martedì 31 maggio 2016

Conservatorio Casella-L'Aquila. Sul sito dell'istituzione ancora assenti le 'condoglianze' per Sara Di Pietratonio, allieva del Conservatorio bruciata dal findanzato

Sono certamente rari i casi in cui un istituto di formazione fa notizia per  gravi fatti. E i Conservatori di musica - quante volte ce lo siamo detti, riflettendo sui fatti e sulla vita di ogni giorno del Conservatorio Casella, nel quale abbiamo insegnato per anni - sembravano  appartenere ad un pianeta nel quale la vita scorre tranquilla e serena, ed i suoi abitanti - gli allievi, naturalmente - si dedicano anima e corpo alla musica.
 Ma qualche volta , sebbene raramente, il destino crudele può abbattersi anche su un Conservatorio, come ha fatto appena due giorni fa, quando si è diffusa al notizia che quella ragazza di Roma, ventidue anni, che  quasi giornalmente prendeva l'autobus per recarsi a L'Aquila, dove studiava flauto in Conservatorio, era stata bruciata viva dal suo fidanzato assassino. Tragico finale di una storia cominciata come tante altre, con frasi d'amore, baci e cuoricini a volontà sui telefonini.
 In Conservatorio questa tragica storia non può non  aver generato sgomento, specie fra i compagni di scuola che Sara conoscevano bene. E pure, sul sito del Conservatorio, dove in prima pagina è sbattuta la anomala situazione della elezione del prossimo direttore, con candidato unico - il direttore uscente!  - neanche una riga si legge  a ricordare la povera ragazza, o una parola sola di partecipazione al lutto della famiglia che non può non essere anche il lutto del Conservatorio.
 Dove qualche altro, seppur raro, evento luttuoso c'è stato negli anni passati. A seguito del terremoto, una allieva  morì sotto le macerie, ad essa venne intitolata la biblioteca del Conservatorio; ed una seconda allieva, giovane signora, allieva del corso di canto, morì per un brutto male. In questa seconda occasione nella rivista del Conservatorio ( Music@) che allora noi dirigevamo, dopo averla fondata ed inventata, pubblicammo un suo progetto, formulato nel corso della malattia, con il quale voleva presentarsi candidata alla gestione del Teatro  di Villa Torlonia, allora non ancora assegnato, e del quale non era ancora chiara la destinazione.
Per Sara Di Pietrantonio, la sensibile direzione del Conservatorio, non ha ancora prodotto neppure delle normali, ufficiali 'condoglianze'.  

Nicola Piovani sembra sfilarsi dal coro dei laudatores dell'Opera di Roma, gestione Fuortes

Non vi fate venire in mente che volete assistere ad una delle quindici repliche previste per la Traviata Valentino-Coppola (ed anche Bignamini che però non interessa quasi a nessuno, con qualche ragione) all'Opera di Roma, perché i posti, in tutto 24.000 circa, sono esauriti da tempo -  non ce n'è neppure uno disponibile anche a pagarlo oro - procurando alle casse del Teatro entrate per 1 milione e mezzo circa di Euro, a fronte di un costo dell'intera 'operazione/produzione' di Traviata intorno a 1 milione e 800 mila euro, che saranno pareggiati dagli incassi solo alla prima ripresa dell'opera, già richiesta - secondo quanto si è letto - in Giappone.
E perciò la Traviata, anche a fine stagione, potrà aver procurato all'Opera di Roma pagine di giornali, ribalta internazionale, 'red carpe' stile Hollywood, o passerelle di moda, ma deficit di bilancio.
 E nonostante tale incontrovertibile realtà, ancora qualche giorno fa, quando la partita della 'prima' era stata ampiamente archiviata, in pareggio fra i laudatores della scintillante sala del Costanzi, e buca d'orchestra opaca, qualche giornale è tornato ad intervistare il sovrintendente, artefice di tale successo planetario che la Scala invidia e non potrà mai più scalfire. Dimenticando di accennare al fatto che sì il bilancio in pareggio è stato raggiunto con il contributo dei lavoratori, che in teatro sono giunti registi  ed artisti di fama - fra breve vi lavorerà anche Kentridge, l'artista del fregio a rischio 'profanazione' sul Tevere - ma  che un'orchestra senza un direttore stabile di polso e prestigio,  non  va da nessuna parte, come del resto ha dimostrato la sbiaditissima direzione di Bignamini in questa Traviata,  cosa che ha molto infastidito il sovrintendente, quando  è stato fatto notare da alcuni giornali, autorevoli, a firma dei rispettivi critici musicali, e non dei soliti cronisti mondani che alla vista di tutte quelle star - venute per Coppola e Valentino, molto meno per la Traviata e per l'Opera di Roma - si sono ringalluzzite, sperando in più intenso lavoro futuro.
L'Opera sarà veramente riformata quando tutta la complessa macchina funzionerà perfettamente, in ordine di importanza per un teatro d'opera: cantanti all'altezza dei ruoli, direttori d'orchestra capaci, orchestra e coro perfettamente funzionanti; mentre invece, per Fuortes, che considera  il 'mondo alla rovescia', il successo dell'Opera dipende dalla modernità introdotta con registi innovatori - unica eccezione Sofia Coppola che gli è servita - a suo dire - ad allargare il pubblico, come dimostrano i 24.000 posti tutti venduti, al punto che neanche chiedendo un biglietto all'Ufficio stampa, dimenticato in qualche cassetto, o in attesa di qualche possibile richiesta inattesa, per una qualsiasi delle repliche, è possibile ottenerlo.
Dal coro dei 'laudatores' di Fuortes, un coro  ancora più numeroso di quello dei 400 ragazzi che ieri hanno cantato tutti insieme nel teatro, alla fine di un corso di avvicinamento dei ragazzi al melodramma, sembra essersi sfilato, con garbo ed educatamente  Nicola Piovani - come si legge in una intervista di oggi al Messaggero: " anche lo sciagurato teatro Costanzi - Teatro dell'Opera - sembra che ultimamente stia lentamente imboccando una buona strada, rispetto ad un passato grottesco e scellerato". 
Abbassate la voce, sembra voler dire Nicola Piovani, non è ancora tempo di cantare vittoria, con quell' ULTIMAMENTE, LENTAMENTE. Il cammino di risanamento è appena iniziato, le star della Traviata  non fanno fare neanche un passo avanti all'Opera, sulla strada del riscatto, ancora lunga la prima, lontano il secondo. Non si può credere ai miracoli ai quali sembrano invece  credere tutti i partecipanti del coro di 'laudatores' della gestione Fuortes, i giornali in prima fila, nel quale coro - come si deduce facilmente - noi non cantiamo, e non canteremo prima che il Teatro dell'Opera torni ad essere il teatro di una vera capitale.

La riforma della musica in Italia deve cominciare con la cacciata dei cattivi amministratori

La soluzione più logica e più semplice, alla fine, è quella che si rifiuta. E, di fatto,  si lasciano le istituzioni  cuocersi nel brodo del malaffare e della cattiva amministrazione. E perchè si rifiuta? Perchè il potere utilizza anche le istituzioni musicali, come qualunque altra cosa in Italia, a suo uso e consumo, non badando a spese.
 Prendiamo un esempio. Quello del Teatro San Carlo di Napoli. Commissariato  una decina di anni fa. Commissario Nastasi. Viene mandato a casa il sovrintendente dell'epoca, Gioacchino Lanza Tomasi, si insedia Nastasi, fa al teatro una ricca iniezione di soldi freschi, ed il teatro è risanato. E Nastasi, con la faccia tosta che si ritrova, pubblicamente, qualche tempo dopo, loda il sovrintendente commissariato, affermando che era uno dei migliori su piazza. E siccome ormai il San Carlo veleggiava spedito, con i soldi del ministero,  Nastasi aprì un Museo del teatro, mandò i complessi a san Francisco, e  Pantalone paga.
Piccolo particolare:  Nastasi affida il coordinamento del neonato Museo alla sua mogliettina, nata Minoli, di nome Giulia, alla quale deve ingiungere di tornare  Roma, quando lo scandalo viene alla luce del sole.
Perchè parliamo di Napoli? Perchè nei progetti del ministero, sarebbe uno dei tre o quattro teatri lirici da lasciare ( oltre Milano, Roma e forse anche Palermo, scelti a caso, badando alla loro distribuzione geografica sul territorio. Una bestialità!)), conducendo gli altri nella sezione 'teatri di tradizione'- i quali, in Italia, succhierebbero meno soldi e andrebbero meglio delle fondazioni liriche, alcune delle quali sembrano perdere pubblico, anche perché agli amministratori non frega assolutamente nulla, visto che continuano a spendere  spandere, nonostante la cattiva situazione economica in cui versano.
 Torniamo a Napoli. E' di questi giorni la notizia che il prossimo 3 giugno, Orchestra Coro e solisti del San Carlo andranno a Milano per eseguire la Nona di Beethoven sotto la direzione di Zubin Mehta, in Duomo, per una storica ricorrenza della veneranda Fabbrica del Duomo.
La trasferta è stata ovviamente caldeggiata da Rosanna Purchia che prima di approdare a Napoli ha fatto la sua carriera a Milano, al Piccolo. e viene finanziata da chi? dal ministero, dal teatro, dalla Fabbrica del Duomo? Non importa chi la finanzia. Chiunque sia, si tratta di soldi buttati, perchè a Milano ci sono orchestre che con minor spesa, ma egual risultato artistico, potrebbero eseguire la Nona in Duomo? Allora perchè far venire a Milano i complessi del teatro napoletano? Ci piacerebbe che qualcuno rispondesse e desse conto dello spreco di soldi pubblici, sapendo bene che mai a nessuno verrà in mente di chiedere conto.

lunedì 30 maggio 2016

Va avanti il progetto della decimazione, chiamata 'riforma', della musica in Italia, cominciando dall'Arena di Verona

Profeta e primo attuatore della 'riforma' della musica in Italia è
stato Salvo Nastasi , ex direttore generale del MIBAC, ora distaccato a Palazzo Chigi - su consiglio di Nardella - con l'incarico di vigilare sul risanamento di Bagnoli (che speriamo non sia simile a ciò che lui intendeva per 'risanamento' (detta anche 'riforma') nella musica, e che ha avviato,  qualche mese prima di lasciare l'incarico, attraverso quel fottuto, diabolico algoritmo, che ha letteralmente decimato le associazioni ed istituzioni musicali finanziate con il FUS, sparse  dappertutto in Italia e che per decenni hanno assicurato agli italiani un effettivo contatto con la musica).
 Il primo passo, salvo  che il suo protettore Franceschini, tornato in sè, non ritorni sui suoi passi riammettendo molte delle associazioni al FUS, come aveva lasciato sperare dopo le proteste generali seguite alla esclusione, c'è dunque già stato. Ora si tratta di procedere al secondo, da quel che si sente dire -  e riguarderà il progetto di riduzione drastica del numero delle Fondazioni liriche italiane, lasciando aperti tutti i teatri, ma degradandone di fatto la gran parte.
 Franceschini, nella sua mente perversa di ministro irrispettoso del nostro patrimonio musicale,  forse sta pensando che la crisi delle Fondazioni denunciata in questi giorni ( causata dai licenziamenti di oltre cinquecento unità di dipendenti che ora la magistratura potrebbe far rientrare, per effetto della quale le Fondazioni dovrebbero avere almeno una ventina di milioni di Euro a disposizione per farvi fronte; e questi soldi dopvrebbe darli il ministro) giunge come manna dal cielo.
Dichiarerà il ministro che il suo dicastero non può far fronte a tale prospettiva e perciò non gli resta che  ridurre - con apposito decreto - il numero della fondazioni, lasciandone aperte pochissime unità con qualche festival storico, temporaneo, in aggiunta - si dice dell'Arena di Verona e del Maggio Fiorentino;  due festival le cui fondazioni, da quel che si legge stanno nei guai anche senza l'ultima grana dei dipendenti licenziati da riassumere e risarcire? E' quel che si teme.
 Perchè su questa strada sembra incamminarsi anche il commissario Fuortes, tanto amato e stimato da Franceschini, il quale potrebbe portare a compimento il folle progetto di Nastasi. Partendo da Verona. Dove ha prospettato la ricetta per il risanamento della Fondazione lirica,  che avverrebbe entro il 2018, a patto che si sottoscriva il suo piano di rientro: nessun licenziamento (salvo le poche unità del corpo di ballo), perdita di alcuni benefit tradotti in salario aggiuntivo, e chiusura per due mesi ( ottobre e novembre) della fondazione e delle sue attività, con relativa sospensione degli stipendi. La strada più breve per andare veloci verso la chiusura della Fondazione, e l'ammissione al FUS del solo Festival estivo in Arena. E se l'esperimento riuscirà, nel silenzio complice e suicida del mondo musicale italiano, verrà esteso  quasi subito a Firenze, che nuota in cattivissime acque, e fra i debiti, che il sovrintendente Bianchi, si denuncia da più parti, non è stato in grado di rimediarvi.
 Dunque la 'riforma' ( alias 'distruzione')  della musica iniziata da Nastasi, con la benedizione di Franceschini, prosegue ed anche  a tappe forzate, con l'azione del commissario 'risanatore' Fuortes.

