Noi lo abbiamo scritto molti giorni fa, esattamente quando venimmo a sapere che per andare a vedersi un film, seppure in 3D e seppure accompagnato con l'esecuzione dal vivo della colonna sonora, all'Auditorium della Conciliazione, occorreva spendere dai 36,50 ai 188,00 Euro a persona - ed anche i bambini, maggiormente attratti da Harry Potter, pagavano il biglietto. Una riduzione è prevista, del 20% , ma solo per nuclei familiari a partire da quattro persone.
Abbiamo scritto che si trattava di un furto, in piena regola.
Primo: perché pur sempre della visione di un film si tratta, la proiezione in 3D ormai si vede in molte delle pochissime sale cinematografiche rimaste aperte dopo la grande crisi.
Secondo: perché l'Orchestra italiana del cinema, un complesso che agisce normalmente in uno studio di registrazione nel quartiere Parioli, ad organico variabile si compone certamente di un nucleo fisso, ma poi ingrossa le su file con musicisti, giovani!!!, supponiamo mai pagati a dovere, scritturati per la bisogna del momento; perciò di un'orchestra in genere 'raccogliticcia'. E del resto per quanto impegnative, le musiche da eseguire non sono certo le sinfonie di Beethoven, né quell'orchestra di 84 elementi - che pena fare leva sul numero degli orchestrali! - può paragonarsi ad un'orchestra stabile, figuriamoci ad un' orchestra di nome, non diciamo come i Berliner o i Wiener (questi ultimi a Roma proprio nei giorni scorsi per il 'Festival di Musica e Arte sacra'), ma neanche ad una orchestra italiana di livello come Santa Cecilia o la Scala.
A queste obiezioni, riprese ieri da un giornale, gli organizzatori hanno risposto che:
- la società cinematografica proprietaria della pellicola e dunque titolare dei diritti di trasmissione, ha grandi pretese, cioè si fa pagare molto;
- la società 'cinema concerto' fondata dal direttore americano che dirige a Roma promette un incontro con il direttore medesimo (ma chi è?) a cbi acquista i biglietti da quasi 200,00 Euro a persona;
- l'orchestra di 84 elementi costa molto;
- e, infine: i prezzi dei biglietti a Londra ed in altre capitali erano più alti: chissenefrega- diciamo noi.
Veniamo infine a sapere che in gennaio Harry Potter con le medesime modalità verrà proiettato agli Arcimboldi di Milano.
Ora è abbastanza chiaro, anzi ancora più chiaro, che parte di colpa di questo furto è anche di Valerio Toniolo, membro, DA ANNI, di tutte le Commissioni centrali ministeriali per lo spettacolo dal vivo ( evidentemente è portato in palmo di mano dai vari ministri, da Rutelli a tutti gli altri fino a FGrancechini ); fondatore dell' associazione 'Valore cultura'; gestore per conto della famiglia Cesa attraverso la società ' I Borghi' dell'Auditorium Conciliazione, di proprietà del Vaticano; senza dimenticare che Carlo Fontana, presidente dell'Agis, lo ha voluto al suo fianco nell'Associazione dello spettacolo che presiede.
Insomma, solo Toniolo e Parmeggiani ( quest'ultimo fondatore e gestore dell'orchestra) non si sarebbero resi conto che in Italia la crisi non è finita. E che non si può fare la cessione del quinto, per portare un figlio a vedere un film - è solo un film - con le musiche eseguite dal vivo - e magari quelle registrate ed incise nella colonna sonora sono anche meglio eseguite. Anzi lo sono sicuramente, perché un sincrono perfetto, per quanto l'orchestra sia all'altezza ed abbia provato a dovere ( e noi non siamo certi né dell'una né dell'altra cosa!), non si avrà mai. Certo c'è un elemento di spettacolo in più, costituito dall'orchestra schierata sotto il telone sul quale è proiettato il film. Ma troppo ci costa.
mercoledì 30 novembre 2016
martedì 29 novembre 2016
Finalmente la notizia: Daniele Gatti forse accetterà un incarico all'Opera di Roma. La Antonacci si spoglia a Parigi per Martone.
Che figura di ... quella poveraccia della Raggi. Arriva all'Opera si fa le sue foto e poi, da un'uscita laterale, come una ladra - ladra di governabilità per la città di Roma - fila via. Questo lo abbiamo appreso solo oggi . Come abbiamo anche appreso che quell'altro grande statista di Franceschini, che nelle occasioni mondane ama esibire la sua mogliettina, ha disertato la prima all'Opera. Insomma, da quel che abbiamo letto oggi per la prima volt sui giornali, sappiamo che la politica se ne fotte della cultura, anche quando è accertato che faccia mangiare - lo ha dichiarato di recente lo stesso governatore della banca d'Italia, Visco, che non si vede quasi mia nelle occasioni importanti della cultura che ora difende. E, solo oggi, abbiamo letto del Tristano inaugurale, del quale ci hanno detto tutto sulla regia, mentre in poche righe è stata liquidata 'la bravura' aggettivata degli interpreti.
Sorvolando su Daniele Gatti della cui bravura ormai tutti sono convinti e lo dichiarano apertamente, forse oscurando per qualche tempo l'altra grande stella romana del podio, Pappano, che sembra brillare meno in questi ultimi quarti di luna.
Poi la notizia bomba, la vera notizia. A Daniel Gatti, alla fine delle recite di Tristano, verrà fatta una offerta concreta per un suo incarico stabile al teatro dell'Opera. FORSE
Sempre sui giornali di oggi: una intera pagina-intervista ( Repubblica, a firma Laura Putti) a Mario Martone regista d'opera a Parigi, chiamato da Lissner, per Cavalleria, già presentata alla Scala, e Sancta Susanna di Hindemith. Una pagina intera per spiegarci come lui vede queste opere specie la seconda, giacchè la prima l'abbiamo già vista a Milano, e per dirci che l' interprete dell'opera di Hindemith è Anna Caterina Antonacci, che dovrà anche apparire nuda, alla bella età di cinquant'anni, 'bella e sensuale', tranquillizza gli spettatori Martone, e per rassicurare anche noi che altrimenti, senza nudo, non avremmo mai e poi mai pogrammato un viaggio a Parigi.
Ora a noi potrebbe anche interessare ciò che pensa Martone dei due capolavori melodrammatici e ci interessa, tanto per parlare.Solo che i veri capolavori sono i due titoli, certamente non la sua regia, perché senza quei capolavori, Martone doveva inventarsi qualcos'altro per il teatro o per il cinema, dove ha facoltà di fare ciò che vuole, rischiando di suo.
Cavalleria e Sancta Susanna reggono perché sono dei capolavori, qualche volta nonostante la regia, di cui non hanno bisogno per emergere e farsi ancora ascoltare dopo anni ed anni di vita e succesi.
Ma se uno lo dice alla giornalista intervistatrice, quella giustamente potrebbe rispondere: ma io che scrivevo?
Sorvolando su Daniele Gatti della cui bravura ormai tutti sono convinti e lo dichiarano apertamente, forse oscurando per qualche tempo l'altra grande stella romana del podio, Pappano, che sembra brillare meno in questi ultimi quarti di luna.
Poi la notizia bomba, la vera notizia. A Daniel Gatti, alla fine delle recite di Tristano, verrà fatta una offerta concreta per un suo incarico stabile al teatro dell'Opera. FORSE
Sempre sui giornali di oggi: una intera pagina-intervista ( Repubblica, a firma Laura Putti) a Mario Martone regista d'opera a Parigi, chiamato da Lissner, per Cavalleria, già presentata alla Scala, e Sancta Susanna di Hindemith. Una pagina intera per spiegarci come lui vede queste opere specie la seconda, giacchè la prima l'abbiamo già vista a Milano, e per dirci che l' interprete dell'opera di Hindemith è Anna Caterina Antonacci, che dovrà anche apparire nuda, alla bella età di cinquant'anni, 'bella e sensuale', tranquillizza gli spettatori Martone, e per rassicurare anche noi che altrimenti, senza nudo, non avremmo mai e poi mai pogrammato un viaggio a Parigi.
Ora a noi potrebbe anche interessare ciò che pensa Martone dei due capolavori melodrammatici e ci interessa, tanto per parlare.Solo che i veri capolavori sono i due titoli, certamente non la sua regia, perché senza quei capolavori, Martone doveva inventarsi qualcos'altro per il teatro o per il cinema, dove ha facoltà di fare ciò che vuole, rischiando di suo.
Cavalleria e Sancta Susanna reggono perché sono dei capolavori, qualche volta nonostante la regia, di cui non hanno bisogno per emergere e farsi ancora ascoltare dopo anni ed anni di vita e succesi.
Ma se uno lo dice alla giornalista intervistatrice, quella giustamente potrebbe rispondere: ma io che scrivevo?
La maestrina Eleonora Daniele si occupa di un altro relitto: Lapo Elkann
Ci avevamo promesso che di certi relitti umani non avremmo mai più sentito parlare in Rai. Promessa disattesa. Dopo il caso Corona, del quale abbiamo sentito parlare per giorni e giorni, anche dalla maestrina Daniele - che 'ci ha inzuppato il pane' come si dice - per le sue imprese da persona malata, oggi dobbiamo sorbirci anche un' altra impresa, l'ennesima, di un autentico relitto umano , quale è ormai da considerare, il rampollo di casa Agnelli, Lapo Elkann che , a New York, avrebbe finto un rapimento per farsi dare dalla famiglia 10.000 dollari onde continuare l'orgia che aveva iniziato da ventiquattr'ore e che aveva prosciugato già il suo contante. E per questo è stato arrestato, ma poi subito rilasciato: perchè? la famiglia ha pagato la cauzione? Elkann risulta ormai irrecuperabile.
Ma la maestrina, invece, potrà cambiare almeno gli 'argomenti'? Nessuno dai piani alti di viale Mazzini osa dirle nulla?
Anche la 'Vita in diretta' è stata oggi praticamente dedicata per buona parte al caso del relitto di casa Agnelli. Che altro aggiungere?
Ma la maestrina, invece, potrà cambiare almeno gli 'argomenti'? Nessuno dai piani alti di viale Mazzini osa dirle nulla?
Anche la 'Vita in diretta' è stata oggi praticamente dedicata per buona parte al caso del relitto di casa Agnelli. Che altro aggiungere?
Notizie fresche dal'Opera di Roma. Sul Tristano dateci un cenno
Domenica, di fronte ad una sala pimpante e plaudente - nonostante le quattro/cinque ore di permanenza in teatro - si è inaugurata la nuova stagione all'Opera di Roma, con Tristano di Wagner, diretto da Daniele Gatti e con la regia di Pierre Audi. Lo spettacolo s'era già visto a Parigi, la scorsa primavera, e a Roma c'era quasi immutato lo stesso cast di Parigi. Poi lo si vedrà anche ad Amsterdam, dove Daniele Gatti ha un incarico prestigiosissimo, perchè questo Tristano è una coproduzione di Parigi, Roma, Amsterdam.
Di esso, da quel che leggemmo già alla 'prima' parigina, e che ci restò impresso nella memoria, sappiamo che i due protagonisti non si toccano mai (da quel giorno giorno l'abbiamo letto infinite altre volte); che Tristano non è poema d'amore bensì tragedia di morte (anche questo l'abbiamo letto molte altre volte); che Gatti è oggi uno degli interpreti wagneriani più stimati ( letto anche questo), e che, molto probabilmente, questo suo debutto a Roma, in teatro, prelude all'annuncio che presto vi assumerà un incarico stabile. Come del resto nella capitale accade già con Pappano che ha un piede a Roma ( Santa Cecilia) ed uno a Londra ( Covent Garden); Gatti a Roma ( Teatro dell'Opera) e ad Amsterdam ( Concertgebouw). Fin qui dunque nulla di nuovo, notizie che già conoscevamo.
Ma ieri i due principali quotidiani nazionali( Corriere, Repubblica) molte altre ne fornivano al lettore che voleva essere informato sull'esito, importante per tutte queste ragioni, dell'inaugurazione di stagione all'Opera di Roma.
Il Corriere , ad esempio, per la prima volta raccontava del mancato toccamento dei due amanti- che si sfiorano appena con la fronte - del probabile annuncio a breve del nuovo incarico romano di Gatti, e poi aggiungeva - notizie fresche di giornata - che era presente all'inaugurazione Padoan, e che il sindaco Raggi è arrivato in teatro, ma poi fatte le foto per i giornali, se ne è andata molto prima che Tristano cominciasse, per impegni (specifica il Corriere: non istituzionali). Senza ricordarci che la fuga è molto simile a quella di un ex ministro della cultura, Melandri, che non andò all'inaugurazione della Scala, preferendole una cena, in occasione di un raduno di grandi chef, all'Hotel Hilton di Roma.
La Repubblica, campione di notizie fresche e sempre interessanti, che domenica scorsa ci ha regalato 'Robinson' per annunciarci l' aumentato impegno del giornale nei confronti della cultura (segno del nuovo corso: una lunga recensione alla nuova opera di Lucia Ronchetti, Inedia Prodigiosa) mentre dedica una pagina intera, in apertura degli 'Spettacoli' ad una Tempesta shakespeariana rappresentata nel Regno Unito, nella 'romana', solo nella 'romana', immortala la sindaca Raggi, in una foto che le ballerine della scuola di danza del teatro, accompagnata da una didascalia succinta ma informatissima: applaudito Tristano all'Opera di Roma; il sindaco è andato subito via, prima che cominciasse la rappresentazione, poi la cena di gala nei laboratori di scenografia del teatro che sono in Via dei Cerchi. Ma non poyevano andare mangiare a casa o al ristorante? E' ancora tempo di cene di gala per gente cui pane e companatico non manca comunque? E chi paga?
En passant, nelle altre pagine di Repubblica, abbiamo letto un titolone che inneggiava alle 'arie di Schumann' che Alexander Lonquich si incaricava di eseguire per il pubblico dell'Accademia di Santa Cecilia. Lonquich s'è messo anche cantare? e quali 'arie' eseguiva? I dubbi ci sono rimasti, tali e quali.
Restiamo in attesa, almeno fino a quando non solo i giornaloni ma anche gli altri si decideranno a farci sapere come è andata la serata all'Opera di Roma, oltre che negli intervalli, e prima e dopo la rappresentazione - compresa la cena di gala - di cui sappiamo ormai tutto; ma anche durante la rappresentazione medesima.
Di esso, da quel che leggemmo già alla 'prima' parigina, e che ci restò impresso nella memoria, sappiamo che i due protagonisti non si toccano mai (da quel giorno giorno l'abbiamo letto infinite altre volte); che Tristano non è poema d'amore bensì tragedia di morte (anche questo l'abbiamo letto molte altre volte); che Gatti è oggi uno degli interpreti wagneriani più stimati ( letto anche questo), e che, molto probabilmente, questo suo debutto a Roma, in teatro, prelude all'annuncio che presto vi assumerà un incarico stabile. Come del resto nella capitale accade già con Pappano che ha un piede a Roma ( Santa Cecilia) ed uno a Londra ( Covent Garden); Gatti a Roma ( Teatro dell'Opera) e ad Amsterdam ( Concertgebouw). Fin qui dunque nulla di nuovo, notizie che già conoscevamo.
Ma ieri i due principali quotidiani nazionali( Corriere, Repubblica) molte altre ne fornivano al lettore che voleva essere informato sull'esito, importante per tutte queste ragioni, dell'inaugurazione di stagione all'Opera di Roma.
Il Corriere , ad esempio, per la prima volta raccontava del mancato toccamento dei due amanti- che si sfiorano appena con la fronte - del probabile annuncio a breve del nuovo incarico romano di Gatti, e poi aggiungeva - notizie fresche di giornata - che era presente all'inaugurazione Padoan, e che il sindaco Raggi è arrivato in teatro, ma poi fatte le foto per i giornali, se ne è andata molto prima che Tristano cominciasse, per impegni (specifica il Corriere: non istituzionali). Senza ricordarci che la fuga è molto simile a quella di un ex ministro della cultura, Melandri, che non andò all'inaugurazione della Scala, preferendole una cena, in occasione di un raduno di grandi chef, all'Hotel Hilton di Roma.
La Repubblica, campione di notizie fresche e sempre interessanti, che domenica scorsa ci ha regalato 'Robinson' per annunciarci l' aumentato impegno del giornale nei confronti della cultura (segno del nuovo corso: una lunga recensione alla nuova opera di Lucia Ronchetti, Inedia Prodigiosa) mentre dedica una pagina intera, in apertura degli 'Spettacoli' ad una Tempesta shakespeariana rappresentata nel Regno Unito, nella 'romana', solo nella 'romana', immortala la sindaca Raggi, in una foto che le ballerine della scuola di danza del teatro, accompagnata da una didascalia succinta ma informatissima: applaudito Tristano all'Opera di Roma; il sindaco è andato subito via, prima che cominciasse la rappresentazione, poi la cena di gala nei laboratori di scenografia del teatro che sono in Via dei Cerchi. Ma non poyevano andare mangiare a casa o al ristorante? E' ancora tempo di cene di gala per gente cui pane e companatico non manca comunque? E chi paga?
En passant, nelle altre pagine di Repubblica, abbiamo letto un titolone che inneggiava alle 'arie di Schumann' che Alexander Lonquich si incaricava di eseguire per il pubblico dell'Accademia di Santa Cecilia. Lonquich s'è messo anche cantare? e quali 'arie' eseguiva? I dubbi ci sono rimasti, tali e quali.
Restiamo in attesa, almeno fino a quando non solo i giornaloni ma anche gli altri si decideranno a farci sapere come è andata la serata all'Opera di Roma, oltre che negli intervalli, e prima e dopo la rappresentazione - compresa la cena di gala - di cui sappiamo ormai tutto; ma anche durante la rappresentazione medesima.
lunedì 28 novembre 2016
Lucia Ronchetti al ROMAEUROPAFESTIVAL
L'ossimoro, del tutto evidente e dunque non involontario, che balza agli occhi non appena si ha conoscenza del titolo di questo
nuovo lavoro di Lucia Ronchetti, Inedia Prodigiosa -
sottotitolo: Opera corale per coro di voci femminili, coro misto e
coro femminile amatoriale - ha
un gemello nella concezione stessa dell'opera che ha per soggetto le
donne digiunatrici nei secoli, ridotte a scheletri, come attestano,
nel libretto ad opera di Guido Barbieri, i resoconti anatomici, ma
che si esprime attraverso una musica opulenta, ricca di ritmi,
contrasti e colori, a tratti perfino sgargiante per le numerose
tracce della musica di ogni tempo, dal Perotinus della Scuola di
Notre Dame, che apre l'opera, illuminandola di una luce folgorante,
al Monteverdi dei sontuosi Vespri
(1610), che con l'invocazione trinitaria (Gloria Patri), la chiude,
dopo essere passata anche attraverso Giuseppe Verdi, padre
indiscusso del melodramma.
Ma
forse una ragione per questo secondo ossimoro c'è e va individuato
in ciò che Lucia Ronchetti segnala, ad illustrazione di questa
'opera corale' - commissionatale dal Teatro Massimo di Palermo -
quando afferma che il digiuno riduceva sì le donne a scheletri
ambulanti, ma (a differenza di quel che accade oggi a donne giovani,
che praticano il digiuno per inutili ed improduttivi fini estetici)
le rendeva libere dal loro corpo e da qualunque altro bisogno, anche
alimentare, finalizzato alla sopravvivenza, per finalità talvolta
religiose, in generale ascetiche o di protesta, libere e creative al
massimo, visionarie - mentre il mondo circostante le tacciava di
pazzia.
