poi li fa dimenticare come se nulla avessero fatto, lasciandole pronte ad intervenire alla prima occasione. Cosa che loro fanno.
Una semplice domanda. Perchè il Ministero, senza il quale nessuna attività musicale potrebbe aver luogo in Italia, non dà regole precise e chi sgarra va a casa, anzi va in galera? Semplicemente perchè ogni ministro vuole aver mano libera per aiutare chi gli è amico e far morire di stenti chi gli si oppone. Questa è la regola italiana. Eppure Valencia è vicina, e si dice che molte delle cose addebitate alla Schmidt erano ben note. Ma allora, perchè adesso vengono tenuti in grande considerazione alcuni personaggi dell'italietta che alla corte della Schmidt hanno fatto il loro apprendistato? Non sarebbe meglio diffidarne, mentre invece li stanno candidando ad ogni sovrintendenza che si libera?
venerdì 16 gennaio 2015
Il sindaco Marino giustifica il doppio incarico di Fuortes, e, di conseguenza, potrebbe affidargliene anche altri
Sembrava quasi seccato Marino, per l'insistenza della richiesta, quando ha dovuto giustificare pubblicamente la permanenza di Fuortes all'Opera di Roma, come Sovrintendente, e a Musica per Roma come Amministratore delegato, che significa che amministra con poteri pieni due grandi istituzioni cultural musicali della Capitale. Per Marino la giustificazione è che Fuortes, in fondo in fondo, non ha che due incarichi: che cosa sono di fronte a chi ne ha 18? Il riferimento è naturalmente all'ex presidente dell'INPS, Mastrapasqua. Il quale , come sa anche Marino, una volta scoperta questa sua capillare ed invadente presenza in istituzioni di vario genere della Capitale, è stato mandato a casa. Due, voleva dire Marino, sono ancora troppo pochi per mettere in croce un buon amministratore - come lo era Mastrapasqua, evocato dal Sindaco, che invece ne amministrava ben 18.
E siccome non c'è due senza tre, vogliamo, gratuitamente, dare un suggerimento a Marino per risolvere un altro problema di governance romano, quello della Sovrintendenza dell'Accademia di Santa Cecilia, dove nelle tre votazioni, che si sono susseguite da ottobre ad oggi, non è ancora venuto fuori il nome del Presidente/Sovrintendente/Direttore artistico, in sostituzione di Cagli.
D'accordo con i l'amico Franceschini ed anche Nastasi, potrebbe mandare come commissario all'Accademia Fuortes, il miracolatore cittadino - lo fece non ricordiamo quale ministro ( forse la Melandri o Rutelli, con Berio che fu eletto Sovrintendente dopo molto tempo, perchè non era ben visto dagli Accademici, essendo già commissario).
Nel frattempo potrebbe far entrare Fuortes fra gli Accademici, pilotando la votazione per l'ammissione - non è mai successo prima d'ora? - e, una volta entrato a fra parte dell'Accademia, farlo eleggere - con le dovute pressioni ed i convincenti suggerimenti - Presidente/Sovrintendente/Direttore artistico.
Chi obietta che Fuortes non è un musicista, non sa che qualche anno fa sempre Cagli (e forse anche altri accademici, come Petracchi, Filippini che sono professori a Sermoneta) candidarono ad Accademico l'arch. Cerocchi a capo della Fondazione Caetani e Presidente del Festival Pontino di Sermoneta. Anche l'architetto non è musicista, ma poteva vantare meriti in campo musicale, come è noto.
Se a Marino gli riesce, con l'aiuto dell'amico Franceschini tale manovra, potrebbe avere Fuortes a capo delle tre grandi istituzioni romane, pagando praticamente un solo stipendio e risparmiando, di conseguenza, quasi 500.000 Euro ogni anno. E saremmo in fondo solo a tre incairichi, lontanissimi dai 18 di Mastrapasqua.
Se poi, infine vuole fare un dispetto a Paolo Baratta, presidente della Biennale - concorrente diretto con la Mostra del Cinema del Festival cinematografico romano che, ora, l'amico Francechini vuole anch'egli finanziare - che è anche presidente dell'Accademia Filarmonica, potrebbe annettere alle tre grandi istituzione una quarta, media per grandezza, qual è la Accademia Filarmonica Romana. E lì la fatica non dovrebbe essere enorme, giacchè nel consiglio direttivo siedono già D'Amico, dall'Ongaro, Carli Ballola, consiglieri di amministrazione di Santa Cecilia, ed Accademici di ambedue le istituzioni sono poi Cagli e Panni. Insomma, sulla carta sono già fuse, basta perfezionare l'annessione di diritto, con Fuortes a capo, ma senza compenso come fa da sempre Baratta, che comunque dalla Biennale di Venezia è ben pagato.
E siccome non c'è due senza tre, vogliamo, gratuitamente, dare un suggerimento a Marino per risolvere un altro problema di governance romano, quello della Sovrintendenza dell'Accademia di Santa Cecilia, dove nelle tre votazioni, che si sono susseguite da ottobre ad oggi, non è ancora venuto fuori il nome del Presidente/Sovrintendente/Direttore artistico, in sostituzione di Cagli.
D'accordo con i l'amico Franceschini ed anche Nastasi, potrebbe mandare come commissario all'Accademia Fuortes, il miracolatore cittadino - lo fece non ricordiamo quale ministro ( forse la Melandri o Rutelli, con Berio che fu eletto Sovrintendente dopo molto tempo, perchè non era ben visto dagli Accademici, essendo già commissario).
Nel frattempo potrebbe far entrare Fuortes fra gli Accademici, pilotando la votazione per l'ammissione - non è mai successo prima d'ora? - e, una volta entrato a fra parte dell'Accademia, farlo eleggere - con le dovute pressioni ed i convincenti suggerimenti - Presidente/Sovrintendente/Direttore artistico.
Chi obietta che Fuortes non è un musicista, non sa che qualche anno fa sempre Cagli (e forse anche altri accademici, come Petracchi, Filippini che sono professori a Sermoneta) candidarono ad Accademico l'arch. Cerocchi a capo della Fondazione Caetani e Presidente del Festival Pontino di Sermoneta. Anche l'architetto non è musicista, ma poteva vantare meriti in campo musicale, come è noto.
Se a Marino gli riesce, con l'aiuto dell'amico Franceschini tale manovra, potrebbe avere Fuortes a capo delle tre grandi istituzioni romane, pagando praticamente un solo stipendio e risparmiando, di conseguenza, quasi 500.000 Euro ogni anno. E saremmo in fondo solo a tre incairichi, lontanissimi dai 18 di Mastrapasqua.
Se poi, infine vuole fare un dispetto a Paolo Baratta, presidente della Biennale - concorrente diretto con la Mostra del Cinema del Festival cinematografico romano che, ora, l'amico Francechini vuole anch'egli finanziare - che è anche presidente dell'Accademia Filarmonica, potrebbe annettere alle tre grandi istituzione una quarta, media per grandezza, qual è la Accademia Filarmonica Romana. E lì la fatica non dovrebbe essere enorme, giacchè nel consiglio direttivo siedono già D'Amico, dall'Ongaro, Carli Ballola, consiglieri di amministrazione di Santa Cecilia, ed Accademici di ambedue le istituzioni sono poi Cagli e Panni. Insomma, sulla carta sono già fuse, basta perfezionare l'annessione di diritto, con Fuortes a capo, ma senza compenso come fa da sempre Baratta, che comunque dalla Biennale di Venezia è ben pagato.
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Il caso Teatro di Cagliari. Nastasi punta a destabilizzare. E intanto ne affonda uno.
Mauro Meli è tornato alla Sovrintendenza del Teatro Lirico di Cagliari, da poco più di sei mesi e già, alla tornata della nomina di nuovi consigli di indirizzo, parte contro di lui un tiro incrociato da parte del sindaco Zedda e del Mibact: da Natasi, per essere chiari e concisi.
Zedda non vuole Meli, Nastasi gli spara contro un siluro 'legale', evidentemente pensando al ritorno possibile della Crivellenti che proprio lui e Gianni Letta vollero insediare alla sovrintendenza, con un triplo salto mortale, direttamente dalla gestione della biglietteria - come rivelò all'epoca della seconda promozione della signora, il sovrintendente in carica, appena smesso.
Sia chiaro che non saremo noi a difendere Meli, visto che ne abbiamo sempre criticato l'operapo sia a Cagliari che a Parma, e dai tempi in cui tutti lo osannavano mentre lui prosciugava la cassa del teatro sardo; ma lui diceva che era un'accusa ingiusta e falsa.
Ora chi vuole e fa di tutto per averlo, un cambiamento così radicale - in un teatro da poco affidato, nuovamente, a Meli - ma noto alle cronache soprattutto per problemi di gestione ed economici , quale reale obiettivo si pone?
Zedda certamente vuole eliminare un dirigente messo lì contro il suo volere ed approfitta dell'insediamento del nuovo 'Consiglio di indirizzo' dal quale solo dovrebbe uscire la terna di nomi da proporre l Ministero per la nomina del nuovo sovrintendente; Nastasi vuole fare le prove generali della 'declassazione' di una fondazione lirica, dopo aver tentato un analogo esperimento ma con mezzi diversi all'Opera di Roma, fiancheggiando Fuortes nel folle progetto di 'esternalizzare' orchestra e coro.
Il progetto di Zedda è certamente folle, ma quello di Nastasi lo è di più, specie se si dà un'occhiata alla già lunga lista dei possibili candidati, fra i quali c'è un oscuro dirigente ministeriale ed un altrettanto oscuro - ma onesto, s'intende - musicista di Caltanisetta, Angelo Licalsi, che Nastasi ha voluto nella 'Commissione Centrale Musica', rifiutando la preziosa collaborazione di qualche giornalista a conoscenza dei fatti del mondo della musica in Italia. Nastasi non l'ha voluto, preferendo dei servitori di provata fedeltà. Ambedue dovrebbero reggere un teatro difficile, senza avere nessuna esperienza in proposito. E' chiaro che lo i vuole affossare, almeno che lo voglia affossare Nastasi, anche per conto di Franceschini che dorme e forse accarezza propositi di salita al Quirinale con una bella moglie che farebbe concorrenza alla regina di Giordania.
C'è poi un altro nome che da tempo circola per qualunque incarico di vertice nelle fondazioni italiane, quello di Carmelo Di Gennaro, attualmente a capo dell'Istituto italiano di cultura a Madrid e che, evidentemente, starebbe per rientrare, ed è dunque in cerca di una nuova collocazione.
Questi nomi sarebbero per Cagliari, teatro già martoriato da mille problemi, una vera sciagura. Ma questo forse è ciò che Nastasi intende perseguire: la riduzione di numero delle Fondazioni liriche, cominciando a mandarne a picco qualcuna.
Zedda non vuole Meli, Nastasi gli spara contro un siluro 'legale', evidentemente pensando al ritorno possibile della Crivellenti che proprio lui e Gianni Letta vollero insediare alla sovrintendenza, con un triplo salto mortale, direttamente dalla gestione della biglietteria - come rivelò all'epoca della seconda promozione della signora, il sovrintendente in carica, appena smesso.
Sia chiaro che non saremo noi a difendere Meli, visto che ne abbiamo sempre criticato l'operapo sia a Cagliari che a Parma, e dai tempi in cui tutti lo osannavano mentre lui prosciugava la cassa del teatro sardo; ma lui diceva che era un'accusa ingiusta e falsa.
Ora chi vuole e fa di tutto per averlo, un cambiamento così radicale - in un teatro da poco affidato, nuovamente, a Meli - ma noto alle cronache soprattutto per problemi di gestione ed economici , quale reale obiettivo si pone?
Zedda certamente vuole eliminare un dirigente messo lì contro il suo volere ed approfitta dell'insediamento del nuovo 'Consiglio di indirizzo' dal quale solo dovrebbe uscire la terna di nomi da proporre l Ministero per la nomina del nuovo sovrintendente; Nastasi vuole fare le prove generali della 'declassazione' di una fondazione lirica, dopo aver tentato un analogo esperimento ma con mezzi diversi all'Opera di Roma, fiancheggiando Fuortes nel folle progetto di 'esternalizzare' orchestra e coro.
