Pur augurando a Giovanni Allevi - come facciamo da tempo - tutto il successo che lui spera ed in- segue con tutte le forze - senza meritarselo, secondo il nostro modestissimo parere - dobbiamo ribadire che egli sarebbe un modesto compositore ed un pianista senza futuro in un mondo, quale il nostro non è, in cui le parole hanno un senso e le professioni un banco di prova oggettivo.
La modestia ed anche banalità delle sue composizioni sono evidenti, appena mimetizzate dalla massiccia dose di forte sentimentalismo, travasata in ogni espressione ed apparizione, al punto da farne un perfetto clone musicale del Moccia scrittore per adolescenti scombinati, ai quali ha fatto credere che appendendo un lucchetto chiuso, ai due lati di Ponte Milvio, ci si assicura un amore tutta passione e duraturo, ben sapendo che le cose stanno diversamente.
L'ultima impresa dell'Allevi 'compositore classico/contemporaneo', è l'inno bilingue ( latino ed inglese, che pallone!) della Serie A del campionato di calcio italiano, caduta come manna dal cielo sulla organizzazione presieduta dal grande Beretta, giornalista economico, già direttore di Rai Uno (dove molti lo ricordano camminare muro muro per i corridoi con lo sguardo a terra. Modestia o vergogna?) e poi direttore generale di Confindustria nell'era Montezemolo, il quale ha dichiarato, gongolante per eccesso di incoscienza, che se ad uno arriva un regalo come quello di Allevi con il suo inno 'O generosa', non può che fare salti di gioia e ringraziare per tutta la vita calcistica, la sua, il noto compositore classico/contemporaneo.
Noi l'inno non l'abbiamo ancora sentito e perciò non possiamo esprimere un parere a riguardo, però se nella professione musicale di Allevi non c'è stata, nel frattempo, una metamorfosi radicale, possiamo scommettere che si tratterà della solita dozzinale modesta solfa. Ne riparleremo quando l'avremo ascoltato, tanto avremo tempo un intero campionato perché del 'povero' Allevi si diffonderà in tv quel suo inno ogni volta che verrà trasmessa una partita di serie A.
E qui termina il lavoro del cronista che ha anche qualche nozione musicale ed una punta di gusto.
Il resto, e cioè quel che si è letto in rete nelle ultime settimane, addirittura le minacce di morte oltre agli insulti di varia efficacia, sono monnezza. E basta. Il cui unico esito potrebbe essere quello di fare di un modesto musicista addirittura un martire. E sinceramente, Allevi non ha fatto nulla per meritarlo.
giovedì 30 luglio 2015
Paolo Graldi sul 'gioco facile degli scoop degi altri (giornali) sulla Capitale. Dal Messaggero di oggi
Paolo Graldi nel suo consueto 'Colpo d'ochio' sulla prima pagina della 'romana' del quotidiano 'Il Messaggero', prende di mira i giornali stranieri, in particolare quelli americani ( New York Times) e francesi ( Le Monde) che, negli ultimi tempi, hanno scagliato frecce avvelenate sulla Capitale d'Italia e del mondo - questo Graldi non lo dice ma lo dicono anche i giornali stranieri.
Secondo alcuni esegeti benevoli con la Capitale, perchè Stati Uniti e Francia si contendono con Roma la designazione prossima olimpica e perciò hanno da guadagnare se infangano il nome della Capitale. Abbiamo detto 'infangano', e mai termine uscito involontariamente risultò più appropriato. Perchè, caro Graldi, al di là delle intenzioni denigratorie dei giornali stranieri - che, secondo Graldi, non farebbero che riproporre quanto ogni giorno i giornali italiani vanno scrivendo; allora Graldi come la mettiamo? perchè a questo punto sarebbero i giornali italiani a gettare fango sulla capitale del paese - di fango, o per dirla alla romana, di 'monnezza' a Roma ce n'è anche troppa.
Vogliamo ora chiudere gli occhi sulla sporcizia che inonda da cima a fondo la città? e chiuderli anche sui disservizi del trasporto pubblico? Graldi in questa impossibile difesa di Roma , evidentemente non ha letto i manifesti - assolutamente comici - che in queste stesse settimane di travaglio in Campidoglio, il PD romano ha affisso in tutta la città, dove si legge che, per iniziativa del PD, la raccolta della monnezza si farà anche la domenica; e che d'ora in avanti le officine dove si riparano i mezzi del trasporto pubblico, lavoreranno anche di pomeriggio.
Allora Graldi come la mettiamo? Sia lei che il sindaco Marino, moralizzatore distratto per ben due anni, non vi eravate mai accorti che la domenica la monnezza nella vostra e nostra città non veniva raccolta, come in tutte le capitali del mondo che voi frequentate abitualmente, e che i mezzi di trasporto pubblico restavano in garage in numero superiore al consentito semplicemente perchè i tecnici, non lavorando di pomeriggio, non riuscivano a ripararli in tempi brevi? Marino e Graldi se ne accorgono solo ora, apprendendolo dai giornali stranieri?
Graldi, tenta l'affondo, in questa sua difesa impossibile della capitale, in chiusura. Sì, scrive cattivissimo, leggiamo le denunce dei giornali stranieri sull'Italia, ma nel frattempo non manchiamo di leggere, per tenerci informati, delle continue sparatorie in strada di cittadini americani armati, o delle stragi per mano dell'ISIS in pieno centro a Parigi o degli scandali 'rosa' di alcuni alti membri del governo di sua maestà britannica.
Affondo privo di senso. la monnezza è monnezza lo schifo del trasporto pubblico è schifo ed ambedue questi disservizi, per tacere su molti altri, sono sotto gli occhi di tutti, tranne quelli di Graldi. Che c'entrano con l'ISIS, con gli scandali sessuali dei politici inglesi o con le sparatorie americane, quasi giornaliere, in strada?
Al quale, visto che ha tirato in ballo gli scandali 'rosa' di qualche membro del governo britannico,vogliamo ricordare che nel governo britannico i soggetti degli scandali vanno a casa e vi restano, mentre in Italia - vedi il caso di Piero Marrazzo - ai soggetti interessati, gli si dà la buonuscita e la pensione a governatore e lo si rimette al posto che aveva prima di assumere l'incarico pubblico: nel caso di Marrazzo a Rai Tre come 'inviato speciale', con stipendio non male, che si somma alla pensione da ex governatore, indegno, del Lazio.
Secondo alcuni esegeti benevoli con la Capitale, perchè Stati Uniti e Francia si contendono con Roma la designazione prossima olimpica e perciò hanno da guadagnare se infangano il nome della Capitale. Abbiamo detto 'infangano', e mai termine uscito involontariamente risultò più appropriato. Perchè, caro Graldi, al di là delle intenzioni denigratorie dei giornali stranieri - che, secondo Graldi, non farebbero che riproporre quanto ogni giorno i giornali italiani vanno scrivendo; allora Graldi come la mettiamo? perchè a questo punto sarebbero i giornali italiani a gettare fango sulla capitale del paese - di fango, o per dirla alla romana, di 'monnezza' a Roma ce n'è anche troppa.
Vogliamo ora chiudere gli occhi sulla sporcizia che inonda da cima a fondo la città? e chiuderli anche sui disservizi del trasporto pubblico? Graldi in questa impossibile difesa di Roma , evidentemente non ha letto i manifesti - assolutamente comici - che in queste stesse settimane di travaglio in Campidoglio, il PD romano ha affisso in tutta la città, dove si legge che, per iniziativa del PD, la raccolta della monnezza si farà anche la domenica; e che d'ora in avanti le officine dove si riparano i mezzi del trasporto pubblico, lavoreranno anche di pomeriggio.
Allora Graldi come la mettiamo? Sia lei che il sindaco Marino, moralizzatore distratto per ben due anni, non vi eravate mai accorti che la domenica la monnezza nella vostra e nostra città non veniva raccolta, come in tutte le capitali del mondo che voi frequentate abitualmente, e che i mezzi di trasporto pubblico restavano in garage in numero superiore al consentito semplicemente perchè i tecnici, non lavorando di pomeriggio, non riuscivano a ripararli in tempi brevi? Marino e Graldi se ne accorgono solo ora, apprendendolo dai giornali stranieri?
Graldi, tenta l'affondo, in questa sua difesa impossibile della capitale, in chiusura. Sì, scrive cattivissimo, leggiamo le denunce dei giornali stranieri sull'Italia, ma nel frattempo non manchiamo di leggere, per tenerci informati, delle continue sparatorie in strada di cittadini americani armati, o delle stragi per mano dell'ISIS in pieno centro a Parigi o degli scandali 'rosa' di alcuni alti membri del governo di sua maestà britannica.
Affondo privo di senso. la monnezza è monnezza lo schifo del trasporto pubblico è schifo ed ambedue questi disservizi, per tacere su molti altri, sono sotto gli occhi di tutti, tranne quelli di Graldi. Che c'entrano con l'ISIS, con gli scandali sessuali dei politici inglesi o con le sparatorie americane, quasi giornaliere, in strada?
Al quale, visto che ha tirato in ballo gli scandali 'rosa' di qualche membro del governo britannico,vogliamo ricordare che nel governo britannico i soggetti degli scandali vanno a casa e vi restano, mentre in Italia - vedi il caso di Piero Marrazzo - ai soggetti interessati, gli si dà la buonuscita e la pensione a governatore e lo si rimette al posto che aveva prima di assumere l'incarico pubblico: nel caso di Marrazzo a Rai Tre come 'inviato speciale', con stipendio non male, che si somma alla pensione da ex governatore, indegno, del Lazio.
mercoledì 29 luglio 2015
Accademia di Santa Cecilia. Giro del mondo in due giorni e con una orchestra e mezza.
A Jules Verne occorsero ottanta giorni per compiere il giro del mondo. All'accademia di Santa Cecilia ne bastano due per la farsa che, al secondo anno consecutivo, mette in scena a settembre, nel suo scombinato 'giro del mondo' con le orchestre.
L'anno scorso, prima edizione se non andiamo errati, calarono a Roma quattro orchestre - orchestrine!- quest'anno ne bastano tre, una delle quali era piovuta a Roma già nell'edizione precedente, quella del Quatar , che forse all'Accademia non costa nulla oltre l'ospitalità; alla quale se ne aggiunge una seconda, 'giovanile' che viene da una Università messicana ed infine la Filarmonica della Scala, direttore Harding, evidentemente finanziata dall'Armenia, dal governo di quel paese, che intende, con il tour internazionale dell'Orchestra del Teatro milanese, e di altri compagini di rilievo, ricordare al mondo il tragico eccidio della popolazione, avvenuto esattamente cento anni fa.
Perchè parlare allora di 'giro del mondo' se sono in cartellone appena un paio di orchestre? Bastava segnalare i tre concerti, oltretutto scombinati dal punto di vista delle date ( il primo il 5 di settembre e gli altri due il 14 e 15). Invece no. E colpisce anche il fatto che nessun giornale muova una qualche obbiezione in tal senso ai dirigenti dell'Accademia. I giornali bevono tutto quel che viene loro detto e lo scrivono, magari con una semplice operazione 'tagli e cuci' sui comunicati stampa, come è facile rilevare quasi ogni giorno, leggendo sul medesimo argomento diversi giornali.
L'anno scorso, prima edizione se non andiamo errati, calarono a Roma quattro orchestre - orchestrine!- quest'anno ne bastano tre, una delle quali era piovuta a Roma già nell'edizione precedente, quella del Quatar , che forse all'Accademia non costa nulla oltre l'ospitalità; alla quale se ne aggiunge una seconda, 'giovanile' che viene da una Università messicana ed infine la Filarmonica della Scala, direttore Harding, evidentemente finanziata dall'Armenia, dal governo di quel paese, che intende, con il tour internazionale dell'Orchestra del Teatro milanese, e di altri compagini di rilievo, ricordare al mondo il tragico eccidio della popolazione, avvenuto esattamente cento anni fa.
Perchè parlare allora di 'giro del mondo' se sono in cartellone appena un paio di orchestre? Bastava segnalare i tre concerti, oltretutto scombinati dal punto di vista delle date ( il primo il 5 di settembre e gli altri due il 14 e 15). Invece no. E colpisce anche il fatto che nessun giornale muova una qualche obbiezione in tal senso ai dirigenti dell'Accademia. I giornali bevono tutto quel che viene loro detto e lo scrivono, magari con una semplice operazione 'tagli e cuci' sui comunicati stampa, come è facile rilevare quasi ogni giorno, leggendo sul medesimo argomento diversi giornali.
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L'unica cosa sulla quale siamo d'accordo con Causi, nuovo assessore al Bilancio del Comune di Roma
Interrogato, a poche ore dall'accettazione dell'assessorato al Bilancio del Comune di Roma, su come ha trovato il Campidoglio, dopo otto anni di assenza, Causi ha risposto che l'aveva trovato cambiato in peggio, relativamente alla sala consigliare, il cui arredamento - aggiungiamo noi - è stato rifatto da quegl'incolti e cafoni dell'amministrazione Alemanno. Ed ha ragione, ce ne rendiamo conto e ci arrabbiamo per lo sfregio, ogni volta che la tv mostra qualche ignobile spettacolo della sala consigliare e di tutti i suoi abitanti scalmanati.
Da tempo pensavamo di scriverlo, avendo visitato quella sala una sola volta, prendendo posto negli scranni dei consiglieri, quando fu presentato il CD del Pontefice, il primo nella storia in cui il papa cantava. Chi fosse non lo ricordiamo. Allora quella sala aveva gli scranni, per i consiglieri e della giunta, di una volta; poi nell'era Alemanno tutto è stato cambiato , mettendoci al loro posto dei bruttissimi scranni levigati, contro i quali - chissà perchè - non ci è sembrato mai che Sgarbi si sia scagliato. Chissà quale clan avrà foraggiato per tanto orrendo arredamento.
Ci ha fatto la stessa impressione di incultura, inciviltà e cattivo gusto che ci fece qualche anno fa un giro nella Toscana senese, visitando alcune case dei contadini. I quali avevano venduto il loro mobilio antico in cambio di credenze, tavoli e sedie di formica. Una cosa orrenda, la stessa fatta dall' amministrazione Alemanno.
Ma Causi donde deriva tanta sensibilità artistica? Dalla sua dolce metà, Monique Veaute, stabilitasi nella Capitale ormai quasi da una quarantina d'anni, salvo brevi intervalli per trasferte lavorative a Parigi e Venezia, ma con un piede sempre a Roma. Veaute, da altrettanti anni è al vertice della Fondazione Romaeuropa e relativo omonimo festival romano - che ora avrà dall'assessore al bilancio del Comune di Roma, suo marito, una maggiore attenzione (finanziaria!) - e da poco anche nella triade che regge il MAXXI ( che proprio ieri era chiuso alle visite, piazzale compreso!!!).
Da tutte le accuse che Causi si è sentito muovere in questi giorni lui s'è difeso dicendo che se il Comune aveva chiuso i due precedenti bilanci in pareggio lo si deve alla gestione commissariale richiesta da Alemanno, dopo l' uscita dalla giunta Veltroni, dalla finanza allegra - questo hanno ancora scritto i giornali- che lui ha gestito negli anni di Veltroni.
A proposito di Veltroni, c'è venuta in mente qualche battuta di Renzi che ha dato la sua benedizione all'arrivo di Causi in Campidoglio. Intervistato da PIF, sul tema PD, sottolineava la necessità di cambiare, 'rottamare' il termine più recente da lui usato. Perchè da quando lui era alla prima esperienza di votante, nel PD, fino ad oggi, nulla è cambiato: c'è sempre il clan D'Alema con il suo capoclan, Massimo, in perpetua lotta contro il clan Veltroni ed il suo capoclan, Uolter, l'americano.
Ed ancora oggi, dopo l'ascesa al potere di Renzi, D'Alema e Veltroni - nel caso di Causi - comandano ancora. Segno evidente che nulla è cambiato, salvo l'arredo orrendo e cafone della sala consigliare del Campidoglio.
Da tempo pensavamo di scriverlo, avendo visitato quella sala una sola volta, prendendo posto negli scranni dei consiglieri, quando fu presentato il CD del Pontefice, il primo nella storia in cui il papa cantava. Chi fosse non lo ricordiamo. Allora quella sala aveva gli scranni, per i consiglieri e della giunta, di una volta; poi nell'era Alemanno tutto è stato cambiato , mettendoci al loro posto dei bruttissimi scranni levigati, contro i quali - chissà perchè - non ci è sembrato mai che Sgarbi si sia scagliato. Chissà quale clan avrà foraggiato per tanto orrendo arredamento.