Quelle
donne, cinque in tutto, che rispondono ai nomi di Mollie Fancher,
Anna Garberio, Jeanne Fery, Maria Maddalena de' Pazzi, Christina
Georgina Rossetti, di ogni tempo e paese, esse medesime od altri su
di loro (medici, analisti, sacerdoti) parlano nella loro lingua nel
libretto che mette in fila ( sulla base di ricerche collezionate da
Elena Garcia-Fernandez e Marco Innamorati), oltre i resoconti medici
o cronachistici, alcune parole delle digiunatrici o 'pensieri' di
Leopardi. Ed anche, ma questa volta in latino, qualche testo
liturgico.
Ora
questo spettacolo, che entra per le orecchie e non per gli occhi,
può ancora dirsi 'opera' - come la Ronchetti lo definisce, non
intendendolo nel senso
di 'opus' ?
Perchè
no? Ne siamo convinti. Perchè la drammaturgia, se non c'è
palcoscenico perchè non c'è racconto, può prendere forma nella
musica. E in quella 'corale' in particolare, che consente un doppio
prezioso risultato. Da un lato scolpisce plasticamente la vicenda,
anche quando - come in questo caso – la musica non sembra essere
il pendant espressivo del testo, dall'altro evita di incorrere nel
vero e più grande enigma della scrittura teatrale odierna. Quello
del canto solistico, tuttora irrisolto, sebbene multiforme, ma
tuttora non convincente, nella quasi totalità delle espressioni
conosciute.
I
cori impegnati nell'opera della Ronchetti provengono tutti
dall'Accademia di Santa Cecilia, e vanno da quello 'misto' ufficiale,
all'altro, amatoriale' ( Chorus e Cantoria, affidato alla direzione
di Massimiliano Tonsini) e si avvalgono, nel non facile compito,
della preziosa direzione di Ciro Visco.
I
Cori divisi in due gruppi, numerosi quanto o forse più del pubblico
stesso presente, erano sistemati nella suggestiva cornice delle
Terme di Diocleziano, di fronte ed alle spalle del pubblico, stretto
in mezzo, e perciò costretto qualche volta anche a sbirciare dietro,
al fine di ottenere effetti stereofonici.
Ma
non è detto che non si possa immaginare in una ripresa futura, anche
una collocazione diversa e perfino una 'teatralizzazione', seppur
minima, dell'opera, che rende conto di una maturità della Ronchetti
anche in campo teatrale, nella direzione di un melodramma 'povero' di
mezzi ma ricco di inventiva, ogni volta alla ricerca di nuovi più
efficaci mezzi espressivi. E non è detto che non riesca a trovare
una soluzione convincente anche per il canto solistico.
sabato 26 novembre 2016
L'AUDITORIUM PARCO DELLA MUSICA E MUSICA PER ROMA sono IN RIBASSO? Forse che sì, forse che no
A leggere delle eccellenze musicali e culturali della Capitale, secondo la considerazione del 'Corriere', si legge dell'Accademia di Santa Cecilia, e della sua Orchestra guidata da Tony Pappano - che la guiderà ancora fino al 2021 dal lontano 2005 (di fatto dal 2003), notizia di questi giorni - e basta. Neanche una parola sull'Opera di Roma, che 'La Stampa' di questi giorni dice essere oggi, con la guida del Sovrintendente Fuortes, l'unica possibile antagonista artistica e qualitativa della Scala, ed ha pure un bel programma, secondo Alberto Mattioli che firma il pezzo.
Poi il 'Corriere' torna sull'argomento e all'Accademia di Santa Cecilia, aggiunge, nelle eccellenze, anche l'Opera, augurandosi - e con il 'Corriere' tutti noi - che presto Daniele Gatti decida di stabilire un rapporto stabile con la sua orchestra - e forse l'annuncio di tale novità importantissima per il teatro, verrà data fra pochi giorni da Fuortes che è abilissimo nel centellinare le notizie, anche quelle che notizie non sono, per avere un giorno qualche riga sui giornali.
Se Gatti ne assumesse l'incarico di direttore musicale, facendo il paio con il ruolo che Pappano ha a Santa Cecilia, non sarebbe che un bene. Innanzitutto per l'orchestra e per il teatro, dove un direttore musicale manca non dai tempi di Serafin- come qualche collega scordarello va scrivendo - ma dai tempi di Giuseppe Sinopoli che in teatro, seppure per breve tempo, assunse tutti gli incarichi dirigenziali contemporaneamente, compreso quello di direttore. E si potrebbe anche citare il caso di Riccardo Muti, anomalo giuridicamente, ma nei fatti pur egli direttore del teatro, come dimostra tuttora la permanenza nella direzione artistica di Alessio Vlad che Muti volle, in segno di riconoscenza verso suo padre, Roman, che fu il suo principale sponsor, all'esordio a Firenze. Muti, meridionale , non dimentica la riconoscenza, fiore rarissimo oggi:. fra qualche giorno tornerà a dirigere a Bergamo dove ebbe i suoi esordi da direttore, 50 anni fa. Bravo Muti!
Ma fra le eccellenza colpisce il fatto che mai una parola sull'Auditorium 'Parco della Musica' e su 'Musica per Roma', dopo che nelle passate settimane si è salutata la rinascita della 'Festa del cinema', ora che è affidata alla nuova direzione di Mondo ( La repubblica).
Perchè? All'improvviso, 'Musica per Roma' è caduta in disgrazia? Possibile mai che con l'uscita di Fuortes l'intero sistema auditorium si sia afflosciato su se stesso, sgonfiandosi? O che quella complessa macchina, per che un decennio ha mietuto allori, all'arrivo del nuovo AD, lo spagnolo Noriega, sia in ribasso?
Noi non crediamo ai miracoli, non crediamo che dall'oggi al domani l'Auditorium sia finito. Non pensiamo minimamente che senza Fuortes sia la fine, come del resto siamo convinti che non è SOLO con Fuortes, e a Causa della sua presenza, che l'Opera di Roma possa rinascere.
Occorre ben altro, come un direttore musicale, per cominciare. E il direttore musicale è molto molto più importante dei registi ai quale Fuortes tiene tanto, ma che nulla possono fare per rendere nuovamente prestigioso e grande quel teatro.
Ma allora perché questa improvvisa débacle dell'Auditorium? Perchè dopo una decina d'anni di cose sempre le stesse, anche la macchina dell'Auditorium necessita di novità. E dunque la déblacle ha coinciso con l'uscita di scena di Fuortes, per una semplice coincidenza che ha messo in luce i punti deboli.
Ma noi abbiamo anche un'altra idea: semplicemente perché, da un lato Fuortes ha sempre goduto di buona stampa, meritatamente o immeritatamente; dall'altro, perché, dopo la sua uscita, si sono scoperti gli altarini, a cominciare dai conti ( non che li abbia truccati, certamente no, ma che li abbia esaltati più del dovuto, forse sì) per finire alla conta del pubblico, che si diceva sempre in aumento e con spettacoli da tutto esaurito, sempre e comunque, mentre forse non era sempre così.
Poi il 'Corriere' torna sull'argomento e all'Accademia di Santa Cecilia, aggiunge, nelle eccellenze, anche l'Opera, augurandosi - e con il 'Corriere' tutti noi - che presto Daniele Gatti decida di stabilire un rapporto stabile con la sua orchestra - e forse l'annuncio di tale novità importantissima per il teatro, verrà data fra pochi giorni da Fuortes che è abilissimo nel centellinare le notizie, anche quelle che notizie non sono, per avere un giorno qualche riga sui giornali.
Se Gatti ne assumesse l'incarico di direttore musicale, facendo il paio con il ruolo che Pappano ha a Santa Cecilia, non sarebbe che un bene. Innanzitutto per l'orchestra e per il teatro, dove un direttore musicale manca non dai tempi di Serafin- come qualche collega scordarello va scrivendo - ma dai tempi di Giuseppe Sinopoli che in teatro, seppure per breve tempo, assunse tutti gli incarichi dirigenziali contemporaneamente, compreso quello di direttore. E si potrebbe anche citare il caso di Riccardo Muti, anomalo giuridicamente, ma nei fatti pur egli direttore del teatro, come dimostra tuttora la permanenza nella direzione artistica di Alessio Vlad che Muti volle, in segno di riconoscenza verso suo padre, Roman, che fu il suo principale sponsor, all'esordio a Firenze. Muti, meridionale , non dimentica la riconoscenza, fiore rarissimo oggi:. fra qualche giorno tornerà a dirigere a Bergamo dove ebbe i suoi esordi da direttore, 50 anni fa. Bravo Muti!
Ma fra le eccellenza colpisce il fatto che mai una parola sull'Auditorium 'Parco della Musica' e su 'Musica per Roma', dopo che nelle passate settimane si è salutata la rinascita della 'Festa del cinema', ora che è affidata alla nuova direzione di Mondo ( La repubblica).
Perchè? All'improvviso, 'Musica per Roma' è caduta in disgrazia? Possibile mai che con l'uscita di Fuortes l'intero sistema auditorium si sia afflosciato su se stesso, sgonfiandosi? O che quella complessa macchina, per che un decennio ha mietuto allori, all'arrivo del nuovo AD, lo spagnolo Noriega, sia in ribasso?
Noi non crediamo ai miracoli, non crediamo che dall'oggi al domani l'Auditorium sia finito. Non pensiamo minimamente che senza Fuortes sia la fine, come del resto siamo convinti che non è SOLO con Fuortes, e a Causa della sua presenza, che l'Opera di Roma possa rinascere.
Occorre ben altro, come un direttore musicale, per cominciare. E il direttore musicale è molto molto più importante dei registi ai quale Fuortes tiene tanto, ma che nulla possono fare per rendere nuovamente prestigioso e grande quel teatro.
Ma allora perché questa improvvisa débacle dell'Auditorium? Perchè dopo una decina d'anni di cose sempre le stesse, anche la macchina dell'Auditorium necessita di novità. E dunque la déblacle ha coinciso con l'uscita di scena di Fuortes, per una semplice coincidenza che ha messo in luce i punti deboli.
Ma noi abbiamo anche un'altra idea: semplicemente perché, da un lato Fuortes ha sempre goduto di buona stampa, meritatamente o immeritatamente; dall'altro, perché, dopo la sua uscita, si sono scoperti gli altarini, a cominciare dai conti ( non che li abbia truccati, certamente no, ma che li abbia esaltati più del dovuto, forse sì) per finire alla conta del pubblico, che si diceva sempre in aumento e con spettacoli da tutto esaurito, sempre e comunque, mentre forse non era sempre così.
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venerdì 25 novembre 2016
Madia - Manzione. Combinato indisposto della bocciatura della Consulta.
I guai che non riesce a combinare un ministro, e la Madia ne avrebbe di frecce al suo arco in tal senso, ci pensa a farli la Manzione, che dirige senza patentino il traffico legislativo dell'attuale governo, dalla cabina di palazzo Chigi, dove è arrivata direttamente da una cittadina toscana, dove dirigeva letteralmente il traffico, promossa per volontà del premier, ed ora accolta anche nel nobile consesso del Consiglio di Stato, per tenerla al riparo da ogni successore di Renzi che potrebbe rimandarla a dirigere il traffico a vattelapesca. Per pura vendetta e non per premiare l'incapacità dell'interessata.
Che il governo Renzi non sappia fare (SCRIVERE, ANCHE MATERIALMENTE) le leggi glielo hanno detto in faccia con dimostrazioni alla mano in tanti; e che la Madia possa primeggiare in tale lavoro distruttivo della credibilità legislativa dell'attuale governo, non c'è bisogno di dimostrarlo ulteriormente.
La Consulta ha bocciato l'articolo della riforma della PA, nel quale si dice che, stando le cose come ora stanno, per qualunque decisione occorre che ci sia 'intesa' fra Stato e Regioni. Salvo il caso che per la riforma che gli italiani sono chiamati a votare non vinca il sì. Prima no. E la Madia questo non doveva saperlo? e la Manzione, grande esperta in legislazione, non avrebbe dovuto preventivamente farlo notare alla Madia, ministra per grazia di Dio e spintarella di Veltroni, a suo tempo? Come del resto Renzi ha fatto per la Manzione, la cui famiglia, relativamente alle sorti lavorative, a Roma ed in Toscana (ma anche in Rai, con persona che ha omonimia dovuta a parentela) egli ha particolarmente a cuore?
Renzi che dice di circondarsi di amici, ma solo se bravi, vive evidentemente nell'illusione che basti un suo bacio per trasformare una racchia qualunque in una bellissima desiderata principessa. A SCANSO DI EQUIVOCI, non ci riferiamo naturalmente ad una trasformazione fisica in questo caso, ma al bacio che farebbe diventare in un colpo competenti persone assolutamente estranee alla materia che dovrebbero, per volere del premier baciatore, amministrare.
Ma di questo articolo, anzi della sua riforma, non abbiamo letto nel quesito referendario.
Che il governo Renzi non sappia fare (SCRIVERE, ANCHE MATERIALMENTE) le leggi glielo hanno detto in faccia con dimostrazioni alla mano in tanti; e che la Madia possa primeggiare in tale lavoro distruttivo della credibilità legislativa dell'attuale governo, non c'è bisogno di dimostrarlo ulteriormente.
La Consulta ha bocciato l'articolo della riforma della PA, nel quale si dice che, stando le cose come ora stanno, per qualunque decisione occorre che ci sia 'intesa' fra Stato e Regioni. Salvo il caso che per la riforma che gli italiani sono chiamati a votare non vinca il sì. Prima no. E la Madia questo non doveva saperlo? e la Manzione, grande esperta in legislazione, non avrebbe dovuto preventivamente farlo notare alla Madia, ministra per grazia di Dio e spintarella di Veltroni, a suo tempo? Come del resto Renzi ha fatto per la Manzione, la cui famiglia, relativamente alle sorti lavorative, a Roma ed in Toscana (ma anche in Rai, con persona che ha omonimia dovuta a parentela) egli ha particolarmente a cuore?
Renzi che dice di circondarsi di amici, ma solo se bravi, vive evidentemente nell'illusione che basti un suo bacio per trasformare una racchia qualunque in una bellissima desiderata principessa. A SCANSO DI EQUIVOCI, non ci riferiamo naturalmente ad una trasformazione fisica in questo caso, ma al bacio che farebbe diventare in un colpo competenti persone assolutamente estranee alla materia che dovrebbero, per volere del premier baciatore, amministrare.
Ma di questo articolo, anzi della sua riforma, non abbiamo letto nel quesito referendario.
Il Comitato internazionale 'Viva Toscanini!', mentre serviva - a chi ? - per celebrare Toscanini nel 2007, non serve più - agli stessi ? - nel 2017
Luigi Boschi, nel suo seguitissimo blog, lamenta la dimenticanza piovuta su Arturo Toscanini, a cominciare nella sua natale Parma, al cadere del 150 anniversario della sua nascita, avvenuta appunto nel 1867. Incolpando di ciò prevalentemente il sindaco Pizzarotti che ritiene non sufficientemente interessato a tale causa, mentre dovrebbe esserlo, forse perché non trova interlocutori a Roma, dove gli anniversari da festeggiare si decidono e quelli da passare sotto silenzio pure.
A Roma, s'è deciso di celebrare i 150 anni dalla morte di Rossini (che cadranno nel 2018) e giustamente, con la creazione di un comitato d'onore, già costituito, nel quale siedono anche Napolitano e Gianni Letta, ed apposita legge per i finanziamenti; per Toscanini no.
Ed anche il Comitato internazionale 'Viva Toscanini', nato e finanziato nelle precedenti celebrazioni, per il 2007( cinquant'anni della morte) tace, anzi sembra 'in sonno' profondo. E dire che alla sua nascita - non uno ma due comitati, uno d'onore e l'altro esecutivo, ambedue con centinaia di componenti (si vada sul sito e si leggano i nomi, molte le sorprese!) con gente d'ogni risma - sembrò, anche a noi che lo criticammo non senza ragioni, volersi assumere ogni volta l'incarico ed i finanziamenti relativi ai ricorrenti ricordi celebrativi del grande direttore. Così almeno si leggeva, e si legge tuttora, sulla home page del sito ad esso dedicato e che noi abbiamo riprodotto alla lettera (salvo che per i neretti, introdotti per agevolarne la lettura) nel post precedente.
Luigi Boschi - non più noi, che dal Comitato abbiamo ricevuto parecchi avvertimenti che miravano a non occuparcene più - dovrebbe svolgere un'indagine sul quel Comitato chilometrico, per i componenti, e forse anche per i finanziamenti di allora, che mancano oggi.
Viva Toscanini! anche senza il duplice Comitato internazionale.
A Roma, s'è deciso di celebrare i 150 anni dalla morte di Rossini (che cadranno nel 2018) e giustamente, con la creazione di un comitato d'onore, già costituito, nel quale siedono anche Napolitano e Gianni Letta, ed apposita legge per i finanziamenti; per Toscanini no.
Ed anche il Comitato internazionale 'Viva Toscanini', nato e finanziato nelle precedenti celebrazioni, per il 2007( cinquant'anni della morte) tace, anzi sembra 'in sonno' profondo. E dire che alla sua nascita - non uno ma due comitati, uno d'onore e l'altro esecutivo, ambedue con centinaia di componenti (si vada sul sito e si leggano i nomi, molte le sorprese!) con gente d'ogni risma - sembrò, anche a noi che lo criticammo non senza ragioni, volersi assumere ogni volta l'incarico ed i finanziamenti relativi ai ricorrenti ricordi celebrativi del grande direttore. Così almeno si leggeva, e si legge tuttora, sulla home page del sito ad esso dedicato e che noi abbiamo riprodotto alla lettera (salvo che per i neretti, introdotti per agevolarne la lettura) nel post precedente.
Luigi Boschi - non più noi, che dal Comitato abbiamo ricevuto parecchi avvertimenti che miravano a non occuparcene più - dovrebbe svolgere un'indagine sul quel Comitato chilometrico, per i componenti, e forse anche per i finanziamenti di allora, che mancano oggi.
Viva Toscanini! anche senza il duplice Comitato internazionale.
Dove è finito il Comitato internazionale 'Viva Toscanini', fondato nel 2006 per le celebrazioni del 2007, ora che ricorrono i 150 anni dalla nascita di Toscanini?
Nel
2006, alla vigilia dei 50 anni dalla morte del Grande Maestro, è
stato creato il Comitato Internazionale “Viva Toscanini”, che
coniuga tramite le sue attività cultura e diffusione mediatica della
stessa attraverso le nuove tecnologie ed una diffusione del “prodotto
alto”, declinata a tutti.
Per
adempiere ai vari impegni dell’Associazione si sono costituiti due
Comitati: uno dei Garanti (detto anche Comitato d’Onore) ed uno
Esecutivo, deputato agli aspetti organizzativi delle celebrazioni.
Al
lavoro dei due Comitati partecipano rappresentanti di spicco del
mondo culturale, musicale e politico nel panorama internazionale.
Il
Presidente dei Comitati è Donna
Emanuela di Castelbarco,
figlia di Wally Toscanini nonché nipote di Arturo Toscanini.
Il
Segretario Generale è la giornalista insignita nel 2003 dal Capo di
Stato Carlo Azeglio Ciampi, del Premio San-Vincent di Giornalismo,
Paola
Severini.
Il Segretario Organizzativo delle attività del Comitato
Internazionale Viva Toscanini è il dottor Valerio
Guidi.