Il progetto di Zedda è certamente folle, ma quello di Nastasi lo è di più, specie se si dà un'occhiata alla già lunga lista dei possibili candidati, fra i quali c'è un oscuro dirigente ministeriale ed un altrettanto oscuro - ma onesto, s'intende - musicista di Caltanisetta, Angelo Licalsi, che Nastasi ha voluto nella 'Commissione Centrale Musica', rifiutando la preziosa collaborazione di qualche giornalista a conoscenza dei fatti del mondo della musica in Italia. Nastasi non l'ha voluto, preferendo dei servitori di provata fedeltà. Ambedue dovrebbero reggere un teatro difficile, senza avere nessuna esperienza in proposito. E' chiaro che lo i vuole affossare, almeno che lo voglia affossare Nastasi, anche per conto di Franceschini che dorme e forse accarezza propositi di salita al Quirinale con una bella moglie che farebbe concorrenza alla regina di Giordania.
C'è poi un altro nome che da tempo circola per qualunque incarico di vertice nelle fondazioni italiane, quello di Carmelo Di Gennaro, attualmente a capo dell'Istituto italiano di cultura a Madrid e che, evidentemente, starebbe per rientrare, ed è dunque in cerca di una nuova collocazione.
Questi nomi sarebbero per Cagliari, teatro già martoriato da mille problemi, una vera sciagura. Ma questo forse è ciò che Nastasi intende perseguire: la riduzione di numero delle Fondazioni liriche, cominciando a mandarne a picco qualcuna.
giovedì 15 gennaio 2015
Annunciata la stagione di Caracalla, e pure la permanenza di Fuortes all'Opera e a Musica per Roma.
Finalmente anche il Teatro dell'Opera di Roma sembra allinearsi, nella sua attività, alle regole di tutti i teatri che si rispettano, cominciando ad annunciare le stagioni con notevole anticipo ( mentre non e accaduto con la stagione invernale, ma si può sempre migliorare!) nella speranza di intercettare il numeroso pubblico di turisti che a Roma è consistente e che l'anno prossimo potrebbe aumentare ancora, per l'EXPO. A Salisburgo, tanto per fare un solo esempio, alla fine di un festival si ha quasi per intero il calendario del festival successivo.
A Caracalla, la prossima stagione estiva, ci saranno nientemeno che 20 repliche complessive dei tre titoli d'opera pucciniani in cartellone: Bohème,Turandot e Butterfly. Prevedendo la logica obiezione che 20 repliche sono ancora poche, dal Campidoglio - dove è stata annunciata la stagione, ma senza i cantanti che saranno resi noti fra qualche settimana - hanno detto che potrebbero esserci anche altre date.
Ma, soprattutto, dal Campidoglio hanno anche fatto sapere che la situazione all'Opera, così come oggi si configura dopo l'uscita di Muti, si è ormai stabilizzata: va fuori solo il Direttore del Corpo di ballo, Micha Van Hoeke, 'mutiano' di strettissima osservanza, come altrettanto non si è rivelato Alessio Vlad che, senza Muti, sarebbe rimasto ancora alle Muse anconiane. Per il ballo, si sa che Fuortes e Marino punterebbero ad aver la Abbagnato, alla sua prima esperienza, eventuale, di direttrice.
Tutto il resto rimane com'è. E soprattutto resta Fuortes che agli occhi di Marino è il salvatore e per questo lo ringrazia 'per il grande sforzo, a costo bassissimo' ( appena 1000 Euro al mese, che vanno a rimpinguare, naturalmente, i 250.000 Euro di Musica per Roma), che fa mantenendo il piede in due scarpe, di qua e di là dal Tevere, mentre aveva promesso che da una delle due scarpe , a fine anno, avrebbe tolto il piede.
Noi pensavamo che avrebbe lasciato l'Opera dopo la figuraccia internazionale della 'esternalizzazione ' di orchestra e coro, fortunatamente rientrata, ma la figuraccia no. C'era invece chi si aspettava che lasciasse Musica per Roma, il cui contratto terminava al 31 dicembre 2014, sostenendo che ormai anche senza Fuortes l'Auditorium funziona bene, avendo consolidato le sue attività ed avendo per ognuna di esse il direttore artistico specifico. Che ci sta a fare allora all'Auditorium? Per soldi? Per il timore che un giorno o l'altro qualche altra tegola gli caschi sulla testa all'Opera e, perciò, ritiene che l'incarico all'Auditorium sia molto più solido di quello all'Opera?
Infine, ancora bugie sull'uscita di Muti che, secondo Marino e Fuortes, non è definitiva, e nella certezza che il maestro tornerà, fingono di non aver letto quel che di contro ha scritto Paolo Isotta, amico del maestro, sul Corriere, e quel che ha detto lo steso Muti in varie occasioni in questi mesi. Insomma all'Opera tutti fingono di pensare che Muti ritornerà. Illusi, per necessità e contro ogni evidenza.
A Caracalla, la prossima stagione estiva, ci saranno nientemeno che 20 repliche complessive dei tre titoli d'opera pucciniani in cartellone: Bohème,Turandot e Butterfly. Prevedendo la logica obiezione che 20 repliche sono ancora poche, dal Campidoglio - dove è stata annunciata la stagione, ma senza i cantanti che saranno resi noti fra qualche settimana - hanno detto che potrebbero esserci anche altre date.
Ma, soprattutto, dal Campidoglio hanno anche fatto sapere che la situazione all'Opera, così come oggi si configura dopo l'uscita di Muti, si è ormai stabilizzata: va fuori solo il Direttore del Corpo di ballo, Micha Van Hoeke, 'mutiano' di strettissima osservanza, come altrettanto non si è rivelato Alessio Vlad che, senza Muti, sarebbe rimasto ancora alle Muse anconiane. Per il ballo, si sa che Fuortes e Marino punterebbero ad aver la Abbagnato, alla sua prima esperienza, eventuale, di direttrice.
Tutto il resto rimane com'è. E soprattutto resta Fuortes che agli occhi di Marino è il salvatore e per questo lo ringrazia 'per il grande sforzo, a costo bassissimo' ( appena 1000 Euro al mese, che vanno a rimpinguare, naturalmente, i 250.000 Euro di Musica per Roma), che fa mantenendo il piede in due scarpe, di qua e di là dal Tevere, mentre aveva promesso che da una delle due scarpe , a fine anno, avrebbe tolto il piede.
Noi pensavamo che avrebbe lasciato l'Opera dopo la figuraccia internazionale della 'esternalizzazione ' di orchestra e coro, fortunatamente rientrata, ma la figuraccia no. C'era invece chi si aspettava che lasciasse Musica per Roma, il cui contratto terminava al 31 dicembre 2014, sostenendo che ormai anche senza Fuortes l'Auditorium funziona bene, avendo consolidato le sue attività ed avendo per ognuna di esse il direttore artistico specifico. Che ci sta a fare allora all'Auditorium? Per soldi? Per il timore che un giorno o l'altro qualche altra tegola gli caschi sulla testa all'Opera e, perciò, ritiene che l'incarico all'Auditorium sia molto più solido di quello all'Opera?
Infine, ancora bugie sull'uscita di Muti che, secondo Marino e Fuortes, non è definitiva, e nella certezza che il maestro tornerà, fingono di non aver letto quel che di contro ha scritto Paolo Isotta, amico del maestro, sul Corriere, e quel che ha detto lo steso Muti in varie occasioni in questi mesi. Insomma all'Opera tutti fingono di pensare che Muti ritornerà. Illusi, per necessità e contro ogni evidenza.
mercoledì 14 gennaio 2015
Benedetti vitalizi regionali, A Milano è nato un comitato in loro difesa. Lo presiede Luigi Corbani
Ieri, in tv, hanno intervistato Luigi Corbani che del comitato dei 50 ex assessori e consiglieri ai quali viene richiesto di ridursi il vitalizio, è l'anima ed il portavoce.
Non solo i nomi - Di corato, Borghini ed altri che non ricordiamo - ma anche le cifre hanno elencato in tv, dalle quali si scopre che, come sempre, Luigi Corbani, è il più disgraziato, avendo un vitalizio di poco più di 2800 Euro lordi. E già che vi sono ex della Regione che hanno vitalizi anche di 5000 e 6000 Euro mensili, sempre lordi - perciò non gridate subito allo scandalo!
Questi signori dicono che il vitalizio se lo sono meritati - magari dopo una sola legislatura e quando non sono ancora in età di pensione come tutti i poveri cristi italiani - e che non intendono rinunciarvi, neanche in parte, per rendere il cosiddetto contributo di solidarietà.
Sentite cosa ha proposto Corbani, da sempre a Milano - abbandonata la carriera politica ed amministrativa - al vertice della Orchestra Verdi che ancora non ha risolto i suoi problemi, dopo oltre vent'anni di vita, merito degli assurdi ministri che non abbiamo fatto niente di male per meritarceli.
Corbani dice, a nome degli altri 50 suoi sodali, che loro sarebbero disposti a rinunciarvi in parte, al vitalizio, se anche i consiglieri in carica rinunciano in parte al loro ricco stipendio (loro non lo chiamano così, perchè lo ritengono un rimborso per l'attività politica, alla faccia della lingua italiana!) e tutto il risparmio va a finire in un fondo da destinare ai giovani, creando borse di studio. Non vogliono che i loro risparmi finiscano nel calderone che magari alimenta qualche altra ruberia. Loro sanno di chi parlano e con chi hanno a che fare. Chi meglio di loro?
Vi pare mai che questo si farà?
Non solo i nomi - Di corato, Borghini ed altri che non ricordiamo - ma anche le cifre hanno elencato in tv, dalle quali si scopre che, come sempre, Luigi Corbani, è il più disgraziato, avendo un vitalizio di poco più di 2800 Euro lordi. E già che vi sono ex della Regione che hanno vitalizi anche di 5000 e 6000 Euro mensili, sempre lordi - perciò non gridate subito allo scandalo!
Questi signori dicono che il vitalizio se lo sono meritati - magari dopo una sola legislatura e quando non sono ancora in età di pensione come tutti i poveri cristi italiani - e che non intendono rinunciarvi, neanche in parte, per rendere il cosiddetto contributo di solidarietà.
Sentite cosa ha proposto Corbani, da sempre a Milano - abbandonata la carriera politica ed amministrativa - al vertice della Orchestra Verdi che ancora non ha risolto i suoi problemi, dopo oltre vent'anni di vita, merito degli assurdi ministri che non abbiamo fatto niente di male per meritarceli.
Corbani dice, a nome degli altri 50 suoi sodali, che loro sarebbero disposti a rinunciarvi in parte, al vitalizio, se anche i consiglieri in carica rinunciano in parte al loro ricco stipendio (loro non lo chiamano così, perchè lo ritengono un rimborso per l'attività politica, alla faccia della lingua italiana!) e tutto il risparmio va a finire in un fondo da destinare ai giovani, creando borse di studio. Non vogliono che i loro risparmi finiscano nel calderone che magari alimenta qualche altra ruberia. Loro sanno di chi parlano e con chi hanno a che fare. Chi meglio di loro?
Vi pare mai che questo si farà?
Così fan tutti, anche il Vaticano
Premettiamo che non abbiamo cambiato idea negli ultimi tempi, come usano fare le persone intelligenti che cambiano anche spesso idea. No, noi siamo rimasti sempre della stessa idea e cioè che l'arrivo di Bertone a Roma - ora in disgrazia, ma lui si consola con il lussuoso appartamento a gloria di dio ed uso e godimento suo - ha significato che in tutti i ranghi più in alto vaticani ci sia stata la calata (od anche 'colata', quasi lavica, che non risparmia nulla e nessuno) dei genovesi. In tutti i ranghi.
Noi denunciammo tale fatto quando venne cambiato il maestro della Cappella Sistina: la sostituzione dell'ex direttore del Duomo di Monreale con il direttore 'donboschiano', vicino al cardinale. E quello non fu,comunque, il più discutibile degli spostamenti. Ci fu anche quello del direttore generale dell'Ospedale Bambino Gesù, che arrivò direttamente dalla diocesi e curia genovese, il dott. Profiti.