Il potere si arma contro la stampa ( dal sito di Franco Abruzzo)

Carcere per diffamazione. Allarme Italia sulla Piattaforma del Consiglio d'Europa. Preoccupa Strasburgo il progetto di legge italiano che aumenta le pene allo scopo di proteggere la classe politica, la magistratura e la pubblica amministrazione.

 Sulla Piattaforma per la protezione del Giornalismo e la sicurezza dei giornalisti del Consiglio d’Europa, le organizzazioni EFJ (European Federation of Journalists), AEJ (association of European Journalists), IPI (Internationa Press Institut) e Index on Censorship hanno lanciato l’allarme contro il disegno di  legge in esame al Senato italiano che propone tre anni in più di  carcere per i colpevoli di diffamazione. Le organizzazioni firmatarie ritengono che questo il disegno di legge  abbia “effetti raggelanti sulla libertà dei media”. La Piattaforma è uno spazio pubblico creato “per facilitare la compilazione, l’elaborazione e la diffusione di informazioni sulla più gravi preoccupazioni per la libertà e la sicurezza dei giornalisti e dei media, garantiti dall’art. 10 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo negli Stati membri del Consiglio d’Europa” . Quando viene pubblicata una nuova segnalazione, il Consiglio d’Europa chiede spiegazioni alle autorità del paese interessato, in questo caso l’Italia.  Di seguito il testo integrale dell’appello. “Una commissione del Senato italiano ha votato all’unanimità il 3 maggio 2016, un progetto di modifica del codice penale che aumenterà le sanzioni penali per coloro che sono accusati di diffamazione contro membri della classe politica, la magistratura e la pubblica amministrazione. Il disegno di legge sarà presto presentato al Senato per l’adozione. In particolare, il testo prevede l’aumento del massimo della pena da 6 a 9 anni di carcere, se la diffamazione riguarda un politico, un giudice o un dipendente pubblico”. “L’iniziativa legislativa è stata denunciata dall’Ordine dei Giornalisti Italiani, dalla Federazione Italiana dei Giornalisti organizzazioni e dalla ONG Ossigeno per l’Informazione, ricordando che un altro disegno di legge, introdotto nel 2012 ha proposto la cancellazione delle pene detentive per la diffamazione. Nel 2013, la Rappresentante OSCE per la libertà dei media, Dunja Mijatović, ha indirizzato una lettera al Ministro degli Esteri italiano Emma Bonino, per ricordare la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, la quale ritiene che le pene detentive per diffamazione siano una sanzione sproporzionata e una minaccia alla democrazia”. “Le organizzazioni che fanno questa segnalazione riaffermano con fermezza il principio,  stabilito da sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo, che coloro che detengono alte cariche pubbliche non dovrebbero beneficiare di protezioni supplementari per legge, ma invece dovrebbero essere disposti ad accettare un livello più alto di critica rispetto ad altri".

sabato 28 maggio 2016

La storia del direttore della Galleria degli Uffizi di Firenze che voleva contrastare i bagarini e che è stato multato per questo

Dire che ha dell'incredibile è poco. Solo in Italia poteva succedere. Dove accade che chi non vuol fare la fila nella visita a monumenti e musei, basta che si rivolga ai bagarini, che seduta stante gli procurano biglietto con lieve maggiorazione (appena il doppio del costo del biglietto) e la fila è saltata e può arrivare, all'ora più comoda, alle porte di un museo o ai cancelli di un sito archeologico ed entrare, passando avanti a tutti.
 Da tempo tutti gridano alla scandalo ma nessuno fa nulla, nonostante che sia sotto gli occhi di tutti la lunga fila che ogni giorno si forma davanti a musei e monumenti più visitati. davanti ai quali - a Roma, Colosseo, ad esempio - hanno fatto sloggiare centurioni ed antichi romani, ma i bagarini no.
 E allora ci pensa il direttore di un museo, il più visitato in Italia dopo quello del Vaticano, e cioè gli Uffizi di Firenze. Il nuovo direttore del museo fiorentino, che è un tedesco dal cognome dozzinalissimo, evidentemente  è deciso a eliminare cattive abitudini quando non addirittura illegali, come la presenza dei bagarini.
 E che ti fa l'incauto direttore? Mette degli altoparlanti fuori del Museo e diffonde il seguente messaggio:  Via i bagarini, non prestate loro ascolto, il biglietto costa tot... e non c'è bisogno di ricorrere ai bagarini illegali, le file saranno snellite dai dipendenti del museo stesso.
 Apriti cielo. Questo proclama , fuori del museo, è illegale. E così si presentano nel pomeriggio i vigili urbani di Nardella per consegnare al direttore una multa di oltre 200 Euro. Non certo salata, visto anche i lauti stipendi che Franceschini ha concesso ai nuovi direttori. Ma pur sempre una multa che sanziona  un atto a fin di bene ma non consentito dalla legge, che, al contrario, ha fatto vivacchiare fino ad oggi schiere di bagarini illegali.
 Quello degli Uffizi, sulle prime, va su tutte le furie  -come dargli torto? - poi, dopo un lungo colloquio con Nardella paga la multa in silenzio. Tornato al Museo trova per la prima volta, da quando si è insediato, i vigli che contrastano l'azione dei bagarini. Miracolo! E prima d'ora non sapevano ? Oppure sapevano e non vedevano perchè  essi stessi, avevano consigliato a qualche loro parente stretto, in assenza di lavoro, di cimentarsi nel bagarinaggio, un lavoretto pulito, senza rischi e con guadagno sicuro?

Vogliono mettere il bavaglio alla stampa libera ( dal sito di Franco Abruzzo)

Diffamazione, mercoledì 1 giugno ore 10.30 conferenza stampa in Fnsi. Partecipano giuristi ed esperti per sensibilizzare l’opinione pubblica sul pericolo per la libertà di espressione e per l’uguaglianza sostanziale dei cittadini di fronte alla legge rappresentato dal tentativo di inasprire le pene per i cronisti che dovessero essere riconosciuti colpevoli di diffamazione nei confronti di un politico o di un magistrato.
 Federazione nazionale della stampa italiana, Articolo 21, Usigrai, Ordine dei giornalisti del Lazio e Pressing NoBavaglio organizzano per mercoledì primo giugno, ore 10.30, una conferenza stampa con giuristi ed esperti per sensibilizzare l’opinione pubblica sul pericolo per la libertà di espressione e   per   l’uguaglianza   sostanziale   dei   cittadini   di   fronte   alla   legge   rappresentato   dal   tentativo   di inasprire le  pene per i  cronisti   che dovessero essere   riconosciuti  colpevoli di  diffamazione nei confronti di un politico o di un magistrato. «Il testo approvato in commissione Giustizia del Senato – commentano il segretario generale e il presidente della Fnsi, Raffaele Lorusso e Giuseppe Giulietti – apre una ferita nel percorso di dialogo tra   giornalisti   e   istituzioni   che   dovrebbe   invece   portare   a   recepire   l'indirizzo   consolidato   della giurisprudenza europea favorevole ad abolire il carcere per i reati di opinione».«Per questo – proseguono – è di fondamentale importanza che quel testo venga corretto e che il Parlamento torni presto a lavorare al provvedimento sulla diffamazione per allineare la legislazione italiana ai criteri ribaditi più volte dalla Corte europea dei diritti dell’uomo. Allo stesso tempo, è necessario   che  si   inizi   a   discutere   in   maniera   seria   di   misure  di   contrasto   al   fenomeno  delle cosiddette “liti temerarie”, sempre più spesso usate in sede di procedimento civile per tentare di imbavagliare i giornalisti». La   conferenza   stampa,   a   cui   parteciperanno   –   fra   gli   altri   –  il   prof.  Domenico   D’Amati   e  il giornalista di Report Sigfrido Ranucci, si svolgerà mercoledì 1 giugno 2016, alle ore 10.30, nella sede della Federazione nazionale della stampa italiana, in corso Vittorio Emanuele II 349, a Roma (primo piano). L'elenco delle adesioni è in via di completamento. (www.fnsi.it)

Sull'omaggio sparagnino a Bussotti con l'ensemble fatto in casa non ci sbagliamo

Quando abbiamo scritto che solo per gli ottantacinque anni di Sylvano Bussotti, il neo festival di teatro contemporaneo ideato da Battistelli per lOpera di Roma, e inaugurato ieri sera all'Argentina con 'Nero sui  bianco' di H. Goebbels, eseguito dall'Ensemble Modern di Francoforte, non  aveva trovato i soldi ed era perciò ricorso ad un ensemble creato per l'occasione, reclutando gli strumentisti direttamente dai corsi di perfezionamento dell'Accademia di Santa Cecilia non ci eravamo sbagliati, anzi avevamo visto giusto.
 Ai corsi di perfezionamento dell'Accademia di Santa Cecilia, vero è che vi accedono, dopo selezione, i migliori diplomati in strumento dei nostri conservatori, ma se gli allievi sono già pronti per spiccare il volo, perchè il direttore della Biennale Musica, Ivan Fedele, che in quei corsi insegna composizione, non ha preso e portato il neonato complesso, Ensemble Novecento, in Laguna per la prossima edizione?  Si risponderà senza difficoltà. A Venezia c'è già un 'College -Musica' che fornisce alla Biennale, una formazione strumentale che ha suonato l'anno scorso e suona anche quest'anno. Ciò che abbiamo detto per l'Ensemble Novecemto, romano, vale anche per il College-Musica veneziano.
 Noi restiamo sempre dell'idea che i corsi di perfezionamento servano a perfezionare i giovani strumentisti negli studi. E non serve farli debuttare solo perchè non si hanno i soldi per pagare un complesso di professionisti.
 Quando poi notiamo che un simile trattamento, per noi irriguardoso, viene riservato solo a nostri compositori, anche a quelli che hanno fatto la storia delle musica d'oggi, allora ci arrabbiamo e gridiamo allo scandalo. Perchè vi vediamo non una serenata-omaggio al festeggiato, bensì una 'serenata a dispetto',  l' una e l' altra di napoletano costume.

La seconda serata è sulla carta importante, nei fatti deprimente. È occasione rara oggi un allestimento dell’opera di Sylvano Bussotti La Passion selon Sade (1965). Quello presentato al Teatro Studio dell’Auditorium è semplicemente deplorevole.

Queste  tre righe tre, uscite sul Manifesto, a firma Mario Gamba, cosa avranno voluto dire? Quasi sicuramente quello che noi abbiamo anticipato in questo nostro post di alcuni giorni fa. Con buona pace di Battistelli che a Bussotti ha di fatto reso un omaggio 'a dispetto'.

