Nell'inserto 'Agenda Italia', il Corriere, parlando di Roma, mentre tesseva le lodi - con pubblicità annessa - dell'Accademia di Santa Cecilia, della sua orchestra (anzi delle sue orchestre e cori che sono ad oggi, alcune decine, se abbiamo letto bene) ed anche del Teatro Argentina, si dimenticava del tutto del Teatro dell'Opera di Roma, citato di sfuggita solo quando si raccontava di un biglietto cumulativo che offriva spettacoli all'Opera e concerti dell'Accademia. Ma non si andava oltre.
Fuortes, cantato e decantato anche dal Corriere, specie dopo quella che lui considera la svolta internazionale del Teatro, segnata dalla Traviata con la regia di Sofia Coppola ed i costumi di Valentino, a leggere quel panegirico del Corriere alla sua consorella, deve essere andato su tutte le furie. Infatti, all'indomani il pezzo riparatore. Roma, scrive ( per le scuse) il Corriere, in campo musicale, con l'Accademia e l'Opera, mette in campo una doppia eccellenza che può spingere la città verso la tanto attesa svolta culturale. Delle svolte su rifiuti, trasporti, legalità è ancora troppo presto per parlarne.
Ora all'Opera si sta per inaugurare la stagione con il Tristano di Wagner, affidato alla direzione di Daniele Gatti (che 'rischia' di assumere un incarico di direttore all'Opera) e alla regia di Audi (già visto a Parigi la scorsa primavera, con cui Roma l'ha coprodotto). E i complessi dell'Opera e dell'Accademia, guidati da una coppia di direttori di valore , Pappano e Gatti potrebbero segnare, concretamente la svolta per Roma.
Ma - prosegue il Corriere - manca un progetto, manca il progetto culturale che Roma si aspetta dai nuovi amministratori i quali hanno già mandato un segnale preoccupante, quando hanno tagliato i finanziamenti per la cultura ed anche su una questione aperta da anni, come la riapertura del Teatro Valle - il più antico teatro di Roma - nicchiano fra il palleggio di competenze e responsabilità dei ritardi - e la mancanza di idee sul suo affidamento e la destinazione.
Questa è Roma. Intanto rischiamo di avere due direttori di fama, legati alle due orchestre della Capitale - due appena, contro la decina presenta in altre Capitali d'Europa, senza arrivare a Londra che in questo campo vanta il primato - di cui non sappiamo ancora se con egual feeling con le rispettive compagini orchestrali ed anche con il pubblico (Gatti riuscirà, nel caso, a stabilirlo come Pappano?) come due papi che officiano nelle rispettive cattedrali. Tutt'intorno il deserto. E se non proprio il deserto, quasi.
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