Il Comitato, passato l’anno toscaniniano, continua e implementa il
suo lavoro.
Il
31 maggio 2006, per celebrare il cinquantennio dalla morte di
Toscanini, si è svolta la cena
di insediamento nella dimora romana di Paola Severini
alla presenza dei principali dirigenti Rai, della nipote di Arturto
Toscanini, Donna Emanuela di Castelbarco, del Maestro Roman Vlad. Per
sostenere il progetto arrivano anche, dalla New York Philharmonic
Orchestra, il direttore artistico Lorin Mazeel e il direttore
esecutivo Zarin Mehta.
Terminati
i lavori per l'Anno Toscaniniano 2007, il Comitato, nel 2008, si
trasforma in Comitato
Internazionale Viva Toscanini.
L'obiettivo
del Comitato Internazionale è quello di diffondere a tutti i
pubblici di riferimento la cultura del "prodotto alto"
attraverso l'utilizzo di nuove tecnologie mediatiche.
A
tal fine, il Comitato ha creato una serie di eventi ad hoc, primo fra
tra tutti la Traviata Live, con la quale, per la prima volta in
Europa, l’Opera approda al Cinema. Grazie alla collaborazione con
Microcinema, la prima della Traviata, diretta dal Maestro Gianluigi
Gelmetti al Teatro dell’Opera di Roma, è stata trasmessa su
ventidue schermi in tutta Italia, permettendo anche ai più giovani
di fruire di uno spettacolo al quale sarebbe stato difficile accedere
in altro modo.
(DAL SITO DEL COMITATO INTERNAZIONALE 'VIVA TOSCANINI!)
(DAL SITO DEL COMITATO INTERNAZIONALE 'VIVA TOSCANINI!)
Veltroni cambia vita e professione
Lui, il Uolter nazionale, in Parlamento non ci sta più, dopo svariate legislature, alcune esperienze come ministro, o al vertice del Comune. Ora ha cambiato vita e voltato pagina, ma non perchè sia andato a stabilirsi in Africa, come aveva promesso, nella soddisfazione popolare. Bensì installandosi in tv, ambiente che lui conosce molto bene per via di suo padre che fu a capo del primo telegiornale e, alla morte del quale, anche di sua madre, che per anni ne è stata funzionaria. Insomma una 'famiglia tv', come quella di Bernabei, che lui di fatto ricorda ed elogia.
Paolo Conti sul Corriere lo ha intervistato per fargli parlare di questa ulteriore svolta, dopo l'insuccesso del suo programma televisivo di Rai 1, Dieci cose, di cui è stato l'ideatore, la cui realizzazione è stata poi affidata a Magnolia, e di cui rivela che centinaia di reti televisive mondiali hanno chiesto l'acquisto.
Lui s'è giustificato dicendo che anche programmi divenuti poi famosi, all'inizio sono stati talvolta accolti da scarsa attenzione del pubblico.
E precisa ciò che per lui vuol dire servizio pubblico. Rivelazioni bibliche! In poche parole la tv di Guglielmi, le invenzioni del quale ancora mietono ascolti in tv, o alcuni programmi recenti, che salva decisamente come 'Casa Mika', o la nuova versione di 'Rischiatutto'. Ed anticipa che fra poco, a cavallo delle feste, Rai 1 , in seconda serata, la tv 'servizio pubblico' trasmetterà alcuni suoi documentari, sotto l'egida di 'Rai Storia' segnati da verbi-chiave, come sognare, ricordare, amare ed altri...
Abbiamo temuto, accingendoci a leggere la lunga intervista, che Paolo Conti avrebbe potuto evitare le domande scomode sulla sua trasmissione vecchia ed inutile, a detta di molti. Invece no, gliele ha fatte ma Uolter è maestro nello svicolare e soprattutto nella chiacchiera buonista. E' per questo che molti, e noi fra questi, l'avrebbero visto volentieri nei panni del missionario del continente africano, dove serve anche la chiacchiera ed il sorriso sempre stampato sul volto, 'ma anche' ( locuzione cara a Veltroni che l'ha inventata ed usata ad ogni piè sospinto) la fatica, alla quale egli evidentemente non è molto avvezzo. Del resto perchè non sfruttare il suo talento cinetelevisivo e di scrittore che si è espresso già con alcuni romanzi e film documentari? Sempre meglio che la missione in Africa.
Noi, infine, ogni volta che sentiamo Uolter parlare, anzi predicare, vorremmo chiedergli se, alla luce dei fatti, si è oggi pentito della 'privatizzazione a metà' delle nostre massime istituzioni musicali, le fondazioni liriche, che ha segnato l'inizio della pubblica 'dismissione' di fatto di esse. Ma lui, Uolter l'americano, sicuramente difenderà quel suo atto che si è rivelato l'inizio della fine.
Paolo Conti sul Corriere lo ha intervistato per fargli parlare di questa ulteriore svolta, dopo l'insuccesso del suo programma televisivo di Rai 1, Dieci cose, di cui è stato l'ideatore, la cui realizzazione è stata poi affidata a Magnolia, e di cui rivela che centinaia di reti televisive mondiali hanno chiesto l'acquisto.
Lui s'è giustificato dicendo che anche programmi divenuti poi famosi, all'inizio sono stati talvolta accolti da scarsa attenzione del pubblico.
E precisa ciò che per lui vuol dire servizio pubblico. Rivelazioni bibliche! In poche parole la tv di Guglielmi, le invenzioni del quale ancora mietono ascolti in tv, o alcuni programmi recenti, che salva decisamente come 'Casa Mika', o la nuova versione di 'Rischiatutto'. Ed anticipa che fra poco, a cavallo delle feste, Rai 1 , in seconda serata, la tv 'servizio pubblico' trasmetterà alcuni suoi documentari, sotto l'egida di 'Rai Storia' segnati da verbi-chiave, come sognare, ricordare, amare ed altri...
Abbiamo temuto, accingendoci a leggere la lunga intervista, che Paolo Conti avrebbe potuto evitare le domande scomode sulla sua trasmissione vecchia ed inutile, a detta di molti. Invece no, gliele ha fatte ma Uolter è maestro nello svicolare e soprattutto nella chiacchiera buonista. E' per questo che molti, e noi fra questi, l'avrebbero visto volentieri nei panni del missionario del continente africano, dove serve anche la chiacchiera ed il sorriso sempre stampato sul volto, 'ma anche' ( locuzione cara a Veltroni che l'ha inventata ed usata ad ogni piè sospinto) la fatica, alla quale egli evidentemente non è molto avvezzo. Del resto perchè non sfruttare il suo talento cinetelevisivo e di scrittore che si è espresso già con alcuni romanzi e film documentari? Sempre meglio che la missione in Africa.
Noi, infine, ogni volta che sentiamo Uolter parlare, anzi predicare, vorremmo chiedergli se, alla luce dei fatti, si è oggi pentito della 'privatizzazione a metà' delle nostre massime istituzioni musicali, le fondazioni liriche, che ha segnato l'inizio della pubblica 'dismissione' di fatto di esse. Ma lui, Uolter l'americano, sicuramente difenderà quel suo atto che si è rivelato l'inizio della fine.
Roma la svolta impossibile, nonostante Pappano e Gatti e le rispettive Orchestre: del Teatro e dell'Accademia
Nell'inserto 'Agenda Italia', il Corriere, parlando di Roma, mentre tesseva le lodi - con pubblicità annessa - dell'Accademia di Santa Cecilia, della sua orchestra (anzi delle sue orchestre e cori che sono ad oggi, alcune decine, se abbiamo letto bene) ed anche del Teatro Argentina, si dimenticava del tutto del Teatro dell'Opera di Roma, citato di sfuggita solo quando si raccontava di un biglietto cumulativo che offriva spettacoli all'Opera e concerti dell'Accademia. Ma non si andava oltre.
Fuortes, cantato e decantato anche dal Corriere, specie dopo quella che lui considera la svolta internazionale del Teatro, segnata dalla Traviata con la regia di Sofia Coppola ed i costumi di Valentino, a leggere quel panegirico del Corriere alla sua consorella, deve essere andato su tutte le furie. Infatti, all'indomani il pezzo riparatore. Roma, scrive ( per le scuse) il Corriere, in campo musicale, con l'Accademia e l'Opera, mette in campo una doppia eccellenza che può spingere la città verso la tanto attesa svolta culturale. Delle svolte su rifiuti, trasporti, legalità è ancora troppo presto per parlarne.
Ora all'Opera si sta per inaugurare la stagione con il Tristano di Wagner, affidato alla direzione di Daniele Gatti (che 'rischia' di assumere un incarico di direttore all'Opera) e alla regia di Audi (già visto a Parigi la scorsa primavera, con cui Roma l'ha coprodotto). E i complessi dell'Opera e dell'Accademia, guidati da una coppia di direttori di valore , Pappano e Gatti potrebbero segnare, concretamente la svolta per Roma.
Ma - prosegue il Corriere - manca un progetto, manca il progetto culturale che Roma si aspetta dai nuovi amministratori i quali hanno già mandato un segnale preoccupante, quando hanno tagliato i finanziamenti per la cultura ed anche su una questione aperta da anni, come la riapertura del Teatro Valle - il più antico teatro di Roma - nicchiano fra il palleggio di competenze e responsabilità dei ritardi - e la mancanza di idee sul suo affidamento e la destinazione.
Questa è Roma. Intanto rischiamo di avere due direttori di fama, legati alle due orchestre della Capitale - due appena, contro la decina presenta in altre Capitali d'Europa, senza arrivare a Londra che in questo campo vanta il primato - di cui non sappiamo ancora se con egual feeling con le rispettive compagini orchestrali ed anche con il pubblico (Gatti riuscirà, nel caso, a stabilirlo come Pappano?) come due papi che officiano nelle rispettive cattedrali. Tutt'intorno il deserto. E se non proprio il deserto, quasi.
Fuortes, cantato e decantato anche dal Corriere, specie dopo quella che lui considera la svolta internazionale del Teatro, segnata dalla Traviata con la regia di Sofia Coppola ed i costumi di Valentino, a leggere quel panegirico del Corriere alla sua consorella, deve essere andato su tutte le furie. Infatti, all'indomani il pezzo riparatore. Roma, scrive ( per le scuse) il Corriere, in campo musicale, con l'Accademia e l'Opera, mette in campo una doppia eccellenza che può spingere la città verso la tanto attesa svolta culturale. Delle svolte su rifiuti, trasporti, legalità è ancora troppo presto per parlarne.
Ora all'Opera si sta per inaugurare la stagione con il Tristano di Wagner, affidato alla direzione di Daniele Gatti (che 'rischia' di assumere un incarico di direttore all'Opera) e alla regia di Audi (già visto a Parigi la scorsa primavera, con cui Roma l'ha coprodotto). E i complessi dell'Opera e dell'Accademia, guidati da una coppia di direttori di valore , Pappano e Gatti potrebbero segnare, concretamente la svolta per Roma.
Ma - prosegue il Corriere - manca un progetto, manca il progetto culturale che Roma si aspetta dai nuovi amministratori i quali hanno già mandato un segnale preoccupante, quando hanno tagliato i finanziamenti per la cultura ed anche su una questione aperta da anni, come la riapertura del Teatro Valle - il più antico teatro di Roma - nicchiano fra il palleggio di competenze e responsabilità dei ritardi - e la mancanza di idee sul suo affidamento e la destinazione.
Questa è Roma. Intanto rischiamo di avere due direttori di fama, legati alle due orchestre della Capitale - due appena, contro la decina presenta in altre Capitali d'Europa, senza arrivare a Londra che in questo campo vanta il primato - di cui non sappiamo ancora se con egual feeling con le rispettive compagini orchestrali ed anche con il pubblico (Gatti riuscirà, nel caso, a stabilirlo come Pappano?) come due papi che officiano nelle rispettive cattedrali. Tutt'intorno il deserto. E se non proprio il deserto, quasi.
mercoledì 23 novembre 2016
L'ISTAT in confusione
Ogni giorno un'inchiesta, un sondaggio; ogni giorno proiezioni sul futuro perfino remoto, ogni giorno pagelle su questo o quello. Ma su quale base si fanno indagini, si stilano classifiche, si mettono in atto inchieste? E a quale sondaggista o inchiestaro si può credere e a quale no?
Tutte domande che ogni giorno, nel leggere i risultati delle varie ricerche, non manchiamo di rivolgere a noi stessi, non credendo neanche ai nostri occhi, anche quando a firmare inchieste sono istituti di ricerca di antica tradizione e serietà scientifica - si spera - come è o dovrebbe essere l'ISTAT. Le cui ricerche influiscono sugli orientamenti politici e sulle decisioni da assumere da chi governa. Proprio ieri l'altro mettevamo in guardia i lettori dal non prendere come oro colato i risultati dell'inchiesta della Makno - commissionata dalla Scala - che voleva avere una foto del suo pubblico, anche futuro o possibile ( si può?) .
Oggi, anzi ieri, l'ISTAT, che poco prima ci aveva detto che la povertà fra gli italiani mieteva vittime ogni giorno, ci ha comunicato gli esiti di una sua nuova ricerca, il cui risultato principale - capovolgendo il precedente sulla base del 'poveri ma belli' - era che la SODDISFAZIONE degli Italiani era cresciuta dopo anni di segno negativo.
Ci diceva, insomma, l'ISTAT, che nonostante la base della povertà in Italia si vada sempre più allargando, gli Italiani, come al solito fessi e superficiali (ma questo l'ISTAT non lo dice apertamente) sono soddisfatti. Salvo che per qualche piccolissima cosa che non incontra ancora la loro soddisfazione, e cioè SICUREZZA, SMOG, e TRAFFICO.
E noi dovremmo credere all'ISTAT? Qui non si tratta di considerare il bicchiere sotto osservazione mezzo pieno piuttosto che mezzo vuoto. Qui basta solo chiedersi come mai la soddisfazione degli italiani sia cresciuta se contemporaneamente, la crisi fa crescere il nostro paese di qualche decimale appena, se gli stipendi sono al palo da anni, se la malasanità miete vittime continuamente, se il malcostume e la corruzione si sta fottendo, nonostante le retate continue, buona parte del paese.
Valuta i risultati davvero sorprendenti della inchiesta dell'ISTAT anche un tecnico, e cioè Domenico De Masi, sociologo, che alle inchieste ed alle indagini è avvezzo per professione. Fa le pulci all'ISTAT facendo notare che se la SODDISFAZIONE ventilata poggiasse su dati oggettivi ( crescita del PIL, dei salari e del potere d'acquisto, stabilità politica ecc...) avrebbe un qualche fondamento, altrimenti no. E perciò fornisce una soluzione all'interrogativo che in tutti noi sorge spontaneo, alla lettura dei dati ISTAT.
Se soddisfazione maggiore c'è stata( l'inchiesta è stata condotta nella scorsa primavera, quando forse le libagioni delle feste natalizie avevano ancora una qualche influenza ) - come attesta l'ISTAT - lo si deve al fatto che siamo ormai abituati al peggio e dunque non ci rendiamo conto neanche delle condizioni precarie ed assolutamente insoddisfacenti nelle quali viviamo, e delle quali ci dichiariamo, comunque, soddisfatti. Solo perché siamo ancora vivi?
Notizie dall'Anfols. Roma, Genova,Venezia, Cagliari, Napoli
- Il Corriere si aggiorni. Nell'inserto dedicato alla città di Roma, ieri, Valerio Cappelli tesseva le lodi dell'Accademia di Santa Cecilia, porgendo direttamente il microfono al suo Sovrintendente che, perciò, se l'è 'cantata e sonata da solo', anche se non senza ragioni.
Nel presentarlo, dove si è illustrata la carriera fulminante e luminosa del sovrintendente dall'Ongaro. compositore, pianista ecc... si leggeva: presentatore e conduttore televisivo (Petruska, Rai 5), responsabile programmazione musicale per Rai Radio 3. Senza la premessa che tali incairichi erano precedenti all'attuale. Che li abbia ancora, dubitiamo. Forse Cappelli è venuto a sapere - come qualcuno, noi compresi, teme - che finita la sua esperienza a Santa Cecilia, dall'Ongaro possa tornare ad occupare il posto (i posti) che aveva in Rai, alla maniera dei parlamentari, per i quali il posto lasciato nella società civile prima di assumere il mandato parlamentare, viene tenuto 'in caldo' in attesa del suo ritorno. Meglio che resti a Santa Cecilia o che ritorni in Rai? Davvero non sappiamo cosa sia peggio, per Santa cecilia o per la Rai.
-Genova. Ci si prepara al grande giorno che deve nuovamente far convergere l'attenzione del mondo intero sul capoluogo ligure. Lo vuole fermamente il nuovo governatore il quale per la serata, fra luci, fuochi d'artificio e bancarelle bandite, e cene vip ha voluto come 'collante' la musica di Traviata. Accadrà il prossimo 15 dicembre. Bancarelle nella piazza principale illuminata dai fari e dai fuochi d'artificio, dove saranno esposti e potranno anche essere consumati i prodotti della bella terra sospesa tra cielo e mare, un grande ricevimento in uno dei palazzi storici dove saranno invitati tanti vip (che dovrebbero (come del resto ha già sperimentato Fuortes a Roma, con Traviata di Verdi, con la regia di Coppola e i costumi di Valentino) riportare l'attenzione del paese sul bellissimo capoluogo. Ma per questo occorreva un collante, che Toti, il grande, ha individuato nella Traviata di Verdi. Scelta ottima, il collante.
-Cagliari. Al teatro dell'Opera del capoluogo sardo si teme il peggio. Si teme cioè che la famigerata legge dello scorso agosto, riguardante le Fondazioni liriche, in cui si prevede che quelle che non raggiungono il pareggio di bilancio entro il dicembre 2018, possano essere declassate (ma si attendono le istruzioni particolareggiate del ministro Franceschini, che se diventa presidente del Consiglio, ce lo toglieremo da m... o continuerà a nuocere alla musica, anche senza Nastasi?), possa riguardare anche Cagliari. Si avanza anche l'ipotesi che i giochi son fatti e che la maggior parte delle Fondazioni liriche saranno declassate. Resterebbero solo Milano, verbigratia, e poi Roma, Venezia, Napoli e Bari; enigma nell'enigma che non spiega se la scelta è dettata dalla collocazione geografica o dalla qualità della programmazione e dalla regolarità dei bilanci delle fondazioni. Inutile chiedere ora lumi a Franceschini che è impegnato a studiare per diventare premier al posto di Renzi.
-Venezia. La Fenice, balzata ai vertici delle Fondazioni liriche italiane, per varietà di programmazione, ed anche perché osa inaugurare la stagione con una nuova oper a- che opera non è - e con bilanci in ordine, ha stretto un accordo con lo Sperimentale di Spoleto, diretto dal secolo scorso da Michelangelo Zurletti - per il suo Concorso annuale per cantanti lirici. In base al quale accordo i vincitori godranno dell'attenzione del vertice artistico della fondazione veneziana e magari di qualche scrittura. Intanto la direzione artistica, presente in giuria al concorso spoletino, voterà per il vincitore e potrà contemporaneamente proporgli di cantare alla Fenice, seduta stante. Oltre che per la scoperta, la Fenice avrebbe anche un altro guadagno e cioè il risparmio sull'ingaggio.