Il quale direttore generale ha operato, sembra benissimo (anche se pure lui, a sua volta, ha 'genovesizzato' il Bambino Gesù) dal 2007 ad oggi ed ora, caduto in disgrazia Bertone viene sostituito. Ufficialmente Profiti si dimette perché non condivide alcune scelte del nuovo CDA dell'ospedale vaticano, appena insediato. Realmente Profiti viene mandato via, assieme al suo protettore.
Ciò che comunque non capiamo è perché venga sostituito il direttore di un Ospedale che in questi sette anni di sua gestione, ha chiuso i bilanci in attivo, ha portato l'Ospedale pediatrico romano a diventare una delle eccellenza italiane ed internazionali; ad accrescerne la capacità di ricerca e a portare la sua professionalità anche in altre città e paesi con presidi medici altamente specializzati.
Perchè allora cambiarlo? Solo perchè lui era al seguito di Bertone caduto in disgrazia? Se naturale appare un avvicendamento nella gestione di un grosso complesso ospedaliero, non altrettanto naturale, anzi sospetta, si rivela la sostituzione, senz'altro motivo se non quello di essere un 'bertonianano', di un buon amministratore.
Purtroppo, come insegna Lorenzo da Ponte e Mozart, così fan tutti, Vaticano compreso.
Noi denunciammo tale fatto quando venne cambiato il maestro della Cappella Sistina: la sostituzione dell'ex direttore del Duomo di Monreale con il direttore 'donboschiano', vicino al cardinale. E quello non fu,comunque, il più discutibile degli spostamenti. Ci fu anche quello del direttore generale dell'Ospedale Bambino Gesù, che arrivò direttamente dalla diocesi e curia genovese, il dott. Profiti.
Il quale direttore generale ha operato, sembra benissimo (anche se pure lui, a sua volta, ha 'genovesizzato' il Bambino Gesù) dal 2007 ad oggi ed ora, caduto in disgrazia Bertone viene sostituito. Ufficialmente Profiti si dimette perché non condivide alcune scelte del nuovo CDA dell'ospedale vaticano, appena insediato. Realmente Profiti viene mandato via, assieme al suo protettore.
Ciò che comunque non capiamo è perché venga sostituito il direttore di un Ospedale che in questi sette anni di sua gestione, ha chiuso i bilanci in attivo, ha portato l'Ospedale pediatrico romano a diventare una delle eccellenza italiane ed internazionali; ad accrescerne la capacità di ricerca e a portare la sua professionalità anche in altre città e paesi con presidi medici altamente specializzati.
Perchè allora cambiarlo? Solo perchè lui era al seguito di Bertone caduto in disgrazia? Se naturale appare un avvicendamento nella gestione di un grosso complesso ospedaliero, non altrettanto naturale, anzi sospetta, si rivela la sostituzione, senz'altro motivo se non quello di essere un 'bertonianano', di un buon amministratore.
Purtroppo, come insegna Lorenzo da Ponte e Mozart, così fan tutti, Vaticano compreso.
Anche a Santa Cecilia, per la fumata bianca occorre attendere il quarto scrutinio, il 20 febbraio?
L'elezione del presidente/sovrintendente dell'Accademia di Santa Cecilia, ad opera dei grandi elettori( musicisti), potrebbe avere una svolta positiva al quarto scrutinio. Sembra di scorgere più di un punto in comune con l'elezione del Presidente della Repubblica che succederà a Napolitano, il cui rebus politico dovrebbe risolversi al quarto scrutinio, a detta del presidente del consiglio Renzi, quando cioé il quorum si abbasserà enormemente, ed i voti congiunti del PD e di Forza Italia, dovrebbero essere sufficienti, se l'accordo del Nazareno reggerà e se i temuti franchi tiratori si presenteranno in aula con le armi spuntate ed innocue.
Anche l'Accademia di Santa Cecilia attende con ansia il prossimo scrutinio, che è il quarto, per eleggere il suo capo, il presidente. Anche a Santa cecilia, come per il Presidente della Repubblica, il Presidente verrà eletto dai 'grandi elettori' che sono la sessantina di Accademici effettivi. A differenza, però, dell'elezione del Presidente della Repubblica, a Santa Cecilia, il quorum richiesto per l'elezione era già dimensionato alla terza votazione, quella dello scorso 12 gennaio, quando a votare erano stati in 62, e per essere eletto al candidato presidente bastavano 29 voti, non presi da nessuno dei principali contendenti: dall'Ongaro 26 e Battistelli 23.
Ma ora le cose si complicano un pò soprattutto per Battistelli, a tre lunghezze di voti da dall'Ongaro. Il quale Battistelli , l'estate scorsa ha annunciato pubblicamente di volersi candidare alla guida del Comune di Albano, dove egli è nato e dove ha impiantato quel suo capolavoro di gioventù 'Experimentum mundi' che mette in campo gli artigiani del comune laziale e che ha girato davvero il mondo.
Ora sicuramente Battistelli non prevedeva che le elezioni a Santa Cecilia, dove pensava comunque di candidarsi, si sarebbero trascinate così a lungo, arrivando quasi a ridosso dell'inizio della campagna elettorale di primavera per le amministrative; pensava, forse, che dall'Ongaro, al quale evidentemente non vuol dargliela vinta, avrebbe vinto comunque potendo contare anche sull'appoggio di Cagli, ma sottovalutava il fatto che dall'Ongaro in Accademia si è attirato parecchie critiche e creato non pochi nemici. E forse pensava, che se pur sconfitto in Accademia, avrebbe trionfato ad Albano.
Battistelli potrebbe deludere i suoi concittadini, se non scioglierà la riserva e continuerà a restare in lizza. E che cosa succederebbe se venisse eletto, sconfiggendo dall'Ongaro e, di conseguenza, abbandonando del tutto il progetto di reggere le sorti comunali di Albano? Farebbe una pessima figura e forse farebbe capire a tutti che quel suo progetto di candidarsi alle amministrative non nasceva nè dalla passione politica nè dall'amor patrio ( cittadino), bensì dalla smodata sete di potere che lo avrebbe spinto a tentare di mettere una sua bandierina anche in territori diversi da quelli musicali.
Anche l'Accademia di Santa Cecilia attende con ansia il prossimo scrutinio, che è il quarto, per eleggere il suo capo, il presidente. Anche a Santa cecilia, come per il Presidente della Repubblica, il Presidente verrà eletto dai 'grandi elettori' che sono la sessantina di Accademici effettivi. A differenza, però, dell'elezione del Presidente della Repubblica, a Santa Cecilia, il quorum richiesto per l'elezione era già dimensionato alla terza votazione, quella dello scorso 12 gennaio, quando a votare erano stati in 62, e per essere eletto al candidato presidente bastavano 29 voti, non presi da nessuno dei principali contendenti: dall'Ongaro 26 e Battistelli 23.
Ma ora le cose si complicano un pò soprattutto per Battistelli, a tre lunghezze di voti da dall'Ongaro. Il quale Battistelli , l'estate scorsa ha annunciato pubblicamente di volersi candidare alla guida del Comune di Albano, dove egli è nato e dove ha impiantato quel suo capolavoro di gioventù 'Experimentum mundi' che mette in campo gli artigiani del comune laziale e che ha girato davvero il mondo.
Ora sicuramente Battistelli non prevedeva che le elezioni a Santa Cecilia, dove pensava comunque di candidarsi, si sarebbero trascinate così a lungo, arrivando quasi a ridosso dell'inizio della campagna elettorale di primavera per le amministrative; pensava, forse, che dall'Ongaro, al quale evidentemente non vuol dargliela vinta, avrebbe vinto comunque potendo contare anche sull'appoggio di Cagli, ma sottovalutava il fatto che dall'Ongaro in Accademia si è attirato parecchie critiche e creato non pochi nemici. E forse pensava, che se pur sconfitto in Accademia, avrebbe trionfato ad Albano.
Battistelli potrebbe deludere i suoi concittadini, se non scioglierà la riserva e continuerà a restare in lizza. E che cosa succederebbe se venisse eletto, sconfiggendo dall'Ongaro e, di conseguenza, abbandonando del tutto il progetto di reggere le sorti comunali di Albano? Farebbe una pessima figura e forse farebbe capire a tutti che quel suo progetto di candidarsi alle amministrative non nasceva nè dalla passione politica nè dall'amor patrio ( cittadino), bensì dalla smodata sete di potere che lo avrebbe spinto a tentare di mettere una sua bandierina anche in territori diversi da quelli musicali.
Una vignetta un massacro, non si può lasciare mano libera ai terroristi
Ieri Charlie Hebdo - che è uscito, tuttavia, dopo l'eccidio con una immagine in copertina del profeta che perdona, dichiarandosi anch'egli solidale con il settimanale francese - oggi un'altra rivista satirica franco-belga, 'Le canard enchainé'. I terroristi, chi non lo avesse ancora capito sappia, vogliono incutere terrore a tutti e dappertutto. Chi apre bocca sappia di essere nel loro mirino omicida, questo è il loro messaggio barbaro. Di questo passo anche una battutina sul profeta , o su chiunque altro, detta al bar tra amici come si usa fare da tempo immemorabile sui carabinieri, tanto per fare un esempio, potrebbe essere alla base - FOLLIA!- di un nuovo massacro. No, così non va, a tutti, compresi i terroristi pare chiaro che la reazione è sproporzionata, perchè tale vuole essere ed apparire con chiarezza lapidaria, allo scopo di cucire le bocche a tutti.
Cosa possiamo fare? Intanto lavorare d'anticipo, con l'intelligenza e le indagini, prima che con le mani e le armi; prenderli con le mani nel sacco prima che possano nuocere e sbatterli in prigione con l'accusa di tentata strage e senza sconti di pena, niente pentimenti troppo repentini per essere veri e credibili. Il caso dei terroristi in Francia insegni qualcosa.
Siamo andato a sfogliare il catalogo di una mostra tenutasi a Roma, al Palazzo delle Esposizioni, pochi anni fa, una mostra monografica dedicata interamente Pino Zac (Giusppe Zaccaria), notissimo disegnatore satirico, morto a metà degli anni Ottanta, autorevole firma del 'Canard'. In una vignetta degli anni Settanta, esposta in quella mostra, e relativa all'avvento al potere di Khomeini, Pino Zac disegnò un uomo barbuto, l'ayatollah, con la bocca spalancata e la scritta sotto: 'Perdete ogni speranza o voi che entrate'. E poi le vignette satiriche contro la Chiesa, all'epoca dell'accesa discussione sul divorzio e l'aborto, per stigmatizzare la sessuofobia della Chiesa ( forse appena allentata da Papa Bergoglio), in cui si vedeva un prelato che armato di ago e filo cuciva l'organo femminile, alla base del piacere e della procreazione; come anche quelle irridenti su Andreotti, allora all'apice del potere, che veniva sempre raffigurato con un culo al posto della faccia, o, se volete, con una faccia di culo. Pino Zac fu censurato, subì anche processi per irriverenza e vilipendio... ma da qui ad essere messo al muro il passo ce ne corre.
I terroristi che colgono ogni occasione per realizzare il loro proposito di gettare il mondo nel panico vanno fermati subito, anzi prima che continuino in questa loro perversa incivile azione.
Cosa possiamo fare? Intanto lavorare d'anticipo, con l'intelligenza e le indagini, prima che con le mani e le armi; prenderli con le mani nel sacco prima che possano nuocere e sbatterli in prigione con l'accusa di tentata strage e senza sconti di pena, niente pentimenti troppo repentini per essere veri e credibili. Il caso dei terroristi in Francia insegni qualcosa.
Siamo andato a sfogliare il catalogo di una mostra tenutasi a Roma, al Palazzo delle Esposizioni, pochi anni fa, una mostra monografica dedicata interamente Pino Zac (Giusppe Zaccaria), notissimo disegnatore satirico, morto a metà degli anni Ottanta, autorevole firma del 'Canard'. In una vignetta degli anni Settanta, esposta in quella mostra, e relativa all'avvento al potere di Khomeini, Pino Zac disegnò un uomo barbuto, l'ayatollah, con la bocca spalancata e la scritta sotto: 'Perdete ogni speranza o voi che entrate'. E poi le vignette satiriche contro la Chiesa, all'epoca dell'accesa discussione sul divorzio e l'aborto, per stigmatizzare la sessuofobia della Chiesa ( forse appena allentata da Papa Bergoglio), in cui si vedeva un prelato che armato di ago e filo cuciva l'organo femminile, alla base del piacere e della procreazione; come anche quelle irridenti su Andreotti, allora all'apice del potere, che veniva sempre raffigurato con un culo al posto della faccia, o, se volete, con una faccia di culo. Pino Zac fu censurato, subì anche processi per irriverenza e vilipendio... ma da qui ad essere messo al muro il passo ce ne corre.
