Lui, il Uolter nazionale, in Parlamento non ci sta più, dopo svariate legislature, alcune esperienze come ministro, o al vertice del Comune. Ora ha cambiato vita e voltato pagina, ma non perchè sia andato a stabilirsi in Africa, come aveva promesso, nella soddisfazione popolare. Bensì installandosi in tv, ambiente che lui conosce molto bene per via di suo padre che fu a capo del primo telegiornale e, alla morte del quale, anche di sua madre, che per anni ne è stata funzionaria. Insomma una 'famiglia tv', come quella di Bernabei, che lui di fatto ricorda ed elogia.
Paolo Conti sul Corriere lo ha intervistato per fargli parlare di questa ulteriore svolta, dopo l'insuccesso del suo programma televisivo di Rai 1, Dieci cose, di cui è stato l'ideatore, la cui realizzazione è stata poi affidata a Magnolia, e di cui rivela che centinaia di reti televisive mondiali hanno chiesto l'acquisto.
Lui s'è giustificato dicendo che anche programmi divenuti poi famosi, all'inizio sono stati talvolta accolti da scarsa attenzione del pubblico.
E precisa ciò che per lui vuol dire servizio pubblico. Rivelazioni bibliche! In poche parole la tv di Guglielmi, le invenzioni del quale ancora mietono ascolti in tv, o alcuni programmi recenti, che salva decisamente come 'Casa Mika', o la nuova versione di 'Rischiatutto'. Ed anticipa che fra poco, a cavallo delle feste, Rai 1 , in seconda serata, la tv 'servizio pubblico' trasmetterà alcuni suoi documentari, sotto l'egida di 'Rai Storia' segnati da verbi-chiave, come sognare, ricordare, amare ed altri...
Abbiamo temuto, accingendoci a leggere la lunga intervista, che Paolo Conti avrebbe potuto evitare le domande scomode sulla sua trasmissione vecchia ed inutile, a detta di molti. Invece no, gliele ha fatte ma Uolter è maestro nello svicolare e soprattutto nella chiacchiera buonista. E' per questo che molti, e noi fra questi, l'avrebbero visto volentieri nei panni del missionario del continente africano, dove serve anche la chiacchiera ed il sorriso sempre stampato sul volto, 'ma anche' ( locuzione cara a Veltroni che l'ha inventata ed usata ad ogni piè sospinto) la fatica, alla quale egli evidentemente non è molto avvezzo. Del resto perchè non sfruttare il suo talento cinetelevisivo e di scrittore che si è espresso già con alcuni romanzi e film documentari? Sempre meglio che la missione in Africa.
Noi, infine, ogni volta che sentiamo Uolter parlare, anzi predicare, vorremmo chiedergli se, alla luce dei fatti, si è oggi pentito della 'privatizzazione a metà' delle nostre massime istituzioni musicali, le fondazioni liriche, che ha segnato l'inizio della pubblica 'dismissione' di fatto di esse. Ma lui, Uolter l'americano, sicuramente difenderà quel suo atto che si è rivelato l'inizio della fine.
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