Ci ha fatto la stessa impressione di incultura, inciviltà e cattivo gusto che ci fece qualche anno fa un giro nella Toscana senese, visitando alcune case dei contadini. I quali avevano venduto il loro mobilio antico in cambio di credenze, tavoli e sedie di formica. Una cosa orrenda, la stessa fatta dall' amministrazione Alemanno.
Ma Causi donde deriva tanta sensibilità artistica? Dalla sua dolce metà, Monique Veaute, stabilitasi nella Capitale ormai quasi da una quarantina d'anni, salvo brevi intervalli per trasferte lavorative a Parigi e Venezia, ma con un piede sempre a Roma. Veaute, da altrettanti anni è al vertice della Fondazione Romaeuropa e relativo omonimo festival romano - che ora avrà dall'assessore al bilancio del Comune di Roma, suo marito, una maggiore attenzione (finanziaria!) - e da poco anche nella triade che regge il MAXXI ( che proprio ieri era chiuso alle visite, piazzale compreso!!!).
Da tutte le accuse che Causi si è sentito muovere in questi giorni lui s'è difeso dicendo che se il Comune aveva chiuso i due precedenti bilanci in pareggio lo si deve alla gestione commissariale richiesta da Alemanno, dopo l' uscita dalla giunta Veltroni, dalla finanza allegra - questo hanno ancora scritto i giornali- che lui ha gestito negli anni di Veltroni.
A proposito di Veltroni, c'è venuta in mente qualche battuta di Renzi che ha dato la sua benedizione all'arrivo di Causi in Campidoglio. Intervistato da PIF, sul tema PD, sottolineava la necessità di cambiare, 'rottamare' il termine più recente da lui usato. Perchè da quando lui era alla prima esperienza di votante, nel PD, fino ad oggi, nulla è cambiato: c'è sempre il clan D'Alema con il suo capoclan, Massimo, in perpetua lotta contro il clan Veltroni ed il suo capoclan, Uolter, l'americano.
Ed ancora oggi, dopo l'ascesa al potere di Renzi, D'Alema e Veltroni - nel caso di Causi - comandano ancora. Segno evidente che nulla è cambiato, salvo l'arredo orrendo e cafone della sala consigliare del Campidoglio.
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lunedì 27 luglio 2015
Claudio Strinati segnala capolavori musicali di Michele dall'Ongaro, sul Venerdì di Repubblica
Liberiamo subito il terreno da cattivi pensieri.Maligni e fuori luogo. Claudio Strinati, storico e studioso dell'arte, con un passato di studi musicali, nella sua ben nota rubrica di novità discografiche del 'Venerdì' di Repubblica, dal titolo 'Prendete Nota', segnala questa settimana, con il dovuto rilievo , un CD uscito ormai due anni fa, un CD monografico dedicato esclusivamente a musiche, anzi capolavori, di dall'Ongaro, presentato ufficialmente alla Biennale Musica di Venezia nell'ottobre del 2013.
Perchè solo ora? I maligni risponderebbero con la recente ascesa di dall'Ongaro sul trono di Santa Cecilia. Errore.
Chi bada alla sostanza delle cose, deve ammettere il riconoscimento, seppure postumo, di autentici capolavori usciti dalla testa dell'attuale Sovrintendente ceciliano, di professione compositore. Non si dimentichi.
Se un recensore di vaglia, come Strinati, riconosce o si accorge di aver ascoltato dei capolavori, seppure in ritardo, perchè dovrebbe tacere, solo perchè sono trascorsi due anni dall'uscita sul mercato di quel CD che li conteneva uno dopo l'altro e tutti del medesimo autore?
Il tempo - avrà ragionato Strinati - non conta, di fronte all'urgenza ed alla forza della bellezza. Strinati, recensore discografico, scrive di dall'Ongaro: "eminente compositore, studioso e critico insigne, curatore e responsabile per la Rai di trasmissioni radiofoniche e televisive di cospicua risonanza, giunge a risultati ragguardevoli. Ironico, sottile, arguto indagatore della realtà culturale italiana". E perciò, a scanso di equivoci e di basse illazioni, l'approdo a Santa Cecilia, non è che un tassello - e non è detto che sia l'ultimo - della sua splendente inarrestabile carriera e nulla ha a che fare con la segnalazione postuma di Strinati.
Del CD, Strinati segnala particolarmente un brano, dal significativo titolo 'Checkpoint', scritto nel 2010, per un ensemble cameristico americano e tenuto a battesimo da Roberto Abbado, nel quale - come scrisse all'epoca il compositore: "volevo rendere omaggio alla lingua del Paese committente", e contemporaneamente esprimere un riferimento formale, cioè "ogni ritorno del tremolo di terze... segna un passaggio, un mutamento di stato del materiale, un percorso possibile", ci vengono i brividi già alla semplice lettura della presentazione autentica di questo immenso capolavoro.
Il compositore, a spiegazione del singolare titolo che rimanda ad uno strumento di controllo, aveva scritto anche che esso è la denuncia dei tentativi di sopruso o di prepotenze - e chi non ne ha subiti ma anche commessi, dall'Ongaro compreso? - per incatenare la libertà anche espressiva dei singoli. Lui non ci sta o lo denuncia con quel titolo, come del resto ha fatto Strinati, liberandosi dai vincoli del tempo e rendendo tutti partecipi della scoperta di alcuni capolavori del compositore dall'Ongaro, della cui statura musicale già Mario Bortolotto, aveva steso un ampio panegirico, qualche anno fa, dalle pagine de 'Il Foglio' di Giuliano Ferrara. Memorabile.
Perchè solo ora? I maligni risponderebbero con la recente ascesa di dall'Ongaro sul trono di Santa Cecilia. Errore.
Chi bada alla sostanza delle cose, deve ammettere il riconoscimento, seppure postumo, di autentici capolavori usciti dalla testa dell'attuale Sovrintendente ceciliano, di professione compositore. Non si dimentichi.
Se un recensore di vaglia, come Strinati, riconosce o si accorge di aver ascoltato dei capolavori, seppure in ritardo, perchè dovrebbe tacere, solo perchè sono trascorsi due anni dall'uscita sul mercato di quel CD che li conteneva uno dopo l'altro e tutti del medesimo autore?
Il tempo - avrà ragionato Strinati - non conta, di fronte all'urgenza ed alla forza della bellezza. Strinati, recensore discografico, scrive di dall'Ongaro: "eminente compositore, studioso e critico insigne, curatore e responsabile per la Rai di trasmissioni radiofoniche e televisive di cospicua risonanza, giunge a risultati ragguardevoli. Ironico, sottile, arguto indagatore della realtà culturale italiana". E perciò, a scanso di equivoci e di basse illazioni, l'approdo a Santa Cecilia, non è che un tassello - e non è detto che sia l'ultimo - della sua splendente inarrestabile carriera e nulla ha a che fare con la segnalazione postuma di Strinati.
Del CD, Strinati segnala particolarmente un brano, dal significativo titolo 'Checkpoint', scritto nel 2010, per un ensemble cameristico americano e tenuto a battesimo da Roberto Abbado, nel quale - come scrisse all'epoca il compositore: "volevo rendere omaggio alla lingua del Paese committente", e contemporaneamente esprimere un riferimento formale, cioè "ogni ritorno del tremolo di terze... segna un passaggio, un mutamento di stato del materiale, un percorso possibile", ci vengono i brividi già alla semplice lettura della presentazione autentica di questo immenso capolavoro.
Il compositore, a spiegazione del singolare titolo che rimanda ad uno strumento di controllo, aveva scritto anche che esso è la denuncia dei tentativi di sopruso o di prepotenze - e chi non ne ha subiti ma anche commessi, dall'Ongaro compreso? - per incatenare la libertà anche espressiva dei singoli. Lui non ci sta o lo denuncia con quel titolo, come del resto ha fatto Strinati, liberandosi dai vincoli del tempo e rendendo tutti partecipi della scoperta di alcuni capolavori del compositore dall'Ongaro, della cui statura musicale già Mario Bortolotto, aveva steso un ampio panegirico, qualche anno fa, dalle pagine de 'Il Foglio' di Giuliano Ferrara. Memorabile.
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Dal glorioso 'Giffoni Film Festival' un macigno scagliato contro il ministro della cultura
Si è chiusa da poco la 45esima edizione del glorioso Giffoni Film Festival, fondato da Claudio Gubitosi ( è parente di Luigi, suo fratello maggiore, attuale direttore generale RAI?) nel 1971, quando aveva diciotto anni appena, e da allora affidato alle sue cure. Ed ancora una volta Gubitosi scaglia un sasso, anzi un macigno contro il Ministero di Franceschini e Nastasi come al solito distratti, sull'esempio di tutti i loro predecessori, verso iniziative di grande valore, indaffarati a fare impicci per favorire amici e parenti e distribuire elemosine a tutti, indistintamente.
Il Giffoni Film Festival conosciuto in tutto il mondo, l'unico dedicato interamente al cinema per ragazzi e da questi stessi giudicato, ogni anno, come fosse l'ultima congrega affaristica, deve lamentare la difficoltà che andare avanti comporta ai suoi organizzatori, molti dei quali non percepiscono lo stipendio da mesi - come ha sottolineato il presidente e direttore artistico Gubitosi - e deve ogni anno aspettare i finanziamenti promessi come manna dal cielo.
Il macigno, Gubitosi lo ha scagliato contro il sistema del finanziamento alla cultura in Italia, dove si può far nascere dall'oggi al domani una nuova iniziativa che, se voluta da chi comanda, ha subito assicurati i fondi necessari ed anche quelli superflui - vedi il caso veltroniano e bettiniano del Festival di Roma che costa almeno tre volte quello di Giffoni; mentre sei volte di più costa la Biennale Cinema di venezia) - mentre se nata dal basso, con intenti formativi ed educativi di grande profilo, deve ogni anno mendicare per ottenere nei tempi debiti il dovuto.
Questa è la situazione italiana. Quest'anno a Giffoni è approdato anche Veltroni, come un produttore regista qualunque, a presentare il suo prodotto per ragazzi. Perchè non ci ha pensato al festival salernitano negli anni in cui è stato ministro della cultura, magari con una legge speciale, come oggi chiedono a gran voce gli organizzatori del Giffoni, stanchi di assistere alla cronica disattenzione pubblica verso iniziative di valore, mentre fanno arrivare piccoli o grandi finanziamenti a tanti, solo per garantirsi voti al momento delle elezioni, senza valutarne meriti, qualità e valore ?
Sul fronte della cultura dobbiamo registrare anche in questi giorni le chiusure, per assemblee sindacali, di alcuni fra i più noti siti storico-archeologici e monumenti italiani, come anche la richiesta di considerare tale settore fra quelli strategici in Italia e perciò sottoposti alle norme della 'pubblica utilità', mentre da parte di Franceschini c'è il silenzio più totale o l'annuncio dei suoi avveniristici progetti di far tornare gli spettacoli al Colosseo, e per Nastasi si attende con ansia la sua partenza in quel di Bagnoli a risanare quella discarica di veleni, liberando finalmente la sua poltrona a Via del Collegio romano. In un paese diverso dal nostro, per molto meno, il susseguirsi di fatti così gravi, avrebbe convinto il ministro a lasciare il suo dicastero, in Italia e per Franceschini no. Lui resta per recitare il 'miserere' ad ogni occasione, senza trarre le necessarie logiche conseguenze per se stesso: via!
Il Giffoni Film Festival conosciuto in tutto il mondo, l'unico dedicato interamente al cinema per ragazzi e da questi stessi giudicato, ogni anno, come fosse l'ultima congrega affaristica, deve lamentare la difficoltà che andare avanti comporta ai suoi organizzatori, molti dei quali non percepiscono lo stipendio da mesi - come ha sottolineato il presidente e direttore artistico Gubitosi - e deve ogni anno aspettare i finanziamenti promessi come manna dal cielo.
Il macigno, Gubitosi lo ha scagliato contro il sistema del finanziamento alla cultura in Italia, dove si può far nascere dall'oggi al domani una nuova iniziativa che, se voluta da chi comanda, ha subito assicurati i fondi necessari ed anche quelli superflui - vedi il caso veltroniano e bettiniano del Festival di Roma che costa almeno tre volte quello di Giffoni; mentre sei volte di più costa la Biennale Cinema di venezia) - mentre se nata dal basso, con intenti formativi ed educativi di grande profilo, deve ogni anno mendicare per ottenere nei tempi debiti il dovuto.
Questa è la situazione italiana. Quest'anno a Giffoni è approdato anche Veltroni, come un produttore regista qualunque, a presentare il suo prodotto per ragazzi. Perchè non ci ha pensato al festival salernitano negli anni in cui è stato ministro della cultura, magari con una legge speciale, come oggi chiedono a gran voce gli organizzatori del Giffoni, stanchi di assistere alla cronica disattenzione pubblica verso iniziative di valore, mentre fanno arrivare piccoli o grandi finanziamenti a tanti, solo per garantirsi voti al momento delle elezioni, senza valutarne meriti, qualità e valore ?
Sul fronte della cultura dobbiamo registrare anche in questi giorni le chiusure, per assemblee sindacali, di alcuni fra i più noti siti storico-archeologici e monumenti italiani, come anche la richiesta di considerare tale settore fra quelli strategici in Italia e perciò sottoposti alle norme della 'pubblica utilità', mentre da parte di Franceschini c'è il silenzio più totale o l'annuncio dei suoi avveniristici progetti di far tornare gli spettacoli al Colosseo, e per Nastasi si attende con ansia la sua partenza in quel di Bagnoli a risanare quella discarica di veleni, liberando finalmente la sua poltrona a Via del Collegio romano. In un paese diverso dal nostro, per molto meno, il susseguirsi di fatti così gravi, avrebbe convinto il ministro a lasciare il suo dicastero, in Italia e per Franceschini no. Lui resta per recitare il 'miserere' ad ogni occasione, senza trarre le necessarie logiche conseguenze per se stesso: via!
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Riccardo Muti non ha perso il coraggio leonino di sempre
Nei giorni scorsi si sono accavallate le notizie di un possibile ritorno, a breve, di Riccardo Muti sul podio del Teatro alla Scala, dove - fino al 2005 - è stato direttore musicale per un ventennio circa.
L'hanno fatto pensare l'arrivo a Ravenna di Alexander Pereira ma anche di Carlo Fontana, attuale presidente dell'AGIS, ritenuto un tempo antagonista di Muti alla Scala, addirittura suo nemico e causa della sua partenza dal teatro milanese, dal quale anche Fontana se ne andrà.
E alle dichiarazioni possibiliste di Pereira sono seguite anche quelle concilianti di Muti, il quale ha dovuto riconoscere indirettamente che Pereira era andato quasi in pellegrinaggio a Ravenna, nei giorni del 'Falstaff', per esaudire un suo vecchio 'voto', quello di riportarlo alla Scala, costi quel che costi. E Muti ad esse ha aggiunto: vedremo, se sono fiori fioriranno. Insomma ha lasciato la cosiddetta porta, 'aperta'.
Subito dopo, i giornali si sono esercitati sulla futura strategia di avvicinamento. Come tornerà alla Scala, quando i tempi saranno maturi, e fose lo saranno nel giro di un paio di stagioni al massimo (si parla del 2017)?
Tornerà, facendo tappa con la sua Orchestra di Chicago; o vi metterà piede la prima volta dopo la rottura con la sua orchestra italiana di giovani 'Cherubini', con la quale ha ormai stabilito un sodalizio più che paterno, al punto da portarsela anche a Salisburgo fra qualche giorno per un'opera verdiana?
E perchè non con l'Orchestra del Teatro? Tutti, noi compresi, abbiamo optato, in occasione del primo ritorno, per le due ipotesi soft, nel timore che qualche strumentista scaligero, fra quelli che all'uscita di Muti dal teatro non furono teneri con lui, possa fargli qualche scherzetto. Ci siamo sbagliati. Perchè è stato lo stesso Muti a farlo capire senza equivoci. Lui se torna, quando lo deciderà, tornerà a dirigere l'orchestra che per molti anni è stata, agli occhi del mondo, la 'sua' orchestra. Perchè non si abbia a pensare che in questi anni di lontananza, Riccardo, complice l'età, ha perso il coraggio da leone di un tempo ed è diventato un don Abbondio, di manzoniana memoria: ' uno se il coraggio non ce l'ha, non se lo può dare'.
A confermare che al momento del ritorno sarà questa la strategia è intervenuto Pereira, facendo sapere che gli orchestrali hanno in animo di scrivere una lettera di invito ufficiale, pacificatrice, a Muti, ed anche Chailly lo ha fatto, telefonandogli per invitarlo ufficialmente. Perchè non è possibile che uno dei massimi direttori viventi, italiano nel sangue, non diriga alla Scala.