- Napoli. Attesa per l'inaugurale Otello rossiniano al San Carlo, con la direzione di Gabriele Ferro e la regia di Amos Gitai. Protagonista femminile, Desdemona, Nino Machaidze, l'avvenente cantante uscita dall'Accademia della Scala. La quale, a Napoli, avrà al collo, in due delle recite previste, un preziosissimo collier di diamanti e rubini, della collezione Bulgari, che nei giorni delle recite rossiniana aprirà una mostra di gioielli da collezione proprio nel teatro napoletano. E forse il collier di Bulgari influirà anche sulla resa vocale della Machaidze.
Nel presentarlo, dove si è illustrata la carriera fulminante e luminosa del sovrintendente dall'Ongaro. compositore, pianista ecc... si leggeva: presentatore e conduttore televisivo (Petruska, Rai 5), responsabile programmazione musicale per Rai Radio 3. Senza la premessa che tali incairichi erano precedenti all'attuale. Che li abbia ancora, dubitiamo. Forse Cappelli è venuto a sapere - come qualcuno, noi compresi, teme - che finita la sua esperienza a Santa Cecilia, dall'Ongaro possa tornare ad occupare il posto (i posti) che aveva in Rai, alla maniera dei parlamentari, per i quali il posto lasciato nella società civile prima di assumere il mandato parlamentare, viene tenuto 'in caldo' in attesa del suo ritorno. Meglio che resti a Santa Cecilia o che ritorni in Rai? Davvero non sappiamo cosa sia peggio, per Santa cecilia o per la Rai.
-Genova. Ci si prepara al grande giorno che deve nuovamente far convergere l'attenzione del mondo intero sul capoluogo ligure. Lo vuole fermamente il nuovo governatore il quale per la serata, fra luci, fuochi d'artificio e bancarelle bandite, e cene vip ha voluto come 'collante' la musica di Traviata. Accadrà il prossimo 15 dicembre. Bancarelle nella piazza principale illuminata dai fari e dai fuochi d'artificio, dove saranno esposti e potranno anche essere consumati i prodotti della bella terra sospesa tra cielo e mare, un grande ricevimento in uno dei palazzi storici dove saranno invitati tanti vip (che dovrebbero (come del resto ha già sperimentato Fuortes a Roma, con Traviata di Verdi, con la regia di Coppola e i costumi di Valentino) riportare l'attenzione del paese sul bellissimo capoluogo. Ma per questo occorreva un collante, che Toti, il grande, ha individuato nella Traviata di Verdi. Scelta ottima, il collante.
-Cagliari. Al teatro dell'Opera del capoluogo sardo si teme il peggio. Si teme cioè che la famigerata legge dello scorso agosto, riguardante le Fondazioni liriche, in cui si prevede che quelle che non raggiungono il pareggio di bilancio entro il dicembre 2018, possano essere declassate (ma si attendono le istruzioni particolareggiate del ministro Franceschini, che se diventa presidente del Consiglio, ce lo toglieremo da m... o continuerà a nuocere alla musica, anche senza Nastasi?), possa riguardare anche Cagliari. Si avanza anche l'ipotesi che i giochi son fatti e che la maggior parte delle Fondazioni liriche saranno declassate. Resterebbero solo Milano, verbigratia, e poi Roma, Venezia, Napoli e Bari; enigma nell'enigma che non spiega se la scelta è dettata dalla collocazione geografica o dalla qualità della programmazione e dalla regolarità dei bilanci delle fondazioni. Inutile chiedere ora lumi a Franceschini che è impegnato a studiare per diventare premier al posto di Renzi.
-Venezia. La Fenice, balzata ai vertici delle Fondazioni liriche italiane, per varietà di programmazione, ed anche perché osa inaugurare la stagione con una nuova oper a- che opera non è - e con bilanci in ordine, ha stretto un accordo con lo Sperimentale di Spoleto, diretto dal secolo scorso da Michelangelo Zurletti - per il suo Concorso annuale per cantanti lirici. In base al quale accordo i vincitori godranno dell'attenzione del vertice artistico della fondazione veneziana e magari di qualche scrittura. Intanto la direzione artistica, presente in giuria al concorso spoletino, voterà per il vincitore e potrà contemporaneamente proporgli di cantare alla Fenice, seduta stante. Oltre che per la scoperta, la Fenice avrebbe anche un altro guadagno e cioè il risparmio sull'ingaggio.
- Napoli. Attesa per l'inaugurale Otello rossiniano al San Carlo, con la direzione di Gabriele Ferro e la regia di Amos Gitai. Protagonista femminile, Desdemona, Nino Machaidze, l'avvenente cantante uscita dall'Accademia della Scala. La quale, a Napoli, avrà al collo, in due delle recite previste, un preziosissimo collier di diamanti e rubini, della collezione Bulgari, che nei giorni delle recite rossiniana aprirà una mostra di gioielli da collezione proprio nel teatro napoletano. E forse il collier di Bulgari influirà anche sulla resa vocale della Machaidze.
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martedì 22 novembre 2016
Pappano giura amore eterno all'Orchestra dell'Accademia di Santa Cecilia. Sarà ancora passione bruciante?
Il matrimonio di Tony Pappano con l'Orchestra dell'Accademia di Santa Cecilia, di cui è direttore musicale dal lontano 2005, dura da troppi anni per potersi ancora definire un matrimonio 'd'interesse'.
E già che prima ancora di legarsi ufficialmente con l'Accademia, Pappano aveva deciso di convivere, forse per mettere alla prova sia la sposa che se stesso, e per questo già dall'autunno del 2003 - era stato nominato in primavera, ma il matrimonio ufficiale sarebbe stato celebrato a partire dalla stagione 2005-2006 - i tempi di permanenza nella Capitale, abbandonando la fidanzata londinese ( Covent Garden) divennero sempre più lunghi.
Poi il matrimonio ufficiale e 'd' amore' fra lui e Santa Cecilia venne consumato. Il mondo cominciò ad interessarsi all'orchestra dell'Accademia, negletta per anni, per via di quel suo tanto entusiasta sposo che molte altre orchestre avrebbero voluto legare a sé e che sembrava aver riportato fuoco di gioventù nella compagine romana.
Cominciarono i primi successi non solo a Roma, le tournée nel mondo - una sorta di ripetuti viaggi di nozze, dai quali il matrimonio tornava a presentarsi sempre più solido e convinto - e le numerose incisioni discografiche, mentre l'industria del disco piangeva lacrime amare. Pappano era il nuovo cavallo di razza della scuderia dei direttori d'orchestra, e prima la sua, poi anche le altre case discografiche volevano accaparrarselo. E l'hanno fatto, stringendo con Santa Cecilia un patto di cooperazione, con forti sconti di spesa e registrazioni dal vivo, che in tempo di crisi anche per il disco, ha consentito le numerose registrazione, premiate dalle riviste discografiche.
Dunque nel 2005 viene celebrato il matrimonio, rinnovato, presumibilmente ogni tre o quattro anni, fino ad arrivare al 2017, quando sarebbe scaduto l'ennesimo rinnovo, anche dopo l'uscita di scena del sovrintendente emerito Bruno Cagli (con il quale, stando a quel che si dice sottovoce, i rapporti non sono stati sempre idilliaci).
Poi arriva Michele dall'Ongaro, che già lavorava ' a bottega' con Cagli, che lo aveva prima fatto diventare 'Accademico' ( anche su quella sua elezione qualche dubbio viene sollevato), poi istruito a dovere ed infine candidato a succedergli.
Appena insediato, nel febbraio dell'anno scorso, dall'Ongaro, nel presentare pubblicamente la stagione 2015-1016, annuncia coram populo, che Pappano non andrà via quando terminerà il suo contratto e cioè nel 2017, ma resterà ancora per altri due anni fino al 2019, perchè 'i progetti in cantiere sono tanti e sia Pappano che l'Accademia non intendono lasciarli a metà'.
Nel frattempo anche il Covent Garden, la sua eterna fidanzata inglese del 'Pinkerton del podio', annuncia che il fidanzamento si protrarrà fino al 2019. Insomma sono due le donne che si contendono un unico uomo e che si dichiarano, di fatto, contente, pur non avendolo tutto e solo ciascuna per sé.
Passa un anno ad arriviamo ad oggi. Giusto la festa di Santa Cecilia. Di nuovo si fa vivo Michele dall'Ongaro ed annuncia che il matrimonio fra Pappano e l'Accademia di Santa Cecilia continuerà fino al 2021, e che il tempo non ha attutito la passione che lega i due.
Ragionamoci un pò. Dopo una quindicina d'anni insieme, come in qualunque matrimonio, e quello artistico non farebbe eccezione, due cos'altro hanno da dirsi che già non si son detti, che già non conoscono e che già non prevedono prima ancora che uno dei due parli all'altro?
Noi che siamo fermamente convinti che i matrimoni servono anche in arte, perché se un'orchestra viene affidata a fidanzati di passaggio difficilmente nascerà un legame solido, utile sia all'orchestra che al direttore, siamo altrettanto convinti che dopo anni ed anni di vita comune, forse una scappatella, meglio una separazione consensuale quando non un vero e proprio divorzio, farebbe sicuramente bene, come nella vita reale. Servirebbe a ridare nuova linfa alla passione senza la quale anche un matrimonio 'dal podio' non regge e non rende.
Dunque attento Pappano, la routine, sempre in agguato, fa male, anzi malissimo, e può essere addirittura mortale. E Santa cecilia cominci a cercarsi un nuovo aitante fidanzato, da sposare successivamente, se le cose vanno bene, che sia innamorato almeno quanto è sembrato Pappano per tutti questi anni.
Ma forse più semplicemente, prolungando il rapporto con Pappano fino al 2021, Michele dall'Ongaro - sull'esempio di Paolo Baratta alla Biennale che ha già nominato i responsabili per il prossimo ventennio, sentendosi ormai immortale ed inamovibile - vuole fare in modo che l'uscita, eventuale, di scena di Pappano, non coincida con la fine del mandato di dall'Ongaro da sovrintendente, lasciando in Accademia un vuoto duplice, incolmabile.
E già che prima ancora di legarsi ufficialmente con l'Accademia, Pappano aveva deciso di convivere, forse per mettere alla prova sia la sposa che se stesso, e per questo già dall'autunno del 2003 - era stato nominato in primavera, ma il matrimonio ufficiale sarebbe stato celebrato a partire dalla stagione 2005-2006 - i tempi di permanenza nella Capitale, abbandonando la fidanzata londinese ( Covent Garden) divennero sempre più lunghi.
Poi il matrimonio ufficiale e 'd' amore' fra lui e Santa Cecilia venne consumato. Il mondo cominciò ad interessarsi all'orchestra dell'Accademia, negletta per anni, per via di quel suo tanto entusiasta sposo che molte altre orchestre avrebbero voluto legare a sé e che sembrava aver riportato fuoco di gioventù nella compagine romana.
Cominciarono i primi successi non solo a Roma, le tournée nel mondo - una sorta di ripetuti viaggi di nozze, dai quali il matrimonio tornava a presentarsi sempre più solido e convinto - e le numerose incisioni discografiche, mentre l'industria del disco piangeva lacrime amare. Pappano era il nuovo cavallo di razza della scuderia dei direttori d'orchestra, e prima la sua, poi anche le altre case discografiche volevano accaparrarselo. E l'hanno fatto, stringendo con Santa Cecilia un patto di cooperazione, con forti sconti di spesa e registrazioni dal vivo, che in tempo di crisi anche per il disco, ha consentito le numerose registrazione, premiate dalle riviste discografiche.
Dunque nel 2005 viene celebrato il matrimonio, rinnovato, presumibilmente ogni tre o quattro anni, fino ad arrivare al 2017, quando sarebbe scaduto l'ennesimo rinnovo, anche dopo l'uscita di scena del sovrintendente emerito Bruno Cagli (con il quale, stando a quel che si dice sottovoce, i rapporti non sono stati sempre idilliaci).
Poi arriva Michele dall'Ongaro, che già lavorava ' a bottega' con Cagli, che lo aveva prima fatto diventare 'Accademico' ( anche su quella sua elezione qualche dubbio viene sollevato), poi istruito a dovere ed infine candidato a succedergli.
Appena insediato, nel febbraio dell'anno scorso, dall'Ongaro, nel presentare pubblicamente la stagione 2015-1016, annuncia coram populo, che Pappano non andrà via quando terminerà il suo contratto e cioè nel 2017, ma resterà ancora per altri due anni fino al 2019, perchè 'i progetti in cantiere sono tanti e sia Pappano che l'Accademia non intendono lasciarli a metà'.
Nel frattempo anche il Covent Garden, la sua eterna fidanzata inglese del 'Pinkerton del podio', annuncia che il fidanzamento si protrarrà fino al 2019. Insomma sono due le donne che si contendono un unico uomo e che si dichiarano, di fatto, contente, pur non avendolo tutto e solo ciascuna per sé.
Passa un anno ad arriviamo ad oggi. Giusto la festa di Santa Cecilia. Di nuovo si fa vivo Michele dall'Ongaro ed annuncia che il matrimonio fra Pappano e l'Accademia di Santa Cecilia continuerà fino al 2021, e che il tempo non ha attutito la passione che lega i due.
Ragionamoci un pò. Dopo una quindicina d'anni insieme, come in qualunque matrimonio, e quello artistico non farebbe eccezione, due cos'altro hanno da dirsi che già non si son detti, che già non conoscono e che già non prevedono prima ancora che uno dei due parli all'altro?
Noi che siamo fermamente convinti che i matrimoni servono anche in arte, perché se un'orchestra viene affidata a fidanzati di passaggio difficilmente nascerà un legame solido, utile sia all'orchestra che al direttore, siamo altrettanto convinti che dopo anni ed anni di vita comune, forse una scappatella, meglio una separazione consensuale quando non un vero e proprio divorzio, farebbe sicuramente bene, come nella vita reale. Servirebbe a ridare nuova linfa alla passione senza la quale anche un matrimonio 'dal podio' non regge e non rende.
Dunque attento Pappano, la routine, sempre in agguato, fa male, anzi malissimo, e può essere addirittura mortale. E Santa cecilia cominci a cercarsi un nuovo aitante fidanzato, da sposare successivamente, se le cose vanno bene, che sia innamorato almeno quanto è sembrato Pappano per tutti questi anni.
Ma forse più semplicemente, prolungando il rapporto con Pappano fino al 2021, Michele dall'Ongaro - sull'esempio di Paolo Baratta alla Biennale che ha già nominato i responsabili per il prossimo ventennio, sentendosi ormai immortale ed inamovibile - vuole fare in modo che l'uscita, eventuale, di scena di Pappano, non coincida con la fine del mandato di dall'Ongaro da sovrintendente, lasciando in Accademia un vuoto duplice, incolmabile.
lunedì 21 novembre 2016
L'indagine della Makno sul pubblico della Scala ci induce a qualche riflessione
Tralasciamo volutamente ogni apprezzamento sulla attendibilità di sondaggi, indagini, previsioni, dopo le recenti figuracce di sondaggisti di ogni parte e scuola sulle elezioni americane ecc... perchè - come diceva uno studioso - spesso gli interpellati non confessano ciò che pensano veramente e talvolta si vergognano di dichiarare le loro debolezze o nefandezze; e perchè quasi sempre colui che fa il sondaggio non riesce a guadare le cose come stanno, spogliandosi delle proprie convinzioni. A ciò aggiungiamo anche un altro elemento e cioè il peso del committente di sondaggi ed inchieste. E così il quadro relativo - nella maggior parte dei casi - degli esiti accusa forti condizionamenti.
Abbiamo ancora presenti gli esiti di sondaggi che ogni mese fa una rivista di musica, e che negli ultimi tempi ci ha rivelato essere stata Maria Callas la più grande cantante del secolo passato, e l'Orchestra dell'Accademia di Santa Cecilia una delle migliori del mondo, capovolgendo ogni precedente convinzione e classifica.
Tornando all'indagine Makno della quale abbiamo letto su molti giornali, i risultati sarebbero questi: il pubblico giovane è cresciuto negli ultimi dieci anni (ma non sarà forse per il fatto che la Scala fa spettacoli per ragazzi, ed apre le sue porte, nelle grandi occasioni, al pubblico di studenti, mentre il pubblico 'normale' è cambiato assai poco?) ; è cresciuto anche il pubblico che viene da fuori Milano ed anche da fuori Italia; la Scala è considerata come il monte Everest che tutti vorrebbero scalare anche quelli che non ci hanno mai pensato; che la Scala è vista soprattutto come il teatro della grande tradizione operistica italiana ed anche qualche altra cosetta.
L'indagine non dice che in questi giorni è entrato come socio fondatore Del Vecchio, il patron di Luxottica e che Squinzi, l'uomo Mapei, già a capo della Confindustria, è entrato nel CdA della Scala; questo lo fa sapere la Scala, negli stessi giorni in cui diffonde i meravigliosi risultati dell'indagine Makno.
Qualche giornale ha fatto notare che lo svecchiamento del pubblico non viaggia di pari passo con l'interesse per il nuovo, perché la Scala resta pur sempre, nella considerazione generale, lo scrigno della tradizione italiana. E questo ha scocciato parecchio al giornalista che lo annotava, perché il pubblico giovane avrebbe dovuto voler dire anche opere nuove.
A poca distanza dall'esito dell'indagine Makno, un altro giornale aveva fatto la sua indagine 'casereccia', titolando 'Stregati dalla musica classica', fornendo dati strampalati, frutto di sciatteria, e cantando vittoria prima che l'esercito nemico, l'esercito dell'indifferenza e della cattiva amministrazione, sia stato sconfitto.
A sostegno del forzato bollettino della vittoria, che serviva anche per dare ad intendere che anche gli altri teatri non sono da meno, le solite dichiarazioni del sovrintendente romano che canta vittoria perché nel suo teatro - teatro d'opera!!! - arrivano Bellocchio, Barberio Corsetti e la Fura dels Baus ( ma che si sono messi a cantare pure loro?) - e l'operazione 'Opera camion che ha rivoluzionato il modo di ascoltare l'opera - non più in teatro, ma a due passi da casa e all'aperto, ma solo con la buona stagione - e con un contenimento del costo dei biglietti.
Indagini più che di fatti di buone intenzioni come quella emersa dall'indagine Makno, relativa a coloro che alla Scala non sono mai stati, ma che andarci è in cima ai loro desideri (che aspettano?) e che servono semmai a mettere sull'avviso il governo che minaccia sfracelli legislativi per i teatri d'opera.
Tutto questo chiasso ci ha fatto venire in mente un famoso convegno ospitato in Campidoglio, a metà degli anni Ottanta. Organizzato dal CIDIM del barone Agnello, vi parteciparono molti illustri esponenti del mondo musicale da Fontana alla Belgeri, da Bussotti a Mimma Guastoni, allora a capo di Ricordi ecc... Partecipammo, invitati, anche noi che allora dirigevamo il mensile 'Piano Time'.
Nella sala scese il gelo quando intervenendo, non senza qualche timore, dicemmo coram populo, che tutto quel chiasso - il chiasso del convegno - serviva in realtà al barone Agnello, che l'aveva organizzato, per vantare meriti nei confronti del Ministero, al quale si apprestava a chiedere finanziamenti più cospicui . Il barone, assai imbarazzato, rispondendo alle nostre osservazione, non seppe che sbatterci in faccia tutti i meriti, infiniti, della sua carriera di operatore musicale, fra i quali quelli del CIDIM, per il quale chiedeva più soldi, erano i meno importanti. Più tardi il barone Agnello riconobbe che quel che avevamo detto era la pura verità, o quasi, anche se non opportuna.