Vestirsi in maniera consona al momento ed al ruolo. Circolare Rai

Che ci si debba vestire,  tutti, sempre, in ogni luogo ed in ogni circostanza, e perciò anche in Rai, in maniera consona al momento ed al ruolo, è perfino superfluo rammentarlo. Ma se in Rai qualcuno ha ritenuto di farlo, qualche ragione ci sarà. Anche se  l'ultimo che avrebbe dovuto prendere l'iniziativa, fregando tutti sul tempo, è stato il direttore di Rai Parlamento.
Perchè lui no?  Perchè nel corso della giornata fa due  mini notiziari di due o tre minuti cadauno, ma ha una struttura propria, e nonostante la quale, i suoi giornalisti sono capaci di infilare spesso  papere su papere anche in quei due o tre minuti; e perciò non aveva bisogno di proclami, li chiamava a raccolta nelle ore libere dal lavoro - che sono la gran parte della giornata - e glielo diceva uno per uno.
Ma che ce ne fosse bisogno non c'è dubbio, tanto che subito la Bignardi ci ha messo del suo. Che c'è di strano a chiedere a tutti di presentarsi in abiti non vistosi, senza gioielli appariscenti, quando si legge il telegiornale al mattino, o  non inguainati  in abiti di lattice superaderenti e supermodellanti per il telegiornale di mezzogiorno, e non  con mise da gran sera per darci le notizie sul traffico? Che bisogno c'è? C'è bisogno. Noi stessi, tante volte, guardando questa o quella trasmissione, questo o quel telegiornale, ci siamo chiesti: ma chi l'ha vestito/a?
 Gli esempi sono tantissimi. Non più tardi di un mese fa, una giornalista del tg regionale del Lazio s'è presentata con una camicia molto sbottonata sulla quale era appuntato il microfonino, e  poco è mancato che le si scoprisse il seno. Quando è troppo...
 Se ci viene da ridire anche della Hunziker che l'altra sera presentando, su Canale 5, il concerto di Bocelli, aveva tre quarti di seno, scolpito , in bella mostra, perchè non dovremmo farlo per presentatrici e giornaliste ( le donne si sa esagerano più degli uomini, i quali, semmai, sembrano appena giunti in città dalla campagna, nel senso che molto spesso non hanno nessuna idea di come ci si vesta) che si presentano in video con addosso il primo vestito che gli è capitato, o sembrano già vestite per la soirée mondana alla quale sono state invitate dopo la trasmissionre?
 E perciò non capiamo la maghetta Merlino che rivendicando l'autonomia nel vestito e nei tachi, altissimi sempre, vuole che noi ci accorgiamo, anche chiudendo gli occhi, della sua bravura e solo per questa l'apprezziamo. Sì, maghetta, però... senza esagerare.
 Un discorso a parte, infine, merita, poi il cambio di studio di luci di grafica che ad ogni cambio di direzione in Rai, e quindi anche ora, ci viene proposto. Come a dire: se non vi siete ancora accorti che qualcosa è cambiato ( e in molti casi è duro accorgersi di un cambiamento che non c'è stato!) vi costringiamo noi, con studio luci, grafica nuovi nuovissimi.

Precisazione a proposito dell'assunzione, con contratto triennale, del pensionato Renato Bossa all'Ufficio stampa dell'Opera di Roma

Ci ha fatto notare un nostro amico addentro alla normativa del lavoro, che la Rai - dove Verdelli non ha potuto assumere il pensionato Merlo, come suo vice - è una società molto diversa, sotto il profilo giuridico, dal Teatro dell'Opera. La Rai, infatti, è una spa, di proprietà al 98%, del Tesoro, dunque un ente pubblico; mentre l'Opera di Roma, è una  fondazione di diritto privato,  anche se finanziata per la maggior parte dallo Stato.
E dunque ciò che non si può fare in Rai, perché si contravverrebbe alla Legge Madia, si può fare all'Opera, assumendo un pensionato come responsabile dell'Ufficio Stampa. Di conseguenza nessuna irregolarità, sotto il profilo giuridico normativo.
Resta però il fatto della inopportunità - e le ragioni non c'è bisogno che le elenchiamo - che per riempire la casella dell'Ufficio stampa, il sovrintendente Fuortes, che si riempie sempre la bocca della parola 'giovani' ed anche il teatro riempie, dove possibile, di figure apicali 'giovani', ricorra ad uno che di anni ne ha già sessantasette (67), come Renato Bossa. O no?

Ma al nostro amico che ci ha fatto notare quanto abbiamo appena detto, vogliamo sottoporre una questione che fa al nostro caso. E cioè  la nomina di Paola Baratta, anzi la sua  riconferma - inclusa nell'ultima legge finanziaria (decreto cosiddetto 'milleproroghe' che autorizza cose che normalmente non sarebbero consentite) - alla presidenza della Biennale di Venezia.
Nel sito della istituzione veneziana si legge che il Presidente Baratta, pensionato e settantaseienne (76), che presiederà la Biennale per il prossimo quinquennio, presta la sua opera GRATUITAMENTE.
Sì, è vero, c'è differenza fra Baratta  che viene nominato dal Governo e Bossa che, invece, lo ha nominato Fuortes. Ma la Biennale sotto il profilo giuridico non è più simile all'Opera di Roma che alla Rai? Ed allora perché Baratta lavora gratis? E'stato costretto a farlo dalla legislazione vigente in materia di lavoro, altrimenti non avrebbe potuto essere riconfermato, o l'ha fatto 'sua sponte', tanto di soldi ne ha abbastanza, pur di restare al vertice della nota istituzione veneziana, che nel suo statuto dice espressamente:
                                   
                                                                                                                            Biennale di venezia. St
Art. 2 (Personalità giuridica). - 1. La "Fondazione La Biennale di Venezia", di seguito denominata "Fondazione", alla quale si riconosce preminente interesse nazionale, ha personalità giuridica di diritto privato ed e' disciplinata, per quanto non espressamente previsto dal presente decreto, dal codice civile e dalle disposizioni di attuazione del codice medesimo".
                 E allora come la mettiamo? Dove sta la differenza con l'Opera di Roma?
 Perchè in due fondazioni di diritto privato, due comportamenti diversi? In una il presidente,  pensionato, per restare presidente lavora gratis, nell'altra il capo ufficio stampa, pensionato anch'egli, viene assunto con contratto triennale, retribuito. Tutto normale?

venerdì 27 maggio 2016

Dagospia ha perso la tramontana. Ancora sulla Traviata glam di Valentino, Coppola ( e Verdi)

Roberto D'Agostino che si è presentato anche lui alla serata glam dell'Opera di Roma in tenuta da cavernicolo ( pizzolungo, codino... ma quando crescerà?) ma con ai polsi gemelli 'cazzuti'( anzi 'cazzetti' di corallo, che scoperta!), ha voluto sul suo cliccatissimo sito (Dagospia) fare il difensore d'ufficio della Capitale, che si sta riscattando, dopo che negli ultimi anni  l' ha condannato a tutti i gironi dell'inferno, cominciando intanto dal  luccicante Teatro dell' Opera, contro il quale,  proprio in ragione della sua rinascita - di cui la Traviata era esempio palese - c'è chi complotta, temendone il riscatto definitivo che ad altri teatri ( uno solo, inutile farne il nome: Scala) che, da sempre, hanno monopolizzato l'attenzione italiana ed internazionale, non può in alcun modo piacere.
 Ha dalla sua parte, D'Agostino, anche la paginata nel 'New York Times' - quando mai prima d'ora? solo ai tempi di Veltroni sindaco, quando nel seno del Campidoglio allevava anche quella serpe di Odevaine) dedicata alla Traviata di Verdi -  per il giornale USA era la Traviata di Valentino e di Coppola - e lo sfavillante red carpet di attrici, modelle, ex calciatori e qualche politico, interessato a farsi vedere per raccattare qualche voto, che hanno affollato la serata mondana targata Valentino. Nessuno contesta tutto questo.
 Perchè allora prendere le difese dell'Opera di Roma e denunciare il complotto ai suoi danni, se già questi elementi per l'acuto e cattivissimo fustigatore Dagospia -  che era una volta! -  raccontano che il vento è cambiato?
 Perchè, a quanto si legge in un circostanziato articolo del  suo sito, nel quale  si dà il lungo elenco degli ospiti glam della serata, le  pochissime, ininfluenti recensioni dei cattivi critici musicali - figurarsi, ormai non esistono più neanche i critici - sarebbero state pagate , oltre che suggerite, forse addirittura dettate dal quel poveretto di Pereira, sovrintendente milanese, il quale teme che il risveglio dell'Opera di Roma possa nuocere al suo teatro, la Scala di Milano.
 In fondo  quei due gufi di critici musicali che hanno mosso qualche appunto alla Traviata di Roma hanno solo detto che dalla regista Coppola ci si attendeva un lavoro più approfondito e personale, pur senza stravolgimenti, sull'opera verdiana, e che per la parte musicale l'opera non poteva contare  sugli stessi numeri  del red carpet, affollato certo  più per via di Valentino e di Coppola, per la quale ultima anche da New York erano arrivate a Roma sue amiche, che per Verdi, la cui Traviata si può vedere ed ascoltare anche altrove, con migliori esiti. Anche a Milano.

Nel FAST FORWARD FESTIVAL, festival di Teatro Contemporaneo dell'Opera di Roma, per Bussotti omaggio 'fatto in casa'

 Questa sera al Teatro Argentina si inaugura il festival di 'Teatro Contemporaneo' ideato da Giorgio Battistelli per l'Opera di Roma, allo scopo di riportare Roma la centro della cultura innovativa internazionale - come ha spiegato Fuortes. Intento ottimo, niente da dire. Presenti esecutori ospiti internazionali. Con una sola eccezione.
 Questa sera per la serata inaugurale arriva da Francoforte l'Ensemble Modern per Nero su Bianco di Heiner Goebbels; più avanti, un altro complesso straniero ( Ensemble Aleph) per la serata dedicata a Drouet; e, verso gli ultimi giorni, per l'unica vera proposta operistica, Proserpina, in prima italiana, di Wolfgang Rihm, l'Opera mette a disposizione orchestra e coro del teatro.
 Domani sera, invece, in collaborazione con l'Accademia di Santa Cecilia, all'Auditorium, nel 'Teatro Studio' (mai sito fu più appropriato alle condizioni della serata),  viene riproposta La Passion selon Sade, omaggio a Sylvano Bussotti, ottantacinquenne, con un opera sperimentale di cinquant'anni fa.
 Ma solo per questa serata, che vuole  rinfrescare la memoria su una delle produzioni  che a suo tempo fece scandalo,  l'Opera di Roma non ritiene di dover ricorrere a professionisti in carriera e magari anche noti. Infatti, tolti il direttore ( Marcello Panni) ed il soprano ( Alda Caiello), per l' ensemble strumentale ( Ensemble Novecento, creato per l'occasione) prende gli strumentisti  direttamente dalle aule  dei Corsi di perfezionamento dell'Accademia di Santa Cecilia;  ed altrettanto fa per la regia, scene costumi e luci,  ricorrendo agli allievi del Progetto 'Fabrica.Young Artists Program' del Teatro dell'Opera di Roma.
 Insomma per Bussotti non c'erano più soldi? O  Bussotti non meritava, come tutti gli altri, interpreti già collaudati?

A Fuortes, con il pensionato Renato Bossa all'Ufficio stampa dell'Opera di Roma, è riuscito ciò che a Verdelli, in Rai, con il pensionato Francesco Merlo, è stato impossibile

Francesco Merlo, notissimo editorialista di Repubblica, non ha potuto essere ingaggiato dalla Rai, come strenuamente voleva Verdelli, nel ruolo di  suo vice alla direzione dell'informazione, perchè pensionato (Francesco Merlo è nato nel 1951). Il CdA della Rai non ha voluto sentire ragione, ed il direttore del personale sì è dovuto arrendere di fronte a tale compatta opposizione. Merlo è pensionato dunque non può esser assunto in Rai per un nuovo incarico, altrimenti chi la sente il ministro Madia?
 La legge è legge e non prevede eccezioni.