L'hanno fatto pensare l'arrivo a Ravenna di Alexander Pereira ma anche di Carlo Fontana, attuale presidente dell'AGIS, ritenuto un tempo antagonista di Muti alla Scala, addirittura suo nemico e causa della sua partenza dal teatro milanese, dal quale anche Fontana se ne andrà.
E alle dichiarazioni possibiliste di Pereira sono seguite anche quelle concilianti di Muti, il quale ha dovuto riconoscere indirettamente che Pereira era andato quasi in pellegrinaggio a Ravenna, nei giorni del 'Falstaff', per esaudire un suo vecchio 'voto', quello di riportarlo alla Scala, costi quel che costi. E Muti ad esse ha aggiunto: vedremo, se sono fiori fioriranno. Insomma ha lasciato la cosiddetta porta, 'aperta'.
Subito dopo, i giornali si sono esercitati sulla futura strategia di avvicinamento. Come tornerà alla Scala, quando i tempi saranno maturi, e fose lo saranno nel giro di un paio di stagioni al massimo (si parla del 2017)?
Tornerà, facendo tappa con la sua Orchestra di Chicago; o vi metterà piede la prima volta dopo la rottura con la sua orchestra italiana di giovani 'Cherubini', con la quale ha ormai stabilito un sodalizio più che paterno, al punto da portarsela anche a Salisburgo fra qualche giorno per un'opera verdiana?
E perchè non con l'Orchestra del Teatro? Tutti, noi compresi, abbiamo optato, in occasione del primo ritorno, per le due ipotesi soft, nel timore che qualche strumentista scaligero, fra quelli che all'uscita di Muti dal teatro non furono teneri con lui, possa fargli qualche scherzetto. Ci siamo sbagliati. Perchè è stato lo stesso Muti a farlo capire senza equivoci. Lui se torna, quando lo deciderà, tornerà a dirigere l'orchestra che per molti anni è stata, agli occhi del mondo, la 'sua' orchestra. Perchè non si abbia a pensare che in questi anni di lontananza, Riccardo, complice l'età, ha perso il coraggio da leone di un tempo ed è diventato un don Abbondio, di manzoniana memoria: ' uno se il coraggio non ce l'ha, non se lo può dare'.
A confermare che al momento del ritorno sarà questa la strategia è intervenuto Pereira, facendo sapere che gli orchestrali hanno in animo di scrivere una lettera di invito ufficiale, pacificatrice, a Muti, ed anche Chailly lo ha fatto, telefonandogli per invitarlo ufficialmente. Perchè non è possibile che uno dei massimi direttori viventi, italiano nel sangue, non diriga alla Scala.
venerdì 24 luglio 2015
Guerra aperta fra il Vaticano di Bergoglio e La Repubblica di Scalfari
Ieri, in prima pagina, abbiamo letto un durissimo articolo sulla Repubblica fondata da Scalfari e diretta da Ezio Mauro, l'unico giornale che Bergoglio legge ogni mattina e con il quale ha avuto nel recente passato rapporti strettissimi. Come mai, ci siamo detti, se Bergoglio ha riservato a Scalfari un'attenzione che nessun altro giornale è sembrato meritarsi agli occhi del pontefice?
E' successo che qualche mese fa, sul sito dell'Espresso - che è dello stesso gruppo editoriale della Repubblica, di proprietà di De Benedetti - sia apparso il testo dell'ultima enciclica del papa, prima che la Santa Sede ne diffondesse ufficialmente il testo. Apriti cielo. Per bocca del suo portavoce, padre Lombardi, il Vaticano, ha elevato una dura protesta, rimproverando al giornale di aver fatto il suo mestiere, quello cioè di pubblicare notizie , senza chiedersi invece chi avesse fornito al giornale il testo dell'enciclica. Se ricordiamo bene, anzi, si disse che il giornale non era stato alla parola data, e cioè che il testo fatto uscire dal Vaticano, come anticipazione, non era quello ufficiale bensì una bozza, pure abbastanza vicina a quella definitiva, visto che ne anticipava l'uscita ufficiale solo di quale ora. Ed aggiungeva, il portavoce, che il testo ufficiale, magari già in stampa era diverso da quello anticipato sul sito dell'Espresso, perchè il Papa continuava a leggerlo e magari ad apportarvi correzioni e modifiche fino all'ultimo minuto.
Ognuno la pensi come vuole su questa storia che, con i problemi del mondo e con la velocità con cui corre da un punto all'altro del pianeta l'informazione, ha secondo noi dell'inverosimile.
L'Espresso non ha alimentato la polemica, rispondendo al portavoce Lombardi, a confronto avvenuto, facendo notare che le due versioni erano identiche. Ma forse in questo c'è stato l'intervento di Scalfari presso Bergoglio.
Incidente chiuso, pace fatta? Affatto, perchè ora che il Papa sta per partire per Cuba, al vaticanista de La Repubblica hanno fatto sapere che per lui non c'è posto sull'aereo papale. Perchè, hanno spiegato, miserabili!, che i posti sono pochi ed altre idiozie.
E per questo il giornale, nonostante i rapporti di amicizia fra il Papa e Scalfari, s'è risentito ed ha accusato il Vaticano di censura, perchè di censura si tratta.
Ma non è l'unico caso. Episodi di censura da parte del potere nei confronti della stampa si registrano ogni giorno ed in ogni ambiente.
Modestamnte anche CONTRO di noi che ci siamo permessi di muovere qualche appunto, nella nostra attività di giornalista, al Teatro dell'Opera e Santa Cecilia, VIENE ORMAI NEGATO il biglietto di accesso alle due istituzioni e, anzi, ambedue le istituzioni hanno depennato il nostro nome dalla mailing list dei giornalisti. Così permettendo, chi ha il potere, anche all'ombra del pastorale, penserà che il mondo non è cambiato, e crederà di poters permettere simili soprusi, se nessuno gli si rivolta contro, denunciando.
E' successo che qualche mese fa, sul sito dell'Espresso - che è dello stesso gruppo editoriale della Repubblica, di proprietà di De Benedetti - sia apparso il testo dell'ultima enciclica del papa, prima che la Santa Sede ne diffondesse ufficialmente il testo. Apriti cielo. Per bocca del suo portavoce, padre Lombardi, il Vaticano, ha elevato una dura protesta, rimproverando al giornale di aver fatto il suo mestiere, quello cioè di pubblicare notizie , senza chiedersi invece chi avesse fornito al giornale il testo dell'enciclica. Se ricordiamo bene, anzi, si disse che il giornale non era stato alla parola data, e cioè che il testo fatto uscire dal Vaticano, come anticipazione, non era quello ufficiale bensì una bozza, pure abbastanza vicina a quella definitiva, visto che ne anticipava l'uscita ufficiale solo di quale ora. Ed aggiungeva, il portavoce, che il testo ufficiale, magari già in stampa era diverso da quello anticipato sul sito dell'Espresso, perchè il Papa continuava a leggerlo e magari ad apportarvi correzioni e modifiche fino all'ultimo minuto.
Ognuno la pensi come vuole su questa storia che, con i problemi del mondo e con la velocità con cui corre da un punto all'altro del pianeta l'informazione, ha secondo noi dell'inverosimile.
L'Espresso non ha alimentato la polemica, rispondendo al portavoce Lombardi, a confronto avvenuto, facendo notare che le due versioni erano identiche. Ma forse in questo c'è stato l'intervento di Scalfari presso Bergoglio.
Incidente chiuso, pace fatta? Affatto, perchè ora che il Papa sta per partire per Cuba, al vaticanista de La Repubblica hanno fatto sapere che per lui non c'è posto sull'aereo papale. Perchè, hanno spiegato, miserabili!, che i posti sono pochi ed altre idiozie.
E per questo il giornale, nonostante i rapporti di amicizia fra il Papa e Scalfari, s'è risentito ed ha accusato il Vaticano di censura, perchè di censura si tratta.
Ma non è l'unico caso. Episodi di censura da parte del potere nei confronti della stampa si registrano ogni giorno ed in ogni ambiente.
Modestamnte anche CONTRO di noi che ci siamo permessi di muovere qualche appunto, nella nostra attività di giornalista, al Teatro dell'Opera e Santa Cecilia, VIENE ORMAI NEGATO il biglietto di accesso alle due istituzioni e, anzi, ambedue le istituzioni hanno depennato il nostro nome dalla mailing list dei giornalisti. Così permettendo, chi ha il potere, anche all'ombra del pastorale, penserà che il mondo non è cambiato, e crederà di poters permettere simili soprusi, se nessuno gli si rivolta contro, denunciando.
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Ignazio Marino non ci sta e ribatte
A Ignazio Marino non va giù quell'attacco durissimo del 'New York Times' sul degrado della città di Roma, a pochi mesi dall'apertura del Giubileo, quando il Comune, a detta dello stesso sindaco che comunque non accetta che il Governo gli metta al fianco un commissario che sa fare meglio di lui, è ancora a 'buongiorno e buonasera' nella preparazione della macchina comunale.
E rimprovera ai giornalisti italiani che hanno ripreso con grande evidenza l'articolo del quotidiano americano di non conoscere l'inglese e di aver tradotto male, ai suoi danni, il titolo dell'articolo.
Che, secondo Marino, avrebbe il senso di indicarlo come un eroe nella fossa dei leoni del degrado e malaffare cittadino. Sì, ma se, pur non facendosi sopraffare dai leoni continua a restare nella fossa, chi governa la città, hanno risposto al professorino? Dell'onestà del sindaco, sebbene sia ormai merce rarissima fra i politici, ne abbiamo piene le tasche; non basta che sia onesto, serve che sappia governare la città, mestiere che non è capace di esercitare. Indubbiamente.
Ed allora lui che non è deciso a mollare ed anzi vuole continuare a lottare con i leoni, ribatte, prendendo ad esempio ciò che gli accadeva di fare nella sua precedente vita di chirurgo. Il chirurgo sa, prima ancora che lo sappiano i familiari, come è andato a finire l'intervento sul loro congiunto. Marino ci vuol dire: aspettate, e fra qualche anno vedrete che la città sarà cambiata, perchè lui sa che il suo intervento chirurgico è riuscito ( da dove prenda tanta sicurezza non è lecito capire). Ma Roma può attendere? E Quanto?
Sì perchè, prendendo anche noi un esempio dal mondo della medicina, possiamo ribattere al chirurgo che non è stato ancora capace di rimettere in piedi la Capitale 'paziente'- perchè di pazienza ne ha davvero troppa - che non solo non siamo sicuri dell'esito del suo intervento, sul quale anzi nutriamo e non solo noi parecchi dubbi, ma ci sembra che il chirurgo Marino abbia messo il paziente Roma, in lista di attesa e chissà quando deciderà di intervenire oppure di togliersi mascherina, camice e guanti e uscire dalla sala operatoria, sbattendo la porta. Che è ciò che molti gli consigliano di fare prima che, per troppa attesa, la malattia si aggravi ulteriormente ed il malato Roma crepi.
Ieri poi ancora un male grave nel corpo della Capitale del quale il chirurgo Marino non s'era ancora accorto, nonostante l'abbia in cura da un anno e mezzo, e cioè quello dei trasporti, dove regna l'assessore Improta, per la cui partenza dalla giunta tutti piangono di dolore, mentre dovrebbero piangere di gioia, perchè neanche lui si è accorto del casino generale dell'azienda che ha governato da quando c'è Marino, nella sala 'operativa'.
E infine la faccenda delle strade alle quali Pucci, l'assessore, sta pensando in queste settimane. Ieri s'è saputo che i precedenti affidatari di tale manutenzione non usavano materiali adatti, dal che ad ogni pioggerellina venivano fuori buche che puntualmente la ditta appaltatrice risanava con toppe, pronte a riaprirsi. Che altro deve succedere perchè Marino tragga le dovute conclusioni?
E rimprovera ai giornalisti italiani che hanno ripreso con grande evidenza l'articolo del quotidiano americano di non conoscere l'inglese e di aver tradotto male, ai suoi danni, il titolo dell'articolo.
Che, secondo Marino, avrebbe il senso di indicarlo come un eroe nella fossa dei leoni del degrado e malaffare cittadino. Sì, ma se, pur non facendosi sopraffare dai leoni continua a restare nella fossa, chi governa la città, hanno risposto al professorino? Dell'onestà del sindaco, sebbene sia ormai merce rarissima fra i politici, ne abbiamo piene le tasche; non basta che sia onesto, serve che sappia governare la città, mestiere che non è capace di esercitare. Indubbiamente.
Ed allora lui che non è deciso a mollare ed anzi vuole continuare a lottare con i leoni, ribatte, prendendo ad esempio ciò che gli accadeva di fare nella sua precedente vita di chirurgo. Il chirurgo sa, prima ancora che lo sappiano i familiari, come è andato a finire l'intervento sul loro congiunto. Marino ci vuol dire: aspettate, e fra qualche anno vedrete che la città sarà cambiata, perchè lui sa che il suo intervento chirurgico è riuscito ( da dove prenda tanta sicurezza non è lecito capire). Ma Roma può attendere? E Quanto?
Sì perchè, prendendo anche noi un esempio dal mondo della medicina, possiamo ribattere al chirurgo che non è stato ancora capace di rimettere in piedi la Capitale 'paziente'- perchè di pazienza ne ha davvero troppa - che non solo non siamo sicuri dell'esito del suo intervento, sul quale anzi nutriamo e non solo noi parecchi dubbi, ma ci sembra che il chirurgo Marino abbia messo il paziente Roma, in lista di attesa e chissà quando deciderà di intervenire oppure di togliersi mascherina, camice e guanti e uscire dalla sala operatoria, sbattendo la porta. Che è ciò che molti gli consigliano di fare prima che, per troppa attesa, la malattia si aggravi ulteriormente ed il malato Roma crepi.
Ieri poi ancora un male grave nel corpo della Capitale del quale il chirurgo Marino non s'era ancora accorto, nonostante l'abbia in cura da un anno e mezzo, e cioè quello dei trasporti, dove regna l'assessore Improta, per la cui partenza dalla giunta tutti piangono di dolore, mentre dovrebbero piangere di gioia, perchè neanche lui si è accorto del casino generale dell'azienda che ha governato da quando c'è Marino, nella sala 'operativa'.
E infine la faccenda delle strade alle quali Pucci, l'assessore, sta pensando in queste settimane. Ieri s'è saputo che i precedenti affidatari di tale manutenzione non usavano materiali adatti, dal che ad ogni pioggerellina venivano fuori buche che puntualmente la ditta appaltatrice risanava con toppe, pronte a riaprirsi. Che altro deve succedere perchè Marino tragga le dovute conclusioni?
causi,causi, veaute, veaute
Pensano al prof. Causi, economista di fama, parlamentare, sposato Veaute - con la quale forma una delle pochissime coppie di successo della Capitale - assessore al Bilancio della giunta Veltroni, come al salavtaore della giunta Marino, il chirurgo prestato alla politica con scarsa efficacia.
A dire il vero a pensarci più di tutti è lui, Causi, che ora va chiedendo a destra ed a manca di sostenerlo nella candidatura. E già. Perchè senza di lui il Comune affonderebbe.
Però c'è chi non solo non è d'accordo, ma è nettamente contrario. E fra questi coloro che ricordano al professore che negli anni - otto all'incirca - in cui ebbe la responsabilità del Bilancio della Capitale, sotto Veltroni - che in tutto questo polverone sta zitto e gira per festival cinematografici - riempì il 'portafoglio' comunale di 'derivati' e debiti, al punto che quando cadde la giunta Veltroni, Alemanno fu costretto a chiamare un commissario per risanare i conti del Comune lasciati da Veltroni, in profondo rosso per parecchi miliardi di Euro, la quale cosa il Commissario, ancora attivo, sta facendo e continuerà a fare chissà per quanto tempo ancora.
Ora che vogliamo? Vogliamo riportare Causi al Comune così qualche altro debituccio riesce a farlo, tanto miliardo più miliardo meno, c'è sempre lo Stato che con le sue leggi 'salva Roma' ripiani i deficit, cosa che però solo con decreto non è riuscito a fare per i sette miliardi circa di debiti che ha lasciato il serafico Veltroni, sostenuto dall'acuto Causi?
E allora forse è meglio che Causi stia a casa, o dove altro vuole, con la sua Veaute, e Veltroni continui a girare film; solo così riusciranno a fare meno danni che stando al Comune, dove comunque Marino ci pensa da solo.
A dire il vero a pensarci più di tutti è lui, Causi, che ora va chiedendo a destra ed a manca di sostenerlo nella candidatura. E già. Perchè senza di lui il Comune affonderebbe.