I terroristi che colgono ogni occasione per realizzare il loro proposito di gettare il mondo nel panico vanno fermati subito, anzi prima che continuino in questa loro perversa incivile azione.
martedì 13 gennaio 2015
Possibile che non si possa far nulla contro le bestie dello Stadio Olimpico di Roma e le belve di Boko Haram in Nigeria?
In Francia si muore per difendere la libertà di espressione e, nelle stesse ore della grande manifestazione popolare a Parigi, alcune bestie - come altro definirle - all'uscita dallo Stadio Olimpico, dopo la partita Roma-Lazio, finita in parità, giocano a farsi la guerra per futili, animaleschi motivi. E che si fa contro di loro, visto che non sono nuovi a simili dimostrazioni di bestialità criminale? Nulla, oltre che fermarli, perquisirli, a cose fatte, e sequestrargli le armi proprie ed improprie con le quali le bestie si combattono. Possibile che non si possa fare altro? Che non sono disponibili gabbie vuote per richiudere queste bestie disumane, prima della prossimo scontro - che ci sarà se non si fa nulla.
E ancor, nelle stesse ore in cui il mondo si è dato appuntamento a Parigi per rispondere alla sfida del terrore, gli occhi che dovrebbero essere distolti, almeno per un attimo, da Place de la Republique, per essere puntati soprattutto in Nigeria, dove quelle belve di Boko Haram hanno superato con le loro nefandezze ogni più terribile previsione umana, restano chiusi o distratti.
Che altro si aspetta che facciano? Hanno rapito in massa studentesse nigeriane, per il solo motivo che ambivano istruirsi e con l'arma dell'istruzione in testa combattere quei macellai, quantomeno fermarne l'avanzata; hanno distrutto interi villaggi - negli ultimi giorni hanno fatto oltre duemila morti, una strage; hanno nascosto sotto gli umili vestiti di bambine esplosivi che hanno fatto esplodere all'aperto ma in luoghi affollati dove potevano fare più morti ( mercati, soprattutto), bambine incluse martiri a loro insaputa, ed ancora nessuno si muove; non ci sono contingenti internazionali pronti a partire; non c'è nazione che si faccia carico di questo genocidio, ancora più grave di tutti quelli del passato perché cade quando nell'Occidente la pace regna da oltre mezzo secolo.
Non si può restare inerti e fermi, è giunto il momento di muoversi e con determinazione. Saranno feroci i seguaci di Boko Haram, ma son pur sempre ancora pochi; perchè, allora, aspettare che diventi sempre più folto quel manipolo di belve sanguinarie, rendendo la loro resa più difficile?
E ancor, nelle stesse ore in cui il mondo si è dato appuntamento a Parigi per rispondere alla sfida del terrore, gli occhi che dovrebbero essere distolti, almeno per un attimo, da Place de la Republique, per essere puntati soprattutto in Nigeria, dove quelle belve di Boko Haram hanno superato con le loro nefandezze ogni più terribile previsione umana, restano chiusi o distratti.
Che altro si aspetta che facciano? Hanno rapito in massa studentesse nigeriane, per il solo motivo che ambivano istruirsi e con l'arma dell'istruzione in testa combattere quei macellai, quantomeno fermarne l'avanzata; hanno distrutto interi villaggi - negli ultimi giorni hanno fatto oltre duemila morti, una strage; hanno nascosto sotto gli umili vestiti di bambine esplosivi che hanno fatto esplodere all'aperto ma in luoghi affollati dove potevano fare più morti ( mercati, soprattutto), bambine incluse martiri a loro insaputa, ed ancora nessuno si muove; non ci sono contingenti internazionali pronti a partire; non c'è nazione che si faccia carico di questo genocidio, ancora più grave di tutti quelli del passato perché cade quando nell'Occidente la pace regna da oltre mezzo secolo.
Non si può restare inerti e fermi, è giunto il momento di muoversi e con determinazione. Saranno feroci i seguaci di Boko Haram, ma son pur sempre ancora pochi; perchè, allora, aspettare che diventi sempre più folto quel manipolo di belve sanguinarie, rendendo la loro resa più difficile?
lunedì 12 gennaio 2015
E se Cagli, alla fine, decidesse di restare alla presidenza di Santa Cecilia, lo voterebbero per l'ennesima volta?
Per noi non ci sarebbe nulla di strano se alla fine, magari, Cagli dicesse: fra i due litiganti, Dall'Ongaro e Battistelli, resto io, rimettendosi in gioco, anzi in pista. Niente di strano perchè la sua dichiarazione di inizio estate di voler abbandonare quell'incarico - era ora !- dopo vent'anni circa, perchè stanco di lottare - ma le lotte vere sono ben altre, al confronto quelle cui si riferisce Cagli sono più simili a diatribe da salotto - a molti, noi compresi, non apparve del tutto convinta e definitiva. E l'uomo è poi imprevedibile.
Quando verso la fine degli anni Novanta, lasciò l'Accademia - anzi 'dovette lasciarla'- perchè la bozza di statuto presentata ai complessi ceciliani non piacque, e lui venne contestato, una persona molto addentro all'Accademia, con responsabilità nelle alte sfere, scommise con noi che la sua uscita era solo momentanea e che Cagli sarebbe tornato, quasi da vincitore, o per lo meno da salvatore dell'Accademia, il prima possibile. E così fu. Aveva ragione.
Dopo la toccata e fuga a Parma, con tutta la sua corte tuttora attiva, per il Festival Verdi, dove ebbe a disposizione un bel gruzzolo, alla morte di Berio, si rifece vivo.
Fra i candidati di allora c'era Sergio Perticaroli,vice-presidente dell'Accademia, persona per bene, bravo insegnante di pianoforte, ma probabilmente senza il polso necessario e l'autorevolezza per quell'incarico. E, infatti, fu messo subito fuori gioco dagli Accademici che gli preferirono Cagli e così dal 2003 al 2014 Cagli ha ripreso di nuovo il timone dell'Accademia di Santa Cecilia, per un altro lungo ininterrotto decennio. Sul quale è piovuta anche la benedizione della presenza di Pappano,di cui Cagli non ha nessun merito, come direttore musicale, il quale ha ridato smalto all'Accademia e alla sua orchestra.
E pensare che quando noi scrivemmo la prima biografia del direttore, Cagli non volle mettere neanche un Euro, quando sarebbe stato opportuno, viste le numerose collane che l'Accademia pubblica di pincopallo, ma sempre appartenenti al suo cerchio magico, a quello di Cagli, s'intende. per Pappano no. Meglio per Pappano, a firma Acquafredda neanche un centesimo.
Non solo. Per la presentazione pubblica di quella biografia fece attendere noi ed anche Pappano alcuni mesi, e, infine, nell'Annuario dell'Accademia del 2007, di quella presentazione anche in sua presenza, vi fece cancellare ogni menzione , mentre di tutte le altre presentazioni di libri, anche di quelli che con l'Accademia non avevano nulla a vedere, c'è traccia.
Questo è lo stile di Cagli, basta che una sola volta non sei del suo stesso parere ed osi criticarlo e lui reagisce, in apparenza silenziosamente, ma sempre con determinazione. Talvolta, per esempio, nella maniera più volgare che si possa immaginare - lo abbiamo scritto varie volte in questi mesi - facendoci negare dall'ufficio stampa il biglietto che ad un critico musicale, quale noi crediamo di essere ancora, spetterebbe con la scusa che 'sono finiti i biglietti stampa', una volta due volte tre volte, detto gentilmente di chi è al suo servizio 'perinde ac cadaver' perchè a lui deve quel pò di carriera che sta facendo più che ad altro servizio o meriti professionali.
Questo ed anche molto altro - il tenere alla larga molti musicisti di valore italiani, l'ascolto delle sirene di certe agenzie, compresa quella di cui fa parte Pappano, l'essersi circondato di fedelissimi, superpremiati con l'ingresso in Accademia, taluni come 'accademici' e lauti stipendi ecc.. tutte cose di pubblico dominio perchè parte di quel 'cahier de doléance' già messo in piazza dai giornali (Il fatto quotidiano) e oggetto delle lettere aperte inviate all'Accademia da alcuni suoi noti esponenti - non ci è mai piaciuto di Cagli e lo abbiamo sempre scritto o detto. Per questo lui ha inteso punirci, volgarmente, in taluni casi. E, sempre per questo, noi vorremmo che la sua stella, ormai fioca, finalmente tramonti.
Quando verso la fine degli anni Novanta, lasciò l'Accademia - anzi 'dovette lasciarla'- perchè la bozza di statuto presentata ai complessi ceciliani non piacque, e lui venne contestato, una persona molto addentro all'Accademia, con responsabilità nelle alte sfere, scommise con noi che la sua uscita era solo momentanea e che Cagli sarebbe tornato, quasi da vincitore, o per lo meno da salvatore dell'Accademia, il prima possibile. E così fu. Aveva ragione.
Dopo la toccata e fuga a Parma, con tutta la sua corte tuttora attiva, per il Festival Verdi, dove ebbe a disposizione un bel gruzzolo, alla morte di Berio, si rifece vivo.
Fra i candidati di allora c'era Sergio Perticaroli,vice-presidente dell'Accademia, persona per bene, bravo insegnante di pianoforte, ma probabilmente senza il polso necessario e l'autorevolezza per quell'incarico. E, infatti, fu messo subito fuori gioco dagli Accademici che gli preferirono Cagli e così dal 2003 al 2014 Cagli ha ripreso di nuovo il timone dell'Accademia di Santa Cecilia, per un altro lungo ininterrotto decennio. Sul quale è piovuta anche la benedizione della presenza di Pappano,di cui Cagli non ha nessun merito, come direttore musicale, il quale ha ridato smalto all'Accademia e alla sua orchestra.
E pensare che quando noi scrivemmo la prima biografia del direttore, Cagli non volle mettere neanche un Euro, quando sarebbe stato opportuno, viste le numerose collane che l'Accademia pubblica di pincopallo, ma sempre appartenenti al suo cerchio magico, a quello di Cagli, s'intende. per Pappano no. Meglio per Pappano, a firma Acquafredda neanche un centesimo.
Non solo. Per la presentazione pubblica di quella biografia fece attendere noi ed anche Pappano alcuni mesi, e, infine, nell'Annuario dell'Accademia del 2007, di quella presentazione anche in sua presenza, vi fece cancellare ogni menzione , mentre di tutte le altre presentazioni di libri, anche di quelli che con l'Accademia non avevano nulla a vedere, c'è traccia.
Questo è lo stile di Cagli, basta che una sola volta non sei del suo stesso parere ed osi criticarlo e lui reagisce, in apparenza silenziosamente, ma sempre con determinazione. Talvolta, per esempio, nella maniera più volgare che si possa immaginare - lo abbiamo scritto varie volte in questi mesi - facendoci negare dall'ufficio stampa il biglietto che ad un critico musicale, quale noi crediamo di essere ancora, spetterebbe con la scusa che 'sono finiti i biglietti stampa', una volta due volte tre volte, detto gentilmente di chi è al suo servizio 'perinde ac cadaver' perchè a lui deve quel pò di carriera che sta facendo più che ad altro servizio o meriti professionali.
Questo ed anche molto altro - il tenere alla larga molti musicisti di valore italiani, l'ascolto delle sirene di certe agenzie, compresa quella di cui fa parte Pappano, l'essersi circondato di fedelissimi, superpremiati con l'ingresso in Accademia, taluni come 'accademici' e lauti stipendi ecc.. tutte cose di pubblico dominio perchè parte di quel 'cahier de doléance' già messo in piazza dai giornali (Il fatto quotidiano) e oggetto delle lettere aperte inviate all'Accademia da alcuni suoi noti esponenti - non ci è mai piaciuto di Cagli e lo abbiamo sempre scritto o detto. Per questo lui ha inteso punirci, volgarmente, in taluni casi. E, sempre per questo, noi vorremmo che la sua stella, ormai fioca, finalmente tramonti.