Salvo il caso in cui un sovrintendente di teatro, come Carlo Fuortes, supersovrintendente, supercommissario e supereconomista della cultura, non abbia bisogno di un giornalista per sostituire il direttore dell'Ufficio stampa del teatro, Filippo Arriva (classe 1951) andato in pensione, a 65 anni, o ritiratosi volontariamente.
 Fuortes c'è riuscito. A sostituire il pensionato  Filippo Arriva, ha chiamato un altro pensionato: Renato Bossa (classe 1949), dunque sessantasettenne, con un contratto triennale (2016-2018) che lo porterà fino alla soglia dei settant'anni. Bossa è già in pensione dall'insegnamento presso l' Accademia nazionale di danza di Roma,  ed  è ex collaboratore di Repubblica, a Napoli,  dove contemporaneamente dirigeva un' associazione musicale.
  Ma ora un altro problema si pone. Reggerà la fatica Renato Bossa? Gli auguriamo di sì, anche se lo vediamo affannato in queste convulse giornate in cui s'è dovuto districare  fra fotoreporter e bellissime del cinema. L'avesse chiesto a noi, prima di accettare il nuovo incarico, gli avremmo consigliato di  rifiutare. Gli anni si sentono, altrimenti perché si direbbe, a proposito della pensione,  che è 'meritarsi il giusto riposo'?

giovedì 26 maggio 2016

Tutti i De Siervo di Matteo Renzi

Fino all'altro ieri il nome più in vista della famiglia De Siervo, fiorentina,  appartenente al giglio magico renziano, dopo il capostipite, Ugo, ex presidente della Consulta, era quello di suo figlio, Luigi, messo in RAI, all'epoca di della direzione generale di Gubitosi, presidente Tarantola, a capo di Rai.Com ( l'ex Rai Trade) la struttura che commercializza il prodotto Rai, dalla quale proprio nei giorni scorsi ha annunciato l'uscita - si dice -  a causa di disaccordi con Campo Dall'Orto.
 Non vorremmo essere traditi dalla memoria, ma crediamo di ricordare che il nome del capostipite della famiglia, ex  presidente della Consulta, fosse stato fatto anche per la Presidenza sia  della Repubblica, dove poi Renzi ripiegò su Mattarella, che della Rai, dove venne bruciato in favore del figlio o a causa sua.
 Ma  il capostipite ha  pure una figlia, Lucia, sorella del capo di Rai.Com, anche quella, appartenente al giglio magico renziano,  che l'allora sindaco di Firenze Matteo,  mise a capo della sua segreteria. Dunque non è da oggi che Renzi si circonda di collaboratori fidati, e i De Siervo sono fra questi. Tutte persone in gamba, naturalmente, che neanche devono parlare perchè Renzi esaudisca i loro desideri. (Per fortuna nostra non sono una famiglia numerosa, perchè Renzi per loro avrebbe creato anche incarichi  ex novo). Però trovò un posto anche per  Filippo Vannoni,  marito di Lucia, figlia del gran capo e sorella del dirigente Rai: lo mise a presiedere l'azienda 'Publiacqua' che presiede alla distribuzione e all' approvvigionamento dell'acqua, ma anche alla manutenzione degli impianti idrici della provincia di Firenze e di altre province toscane. In quel consiglio di amministrazione, tanto per non far nomi, sedeva anche Maria Elena Boschi, la zarina, come è venuto fuori in queste ore.
Quella società è in attivo, dunque il genero del capostipite, cognato del dirigente Rai, e marito della segretaria di Renzi, ha saputo ben amministrare ed ha distribuito dividendi ai soci. Magari s'è dimenticato di fare manutenzione degli impianti che hanno perciò collassato, l'altro ieri, sul Lungarno, inghiottendo la strada per  oltre 200 metri, creando una voragine profonda tre metri, che fa tuttora  temere per i palazzi che si affacciano sulla strada e perciò evacuati. Nardella che scagiona Vannoni  ( perchè non ha compiti operativi) scarica la responsabilità sull'ad, Carfi e  promette che chi ha sbagliato pagherà. I cittadini e i commercianti del Lungarno e Ponte Vecchio hanno vinto in una contestazione con la società Publiacqua che aveva inviato loro cartelle salatissime, non giustificate da un consumo eccessivo, bensì dalle enormi perdite  dell'impianto  che addirittura in certi negozi ha divelto, dopo averlo gonfiato il parquet. Publiacqua ha riconosciuto le ragioni dei commercianti e dei cittadini, e, di conseguenza, i suoi torti ( mancata manutenzione)  ed ha inviato loro delle comunicazioni con i relativi crediti; tali comunicazioni sono giunte a destinazione proprio il giorno del disastro, che Nardella promette sarà completamente risanato entro il 4 novembre, quando saranno 50 anni dall'alluvione.
  Ma a Renzi in queste ore, la famiglia De Siervo  sta procurando uno dei più grandi dispiaceri, dopo che ha appreso che l'ex presidente della Consulta, De Siervo, è tra i sostenitori del NO al prossimo referendum, scelta che lui bolla come ingrata!

Povera Europa, se nelle stanze del potere a Bruxelles siede anche un certo Martin Selmayr

Nessuno conosce il suo nome, ma tutti i capi di Stato europei lo conoscono e sanno che è colui il quale comanda nel gabinetto di Juncker. Parliamo del tedesco Martin Selmayr, il quale ha voluto vivere oggi, dal Giappone, dove ha seguito il suo capo per il G7, il suo momento di gloria, alias di imbecillità, twittando di sua iniziativa senza che nessuno glielo abbia espressamente o indirettamente chiesto, che al prossimo G7 a sedere intorno al tavolo rotondo dei capi di Stato e governo dei sette paesi più industrializzati del mondo, potrebbero esserci Trump, Johnson, Le Pen, e Grillo. Aggiungendo che una simile prospettiva dovrebbe farci riflettere sul pericolo dei populismi, alla vigilia di importanti appuntamento elettorali, come  quelli in Inghilterra, ma anche in Spagna e Francia e poi anche quello referendario in Italia, che potrebbe mandare a casa Renzi e far prendere il suo posto a Grillo.
Si possono commettere simili  imbecillità ed occupare un posto di responsabilità come quello di capo del gabinetto del presidente Juncker?
Il tedesco Selmayr non si è reso  ancora conto che il suo lavoro - ammesso che lo sappia fare - a  nome e per conto di Junker, è semmai quello di appianare i contrasti, non di creare incidenti diplomatici, ma sempre da dietro le quinte, e non come ha appena fatto dal lontano Giappone, dove in un sol colpo ha  coinvolto, inavvedutamente, perfino l'eventuale prossimo presidente degli Stati Uniti. Dio ce ne scampi e liberi. Da Trump. Noi possiamo dirlo lui no.  Lui, Selmayr, deve solo star zitto perchè non sa nè come parlare nè quando e, peggio ancora,  non sa neanche cosa dire.

Un branco di iene pronte a finire il melodramma in Italia. Prove generali a verona e firenze. Ma Il capobranco va cercato a Roma, al ministero

La situazione delle Fondazioni liriche italiane è grave,  anzi gravissima. Non solo perché da qualche mese nuove criticità si sono manifestate  a Verona, Firenze, ed anche Bologna, ma perché attaccandosi ad esse, mal gestite dalla politica - non lo si dimentichi in nessuna circostanza - si sente dire in giro che  al Ministero di Franceschini stanno pensando ad un riassetto legislativo e giuridico delle fondazioni liriche italiane. Non si vuole chiudere nessuno dei 14 teatri, ma molte delle fondazioni sì, riducendole, secondo alcune voci, a tre o quattro: Scala, Opera e Santa Cecilia a Roma, San Carlo a Napoli. Alle quali si potrebbero aggiungere, ma solo in veste di festival storici, con personalità giuridica e gestionale 'a tempo:' Verona ( Festival areniano estivo) e Maggio musicale a Firenze. Portando tutte le altre fuori dal comparto ridottissimo delle Fondazioni, secondo quel che Franceschini sta meditando; e per i due festival  per comprenderli nell'apposito comparto, magari con qualche prerogativa maggiore degli altri, essendo fra i festival storici italiani ( chissà cosa diranno a Spoleto, alla Sagra umbra, ma anche i più giovani sebbene non più giovanissimi Ravenna festival, Rossini Opera Festival, Romaeuropa Festival.... ma cosa volete che importi a Franceschini, che quei festival li chiama, per non perdere tempo, con i rispettivi acronimi: RAF, ROF, REF, e che vuol far piazza pulita del tessuto musicale italiano, come del resto da tempo gli andava suggerendo il salvatore di Bagnoli, Nastasi,  già affossatore della musica,  dandone la responsabilità a quell'infame algoritmo che da solo ha bussato al ministero ed ha detto di voler ridurre spesa e pretendenti della musica in Italia e gli hanno risposto: venga avanti!
 In attesa di questo nerissimo futuro sul quale si sono concentrate le attenzione delle fameliche iene ministeriali, il cui capobranco ha il cognome che comincia con la F - e il seguito nol dico! - si stanno facendo le prove generali  della distruzione, cominciando da Verona e Firenze.

A Verona, per la cui fondazione lirica, il gran governatore Zaia, per metterla in quel posto al dissidente Tosi, propone di fondere le due fondazioni venete, Verona e Venezia in un'unica istituzione, seppure con programmi che non posso essere uguali, e neppure somigliarsi lontanamente per la diversa vocazione, storia e missione delle due entità - ma allora che balzana idea è quella di Zaia?
Nel frattempo ci pensa il Commissario a far piazza pulita di ciò che lui reputa zavorra. Il commissario Fuortes chiude il corpo di ballo (che è di sole 8 unità e di infiniti aggiunti stagionali, e perciò non così grave, ma comunque grave è lo stesso!) e vuole fermare l'attività per due mesi, ma anche l'apertura e funzionalità della Fondazione Arena, ogni stagione, fra ottobre e novembre, risparmiando  naturalmente stipendi e spese) E Tosi non sembra sgradire. Cosa gliene fotte a lui dell'Arena se non può metterci più la copia perfetta di Girondini che in quasi dieci anni alla guida dell'Arena con la benedizione e protezione di Tosi, oggi viene a dare la colpa del buco nei conti e nel patrimonio a chi ha gestito l'Arena fino al 2007 ( Orazi, ndr.). Lui, bravo amministratore, in questi dieci anni, che ha fatto? Non poteva  pian piano riportare i conti dell'Arena sulla giusta strada? No, s'è dato lo stipendio più alto di tutti i sovrintendente italiani, e crediamo anche un premio di produzione aggiuntivo - causa produzione maggior debito - si è nominato anche un vice direttore artistico - solo per restare nelle cose che traspaiono all'esterno, mentre  gettiamo un velo pietoso sulla pessima amministrazione della fondazione, già stigmatizzata da mezzo mondo musicale al momento, lo scorso anno, della sua riconferma quinquennale, strenuamente voluta da Tosi, e contro la quale Zaia, il fiero  leone veneto, non ha mosso un dito se non per benedirla. Poi la scissione nella Lega, gli ha fatto cambiare idea e quella benedizione si è trasformata  nel 'pollice verso'  contro Tosi, Girondini, ed ora contro la stessa Fondazione Arena, a favore di Venezia. E Chiarot, a capo della Fenice, che replica sommessamente,  un incomprensibile 'vediamo, ma prima salviamo Verona dalla bancarotta'.

 Anche a Firenze le acque sono agitatissime,  e gli argini del suo fiume  non reggono all'urto e sprofondano. Nardella, che dal suo compagno Renzi ha avuto in premio svariati milioni per completare il nuovo teatro dell'opera, è in rotta di collisione con il sovrintendente Bianchi, messo lì da lui e da Renzi ed ora sul gozzo sia a lui che a Renzi- ma nessuno dei due vuol darlo a vedere - ed al teatro  tutto intero. Bianchi ha un teatro divorato dai debiti e dal deficit, e che ti fa? alla chetichella, aumenta gli stipendi ai manager - all'insaputa di Nardella, come ha dichiarato l'interessato - sebbene egli presieda il Consiglio di indirizzo. Insomma nella merda fin sopra i capelli.
Nardella dice di voler attendere l'incontro già fissato ai primi di giugno con Francechini, il famelico ministro, quando forse verrà messo a parte del manifesto funebre già pronto in tipografia per gran parte delle Fondazioni liriche. Ed allora, almeno in quel caso, non così improbabile, vogliamo vedere se il mondo musicale italiano marcerà compatto contro Franceschini, magari portandolo in ceppi nel Colosseo restaurato e  liberando dalle gabbie qualche leone tenuto a stecchetto perchè si avventi, famelico, sulla preda ministeriale.