Però c'è chi non solo non è d'accordo, ma è nettamente contrario. E fra questi coloro che ricordano al professore che negli anni - otto all'incirca - in cui ebbe la responsabilità del Bilancio della Capitale, sotto Veltroni - che in tutto questo polverone sta zitto e gira per festival cinematografici - riempì il 'portafoglio' comunale di 'derivati' e debiti, al punto che quando cadde la giunta Veltroni, Alemanno fu costretto a chiamare un commissario per risanare i conti del Comune lasciati da Veltroni, in profondo rosso per parecchi miliardi di Euro, la quale cosa il Commissario, ancora attivo, sta facendo e continuerà a fare chissà per quanto tempo ancora.
Ora che vogliamo? Vogliamo riportare Causi al Comune così qualche altro debituccio riesce a farlo, tanto miliardo più miliardo meno, c'è sempre lo Stato che con le sue leggi 'salva Roma' ripiani i deficit, cosa che però solo con decreto non è riuscito a fare per i sette miliardi circa di debiti che ha lasciato il serafico Veltroni, sostenuto dall'acuto Causi?
E allora forse è meglio che Causi stia a casa, o dove altro vuole, con la sua Veaute, e Veltroni continui a girare film; solo così riusciranno a fare meno danni che stando al Comune, dove comunque Marino ci pensa da solo.
giovedì 23 luglio 2015
A Roma togliamo anche i numeri romani. Ordine di Ignazio Marino
L'ordina l'ISTAT, il Consiglio Comunale di Roma ubbidisce. Per semplificare, d'ora in avanti, non saranno più usati i numeri romani nella toponomastica stradale. Al loro posto neanche i numeri arabi, che resteranno solo nella numerazione civica - qui forse di un pò di buonsenso, che manca nel resto della decisione, c'è traccia.
E allora? Per semplificare la vita dei romani, d'ora in avanti, i nomi delle strade potranno subire cambiamenti, alcuni di non poco rilievo. Ad esempio 'Viale Quattro venti' a Monteverde vecchio, si chiamerà direttamente 'Viale Ottanta'. I nomi dei pontefici che danno lustro a strade e piazze saranno modificati nell'indicazione della loro posizione nella discendenza dei pontefici con il medesimo nome. Papa Francesco, illuminato dalla divina Provvidenza, ha provveduto di suo a non creare problemi all'amministrazione romana, al momento dell'elezione, scegliendo un nome che non ha bisogno di numeri.
Ma 'Sisto V' diventerà 'Sisto quinto', e via dicendo con delle eccezioni, per le quali non ci stancheremo mai di ringraziare tutti quelli che nel pronunciare nomi di re come di papi, li francesizzano, indicandoli come 'Sisto 5' o 'Pio 12'. Già, perchè per indicare , ad esempio, 'Piazza Pio XI', sarà necessario una lastra di marmo ben più grande delle misure solite, perchè dovrà contenere ' Pio undicesimo. Per non dire poi della Piazza 'Giovanni XXIII', per la quale sarà necessario un lenzuolo di pietra più che una targa: 'Giovanni ventitreesimo'. Forse scriveranno 'Giovanni ventitre'.
Sempre per via della semplificazione, non troveremo più sulle targhe che indicano strade e piazze con nomi di santi la 'esse' puntata, perchè qualche letterato del consiglio comunale potrebbe leggere quella lettera come una imprecazione o, nel migliore dei casi, come l'iniziale di un cognome che non si conosce, mai come accenno alla santità del personaggio.
Insomma, alla fine dei conti, dobbiamo essere grati all'ISTAT ed al Comune, retto da Ignazio Marino, che stanno semplificando, rendendola più agevole, la vita dei cittadini, almeno sui numeri, come Marino ha già fatto con il logo della città e togliendo di mezzo anche quell'astruso S.P.Q.R.
Gli resta solo da farlo con il traffico, i trasporti, le buche, la sporcizia, il disordine, l'abbandono generale e la sicurezza. Ma per tutti questi altri settori, di poco conto, il sindaco Marino, con i due suoi neuroni sempre collegati, ci mette un attimo.
E allora? Per semplificare la vita dei romani, d'ora in avanti, i nomi delle strade potranno subire cambiamenti, alcuni di non poco rilievo. Ad esempio 'Viale Quattro venti' a Monteverde vecchio, si chiamerà direttamente 'Viale Ottanta'. I nomi dei pontefici che danno lustro a strade e piazze saranno modificati nell'indicazione della loro posizione nella discendenza dei pontefici con il medesimo nome. Papa Francesco, illuminato dalla divina Provvidenza, ha provveduto di suo a non creare problemi all'amministrazione romana, al momento dell'elezione, scegliendo un nome che non ha bisogno di numeri.
Ma 'Sisto V' diventerà 'Sisto quinto', e via dicendo con delle eccezioni, per le quali non ci stancheremo mai di ringraziare tutti quelli che nel pronunciare nomi di re come di papi, li francesizzano, indicandoli come 'Sisto 5' o 'Pio 12'. Già, perchè per indicare , ad esempio, 'Piazza Pio XI', sarà necessario una lastra di marmo ben più grande delle misure solite, perchè dovrà contenere ' Pio undicesimo. Per non dire poi della Piazza 'Giovanni XXIII', per la quale sarà necessario un lenzuolo di pietra più che una targa: 'Giovanni ventitreesimo'. Forse scriveranno 'Giovanni ventitre'.
Sempre per via della semplificazione, non troveremo più sulle targhe che indicano strade e piazze con nomi di santi la 'esse' puntata, perchè qualche letterato del consiglio comunale potrebbe leggere quella lettera come una imprecazione o, nel migliore dei casi, come l'iniziale di un cognome che non si conosce, mai come accenno alla santità del personaggio.
Insomma, alla fine dei conti, dobbiamo essere grati all'ISTAT ed al Comune, retto da Ignazio Marino, che stanno semplificando, rendendola più agevole, la vita dei cittadini, almeno sui numeri, come Marino ha già fatto con il logo della città e togliendo di mezzo anche quell'astruso S.P.Q.R.
Gli resta solo da farlo con il traffico, i trasporti, le buche, la sporcizia, il disordine, l'abbandono generale e la sicurezza. Ma per tutti questi altri settori, di poco conto, il sindaco Marino, con i due suoi neuroni sempre collegati, ci mette un attimo.
mercoledì 22 luglio 2015
Della magistratura non fidarsi è meglio. Il caso dell'Ambasciata italiana ad Haiti
Il Governo chiude, secondo un progetto di razionalizzazione delle nostre rappresentanze diplomatiche, l'ambasciata italiana di Haiti. Bene, interviene una decisione del TAR, sollecitato da filohaitiani, per dire che quella decisione il governo non poteva assumerla e che quindi l'ambasciata va riaperta. Ma sulle ambasciate comanda il governo o il Tar, magari del Lazio o della Basilicata?
Senza una tempestiva decisione della Regione Lazio si è rischiato di rivedere per le strade quella carovana di venditori assoldati dalla famiglia Tredicine che dappertutto vendono panini e bibite. Il Comune li aveva sfrattati dai luoghi più prestigiosi della capitale, ora un qualche tribunale avrebbe potuto riammetterli.
Infine, quando i magistrati devono andare in pensione? Lo decide il CSM o il Governo? Il Governo aveva deciso: a 70 anni. Poi, dopo le lamentele di alcuni settori della magistratura, portò l'eta a 71 anni, per evitare che molti tribunali fossero sprovvisti di personale per qualche tempo, in attesa di designazioni e concorsi .
Il CSM, in fine, che aveva chiesto la proroga, non ha nel frattempo provveduto a tali rimpiazzi, per cui il Governo ora si vede costretto a riportare l'età pensionabile dei magistrati di più alto livello, a 72 anni.
Fra qualche mese ancora e l'età pensionabile dei magistrati potrebbe tornare a 75 anni. Come prima, come sempre. Non fidarsi della magistratura appare, anche per queste ultime vicende, saggia decisione.
Senza una tempestiva decisione della Regione Lazio si è rischiato di rivedere per le strade quella carovana di venditori assoldati dalla famiglia Tredicine che dappertutto vendono panini e bibite. Il Comune li aveva sfrattati dai luoghi più prestigiosi della capitale, ora un qualche tribunale avrebbe potuto riammetterli.
Infine, quando i magistrati devono andare in pensione? Lo decide il CSM o il Governo? Il Governo aveva deciso: a 70 anni. Poi, dopo le lamentele di alcuni settori della magistratura, portò l'eta a 71 anni, per evitare che molti tribunali fossero sprovvisti di personale per qualche tempo, in attesa di designazioni e concorsi .
Il CSM, in fine, che aveva chiesto la proroga, non ha nel frattempo provveduto a tali rimpiazzi, per cui il Governo ora si vede costretto a riportare l'età pensionabile dei magistrati di più alto livello, a 72 anni.
Fra qualche mese ancora e l'età pensionabile dei magistrati potrebbe tornare a 75 anni. Come prima, come sempre. Non fidarsi della magistratura appare, anche per queste ultime vicende, saggia decisione.
Da Ravenna partono 'le vie dell'amicizia', la 'Via dell'ISIS' e la via che riporterà a Milano Riccardo Muti.
Il concerto che annualmente, partitosi dal Festival ravennate di Cristina Muti, ha fatto sbarcare Riccardo Muti con compagini orchestrali di varia estrazione, in varie regioni del mondo a significare che la musica può recare messaggi di pace o quantomeno di amicizia, si è accavallata quest'anno con le ultime notizie riguardanti i nuovi adepti stranieri del califfato dell'ISIS, dei quali più di uno passerebbero o partirebbero da Ravenna, dove forte è la presenza musulmana, anche deviata evidentemente; e dove esiste anche la tomba del sommo poeta, al quale il musulmanesimo, compreso quello non radicale, rimprovera la mancanza di rispetto verso il profeta, nella Commedia.
Ora da Ravenna sembra possa ripartire anche il cammino che riporterà Riccardo Muti alla Scala, da dove è uscito sbattendo la porta, accompagnato da qualche dissenso non proprio celato e silenzioso degli orchestrali.
Si ripete con Pereira la stessa operazione che Lissner tentò con Abbado. Il nuovo sovrintendente del teatro milanese, nei giorni scorsi è andato a Ravenna ad ascoltare il 'Falstaff' diretto da Muti, e alla fine è andato a salutare il direttore e sicuramente anche a chiedergli di tornare a Milano. Ed il direttore, da quel che si sa, è stato possibilista.
La prima volta, per rompere il ghiaccio, potrebbe farlo con la sua orchestra giovanile 'Cherubini', prima di entrare nella fossa dei leoni dei suoi orchestrali di un tempo, che certamente qualche zampata, non indolore, gliela darebbero.
E, del resto, a noi che questo mondo variopinto lo osserviamo attentamente ma disinteressatamente, sembra davvero anacronistico che un direttore come Muti in Italia diriga solo la 'sua' orchestra e nessun'altra , neanche quelle dei teatri più importanti, Roma compresa dove si ostinano a chiamarlo, 'direttore onorario a vita', che suona quasi una barzelletta.
E forse Pereira ci riuscirà a riportarlo a Milano, sempre che anche Muti, come il suo 'fratello' gemello Abbado, non chieda di piantare nel centro di Milano diecimila alberi, che Pisapia non potrebbe concedere perchè gli mancherebbero spazio e soldi.
Ora da Ravenna sembra possa ripartire anche il cammino che riporterà Riccardo Muti alla Scala, da dove è uscito sbattendo la porta, accompagnato da qualche dissenso non proprio celato e silenzioso degli orchestrali.
Si ripete con Pereira la stessa operazione che Lissner tentò con Abbado. Il nuovo sovrintendente del teatro milanese, nei giorni scorsi è andato a Ravenna ad ascoltare il 'Falstaff' diretto da Muti, e alla fine è andato a salutare il direttore e sicuramente anche a chiedergli di tornare a Milano. Ed il direttore, da quel che si sa, è stato possibilista.
La prima volta, per rompere il ghiaccio, potrebbe farlo con la sua orchestra giovanile 'Cherubini', prima di entrare nella fossa dei leoni dei suoi orchestrali di un tempo, che certamente qualche zampata, non indolore, gliela darebbero.
E, del resto, a noi che questo mondo variopinto lo osserviamo attentamente ma disinteressatamente, sembra davvero anacronistico che un direttore come Muti in Italia diriga solo la 'sua' orchestra e nessun'altra , neanche quelle dei teatri più importanti, Roma compresa dove si ostinano a chiamarlo, 'direttore onorario a vita', che suona quasi una barzelletta.
E forse Pereira ci riuscirà a riportarlo a Milano, sempre che anche Muti, come il suo 'fratello' gemello Abbado, non chieda di piantare nel centro di Milano diecimila alberi, che Pisapia non potrebbe concedere perchè gli mancherebbero spazio e soldi.
La rivista che un tempo piaceva- senza ragione- ed ora non piace più, con mille ragioni
Con una nota inviata ad una agenzia di stampa l'associazione che raggruppa le Fondazioni lirico sinfoniche, ha risposto ad alcuni appunti mossi ai teatri italiani in tema di repertorio, da una rivista di musica. A proposito delle mensili 'similinchieste' della rivista, l'ultima delle quali riguardava appunto i teatri lirici, abbiamo scritto qualche settimana fa, dicendo che la deprecata, dalla rivista, 'arenizzazione' dei nostri teatri, appare a noi come una sorta di manna, quando i titoli programmati - 'di repertorio', che strettamente inteso non comprende solo Tosche e Traviate - vengono presentati 'comme il faut' ; e consentono di vedere ogni anno almeno una qualche Traviata o Tosca. Ce lo dicano gli acuti ricercatori della rivista delle 'similinchieste', se non dobbiamo gioire dei teatri pieni?
Colpisce che l'Anfols, per bocca del suo presidente, abbia sentito il bisogno di rimbeccare le conclusioni della rivista, di smentirla, solo perchè dava addosso, acriticamente, ai teatri; mentre andava bene quando distribuiva, senza ragione, 'dieci a lode' a troppi sovrintendenti di ultima generazione.
A dimostrazione del valore delle 'similinchieste della rivista di musica italiana, valgano due esempi: nessuno si è rivoltato contro la rivista quando scriveva, un esempio tra mille, che l'Orchestra di Santa Cecilia, con tutto il rispetto, era la prima o la seconda nel mondo ( Boom!) o che la Callas era la più grande cantante del secolo (davvero?). Bufala nel primo caso, ovvia banalità nel secondo: queste le conclusioni delle similinchieste?
A dimostrazione del valore delle 'similinchieste della rivista di musica italiana, valgano due esempi: nessuno si è rivoltato contro la rivista quando scriveva, un esempio tra mille, che l'Orchestra di Santa Cecilia, con tutto il rispetto, era la prima o la seconda nel mondo ( Boom!) o che la Callas era la più grande cantante del secolo (davvero?). Bufala nel primo caso, ovvia banalità nel secondo: queste le conclusioni delle similinchieste?
Recita il comunicato dell'Anfols:
“Il
nostro comparto è protagonista di un grande sforzo organizzativo e
artistico, per salvaguardare la vita delle Fondazioni liriche
italiane e conseguentemente i loro progetti culturali oltre alle
migliaia di posti di lavoro che ne dipendono. Sono aumentati
pubblico, produzione e produttività e questi non paiono essere dati
positivi”. È quanto scrive l’Anfols, in una nota a
firma del suo presidente, Cristiano Chiarot.
Secondo la rivista a fronte di un innegabile aumento di produttività e
presenza di pubblico, più volte sottolineato in precedenti
inchieste, le Fondazioni liriche mostrerebbero cartelloni sempre più
appiattiti sul repertorio tradizionale: allestimenti di ‘Tosche’
e ‘Traviate’ in aumento, e sempre meno novità o riscoperte, con
messe in scena di opere del Novecento o del Barocco a fare da
cenerentole. “Gli esami per le Fondazioni liriche non finiscono mai
e ciò è sempre di aiuto anche se va rilevato che spesso, purtroppo,
in sede di giudizio non tutti gli aspetti delle questioni sollevate
sono valutati adeguatamente”. Il sovrintendente della Fenice, nel suo ruolo di presidente dell’Anfols, rivendica “lo sforzo
compiuto da tutte le Fondazioni per dare spazio a nuove produzioni e
nuovi autori”.
“Nell’analizzare le stagioni – si legge ancora nella nota – ad esempio, forse non si sarebbe dovuto dimenticare l’andamento del Fus e come nessuna delle dodici fondazioni liriche aderenti all’Anfols ha ricevuto finanziamenti straordinari, anzi stiamo aspettando con trepidazione i risultati degli sforzi che il ministro Franceschini sta facendo per reintegrare il taglio apportatoci nel Fus del 2015″. “Evidentemente - conclude Chiarot - questo riassetto ha convinto molti a non ripetere gli errori del passato, relativamente a scelte di programmazione e di gestione che avevano messo a repentaglio la vita stessa delle nostre istituzioni”.