Elezione per il successore di Bruno Cagli all'Accademia di Santa cecilia. FUMATA NERA. Dall'Ongaro e Battistelli ad un passo l'uno dall'altro. Perchè non si candida Pappano?
Alla terza votazione, quando il quorum richiesto era di metà più uno dei votanti, nel caso 29 voti, ancora una fumata nera, perchè dall'Ongaro ha preso 26 voti, 3 in meno dei richiesti per essere eletto; Battistelli 23; Cagli 2, Pappano 1 e schede bianche (che non è un candidato! ) 4.
Dunque i votanti erano 56, e 7 dei 63 accademici non hanno votato degli aventi diritto. Alla prossima tornata di elezioni, non ancora fissata, ma che verosimilmente cadrà intorno alla metà di febbraio ( si dice dopo il 15), anche allora per essere eletto, al successore di Cagli, alla guida dell'Accademia, serviranno sempre metà più uno voti dei votanti.
Un'analisi dei risultati mette necessariamente l'accento sul fatto che l'Accademia è spaccata in due; i sostenitori di dall'Ongaro (candidato da Cagli) da una parte e quelli che lo vedono come fumo negli occhi e sostengono la candidatura di Battistelli, senza però chiarire se vogliono Battistelli al posto di dall'Ongaro, oppure se non vogliono dall'Ongaro. Il loro sembra più un voto 'contro' che un voto 'a favore'.
Nelle votazioni a favore di Cagli, negli anni e decenni passati, ci sembra non si fosse mai vista una spaccatura così netta negli Accademici i quali avevano preferito Cagli con chiarezza, lasciando a qualche lunghezza di distanza il suo antagonista; come, del resto, accadde anche nella passata elezione, quando Cagli prese più o meno il doppio dei voti di Battistelli.
Ora non è più così, perchè dall'Ongaro, troppo sostenuto e spinto da Cagli, s'è attirato molte critiche. Quella sua voglia di arrivare non piace a molti, quantomeno a metà circa degli Accademici i quali sanno bene che molti meriti di questa sua ascesa vanno ricercati nel suo ruolo strategico in RAI, relativamente alla musica. E, del resto, che questo sia il merito precipuo di dall'Ongaro, nella sua ascesa come anche nella sua elezione ad Accademico - diciamo le cose come stanno - lo ha detto esplicitamente Cagli quando ha voluto dall'Ongaro alla vice presidenza, e testualmente disse: dall'Ongaro, nipote di Abbado e soprattutto dirigente Rai, può recare vantaggi all'Accademia, anche economici.
Ecco tutto questo ad alcuni musicisti di razza, che immaginiamo, non considerano loro pari dall'Ongaro, quel discorso di Cagli non è andato giù e perciò gli si sono messi contro.
Adesso che dopo tre votazioni la contrapposizione è ancora e sempre netta, ci vorrebbe un terzo personaggio in grado di pacificare gli animi in Accademia.
Pappano potrebbe essere la persona giusta ammesso che lo voglia. Ma certamente lui non vuole questa gatta da pelare. E, perciò, la contrapposizione continuerà, senza far presagire nulla di buono.
Dunque i votanti erano 56, e 7 dei 63 accademici non hanno votato degli aventi diritto. Alla prossima tornata di elezioni, non ancora fissata, ma che verosimilmente cadrà intorno alla metà di febbraio ( si dice dopo il 15), anche allora per essere eletto, al successore di Cagli, alla guida dell'Accademia, serviranno sempre metà più uno voti dei votanti.
Un'analisi dei risultati mette necessariamente l'accento sul fatto che l'Accademia è spaccata in due; i sostenitori di dall'Ongaro (candidato da Cagli) da una parte e quelli che lo vedono come fumo negli occhi e sostengono la candidatura di Battistelli, senza però chiarire se vogliono Battistelli al posto di dall'Ongaro, oppure se non vogliono dall'Ongaro. Il loro sembra più un voto 'contro' che un voto 'a favore'.
Nelle votazioni a favore di Cagli, negli anni e decenni passati, ci sembra non si fosse mai vista una spaccatura così netta negli Accademici i quali avevano preferito Cagli con chiarezza, lasciando a qualche lunghezza di distanza il suo antagonista; come, del resto, accadde anche nella passata elezione, quando Cagli prese più o meno il doppio dei voti di Battistelli.
Ora non è più così, perchè dall'Ongaro, troppo sostenuto e spinto da Cagli, s'è attirato molte critiche. Quella sua voglia di arrivare non piace a molti, quantomeno a metà circa degli Accademici i quali sanno bene che molti meriti di questa sua ascesa vanno ricercati nel suo ruolo strategico in RAI, relativamente alla musica. E, del resto, che questo sia il merito precipuo di dall'Ongaro, nella sua ascesa come anche nella sua elezione ad Accademico - diciamo le cose come stanno - lo ha detto esplicitamente Cagli quando ha voluto dall'Ongaro alla vice presidenza, e testualmente disse: dall'Ongaro, nipote di Abbado e soprattutto dirigente Rai, può recare vantaggi all'Accademia, anche economici.
Ecco tutto questo ad alcuni musicisti di razza, che immaginiamo, non considerano loro pari dall'Ongaro, quel discorso di Cagli non è andato giù e perciò gli si sono messi contro.
Adesso che dopo tre votazioni la contrapposizione è ancora e sempre netta, ci vorrebbe un terzo personaggio in grado di pacificare gli animi in Accademia.
Pappano potrebbe essere la persona giusta ammesso che lo voglia. Ma certamente lui non vuole questa gatta da pelare. E, perciò, la contrapposizione continuerà, senza far presagire nulla di buono.
domenica 11 gennaio 2015
Mai di martedì 13, porta sfiga. Le elezioni all'Accademia di Santa Cecilia anticipate a domani, lunedì 12.
Già questa terza tornata di elezioni nasce sotto una stella non buona per i due candidati, Battistelli e dall'Ongaro - fratelli&coltelli - che si disputano il posto che è stato di Cagli - complessivamente per una ventina d'anni - di Presidente e pure Sovrintende dell'Accademia di santa Cecilia, nonché direttore artistico della medesima. Troppi incarichi e per troppi anni nelle mani di un solo uomo, criticatissimo per questo dagli stessi accademici che anche pubblicamente - con durissime lettere aperte - l' hanno accusato di averli usati e poi letteralmente dimenticati, una volta eletto. Già di per sé, la permanenza per così lungo tempo in uno medesimo incarico, pur assunto con le migliori intenzioni, rischia di far incancrenire anche situazioni che , in principio, potevano essere accettabili. Per non parlare dei possibili soprusi, come è quello di vietare l'ingresso ai concerti, ad alcuni giornalisti che scrivono sul suo operato cose non proprio positive, non direttamente ma attraverso la lunga e servile mano dell'ufficio stampa anch'esso graziato dal capo. Una autentica vergogna!
Bocche cucite alla vigilia della giornata conclusiva delle elezioni che ad ottobre, nella prima tornata, davano per sicuro vincitore dall'Ongaro mentre a dicembre, seconda tornata, hanno rimesso tutto in discussione con una rimonta di Battistelli difficile da ipotizzare.
Che accadrà domani, stante la curiosa modalità di elezione che vige in Accademia, dove, come abbiamo letto nelle lettere di accuse rivolte dal card. Bartolucci a Cagli, le schede si possono consegnare direttamente al presidente uscente, mostrandogli la firma dell'elettore in suo favore; oppure inviarle per posta.
Già, perchè forse neanche una volta l'anno gli accademici, che sono in numero inferiore ai cardinali chiamati al Conclave - gli accademici sono appena 63 - si riuniscono in assemblea, dimostrando una doppia verità: che al presidente, una volta eletto, non preme vederli in faccia ed ascoltarli almeno una volta l'anno, e che gli accademici non sentono affatto l'appartenenza allo storico consesso storico di Santa Cecilia, del quale hanno fatto parte i più importanti musicisti della storia, ed ora non è più così, quando giovani, troppo giovani, leve, vengono annessi per chissà quali fini futuri.
Insomma domani sera sentiremo chi l'ha avuta vinta. Noi abbiamo espresso il nostro voto, non richiesti.
E, cioè, per dall'Ongaro, perchè vorremmo che filassevia dalla RAI, liberando un bel numero di incarichi che ora tiene tutti stretti nelle sue mani, ed in nome dei quali - non crediamo per altri meriti - ha fatto carriera anche in Accademia.
Mentre auguriamo a Battistelli di continuare a fare il compositore, sebbene di lui non ci piaccia quella sua mania di fagocitare sempre film ed opere di altri, e perché vorremmo augurargli che, oberato dal lavoro di compositore, si ritiri da tutti gli altri campi, nei quali ha le mani, e nei quali non ci sembra che abbai dato grandi prove. Almeno fino a questo momento.
Oppure, proponiamo uno scambio. dall'Ongaro sovrintendente a santa cecilia, e Battistelli sovrintendente alla Orchestra nazionale della Rai di Torino, lasciata da dall'Ongaro
Bocche cucite alla vigilia della giornata conclusiva delle elezioni che ad ottobre, nella prima tornata, davano per sicuro vincitore dall'Ongaro mentre a dicembre, seconda tornata, hanno rimesso tutto in discussione con una rimonta di Battistelli difficile da ipotizzare.
Che accadrà domani, stante la curiosa modalità di elezione che vige in Accademia, dove, come abbiamo letto nelle lettere di accuse rivolte dal card. Bartolucci a Cagli, le schede si possono consegnare direttamente al presidente uscente, mostrandogli la firma dell'elettore in suo favore; oppure inviarle per posta.
Già, perchè forse neanche una volta l'anno gli accademici, che sono in numero inferiore ai cardinali chiamati al Conclave - gli accademici sono appena 63 - si riuniscono in assemblea, dimostrando una doppia verità: che al presidente, una volta eletto, non preme vederli in faccia ed ascoltarli almeno una volta l'anno, e che gli accademici non sentono affatto l'appartenenza allo storico consesso storico di Santa Cecilia, del quale hanno fatto parte i più importanti musicisti della storia, ed ora non è più così, quando giovani, troppo giovani, leve, vengono annessi per chissà quali fini futuri.
Insomma domani sera sentiremo chi l'ha avuta vinta. Noi abbiamo espresso il nostro voto, non richiesti.
E, cioè, per dall'Ongaro, perchè vorremmo che filassevia dalla RAI, liberando un bel numero di incarichi che ora tiene tutti stretti nelle sue mani, ed in nome dei quali - non crediamo per altri meriti - ha fatto carriera anche in Accademia.
Mentre auguriamo a Battistelli di continuare a fare il compositore, sebbene di lui non ci piaccia quella sua mania di fagocitare sempre film ed opere di altri, e perché vorremmo augurargli che, oberato dal lavoro di compositore, si ritiri da tutti gli altri campi, nei quali ha le mani, e nei quali non ci sembra che abbai dato grandi prove. Almeno fino a questo momento.
Oppure, proponiamo uno scambio. dall'Ongaro sovrintendente a santa cecilia, e Battistelli sovrintendente alla Orchestra nazionale della Rai di Torino, lasciata da dall'Ongaro
La Boldrini scrive una patetica lettera al Corriere in difesa della Pagano, neo segretario generale della Camera
Boldrini difende la sua neo segretaria generale, Pagano, perchè - ha scritto al Corriere - l'attendono grani sfide nelle prossime settimane, perchè è donna, perchè ha avuto un largo consenso la sua nomina ( spinta da Zampetti segretario uscente, potentissimo - ma questo la Blodrini non lo dice) e perchè il suo stipendio resta quello del suo incarico precedente. e cioè poco più di 280.000 Euro lordi, e perciò ancora superiore a quello del Presidente della Repubblica che doveva essere considerato, a detta del governo Renzi, una barriera insuperabile da tutti i dirigenti pubblici, eccezion fatta per i politici, naturalmente. Loro gli stipendi li rubano, non se li guadagnano.
