La CGIL, in coppia con il sindacato autonomo, e sganciandosi da CISL e UIL, ha recato danni economici, e di limitazione del diritto di sciopero, con la sua incomprensibile intransigenza, ai lavoratori dell'Opera di Roma. Ora un altro problema pongono, alla Scala, i delegati sindacali CGIL.
Alla Scala, per il prossimo 1 maggio, è in cartellone la prima della 'Turandot', diretta da Riccardo Chailly, in occasione dell'apertura dell'EXPO. Pereira, prima di mettere in vendita i biglietti, ha scritto ai dipendenti ponendo la questione, ben sapendo che si tratta di un giorno doppiamente importante. Da un lato l'apertura dell'EXPO, occasione di importanza mondiale, dall'altro la festa dei lavoratori, che per la CGIL è evidentemente sacro coma la Pasqua per i cattolici.
La CGIL ha lasciato liberi i suoi iscritti di lavorare - come del resto faranno le altre decine di migliaia di lavoratori, quel giorno, a Milano, ma ai suoi delegati sindacali - una decina, poco più - ha chiesto espressamente di partecipare alla manifestazione sindacale e perciò di non essere disponibili a lavorare in teatro, dimostrandosi più intransigente degli stessi cattolici che, in Italia, hanno da tempo accettato di non 'santificare il giorno di Domenica' con l'astensione dal lavoro.
Non sappiamo se una eventuale più consistente indennità prevista per il lavoro in giorno di festa possa convincere i riottosi sindacalisti a desistere dal loro proposito.
Certo è che - come già accaduto a Roma - per l'assenza di una decina di dipendenti (soprattutto tecnici, come si dice) alcune centinaia di altri dipendenti vengono messi nelle condizioni di non poter lavorare, pur volendolo. Può valere la regola che qualcuno possa mettere in ginocchio, con la sua decisione, un intero teatro che, invece, conscio della particolarità di quel giorno per Milano agli occhi del mondo, intende presentarsi in teatro per la prevista 'Turandot'?
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