“Nell’analizzare le stagioni – si legge ancora nella nota – ad esempio, forse non si sarebbe dovuto dimenticare l’andamento del Fus e come nessuna delle dodici fondazioni liriche aderenti all’Anfols ha ricevuto finanziamenti straordinari, anzi stiamo aspettando con trepidazione i risultati degli sforzi che il ministro Franceschini sta facendo per reintegrare il taglio apportatoci nel Fus del 2015″. “Evidentemente - conclude Chiarot - questo riassetto ha convinto molti a non ripetere gli errori del passato, relativamente a scelte di programmazione e di gestione che avevano messo a repentaglio la vita stessa delle nostre istituzioni”.
Ignatii Marino, cura te ipsum
Il medico Ignazio Marino che, per somma sfortuna, è toccato come sindaco a Roma, e perciò anche a noi, ha dimenticato anche il vecchio motto latino che suggeriva ai medici di curare i propri mali per dar più credito alla loro professione di guaritori.
Giorni fa, intervenendo ad una manifestazione pubblica, ha risposto malamente ad una signora che gli faceva notare come Roma sia irriconoscibile, sporca, invivibile, insicura, con trasporti medievali. Peggiore perfino della Roma del suo predecessore Alemanno, che l'ha data in mano a Mafia Capitale.
Perdendo il suo inutile aplomb istituzionale, ha apostrofato la signora così: provi a collegare i suoi due neuroni'. Come a dirle: lei è una idiota, incapace di ragionare.
Ah, se alla medesima cura Marino si fosse sottoposto almeno una volta per un solo ciclo, da quando è arrivato al governo della Capitale, chissà quanti guai ci avrebbe evitato, fino all'ultimo, quello che non riesce a schiodare dalla sua poltrona.
Marino, provi a collegare i suoi due neuroni.
Per fortuna che si è poi scusato con la signora con un tweet. Già è qualcosa che, tuttavia, non lo esime dalla necessità per la Capitale che colleghi finalmente i suoi due neuroni.
Giorni fa, intervenendo ad una manifestazione pubblica, ha risposto malamente ad una signora che gli faceva notare come Roma sia irriconoscibile, sporca, invivibile, insicura, con trasporti medievali. Peggiore perfino della Roma del suo predecessore Alemanno, che l'ha data in mano a Mafia Capitale.
Perdendo il suo inutile aplomb istituzionale, ha apostrofato la signora così: provi a collegare i suoi due neuroni'. Come a dirle: lei è una idiota, incapace di ragionare.
Ah, se alla medesima cura Marino si fosse sottoposto almeno una volta per un solo ciclo, da quando è arrivato al governo della Capitale, chissà quanti guai ci avrebbe evitato, fino all'ultimo, quello che non riesce a schiodare dalla sua poltrona.
Marino, provi a collegare i suoi due neuroni.
Per fortuna che si è poi scusato con la signora con un tweet. Già è qualcosa che, tuttavia, non lo esime dalla necessità per la Capitale che colleghi finalmente i suoi due neuroni.
Forse è arrivato il momento che ci liberiamo di Salvo Nastasi dal ministero della cultura
Come gli sarà venuta a Renzi l'idea di mandare Salvo Nastasi a commissariare l'area di Bagnoli, ricca di veleni e che da tempo attende di essere risanata e riconvertita per usi sociali e culturali, togliendolo alla cultura, per la felicità di tutti? Perchè mandarlo in trincea liberando la sua grossa poltrona alla Cultura è davvero una idea geniale.
Da molto tempo si chiacchiera di Nastasi, per molte delle sue decisioni, avallate da tutti i ministri incompetenti che si sono succeduti a via del Collegio romano, i quali hanno dato ascolto al loro direttore generale (per lo spettacolo dal vivo) non sapendo cosa ribattere alle proposte, spesso bislacche ( noi ne abbiamo segnalate parecchie i anche in questo blog) del loro dirigente.
Sembra comunque che la nomina debba stia per essere resa pubblica da uno dei prossimi consigli dei ministri. Il problema dello stipendio lo risolveranno, magari con una nuova mano del gioco delle tre carte.
L'idea è venuta a Renzi o qualcun altro gliel'ha suggerita? La scelta di un direttore generale dello spettacolo mandato a bonificare un'area piena di veleni e malavita, potrebbe essere venuta dal suo fedelissimo Nardella, il quale - da quello che si legge sui giornali e riportato fedelmente dalla rete - è amicissimo del direttore generale ed è anche ospite abituale del suo salotto romano.
Ma perchè Napoli e non altri casi lampanti di malgoverno da affidare alla cura risanatrice di Nastasi? Perchè Nastasi a Napoli - si legge sui giornali - ha già commissariato un Teatro, il San Carlo, dove ha anche creato un Museo per metterci la sua mogliettina, Giulietta Minoli, come coordinatrice. Se ha bonificato il San carlo saprà bonificare anche Bagnoli. Colpisce in tale scelta il fatto che un grande teatro, il più antico ed anche uno dei più belli, 'risanato', soi disant da Nastasi, venga preso ad esempio per un terreno da bonificare, quasi fosse una sorta di discarica culturale. Il paragone lo suggeriscono i giornali quando mettono in relazione il San Carlo con Bagnoli.
Non Franceschini ma Orfini ha più d'una volta lanciato accuse contro Nastasi pubblicamente. Ma Renzi ovviamente se ne fotte, se lo rassicura il fedelissimo Nardella.
A noi, mettendo da parte ogni altra considerazione, fa una grande gioia se , merito della discarica di Bagnoli, possiamo toglierci dalle scatole della cultura 'grande & grosso' Nastasi.
Da molto tempo si chiacchiera di Nastasi, per molte delle sue decisioni, avallate da tutti i ministri incompetenti che si sono succeduti a via del Collegio romano, i quali hanno dato ascolto al loro direttore generale (per lo spettacolo dal vivo) non sapendo cosa ribattere alle proposte, spesso bislacche ( noi ne abbiamo segnalate parecchie i anche in questo blog) del loro dirigente.
Sembra comunque che la nomina debba stia per essere resa pubblica da uno dei prossimi consigli dei ministri. Il problema dello stipendio lo risolveranno, magari con una nuova mano del gioco delle tre carte.
L'idea è venuta a Renzi o qualcun altro gliel'ha suggerita? La scelta di un direttore generale dello spettacolo mandato a bonificare un'area piena di veleni e malavita, potrebbe essere venuta dal suo fedelissimo Nardella, il quale - da quello che si legge sui giornali e riportato fedelmente dalla rete - è amicissimo del direttore generale ed è anche ospite abituale del suo salotto romano.
Ma perchè Napoli e non altri casi lampanti di malgoverno da affidare alla cura risanatrice di Nastasi? Perchè Nastasi a Napoli - si legge sui giornali - ha già commissariato un Teatro, il San Carlo, dove ha anche creato un Museo per metterci la sua mogliettina, Giulietta Minoli, come coordinatrice. Se ha bonificato il San carlo saprà bonificare anche Bagnoli. Colpisce in tale scelta il fatto che un grande teatro, il più antico ed anche uno dei più belli, 'risanato', soi disant da Nastasi, venga preso ad esempio per un terreno da bonificare, quasi fosse una sorta di discarica culturale. Il paragone lo suggeriscono i giornali quando mettono in relazione il San Carlo con Bagnoli.
Non Franceschini ma Orfini ha più d'una volta lanciato accuse contro Nastasi pubblicamente. Ma Renzi ovviamente se ne fotte, se lo rassicura il fedelissimo Nardella.
A noi, mettendo da parte ogni altra considerazione, fa una grande gioia se , merito della discarica di Bagnoli, possiamo toglierci dalle scatole della cultura 'grande & grosso' Nastasi.
E' morto Alan Curtis. Sui giornali italiani neanche una riga. Vergogna!
Abbiamo appreso giorni fa della morte di Alan Curtis cui il barocco musicale deve, in larga parte, la sua rinascita, con la riscoperta e riproposta di autori di primo piano, a partire da Claudio Monteverdi e Gesualdo da Venosa, in onore del quale egli prese parte al film di Herzog, 'Omicido a cinque voci', eseguendo numerosi brani del grande polifonista con il suo complesso, nell'ambito del noto Concorso polifonico di Arezzo
Della sua morte, come sempre, non s'è letto neanche una riga sui giornali italiani, attenti più alle mezze figure se potenti, piuttosto che agli uomini di valor, a questa regola sopraffina non sono sfuggiti neanche quei giornali che si piccano di fare cultura con inserti, ben noti, settimanali.
Francesca Zardini ci ha mandato questo breve ricordo di Alan Curtis che volentieri pubblichiamo, a mò di riparazione.
Alan
Curtis è morto a Firenze il 15 luglio 2015, inaspettatamente, uno
shock per la Famiglia e gli Amici.Uomo riservato e discreto,
estremamente pignolo e scrupoloso, musicista e direttore d'orchestra
attento ed esigente, studioso noto per l’acribia filologica e la
precisione,
per
la profonda conoscenza del repertorio barocco, risultato di molti
anni dedicati all'analisi di partiture e fonti originali.
Nato il 17 novembre 1934, motivato da un’innata passione, estrema determinazione e abnegazione,
Nato il 17 novembre 1934, motivato da un’innata passione, estrema determinazione e abnegazione,
Alan
Curtis ha consacrato la vita alla musica e alla riscoperta della
prassi antica, la più autentica e verosimile possibile.
Tanto
discreto che né internet né altri annali possono ad oggi fornire
una lista completa di tutto ciò che è riuscito a raggiungere ed
eseguire, nell’arco di una lunghissima carriera.
Fondò
Il Complesso Barocco, l'ensemble nato dal desiderio di eseguire
musica barocca secondo dettami fedeli alle intenzioni dei
compositori, si è esibito in tutta Europa e negli Stati Uniti,
al
solo scopo di presentare il repertorio barocco come originariamente
concepito.
Professore alla Berkeley University, invitato a tenere lezioni da molte università in tutto il mondo,
Professore alla Berkeley University, invitato a tenere lezioni da molte università in tutto il mondo,
ha
lavorato con umiltà e conoscenza, affascinando centinaia di studenti
e musicisti.
giovedì 16 luglio 2015
Crocetta a telefono e De Laurentis a Capodichino. Due storie vergognose da dimenticare
Il governatore della Sicilia è a telefono con il suo medico personale e primario a Palermo. Dopo le dimissioni dell'assessore alla sanità, Borsellino, figlia del giudice assassinato dalla mafia; il medico leccaculo per ingraziarsi il suo protettore governatore se ne esce: dovrebbe fare la fine di suo padre, e il governatore tacque. Possiamo avere simili governanti?
De Laurentis, patron del Napoli calcio, in partenza, con volo charter, da Capodichino con tutta la squadra.Arriva in aeroporto con bagagli da far invidia ad uan diva del cinema e chiede ad un poiziotot in srvizio di prenderglieli per portarli direttamente alla scaletta dell'aereo, al cortese rifiuto del piliziotto che non è un lacchè di De Laurentis, lo apostrofa e poco manca che non usi anche le mani, sbottando in 'questo è un aeroporto di merda'. In realtà, forse potrebbe anche essere un aeroporto di merda quello napoletano, ma non per le ragioni di De Laurentis; mentre lui, senza dubbio, è un pezzo di merda!
De Laurentis, patron del Napoli calcio, in partenza, con volo charter, da Capodichino con tutta la squadra.Arriva in aeroporto con bagagli da far invidia ad uan diva del cinema e chiede ad un poiziotot in srvizio di prenderglieli per portarli direttamente alla scaletta dell'aereo, al cortese rifiuto del piliziotto che non è un lacchè di De Laurentis, lo apostrofa e poco manca che non usi anche le mani, sbottando in 'questo è un aeroporto di merda'. In realtà, forse potrebbe anche essere un aeroporto di merda quello napoletano, ma non per le ragioni di De Laurentis; mentre lui, senza dubbio, è un pezzo di merda!
mercoledì 15 luglio 2015
Non buttiamola in burletta. Anche la Musica ha le sue Femen
Puntualmente arriva qualche visionario, disinteressato, che ci ricorda come la musica fosse nel passato soprattutto elemento di svago. E propone di tornare a divertirci con la musica, non senza qualche ragione. E fin qui nulla da eccepire, e non sarebbe neanche una novità, perchè esistono già piccoli gruppi che di tale aspetto della musica hanno fatto la loro ragion d'essere. Ne esistono anche in Italia, e non mancano anche in altri continenti, come quel duo americano in programma a Santa Cecilia, per l'intensa stagione estiva fatta di ben tre concerti.
Ora arriva, in tale settore ideologico, una novità di quelle che non lasceranno il mondo della musica indifferente. Sì, perchè da poco esistono anche le 'Femen' della Musica, che hanno assunto il nome di 'Salut Salon'. Un quartetto di giovani e belle - e si sottolinea 'belle' - musiciste tedesche di Amburgo, che si divertono e vogliono fa divertire tutti con la musica, anche agendo su brani ed autori che certamente divertenti non erano e che non volevano far divertire nessuno. Semmai riflettere. Ci vengono in mente solo alcuni nomi, pochissimi: Beethoven, Schumann, Bach, Verdi, Wagner, per i quali il divertimento, sempre e comunque, non apparteneva ai loro orizzonti.
Ma le nostre Femen musicali che fino a questo momento si sono presentate in abiti apparentemente castigati non è detto che in futuro, in previsione del successo sperato, non arrivino, sempre per gioco, a mostrare anche le loro grazie fisiche accanto a quelle musicali. Perchè no? Altrimenti non si capisce quell'insistenza su quel 'giovani e belle'.
Lasciamo da parte tutta questa ideologia d'accatto sulla seriosità della musica classica e dei suoi riti che vanta già numerosi adepti e sostenitori; ci ha già provato a scalzarla, inutilmente, da noi anche il giovane Battistoni, con quel suo libretto :' la musica classica non è cosa per vecchi' e quel pianista riccioluto, Giovanni Allevi, che scrive 'musica classica contemporanea', noiosetta. Noia per noia , meglio la 'noia' beethoveniana o bachiana.
C'è anche da dire, per amore di verità e completezza, che le belle quattro si sono già impegnate in progetti educativi con ragazzi e bambini di classi sociali disagiate, e di questo va riconosciuto il merito alle belle Femen musicali. Che hanno già licenziato il loro primo CD ( senza immagini? non non è la stessa cosa) ed annunciato un tour - anche la terminologia pende per la 'leggera', mentre nel nostro settore si preferisce tourné - per l'inizio del prossimo anno, immaginiamo anche in Italia.
Ora arriva, in tale settore ideologico, una novità di quelle che non lasceranno il mondo della musica indifferente. Sì, perchè da poco esistono anche le 'Femen' della Musica, che hanno assunto il nome di 'Salut Salon'. Un quartetto di giovani e belle - e si sottolinea 'belle' - musiciste tedesche di Amburgo, che si divertono e vogliono fa divertire tutti con la musica, anche agendo su brani ed autori che certamente divertenti non erano e che non volevano far divertire nessuno. Semmai riflettere. Ci vengono in mente solo alcuni nomi, pochissimi: Beethoven, Schumann, Bach, Verdi, Wagner, per i quali il divertimento, sempre e comunque, non apparteneva ai loro orizzonti.
Ma le nostre Femen musicali che fino a questo momento si sono presentate in abiti apparentemente castigati non è detto che in futuro, in previsione del successo sperato, non arrivino, sempre per gioco, a mostrare anche le loro grazie fisiche accanto a quelle musicali. Perchè no? Altrimenti non si capisce quell'insistenza su quel 'giovani e belle'.
Lasciamo da parte tutta questa ideologia d'accatto sulla seriosità della musica classica e dei suoi riti che vanta già numerosi adepti e sostenitori; ci ha già provato a scalzarla, inutilmente, da noi anche il giovane Battistoni, con quel suo libretto :' la musica classica non è cosa per vecchi' e quel pianista riccioluto, Giovanni Allevi, che scrive 'musica classica contemporanea', noiosetta. Noia per noia , meglio la 'noia' beethoveniana o bachiana.
C'è anche da dire, per amore di verità e completezza, che le belle quattro si sono già impegnate in progetti educativi con ragazzi e bambini di classi sociali disagiate, e di questo va riconosciuto il merito alle belle Femen musicali. Che hanno già licenziato il loro primo CD ( senza immagini? non non è la stessa cosa) ed annunciato un tour - anche la terminologia pende per la 'leggera', mentre nel nostro settore si preferisce tourné - per l'inizio del prossimo anno, immaginiamo anche in Italia.