Già perché si è appreso che alla Camera - ed al Senato sarà la stessa cosa - ci sono una ottantina di stipendi superiori a quel tetto, sui quali la Boldrini fa scena muta, come anche su quelli dei due vicesegretari che guadagnano oltre 300.000 Euro cadauno, ed uno dei quali si chiama Letta - come non bastassero già gli altri due Letta, suoi parenti - ai quali l'abbassamento degli stipendi si farà gradualmente, per evitare che gli prenda una sincope nel passaggio da 300.000 e passa a 240.000, cosa che deve avvenire anche per la Pagano, la quale - pateticamente soggiunge la Boldrini- prende solo 6.000 Euro netti in più per la nuova carica, mantenendo invece invariato il suo stipendio precedente - se Boldrini lo crede necessario, facciamo una colletta per la poveretta.
Insomma la Camera dei Ladroni adeguerà lentamente gli stipendi per evitare che i beneficiari subiscano dei colpi dai quali non sarebbero capaci di riprendersi.
E al Senato? Abbiamo appreso dalle pagine del 'Sole' di oggi che 'quella che sembra una matta', secondo la nostra definizione, soltanto esteriore e quindi per nulla offensiva della dott. Serafin, biondissima e con quel boccolo che le pende da un solo lato del viso, da due anni segretario generale del Senato, ha uno stipendio di 427.000 Euro. Ma per Lei quel compenso è giustificato dalle spese del parrucchiere per addobbarla con quel boccolo ridicolo.
Morale della storia. Il nostro Parlamento continua a ballare mentre la nave affonda, perché non ha capito ancora che una rivolta popolare può arrivare prima di quanto si pensi.
Già perché si è appreso che alla Camera - ed al Senato sarà la stessa cosa - ci sono una ottantina di stipendi superiori a quel tetto, sui quali la Boldrini fa scena muta, come anche su quelli dei due vicesegretari che guadagnano oltre 300.000 Euro cadauno, ed uno dei quali si chiama Letta - come non bastassero già gli altri due Letta, suoi parenti - ai quali l'abbassamento degli stipendi si farà gradualmente, per evitare che gli prenda una sincope nel passaggio da 300.000 e passa a 240.000, cosa che deve avvenire anche per la Pagano, la quale - pateticamente soggiunge la Boldrini- prende solo 6.000 Euro netti in più per la nuova carica, mantenendo invece invariato il suo stipendio precedente - se Boldrini lo crede necessario, facciamo una colletta per la poveretta.
Insomma la Camera dei Ladroni adeguerà lentamente gli stipendi per evitare che i beneficiari subiscano dei colpi dai quali non sarebbero capaci di riprendersi.
E al Senato? Abbiamo appreso dalle pagine del 'Sole' di oggi che 'quella che sembra una matta', secondo la nostra definizione, soltanto esteriore e quindi per nulla offensiva della dott. Serafin, biondissima e con quel boccolo che le pende da un solo lato del viso, da due anni segretario generale del Senato, ha uno stipendio di 427.000 Euro. Ma per Lei quel compenso è giustificato dalle spese del parrucchiere per addobbarla con quel boccolo ridicolo.
Morale della storia. Il nostro Parlamento continua a ballare mentre la nave affonda, perché non ha capito ancora che una rivolta popolare può arrivare prima di quanto si pensi.
Angelo Gabrielli: agente di artisti, maestro di canto, scopritore di talenti? Alla Sala casella di Roma in quale ruolo si è presentato?
Si è svolto in questi giorni a Roma, alla Sala Casella dell'Accademia Filarmonica, una singolare masterclass sul 'repertorio operistico italiano' tenuta da Angelo Gabrielli, diplomato in sassofono, ma da sempre più agente che musicista, prima con Adua Pavarotti nella storica agenzia di famiglia del grande tenore suo marito, 'Stage Door' e , poi, dopo la separazione, titolare di un'altra agenzia tutta sua. Ora con quali competenze può parlare di repertorio operistico italiano se egli non ha mai aperto bocca neanche per una nota, neppure falsa? E allora, chi della Filarmonica gli ha affidato la masterclass che si conclude proprio oggi con un concerto, nel quale sfilano giovani promesse del canto in Italia ( della sua agenzia?).
Gabrielli di mestiere fa l'agente e perciò a giovani cantanti potrebbe semmai spiegare come muovere i primi passi nel mondo della professione; anche se la cosa sarebbe imbarazzante, perchè costretto a spiegare quale è il mestiere dell'agente che , in linea di massima, gli agenti non fanno, e cioè tenere le orecchie tese, ammesso che sappiano carpire le qualità di una voce, per sentire dove stanno nascendo i cantanti di domani, magari facendosi aiutare, con segnalazioni, da maestri di canto riconosciuti, o prendendo nota dei vincitori di concorsi internazionali prestigiosi, per poi costruire, lentamente e senza passi falsi ( ammesso che anche in questo caso siano capaci di consigliarli) una effettiva carriera, per i giovani.
Ma questo gli agenti solitamente non fanno. Perché a loro dell'avvio alla carriera di giovani musicisti non fotte quasi nulla, se non vedono che il giovane ha già impegni di rilievo nella sua agenda concertistica. Gli agenti intervengono dopo come uccelli rapaci pronti a levare a quei volatili in procinto di spiccare il volo, il cibo di bocca, promettendo chissà quali azioni di sostegno che poi non fanno. Questa è la realtà. Nessun giovane, pur di valore, troverà mai un agente disposto a prendersi cura di lui, se prima quel giovane non si sa fare strada da sè, arrivando all'agente già con un paniere ricco di frutti. La storia ce lo insegna e noi lo sappiamo bene per averne avuto notizia diretta da tanti bravi giovani musicisti che non riescono a trovare mai in Italia un agente che si prenda cura di loro.
E perciò cosa può insegnare ad un giovane musicista, un agente che - nella quasi totalità dei nostri agenti, che conosciamo da anni - non sa fare il suo mestiere?
E' forse per questo che si mette a fare il maestro di repertorio.
Gabrielli di mestiere fa l'agente e perciò a giovani cantanti potrebbe semmai spiegare come muovere i primi passi nel mondo della professione; anche se la cosa sarebbe imbarazzante, perchè costretto a spiegare quale è il mestiere dell'agente che , in linea di massima, gli agenti non fanno, e cioè tenere le orecchie tese, ammesso che sappiano carpire le qualità di una voce, per sentire dove stanno nascendo i cantanti di domani, magari facendosi aiutare, con segnalazioni, da maestri di canto riconosciuti, o prendendo nota dei vincitori di concorsi internazionali prestigiosi, per poi costruire, lentamente e senza passi falsi ( ammesso che anche in questo caso siano capaci di consigliarli) una effettiva carriera, per i giovani.
Ma questo gli agenti solitamente non fanno. Perché a loro dell'avvio alla carriera di giovani musicisti non fotte quasi nulla, se non vedono che il giovane ha già impegni di rilievo nella sua agenda concertistica. Gli agenti intervengono dopo come uccelli rapaci pronti a levare a quei volatili in procinto di spiccare il volo, il cibo di bocca, promettendo chissà quali azioni di sostegno che poi non fanno. Questa è la realtà. Nessun giovane, pur di valore, troverà mai un agente disposto a prendersi cura di lui, se prima quel giovane non si sa fare strada da sè, arrivando all'agente già con un paniere ricco di frutti. La storia ce lo insegna e noi lo sappiamo bene per averne avuto notizia diretta da tanti bravi giovani musicisti che non riescono a trovare mai in Italia un agente che si prenda cura di loro.
E perciò cosa può insegnare ad un giovane musicista, un agente che - nella quasi totalità dei nostri agenti, che conosciamo da anni - non sa fare il suo mestiere?
E' forse per questo che si mette a fare il maestro di repertorio.
Musicologia che passione. Chi era veramente Bach; e Scelsi e Luchesi?
L'ultima novità - stravagante - in fatto di musicologia arriva dall'Australia. Il musicologo e prof. Martin Jarvis è giunto alla conclusione che 'alcune' opere - sicuramente - ma forse 'molte' altre ancora del catalogo BWV, e cioè di Johann Sebastian Bach, sarebbero di sua moglie, la sua seconda moglie, Anna Magdalena, musicista, sposata nel 1721 e dalla quale Johann Sebastian ebbe un esercito di figli, in parte deceduti piccolissimi.
A tale conclusione il professore australiano è giunto dopo anni ed anni di studio e con l'ausilio di molte strumenti appartenenti ad altre scienze come lo studio della grafia, degli inchiostri, nonchè della sostanza musicale di alcune opere falsamente attribuite al marito, secondo il professore australiano.
A suo dire, sicuramente di Anna Magdalena sono le 'Suites per violoncello', l'aria di inizio e fine delle 'Variazioni Goldberg', ed alcuni brani( preludi e/o fughe) del 'Clavicembalo ben temperato'.
Per le Suites egli produce come prova maestra il fatto che alla fine del manoscritto pervenutoci, che non sarebbe di Bach, si legge 'scritto dalla sig.ra Bach'. Ora si sa che Anna Magdalena, buona musicista - secondo Jarvis un genio quanto suo marito in fatto di musica - fu assidua collaboratrice del marito soprattutto negli anni di Lipsia( 1723-1750) dove Bach visse e lavorò per quasi tre decenni e fino alla sua morte; ma non esclude che tale collaborazione 'attiva' si ebbe anche nei periodi precedenti.
Le prove a sostegno della sua tesi sono numerose, ma tutte presuppongono che Anna Magdalena, cui Johann Sebastian dedicò il famoso 'Quaderno' contenente composizioni per tutta la famiglia e di vario genere, fosse un genio come suo marito. Anzi si spinge a dire che proprio nelle 'Suites' ci sono passaggi di tale novità che Johann Sebastian non avrebbe potuto scrivere, in base alla conoscenza che abbiamo della musica di Bach, dove passaggi così diversi mai ricorrono.
Avrà forse ragione il prof. Jarvis, anche se la vera prova maestra difficilmente potrà egli mai produrre e cioè che la seconda moglie di Bach abbia veramente scritto i brani che egli dice ed altri ancora. Noi però restiamo increduli e lo saremmo anche di fronte alla prova maestra, perché siamo convinti che un genio come Bach, che dispiega meraviglie musicali ad ogni passo, sicuramente in tanti casi avrà 'sconfessato' se stesso con invenzioni mai prima proposte. E se questo è difficile da far sottoscrivere al prof. Jarvis vorremmo che ci spiegasse il fatto che alcuni suoi colleghi, studiosi altrettanto preparati ma poco geniali, nonostante che la musicologia non sia scienza ragioneristica e basta, osino tante volte sostituirsi ai musicisti che studiano, ricostruendo intere opere andate perdute, solo sulla base della loro approfondita conoscenza della musica di questo o quel musicista, anche di quelli più geniali - mentre altrettanto geniali essi non sono.
Ora ad avvalorare le tesi del prof. Jarvis, ma anche a spiegarle meglio e nei dettagli, esce un documentario dal titolo 'Scritto dalla sig.ra Bach'. Staremo a vedere.
Ma al prof. Jarvis vorremmo sottoporre due questioni che sembrano fare il paio, anche se con opposte conclusioni, con quella da lui studiata nel caso di Bach.
E cioè il 'Caso Scelsi', per il quale a dispetto della presenza, dichiarata e stipendiata, di alcuni musicisti a fianco del compositore visionario, non nelle vesti di semplici 'copisti' o strumentatori' ma di autentici 'coautori', ci si ostini a dire che la musica di Scelsi è solo sua.
Ed un altro caso: quello di Andrea Luchesi, presente a Bonn a partire dagli anni in cui Beethoven andava formandosi, per il quale uno studioso detective italiano, Taboga, sostiene che opere di Luchesi sono presenti nei cataloghi di Beethoven , di Mozart e di Haydn. E che, quindi, per molte di quelle opere, alcune straordinarie, si dovrebbe correggere: opera di Andrea Luchesi, attribuite a Beethoven, Mozart, Haydn.
Un bel rompicapo, molto più difficile da sbrogliare del caso di Anna Magdalena Bach che, seppure abbia scritto alcune opere finite nel vasto catalogo del marito, nessun'ombra getterebbe sulla sua gigantesca figura di musicista. La Anna Magdalena suonava l'organo a posto del marito? E all'esame per la sua nomina a Lipsia, si presentò, senza farsi riconoscere, travestita da Johann Sebastian che da solo non avrebbe potuto vincere il concorso per quel posto, dopo la fuga di Telemann?