Certamente non è così per la Scala che vanta meriti in gran quantità. Ma, chissà perchè, l'indagine recente della Makno commissionata dal Teatro alla Scala, che gongola per l'ingresso nel suo CdA di nomi e soldi pesanti, riguardante il suo pubblico ed altre cosette, ci ha fatto venire in mente quel famoso, famigerato convegno!
Abbiamo ancora presenti gli esiti di sondaggi che ogni mese fa una rivista di musica, e che negli ultimi tempi ci ha rivelato essere stata Maria Callas la più grande cantante del secolo passato, e l'Orchestra dell'Accademia di Santa Cecilia una delle migliori del mondo, capovolgendo ogni precedente convinzione e classifica.
Tornando all'indagine Makno della quale abbiamo letto su molti giornali, i risultati sarebbero questi: il pubblico giovane è cresciuto negli ultimi dieci anni (ma non sarà forse per il fatto che la Scala fa spettacoli per ragazzi, ed apre le sue porte, nelle grandi occasioni, al pubblico di studenti, mentre il pubblico 'normale' è cambiato assai poco?) ; è cresciuto anche il pubblico che viene da fuori Milano ed anche da fuori Italia; la Scala è considerata come il monte Everest che tutti vorrebbero scalare anche quelli che non ci hanno mai pensato; che la Scala è vista soprattutto come il teatro della grande tradizione operistica italiana ed anche qualche altra cosetta.
L'indagine non dice che in questi giorni è entrato come socio fondatore Del Vecchio, il patron di Luxottica e che Squinzi, l'uomo Mapei, già a capo della Confindustria, è entrato nel CdA della Scala; questo lo fa sapere la Scala, negli stessi giorni in cui diffonde i meravigliosi risultati dell'indagine Makno.
Qualche giornale ha fatto notare che lo svecchiamento del pubblico non viaggia di pari passo con l'interesse per il nuovo, perché la Scala resta pur sempre, nella considerazione generale, lo scrigno della tradizione italiana. E questo ha scocciato parecchio al giornalista che lo annotava, perché il pubblico giovane avrebbe dovuto voler dire anche opere nuove.
A poca distanza dall'esito dell'indagine Makno, un altro giornale aveva fatto la sua indagine 'casereccia', titolando 'Stregati dalla musica classica', fornendo dati strampalati, frutto di sciatteria, e cantando vittoria prima che l'esercito nemico, l'esercito dell'indifferenza e della cattiva amministrazione, sia stato sconfitto.
A sostegno del forzato bollettino della vittoria, che serviva anche per dare ad intendere che anche gli altri teatri non sono da meno, le solite dichiarazioni del sovrintendente romano che canta vittoria perché nel suo teatro - teatro d'opera!!! - arrivano Bellocchio, Barberio Corsetti e la Fura dels Baus ( ma che si sono messi a cantare pure loro?) - e l'operazione 'Opera camion che ha rivoluzionato il modo di ascoltare l'opera - non più in teatro, ma a due passi da casa e all'aperto, ma solo con la buona stagione - e con un contenimento del costo dei biglietti.
Indagini più che di fatti di buone intenzioni come quella emersa dall'indagine Makno, relativa a coloro che alla Scala non sono mai stati, ma che andarci è in cima ai loro desideri (che aspettano?) e che servono semmai a mettere sull'avviso il governo che minaccia sfracelli legislativi per i teatri d'opera.
Tutto questo chiasso ci ha fatto venire in mente un famoso convegno ospitato in Campidoglio, a metà degli anni Ottanta. Organizzato dal CIDIM del barone Agnello, vi parteciparono molti illustri esponenti del mondo musicale da Fontana alla Belgeri, da Bussotti a Mimma Guastoni, allora a capo di Ricordi ecc... Partecipammo, invitati, anche noi che allora dirigevamo il mensile 'Piano Time'.
Nella sala scese il gelo quando intervenendo, non senza qualche timore, dicemmo coram populo, che tutto quel chiasso - il chiasso del convegno - serviva in realtà al barone Agnello, che l'aveva organizzato, per vantare meriti nei confronti del Ministero, al quale si apprestava a chiedere finanziamenti più cospicui . Il barone, assai imbarazzato, rispondendo alle nostre osservazione, non seppe che sbatterci in faccia tutti i meriti, infiniti, della sua carriera di operatore musicale, fra i quali quelli del CIDIM, per il quale chiedeva più soldi, erano i meno importanti. Più tardi il barone Agnello riconobbe che quel che avevamo detto era la pura verità, o quasi, anche se non opportuna.
Certamente non è così per la Scala che vanta meriti in gran quantità. Ma, chissà perchè, l'indagine recente della Makno commissionata dal Teatro alla Scala, che gongola per l'ingresso nel suo CdA di nomi e soldi pesanti, riguardante il suo pubblico ed altre cosette, ci ha fatto venire in mente quel famoso, famigerato convegno!
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Rai5: arrogante e sciatta - accusa REPUBBLICA
Senza essere nella testa di Pasquale D'Alessandro, a capo di Rai 5, il cui compenso è superiore a quello previsto dalla legge - e solo per questo dovrebbe essere più di altri all'altezza del compito - possiamo immaginare che oggi sia stato per lui un brutto risveglio, quando ha letto, o gli hanno telefonato per leggergli, ciò che su Repubblica di oggi, Siegmund Ginzberg, ha scritto della sua rete, accusandola di sciatteria, arroganza, mancanza di professionalità. L'accusa coinvolge direttamente anche la direttrice di Rai Cultura, Silvia Calandrelli, della quale neppure i radar segnalano la presenza negli ultimi mesi.
Ginzberg se la prende con D'Alessandro, a causa di un'opera trasmessa ieri sulla rete cosiddetta 'culturale' della Rai, che doveva costituire un ricordo di Daniela Dessì. Il titolo in questione era l'Adriana Lecouvreur che la Dessì aveva inciso e registrato divinamente alla Scala , in uno spettacolo di molti anni fa - che anche noi di 'All'Opera!' avevamo incluso in uno dei cicli annuali della bella trasmissione che D'Alessandro e la superdirettrice Calandrelli, ignorano volutamente; mentre potrebbe forse far risalire i tragici livelli di ascolto della rete.
Insomma per ricordare la Dessì, accusa Ginzberg, Rai 5 trasmette una Adriana con Mirella Freni: questioni di diritti? l'hanno cercata all'ultimo minuto? hanno pensato che un titolo caro alla defunta soprano bastava a ricordarla? Siamo nel pianeta degli sciatti, incapaci ed arroganti. L'articolo di Repubblica aggiunge anche altri particolari che rendono poco accattivanti i programmi di Rai5.
Ma nella testa di D'Alessandro e forse anche della Calandrelli potrebbe aver fatto capolino anche un cattivo pensiero: ma come si permettono quelli di Repubblica a criticarci, dopo che in Rai abbiamo preso tanta gente della redazione del giornale ed anche molti collaboratori, anche quando sono ormai cotti, per età? E chissà che tale cattivo pensiero non abbia anche cercato uno sbocco telefonico immediato con via Cristoforo Colombo, a Roma.
Il fatto è che a Rai 5 si vede che la programmazione ed il palinsesto generale è fatto alla giornata; si naviga a vista, alla creazione di appuntamenti fissi ha collaborato fin dall'inizio Michele Dall'Ongaro più interessato alle sorti sue che a quelle della rete, e che ci ha infilato dentro amici e fedelissimi con il consenso della direzione che non sapeva che pesci prendere, incapace, per totale incompetenza, di mettere su una rete culturale. E perciò non fa che trasmettere a piene mani dal grande magazzino Rai, e poi registra qualche cosa, ma sempre con grande attenzione a questo ed a quello, mai al valore dell'oggetto della ripresa.
Poi ogni tanto, quasi non bastassero gli abituali danni giornalieri, c'è qualche botta di genio, come l'aver affidato tutte le dirette 'classiche' della rete ( opera e concerto) a Bernardini, quello che chiacchiera in tv di televisione e che ora - come lui stesso impunemente ha dichiarato - può finalmente tornare al suo grande amore di gioventù, la musica. Che era quella leggera, che D'Alessandro e la Calandrelli, hanno dichiarato in duetto: questa (leggera) o quella (pesante) per noi pari sono.
E così Bernardini che abbiamo visto tragicamente all'opera in occasione dell'inaugurazione della stagione di Santa Cecilia, dovremo sorbircelo ora anche domenica prossima per il Tristano dall'Opera di Roma e, il prossimo sant'Ambrogio, da Milano per Butterfly alla Scala. E chissà quante altre volte ancora.
P.S. Oggi, dalle pagine di Repubblica che ieri l'aveva rimproverata aspramente accusandola di sciatteria e di arroganza, Rai Cultura , in nome e per conto di Rai 5, s'è scusata ammettendo l'errore relativo al ricordo di Daniela Dessì, precisando che il ricordo della celebre soprano verrà fatta il prossimo 4 dicembre, con la messa in onda della 'sua' Adriana, dalla Scala. Anzi, è apprezzabile che Rai Cultura abbia sentito il dovere di scusarsi; in altri tempi se ne sarebbe fottuta bellamente.
Resta però, oltre l'errore ammesso, la sciatteria della rete culturale della Rai, ma anche la sua mancanza assoluta di professionalità, cui corrisponde il sostegno, immancabile in simili casi, di arroganza, anch'essa rimproverata dal giornalista di Repubblica a Rai Cultura.
Ginzberg se la prende con D'Alessandro, a causa di un'opera trasmessa ieri sulla rete cosiddetta 'culturale' della Rai, che doveva costituire un ricordo di Daniela Dessì. Il titolo in questione era l'Adriana Lecouvreur che la Dessì aveva inciso e registrato divinamente alla Scala , in uno spettacolo di molti anni fa - che anche noi di 'All'Opera!' avevamo incluso in uno dei cicli annuali della bella trasmissione che D'Alessandro e la superdirettrice Calandrelli, ignorano volutamente; mentre potrebbe forse far risalire i tragici livelli di ascolto della rete.
Insomma per ricordare la Dessì, accusa Ginzberg, Rai 5 trasmette una Adriana con Mirella Freni: questioni di diritti? l'hanno cercata all'ultimo minuto? hanno pensato che un titolo caro alla defunta soprano bastava a ricordarla? Siamo nel pianeta degli sciatti, incapaci ed arroganti. L'articolo di Repubblica aggiunge anche altri particolari che rendono poco accattivanti i programmi di Rai5.
Ma nella testa di D'Alessandro e forse anche della Calandrelli potrebbe aver fatto capolino anche un cattivo pensiero: ma come si permettono quelli di Repubblica a criticarci, dopo che in Rai abbiamo preso tanta gente della redazione del giornale ed anche molti collaboratori, anche quando sono ormai cotti, per età? E chissà che tale cattivo pensiero non abbia anche cercato uno sbocco telefonico immediato con via Cristoforo Colombo, a Roma.
Il fatto è che a Rai 5 si vede che la programmazione ed il palinsesto generale è fatto alla giornata; si naviga a vista, alla creazione di appuntamenti fissi ha collaborato fin dall'inizio Michele Dall'Ongaro più interessato alle sorti sue che a quelle della rete, e che ci ha infilato dentro amici e fedelissimi con il consenso della direzione che non sapeva che pesci prendere, incapace, per totale incompetenza, di mettere su una rete culturale. E perciò non fa che trasmettere a piene mani dal grande magazzino Rai, e poi registra qualche cosa, ma sempre con grande attenzione a questo ed a quello, mai al valore dell'oggetto della ripresa.
Poi ogni tanto, quasi non bastassero gli abituali danni giornalieri, c'è qualche botta di genio, come l'aver affidato tutte le dirette 'classiche' della rete ( opera e concerto) a Bernardini, quello che chiacchiera in tv di televisione e che ora - come lui stesso impunemente ha dichiarato - può finalmente tornare al suo grande amore di gioventù, la musica. Che era quella leggera, che D'Alessandro e la Calandrelli, hanno dichiarato in duetto: questa (leggera) o quella (pesante) per noi pari sono.
E così Bernardini che abbiamo visto tragicamente all'opera in occasione dell'inaugurazione della stagione di Santa Cecilia, dovremo sorbircelo ora anche domenica prossima per il Tristano dall'Opera di Roma e, il prossimo sant'Ambrogio, da Milano per Butterfly alla Scala. E chissà quante altre volte ancora.
P.S. Oggi, dalle pagine di Repubblica che ieri l'aveva rimproverata aspramente accusandola di sciatteria e di arroganza, Rai Cultura , in nome e per conto di Rai 5, s'è scusata ammettendo l'errore relativo al ricordo di Daniela Dessì, precisando che il ricordo della celebre soprano verrà fatta il prossimo 4 dicembre, con la messa in onda della 'sua' Adriana, dalla Scala. Anzi, è apprezzabile che Rai Cultura abbia sentito il dovere di scusarsi; in altri tempi se ne sarebbe fottuta bellamente.
Resta però, oltre l'errore ammesso, la sciatteria della rete culturale della Rai, ma anche la sua mancanza assoluta di professionalità, cui corrisponde il sostegno, immancabile in simili casi, di arroganza, anch'essa rimproverata dal giornalista di Repubblica a Rai Cultura.
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domenica 20 novembre 2016
Valerio Toniolo di BUONACULTURA vuol fare OTTIMIAFFARI all'Auditorium della Conciliazione
Valerio Toniolo, manager culturale di successo, quarantenne, fondatore dell'associazione 'Buona Cultura', i cui interessi lambiscono anche il Giubileo della Misericordia ( l'Auditorium è di proprietà del Vaticano!), optato nelle Commissioni centrali ( musica, danza, teatro) del Ministero, dove passa da una all'altra con grande nonchalance e non altrettanta competenza, ai vertici dell'Agis di Fontana, sembra aver ridato nuova vita all'Auditorium della Conciliazione, che gestisce attraverso la soc. 'I Borghi' passata già due volte di mano: dai Cesa a Carducci e Toniolo. E che, nell'interregno, è stato tenuto aperto dai finanziamenti della Polverini e Marrazzo che l'avevano eletto a sede di rappresentanza della Regione Lazio, dopo che era stato restaurato con i soldi di ARCUS: e già questa sfilza di nomi rende chiarissimi gli intrecci politici del suddetto auditorium e dei suoi amministratori. Tutte cose note, che si sono lette più d'una volta sui giornali, dunque nulla di nuovo.
L'auditorium, che ha ospitato per anni, dopo l'abbandono dell'Accademia di Santa Cecilia, all'inizio degli anni Duemila, i concerti sinfonici del m. Francesco La Vecchia - fondatore a Roma di un'orchestra ed anche di un'accademia, ma del quale si sono perse le tracce, dopo la chiusura dell'orchestra, a causa del mancato finanziamento da parte della Fondazione bancaria che l'aveva voluta in vita - ora funziona come l'Auditorium ' Parco della Musica', quello diretto per un decennio da Fuortes, ospita cioè spettacoli e manifestazioni di ogni genere ( lo abbiamo riconosciuto anche nello spettacolo di Rai1 'Prodigi' trasmesso proprio ieri sera ; già, perchè la Rai non ha sedi prestigiose nelle quali ospitare le sue produzioni!!!) che offre al suo pubblico a prezzi veramente accattivanti- leggi: esorbitanti, eccessivi, ingiustificati.
Ad esempio, all'inizio di dicembre, è in programma la proiezione di Harry Potter, con la musica eseguita dal vivo da un'orchestra di cui consociamo il nome ' Orchestra italiana del cinema' , ma non il suo organico stabile e che sappiamo lavora negli studi di registrazione cinematografica, ospitati a Roma, a Piazza Euclide.
La proiezione di un film celebre, con l'esecuzione della musica dal vivo, non è fatto nuovo, e nel tempo era stata giustificata per 'insonorizzare' la proiezione di film muti, o per far ascoltare la colonna sonora opportunamente ritrascritta, restaurata e rieseguita.
L'ha fatto nella passata stagione, a Roma, anche Santa Cecilia, offrendo al pubblico tale singolare riproposta - di cui sinceramente non capiamo le ragioni di opportunità - ma a prezzi calmierati, come del resto lo sono in genere i prezzi di tutti i concerti di stagione, che ospitano regolarmente star della musica.
Per l'Harry Potter alla Conciliazione, con musica eseguita dal vivo, uno spettacolo che ha come pubblico privilegiato quelli dei piccoli, l'Auditorium di Toniolo propone prezzi esorbitanti, preavvertendo che anche i bambini pagano prezzo pieno, e che qualche sconto è concesso a chi ha più di 65 anni, o a gruppi famigliari con non meno di 4 persone.
Allora calcoliamo che due genitori vogliamo portare il proprio figlio a rivedere quel film - al bambino poco importa che la musica venga eseguita dal vivo, ed ancor meno importa la qualità dell'esecuzione (che non è garantita; sotto la direzione dell' americano, Justin Freer, fondatore di una società di nome 'Cine Concert'- si vede che la cosa tira! - e con il quale ai possessori dei biglietti più costosi promette anche un incontro!) - se acquistano i biglietti più popolari devono tirar fuori dal portafoglio Euro 149,00, perché i biglietti più popolari costano 43,00 Euro e le poltronissime 188,00, insomma più di quanto non costassero i biglietti dei passati analoghi concerti dell'Accademia di Santa Cecilia, e quasi allo steso livello dei costi dei biglietti del Teatro dell'Opera - e l'opera è ben altra cosa.
Inutile fare i conti in tasca a quelli che i soldi ce l'hanno ma noi li facciamo comunque. Se decidono di andare alla Conciliazione di Toniolo, quello della 'BuonaCultura', per guardarsi un film ed ascoltare la colonna sonora suonata dal vivo, devono tirar fuori quasi 600,00 Euro. Non è troppo per un film, anche se proiettato in 3D.
P.S. Al fine di essere completi nell'informazione facciamo presente che i prezzi dei biglietti sia al Teatro dell'Opera che all'Accademia di Santa Cecilia sono di gran lunga inferiori a quelli richiesti da Toniolo per vedere un film, pur con la colonna sonora eseguita dal vivo, nell'Auditorium della Conciliazione.
- Teatro dell'Opera. da 23 a 160 Auro ( per le 'prime'), da 17 a 115 Euro per tutte le altre recite;
- Accademia di Santa Cecilia: da 19 a 52 Euro per la stagione sinfonica, per quella da camera ancora meno.
E allora i 43 Euro di un biglietto di ultima fila , o i 188,00 Euro per una poltronissima dell'Auditorium della Conciliazione, non vi sembrano un furto?
L'auditorium, che ha ospitato per anni, dopo l'abbandono dell'Accademia di Santa Cecilia, all'inizio degli anni Duemila, i concerti sinfonici del m. Francesco La Vecchia - fondatore a Roma di un'orchestra ed anche di un'accademia, ma del quale si sono perse le tracce, dopo la chiusura dell'orchestra, a causa del mancato finanziamento da parte della Fondazione bancaria che l'aveva voluta in vita - ora funziona come l'Auditorium ' Parco della Musica', quello diretto per un decennio da Fuortes, ospita cioè spettacoli e manifestazioni di ogni genere ( lo abbiamo riconosciuto anche nello spettacolo di Rai1 'Prodigi' trasmesso proprio ieri sera ; già, perchè la Rai non ha sedi prestigiose nelle quali ospitare le sue produzioni!!!) che offre al suo pubblico a prezzi veramente accattivanti- leggi: esorbitanti, eccessivi, ingiustificati.
Ad esempio, all'inizio di dicembre, è in programma la proiezione di Harry Potter, con la musica eseguita dal vivo da un'orchestra di cui consociamo il nome ' Orchestra italiana del cinema' , ma non il suo organico stabile e che sappiamo lavora negli studi di registrazione cinematografica, ospitati a Roma, a Piazza Euclide.