A Montepulciano, tutti parlano di Henze, anche quelli che non l'hanno mai conosciuto.
In questi giorni, nella Montepulciano animata dal rinmato Cantiere, inventato dal celebre musicista tedesco, naturalizzato italiano e scomparso da qualche anno appena, Hans Werner Henze, è tutta una celebrazione del fondatore. Il responsabile della Fondazione, intitolata ad Henze, anima, quasi giornalmente, incontri con musicisti di ogni genere, per celebrare il fondatore, come merita; e c'è anche una mostra della collezione d'arte del musicista, fatta - da quel che leggiamo - di due soli pittori : una tedesca, il cui nome non ricordiamo, e l'altro italiano, anzi romano, Renzo Vespignani. E si annuncia anche la costituzione di un archivio del Cantiere perchè tutta la ricchezza di questi anni, intensi, non vada perduta o dispersa.
In questi giorni sbarca a Montepulciano anche Gaston Fournier-Facio, strettissimo collaboratore di Henze nei primi anni di attività, il quale ha poi fatto il giro delle sette chiese italiane, con incarichi artistici di grande prestigio, dal Maggio a Santa Cecilia, dalla Scala al Regio di Torino, dove ora è in pianta stabile. Uno dei pochi che può parlare di Henze con cognizione di stretta e lunga vicinanza.
Senonchè quando hanno saputo che Fournier ha un figlio avuto da sua moglie Leonetta Bentivoglio, che di nome fa Francesco, avviato alla professione musicale, tanto hanno insistito con Founier padre da ottenere che lo portasse con sè a Montepulciano, per presentarlo ufficialmente al consesso musicale internazionale, vista anche la vocazione del Cantiere a promuovere i giovani.
E per nessun altra ragione, men che mai per parlare di Henze che Francesco non ha mai conosciuto o forse incontrato solo qualche volta, perchè suo padre potrebbe averlo portato con sè nella villa di Marino di Henze.
Dopo tanta insistenza da parte degli attuali organizzatori del Cantiere, Fournier padre ha acconsentito, ottenendo in cambio l'assicurazione che non verranno diffuse foto del giovane musicista.
Tra i parlatori 'di e su' Henze manca Giorgio Battistelli che ha frequentato assiduamente la villa del musicista. Chissà perchè.
In questi giorni sbarca a Montepulciano anche Gaston Fournier-Facio, strettissimo collaboratore di Henze nei primi anni di attività, il quale ha poi fatto il giro delle sette chiese italiane, con incarichi artistici di grande prestigio, dal Maggio a Santa Cecilia, dalla Scala al Regio di Torino, dove ora è in pianta stabile. Uno dei pochi che può parlare di Henze con cognizione di stretta e lunga vicinanza.
Senonchè quando hanno saputo che Fournier ha un figlio avuto da sua moglie Leonetta Bentivoglio, che di nome fa Francesco, avviato alla professione musicale, tanto hanno insistito con Founier padre da ottenere che lo portasse con sè a Montepulciano, per presentarlo ufficialmente al consesso musicale internazionale, vista anche la vocazione del Cantiere a promuovere i giovani.
E per nessun altra ragione, men che mai per parlare di Henze che Francesco non ha mai conosciuto o forse incontrato solo qualche volta, perchè suo padre potrebbe averlo portato con sè nella villa di Marino di Henze.
Dopo tanta insistenza da parte degli attuali organizzatori del Cantiere, Fournier padre ha acconsentito, ottenendo in cambio l'assicurazione che non verranno diffuse foto del giovane musicista.
Tra i parlatori 'di e su' Henze manca Giorgio Battistelli che ha frequentato assiduamente la villa del musicista. Chissà perchè.
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Tivoli Festival: un festival fotocopia
Se lor signori decidono una cosa, anche in tempi di ristrettezze economiche quando, a loro dire, i soldi mancano per cose essenziali, i soldi li trovano.
Uno si domanda la ragione per cui Tivoli quest'anno debba essere invasa da spettacoli di ogni genere, quando a pochi chilometri c'è Roma, con tutto il suo pandemonio spettacolare, giacchè l'unica istituzione a tacere o a cantare fuori dal coro, ma a bocca chiusa, è Santa Cecilia, l'Accademia intendiamo, mentre perfino il Conservatorio poco manca che sguinzagli allievi meritevoli anche nei ristoranti e nelle trattorie di Trastevere, ripagati con una pizza a fine serata?
Quest'anno il principe Barberini, assessore a Tivoli, ha inventato un festival dal titolo 'Tivoli chiama', d'accordo con Franca Valeri che ha subito risposto assumendosene ufficialmente la direzione artistica.
Il Festival di Villa Adriana, il cui ritorno era stato annunciato a gran voce, non si fa, al suo posto ecco arrivare il 'Tivoli Festival' - con il solito idiota giochino delle maiuscole e minuscole per dare un tono al titolo che per inventori geniali quali sono quelli di Musica per Roma, principali gestori di tutto ciò che si fa a Roma e dintorni, suona banale: 'Tivoli Festival'.
A proposito di Musica per Roma, Carlo Fuortes non schioda ancora, sebbene da qualche settimana sia uscito dal cilindro magico del Comune di Ignazio Marino ( Roma) il nome del nuovo amministratore, uno spagnolo.
E sempre a proposito di Musica per Roma e Carlo Fuortes, ancora un festival fotocopia della casa madre 'Auditorium', dopo Caracalla?
In pratica anche a Tivoli sbarcano i soliti noti della premiata ditta romana e , a beffa e danno dei romani, gli spettacoli sono ad ingresso gratuito. Perchè a Roma per sentire gli stessi si deve pagare ed a Tivoli no? Questa si chiama concorrenza sleale.
Forse che per la trasferta alle Terme di Tivoli gli acciaccati artisti non vengono retribuiti se non con una seduta di inalazione e fango terapia?
Uno si domanda la ragione per cui Tivoli quest'anno debba essere invasa da spettacoli di ogni genere, quando a pochi chilometri c'è Roma, con tutto il suo pandemonio spettacolare, giacchè l'unica istituzione a tacere o a cantare fuori dal coro, ma a bocca chiusa, è Santa Cecilia, l'Accademia intendiamo, mentre perfino il Conservatorio poco manca che sguinzagli allievi meritevoli anche nei ristoranti e nelle trattorie di Trastevere, ripagati con una pizza a fine serata?
Quest'anno il principe Barberini, assessore a Tivoli, ha inventato un festival dal titolo 'Tivoli chiama', d'accordo con Franca Valeri che ha subito risposto assumendosene ufficialmente la direzione artistica.
Il Festival di Villa Adriana, il cui ritorno era stato annunciato a gran voce, non si fa, al suo posto ecco arrivare il 'Tivoli Festival' - con il solito idiota giochino delle maiuscole e minuscole per dare un tono al titolo che per inventori geniali quali sono quelli di Musica per Roma, principali gestori di tutto ciò che si fa a Roma e dintorni, suona banale: 'Tivoli Festival'.
A proposito di Musica per Roma, Carlo Fuortes non schioda ancora, sebbene da qualche settimana sia uscito dal cilindro magico del Comune di Ignazio Marino ( Roma) il nome del nuovo amministratore, uno spagnolo.
E sempre a proposito di Musica per Roma e Carlo Fuortes, ancora un festival fotocopia della casa madre 'Auditorium', dopo Caracalla?
In pratica anche a Tivoli sbarcano i soliti noti della premiata ditta romana e , a beffa e danno dei romani, gli spettacoli sono ad ingresso gratuito. Perchè a Roma per sentire gli stessi si deve pagare ed a Tivoli no? Questa si chiama concorrenza sleale.
Forse che per la trasferta alle Terme di Tivoli gli acciaccati artisti non vengono retribuiti se non con una seduta di inalazione e fango terapia?
I soliti colpi di sole estivi e le solite inchieste di una rivista di musica italiana
Il Corriere della Sera di oggi, ancora a firma di Giuseppina Manin, torna a parlare di melodramma, per riferire della puntuale inchiesta mensile di 'Classic Voice' che questa volta con grande acume giornalistico e ricchezza di dati prende di mira il repertorio dei teatri. Concludendo, in base alla sua iricerca, che i teatri italiani vivono di 'repertorio'- peccato che dimentica quelli stranieri che vivono più o meno come quelli italiani di repertorio - dimenticando anzi ignorando le 'opere originali' ( che vuol dire 'originali, che quelle di verdi e Puccini originali non sono?) - e qui ci ha messo le mani il solito asino del titolista che in tre giorni toppa solennemente almeno due volte.
Non più tardi di tre anni fa, un'altra rivista di musica, edita dal Conservatorio aquilano, Music@, dimostrava che il repertorio italiano, che secondo Classic Voice si vuole dominante in Italia, era ancor più dominante all'estero. Dati alla mano, con tabelle, titoli e teatri, in Italia e nel mondo risultava che Traviata o Butterfly e Bohème erano rappresentati con più frequenza e regolarità all'estero di quanto non accadesse in Italia. E' successo forse che nel giro di due anni le cose sono completamente capovolte? Allora? Tutti idioti? Tutti che voltano le spalle alle novità?
No, semplicemente i classici del melodramma sono i più rappresentati e più amati e perciò anche quelli più richiesti e seguiti. E' un peccato se Traviata riempie i teatri più di Co2 di Battistelli che nelle poche recite scaligere di quest'anno il teatro non l'ha mai riempito?
Se il medesimo discorso si facesse per i classici di altri ambiti artistici, come la letteratura o il teatro, noi dovremmo bandire i grandi capolavori in nome della modernità. Non è possibile.
Se poi un tempo si facevano a teatro più novità di oggi, non è detto che sia la strategia migliore, forse occorrerebbe, ma senza intenti punitivi, farsi coraggio e presentare una qualche novità ogni stagione od ogni due, che moltiplicata per i teatri, vuol una trentina circa di novità a biennio. sarebbe un bel traguardo. Va anche aggiunto che le più frequenti novità di un tempo miravano ad attirare i contributi specifici del ministero destinati ai titoli nuovi.
Con aria snob, infine, la Manin e i suoi suggeritori di Classic Voice che, evidentemente, con il Corriere ha un filo diretto - chissà per quale ragione o quale tramite in carne ed ossa - afferma che il teatro d'opera italiano, dal punto di vista del repertorio, si sta 'arenizzando', sta virando cioè velocemente verso il 'popolare', come se fosse una offesa. No, cara Manin, le opere più popolari - ci vogliamo mettere fra queste anche il teatro di Shakespeare - sono tali perchè rappresentano le vette della umana creatività nei secoli. Si deve semmai esigere che la riproposta delle opere popolari non diventi occasione per 'spedizioni punitive' come può accadere anche nei teatri a danno del pubblico più affezionato.
Secondo il suo (della Manin) ragionamento e quello dei capoccioni della sua rivista di riferimento, dovremmo farla finita anche con Bach e Vivaldi ed anche Beethoven, meglio sostituirli con le 'quattro stagioni' di Max Richter o con quelle di Piazzolla o Glass ( ma perchè, sia detto per inciso, hanno bisogno di attaccarsi a Vivaldi; facciano qualcosa di nuovo e lascino in pace Vivaldi che, di suo, ancora funziona!).
Nicola Sani, sovrintendente a Bologna, impegnato anche su molti altri fronti a lui totalmente estranei, in chiusura di inchiesta, si augura che l'Italia abbia 'manager culturali capaci di unire COMPETENZA GESTIONALE ED ARTISTICA'; che è poi l'augurio che noi abbiamo fatto all'Italia, dopo aver letto delle nomine di Sani oltre che a Sovrintendente a Bologna, a Direttore artistico a Siena e Direttore dell' Istituto di Studi verdiani di Parma ecc... Da dove prende tanta energia oltre che tanta competenza, ci è venuto da chiederci?
Non più tardi di tre anni fa, un'altra rivista di musica, edita dal Conservatorio aquilano, Music@, dimostrava che il repertorio italiano, che secondo Classic Voice si vuole dominante in Italia, era ancor più dominante all'estero. Dati alla mano, con tabelle, titoli e teatri, in Italia e nel mondo risultava che Traviata o Butterfly e Bohème erano rappresentati con più frequenza e regolarità all'estero di quanto non accadesse in Italia. E' successo forse che nel giro di due anni le cose sono completamente capovolte? Allora? Tutti idioti? Tutti che voltano le spalle alle novità?
No, semplicemente i classici del melodramma sono i più rappresentati e più amati e perciò anche quelli più richiesti e seguiti. E' un peccato se Traviata riempie i teatri più di Co2 di Battistelli che nelle poche recite scaligere di quest'anno il teatro non l'ha mai riempito?
Se il medesimo discorso si facesse per i classici di altri ambiti artistici, come la letteratura o il teatro, noi dovremmo bandire i grandi capolavori in nome della modernità. Non è possibile.
Se poi un tempo si facevano a teatro più novità di oggi, non è detto che sia la strategia migliore, forse occorrerebbe, ma senza intenti punitivi, farsi coraggio e presentare una qualche novità ogni stagione od ogni due, che moltiplicata per i teatri, vuol una trentina circa di novità a biennio. sarebbe un bel traguardo. Va anche aggiunto che le più frequenti novità di un tempo miravano ad attirare i contributi specifici del ministero destinati ai titoli nuovi.
Con aria snob, infine, la Manin e i suoi suggeritori di Classic Voice che, evidentemente, con il Corriere ha un filo diretto - chissà per quale ragione o quale tramite in carne ed ossa - afferma che il teatro d'opera italiano, dal punto di vista del repertorio, si sta 'arenizzando', sta virando cioè velocemente verso il 'popolare', come se fosse una offesa. No, cara Manin, le opere più popolari - ci vogliamo mettere fra queste anche il teatro di Shakespeare - sono tali perchè rappresentano le vette della umana creatività nei secoli. Si deve semmai esigere che la riproposta delle opere popolari non diventi occasione per 'spedizioni punitive' come può accadere anche nei teatri a danno del pubblico più affezionato.
Secondo il suo (della Manin) ragionamento e quello dei capoccioni della sua rivista di riferimento, dovremmo farla finita anche con Bach e Vivaldi ed anche Beethoven, meglio sostituirli con le 'quattro stagioni' di Max Richter o con quelle di Piazzolla o Glass ( ma perchè, sia detto per inciso, hanno bisogno di attaccarsi a Vivaldi; facciano qualcosa di nuovo e lascino in pace Vivaldi che, di suo, ancora funziona!).
Nicola Sani, sovrintendente a Bologna, impegnato anche su molti altri fronti a lui totalmente estranei, in chiusura di inchiesta, si augura che l'Italia abbia 'manager culturali capaci di unire COMPETENZA GESTIONALE ED ARTISTICA'; che è poi l'augurio che noi abbiamo fatto all'Italia, dopo aver letto delle nomine di Sani oltre che a Sovrintendente a Bologna, a Direttore artistico a Siena e Direttore dell' Istituto di Studi verdiani di Parma ecc... Da dove prende tanta energia oltre che tanta competenza, ci è venuto da chiederci?
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lunedì 13 luglio 2015
Nutrire l'anima. Nell'attesa facciamoci Gilda. Stupri in palcoscenico a Londra e Macerata. Uffa.
Non nomineremo mai i due registi ai quali va attribuita la paternità delle ultime due trovate sessualmente violente sul palcoscenico operistico (' Guglielmo Tell' a Londra e, dopodomani, 'Rigoletto' a Macerata).
'Gugliemo Tell' campione di libertà e Gilda vittima di un sopruso per punire suo padre, Rigoletto, il buffone di corte del Duca di Mantova. Nell'uno come nell'altro caso due stupri, e, nel caso di Gilda, addirittura uno stupro di gruppo.
In nessuno dei casi lo prevede la storia, in ambedue i casi semplicemente una trovata dei rispettivi registi, che non nomineremo, per far parlare di sè, pensando forse che altrimenti nessun giornale si sarebbe occupato di una bella edizione 'musicale' del celebre capolavoro di Rossini, come di quello verdiano il cui esito ancora non conosciamo, perchè la prima allo Sferisterio di Macerata - retto da Francesco Micheli che l'anno scorso ha messo donne dappertutto, anche in buca (d'orchestra), e quest'anno ne fa violentare una da un gruppo (uno troppo poco!) di satanassi - deve ancora debuttare. Ma il clamore arriva addirittura prima, come il regista, complice il regista-direttore artistico,in fondo si augurava.