William Kentridge ringrazia tutti eccetto Claudio Parisi Presicce, sovrintendente capitolino ai beni culturali, reo di leggerezza ed insensibilità

Ancora ieri il Sovrintendente capitolino ai beni culturali, Claudio Parisi Presicce, sull'affaire 'fregio di Kentridge sui muraglioni del Tevere' tentava di salvare 'capra e cavoli': Capra - se medesimo, secondo la felicissima locuzione inventata da Sgarbi, giacché nella vergognosa intervista pubblicata da Repubblica dimostrava essere l'unico a non aver considerato che le bancarelle sui bordi del fiume avrebbero offeso il fregio di Kentridge, ed addirittura - fuori di testa -  si azzardava a dire che il flusso di passeggiatori sulle rive del fiume sarebbe andato ad ingrossare il numero dei visitatori interessati alla singolare opera appena inaugurata;  Cavoli -   e cioè le bancarelle, non considerando che sicuramente le mercanzie esposte avrebbero, metaforicamente, sprigionato un odore nauseabondo,  sotto il segno ispirato di bellezza di Kentridge.
 La riunione convocata da Tronca in Campidoglio, durante la quale sicuramente il Commissario - se anche lui non 'sta fuori come un balcone', come si dice a Roma - avrà strigliato il suo sovrintendente, l'unico a non capire e a non dare, in tempo, disposizione per lo spostamento delle bancarelle, ha accolto le richieste di artisti e degli stessi organizzatori della kermesse a bordo fiume, più illuminati e ragionevoli dello stesso Sovrintendente capitolino, ed ha spostato, con il loro consenso, di 500 metri le bancarelle, lasciando libero alla vista il fregio di Kentridge. Davanti al quale non ci saranno bancarelle, bensì concerti, teatro e visite guidate.
 L'artista, appena saputo della decisione, ha ringraziato tutti, eccetto il Sovrintendente capitolino, il cui nome  è scomparso anche da tutti i resoconti giornalistici,  e suona come generale condanna della sua inefficienza ed insensibilità verso un argomento che è prerogativa del suo incarico a Roma.
 Ma non è la  sua prima  scivolata.  Come si è saputo tardi, il suo nome è apparso anche nell'inchiesta sulle statue ingabbiate, altra decisione, la cui responsabilità ha cercato in ogni modo di scrollarsi di dosso, nella quella, come è emerso dopo,  lui c'entra e come, nel senso che non ha valutato a dovere l'impatto di quell'ingabbiamento. Questa di oggi, a causa della sua cecità, è per lo meno la seconda figuraccia di Roma agli occhi del mondo.
Dobbiamo solo  sperare che alla prossima tornata di nomine, qualcuno - chi di dovere- se ne ricordi, e lo trombi.

RAI. UnoMattina. Franco Di Mare cita Don Milani: più scuole meno soldati

Alla vigilia del termine del ciclo invernale di 'Uno Mattina' di Rai 1, Franco Di Mare, nella sua rubrica quotidiana 'Sarò Franco', si sofferma a parlare della scuola , della cultura, del teatro. Per diverse ragioni. Accenna ad una determinazione assunta qualche giorno fa , a trent'anni dalla morte di Giovanni Falcone, dal Ministero dell'Istruzione, con la quale si rende più semplice ai carcerati l'accesso alla Scuola ed all'Università , convinti che un libro letto può togliere braccia alla criminalità. Ed ha ragione. A sostegno cita  Don Milani che che nella guerra alla criminalità, al degrado faceva più affidamento sulle scuole che sui soldati. Come dargli torto?

Ma non le scuole di Don Milani, non erano certamente le scuole 'sgarrupate', dove trascorrendo ogni giorno tante ore i ragazzi non imparano ad amare la società di domani; riflettendo che, se oggi la società non pensa a loro, come può pensarci domani, aprendo  per loro speranze per il loro futuro? E neanche gli insegnanti 'sgarrupati' sono utili alla causa.
Sempre, qualunque governo, chiunque si sia insediato  al Ministero di Viale Trastevere, hanno proclamato la scuola  priorità del nostro paese; sena di essa - hanno sottolineato - il paese non può migliorare. Proclami  ripetuti fino alla noia, ma rimasti il più delle volte lettera morta. Anzi a dispetto di quei proclami, ogni tanto si trova anche il modo di dare addosso alla scuola ed agli insegnanti.
L'ultimo esempio, ieri sera, 'La Gabbia'  di Gianluigi Paragone, della La7, che ha toccato l'argomento caldo, avvicinandosi l'estate, delle 'lezioni private' che fruttano - cifre alla mano - 'in nero' agli insegnanti intorno al miliardo di Euro. Sì, è vero, le lezioni private sono una sorta di 'ammortizzatore' per l'insegnante con famiglia che ha, in Italia, stipendi  più bassi di qualunque altro paese europeo vicino a noi ( dalla Spagna alla Francia alla Germania e via proseguendo).

Anche il Governo di Renzi ha detto di voler investire sulla scuola. Vero, ma le scuole  sono tuttora cadenti ed  hanno bisogno di fondi per il restauro - fondi più volte promessi ma di cui non si conosce la destinazione e l'utilizzo finale . E  per gli insegnanti, senza i quali la scuola non può funzionare a dovere, da anni si promette di  migliorare la loro condizione retributiva, ma ogni volta, in Italia, c'è qualche emergenza che  si fotte anche quei fondi, pochi, destinati a loro.  E così un insegnante che ha bisogno di acquistare dei libri, di aggiornarsi  ci pensa due volte avendo una famiglia da sfamare, e comunque si dà una mano, anche ricorrendo alle lezioni private.

Poi Franco Di Mare ha allargato il discorso alla cultura, come antidoto al malaffare, mettendo sotto gli occhi di tutti un altro episodio, ancora in Sicilia, di qualche giorno fa.
 Allo Stabile di Catania, intitolato a Giovanni Verga, si rappresentava Re Lear davanti ad una platea di studenti. Nel mezzo della rappresentazione, davanti a quella folla attonita di ragazzi, un ufficiale giudiziario s'è presentato per sequestrare intanto delle poltrone, onde pagare il cachet ad una attrice che  si era rivolta per ottenere giustizia amministrativa al tribunale. Ci è voluto del tempo prima che l'ufficiale  recedesse dalla sua decisione, rimandando l'esecuzione del mandato ad un altro momento meno inopportuno e stridente con la situazione.
Ecco, rilevava Di Mare, da un lato si portano i ragazzi dalla scuola a teatro, convinti che la cultura  possa renderli liberi, farli crescere, formarli, aiutarli a  socializzare, dall'altro il potere costituito, con l'inopportunità dei suoi atti, agisce in dispregio di ogni  principio che, a parole, si sbraccia a difendere.
 Insomma occorre decidersi. Se la scuola prima, e la cultura in generale poi, fanno migliore questa nostra società, non bastano le parole. E l'esercito non può fare molto. Parola di Don Milani.

mercoledì 25 maggio 2016

Duro colpo alla libertà di stampa. La casta della vergogna si autodifende ( dal sito di Franco Abruzzo)

Diffamazione, la casta si blinda. La Commissione Giustizia del Senato ha approvato all’unanimità una norma che prevede il carcere fino a nove anni per il giornalista che diffama a mezzo stampa un politico o un magistrato. Chi invece scrive cose sbagliate su un cittadino viene condannato a sei anni di reclusione. La protesta dell’Ordine e della Fnsi.

Roma, 25 maggio 2916 - La Commissione Giustizia del Senato ha approvato all’unanimità una norma che prevede il carcere fino a nove anni per il giornalista che diffama a mezzo stampa un politico o un magistrato. Chi invece scrive cose sbagliate su un cittadino viene condannato a sei anni di reclusione. Il Comitato esecutivo dell’Ordine dei Giornalisti, riunitosi a Roma, osserva che da un lato si sbandiera come già realizzata (ma di fatto insabbiata) l’abolizione del carcere per la diffamazione a mezzo stampa, dall’altro, con un blitz, si inaspriscono le pene determinando una disparità di trattamento tra politici e magistrati - che vengono considerati cittadini di serie A - e tutti gli altri. Non può essere giustificabile la  motivazione secondo cui il provvedimento nasce da una presunta tutela degli amministratori pubblici da intimidazioni, violenze o minacce finalizzate a bloccarne il mandato. Anzi, in realtà si accentua il tentativo di intimidire i giornalisti limitando il diritto dei cittadini ad essere informati. (www.odg,it)

Umberto Broccoli avrebbe fatto meglio di Claudio Parisi Presicce. A proposito del fregio sul Tevere di Willam Kentridge

Sicuramente l'ex sovrintendente capitolino del gabinetto Alemanno, Umberto Broccoli, avrebbe fatto meglio dell'attuale, Claudio Parisi Presicce, messo lì da Marino, in una questione scandalosa sotto gli occhi di tutti, riguardante il grande fregio di William Kentridge sui muraglioni del Tevere.
L'altro ieri la mondanità convenuta all'Opera di Roma per la Traviata di Valentino-Coppola (ed anche di Giuseppe Verdi, se vogliamo dirla tutta) aveva inneggiato al risveglio culturale di Roma citando appunto oltre che l'opera nel teatro della capitale, la notte dei musei e il grande fregio di Kentridge;  e già oggi  su quel fregio arrivano i primi schizzi di merda 'Capitale'.
 Sulle banchine del Tevere si stanno montando le tende, che ospiteranno le bancarelle, per la kermesse dell'Estate che Tronca ha quasi decimato lasciando in piedi proprio la fetta sulle rive del Tevere che suona di offesa all'opera del grande artista, la occultano, e frantumano. Il prossimo artista invitato a lavorare per la Capitale ci penserà due volte prima di accettare, con questi chiari di luna.
 Kentridge, sconsolato, alza le mani al cielo, non sa che dire; il sovrintendente, invece, azzarda perfino che le bancarelle promuoveranno l'opera di Kentridge, perché i visitatori delle bancarelle avranno occhi solo per quella singolare opera. E che loro andranno lì attratti dall'opera di Kentridge, e non per le cianfrusaglie esposte sulle bancarelle.
Faccia di bronzo di un sovrintendente che, nel tentativo di tirarsi fuori dal pasticcio in cui s'è cacciato da solo, ha anche detto che quando s'è parlato con Tronca dell'Estate romana, lui ha dato il suo assenso allo svolgimento della kermesse sulle rive del fiume. E le bancarelle? Pensava  alla kermesse, ma non alle bancarelle. Era l'unico a pensarla così. Naturalmente non sì è posto il problema dell'inopportunità di montare  quelle orrende bancarelle davanti al fregio.
 Chiederà agli organizzatori di montarle distanti dai muraglioni, con la conseguenza più ovvia e prevedibile, che qualche visitatore cadrà in acqua e poi daranno la colpa al pittore che aveva avuto quella idea balzana, senza pensare che quelle rive appartengono all'Estate romana, che Tronca ha rivitalizzato, finanziato lautamente ed allargato a suo modo; e così,  dell'Estate romana al tempo di Tronca, potrebbero restare solo quelle bancarelle che recano offesa all'opera di Kentridge.
Intanto il commissario, che ha mostrato sempre grande attenzione verso la cultura - e si vede, anche in questo caso - ha convocato una riunione in Campidoglio. Sicuramente  la soluzione che adotterà sarà più blasfema delle stesse bancarelle.

martedì 24 maggio 2016

Il COMMISSARIO TRONCA UNO DUE E TRE

Il commissario straordinario di Roma che fra qualche settimana è in partenza per altri lidi ma che molti vorrebbero commissario per tutta la prossima legislatura e magari anche per le seguenti - e non se ne capiscono i grandi meriti - oggi ha fatto alcune sortite pubbliche  imbarazzanti,  e per la loro inutilità pratica  e per l'evidente  contraddittorietà  con altre sue recenti determinazioni.

 Passiamo sopra volentieri alla faccenda delle case e dei beni immobili del Comune, sulla quale sembrava deciso e determinato ad andare fino in fondo, ma della quale non si sa più nulla da tempo, dopo il clamore iniziale, al punto da far promettere ai candidati sindaci,  cogliendo la palla al balzo, che, a differenza di Tronca, il giorno dopo l'elezione pubblicherebbero l'elenco completo - senza riguardo per nessuno - degli attuali occupanti, per sbugiardarli davanti a tutti, soprattutto a quelli che hanno veramente bisogno di una casa, ne avrebbero anche diritto e non l'hanno, perché la casa che spetterebbe a loro è stata offerta a prezzi di favore e fuori mercato al potente 'ladrone'  di turno.

