Sì, certo, come si fa a paragonare un magnate dell'industria americana, come Trump, fresco d'elezione a presidente degli Stati Uniti - che Carlo De benedetti ha definito qualche minuto fa a La7, un imbroglione, la cui ricchezza si aggirerebbe intorno a qualche centinaio di milioni di dollari, due o tre, mentre lui parla di miliardi, confondendo ricchezza con debito - a Virginia Raggi, giovane avvocato praticante presso uno studio romano, che improvvisamente sale al Campidoglio, con consenso larghissimo, per ragioni simili a quelle che in America hanno fatto bocciare la Clinton e spianato a lui la strada alla Casa Bianca?
Nonostante le enormi differenze fra i due, le ragioni che hanno portato ambedue al successo elettorale sono le medesime, e cioè le conseguenze della globalizzazione e della massiccia tecnologia che hanno - con il loro combinato disposto - fatto perdere il lavoro a milioni di persone e creato un esercito di nuovi poveri; e la bocciatura delle nomenclatura politica. Mentre l'establishment e i grandi mezzi di comunicazione non hanno né previsto né capito il fenomeno ed hanno dato in ambedue i casi per vincitori coloro i quali dalle elezioni sono usciti sconfitti.
Dunque sono forti e numerosi i punti in comune dei due. Assai meno di quelli che avvicinerebbero Trump a Berlusconi, nonostante il rispettivo codazzo di 'nani e ballerine'.
E, per Trump, solo per lui, sono molte le preoccupazioni soprattutto in politica estera; oltre quelle di politica economica, nonostante le promesse fatte in campagna elettorale.
E ancora, Trump è molto simile alla Raggi perché ad ambedue la vittoria schiacciante ed imprevista alle elezioni ha portato in dote anche le Camere al primo, ed il Coniglio comunale al secondo, in cui hanno la maggioranza. Dunque possono 'FARE' quello che vogliono.
Ma su ambedue pende una grande pesantissima incognita: cosa vogliono fare, al di là delle promesse della campagna elettorale, e con quale squadra.
Trump, che certamente non credeva ce l'avrebbe fatta - a differenza della Raggi che molti davano per vincitrice - non ha ancora pronta neppure approssimativamente la sua squadra (neanche le pedine più importanti :segretario di stato, ministro del tesoro) che è importante per la guida di un grande paese quasi quanto lo stesso presidente.
Esattamente come la Raggi che pur essendo risultata vittoriosa alle elezioni di giugno , non ha ancora una squadra completa e perde ancora oggi, ogni giorno, qualche pezzo.
Tale assenza, nell'uno come nell'altro caso, può pregiudicare - come sta già accadendo a Roma, e potrebbe accadere anche a Washington, se Trump non si muove e non sceglie una squadra di professionisti che lavorino con lui, debuttante in politica e al governo di un paese - sia l'azione che il buon nome di ambedue.
Le idee su ciò che va fatto deve chiarirsele prima di insediarsi ufficialmente; quando sarà alla Casa B ianca le idee dovrà averle già chiare, avendogliele chiarite bene la sua squadra, con la quale dovrà anche mettere a punto gli obiettivi immediati e remoti della sua presidenza.
L'esempio della Raggi - anche se Roma non è Washington - dovrebbe servirgli di esempio, per non finire a tacere, come Lei continua a fare, di fronte alla mole di problemi, perché non sa che pesci prendere.
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