Perchè, si chiede Giuseppina Manin sul Corriere di ieri - giornale che per la terza volta, nel giro di un paio di settimane, torna a parlare di questi fatti, con intere paginate che mai verrebbero riservate alla musica senza tale contorno, gli unici che possono ormai interessare i giornali, la musica no - insistere su una formula che scontenta tutti,spettatori e critica ? Ma non registi e direttori artistici e giornali - ci permettiamo di aggiungere noi'? Semplicemente perchè i giornali, ai quali più di ogni altra cosa interessano, ne parlino, anche se - riprendiamo il discorso della Manin - ' non allarga neanche le platee della lirica.
Non mancano , come da copione, dissociazioni di direttori artistici e direttori musicali, i quali naturalmente sapevano delle trovate ma non hanno voluto - in nome della libertà dei registi;falsi! - intervenire.
P.S. Ci hanno scritto dallo Sferisterio di Macerata in difesa del regista ( ma anche del direttore artistico) del Rigoletto prossimamente in scena. La Manin, hanno precisato, non può parlare di uno spettacolo d'opera senza averlo visto, come invece ha fatto l'altro ieri sul Corriere. Ma qualcuno le avrà pure passato qualche notizia, magari con l'intento di attrarre pubblico: lei poi ha amplificato la cosa ed il giornale ha sbagliato titolo, perchè oggetto della violenza non è Gilda, bensì la figlia di Monterone, cortigiano del Duca di Mantova cui il signore libertino violentò - ecco lo stupro - la figlia.
Resta il fatto che senza una qualche inutile gratuita ed idiota novità registica i giornali difficilmente si butterebbero a capo fitto su uno spettacolo d'opera , del quale diciamolo in tutta sincerità ormai non frega nulla a nessuno, nonostante che il melodramma, a partire da quello italiano, sia ancora oggi motivo di grande attrazione in Italia o negli altri paesi.
'Gugliemo Tell' campione di libertà e Gilda vittima di un sopruso per punire suo padre, Rigoletto, il buffone di corte del Duca di Mantova. Nell'uno come nell'altro caso due stupri, e, nel caso di Gilda, addirittura uno stupro di gruppo.
In nessuno dei casi lo prevede la storia, in ambedue i casi semplicemente una trovata dei rispettivi registi, che non nomineremo, per far parlare di sè, pensando forse che altrimenti nessun giornale si sarebbe occupato di una bella edizione 'musicale' del celebre capolavoro di Rossini, come di quello verdiano il cui esito ancora non conosciamo, perchè la prima allo Sferisterio di Macerata - retto da Francesco Micheli che l'anno scorso ha messo donne dappertutto, anche in buca (d'orchestra), e quest'anno ne fa violentare una da un gruppo (uno troppo poco!) di satanassi - deve ancora debuttare. Ma il clamore arriva addirittura prima, come il regista, complice il regista-direttore artistico,in fondo si augurava.
Perchè, si chiede Giuseppina Manin sul Corriere di ieri - giornale che per la terza volta, nel giro di un paio di settimane, torna a parlare di questi fatti, con intere paginate che mai verrebbero riservate alla musica senza tale contorno, gli unici che possono ormai interessare i giornali, la musica no - insistere su una formula che scontenta tutti,spettatori e critica ? Ma non registi e direttori artistici e giornali - ci permettiamo di aggiungere noi'? Semplicemente perchè i giornali, ai quali più di ogni altra cosa interessano, ne parlino, anche se - riprendiamo il discorso della Manin - ' non allarga neanche le platee della lirica.
Non mancano , come da copione, dissociazioni di direttori artistici e direttori musicali, i quali naturalmente sapevano delle trovate ma non hanno voluto - in nome della libertà dei registi;falsi! - intervenire.
P.S. Ci hanno scritto dallo Sferisterio di Macerata in difesa del regista ( ma anche del direttore artistico) del Rigoletto prossimamente in scena. La Manin, hanno precisato, non può parlare di uno spettacolo d'opera senza averlo visto, come invece ha fatto l'altro ieri sul Corriere. Ma qualcuno le avrà pure passato qualche notizia, magari con l'intento di attrarre pubblico: lei poi ha amplificato la cosa ed il giornale ha sbagliato titolo, perchè oggetto della violenza non è Gilda, bensì la figlia di Monterone, cortigiano del Duca di Mantova cui il signore libertino violentò - ecco lo stupro - la figlia.
Resta il fatto che senza una qualche inutile gratuita ed idiota novità registica i giornali difficilmente si butterebbero a capo fitto su uno spettacolo d'opera , del quale diciamolo in tutta sincerità ormai non frega nulla a nessuno, nonostante che il melodramma, a partire da quello italiano, sia ancora oggi motivo di grande attrazione in Italia o negli altri paesi.
sabato 11 luglio 2015
E infine il caso di un giudice del TAR del Lazio, truffatore ma nobile. De Bernardi, Franco Angelo Maria.
Forse sarà stato per qualche quarto di nobiltà sbiadita e calpestata che i suoi colleghi magistrati l'hanno lasciato al suo posto, nonostante che già qualche anno fa sia incorso nella maglie della magistratura penale per truffa e condannato. E' il colmo. Il Tribunale del Lazio, al quale ci si rivolge per reati amministrativi - sebbene, inutile negarlo, anche a seguito di tanti scandali dei suoi componenti, molte sentenze fanno riflettere - vien indagato perchè il suo ufficio è stato indicato come base operativa di un gruppo di truffatori che stampavano e spacciavano moneta falsa.
Il suo nome è Franco Angelo Maria De Bernardi, Cavaliere dell'Ordine al merito della Repubblica Italiana. Il suo nome non dimenticatelo. Se si dovesse presentare a voi, declinando le sue generalità, attenti, potrebbe sfilarvi il portafogli dalla giacca o dalla tasca dei pantaloni. Attenti al ladro!
Il suo nome è Franco Angelo Maria De Bernardi, Cavaliere dell'Ordine al merito della Repubblica Italiana. Il suo nome non dimenticatelo. Se si dovesse presentare a voi, declinando le sue generalità, attenti, potrebbe sfilarvi il portafogli dalla giacca o dalla tasca dei pantaloni. Attenti al ladro!
Il Comune di Roma affonda, Marino resta a galla.
Cos'altro deve succedere? IL segretario generale del Comune si è dimesso, l'incaricato per al trasparenza è finito in galera e come lui tanti altri consiglieri di destra e sinistra. Il municipio di Ostia va sciolto e così tanti altri municipi della Capitale, per infiltrazioni mafiose - capito il reato? - a guisa delle pagelle negative che ha dato alle varie sezioni del Pd l'ex ministro Barca. E Marino? Marino è innocente. Lui va salvato, lo salva Orfini commissario PD, lo salva Renzi, anche se gli da la svegli, neppure tanto convinta, lo salva Gabrielli che si trova nella imbarazzante situazione di dover sciogliere un Comune fra breve atteso all'appuntamento del Giubileo, lui che il Governo vuole mettere alla guida della macchina comunale del Giubileo che non si èmessa ancora ennche in moviemento.
L'unico che, di fatto, non assolve Marino, per aver omesso il suo dovere di vigilanza, è il procuratore capo di Roma, Pignatone, quello che ha dato il via all'inchiesta 'Mafia capitale', il quale definisce Marino 'INCONSAPEVOLE' e 'INERME', che suona più dura di una condanna per un amministratore che non riesce neppure ad accorgersi che guida una banda di ladri.
Marino, miracolato dal Giubileo, resterà, mentre la città va in rovina, ogni giorno di più, a causa dlla sua incapacità di governare.
Ma fa riflettere la richiesta del senatore Augello, della Destra, il quale chiede le dimissioni di Marino, anche lui; ma nulla dice di Alemanno, sotto il cui governo cittadino il sistema di 'Mafia Capitale'- l'ha detto con chiarezza Pignatone - è stato messo in atto e si è perfezionato.
A questo punto, nonostante Alemanno sia indagato e Marino no, anche per Alemanno potrà essere invocata la scusante dell'inconsapevole ed inerme, invocata per salvare Marino; che suona, invece, come una terribile condanna. Insomma due amministratori della Capitale d'Italia, che durante il loro mandato di governo, non si sono accorti che perfino in Comune oltre che dappertutto, era tutto un ruba ruba, vengono lasciati liberi; e il secondo, Marino, libero anche di fare ancora danni.
L'unico che, di fatto, non assolve Marino, per aver omesso il suo dovere di vigilanza, è il procuratore capo di Roma, Pignatone, quello che ha dato il via all'inchiesta 'Mafia capitale', il quale definisce Marino 'INCONSAPEVOLE' e 'INERME', che suona più dura di una condanna per un amministratore che non riesce neppure ad accorgersi che guida una banda di ladri.
Marino, miracolato dal Giubileo, resterà, mentre la città va in rovina, ogni giorno di più, a causa dlla sua incapacità di governare.
Ma fa riflettere la richiesta del senatore Augello, della Destra, il quale chiede le dimissioni di Marino, anche lui; ma nulla dice di Alemanno, sotto il cui governo cittadino il sistema di 'Mafia Capitale'- l'ha detto con chiarezza Pignatone - è stato messo in atto e si è perfezionato.
A questo punto, nonostante Alemanno sia indagato e Marino no, anche per Alemanno potrà essere invocata la scusante dell'inconsapevole ed inerme, invocata per salvare Marino; che suona, invece, come una terribile condanna. Insomma due amministratori della Capitale d'Italia, che durante il loro mandato di governo, non si sono accorti che perfino in Comune oltre che dappertutto, era tutto un ruba ruba, vengono lasciati liberi; e il secondo, Marino, libero anche di fare ancora danni.
La legge Severino ha bisogno di qualche aggiustamento. De Luca e Berlusconi non sono uguali
Per la norma riguardante la incandidabilità a cariche pubbliche di soggetti condannati, la legge 'Severino' necessiterebbe di qualche ritocco, se pensiamo a due diversi casi, quelli di De Luca e Berlusconi.
Forza Italia, quando De Luca si è candidato a governatore della Campania, e nuovamente dopo la sua vittoria elettorale, ha gridato allo scandalo per la diversa interpretazione della norma. Una norma ad personam, secondo Forza Italia, contro Berlusconi, a favore di De Luca.
No, forzisti.
Chi governa può incorrere, agli occhi dei suoi avversari politici, nel reato di 'abuso d'ufficio', la cui materia può essere grave ma anche ininfluente.
La frode fiscale è ben altra cosa ed ha bisogno di ben altre misure, specie se soggetto di tale frode fiscale è un politico d'alto rango, nel nostro caso addirittura che governa il paese. Capito, forzisti?
Se poi quello stesso politico oltre che per frode fiscale, viene successivamente anche condannato perchè comprando un senatore, ha fatto cadere un esecutivo, beh, allora vogliamo ancora dargli la possibilità di candidarsi e magari essere nuovamente votato da coloro che credono alla balla della 'persecuzione giudiziaria'?
Berlusconi , per i reati in base ai quali è stato condannato - gravissimi! - dovrebbe scomparire dalla faccia politica, e non rivolgersi al tribunale europeo per vedersi riconosciuta l'innocenza, dopo che i tribunali del suo paese lo hanno definitivamente condannato per frode fiscale allo Stato di cui è stato il massimo rappresentante per anni. Che altro si vuole, per ritenerlo incandidabile?
Forza Italia, quando De Luca si è candidato a governatore della Campania, e nuovamente dopo la sua vittoria elettorale, ha gridato allo scandalo per la diversa interpretazione della norma. Una norma ad personam, secondo Forza Italia, contro Berlusconi, a favore di De Luca.
No, forzisti.
Chi governa può incorrere, agli occhi dei suoi avversari politici, nel reato di 'abuso d'ufficio', la cui materia può essere grave ma anche ininfluente.
La frode fiscale è ben altra cosa ed ha bisogno di ben altre misure, specie se soggetto di tale frode fiscale è un politico d'alto rango, nel nostro caso addirittura che governa il paese. Capito, forzisti?
Se poi quello stesso politico oltre che per frode fiscale, viene successivamente anche condannato perchè comprando un senatore, ha fatto cadere un esecutivo, beh, allora vogliamo ancora dargli la possibilità di candidarsi e magari essere nuovamente votato da coloro che credono alla balla della 'persecuzione giudiziaria'?
Berlusconi , per i reati in base ai quali è stato condannato - gravissimi! - dovrebbe scomparire dalla faccia politica, e non rivolgersi al tribunale europeo per vedersi riconosciuta l'innocenza, dopo che i tribunali del suo paese lo hanno definitivamente condannato per frode fiscale allo Stato di cui è stato il massimo rappresentante per anni. Che altro si vuole, per ritenerlo incandidabile?
I poveri ex parlamentari privati del vitalizio, perchè condannati. Due casi molto diversi: Pietro Longo e Pasquale Squitieri
Le condanne sono condanne e vanno rispettate, ma le condanne non sono tutte uguali perchè i reati per i quali vengono comminate non sono tutti uguali. esiste anche una certa 'modica' colpevolezza per 'modico' reato.
Colpisce ancor più della disparità che corre fra caso e caso il fatto che fino ad oggi ex parlamentari condannati per reati gravi, come per tangenti - e Pietro Longo, oggi quasi ottantenne, prese una tangente da un miliardo e mezzo di lire circa da ICOMEC per favorire detta società presso l'ENEL - abbiano percepito per decenni il vitalizio. I cittadini cioè hanno per decenni pagato la pensione, vitalizio o come diavolo si vuole chiamarlo, ad un ladro dichiarato e condannato con condanna definitiva.
Oggi il povero Longo - che fra qualche mese raggiunge gli ottant'anni e quindi avrebbe un ulteriore lasciapassare per ottenere fino alla fine dei suoi giorni tale vitalizio ( perchè dopo gli ottant'anni c'è un battesimo rigeneratore ad opera del casellario giudiziario - che strano paese è il nostro; e se uno delinque a settantanove anni, che fa non viene neanche condannato e la sua cosiddetta fedina penale resta immacolata?) si lamenta della condizione di povertà nella quale il ritiro del vitalizio lo farebbe sprofondare. Povero cocco. E lui, sarebbe costretto, per vivere, a vendere la casa che con grandi sacrifici (grandi furti) ha comprato tanti anni fa. La venda, ne venda la nuda proprietà. Già con il vitalizio percepito, pur avendo avuto una condanna per tangente per decenni, lui ha messo in mutande il paese, assieme a tutti gli altri ladroni della sua razza. Con che faccia chiede comprensione?
Molto diverso è, naturalmente, il caso del regista Squitieri, malato, parlamentare per una sola legislatura, il quale fu condannato, ormai oltre quarant'anni, fa per un furto o qualcosa del genere di 25.000 lire dell'epoca e si fece anche qualche mese di carcere, perchè la giustizia italiana non guarda in faccia a nessuno, è inesorabile ( e qui parte una bella pernacchia, irriproducibile sul blog). A Squitieri non solo dovrebbero continuare a darglielo il vitalizio, ma dovrebbero anche condannare Longo a pagarglielo di tasca sua con i proventi della vendita delle nuda proprietà della sua casa.
Colpisce ancor più della disparità che corre fra caso e caso il fatto che fino ad oggi ex parlamentari condannati per reati gravi, come per tangenti - e Pietro Longo, oggi quasi ottantenne, prese una tangente da un miliardo e mezzo di lire circa da ICOMEC per favorire detta società presso l'ENEL - abbiano percepito per decenni il vitalizio. I cittadini cioè hanno per decenni pagato la pensione, vitalizio o come diavolo si vuole chiamarlo, ad un ladro dichiarato e condannato con condanna definitiva.
Oggi il povero Longo - che fra qualche mese raggiunge gli ottant'anni e quindi avrebbe un ulteriore lasciapassare per ottenere fino alla fine dei suoi giorni tale vitalizio ( perchè dopo gli ottant'anni c'è un battesimo rigeneratore ad opera del casellario giudiziario - che strano paese è il nostro; e se uno delinque a settantanove anni, che fa non viene neanche condannato e la sua cosiddetta fedina penale resta immacolata?) si lamenta della condizione di povertà nella quale il ritiro del vitalizio lo farebbe sprofondare. Povero cocco. E lui, sarebbe costretto, per vivere, a vendere la casa che con grandi sacrifici (grandi furti) ha comprato tanti anni fa. La venda, ne venda la nuda proprietà. Già con il vitalizio percepito, pur avendo avuto una condanna per tangente per decenni, lui ha messo in mutande il paese, assieme a tutti gli altri ladroni della sua razza. Con che faccia chiede comprensione?