La proiezione di un film celebre, con l'esecuzione della musica dal vivo, non è fatto nuovo, e nel tempo era stata giustificata per 'insonorizzare' la proiezione di film muti, o per far ascoltare la colonna sonora opportunamente ritrascritta, restaurata e rieseguita.
L'ha fatto nella passata stagione, a Roma, anche Santa Cecilia, offrendo al pubblico tale singolare riproposta - di cui sinceramente non capiamo le ragioni di opportunità - ma a prezzi calmierati, come del resto lo sono in genere i prezzi di tutti i concerti di stagione, che ospitano regolarmente star della musica.
Per l'Harry Potter alla Conciliazione, con musica eseguita dal vivo, uno spettacolo che ha come pubblico privilegiato quelli dei piccoli, l'Auditorium di Toniolo propone prezzi esorbitanti, preavvertendo che anche i bambini pagano prezzo pieno, e che qualche sconto è concesso a chi ha più di 65 anni, o a gruppi famigliari con non meno di 4 persone.
Allora calcoliamo che due genitori vogliamo portare il proprio figlio a rivedere quel film - al bambino poco importa che la musica venga eseguita dal vivo, ed ancor meno importa la qualità dell'esecuzione (che non è garantita; sotto la direzione dell' americano, Justin Freer, fondatore di una società di nome 'Cine Concert'- si vede che la cosa tira! - e con il quale ai possessori dei biglietti più costosi promette anche un incontro!) - se acquistano i biglietti più popolari devono tirar fuori dal portafoglio Euro 149,00, perché i biglietti più popolari costano 43,00 Euro e le poltronissime 188,00, insomma più di quanto non costassero i biglietti dei passati analoghi concerti dell'Accademia di Santa Cecilia, e quasi allo steso livello dei costi dei biglietti del Teatro dell'Opera - e l'opera è ben altra cosa.
Inutile fare i conti in tasca a quelli che i soldi ce l'hanno ma noi li facciamo comunque. Se decidono di andare alla Conciliazione di Toniolo, quello della 'BuonaCultura', per guardarsi un film ed ascoltare la colonna sonora suonata dal vivo, devono tirar fuori quasi 600,00 Euro. Non è troppo per un film, anche se proiettato in 3D.
P.S. Al fine di essere completi nell'informazione facciamo presente che i prezzi dei biglietti sia al Teatro dell'Opera che all'Accademia di Santa Cecilia sono di gran lunga inferiori a quelli richiesti da Toniolo per vedere un film, pur con la colonna sonora eseguita dal vivo, nell'Auditorium della Conciliazione.
- Teatro dell'Opera. da 23 a 160 Auro ( per le 'prime'), da 17 a 115 Euro per tutte le altre recite;
- Accademia di Santa Cecilia: da 19 a 52 Euro per la stagione sinfonica, per quella da camera ancora meno.
E allora i 43 Euro di un biglietto di ultima fila , o i 188,00 Euro per una poltronissima dell'Auditorium della Conciliazione, non vi sembrano un furto?
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mercoledì 16 novembre 2016
Bob Dylan e il Nobel: prima senza parole ed ora senza vergogna
Come definire Bob Dylan, il beniamino dei contestatori che gli svedesi del Nobel hanno voluto incoronare, attribuendogli, fra molte contestazioni, il premio per la letteratura, se non un grande maleducato, doppiamente tale?
Quando si è diffusa la notizia del suo Nobel, per una quindicina di giorni successivi, s'è dato alla macchia, facendosi vedere in localacci di quarta categoria, dove ama molto spesso esibirsi, e rispondendo solo dopo un paio di settimane con frasi di circostanza ma idiote, come quella che la notizia del Nobel lo aveva lasciato senza parola, la quale cosa era accaduto anche a numerosissimi altri, dopo aver appreso la notizia - per cui il suo lungo silenzio.
A dargli del maleducato, ma anche a contestarne il Nobel c'era stata anche un'altra profetessa della contestazione, convertita, con l'età, alla buona educazione: Patty Smith.
Ora ha fatto sapere a Stoccolma, che lui il prossimo 10 dicembre non potrà ritirare il premio dalle mani del re di Svezia, perché ha altri impegni assunti precedentemente. E Stoccolma, per non subire per la seconda volta e sempre dalla stessa persona, ancora un inatteso ed immeritato affronto, s'è affrettata a dire che non è la prima volta che un premiato, per qualche ragione, non ritira personalmente il premio. Ma forse, anche Dylan il contestatore maleducato, farà ritirare da persona incaricata la consistente dote in denaro : 900.000 Euro.
Se volesse lavare questa doppia onta verso il Nobel e verso il mondo della letteratura che per il premio assegnato a Dylan s'è sentito quasi offeso, si decida a devolvere interamente quella bella somma ad una causa umanitaria.
Ma forse la sua maleducazione non si spingerà fino a quel punto.
P.S. E infatti ha fatto sapere agli organizzatori del Nobel che il prossimo anno, a primavera, sarà a Stoccolma per un concerto e nell'occasione ritirerà il premio e i 900.000 Euro che costituiscono la sua, non indifferente, dotazione economica. Bravo Bob!
Quando si è diffusa la notizia del suo Nobel, per una quindicina di giorni successivi, s'è dato alla macchia, facendosi vedere in localacci di quarta categoria, dove ama molto spesso esibirsi, e rispondendo solo dopo un paio di settimane con frasi di circostanza ma idiote, come quella che la notizia del Nobel lo aveva lasciato senza parola, la quale cosa era accaduto anche a numerosissimi altri, dopo aver appreso la notizia - per cui il suo lungo silenzio.
A dargli del maleducato, ma anche a contestarne il Nobel c'era stata anche un'altra profetessa della contestazione, convertita, con l'età, alla buona educazione: Patty Smith.
Ora ha fatto sapere a Stoccolma, che lui il prossimo 10 dicembre non potrà ritirare il premio dalle mani del re di Svezia, perché ha altri impegni assunti precedentemente. E Stoccolma, per non subire per la seconda volta e sempre dalla stessa persona, ancora un inatteso ed immeritato affronto, s'è affrettata a dire che non è la prima volta che un premiato, per qualche ragione, non ritira personalmente il premio. Ma forse, anche Dylan il contestatore maleducato, farà ritirare da persona incaricata la consistente dote in denaro : 900.000 Euro.
Se volesse lavare questa doppia onta verso il Nobel e verso il mondo della letteratura che per il premio assegnato a Dylan s'è sentito quasi offeso, si decida a devolvere interamente quella bella somma ad una causa umanitaria.
Ma forse la sua maleducazione non si spingerà fino a quel punto.
P.S. E infatti ha fatto sapere agli organizzatori del Nobel che il prossimo anno, a primavera, sarà a Stoccolma per un concerto e nell'occasione ritirerà il premio e i 900.000 Euro che costituiscono la sua, non indifferente, dotazione economica. Bravo Bob!
All'elefantino del Bernini ( Roma, Piazza della Minerva) hanno spezzato una zanna
Sono trascorsi oltre quarant'anni da quel giorno in cui un pazzo, di nome Laszlo Toth, di origine ungherese ma residente in Australia, eludendo la vigilanza, si avventò con un martello, sfregiandola, contro la 'Pietà' di Michelangelo, gridando: Io sono Gesù Cristo e sono tornato!
A scorrere cronache molto recenti, alcune anche recentissime, ci sarebbe da dire che i pazzi son tornati, o che di pazzi è ancora pieno il mondo. Ed invece no.
I pazzi sono sempre sempre esistiti, ed alcuni di loro, ma rarissimamente, si avventano contro le opere dì'arte. Più frequentemente, invece, ad infliggere duri colpi al nostro patrimonio artistico sono dei vandali, dei barbari, e di essi , che non sono rinchiusi in manicomi e girano liberi, è pieno il mondo.
Fra gli esempi, più vicini a noi, lo sfregio alla 'Barcaccia' ancora a Roma, in Piazza di Spagna - manco a dire che ce l'hanno, novelli Borromini, con Bernini - recato da un gruppo di bestie ubriache, scappate dagli zoo olandesi, e l'amputazione di una zanna all'elefantino che in Piazza della Minerva a Roma, regge l'antico obelisco, ad opera non sappiamo ancora di chi, senz'altro di bestie di cui la polizia aiutandosi con le telecamere di sorveglianza, potrebbe individuare da quale zoo italiano od estero sono scappate.
E, nel frattempo, ferve il dibattito su come proteggere i nostri beni artistici dagli animali che circolano liberi e dagli incivili che credono di fare una bravata, di firmare una impresa, amputando la zanna di un innocuo ed indifeso elefantino.
Giusto come proteggerli? Franceschini si fa vivo con la sua ricetta: inasprire le pene! Bene,bravo! Ha anche detto che ha pronto un disegno di legge (lui non fa nulla in tempo, ma a chiacchiere non lo becchi mai in castagna!)
La Raggi, balbetta che per la sua amministrazione la tutela dei beni artistici è Vitale! Vitale chi?
E i vari critici d'arte, da Montanari ad altri - strenui difensori della libera circolazione delle bestie che però vanno ammansite ammaestrandole sulla bellezza delle opere d'arte - sostengono che ricette infallibili per proteggere le nostre opere d'arte non ve ne sono, e che l'unica veramente efficace è l'educazione alla bellezza, a cominciare dalla scuola. Ha ragione Montanari. Ma nel frattempo che si fa? Si assiste impassibili agli sfregi e si cercano sponsor per i successivi necessari restauri?
Nulla ci ha insegnato la lezione della Scalinata di Trinità dei Monti, fresca di restauri costosissimi e già nuovamente terreno di bivacchi e di oltraggi?
Cancellate! Cancellate! Se le bestie sono scappate dagli zoo, prima di riportarli nelle gabbie, proteggiamo con gabbie e cancellate - che qualche potere, seppur minimo, di dissuasione dovrebbero esercitarlo - i beni preziosi che ancora ci restano.
A scorrere cronache molto recenti, alcune anche recentissime, ci sarebbe da dire che i pazzi son tornati, o che di pazzi è ancora pieno il mondo. Ed invece no.
I pazzi sono sempre sempre esistiti, ed alcuni di loro, ma rarissimamente, si avventano contro le opere dì'arte. Più frequentemente, invece, ad infliggere duri colpi al nostro patrimonio artistico sono dei vandali, dei barbari, e di essi , che non sono rinchiusi in manicomi e girano liberi, è pieno il mondo.
Fra gli esempi, più vicini a noi, lo sfregio alla 'Barcaccia' ancora a Roma, in Piazza di Spagna - manco a dire che ce l'hanno, novelli Borromini, con Bernini - recato da un gruppo di bestie ubriache, scappate dagli zoo olandesi, e l'amputazione di una zanna all'elefantino che in Piazza della Minerva a Roma, regge l'antico obelisco, ad opera non sappiamo ancora di chi, senz'altro di bestie di cui la polizia aiutandosi con le telecamere di sorveglianza, potrebbe individuare da quale zoo italiano od estero sono scappate.
E, nel frattempo, ferve il dibattito su come proteggere i nostri beni artistici dagli animali che circolano liberi e dagli incivili che credono di fare una bravata, di firmare una impresa, amputando la zanna di un innocuo ed indifeso elefantino.
Giusto come proteggerli? Franceschini si fa vivo con la sua ricetta: inasprire le pene! Bene,bravo! Ha anche detto che ha pronto un disegno di legge (lui non fa nulla in tempo, ma a chiacchiere non lo becchi mai in castagna!)
La Raggi, balbetta che per la sua amministrazione la tutela dei beni artistici è Vitale! Vitale chi?
E i vari critici d'arte, da Montanari ad altri - strenui difensori della libera circolazione delle bestie che però vanno ammansite ammaestrandole sulla bellezza delle opere d'arte - sostengono che ricette infallibili per proteggere le nostre opere d'arte non ve ne sono, e che l'unica veramente efficace è l'educazione alla bellezza, a cominciare dalla scuola. Ha ragione Montanari. Ma nel frattempo che si fa? Si assiste impassibili agli sfregi e si cercano sponsor per i successivi necessari restauri?
Nulla ci ha insegnato la lezione della Scalinata di Trinità dei Monti, fresca di restauri costosissimi e già nuovamente terreno di bivacchi e di oltraggi?
Cancellate! Cancellate! Se le bestie sono scappate dagli zoo, prima di riportarli nelle gabbie, proteggiamo con gabbie e cancellate - che qualche potere, seppur minimo, di dissuasione dovrebbero esercitarlo - i beni preziosi che ancora ci restano.
lunedì 14 novembre 2016
Giacomo Puccini. Sonatore del Regno. Presentazione d'autore
L'editore fiorentino Clichy pubblica, nella collana degli 'elefantini', un volumetto di oltre 120 pagine, al prezzo popolare di 6.90 Euro. E' dedicato a Giacomo Puccini, è nient'altro che la sua biografia che si legge tutta d'un fiato - come è convinto l'editore ed anche l'autore - ma che tutta d'un fiato non è stata certamente scritta.
Si tratta - ve lo dice l'autore e dunque credetegli - di una biografia 'd'autore'. Nel senso che il volumetto colleziona brani tratti dall'epistolario del musicista, da testimonianze di amici e conoscenti (attentamente vagliati, per non mischiare grano ad erbacce fra le tante cresciute sulla sua fama ed i suoi vezzi) e da episodi che non sfuggirono, per l'importanza del personaggio, alla cronaca giornalistica, ripresi e rimessi in ordine cronologico per offrire di Puccini la storia della sua vita, dalla nascita alla morte e sepoltura.
Si parte dall'Atto di battesimo con la curiosa sfilza di nomi dati al neonato e che rappresenta l'eredità di tutta la sua famiglia (i primi quattro, dal trisnonno al padre), una specie di 'memento' del suo albero genealogico maschile, e si finisce con la prematura morte, avvenuta a Bruxelles, a causa di un tumore alla gola, alla sua temporanea sepoltura nella tomba della famiglia Toscanini e Milano - senza dimenticare gli attriti che ebbe con il maestro, che una volta definì perfino 'porco' - ed alla sepoltura definitiva nella amatissima 'Torre del Lago'.
E fra la nascita e morte, la ricca sfaccettata natura del musicista. Dagli anni di studio al Conservatorio di Milano ai primi successi e al suo riconoscimento mondiale.
Non mancano naturalmente gli episodi che ne mettono in luce il carattere di uomo semplice e timido, amante del quieto vivere, ma anche delle donne, delle macchine e dei motoscafi, delle dannate sigarette e della caccia, che assieme alla musica, fu la sua seconda dichiarata grande passione.
Non poteva sfuggire al cronista la tragica vicenda del suicidio della cameriera, costrettavi dalla gelosia e dalla accuse di sua moglie Elvira che per questo fu processata e condannata, evitandole però il carcere solo perché era la moglie di Puccini, il quale allungò alla famiglia della ragazza una consistente somma di denaro, per mitigare ( ritirare?) le accuse.
Fa capolino anche la sua disistima totale per la politica, e per i suoi organi di rappresentanza popolare, come anche il tentativo non riuscito da parte del regime fascista di arruolarlo nelle file del partito per vantarsene ( lui la tessera la prese, ma non la richiese mai; dovette accettarla, obtorto collo, per l'insistenza della moglie e della locale sezione; dunque falsa fu la dichiarazione ufficiale fatta da Mussolini, nello steso giorno della sua morte, quando tenne un discorso in Parlamento, per commemorare il grand'uomo, gloria italiana, 'fascista' senza volerlo).
C'è tutto Puccini in questa breve biografia? C'è abbastanza, quasi tutto, evitando accuratamente il pericolo, sempre in agguato, di farne una macchietta od una persona superficiale, quale non era. Certo manca qualcosa che gli amanti e cultori della musica potrebbero lamentare; ma che potranno però colmare con la loro amatoriale o professionale conoscenza. Manca la musica, che però è cosa ben nota a tutti ed è la ragione di questa biografia.
Il pregio di questa biografia, oltre l'indubbia qualità dei materiali scelti con cura e attenzione, è che si può leggerla ogni volta che si vuole, e più d'una volta, sempre senza fatica, fermandosi su qualunque fatto od aspetto che in essa vi compare, senza l'ansia di dover per forza continuare ed arrivare alla fine. Si può fare in ogni momento ed a più riprese, anche tornando sopra passaggi già scorsi, per una ulteriore riflessione, o per il semplice piacere della lettura.
Buona lettura. L'autore
Si tratta - ve lo dice l'autore e dunque credetegli - di una biografia 'd'autore'. Nel senso che il volumetto colleziona brani tratti dall'epistolario del musicista, da testimonianze di amici e conoscenti (attentamente vagliati, per non mischiare grano ad erbacce fra le tante cresciute sulla sua fama ed i suoi vezzi) e da episodi che non sfuggirono, per l'importanza del personaggio, alla cronaca giornalistica, ripresi e rimessi in ordine cronologico per offrire di Puccini la storia della sua vita, dalla nascita alla morte e sepoltura.
Si parte dall'Atto di battesimo con la curiosa sfilza di nomi dati al neonato e che rappresenta l'eredità di tutta la sua famiglia (i primi quattro, dal trisnonno al padre), una specie di 'memento' del suo albero genealogico maschile, e si finisce con la prematura morte, avvenuta a Bruxelles, a causa di un tumore alla gola, alla sua temporanea sepoltura nella tomba della famiglia Toscanini e Milano - senza dimenticare gli attriti che ebbe con il maestro, che una volta definì perfino 'porco' - ed alla sepoltura definitiva nella amatissima 'Torre del Lago'.
E fra la nascita e morte, la ricca sfaccettata natura del musicista. Dagli anni di studio al Conservatorio di Milano ai primi successi e al suo riconoscimento mondiale.
Non mancano naturalmente gli episodi che ne mettono in luce il carattere di uomo semplice e timido, amante del quieto vivere, ma anche delle donne, delle macchine e dei motoscafi, delle dannate sigarette e della caccia, che assieme alla musica, fu la sua seconda dichiarata grande passione.
Non poteva sfuggire al cronista la tragica vicenda del suicidio della cameriera, costrettavi dalla gelosia e dalla accuse di sua moglie Elvira che per questo fu processata e condannata, evitandole però il carcere solo perché era la moglie di Puccini, il quale allungò alla famiglia della ragazza una consistente somma di denaro, per mitigare ( ritirare?) le accuse.
Fa capolino anche la sua disistima totale per la politica, e per i suoi organi di rappresentanza popolare, come anche il tentativo non riuscito da parte del regime fascista di arruolarlo nelle file del partito per vantarsene ( lui la tessera la prese, ma non la richiese mai; dovette accettarla, obtorto collo, per l'insistenza della moglie e della locale sezione; dunque falsa fu la dichiarazione ufficiale fatta da Mussolini, nello steso giorno della sua morte, quando tenne un discorso in Parlamento, per commemorare il grand'uomo, gloria italiana, 'fascista' senza volerlo).
C'è tutto Puccini in questa breve biografia? C'è abbastanza, quasi tutto, evitando accuratamente il pericolo, sempre in agguato, di farne una macchietta od una persona superficiale, quale non era. Certo manca qualcosa che gli amanti e cultori della musica potrebbero lamentare; ma che potranno però colmare con la loro amatoriale o professionale conoscenza. Manca la musica, che però è cosa ben nota a tutti ed è la ragione di questa biografia.