A tale conclusione il professore australiano è giunto dopo anni ed anni di studio e con l'ausilio di molte strumenti appartenenti ad altre scienze come lo studio della grafia, degli inchiostri, nonchè della sostanza musicale di alcune opere falsamente attribuite al marito, secondo il professore australiano.
A suo dire, sicuramente di Anna Magdalena sono le 'Suites per violoncello', l'aria di inizio e fine delle 'Variazioni Goldberg', ed alcuni brani( preludi e/o fughe) del 'Clavicembalo ben temperato'.
Per le Suites egli produce come prova maestra il fatto che alla fine del manoscritto pervenutoci, che non sarebbe di Bach, si legge 'scritto dalla sig.ra Bach'. Ora si sa che Anna Magdalena, buona musicista - secondo Jarvis un genio quanto suo marito in fatto di musica - fu assidua collaboratrice del marito soprattutto negli anni di Lipsia( 1723-1750) dove Bach visse e lavorò per quasi tre decenni e fino alla sua morte; ma non esclude che tale collaborazione 'attiva' si ebbe anche nei periodi precedenti.
Le prove a sostegno della sua tesi sono numerose, ma tutte presuppongono che Anna Magdalena, cui Johann Sebastian dedicò il famoso 'Quaderno' contenente composizioni per tutta la famiglia e di vario genere, fosse un genio come suo marito. Anzi si spinge a dire che proprio nelle 'Suites' ci sono passaggi di tale novità che Johann Sebastian non avrebbe potuto scrivere, in base alla conoscenza che abbiamo della musica di Bach, dove passaggi così diversi mai ricorrono.
Avrà forse ragione il prof. Jarvis, anche se la vera prova maestra difficilmente potrà egli mai produrre e cioè che la seconda moglie di Bach abbia veramente scritto i brani che egli dice ed altri ancora. Noi però restiamo increduli e lo saremmo anche di fronte alla prova maestra, perché siamo convinti che un genio come Bach, che dispiega meraviglie musicali ad ogni passo, sicuramente in tanti casi avrà 'sconfessato' se stesso con invenzioni mai prima proposte. E se questo è difficile da far sottoscrivere al prof. Jarvis vorremmo che ci spiegasse il fatto che alcuni suoi colleghi, studiosi altrettanto preparati ma poco geniali, nonostante che la musicologia non sia scienza ragioneristica e basta, osino tante volte sostituirsi ai musicisti che studiano, ricostruendo intere opere andate perdute, solo sulla base della loro approfondita conoscenza della musica di questo o quel musicista, anche di quelli più geniali - mentre altrettanto geniali essi non sono.
Ora ad avvalorare le tesi del prof. Jarvis, ma anche a spiegarle meglio e nei dettagli, esce un documentario dal titolo 'Scritto dalla sig.ra Bach'. Staremo a vedere.
Ma al prof. Jarvis vorremmo sottoporre due questioni che sembrano fare il paio, anche se con opposte conclusioni, con quella da lui studiata nel caso di Bach.
E cioè il 'Caso Scelsi', per il quale a dispetto della presenza, dichiarata e stipendiata, di alcuni musicisti a fianco del compositore visionario, non nelle vesti di semplici 'copisti' o strumentatori' ma di autentici 'coautori', ci si ostini a dire che la musica di Scelsi è solo sua.
Ed un altro caso: quello di Andrea Luchesi, presente a Bonn a partire dagli anni in cui Beethoven andava formandosi, per il quale uno studioso detective italiano, Taboga, sostiene che opere di Luchesi sono presenti nei cataloghi di Beethoven , di Mozart e di Haydn. E che, quindi, per molte di quelle opere, alcune straordinarie, si dovrebbe correggere: opera di Andrea Luchesi, attribuite a Beethoven, Mozart, Haydn.
Un bel rompicapo, molto più difficile da sbrogliare del caso di Anna Magdalena Bach che, seppure abbia scritto alcune opere finite nel vasto catalogo del marito, nessun'ombra getterebbe sulla sua gigantesca figura di musicista. La Anna Magdalena suonava l'organo a posto del marito? E all'esame per la sua nomina a Lipsia, si presentò, senza farsi riconoscere, travestita da Johann Sebastian che da solo non avrebbe potuto vincere il concorso per quel posto, dopo la fuga di Telemann?
sabato 10 gennaio 2015
Zibaldone:TAR del Veneto,Provincia di Roma, Parlamento vergogna d'Italia, Nomine di 'genere'.
Ancora una sentenza che fa girare i... Il TAR del Veneto, interpellato sul caso delle grandi navi che solcano la laguna di Venezia giungendo quasi dentro San Marco, ha dichiarato illegittima la norma che ne vieta il passaggio e perciò dal 2016 potranno nuovamente arrivare fino a Piazza San Marco per la gioia dei turisti ed il terrore del mondo intero che teme una catastrofe, quando al timone dovesse esserci un altro irresponsabile della discendenza degli Schettino. Di fronte ad una simile sentenza non pochi si chiedono se non sia giunto il momento di chiudere simili tribunali, dato che questa sentenza che suona di offesa all'intelligenza umana, non è la prima emessa da un TAR e non sarà, evidentemente, nemmeno l'ultima. Ma l'esperienza ci dice che il TAR continuerà ad esistere ed a sentenziare e il popolo italiano a chiedersi un'altra ragione di tale esistenza, oltre la stupidità. Ora, per il caso 'grandi navi a Venezia' tocca al governo misurarsi con tanta stupidità.
La Provincia di Roma, da cui dipende - come da tutte le Province di Italia - la manutenzione degli edifici scolastici pubblici, ha stabilito - PER RISPARMIARE, altrimenti per quale altra ragione logica? - che gli impianti di riscaldamento nelle scuole di ogni ordine e grado, siano spenti ogni giorno alle ore 12. E fra le scuole, oltre quelle che fanno lezioni di pomeriggio - in questo caso che si fa? Peggio per loro? - ci sono anche Accademie e Conservatori, nelle quali con le aule fredde non si può studiare (ne risentono anche gli strumenti musicali, perfino loro protesteranno) e neppure, per l' Accademia di Belle Arti, avere a disposizione modelle che al freddo si rifiuteranno di posare nude. Forse quello dello spegnimento degli impianti di riscaldamento è uno dei punti salienti della riforma epocale esposta dal ministro Giannini e già lanciata dal premier Renzi. Si taglia il riscaldamento ma non si riesce a tagliare nessuno dei privilegi che chi comanda si è autoconcesso, avanzando il principio del 'diritto acquisito', come se il riscaldamento a scuola non debba essere considerato acquisito.
E il Parlamento? Il Parlamento italiano - il discorso vale anche per il Senato, in attesa che lo chiudano - è la vergogna del Paese. Alfano, che non è certamente quel grand'uomo che si immagina nè il grande statista al servizio del popolo che egli stesso si crede, ma sempre Ministro degli Interni resta, riferisce al Parlamento dei fatti di Parigi, davanti ad un emiciclo praticamente vuoto. Non è la prima volta di uno scandaloso spettacolo dei rappresentanti del popolo, che di fatto rappresentano soltanto i propri interessi, e che dimostrano, in molti casi, una partecipazione minore dell'intero paese che sbagliando grossolanamente, li ha eletti, e che smentisce la convinzione che vuole i rappresentanti del popolo degni ed assai simili allo stesso popolo che li ha eletti.
L'assentesimo sparisce di colpo quando si tratta di fare affari con la politica. Come nel caso della elezione del segretario generale della camera dei Deputati, dove è stata eletta una figlia d'arte, anzi nipote e figlia e moglie di alti burocrati del Parlamento. In famiglia qualcosa come 7-800 mila Euro di stipendi l'anno in due. Insomma anche negli alti gradi della burocrazia prevale la famiglia, accanto alla nuova tacita regola che vuole il genere femminile preferito a quello maschile. Cosicchè sia Camera che Senato hanno ora due segretari generali donne. A proposito del Senato poi, abbiamo appreso che il segretario generale, è la dott.ssa Serafin. Il caso ha voluto che di questa signora, prima di conoscerne il ruolo istituzionale, che vedevamo sempre al fianco di Grasso, non più tardi di qualche mese fa, proprio su questo blog, avevamo scritto testualmente: chi è quella matta che è sempre al fianco di Grasso. Perchè? Semplicemente perchè solo una matta poteva conciarsi a quel modo in cui era conciata la dott.ssa Serafin, biondo platino alla sua età, con un boccolo che le pende da un lato solo del viso, esattamente come fanno le ragazze con alcune decine d'anni di meno della dott.ssa Serafin, e che vanno alla ricerca di un posto di lavoro, dunque in una condizione sociale anagrafica ed istituzionale che non è la stessa della Serafin. Anche ora che sappiamo chi è, quando la vedremo ancora così conciata, continueremo a dirci: ma come si concia quella matta, aggiungendo senza timore reverenziale, del segretario generale del Senato?
E, infine, smettiamola con le nomine di 'genere' e a carattere 'familiare'. Forse il caso della norma del decreto fiscale che avrebbe favorito Berlusconi, poi ritirata da Renzi, non si si sarebbe verificato se alla guida dell'Ufficio giuridico di Palazzo Chigi non vi fosse stata messa da Renzi la sua ex capo dei vigili, dott.ssa Manzione, probabilmente non all'altezza di un ruolo così importante e delicato che comporta anche lunga esperienza. Sempre Renzi sembra farsi carico del futuro di intere famiglie del 'giglio magico', come sta facendo con la famiglia De Siervo che fa capo al patriarca, ex presidente della Consulta, il cui figlio ha messo a capo di RAI.COM, e la cui sorella pare l'abbia promossa a Firenze, non lui personalmente, ma il suo scudiero Nardella.
Se proseguisse in questo suo insano progetto potremmo avere la Madia, sindaco di Roma - come se non bastasse il disastro e l'inadeguatezza di Marino - e la Boschi a capo del dicastero della Giustizia.
No, caro Renzi, il Paese s'è reso conto che il suo governo è formato da lei e da Padoan. Se lo immagina un paese guidato nei dicasteri chiave dalle sorelline della Boschi, della Madia o della
Manzione che Lei piazza dappertutto perchè sono donne, secchione, giovani ed anche carine, non importa se poi siano inadeguate al ruolo, perchè ancora inesperte?
L'altra sera abbiamo visto all'opera un' altra parlamentare PD, Lia Quartapelle, che Lei avrebbe voluto al Ministero degli esteri. Carina, giovane - come nel suo standard - ed anche brava. ma su siamo seri.
L'unico punto sul quale le diamo ragione, sebbene non ne abbia quasi su tutta la linea, è che sono più presentabili di tanti beceri loro colleghi maschi. Li ha sentiti l'altro giorno in Parlamento quelli di 5 stelle o della Lega che le davano del 'collaborazionista del terrore'? Nostro malgrado, le dobbiamo dare ragione: meglio la Boschi, la Madia la Manzione e la Quartapelle. Solo che la guida di un paese esige politici esperti.
La Provincia di Roma, da cui dipende - come da tutte le Province di Italia - la manutenzione degli edifici scolastici pubblici, ha stabilito - PER RISPARMIARE, altrimenti per quale altra ragione logica? - che gli impianti di riscaldamento nelle scuole di ogni ordine e grado, siano spenti ogni giorno alle ore 12. E fra le scuole, oltre quelle che fanno lezioni di pomeriggio - in questo caso che si fa? Peggio per loro? - ci sono anche Accademie e Conservatori, nelle quali con le aule fredde non si può studiare (ne risentono anche gli strumenti musicali, perfino loro protesteranno) e neppure, per l' Accademia di Belle Arti, avere a disposizione modelle che al freddo si rifiuteranno di posare nude. Forse quello dello spegnimento degli impianti di riscaldamento è uno dei punti salienti della riforma epocale esposta dal ministro Giannini e già lanciata dal premier Renzi. Si taglia il riscaldamento ma non si riesce a tagliare nessuno dei privilegi che chi comanda si è autoconcesso, avanzando il principio del 'diritto acquisito', come se il riscaldamento a scuola non debba essere considerato acquisito.