Oggi dalla convocazione di Tronca sulla cultura ed i suoi bisogni tutti si attendevano non solo le cifre dei bisogni ma anche quelle dei fondi disponibili. E, invece, la solita lagna, esattamente come faceva il sindaco che lui è venuto a sostituire. "Il patrimonio artistico della città , elencato nel dettaglio quello bisognoso di cure ordinarie e straordinarie, è immenso" - grazie per avercelo detto. "Gli interventi necessari hanno bisogno di 500 milioni di Euro" - ed anche questo più o meno lo si sapeva. Ciò che di nuovo ha detto Tronca, e questo davvero non lo si sapeva, è che "c'è bisogno di mecenati privati", ai quali si è rivolto con un appello accorato e sincero. Ma inutile.
Marino, almeno un piccolo sforzo l'aveva fatto, andando nei paesi arabi per sensibilizzare i ricchi sceicchi e donare fondi per mantenere lo splendore abbastanza appannato della grande Roma - che non è la squadra di pallone, anche quella appannata nello splendore e percorsa da polemiche.
Lui, Tronca, invece, cerca soldi, come il principe che cercava moglie ma che la trovo' solo dopo che si era dato da fare.
A che serve l'appello di Tronca se lui, o chi per lui, non si muovono concretamente? Pensa forse che i mecenati, sentito il suo straziante appello, si mettano in fila per bussare alle porte del suo ufficio, chiedendo di poter riempire di denaro fresco la cassa comunale? E perché non si è rivolto a Franceschini, magari  per il tramite della sua consorte, Michela Di Biase, già a capo della Commissione cultura del Comune con Marino, per avere da lui la prima tranche di fondi di una ventina di milioni - poca cosa, ma per cominciare vanno anche bene - distogliendoli da quell'insano inutile progetto di ricostruire in legno la platea del Colosseo?

E poi sul finire della sua conferenza, Tronca, si è rivolto ai singoli cittadini con un appello, questo davvero nuovo ed inatteso. "Vorrei che ogni cittadino, un privato cittadino, adotti la sua strada per curarne il decoro". Ma va, Tronca, chi te l'ha data questa geniale idea, in Italia fuori moda e non praticata? Sarebbe bello, anzi bellissimo. Solo che... non più tardi di qualche settimana fa, abbiamo letto sui giornali che il  Comune - forse non era quello di Tronca, o Tronca pensava ad altro, o ha lasciato fare? - ha ingiunto a dei cittadini che curavano la manutenzione delle aiuole della loro strada di desistere,  se non volevano incorrere in multe salate, perchè era compito dell'assessorato al decoro del Comune che, come  si capisce ed era facile immaginare nel disastro generale della città commissariata da Tronca, le hanno fatte andare in malora. Allora Tronca?

 O lei è andato in confusione, ed è quindi giunta l'ora che si prenda un periodo di riposo, oppure deve controllare ogni volta ciò che gli scrivono e gli dicono di dire, perchè c'è qualcuno che vuol farla scivolare platealmente;  e se le accadesse sarebbe impossibile ricostruirsi una onorabilità.

Teatro dell'Opera di Roma. Nel 'tiro sulla Traviata' oggi i due più diffusi giornali italiani si sono scambiati i ruoli

Ieri, fermandoci ai due più diffusi quotidiani italiani, abbiamo constatato che uno aveva sparato a zero sulla Traviata e l'altro invece  l' aveva lodata contro oggi limite di decenza. Nel primo caso ne aveva scritto abbastanza male il critico musicale di quel giornale ( Corriere), nel secondo una nuova penna di cronista ( Repubblica).
 Oggi i due  fogli si sono scambiati i ruoli. Su Repubblica è intervenuto il critico musicale che, sposando le stessi tesi del suo compagno di scrittura del Corriere, poco o nulla ha salvato della musica di Traviata - un melodramma, è bene ricordarlo, non un film o una sfilata di moda - dal direttore ai cantanti. Alla regia non accenna, tanto ci ha pensato ieri il suo collega del Corriere quando ha scritto che semplicemente non c'era. E comunque anche il critico di Repubblica s'attendeva qualcosa di più dalla talentuosa regista che nel cinema ha offerto già prove di gran pregio e premiatissime.
 La bocciatura del Corriere deve aver scosso le stanze alte del Costanzi che hanno reagito con maniere spicce, al punto che hanno fatto intervenire il 'difensore di complemento', Cappelli, della gestione Fuortes-Vlad dell'Opera di Roma, che ...finalmente è risorta, ... e non si vedeva da tempo tanta bella gente e personalità (quali?) ad una prima dell'opera e che l'Opera - questa dei suoi amici Fuortes -Vlad - è un'altra storia. Il critico musicale del suo stesso giornale dica quel che vuole.
 E Repubblica? Quando si sono accorti in redazione che il critico musicale si era schierato sulle stesse posizioni, non laudative, del suo compagno d'armi del foglio concorrente, prima ancora di ricevere le strigliate di Valentino e Fuortes, sono corsi ai ripari e, nella 'romana' hanno fatto intervenire due mammasantissima, Rutelli e Melandri - dimenticatissimi ex ministri della cultura - a difesa e in lode dell'Opera di Fuortes.
 Così Rutelli: Partecipazione e respiro internazionale. L'opera realizzata da Valentino e Fuortes con l'eleganza di Sofia Coppola ha richiamato PERSONALITA' DI LIVELLO (...se Rutelli fosse in grado di fare un solo nome! ).
E la Melandri - che da ministro della cultura preferì una cena all'Hilton alla serata inaugurale della Scala, e che solo per questo dovrebbe tacere e contentarsi che le hanno dato quel giocattolino del MAXXI senza  merito e senza competenza - conferma, ricordando che esiste anche il suo Museo aperto gratuitamente dal martedì al venerdì.
 Ma a riequilibrare le cose, messe in subbuglio da quell'irresponsabile del critico musicale ci aveva già  pensato l'autore dell'articolo riparatore: " Le creazioni di Valentino e la regia di Sofia Coppola per una Traviata da RECORD: ieri nel giorno della prima ( l'altro ieri, a dir il vero, ndr.), ATTORI E STAR INTERNAZIONALI HANNO CONSUMATO I FLASH DEI FOTOGRAFI (serata da urlo!) E il botteghino del teatro ha già staccato (per le 15 REPLICHE QUINDICI, 1600 posti disponibili ogni recita),  BIGLIETTI per 1,2 MILIONI DI EURO". VILLATICO, TIE'!

lunedì 23 maggio 2016

L'Opera di Roma riluce di modernità e mondanità

 Da tempo non si leggevano all'indomani di uno spettacolo d'opera nel teatro della Capitale, resoconti immediati, come accaduto dopo la 'Serata Valentino' che ha messo in secondo ordine la vera protagonista della serata  e cioè la Traviata del grande Verdi.
 In genere si attende quasi la fine delle repliche - e comunque non prima della domenica successiva al debutto -  repliche, che  in questo caso saranno tante e dureranno, dopo una pausa intermedia, fin verso la fine di giugno, anche per guadagnare qualche soldo onde coprire lo spropositato  ed ingiurioso costo della produzione, tutto compreso. Questa volta no.

Ma, curiosamente,  delle due cronache che abbiamo letto,  solo una si dilungava sull'elemento musica, dopo aver accennato alla mondanità  presente,  per non dirne un gran bene, e per criticare perfino la scelta del direttore Bignamini, inadeguato, benchè tenuto in palmo di mano da  qualche intenditore che poi critica i giovanotti che si affacciavano dalla buca del Piermarini, nell'epoca Lissner.  E la regia? Che ci sia ciascun lo dice,  'dove sia nessun lo sa'. Parola di illustre critico.

L'altra, invece, affidata a firma nuova di zecca del quotidiano di Via Cristoforo Colombo, nuova gestione, in ben due paginate racconta della serata 'glam'- la parole che attendavamo finalmente compare.  Ci conferma che non mancava nessuno all'Opera di Roma aperta alla modernità, con le regie, ed alla mondanità con le serate alla Valentino-Coppola.
 E poi inneggia al salvatore dell'Opera, Carlo Fuortes, che ha cancellato i debiti - chiariamo: ha utilizzato la Legge Bray che permette di  prendere dei soldi a tasso zero da restituire nel tempo, per sanare i debiti che forse questa nuova Traviata rischia di creare nuovamente - ed ha fatto rinascere il Teatro dell'Opera, con  per  la presenza della mondanità - come dice anche Balzaretti, in arte Abbagnato, che constata come un teatro al collasso con l'arrivo di Fuortes, sia ora diventato 'un gioiello e un motivo di orgoglio per la città'
 Il giornale non  s'arrischia di aprire il discorso sulla musica - potrebbe sempre opporre non essere di sua competenza, avanzando: che c'entra la musica? - per non rovinare la festa.

A Francesco Telli, presidente della Fondazione 'Valentino Bucchi', che senza Liliana non sarebbe neppure esistita

Due righe due  sul sito della Fondazione (sul quale dovrebbe apparire - ma ora è in lavorazione - il bando di concorso del prossimo premio di Composizione 'Valentino Buicchi', organizzato in collaborazione con il CIDIM e  Musica per Roma, con scadenza metà giugno)  per porgere le condoglianze alla famiglia di Marco Pannella. Ed uno si chiede la ragione delle condoglianze. Esistevano forse legami  fra la Fondazione 'Bucchi' ed il leader radicale? Certamente no, ed anche  il sito ufficiale che  traccia la storia della Fondazione medesima, già Associazione musicale 'Valentino Bucchi' dalla fine degli anni Settanta, non scioglie l'arcano. Anche perché all'origine ed alla base della sua presidenza, di Francesco Telli, c'è un 'matricidio'  che ha che fare con la famiglia di Pannella, del quale ovviamente si  continua a tacere - e si è taciuto anche quando la Fondazione è stata scippata assieme al concorso, dalle mani della fondatrice, e riversata in quelle insanguinate di Telli, per finire nel calderone di Musica per Roma.
 L'Associazione  e  la Fondazione 'Bucchi' non sarebbero mai esistite senza Liliana: Liliana Pannella , sorella di Marco,  morta lo scorso agosto, donna con la stessa tempra del fratello nel difendere le proprie idee e nel battersi contro l'intero mondo musicale a difesa di cause nobilissime, di cui chissà se Telli ha preso il testimone.
 Nel sito ufficiale si narra la storia della Associazione e della Fondazione, ma il nome di Liliana non  viene mai fatto. Telli ha paura di quel nome: Ma ha forse paura anche del naturale e spontaneo paragone che chiunque conosceva Liliana, come noi, farebbe immediatamente con lui?  Certamente, altrimenti perché cancellare del tutto, anche dalla storia della Fondazione,  il nome e la figura di Liliana Pannella, come non fosse mai esistita?

domenica 22 maggio 2016

L'Opera di Roma omaggia il cinema e la moda. Serata Valentino per 'Traviata'

Dopo le notizie sullo spropositato costo (1.800.000 Euro) della Traviata che domani sera debutterà sul palcoscenico dell'Opera di Roma, i dirigenti del teatro si sono affannati a precisare, a proposito della 'Serata Valentino', che  quella di ieri sera non era una recita, bensì un'anteprima.
Perchè una simile precisazione? Per chiarire subito che al costo spropositato di questa inutile Traviata non vanno aggiunte altre spese per la serata speciale che è da considerarsi, a tutti gli effetti - ovvero ai soli effetti del pagamento del cachet agli artisti scritturati ! - una prova, ulteriore, prima del debutto ufficiale, con il quale le recite sono pagate ( in Italia le prove non sono retribuite!)
 Assistiamo perplessi a tutto il clamore attorno a questa nuova produzione - costosissima, non ci stancheremo di ripeterlo -  che dovrebbe, dopo tanti anni,  tornare a far splendere la stella dell'Opera di Roma, retta da Carlo Fuortes. E sarebbe questa la grande serata all'Opera?
A noi che per  tanti anni abbiamo frequentato le 'prime' dell'Opera romana tanto clamore ci fa venire in mente lo spettacolo, quasi sempre indecente, al quale ad ogni prima abbiamo assistito, leggendo sulle loro facce, segnate dal tempo ed anche dal ridicolo nello stesso tempo, i segni della indifferenza all'opera. A cominciare dal palco cosiddetto 'reale' dal quale si affacciavano creature indegne di starci, ringalluzzite dalla reggenza Alemanno- De Martino.
Non sappiamo se anche nell'era  Tronca-Fuortes questo indecente spettacolo continui. Certo è che la 'Serata Valentino' da ciò che raccontano le foto al solo guardarle,  ci dicono di tanti volti noti del bel mondo trascinati al Costanzi dal doppio invito degli autori dello spettacolo, e cioè dalla solidale amicizia con Valentino, che per fasciarne alcune dirompenti ha dovuto rinforzare con fil di ferro i suoi abiti, e  con Sofia Coppola.
 Ovvio che in questa cronaca semitragica, non ci sia spazio per dirci dell'esecuzione musicale -  non si trattava di un'opera? - dei cantanti, del direttore, dell'orchestra oltre che della regia.  Senza capire che dopo averci detto che gli abiti disegnati dal grande stilista - che poi ha disegnato solo quelli di Violetta, gli altri recano la firma degli stilisti della maison - erano  'rosso valentino', o 'più valentino del valentino stesso' che altro aggiungere? Che Maria elena Boschi, giunta a braccio con Giachetti, era la peggio vestita ( a Firenze in rosso al nuovo Teatro dell'Opera,  il rosso fuoco del suo abito lungo era meno 'mortaccino' ).
Nelle scarne cronache di ieri sera, affidate per lo più alle immagini delle belle che si sono fiondate da Cannes a Roma, senza neppure cambiarsi d'abito, per far da corona al loro stilista preferito, non c'era spazio per nient'altro, neanche per la cena, nel caso avesse avuto luogo, alla fine della rappresentazione.
Per la prima di domani, sappiamo solo che è d'obbligo l'abito lungo per le signore e lo smoking per i signori. Insomma una serata di gala.
Che Verdi li perdoni.