Il pregio di questa biografia, oltre l'indubbia qualità dei materiali scelti con cura e attenzione, è che si può leggerla ogni volta che si vuole, e più d'una volta, sempre senza fatica, fermandosi su qualunque fatto od aspetto che in essa vi compare, senza l'ansia di dover per forza continuare ed arrivare alla fine. Si può fare in ogni momento ed a più riprese, anche tornando sopra passaggi già scorsi, per una ulteriore riflessione, o per il semplice piacere della lettura.
Buona lettura. L'autore
sabato 12 novembre 2016
RAGGI di follia che investono anche GRILLO
Oggi i giornali sono pieni di invettive contro la Raggi che sta lì immobile senza assumere mai decisioni, e, nello stesso tempo, delle sue più recenti inattese e folli e balzane decisioni, ancora solo proposte, che forse era meglio evitare.
L'assessore Berdini rispolvera l'idea della Funivia alla Magliana, e la Raggi quella della Formula E (Macchine da corsa elettriche) all'EUR, per i vantaggi dell'indotto ma soprattutto perchè non inquinano, dice la Raggi. Mamma mia che sensibilità ecologista! Naturalmente è tutto solo in mente Raggi, tutto da vedere, per ora si tratta di un insano pensier dal sen sfuggito. Proprio così, di concreto non c'è nulla .
Anche sull'altro fronte scottante di questi giorni, quello del restauro, della riapertura e del progetto artistico del Teatro Valle (sul quale Emilia Costantini del Corriere sta facendo una campagna battente giornliera), l'assessore alla Ri-Crescita culturale, Bergamo, mena come la sua sindaca il can per l'aia, nello stesso tempo in cui dichiara essere la riapertura dello storico teatro una priorità. Ci vogliono ancora mesi prima di definire ogni cosa e fare il bando per l'affidamento dei lavori; nel frattempo, il tetaro, chiuso da due anni, va sempre più in malora.
Ma l'uscita più esilarante l'ha fatta Grillo che forse in un museo non ci è mai più entrato dagli anni della scuola e dunque non ne conosce neanche l'ubicazione che ha invitato Papa Francesco a pagare al Comune di Roma l'affitto per i Musei Vaticani. A digiuno anche della più elementare geografia politica nazionale, nons a che i Musei Vaticani, opere custodite e sede inclusa, sono nello Stato della Città del Vaticano , ed esclusiva sua proprietà. Poi, spernacchiato, si è corretto, ma non per dire una cosa sensata, che avrebbe potuto anche dire.
E cioè che i Musei vaticani rendono allo Stato italiano quanto nessun altro museo italiano, per l'indotto procurato dal flusso giornaliero di visitatori. Senza che in cambio domandino nulla allo Stato italiano. Il quale non riesce ad imparare neanche quando il buon esempio è a portata di mano.
Infatti, proprio oggi, combinazione, il Corriere ( a firma Paolo Conti) presenta un volume in uscita, con la prefzione di Paolucci che dei Musei è il direttore, che racconta la cura con cui i capolavori vengono custoditi: con una manutenzione GIORNALIERA che evita ai Musei Vaticani interventi a posteriori per sanare i danni che la mancata manutenzione preventiva e giornaliera altrove - diciamo: nel resto d'Italia - procura.
Ecco per questo doppio favore - indotto e cura dei capolavori - Grillo avrebbe dovuto ringraziare il Vaticano, correggendo quella sua gaffe da analfabeta.
L'assessore Berdini rispolvera l'idea della Funivia alla Magliana, e la Raggi quella della Formula E (Macchine da corsa elettriche) all'EUR, per i vantaggi dell'indotto ma soprattutto perchè non inquinano, dice la Raggi. Mamma mia che sensibilità ecologista! Naturalmente è tutto solo in mente Raggi, tutto da vedere, per ora si tratta di un insano pensier dal sen sfuggito. Proprio così, di concreto non c'è nulla .
Anche sull'altro fronte scottante di questi giorni, quello del restauro, della riapertura e del progetto artistico del Teatro Valle (sul quale Emilia Costantini del Corriere sta facendo una campagna battente giornliera), l'assessore alla Ri-Crescita culturale, Bergamo, mena come la sua sindaca il can per l'aia, nello stesso tempo in cui dichiara essere la riapertura dello storico teatro una priorità. Ci vogliono ancora mesi prima di definire ogni cosa e fare il bando per l'affidamento dei lavori; nel frattempo, il tetaro, chiuso da due anni, va sempre più in malora.
Ma l'uscita più esilarante l'ha fatta Grillo che forse in un museo non ci è mai più entrato dagli anni della scuola e dunque non ne conosce neanche l'ubicazione che ha invitato Papa Francesco a pagare al Comune di Roma l'affitto per i Musei Vaticani. A digiuno anche della più elementare geografia politica nazionale, nons a che i Musei Vaticani, opere custodite e sede inclusa, sono nello Stato della Città del Vaticano , ed esclusiva sua proprietà. Poi, spernacchiato, si è corretto, ma non per dire una cosa sensata, che avrebbe potuto anche dire.
E cioè che i Musei vaticani rendono allo Stato italiano quanto nessun altro museo italiano, per l'indotto procurato dal flusso giornaliero di visitatori. Senza che in cambio domandino nulla allo Stato italiano. Il quale non riesce ad imparare neanche quando il buon esempio è a portata di mano.
Infatti, proprio oggi, combinazione, il Corriere ( a firma Paolo Conti) presenta un volume in uscita, con la prefzione di Paolucci che dei Musei è il direttore, che racconta la cura con cui i capolavori vengono custoditi: con una manutenzione GIORNALIERA che evita ai Musei Vaticani interventi a posteriori per sanare i danni che la mancata manutenzione preventiva e giornaliera altrove - diciamo: nel resto d'Italia - procura.
Ecco per questo doppio favore - indotto e cura dei capolavori - Grillo avrebbe dovuto ringraziare il Vaticano, correggendo quella sua gaffe da analfabeta.
venerdì 11 novembre 2016
POLO (non POLLO): il nuovo sovrintendente dell'Arena di Verona
Di Giuliano POLO, nuovo sovrintendente dell'Arena di Verona, che dovrebbe guidare la fondazione musicale 'a mezzi' con il commissario Carlo Fuortes, suo sponsor con Franceschini, sembrano tutti contenti, anzi lo sono. Si dichiarano tutti soddisfatti e spiegano: si vede che Renzi ha a cuore le sorti dell'Arena di Verona. L'unico che non si è fatto ancora sentire è Tosi, il sindaco che esce sconfitto da tutta la storia della Fondazione che presiedeva e dalla quale, momentaneamente, è stato estromesso, una volta sventate le sue manovre per rimettere in sella Girondini o per svendere la parte redditizia dell'Arena ( la stagione estiva, e lo spazio architettonico) a un paio di industriali veronesi.
Diciamo momentaneamente solo perchè fra non molti mesi, in primavera, a Verona ci saranno le votazioni e Tosi si ripresenterà - come si dice - oppure al suo posto candiderà la sua compagna, parlamentare leghista, aderente al movimento di Tosi. E allora le cose potrebbero nuovamente cambiare.
Allora, una volta avviata sulla strada del risanamento dei conti, la Fondazione veronese potrebbe disgraziatamente tornare sotto l'influenza di Tosi , andandosi di nuovo a cercare guai. Ma forse, anche dopo le votazioni comunali, qualora dovesse restare al potere Tosi o la sua compagna, che è la stessa cosa, Franceschini potrebbe allungare il tempo del commissariamento e lasciarvi lì come sovrintendente 'a mezzi' con il commissario, e sotto la vigilanza di Tartarotti/Turandot, POLO.
E' così isolato Tosi, nella questione Arena, il cui sfracello è stato evitato solo all'ultimo minuto, ma che, in qualche maniera, lui ha consentito, chiudendo gli occhi sull'amministrazione del suo delfino Girondini, il famoso perito agrario, che anche la Lega -per la resa dei conti e la faida interna al partito prima di Bossi ed ora di Salvini - plaude apertamente all'arrivo del nuovo sovrintendente, fatto prelevare a Franceschini dall'Accademia di Santa Cecilia, per ordine di Fuortes. E plaudono naturalmente tutti gli altri partiti, PD compreso.
Lo stesso PD, che a Verona plaude, e che a Bologna tace sulle possibili tragiche sorti del Teatro Comunale presieduto da Nicola Sani, che si è visto decurtare il finanziamento statale ed è alla ricerca disperata di soldi. Il Comune, PD, fa orecchie da mercante, ed il Teatro bolognese rischia di fare una brutta fine. La stessa che stava per fare Verona, evitata solo all'ultimo minuto.
P.S. Sul sito dell'ANFOLS, nella sezione STAMPA, che riproduce articoli riguardanti le fondazioni liriche - una rassegna stampa fornita all'Associazione di categoria delle Fondazioni liriche direttamente dall'AGIS di Carlo Fontana - nell'articolo riguardante la nomina del nuovo sovrintendente veronese, il cognome dell'interessato, POLO, viene storpiato in POLLO. Si tratterà di una svista alla quale non costerà molto rimediare, quanto prima; per non dare l'impressione che l'ANFOLS ritenga il nuovo sovrintendente un volatile che, partitosi da Roma, sia andato volontariamente a farsi spennare a Verona.
Diciamo momentaneamente solo perchè fra non molti mesi, in primavera, a Verona ci saranno le votazioni e Tosi si ripresenterà - come si dice - oppure al suo posto candiderà la sua compagna, parlamentare leghista, aderente al movimento di Tosi. E allora le cose potrebbero nuovamente cambiare.
Allora, una volta avviata sulla strada del risanamento dei conti, la Fondazione veronese potrebbe disgraziatamente tornare sotto l'influenza di Tosi , andandosi di nuovo a cercare guai. Ma forse, anche dopo le votazioni comunali, qualora dovesse restare al potere Tosi o la sua compagna, che è la stessa cosa, Franceschini potrebbe allungare il tempo del commissariamento e lasciarvi lì come sovrintendente 'a mezzi' con il commissario, e sotto la vigilanza di Tartarotti/Turandot, POLO.
E' così isolato Tosi, nella questione Arena, il cui sfracello è stato evitato solo all'ultimo minuto, ma che, in qualche maniera, lui ha consentito, chiudendo gli occhi sull'amministrazione del suo delfino Girondini, il famoso perito agrario, che anche la Lega -per la resa dei conti e la faida interna al partito prima di Bossi ed ora di Salvini - plaude apertamente all'arrivo del nuovo sovrintendente, fatto prelevare a Franceschini dall'Accademia di Santa Cecilia, per ordine di Fuortes. E plaudono naturalmente tutti gli altri partiti, PD compreso.
Lo stesso PD, che a Verona plaude, e che a Bologna tace sulle possibili tragiche sorti del Teatro Comunale presieduto da Nicola Sani, che si è visto decurtare il finanziamento statale ed è alla ricerca disperata di soldi. Il Comune, PD, fa orecchie da mercante, ed il Teatro bolognese rischia di fare una brutta fine. La stessa che stava per fare Verona, evitata solo all'ultimo minuto.
P.S. Sul sito dell'ANFOLS, nella sezione STAMPA, che riproduce articoli riguardanti le fondazioni liriche - una rassegna stampa fornita all'Associazione di categoria delle Fondazioni liriche direttamente dall'AGIS di Carlo Fontana - nell'articolo riguardante la nomina del nuovo sovrintendente veronese, il cognome dell'interessato, POLO, viene storpiato in POLLO. Si tratterà di una svista alla quale non costerà molto rimediare, quanto prima; per non dare l'impressione che l'ANFOLS ritenga il nuovo sovrintendente un volatile che, partitosi da Roma, sia andato volontariamente a farsi spennare a Verona.
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mercoledì 9 novembre 2016
Music@. Un editoriale d' addio
Scorrendo
i post di questo ormai lunghissimo blog, mi accorgo che vi è assente l'editoriale di commiato che scrissi esattamente tre anni fa, quando
abbandonai la direzione della rivista Music@, il cui ultimo numero affidato alla mia direzione, nonostante fosse già in tipografia, il nuovo direttore del
Consevatorio vietò che si pubblicasse, con un gesto incivile e reazionario.
Constatatane proprio oggi, a tre anni di distanza, tale assenza provvedo a rimediarvi con la sua
pubblicazione.
Con
questo numero (gennaio-febbraio 2014) lascio la direzione di Music@,
bimestrale edito dal Conservatorio ‘Casella’ dell’Aquila, dopo
37 numeri per complessive 1850 pagine dense, ricche, stimolanti. La
mia uscita dal giornale, che ho inventato e diretto per otto anni,
coincide con l’avvicendamento alla direzione del Conservatorio,
perché non sono un direttore per tutti i
direttori.
Al
termine di questa esperienza, a tratti faticosa per la tragedia del
terremoto aquilano, ma sempre e comunque esaltante, ringrazio tutti i
collaboratori, illustri, che hanno aderito alle mie richieste con
slancio e senza porre mai condizioni, facendo diventare Music@ una
delle più belle riviste musicali; e, se non la più bella in
assoluto, la più libera, originale e critica.
Ringrazio,
naturalmente, anche tutti i nostri fedeli lettori che non ci hanno
fatto mancare, in molte occasioni, il loro sincero apprezzamento.
Ringrazio,
poi, il direttore uscente del Conservatorio, m. Bruno Carioti che ha
sostenuto
la rivista dal primo numero (maggio 2006, n.zero) che pensavamo
dovesse restare unico, e che, invece, è stato il primo della lunga
serie.
Ringrazio,
infine, più di tutti, gli studenti del nostro Conservatorio -
intitolato ad un geniale innovatore, come fu a suo modo ‘Alfredo
Casella’- ai quali era principalmente rivolto il laboratorio di
studio e pratica della comunicazione musicale rappresentato da
Music@, e che hanno lavorato con entusiasmo ed impegno.
Gli
studenti, voglio ringraziarli anche per gli straordinari anni di vita
professionale che con loro ho vissuto. Music@ forse mi mancherà
un
pò, ma gli studenti mi mancheranno certamente molto.
Non
credo di dover ringraziare nessun altro, a causa di Music@; a
pensarci bene, forse dovrei ringraziare, un po’, anche me stesso.
Pietro
Acquafredda
Donald Trump come Virginia Raggi, anche se l'America non è Roma. Ma Roma ha il Colosseo che l' America non ha ed ha solo la Casa Bianca
Sì, certo, come si fa a paragonare un magnate dell'industria americana, come Trump, fresco d'elezione a presidente degli Stati Uniti - che Carlo De benedetti ha definito qualche minuto fa a La7, un imbroglione, la cui ricchezza si aggirerebbe intorno a qualche centinaio di milioni di dollari, due o tre, mentre lui parla di miliardi, confondendo ricchezza con debito - a Virginia Raggi, giovane avvocato praticante presso uno studio romano, che improvvisamente sale al Campidoglio, con consenso larghissimo, per ragioni simili a quelle che in America hanno fatto bocciare la Clinton e spianato a lui la strada alla Casa Bianca?
Nonostante le enormi differenze fra i due, le ragioni che hanno portato ambedue al successo elettorale sono le medesime, e cioè le conseguenze della globalizzazione e della massiccia tecnologia che hanno - con il loro combinato disposto - fatto perdere il lavoro a milioni di persone e creato un esercito di nuovi poveri; e la bocciatura delle nomenclatura politica. Mentre l'establishment e i grandi mezzi di comunicazione non hanno né previsto né capito il fenomeno ed hanno dato in ambedue i casi per vincitori coloro i quali dalle elezioni sono usciti sconfitti.
Dunque sono forti e numerosi i punti in comune dei due. Assai meno di quelli che avvicinerebbero Trump a Berlusconi, nonostante il rispettivo codazzo di 'nani e ballerine'.
E, per Trump, solo per lui, sono molte le preoccupazioni soprattutto in politica estera; oltre quelle di politica economica, nonostante le promesse fatte in campagna elettorale.
E ancora, Trump è molto simile alla Raggi perché ad ambedue la vittoria schiacciante ed imprevista alle elezioni ha portato in dote anche le Camere al primo, ed il Coniglio comunale al secondo, in cui hanno la maggioranza. Dunque possono 'FARE' quello che vogliono.
Ma su ambedue pende una grande pesantissima incognita: cosa vogliono fare, al di là delle promesse della campagna elettorale, e con quale squadra.
Trump, che certamente non credeva ce l'avrebbe fatta - a differenza della Raggi che molti davano per vincitrice - non ha ancora pronta neppure approssimativamente la sua squadra (neanche le pedine più importanti :segretario di stato, ministro del tesoro) che è importante per la guida di un grande paese quasi quanto lo stesso presidente.
Esattamente come la Raggi che pur essendo risultata vittoriosa alle elezioni di giugno , non ha ancora una squadra completa e perde ancora oggi, ogni giorno, qualche pezzo.
Tale assenza, nell'uno come nell'altro caso, può pregiudicare - come sta già accadendo a Roma, e potrebbe accadere anche a Washington, se Trump non si muove e non sceglie una squadra di professionisti che lavorino con lui, debuttante in politica e al governo di un paese - sia l'azione che il buon nome di ambedue.
Le idee su ciò che va fatto deve chiarirsele prima di insediarsi ufficialmente; quando sarà alla Casa B ianca le idee dovrà averle già chiare, avendogliele chiarite bene la sua squadra, con la quale dovrà anche mettere a punto gli obiettivi immediati e remoti della sua presidenza.
L'esempio della Raggi - anche se Roma non è Washington - dovrebbe servirgli di esempio, per non finire a tacere, come Lei continua a fare, di fronte alla mole di problemi, perché non sa che pesci prendere.
Nonostante le enormi differenze fra i due, le ragioni che hanno portato ambedue al successo elettorale sono le medesime, e cioè le conseguenze della globalizzazione e della massiccia tecnologia che hanno - con il loro combinato disposto - fatto perdere il lavoro a milioni di persone e creato un esercito di nuovi poveri; e la bocciatura delle nomenclatura politica. Mentre l'establishment e i grandi mezzi di comunicazione non hanno né previsto né capito il fenomeno ed hanno dato in ambedue i casi per vincitori coloro i quali dalle elezioni sono usciti sconfitti.
Dunque sono forti e numerosi i punti in comune dei due. Assai meno di quelli che avvicinerebbero Trump a Berlusconi, nonostante il rispettivo codazzo di 'nani e ballerine'.
E, per Trump, solo per lui, sono molte le preoccupazioni soprattutto in politica estera; oltre quelle di politica economica, nonostante le promesse fatte in campagna elettorale.
E ancora, Trump è molto simile alla Raggi perché ad ambedue la vittoria schiacciante ed imprevista alle elezioni ha portato in dote anche le Camere al primo, ed il Coniglio comunale al secondo, in cui hanno la maggioranza. Dunque possono 'FARE' quello che vogliono.
Ma su ambedue pende una grande pesantissima incognita: cosa vogliono fare, al di là delle promesse della campagna elettorale, e con quale squadra.
Trump, che certamente non credeva ce l'avrebbe fatta - a differenza della Raggi che molti davano per vincitrice - non ha ancora pronta neppure approssimativamente la sua squadra (neanche le pedine più importanti :segretario di stato, ministro del tesoro) che è importante per la guida di un grande paese quasi quanto lo stesso presidente.
Esattamente come la Raggi che pur essendo risultata vittoriosa alle elezioni di giugno , non ha ancora una squadra completa e perde ancora oggi, ogni giorno, qualche pezzo.