E il Parlamento? Il Parlamento italiano - il discorso vale anche per il Senato, in attesa che lo chiudano - è la vergogna del Paese. Alfano, che non è certamente quel grand'uomo che si immagina nè il grande statista al servizio del popolo che egli stesso si crede, ma sempre Ministro degli Interni resta, riferisce al Parlamento dei fatti di Parigi, davanti ad un emiciclo praticamente vuoto. Non è la prima volta di uno scandaloso spettacolo dei rappresentanti del popolo, che di fatto rappresentano soltanto i propri interessi, e che dimostrano, in molti casi, una partecipazione minore dell'intero paese che sbagliando grossolanamente, li ha eletti, e che smentisce la convinzione che vuole i rappresentanti del popolo degni ed assai simili allo stesso popolo che li ha eletti.
L'assentesimo sparisce di colpo quando si tratta di fare affari con la politica. Come nel caso della elezione del segretario generale della camera dei Deputati, dove è stata eletta una figlia d'arte, anzi nipote e figlia e moglie di alti burocrati del Parlamento. In famiglia qualcosa come 7-800 mila Euro di stipendi l'anno in due. Insomma anche negli alti gradi della burocrazia prevale la famiglia, accanto alla nuova tacita regola che vuole il genere femminile preferito a quello maschile. Cosicchè sia Camera che Senato hanno ora due segretari generali donne. A proposito del Senato poi, abbiamo appreso che il segretario generale, è la dott.ssa Serafin. Il caso ha voluto che di questa signora, prima di conoscerne il ruolo istituzionale, che vedevamo sempre al fianco di Grasso, non più tardi di qualche mese fa, proprio su questo blog, avevamo scritto testualmente: chi è quella matta che è sempre al fianco di Grasso. Perchè? Semplicemente perchè solo una matta poteva conciarsi a quel modo in cui era conciata la dott.ssa Serafin, biondo platino alla sua età, con un boccolo che le pende da un lato solo del viso, esattamente come fanno le ragazze con alcune decine d'anni di meno della dott.ssa Serafin, e che vanno alla ricerca di un posto di lavoro, dunque in una condizione sociale anagrafica ed istituzionale che non è la stessa della Serafin. Anche ora che sappiamo chi è, quando la vedremo ancora così conciata, continueremo a dirci: ma come si concia quella matta, aggiungendo senza timore reverenziale, del segretario generale del Senato?
E, infine, smettiamola con le nomine di 'genere' e a carattere 'familiare'. Forse il caso della norma del decreto fiscale che avrebbe favorito Berlusconi, poi ritirata da Renzi, non si si sarebbe verificato se alla guida dell'Ufficio giuridico di Palazzo Chigi non vi fosse stata messa da Renzi la sua ex capo dei vigili, dott.ssa Manzione, probabilmente non all'altezza di un ruolo così importante e delicato che comporta anche lunga esperienza. Sempre Renzi sembra farsi carico del futuro di intere famiglie del 'giglio magico', come sta facendo con la famiglia De Siervo che fa capo al patriarca, ex presidente della Consulta, il cui figlio ha messo a capo di RAI.COM, e la cui sorella pare l'abbia promossa a Firenze, non lui personalmente, ma il suo scudiero Nardella.
Se proseguisse in questo suo insano progetto potremmo avere la Madia, sindaco di Roma - come se non bastasse il disastro e l'inadeguatezza di Marino - e la Boschi a capo del dicastero della Giustizia.
No, caro Renzi, il Paese s'è reso conto che il suo governo è formato da lei e da Padoan. Se lo immagina un paese guidato nei dicasteri chiave dalle sorelline della Boschi, della Madia o della
Manzione che Lei piazza dappertutto perchè sono donne, secchione, giovani ed anche carine, non importa se poi siano inadeguate al ruolo, perchè ancora inesperte?
L'altra sera abbiamo visto all'opera un' altra parlamentare PD, Lia Quartapelle, che Lei avrebbe voluto al Ministero degli esteri. Carina, giovane - come nel suo standard - ed anche brava. ma su siamo seri.
L'unico punto sul quale le diamo ragione, sebbene non ne abbia quasi su tutta la linea, è che sono più presentabili di tanti beceri loro colleghi maschi. Li ha sentiti l'altro giorno in Parlamento quelli di 5 stelle o della Lega che le davano del 'collaborazionista del terrore'? Nostro malgrado, le dobbiamo dare ragione: meglio la Boschi, la Madia la Manzione e la Quartapelle. Solo che la guida di un paese esige politici esperti.
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giovedì 8 gennaio 2015
Je suis Charlie. A margine del gravissimo eccidio parigino
Combattiamo perché non scorra più sangue, ma battiamoci perchè l'inchiostro possa continuare a scorrere.
Di fronte all'attacco ad uno principi fondamentali della nostra convivenza civile: la libertà di espressione, e di stampa nello specifico, alla condanna unanime e forte si deve far seguire, determinata, come la condanna, la difesa della libertà di stampa, nonostante il grave fatto di sangue nei cui confronti qualcheduno si azzarda ad esprimere riserve. Nulla deve far recedere dalla difesa delle principali libertà della società civile, prima fra tutte la libertà di espressione del proprio pensiero e delle proprie idee in ogni campo, anche se espresse attraverso il mezzo graffiante della satira, ma salvaguardando il rispetto e la dignità delle persone.
La legge in discussione questi giorni nel nostro Parlamento - per tragica coincidenza - relativa alla libertà di stampa, anzi alle modalità sanzionatorie dei giornalisti in caso di diffamazione, pur avendo cancellato del tutto l'onta del carcere come sanzione della diffamazione (che poi non sempre si rivela tale) insiste sulla rettifica immediata da parte dell'interessato - questa giusta - ma anche sulla sanzione pecuniaria come risarcimento alla diffamazione, sanzione che può arrivare anche a 50.000 Euro, ed il cui ammontare potrebbe fare desistere alcuni giornalisti dallo scrivere su illeciti che conoscono ma che potrebbero costare loro una cifra superiore alle effettive disponibilità economiche.
Questo vuol dire nei fatti una minaccia alla libertà di stampa. Molto meno grave di quella messa in atto a Prigi - non c'è dubbio, non esiste nessun paragone, si tratta di grandezze imparagonabili - ma altrettanto forte da parte di chi detiene il potere e non accetta che chicchessia gli rivolga una qualunque critica.
Ecco perchè, dopo aver condannato duramente l'eccidio parigino, insistiamo sulla necessità di difendere ad ogni costo ed in ogni occasione e con ogni mezzo LECITO e CIVILE la libertà di espressione. Che purtroppo anche nella nostra società evoluta e democratica è spesso calpestata, limitata, negata.
Non ci si rende conto assai spesso della gravità di certe limitazioni, ma così facendo si crea il terremo ideologico nel quale cresce e si sviluppa l'intolleranza verso chi la pensa diversamente da noi e che si vorrebbe mettere a tacere, senza neanche confrontarsi o discuterne.
Tale attentato alla libertà di stampa - liceat, una tantum, parva componere magnis ! - si esercita anche attraverso intimidazioni e prendendo sotto gamba, lasciandole correre, le espressioni di intolleranza di chi detiene il potere, in ogni campo, perfino in quello marginale, in fatto di pericolosità per fortuna, della critica musicale. Dove si sente qualche volta il forte odore della censura esercitata attraverso atti intimidatori ed avvertimenti taciti. Dei quali, stoltamente, non si tiene conto, sottovalutandoli. Quando ti estromettono da certi ambienti perché rappresenti una voce stonata, stanno esercitando di fatto una censura che è manifestazione di intolleranza.
Per questo abbiamo inondato mezza Italia di denunce per il grave atto intimidatorio esercitato dal direttore di un Istituto di formazione nei confronti di una rivista di musica, di cui è stata vietata la stampa, che aveva il solo torto di essere diretta da persona invisa a quel direttore. Le nostre segnalazioni non hanno suscitato, pubblicamente, una ferma protesta, neppure da parte di associazioni di categoria che hanno nei loro statuti l'affermazione e la difesa della libertà di stampa ma che poi, nella pratica, fingono di dimenticarlo.
Ancora più grave la circostanza che a volte il braccio attivo di tale censura è rappresentato da giornalisti al soldo di questo o quel potente di questa o quella istituzioni, senza eccezione per le istituzioni culturali , anche pubbliche.
Occorre fare attenzione, non abbassare mai la guardia, perchè 'tutti noi siamo Charlie'.
Di fronte all'attacco ad uno principi fondamentali della nostra convivenza civile: la libertà di espressione, e di stampa nello specifico, alla condanna unanime e forte si deve far seguire, determinata, come la condanna, la difesa della libertà di stampa, nonostante il grave fatto di sangue nei cui confronti qualcheduno si azzarda ad esprimere riserve. Nulla deve far recedere dalla difesa delle principali libertà della società civile, prima fra tutte la libertà di espressione del proprio pensiero e delle proprie idee in ogni campo, anche se espresse attraverso il mezzo graffiante della satira, ma salvaguardando il rispetto e la dignità delle persone.
La legge in discussione questi giorni nel nostro Parlamento - per tragica coincidenza - relativa alla libertà di stampa, anzi alle modalità sanzionatorie dei giornalisti in caso di diffamazione, pur avendo cancellato del tutto l'onta del carcere come sanzione della diffamazione (che poi non sempre si rivela tale) insiste sulla rettifica immediata da parte dell'interessato - questa giusta - ma anche sulla sanzione pecuniaria come risarcimento alla diffamazione, sanzione che può arrivare anche a 50.000 Euro, ed il cui ammontare potrebbe fare desistere alcuni giornalisti dallo scrivere su illeciti che conoscono ma che potrebbero costare loro una cifra superiore alle effettive disponibilità economiche.
Questo vuol dire nei fatti una minaccia alla libertà di stampa. Molto meno grave di quella messa in atto a Prigi - non c'è dubbio, non esiste nessun paragone, si tratta di grandezze imparagonabili - ma altrettanto forte da parte di chi detiene il potere e non accetta che chicchessia gli rivolga una qualunque critica.
Ecco perchè, dopo aver condannato duramente l'eccidio parigino, insistiamo sulla necessità di difendere ad ogni costo ed in ogni occasione e con ogni mezzo LECITO e CIVILE la libertà di espressione. Che purtroppo anche nella nostra società evoluta e democratica è spesso calpestata, limitata, negata.
Non ci si rende conto assai spesso della gravità di certe limitazioni, ma così facendo si crea il terremo ideologico nel quale cresce e si sviluppa l'intolleranza verso chi la pensa diversamente da noi e che si vorrebbe mettere a tacere, senza neanche confrontarsi o discuterne.
Tale attentato alla libertà di stampa - liceat, una tantum, parva componere magnis ! - si esercita anche attraverso intimidazioni e prendendo sotto gamba, lasciandole correre, le espressioni di intolleranza di chi detiene il potere, in ogni campo, perfino in quello marginale, in fatto di pericolosità per fortuna, della critica musicale. Dove si sente qualche volta il forte odore della censura esercitata attraverso atti intimidatori ed avvertimenti taciti. Dei quali, stoltamente, non si tiene conto, sottovalutandoli. Quando ti estromettono da certi ambienti perché rappresenti una voce stonata, stanno esercitando di fatto una censura che è manifestazione di intolleranza.
Per questo abbiamo inondato mezza Italia di denunce per il grave atto intimidatorio esercitato dal direttore di un Istituto di formazione nei confronti di una rivista di musica, di cui è stata vietata la stampa, che aveva il solo torto di essere diretta da persona invisa a quel direttore. Le nostre segnalazioni non hanno suscitato, pubblicamente, una ferma protesta, neppure da parte di associazioni di categoria che hanno nei loro statuti l'affermazione e la difesa della libertà di stampa ma che poi, nella pratica, fingono di dimenticarlo.
Ancora più grave la circostanza che a volte il braccio attivo di tale censura è rappresentato da giornalisti al soldo di questo o quel potente di questa o quella istituzioni, senza eccezione per le istituzioni culturali , anche pubbliche.
Occorre fare attenzione, non abbassare mai la guardia, perchè 'tutti noi siamo Charlie'.
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