Maurice Ravel, Joan Mirò e, scusate, Gigi Marzullo

Ieri scrivevamo del diritto d'autore, ricordando una delle battaglie condotte dall'infaticabile lottatrice Liliana Pannella, morta un anno fa circa, nel silenzio generale. Lei si era battuta perché l'estensione della protezione non venisse ulteriormente allungata ( oggi è settant'anni dopo la morte dell'autore), convinta che più che giovare nuocesse all'autore, constatando che, terminata la protezione, le opere degli artisti, in ogni campo, compreso quello letterario,  subiscono una impennata di vendite e diffusione - come giustamente, su dati concreti, ragionava Liliana.
 Ora la questione  dei diritti è stata posta all'omologa società francese che li tutela, la Sacem, su Ravel, più precisamente su uno dei brani più famosi ed eseguiti, il suo Bolero. In questo caso si sono fatti vivi, allo scadere dei settant'anni, non gli eredi di Ravel bensì quelli del coreografo che  accompagnò con la sua opera il Bolero raveliano, e cioè Benois. Pretendendo che il Bolero venga considerato insieme opera musicale e coreografica e, dunque, non essendo trascorsi ancora 70 dalla morte del coreografo, i suoi eredi reclamano il pagamento dei diritti. La Sacem, omologa della nostra SIAE, ha risposto picche. E bene ha fatto. Bolero è di Ravel e solo suo, Benois ha scritto successivamente una coreografia sul celebre brano. Evidentemente agli eredi del coreografo non bastano i diritti della coreografia, ove eventualmente utilizzata, vogliono, in quota parte,  anche quelli del Bolero che ora, e per l'avvenire, non potrà più pretendere. E, sicuramente, verrà eseguito più di prima - parola di Liliana Pannella.

 Il nipote del celebre pittore Joan Mirò - che prima di diventare famoso e ricco aveva anche conosciuto la fame - ha devoluto il ricavato dalla vendita  di alcune opere ai migranti, sempre di più, sempre più poveri e bistrattati.
Leggendo una simile notizia, riportata da tutti i giornali, ci si immagina che il nipote di un così grande pittore, abbia destinato ai migranti una considerevole somma, visto le altissime quotazioni delle opere di suo nonno. E, invece, ha destinato una miseria: sui 60.000 Euro. Meglio che niente, si dirà, però che vergogna: tanto chiasso per una miseria? A diffondere la notizia ha fatto veramente una figuraccia agli occhi del mondo, lui che, con una sola opera del nonno, delle tante ancora di cui ha la proprietà, potrebbe ricavare milioni di Euro. Perchè non devolvere i milioni piuttosto che le poche migliaia, come ha fatto?

In fondo ai piedi di due giganti, ce ne  scusiamo, Gigi Marzullo, di Avellino, da oltre trent'anni padrone della fascia notturna di Rai1  e per tanti anni, RESPONSABILE della CULTURA, sempre per Rai 1- che solo a scriverlo viene da ridere.
In Rai  succede di tutto, ad ogni cambio  di dirigenti, l'ultimo con Campo Dall'Orto. Trasmissioni che vengono cancellate o aperte, conduttori licenziati o trasferiti,  e nuovi che vengono assoldati, ma Marzullo resta lì, nessuno lo tocca. Non ottennero nulla le migliaia di cittadini e personalità che firmarono qualche tempo fa un appello per mandare a casa Marzullo. Neppure i potenti dirigenti da poco approdati a Viale Mazzini possono nulla contro Marzullo, l'intoccabile. Perchè? Non ci vengano a dire che, in fondo,  è relegato nella notte televisiva e  non fa male a nessuno. No, fa male, se non altro perchè uno, svegliandosi insonne,  becca uno spavento se accendendo la televisione, si ritrova la sua faccia  circondata dalle altre, sempre le solite, della solita compagnia di giro, nel 'suo' cinematografo ed altre amenità. Se uno pensa poi al suo incarico di 'responsabile della cultura' per la rete ammiraglia Rai, si rende conto di come siamo finiti in basso. Dove resteremo. perchè ora c'è solo da aspettare l'età della pensione di Marzullo ( ci andrà da dirigente con lauta pensione e lautisima liquidazione). Ma forse allora, ritenendolo indispensabile,  faranno una eccezione e lo nomineranno direttore generale della Rai.

sabato 21 maggio 2016

Teatro dell'Opera di Roma: record su record. Anche record di vergogna.

Fino a qualche giorno fa il record delle presenze all'Opera di Roma, lo deteneva il balletto di un   Natale fa,  Schiaccianoci,  spettacolo seguito alla Rusalka inaugurale, al contrario senza record.
Prima del balletto - sulle cui presenze si erano rincorse voci ed anche correzioni(n 900.000 Euro di incasso, 20.000 presenze) se è vero che le numerose repliche, tutte esaurite ed anzi assalite al botteghino, avevano lasciato ogni sera vuoti, conti da una parte e  dichiarazioni dell'ufficio stampa riportate dai giornali pecoroni dall'altra,  quasi  1/3 dei posti disponibili - il record di presenze era detenuto da una Traviata, appunto, di molti anni fa che aveva registrato in tutte le repliche 15.000 presenze circa.
 Ora la Traviata 'glamour', '4.0' , della coppia Valentino -Coppola, per la parte visiva e registica  e di Jader Bignamini - tanto amato dal nostro illustre collega Isotta e dunque ingaggiato dal suo pupillo Vlad Alessio - supererà anche questi precedenti record. Non ci si dice ancora delle presenze - ma sicuramente sarà tutto esaurito, nonostante che il cartellone preveda molte repliche ed una ripresa addirittura a fine giugno - ma ci si dice del costo complessivo, -VERGOGNOSO! - dell'operazione 'Traviata' all'Opera di Roma: 1.800.000 Euro circa, quanto forse neanche la Scala spende più per l'opera inaugurale, per la quale, al contrario di Roma, nella sola serata di sant'Ambrogio incassa sui 2.000.000 circa - dei quali dall'andamento del botteghino, sembra si siano già avute entrate per 1.200.000 circa.
Va bene per le entrate, ma a quale criterio si ispira la spesa di quasi 2.000.000 per un'opera? A quello segnalato dai giornali tutti - sostenitori del sovrintendente e del nuovo fulgente corso del teatro - e cioè che da tempo non si vedeva una rappresentazione di siffatta maniera? Quale maniera? Quella dello spettacolo ricco e costoso ( ma in che cosa è consistito il regalo della Fondazione Valentino? Forse solo nella gratuità dei disegni degli abiti, realizzati  nell'atelier dello stilista: solo quello di Violetta è costato 800 ore di lavoro, che vuol dire 100 giornate lavorative?
  Tutte le recite di Traviata non riusciranno a ripagare il costo della rappresentazione; solo con l'utilizzo dell'allestimento in altri teatri - ha dichiarato Fuortes - si guadagnerà qualche soldo, detratte le enormi spese della sua realizzazione, che dalle recite romane non sarà coperta del tutto.
 E' questa la buona gestione del sovrintendente dei miracoli, Carlo Fuortes?

Marco Pannella e la compagna Liliana, sorella di sangue e di lotta

Guardando la tv, in questi giorni  di onori  generali e  calorosi a Marco Pannella dopo la sua morte, c'è venuta in mente sua sorella Liliana, Marco 'clonato', anche fisicamente.
Abbiamo cercato in rete, e siamo venuti a sapere che lei è  morta lo scorso 18 agosto, a 83 anni. E così abbiamo capito la ragione della sua assenza al funerale del fratello.
 Ma gli onori resi al fratello Marco, questi giorni, vanno estesi anche a Liliana, che noi abbiamo conosciuto molti anni fa,  e per un tempo  anche frequentato,  affiancandola nelle battaglie contro i nemici della musica. Che non è riuscita a sconfiggere ma ai quali un duro colpo - ne fummo testimoni - l'ha inferto ogni volta.
 Ricordiamo solo alcune di quelle battaglie sacrosante che lei ha combattuto con una tenacia ed una forza inimmaginabili in una donna fragile, solo in apparenza. Difficile, quasi impossibile, era starle dietro, come del resto per i tanti che hanno seguito, arrancando, dopo un pò, suo fratello nelle grandi battaglie civili, senza le quali l'Italia sarebbe più povera e meno a misura d'uomo.
 Come dimenticare la battaglia contro l'estensione della durata del diritto d'autore, nella quale ci coinvolse - e ne fummo pienamente convinti - al punto da partecipare ad alcune tavole rotonde di Radio radicale da lei organizzate e guidate. E poi la battaglia in difesa della diffusione della musica che la convinse a stampare musica e rivenderla al prezzo di 1 lira, che non esistendo in circolazione, veniva ceduta praticamente gratis. E poi la battaglia contro il 'noleggio', vero furto perpetrato dalle case editrici nei confronti delle istituzioni musicali.
Negli ultimi anni aveva alzato fortissima la sua voce contro il Ministero di Nastasi che ogni stagione, per punizione contro le ribellioni pubbliche e le pubbliche denunce, le tagliava in misura considerevole i contributi per le sue attività, a capo della Fondazione Bucchi, in special modo per il Concorso di composizione ed esecuzione, che non molti mesi fa le scipparono per farlo finire nel calderone di Musica per Roma, con scuse vergognose - le denunciammo a suo tempo - e senza il minimo riguardo per una persona cui la musica avrebbe dovuto erigere un monumento - MA NON L'HA FATTO! - come l'Italia a Marco, suo fratello e compagno di lotta, al quale lo farà ed intitolerà da subito anche una strada nella capitale.
 L'ultima immagine che abbiamo di Liliana davanti agli occhi, risale a pochissimi anni fa. Nella galleria intitolata ad Alberto Sordi, a lato di palazzo Chigi, Liliana, alla verde età di quasi ottant'anni, lottatrice fino alla fine, in versione 'ragazza sandwich' mentre distribuiva volantini per l'ultima sua battaglia in favore della musica (lei come suo fratello non hanno mai badato a se stessi, non si sono mai arricchiti, non hanno brigato per avere cariche ed incarichi ben remunerati e di potere), al collo appesi due manifesti che invitavano ad aderire al suo appello. Ciao Liliana,grazie.

