Non meravigliamoci del caso Lupi; il 'tengo famiglia' regna fin nella landa più sperduta della terra, oltre che naturalmente nei centri più sovraffollati e nelle capitali degli affari, in ogni campo ed in tutti i sensi.
Neppure un ministro sfugge alla tentazione di raccomandare suo figlio, nel giro di conoscenze (e dipendenze) del suo stesso dicastero, perchè lì può esercitare più che altrove e senza troppa fatica il suo potere, e quasi a dire che la difficoltà che ogni giovane incontra nell'ingresso al lavoro non risparmia neanche chi discende da nobili o potenti lombi.
E che questa situazione arrivi a lambire anche le loro superiori menti è finanche un bene, nella speranza che finalmente si rendano conto del problema grandissimo della disoccupazione giovanile e ci mettano mano e testa.
Naturalmente non ci si può scandalizzare per Lupi, e non farlo per tanti altri esponenti del mondo che conta , anche in Italia, quando simili casi emergano senza pudore. Noi lo abbiamo fatto tante volte, in passato, per il mondo musicale, incuranti se tali nostre osservazioni avrebbero potuto procurarci qualche fastidio. Che poi non ci hanno mai procurato, sia chiaro.
Lo facemmo con Abbado, addirittura negli anni in cui il direttore stava bene, quando a ridosso delle sue tournée in Italia con i Berliner, ne affidava l'organizzazione a sua figlia Alessandra ( già compensata, in coppia con Meli, della direzione di 'Ferrara Musica' ) e subito dopo spuntavano nelle stesse sedi toccate dalla sua tournée, le regie per l'altro suo figlio Daniele. Semplice coincidenza, naturalmente. All'epoca lo segnalammo con date ed istituzioni su una rivista che dirigevamo.
Tanto per non farci dire che ce l'abbiamo solo con Abbado, Muti che cosa ha fatto, dopo il Ravenna Festival, all'Opera di Roma, prima con sua moglie Cristina e poi con sua figlia Chiara?La stessa cosa di Abbado.
E cosa tanti anni fa, al tempo del suo esordio, fece Luciano Chailly, allora al vertice dell Scala? Fece assumere suo figlio Riccardo - meritevolissimo, come poi si è visto - da Abbado, sempre alla Scala, come suo assistente.
Potremmo anche citare, perchè no, il caso scandalosissimo di Salvo Nastasi che da commissario del Teatro San Carlo, fonda il Museo del teatro e ci mette a capo la sua mogliettina, Giulia Minoli. Più scandaloso di così? Oggi, abbiamo visitato il sito del Museo, e non vi abbiamo letto il nome di Giulia Minoli. Perchè? L'hanno nascosto, per la vergogna, oppure per la stessa vergogna il maritino l'ha fatta dimissionare per piazzarla altrove a farla rientrare a casa dove, finalmente, farle fare la vita della signora, lei che oltre che essere mogliettina di Nastasi, grande & grosso, è figlia di Minoli-Bernabei, e nipote del vecchio ancora potentissimo Bernabei.
E ci fermiamo alle famiglie più note, ma potremmo continuare ancora con altre famiglie un pò meno note. Ciò che colpisce, come nel caso Lupi, è che i potenti, anch'essi, sono nella merda quando si tratta di dover cercare un posto per i propri figli e perciò vanno sul sicuro, pescano cioè nell'ambiente nel quale essi contano, altrimenti temono di fare un buco nell'acqua. E' chiaro cosa non va? Immaginate allora cosa sono costretti a fare i poveri cristi che non sono potenti, e che hanno figli da avviare nel mondo del lavoro.
La regola vale anche in altri ambienti, esterni ed estranei alla musica. Vogliamo dire che riguarda, ad esempio, anche la FIAT, con tutta la discendenza, non sempre esemplare sotto ogni profilo, come nel caso più eclatante di Lapo?
Sì, ma non è la stessa cosa. Per quanto criticabili sotto molti profili e per quanto, come tutti sanno, l'azienda che faceva un tempo capo alla famiglia abbia profittato di grandi aiuti di Stato, si tratta di una famiglia ricca e potente che della sua azienda e dei suoi soldi fa quello che vuole. Può anche decidere di buttarli dalla finestra mettendo l'azienda in mani poco pratiche. Solo che ad un certo punto sono costretti sempre a chiamare qualcuno che sa il fatto suo per raddrizzare le gambe a tutti e per evitare di affondare.
Nel caso, invece, di Lupi, come di Abbado, Muti, Chailly - e potremmo continuare a lungo lungo lungo - si tratta di istituzioni non familiari, ma pubbliche, finanziate con soldi pubblici e non sempre ben amministrate. E con tutto ciò si vuole approfittare anche per trovare lavoro alla propria discendenza? No, questo è troppo. Già la società ha fatto abbastanza per loro, riconoscendo i meriti dei capifamiglia. Alla progenie devono pensare i padri, e non nuovamente la società che verso i loro discendenti non ha obbligo alcuno.
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