In un lucido e duro articolo in prima pagina, l'altro ieri, Galli Della Loggia, sul Corriere, faceva un esame spietato della situazione in cui versa la scuola italiana. Anzi in cui la scuola italiana versa da tempo; e le cui conseguenze, sia in ambito scolastico ( le condizioni pietose in cui molti giovani diplomati giungono all'Università o entrano nel mondo del lavoro) che in ambito sociale, dove le relazioni fra simili e coetanei e fra giovani e adulti o anziani hanno completamente cancellato ogni senso di solidarietà e coesione, sono drammatiche.
Che la scuola abbia bisogno di riforma è quasi inutile ribadirlo. Ma una riforma che crede di potersi basare esclusivamente sull'introduzione di qualche aggeggio elettronico o di una lingua straniera o di materie come quelle artistiche, è una scuola che si illude di riformarsi. Manca,nella 'buona scuola' illustrata da Giannini-Renzi, diceva Galli Della Loggia, un progetto; non ci dicono cioè, prima ancora di venire alle cose pratiche, cosa intendono che sia la scuola oggi e che cosa farne nella società italiana; ed anche in Europa, dalla quale viene in molti casi una spietata concorrenza a danno dei nostri giovani.
E la premessa - il progetto di scuola - non è affare da poco, da esso dipende il futuro. Se non si ridisegna una scuola adeguata ai tempi, nessuna riforma servirà a migliorare le condizioni della scuola stessa e la capacità di informarsi e formarsi dei giovani.
Si sente spesso dire che la scuola non può sostituirsi alla famiglia ed alla società, nella formazione dei futuri cittadini, formazione che non si ottiene automaticamente attraverso la semplice e banale reintroduzione della 'educazione civica', che pure serve.
E' vero la scuola non può sostituirsi alla famiglia ed alla società, ma non può neanche defilarsi dalle sue responsabilità nel compito educativo dei giovani. Alla scuola spetta tale compito, e agli insegnanti quello di essere dispensatori di sapere ma anche educatori. Un ruolo che gli insegnanti sono tenuti a rivestire; e perciò la loro scelta, ed anche la loro formazione ed il loro compenso - c'entra pure quello per tenersi strette le intelligenze più vivaci e capaci - sono di prioritaria importanza.
In questi giorni è tornato alla ribalta un problema del quale tante, troppe volte si è discusso in Italia, e cioè del ruolo delle scuole paritarie, confesionali o non. Riguardo alle quali, l'ennesima discussione riguarda il sostegno dello Stato, in forma diretta o indiretta, alle famiglie che mandano i loro figli in dette scuole. Le quali scuole allo Stato non devono costare nulla come vanno difendendo le sinistre, Costituzione alla mano; mentre le destre, per farsi belle agli occhi della Chiesa e del Vaticano, sostengono l'esatto contrario. Meglio, allora, un contributo alle famiglie che mandano i loro figli nelle scuole paritarie, senza le quali - SIA CHIARO - l'intero sistema scolastico italiano collasserebbe. Se dall'oggi al domani chiudessero tutte le scuole cosiddette paritarie, si avrebbe un terzo o un quarto - comunque una cifra considerevole - della popolazione scolastica italiana in mezzo alla strada, giacchè già oggi le scuole statali non riescono a soddisfare la richiesta scolare di tutti gli aventi diritto.
Allora perché continuare in simile ipocrisia? Non si venga a dire che uno che manda i figli alle scuole paritarie lo fa perché può farlo, perché ha i soldi per farlo. Sì è vero, ma non vanno dimenticate quelle famiglie che intendono investire sulla formazione dei figli e ritengono che tale formazione arrivi loro migliore in determinate scuole. Senza badare ai numerosi casi in cui certi ordini di scuole sono in zone molto lontane da quella di residenza ed altre questioni pratiche.
Ed allora se una famiglia spende, investendo anche i risparmi, sulla scuola dei propri figli, scegliendone una piuttosto che un'altra, perchè lo Stato non deve riconoscergli un bonus scolastico con una detrazione dal reddito?
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