Tale assenza, nell'uno come nell'altro caso, può pregiudicare - come sta già accadendo a Roma, e potrebbe accadere anche a Washington, se Trump non si muove e non sceglie una squadra di professionisti che lavorino con lui, debuttante in politica e al governo di un paese - sia l'azione che il buon nome di ambedue.
Le idee su ciò che va fatto deve chiarirsele prima di insediarsi ufficialmente; quando sarà alla Casa B ianca le idee dovrà averle già chiare, avendogliele chiarite bene la sua squadra, con la quale dovrà anche mettere a punto gli obiettivi immediati e remoti della sua presidenza.
L'esempio della Raggi - anche se Roma non è Washington - dovrebbe servirgli di esempio, per non finire a tacere, come Lei continua a fare, di fronte alla mole di problemi, perché non sa che pesci prendere.
Ennio Morricone in favore di Nuova Consonanza, il cui festival, però, serve a poco
"Auguro ai giovani
autori di continuare a comporre, e di poterlo fare con dignità, con
l'aiuto delle istituzioni. E credo che una manifestazione come questa
dovrebbe essere sostenuta di più dallo Stato". Con parole che
sono una speranza e un monito per il futuro, il Maestro Ennio
Morricone commenta con l'ANSA il valore inestimabile, "non solo
romano, ma nazionale" del Festival di Nuova Consonanza, la cui
53° edizione si svolgerà a Roma dal 12 novembre al 20 dicembre.
Morricone, socio fin dagli esordi di Nuova Consonanza, e fra i
protagonisti dello storico Gruppo di Improvvisazione attivo negli
anni '60 e '70, ha voluto dimostrare con la sua presenza l'affetto
nei confronti di una manifestazione in cui, partendo dalla musica, si
coltiva la scintilla della creatività contemporanea. Una creatività
dalla vocazione multidisciplinare, come si vede dal cartellone di
quest'anno, con oltre 20 appuntamenti tra concerti, teatro musicale,
performance, audio e video installazioni, premi e concorsi. Focus
dell'edizione 2016 la nuova generazione di compositori nati negli
anni '80, a cui sarà dedicato il concerto inaugurale del Festival:
obiettivo è creare un ponte tra loro e chi li ha preceduti
esattamente 100 anni prima, come per esempio Ottorino Respighi
(1879-1936) di cui cade l'80o anniversario della morte. Tra gli
ospiti anche Raiz, la voce degli Almamegretta, autore e protagonista
del progetto New Ghetto Songs, il duo di dj inglesi Demdike Stare che
rielabora dal vivo le registrazioni d'epoca inedite del Gruppo di
Improvvisazione, e Marcello Panni, con l'opera Hanjo, tratta
dall'omonimo No moderno di Yukio Mishima. Completano il programma
incontri e conferenze di approfondimento, a testimonianza di un
lavoro che si svolge non soltanto nei giorni del Festival, ma tutto
l'anno, e che dopo il progressivo taglio dei fondi pubblici di
Mibact, Regione e Comune, si regge in piedi con l'apporto volontario
di gran parte dello staff (in primis il presidente Lucio Gregoretti)
e con la sinergia con altre istituzioni culturali italiane.
Collaborazioni fondamentali, che si vedono anche nella scelta dei
luoghi 'sparsi' della manifestazione, dal Conservatorio di Santa
Cecilia ai teatri Palladium, Vascello e Centrale Preneste. Fulcro del
Festival il grande omaggio proprio a Morricone il 6 dicembre al
Macro, con la proposta al pubblico di alcune pagine della sua 'musica
assoluta'. Nel programma del concerto, anche i Tre scioperi,
composizione su testi di Pier Paolo Pasolini, e Se questo è un uomo,
su testo di Primo Levi. "Ai giovani che vogliono comporre dico
di studiare e rifare su di sé la storia della composizione per poter
poi essere liberi di inventare", dice il Premio Oscar,
affermando di "non poter dare altri consigli". Poi, offre
qualche aneddoto sulla carriera, ricordando gli inizi con le prime
colonne sonore, "in cui cercavo di abbandonare l'impostazione
del conservatorio. Ma poi con la musica impegnata non ho avuto
successo e allora ho cambiato strada". Infine quello che suona
quasi come un incredibile rammarico: "Avrei voluto portare al
cinema qualcosa di più contemporaneo. Non ci sono riuscito, forse ho
sbagliato".(ANSA).
'L'importante è avere un piano' di Bollani per Rai1. Vogliamo fare una scommessa con Campo Dall'Orto e Fabiano.
Da domani, e per sette settimane consecutive , in seconda serata, ore 23.35, su Rai 1, va in onda la nuova trasmissione di Bollani, 'L'importante è avere un piano'. "Per Rai 1 è una scommessa, infischiandocene dell'auditel", ha detto Fabiano, presentando la nuova trasmissione. La scommessa è duplice e riguarderebbe la rete - Rai 1, che 'non avrebbe mai fatto cose simili' - e il contenuto - non avrebbe cioè mai dedicato un simile spazio alla musica; alla cui efficacia 'televisiva' evidentemente non si crede. Questo è il pensiero della dirigenza Rai riguardo alla musica ed alla programmazione della rete ammiraglia.
Rischio calcolato, pensiamo, invece, noi, perchè il marchio Ballandi è garanzia di un certo stile ed anche della marmellata che mette la rete al riparo dal rischio 'colto'. Bollani, infatti, ospiterà numerosi interlocutori in grado di 'alleggerire' ciò che in tv e, in ditta Ballandi si ritiente 'pesante'.
E' già accaduto con la serata 'Bolle' - che è andata benissimo, ma in prima serata, con la danza protagonista, che la Siae assicura ha un seguito in Italia, e il 'bronzo di riace' in carne ed ossa, Bolle- per la quale noi avremmo eliminato buona parte del contorno, fuori luogo, senza nuocere alla riuscita tv della serata.
Bollani, eclettico e geniale pianista, grande affabulatore, inviterà, d'accordo con Ballandi, amici e conoscenti, ma soprattutto beniamini del pubblico e la serata filerà liscia, con l'avallo dell'auditel. Scommettiamo?
Sbaglia però Fabiano a dire che è la prima volta che Rai 1 rischia un'operazione che sembrerebbe destinata o a Rai 3 o addirittura alla riserva protetta di Rai 5.
Sbaglia perché si dimentica di 'All'Opera!' una famosa trasmissione che vide la partecipazione di Antonio Lubrano nelle vesti di narratore, che era dedicata ai grandi titoli del melodramma, a quelli più popolari ed amati, e che andò in onda per sei estati consecutive (10 puntate per volta), in seconda serata, proprio su Rai 1, dal 1999 al 2004, con ascolti che saremmo felici li avesse anche Bollani con la sua nuova avventura televisiva.
Anche Campo Dall'Orto ricorderà quella trasmissione, perchè all'indomani della decisione della Rai di cancellarla dal palinsesto - SENZA RAGIONE - una persona incaricata dal sottoscritto, che ne era il principale autore, e da Lubrano - incontrò il manager tv di quella che oggi è La7, e gli propose di continuare l'esperimento televisivo, assai riuscito. Ma Campo Dall'Orto non disponeva delle opere, come la Rai, che registrava, per contratto, alcune produzioni e, nella maggior parte dei casi, non sapeva dove e come trasmetterle, se non su Rai3, a beneficio dei pochi nottambuli. Di conseguenza,
'All'Opera!' offrì in quegli anni alla Rai l'occasione di non veder gettati dalla finestra i soldi che erano costate quelle registrazioni.
L'Opera, ed anche 'All'Opera!' successivamente, finì, per volontà dei dirigenti di allora, nella mani incompetenti di Marzullo, e fu la fine definitiva.
La riuscita che auguriamo a 'L'importante è avere un piano' , potrebbe convincere i dirigenti attuali a riprendere quell'esperimento operistico :'All'Opera!' ? SCOMMETTIAMO che sarebbe ancora una volta premiato SICURAMENTE dall'auditel?
P.S. Tanto per rinfrescare la memoria, 'Sostiene Bollani' , il precedente esperimento televisivo di Bollani, andato in onda su Rai 3, cinque anni fa, alla prima puntata fece il 5% di share con 440.000 telespettatori ; e fu la media della altre puntate.
'All'Opera!' non è mai scesa sotto l'8% di share, ma ha avuto anche punte del 14% ( per una Turandot, registrata all'Arena di Verona) ed aveva un pubblico da 800.000 a 1.200.000 circa .
Perchè allora non riprenderla?
P.P.S. La prima puntata della nuova trasmissione di Bollani - trainata da 'Un medico in famiglia' con Banfi - ha avuto 850.000 telespettatori, con uno share dell' 8,27%. Non male se dura, e comunque nella media degli ascolti di 'All'Opera!'. Sebbene quelli erano, in media, un pò più alti.
Rischio calcolato, pensiamo, invece, noi, perchè il marchio Ballandi è garanzia di un certo stile ed anche della marmellata che mette la rete al riparo dal rischio 'colto'. Bollani, infatti, ospiterà numerosi interlocutori in grado di 'alleggerire' ciò che in tv e, in ditta Ballandi si ritiente 'pesante'.
E' già accaduto con la serata 'Bolle' - che è andata benissimo, ma in prima serata, con la danza protagonista, che la Siae assicura ha un seguito in Italia, e il 'bronzo di riace' in carne ed ossa, Bolle- per la quale noi avremmo eliminato buona parte del contorno, fuori luogo, senza nuocere alla riuscita tv della serata.
Bollani, eclettico e geniale pianista, grande affabulatore, inviterà, d'accordo con Ballandi, amici e conoscenti, ma soprattutto beniamini del pubblico e la serata filerà liscia, con l'avallo dell'auditel. Scommettiamo?
Sbaglia però Fabiano a dire che è la prima volta che Rai 1 rischia un'operazione che sembrerebbe destinata o a Rai 3 o addirittura alla riserva protetta di Rai 5.
Sbaglia perché si dimentica di 'All'Opera!' una famosa trasmissione che vide la partecipazione di Antonio Lubrano nelle vesti di narratore, che era dedicata ai grandi titoli del melodramma, a quelli più popolari ed amati, e che andò in onda per sei estati consecutive (10 puntate per volta), in seconda serata, proprio su Rai 1, dal 1999 al 2004, con ascolti che saremmo felici li avesse anche Bollani con la sua nuova avventura televisiva.
Anche Campo Dall'Orto ricorderà quella trasmissione, perchè all'indomani della decisione della Rai di cancellarla dal palinsesto - SENZA RAGIONE - una persona incaricata dal sottoscritto, che ne era il principale autore, e da Lubrano - incontrò il manager tv di quella che oggi è La7, e gli propose di continuare l'esperimento televisivo, assai riuscito. Ma Campo Dall'Orto non disponeva delle opere, come la Rai, che registrava, per contratto, alcune produzioni e, nella maggior parte dei casi, non sapeva dove e come trasmetterle, se non su Rai3, a beneficio dei pochi nottambuli. Di conseguenza,
'All'Opera!' offrì in quegli anni alla Rai l'occasione di non veder gettati dalla finestra i soldi che erano costate quelle registrazioni.
L'Opera, ed anche 'All'Opera!' successivamente, finì, per volontà dei dirigenti di allora, nella mani incompetenti di Marzullo, e fu la fine definitiva.
La riuscita che auguriamo a 'L'importante è avere un piano' , potrebbe convincere i dirigenti attuali a riprendere quell'esperimento operistico :'All'Opera!' ? SCOMMETTIAMO che sarebbe ancora una volta premiato SICURAMENTE dall'auditel?
P.S. Tanto per rinfrescare la memoria, 'Sostiene Bollani' , il precedente esperimento televisivo di Bollani, andato in onda su Rai 3, cinque anni fa, alla prima puntata fece il 5% di share con 440.000 telespettatori ; e fu la media della altre puntate.
'All'Opera!' non è mai scesa sotto l'8% di share, ma ha avuto anche punte del 14% ( per una Turandot, registrata all'Arena di Verona) ed aveva un pubblico da 800.000 a 1.200.000 circa .
Perchè allora non riprenderla?
P.P.S. La prima puntata della nuova trasmissione di Bollani - trainata da 'Un medico in famiglia' con Banfi - ha avuto 850.000 telespettatori, con uno share dell' 8,27%. Non male se dura, e comunque nella media degli ascolti di 'All'Opera!'. Sebbene quelli erano, in media, un pò più alti.
All'Arena di Verona un sovrintendente 'irresponsabile', per volere di Fuortes
Grandi manovre all'ombra del colosseo della lirica mondiale, l'Arena di Verona. Il commissario nominato da Franceschini, prima dell'estate, con l'incarico di evitare il fallimento della Fondazione lirica veronese, Carlo Fuortes, avrebbe fatto il suo lavoro, fra i mugugni generali, specie per quei due mesi di chiusura della Fondazione e per il licenziamento del corpo di ballo. Certo contenti i lavoratori non sono, ma forse non c'era altra strada per evitare il fallimento - che mai e poi mai sarebbe potuto avvenire, diciamocelo con chiarezza. Forte e contento di tale risultato, il sindaco Tosi contava di ricostituire il CdI (Consiglio di Indirizzo) - così si chiama ora il vecchio Consiglio di Amministrazione delle Fondazioni liriche - e di rimettere in sella il perito agrario Girondini che lui aveva promosso sovrintendente, per meriti e competenze di militanza leghista, e che era all'origine del dissesto finanziario della fondazione che - non dimentichiamolo - vanta la platea più vasta del mondo, da tutti invidiata, ed anche la più grande emorragia di soldi pubblici per contentare parenti ed amici degli amici dell'ex perito agrario e del sindaco suo protettore.
In verità Tosi proponeva anche una seconda soluzione, un piano B, dopo il fallimento del piano A- che era quello di riportare Girondini in sella. Voleva cioè chiudere l'Arena e creare una nuova società per la sola stagione estiva, con soci privati attinti dal ricco milieu industriale della zona. E le prove generali le aveva fatte fare già da un pio d'anni dallo stesso Girondini, con la creazione della società 'Extra' che gestiva le attività 'in attivo' dell'Arena. La storia dell'Arena e la sua attività nel resto dell'anno Tosi le avrebbe mandate a farsi fottere volentieri e senza nessun rimpianto.
Una volta approntato il piano di risanamento, per poter far arrivare all'Arena i fondi previsti dalla legge Bray, il commissario Fuortes sarebbe potuto tornare a Roma a fare il sovrintendente all'Opera, anche per gestire il via vai di grandi registi cinematografici scritturati per le opere in cartellone.
E invece no, gli stessi lavoratori- 'cornuti e mazziati', si direbbe a Roma - avrebbero gradito la permanenza di Fuortes, perchè non si fidano di quelli che Tosi vorrebbe far rientrare dalla finestra in Arena. E così Fuortes ha avuto il suo commissariamento prolungato fino a marzo 2017, quando ci saranno le elezioni comunali a Verona, dove potrebbe candidarsi la compagna di Tosi e saremmo di nuovo 'punto e a capo' di una storia già vista, con la costituzione di un nuovo CdI, di nomina 'Tosi & famiglia'.
Ad affiancare già Girondini, a febbraio, e poi Fuortes è arrivata la principessina di casa Micheli, Francesca Tartarotti, prelevata dall'Opera di Firenze, direttamente da Renzi per premiare Tosi con il quale negli ultimi tempi sembrava essersi creato un feeling da sfruttare in futuro. Di lei si dice che se non funzionasse come amministratrice, potrebbe impersonare Turandot, la principessa di ghiaccio, come controfigura in Arena, la prossima estate, per via di quel suo sguardo irresistibile e fulminante nello stesso tempo..
Ma la stagione chi la fa? Chi scrittura gli artisti? Fuortes che non sa neanche distinguere un soprano da un basso? Anche per questo problema è pronta la soluzione; ed è lo stesso Fuortes a suggerirla, di gran fretta, a Franceschini, facendogli nominare sovrintendente Giuliano Polo, in forza all'Accademia di Santa Cecilia, sebbene ai conti dovrà pensarci sempre lui e la Tartarotti. E dunque un sovrintendente, al debutto in tale carica, che non deve fare il sovrintendente, ma il direttore artistico, e che però a sua volta non essendone capace (non l'ha mai fatto, anche se prima di fare l'amministratore faceva il musicista - ma fare il direttore artistico e in un teatro d'opera siamo convinti sia cosa ben diversa) si servirà di un assistente, Giampiero Sobrino, anch'egli musicista, che proviene dal Teatro Verdi di Salerno, feudo di De Luca, che appartiene al 'giglio magico' di Renzi. Ma al giglio magico allargato.
In verità Tosi proponeva anche una seconda soluzione, un piano B, dopo il fallimento del piano A- che era quello di riportare Girondini in sella. Voleva cioè chiudere l'Arena e creare una nuova società per la sola stagione estiva, con soci privati attinti dal ricco milieu industriale della zona. E le prove generali le aveva fatte fare già da un pio d'anni dallo stesso Girondini, con la creazione della società 'Extra' che gestiva le attività 'in attivo' dell'Arena. La storia dell'Arena e la sua attività nel resto dell'anno Tosi le avrebbe mandate a farsi fottere volentieri e senza nessun rimpianto.
Una volta approntato il piano di risanamento, per poter far arrivare all'Arena i fondi previsti dalla legge Bray, il commissario Fuortes sarebbe potuto tornare a Roma a fare il sovrintendente all'Opera, anche per gestire il via vai di grandi registi cinematografici scritturati per le opere in cartellone.
E invece no, gli stessi lavoratori- 'cornuti e mazziati', si direbbe a Roma - avrebbero gradito la permanenza di Fuortes, perchè non si fidano di quelli che Tosi vorrebbe far rientrare dalla finestra in Arena. E così Fuortes ha avuto il suo commissariamento prolungato fino a marzo 2017, quando ci saranno le elezioni comunali a Verona, dove potrebbe candidarsi la compagna di Tosi e saremmo di nuovo 'punto e a capo' di una storia già vista, con la costituzione di un nuovo CdI, di nomina 'Tosi & famiglia'.
Ad affiancare già Girondini, a febbraio, e poi Fuortes è arrivata la principessina di casa Micheli, Francesca Tartarotti, prelevata dall'Opera di Firenze, direttamente da Renzi per premiare Tosi con il quale negli ultimi tempi sembrava essersi creato un feeling da sfruttare in futuro. Di lei si dice che se non funzionasse come amministratrice, potrebbe impersonare Turandot, la principessa di ghiaccio, come controfigura in Arena, la prossima estate, per via di quel suo sguardo irresistibile e fulminante nello stesso tempo..
Ma la stagione chi la fa? Chi scrittura gli artisti? Fuortes che non sa neanche distinguere un soprano da un basso? Anche per questo problema è pronta la soluzione; ed è lo stesso Fuortes a suggerirla, di gran fretta, a Franceschini, facendogli nominare sovrintendente Giuliano Polo, in forza all'Accademia di Santa Cecilia, sebbene ai conti dovrà pensarci sempre lui e la Tartarotti. E dunque un sovrintendente, al debutto in tale carica, che non deve fare il sovrintendente, ma il direttore artistico, e che però a sua volta non essendone capace (non l'ha mai fatto, anche se prima di fare l'amministratore faceva il musicista - ma fare il direttore artistico e in un teatro d'opera siamo convinti sia cosa ben diversa) si servirà di un assistente, Giampiero Sobrino, anch'egli musicista, che proviene dal Teatro Verdi di Salerno, feudo di De Luca, che appartiene al 'giglio magico' di Renzi. Ma al giglio magico allargato.
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