ANFOLS & CONSERVATORI. Una proposta MOLESTA per dare speranza e futuro ai giovani musicisti italiani

Come ci ha confermato la cronaca di questi giorni - vedi la fine dell' EUYO - le orchestre, soprattutto giovanili, che si chiudono sono in numero maggiore di quelle che si aprono - che anzi non se ne aprono affatto, specie in Italia. Dove se ne sono chiuse tante. A cominciare dall'Orchestra giovanile di Santa Cecilia, la più gloriosa e con un reale futuro di lavoro - fatta chiudere da Berio, sindaco Rutelli, perché non si trovavano 400.000 Euro.  Mentre lo stesso Berio, elargiva compensi fuori merccato per le cosiddette 'lectio magistralis' di musicologi suo amici ( 70.000 Euro circa cadauno, lo abbiamo scritto tante volte a ridosso degli avvenimenti in oggetto), si aumentava il compenso come capo di Santa Cecilia: una eredità che Cagli ha mantenuto, fino al divieto di superare una certa soglia: 240.000,  anche Cagli ha goduto di un compenso stratosferico, oltre 300.000 Euro.
 La 'giovanile' di Santa Cecilia non venne più riaperta, anche sotto Cagli, perchè  -si disse - gli orchestrali illuminati della celebre orchestra non vedevano di buon occhio i giovani che si stavano facendo strada (ed anche, indirettamente, concorrenza?); e neanche Pappano ha ripreso quel progetto. Non ci si venga a dire che ora esiste la Juni Orchestra. E' un'altra cosa, iniziativa benemerita ma un'altra cosa.
 Qual è la situazione odierna, dopo la chiusura anche della Mozart (di cui si attende, almeno ce lo auguriamo, una prossima riapertura, per iniziativa privata!), dell'Orchestra Sinfonica di Roma, dell'Orchestra del Lazio, per fermarci al Lazio che conosciamo meglio?
E' la seguente. Orchestre giovanili non ve ne sono praticamente più. Salvo quelle create in ogni Conservatorio per soddisfare la pessima velleità di 'produrre', a ritmi forzati ( il Conservatorio di Roma, ad esempio, suona quasi ogni giorno dappertutto. Più volte ci siamo chiesti: ma quando studiano questi ragazzi?), anche durante gli anni di formazione.
Contemporaneamente sono nate iniziative didattiche di perfezionamento, dopo gli studi in Conservatorio, al fine di avviare praticamente i giovani musicisti alla professione. Ne sono nate alla Scala, al Maggio Fiorentino ( dal quale proprio in questi giorni arrivano voci allarmanti di default!), a Napoli ( San Carlo) e all'Accademia di Santa Cecilia, dove i corsi di perfezionamento sono fra i più antichi di Italia.
Senza contare, naturalmente, l'ottima  Scuola di Fiesole( che proprio in questi giorni ha visto un avvicendamento nella direzione, passata da Lucchesini a Meunier) che, in anni recenti, ha svolto magnificamente, nonostante le stupide contestazioni dei vari conservatori e dei loro docenti, il ruolo che l'assenza di accademie in Italia le ha delegato: quello cioè di avviare concretamente gli strumentisti più bravi all'esercizio della professione .Ora Fiesole ha ricevuto un riconoscimento ufficiale e si è consociata con alcuni Conservatori, come  Ferrara.
Volutamente, taciamo della tragica orte dell'Orchestra Nazionale dei Conservatori Italiani (ONC), affidata dal Ministero a mani incompetenti  e fatta perciò, di fatto, vivere in perenne stato comatoso.  Un'altra delle schifezze italiane  con la benedizione del Ministero.
 E veniamo alla nostra modestissima proposta indirizzata agli attuali, illuminati e lungimiranti  - detto senza ironia - reggitori dell'ANFOLS: Chiarot, presidente, Giambrone, vice.
  Le nostre fondazioni liriche devono, data l'attuale situazione, stabilire ciascuna rapporti stretti con i Conservatori della zona per fornire, senza lunghi spostamenti e senza spese per gli studenti, con regolarità, assistenza e formazione agli studenti più bravi, impegnando, per l'insegnamento, le prime parti delle loro orchestre. In tal modo si creerebbero automaticamente dei vivai dai quali 'raccogliere' i futuri sostituti degli strumentisti delle relative orchestre.
 Perché non si è fatto prima, se è cosa, all'apparenza, così semplice? Da parte dei Conservatori, perché gli insegnanti, ad ogni proposta di tal genere, si sentivano sottovalutati rispetto ai loro colleghi che lavorano in Orchestra; da parte delle Fondazioni liriche perché gli strumentisti fino ad oggi hanno difeso strenuamente i loro privilegi, gli orari di lavoro ecc...
I Conservatori, che fingono di sbracciarsi in difesa del futuro dei loro studenti, mettano da parte queste invidiuzze fra membri della medesima casta; le Fondazioni liriche si adoperino per far capire agli strumentisti che  fra i loro compiti ci deve essere anche quello di formare i futuri strumentisti.
E Conservatori e Fondazioni liriche tengano presente che gli uni e le altre  vivono con soldi pubblici. perché, nonostante l'inutile e velleitaria riforma 'Veltroni', senza la presenza dello Stato nessuna di queste istituzioni sopravviverebbe.
 E dunque comincino a modificare  certe  cattive abitudini, anche se sedimentate ed incancrenite, e collaborino per dare una speranza di futuro, una concreta e professionale formazione strumentale gratuita, e l'effettiva possibilità  ai giovani di prendere un domani il posto dei loro colleghi e maestri, quando dovessero andare in pensione. Naturalmente il più tardi possibile.

venerdì 20 maggio 2016

Stanno uccidendo anche la speranza dei giovani musicisti. Nel silenzio generale chiude l'EUYO.Tace l'Associazione nazionale critici musicali

Se non ci fossimo imbattuti, per caso, nella notizia della chiusura della EUYO ( Orchestra Giovanile dell'Unione europea),  pescata  fra le pieghe di una rivista on-line, non l'avremmo appresa neanche noi, pur leggendo ogni giorno tre quotidiani. Perchè? Forse perchè per i tanti giornalisti che si occupano di musica questa non è una notizia, è una delle morti, ritenute naturali, vittime della crisi economica. Comunque non è un giustificazione del silenzio. Come non si può giustificare il silenzio caduto anche su un'altra chiusura eccellente degli ultimi tempi, quella della Orchestra 'Mozart' fondata da Claudio Abbado - i cui discendenti si sono chiamati fuori, tanto era l'attaccamento all'opera del loro genitore - e che ora un gruppo di volenterosi tenta il tutto e per tutto per far rinascere, come del resto starebbero per fare i dirigenti della EUYO che chiedono l'aiuto di tutti.
 E' sorprendente l'indifferenza dell'intero mondo musicale che  sembra ragionare seconda la tragica logica 'mors tua vita mea'. Non è il primo caso in cui si riscontra tale colpevole sordità nei riguardi del futuro dei giovani musicisti, ai quali ormai si sbatte la porta in faccia, e si prospetta un futuro buio, senza speranza.
 La nostra insistenza, e non da oggi, sulla colpevolezza di alcune, ora più d'una, importanti istituzioni musicali italiane, finanziate con denaro pubblico, nei cui cartelloni sono rare, perfino più rare delle mosche bianche, le presenze di artisti italiani va proprio nella stessa direzione di questa denuncia. Che accusa anche il silenzio di tanti giornalisti che, facendo affari più o meno consistenti e frequenti con dette istituzioni, tacciono volutamente e colpevolmente delle tante incongruenze che si rivelano ad occhio nudo. Nessuno ne parla. Anzi la gran parte di tanti pezzi  che leggiamo, ha il tono del panegirico e del bollettino della vittoria.
 Avanti così ancora per un pò e poi potrà anche accadere che la presenza della musica anche sui giornali si ridurrà al lumicino o forse sparirà. Ed una mano la daranno anche le molte imbecillità che ci capita di leggere un giorno sì e l'altro pure.
 Inutile sottolineare, in questo come in altri casi, la colpevole cronica assenza e distrazione, ed il silenzio che ne consegue, dell' Associazione nazionale Critici musicali che raccoglia la crema di coloro che esercitano tale professione che si bea ormai quasi esclusivamente nell'attribuire , con cerimonia pubblica - quest'anno ai primi di giugno - dei famosissimi 'premi Abbiati', che, nella logica perversa, segnala i meriti mai i demeriti o le storture.

giovedì 19 maggio 2016

Chiude anche l'EUYO. L' Europa solo per la cultura ( e la musica) non ha soldi. VERGOGNA!

L'Orchestra Giovanile dell'Unione Europea (EUYO, ECYO) cesserà tutte le sue attività a partire dal 1 settembre 2016, confermando comunque le date della prossima tournée estiva.
Fondata nel 1976 a seguito di una risoluzione del Parlamento Europeo, e con il sostegno di Claudio Abbado che ne divenne primo Direttore Musicale, l'orchestra riunisce giovani musicisti di età compresa fra i 14 e i 24 anni provenienti da tutti gli stati membri dell'Unione Europea, nello spirito di rafforzare l'integrazione fra i diversi popoli attraverso la musica dei grandi compositori classici.
L'orchestra è stata sostenuta dal Programma Cultura dell'Unione fino all'inizio del 2014, quando il sostegno è venuto meno e si sono applicate altre forme di finanziamento meno regolari.
Si è così arrivati all'annuncio che l'orchestra non potrà più continuare a svolgere la sua attività a causa dei continui tagli ai finanziamenti comunitari.
Sul sito dell'orchestra è stata creata un'apposita pagina dove vengono illustrati tutti i possibili modi per dare sostegno con petizioni e lettere ai vertici della commissione cultura, oltre che con donazioni.


mercoledì 18 maggio 2016

La prossima 'Traviata' all'Opera di Roma sarà glam, 4.0. Anche pop? Pop no. Al pop provvede Santa Cecilia

Non scherziamo quando diciamo  che non sappiamo ancora se riusciremo a resistere alla prossima Traviata 'glam' che Sofia Coppola si appresta a presentare all'Opera di Roma, alla fine di questo mese di maggio, con l'assistenza, per i costumi, della maison Valentino che con questa Traviata ha voluto fare ha fatto un regalo all'Opera di Roma, l'ultimo in ordine di tempo alla bravura di Carlo Fuortes, come si va leggendo ogni giorno, a seguito dei successi, uno dietro l'altro, senza eccezione e senza soste, della sua stagione 4.0.
Sì perchè la  modernità, che fino all'altro ieri era indicata con la numerazione '2.0', non essendosi arrestata , prosegue, avanza e si aggiorna, giungendo ormai a quota '4.0'.
 Ma Traviata sarà anche 'pop' per attrarre nuovo e più vasto pubblico, prevedendo  prezzi 'popolari', cioè a dire - secondo il nuovo vocabolario dell comunicazione - 'pop'?
 No, al 'pop' provvede l'Accademia di Santa Cecilia che ai primi di luglio in quell'inospitalissimo Stadio del tennis al Foro Italico (dove qualche anno fa  andammo ad ascoltare Aznavour, rischiando, per poco, di rotolare per le ripide scalinate, senza nessun passamano) presenterà la Nona sinfonia di Beethoven, con la direzione di Antonio Pappano ed a prezzi popolari, prezzi 'pop' in un luogo popolarissimo, anzi 'pop'. Solo che la celebre sinfonia di Beethoven 'pop' non è, ed ancor meno si presta ad essere eseguita ed ascoltata in un luogo che, invece, è 'pop' dalla nascita, ma costruito  per tutt'altra destinazione che non la musica.
 Resta aperto il problema della nostra resistenza fisica e mentale al 'glam' - che tradotto significa 'fascino' ed anche ' fascino irresistibile' della prossima Traviata.
Domanda:  non si poteva avere una Traviata normale che il fascino ce l'ha di suo, anche senza Sofia Coppola e la maison Valentino?

L'italianità nella stagione 2016-17 dell'Accademia nazionale di Santa Cecilia è andata a farsi benedire.

Se avete qualche attimo di tempo, fate - come abbiamo fatto noi per l'ennesima volta per meravigliarci ed indignarci una volta ancora - questa prova.
L'esperimento è abbastanza istruttivo se si pensa ai vari proclami, anche di Pappano, sull'italianità del 'suono' dell'orchestra ceciliana e della tradizione in generale del nostro paese, sia vocale che strumentale.
Andate sul sito dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia,  guidata ora da Michele dall'Ongaro; sulla home page, cliccate in alto su 'area stampa', e vedrete anche le immagini di tutti gli artisti presenti nella stagione  prossima annunciata da qualche settimana.
Le foto presenti degli artisti inclusi nel prossimo cartellone sinfonico e cameristico, senza differenza di nazionalità ovviamente, sono 105. Non abbiamo controllato se sono tutti o se ne mancano alcuni, o se di qualcuno, per un raro caso, ve ne siano due di foto.
E gli artisti italiani?
Togliamo quelli che ormai appartengono al grande giro come Cecilia Bartoli, Sonia Ganassi, Daniele Gatti - che italiani vanno considerati ormai soltanto per l'anagrafe; togliete poi anche le prime parti dell'orchestra che partecipano in veste di solisti ad alcuni concerti ( Parazzoli, spalla, Carbonare, clarinetto, Briatore, viola) ed avrete, nudo e crudo, l'elenco degli artisti italiani invitati. Che sono Andrea Lucchesini, Beatrice Rana, e  Enrico Pace. Stop. A tre si riduce la presenza italiana nei prossimi cartelloni concertistici dell'Accademia nazionale di Santa Cecilia.