Molto diverso è, naturalmente, il caso del regista Squitieri, malato, parlamentare per una sola legislatura, il quale fu condannato, ormai oltre quarant'anni, fa per un furto o qualcosa del genere di 25.000 lire dell'epoca e si fece anche qualche mese di carcere, perchè la giustizia italiana non guarda in faccia a nessuno, è inesorabile ( e qui parte una bella pernacchia, irriproducibile sul blog). A Squitieri non solo dovrebbero continuare a darglielo il vitalizio, ma dovrebbero anche condannare Longo a pagarglielo di tasca sua con i proventi della vendita delle nuda proprietà della sua casa.
giovedì 9 luglio 2015
Al TGR LAZIO giornalisti incapaci e inaffidabili
Se le parole devono avere un senso, e lo hanno, allora vanno usate senza il timore di offendere qualcuno. Anche se apparentemente offensive, se vere.
Ieri è stato presentato l'11° rapporto di Federculture sullo stato della cultura in Italia. Lo ha presentato il presidente di Federculture Roberto Grossi.
Perchè allora il TGR Lazio oggi dice 'presentato dal ministro Franceschini il rapporto di Federculture' ( non ricordiamo bene se Federculture è stata citata!). Segno evidente che quell'incompetente, ma anche fazioso dell'autore del servizio o non era presente alla presentazione del rapporto, o non ha capito a chi faceva capo il rapporto oppure, fregandosene di tutto, ha voluto adulare il ministro.
Il quale era un semplice ospite, seppure interessato alla materia. E per ciò, sempre l'autore del servizio, non ha detto una sola parola su quanto Grossi - all'autore del servizio sconosciuto - ha lamentato per lo stato della cultura in Italia; ha solo riferito le parole del ministro che ha sciorinato dati che farebbero pensare ad una situazione rosea, quando invece rosea non è affatto. Ma evidentemente i giornalisti della testata regionale del Lazio vivono in un altro mondo. L'unico appunto negativo, ma timido, per paura di essere preso a calci dal ministro, è stato l'accenno al fatto che Roma spende addirittura meno di Napoli per la cultura.
Neanche una parola su Roma, per non incorrere nelle ire dell'addetto stampa del sindaco Marino. E pure il servizio precedente riferiva, in lungo e largo, di una analisi di Confcommercio di Roma secondo la quale i minori investimenti nel campo della cultura da parte del gabinetto Marino stanno recando danni all'occupazione ed all'indotto che sulla cultura faceva grande affidamento, essendo il settore che più di ogni altro richiama turisti a Roma.
Ieri è stato presentato l'11° rapporto di Federculture sullo stato della cultura in Italia. Lo ha presentato il presidente di Federculture Roberto Grossi.
Perchè allora il TGR Lazio oggi dice 'presentato dal ministro Franceschini il rapporto di Federculture' ( non ricordiamo bene se Federculture è stata citata!). Segno evidente che quell'incompetente, ma anche fazioso dell'autore del servizio o non era presente alla presentazione del rapporto, o non ha capito a chi faceva capo il rapporto oppure, fregandosene di tutto, ha voluto adulare il ministro.
Il quale era un semplice ospite, seppure interessato alla materia. E per ciò, sempre l'autore del servizio, non ha detto una sola parola su quanto Grossi - all'autore del servizio sconosciuto - ha lamentato per lo stato della cultura in Italia; ha solo riferito le parole del ministro che ha sciorinato dati che farebbero pensare ad una situazione rosea, quando invece rosea non è affatto. Ma evidentemente i giornalisti della testata regionale del Lazio vivono in un altro mondo. L'unico appunto negativo, ma timido, per paura di essere preso a calci dal ministro, è stato l'accenno al fatto che Roma spende addirittura meno di Napoli per la cultura.
Neanche una parola su Roma, per non incorrere nelle ire dell'addetto stampa del sindaco Marino. E pure il servizio precedente riferiva, in lungo e largo, di una analisi di Confcommercio di Roma secondo la quale i minori investimenti nel campo della cultura da parte del gabinetto Marino stanno recando danni all'occupazione ed all'indotto che sulla cultura faceva grande affidamento, essendo il settore che più di ogni altro richiama turisti a Roma.
mercoledì 8 luglio 2015
Ancora su Gianni Letta. Passo e chiudo.
Nel bilancio dell'Accademia di Santa Cecilia si legge, relativamente ad un servizio espletato nel 2014:
Procedura negoziata senza previa indizione di gara art. 221 D.LGS. 163/2006
RELAIS LE JARDIN SPA. Servizi di catering. Euro 61.704,64
(*) Stazione Appaltante Musica per Roma ‐ vigenza Convenzione tra Musica per Roma e Accademia 2014.
Ora che Gianni Letta è consigliere di amministrazione sia di Musica per Roma che dell'Accademia di Santa Cecilia, nonchè vice presidente dell'Accademia di Santa Cecilia, al prossimo affidamento, CON PROCEDURA NEGOZIATA, SENZA PREVIA INDIZIONE DI GARA..., alla società di proprietà di suo genero e sua figlia, Relais Le Jardin spa, che fa si alza ed esce al momento del voto per l'affidamento di tale servizio di catering? Lo farà ogni volta anche nel caso che Musica per Roma procedesse ad un simile affidamento. Conoscendo la correttezza del dott. Gianni Letta, siamo certi che si alzerà e uscirà, per poi farvi ritorno nel Consiglio di amministrazione, senza domandare l'esito della votazione.
A GIANNI LETTA riveliamo finalmente chi era 'quel signore che voleva commettere un sopruso ai danni di un giornalista...
Resoconto di una telefonata.
Autunno 2011. Ufficio di Gianni Letta a Palazzo Chigi. Il sottosegretario, venuto a conoscenza di un episodio di scorrettezza evidente, si fa chiamare al telefono il direttore generale della RAI, in quel momento assente. Si fa passare il vice direttore generale, al quale dice, a brutto muso: 'accade che un dirigente RAI - fa il suo nome e chiede: chi è questo signore... - che ha fatto causa ad un giornalista, nel 2007, ritenendosi diffamato da quanto da questi scritto; ora - autunno 2011 - si è rivolto all'ufficio legale della Rai, prima che la causa si concluda, per inibire al suddetto giornalista ogni sua collaborazione con la Rai. Questo è un sopruso, oltre che una ingiustizia, che non deve essere consentito a questo signore che non so chi sia'. Punto.
La faccenda delle collaborazioni poi si risolve, per l'intervento di altre persone, ugualmente consapevoli del sopruso di quell'azione che veniva fatta prima che il tribunale decidesse sulla causa promossa dal dirigente Rai, ma solo in parte ( quel dirigente Rai aveva già tagliato una collaborazione, sebbene di poco conto, a quel giornalista, ancora perdurante la causa) e certamente non per l'intervento accorato, ma forse non troppo interessato come in tanti altri casi riguardanti altre persone, di Gianni Letta che, comunque, in quella telefonata si era mostrato assai deciso a impedire quel sopruso.
Passano gli anni e giungiamo al 2013. Finalmente la causa giunge a sentenza, novembre 2013. Il giornalista viene completamente assolto, perchè ' ha esercitato correttamente e senza offendere la persona il suo diritto di critica', e il querelante condannato a pagare le spese di giudizio.
Ora il querelante non ha fatto riavere a quel giornalista quella collaborazione, come sarebbe stato normale, avendo quella sua azione carattere punitivo nei confronti del giornalista, prima ancora che il tribunale si pronunciasse.
Il dirigente Rai nel frattempo, inizio 2015, è passato ad altro incarico fuori della Rai, ancora più prestigioso, più di potere, rispetto a quello avuto in Rai, a seguito del quale si è costruito - era quella nella sostanza la nostra critica - tutta la sua carriera, lenta ma inesorabile.
E nel frattempo anche Gianni Letta - è notizia di questi giorni - ha aggiunto al suo medagliere, la carica di Vice presidente dell'Accademia di santa Cecilia.
A questo punto, ed a seguito di questo suo nuovo incarico, non crediamo sia più necessario rivelare a Gianni Letta chi è quel signore che nell'autunno del 2011 voleva compiere un sopruso, ai danni di un giornalista che aveva semplicemente esercitato, con correttezza, il suo diritto di critica, giusto la sentenza del tribunale del novembre 2013. Perché ora lo conosce bene e lo frequenta quasi giornalmente. Ma ha rimosso quell'episodio. Volutamente.
Antico gioco del LETTA. Aggiornamento
Letta, gentiluomo di Sua Santità
Letta, braccio destro di Silvio Berlusconi
Letta, presidente del Consiglio dei ministri
Letta, sponsor di Salvo Nastasi e suo testimone di nozze (con Giulia Minoli)
Letta, sponsor di Guido Bertolaso
Letta, sponsor di Salvo Nastasi e suo testimone di nozze (con Giulia Minoli)
Letta, sponsor di Guido Bertolaso
Letta, amministratore delegato Medusa Cinema
Letta, consigliere di amministrazione ‘Musica per Roma’
Letta, consigliere di amministrazione Accademia di Santa Cecilia
Letta, presidente della Fondazione Teatro Vespasiano di Rieti
Letta, presidente onorario ‘Civita’, associazione per la cultura
Letta, presidente Premio ‘Maschere del Teatro italiano’
Letta, presidente Premio ‘Guido Carli’
Letta, presidente Premio 'Roma'
Letta, consigliere premio Minerva, Roma
Letta, presidente Premio 'Roma'
Letta, consigliere premio Minerva, Roma
Letta, presidente Premio giornalistico ‘Biagio Agnes’
Letta, vice presidente nazionale Croce Rossa Italiana
Letta, comitato d'onore Atena onlus
Letta, comitato d'onore Atena onlus
Letta, presidente Museo delle Lettere d’amore
Letta, membro di Bilderberg
Letta, vice presidente Unione industriali di Roma
Letta, amministratore ‘Relais Le Jardin spa’, Roma
Letta, gestore bar (sei) dell’Auditorium, Musica per Roma
Letta, membro Alta Roma
Letta, socio Pallacanestro Cantù
Letta, membro comitato d'onore Oratorio del Gonfalone, Roma
Letta, consigliere di amministrazione Fondazione RomaEuropa
Letta, sponsor della ex sovrintendente cagliaritana Crivellenti
Letta, aspirante presidente della repubblica
Letta, sponsor di Mastrapasqua, INPS ed altri 25 incarichi - quasi più di Letta
Letta, candidato segretario generale del Quirinale
Letta, vice segretario generale della Camera dei Deputati
Letta, candidato segretario generale della Camera dei Deputati
Letta, prefatore e presentatore di libri di ogni genere
Letta, professore di politica internazionale a Parigi
Letta, vice presidente Accademia nazionale di Santa Cecilia
Letta,sponsor di Giancarlo Leone per la direzione generale Rai
Letta, con Lotti, partorisce il secondo 'Nazareno' che partorisce il vertice Rai
Letta, con Lotti, benedice la presidenza Maggioni e assicura la vice direzione generale a Leone
Letta, socio Pallacanestro Cantù
Letta, membro comitato d'onore Oratorio del Gonfalone, Roma
Letta, consigliere di amministrazione Fondazione RomaEuropa
Letta, sponsor della ex sovrintendente cagliaritana Crivellenti
Letta, aspirante presidente della repubblica
Letta, sponsor di Mastrapasqua, INPS ed altri 25 incarichi - quasi più di Letta
Letta, candidato segretario generale del Quirinale
Letta, vice segretario generale della Camera dei Deputati
Letta, candidato segretario generale della Camera dei Deputati
Letta, prefatore e presentatore di libri di ogni genere
Letta, professore di politica internazionale a Parigi
Letta, vice presidente Accademia nazionale di Santa Cecilia
Letta,sponsor di Giancarlo Leone per la direzione generale Rai
Letta, con Lotti, partorisce il secondo 'Nazareno' che partorisce il vertice Rai
Letta, con Lotti, benedice la presidenza Maggioni e assicura la vice direzione generale a Leone
Il giocatore scelga un Letta e, in coppia, muova guerra di 'riconoscimento' a tutti gli altri; lo faccia con mezzi leciti e non. Vincerà quando li smaschererà uno per uno, dando un nome a ciascuno, e ne scoverà degli altri (Letta), rimasti ancora nell'ombra. Il vincitore avrà diritto a passare una serata con il Letta prescelto.
Presentato a Roma l'11° Rapporto annuale di Federculture. Roberto Grossi denuncia: 'non abbiamo', 'manca'; Dario Franceschini risponde: 'abbiamo', 'c'è'.
La gazzella contro l'elefante. Federculture di Roberto Grossi - alla quale si è iscritta ( 'meglio tardi che mai'), come ha annunciato il direttore generale Gubitosi, la Rai, con la promessa che dal prossimo autunno Rai 1 trasmetterà ogni sera, sul tardi, un programma di 'Rai Cultura', la nuova struttura affidata alla Calandrelli - contro il Ministero di Dario Franceschini e Salvo Nastasi (il nome di Nastasi non dimentichiamolo mai, lui conta quanto un ministro ed anche più di un ministro, a causa dell'inesperienza dei responsabili del dicastero e del loro avvicendarsi a ritmo continuo). Il primo, a forza di leggere dati e riflettere sul presente, guarda avanti, ipotizzando obiettivi per il futuro ed i piani per raggiungerli, veloce come una gazzella; il secondo, lento, pachidermico come un elefante con tutta la sua mole, non riesce che a spiattellare quel poco che ha fatto, mentre ogni giorno, accanto a qualche piccola vittoria, che pure c'è ma sul campo della 'normalità', registra sconfitte clamorose.
Insomma il Franceschini che all'indomani del suo insediamento a Via del Collegio romano, dichiarava che era consapevole di avere ricevuto il dicastero più importante in un paese con l'Italia, fa orecchi da mercante a quanto per un'oretta circa gli ha sbattuto in faccia Roberto Grossi, e ripiega sull'elenco delle piccole vittorie, di parecchie delle quali però l'esito decisivo si avrà in futuro.
Quelle poche vittorie occorre assegnargliele, per sottolineare a dovere poi tutte le sconfitte passate presenti e purtroppo anche future, sapendo come va questo mondo; e sarebbero:
- la fermata della discesa del FUS - ma è stato lui o il ministro di Letta, Bray o addirittura Ornaghi e Galan( i due sotto il cui ministero s'è avuto il latrocinio autorizzato alla Biblioteca dei Girolamini, attraverso il grande bibliofilo De Caro, mentre Nastasi era distratto perchè occupato a sistemare la cugina di sua moglie, Giovanna Melandri, al Maxxi e suo suocero,Giovanni Minoli, a Torino, in un museo; oltre che sua moglie, Giulia Minoli, al Museo del Teatro San Carlo:scandaloso!)?
- la detrazione del 65% sui soldi destinati da singoli e società alla cultura;
- la nuova fisionomia giuridica di una ventina di musei per i cui dirigenti ha fatto un concorso internazionale che deve ancora concludersi ( speriamo senza pasticci); e poi ... e poi per cosa altro vorrà che lo si ricordi come ministro? Per la copertura dei sotterranei del Colosseo? Per le colonne antiche sostenute con cemento armato all'interno del Foro? Per il consiglio di inserire nei libri di testo accanto a Leopardi, e Manzoni ( Alessandro, da non confondere con Giacomo, il compositore milanese) e Carducci e Dante naturalmente - che secondo lui hanno fatto il loro tempo - Guccini, De Andrè e gli altri poeti cantautori?
Qualche vittoria, alcune di Pirro, Franceschini può rivendicarle; ma il paese descritto da Roberto Grossi è un paese non diciamo alla deriva, ma senz'altro bisognoso di una sterzata che Franceschini non è in grado di dare.
Se Grossi dice che due dei nostri siti più visitati, Pompei e il Colosseo, non compaiono nei social network, Franceschini risponde: perchè non hai citato - i due si danno del tu, anche in pubblico; una delle novità di questo 11° Rapporto di Federculture - i siti che sono presenti sui social; e se si dice che il Louvre ha visitatori più di qualunque museo italiano, Franceschini, velocissimo, risponde che i 400 musei italiani, quelli statali, dei 4000 in totale, fanno ogni anno 40 milioni di visitatori, più di tutti i grandi musei europei messi insieme ( perchè poi, occorre dirlo, Franceschini a furia di essere giornalmente accusato per le manchevolezze sue e del suo ministero, ha imparato a rispondere colpo su colpo ad ogni accusa, rivoltando - come si dice - la frittata), e quando gli si fa notare di musei ed altre strutture culturali prive di personale per l'apertura necessaria e la custodia, risponde che sta predisponendo, per l'autunno, un bando per l'affidamento a istituzioni no profit.
Insomma ad ogni accusa lui sa rispondere, salvo poi a riscontrare - siamo in estate, basta aspettare qualche giorno per annotare altri casi di disservizio - che le cose da noi vanno sempre allo stesso modo: file davanti ai musei, siti chiusi per riunioni sindacali, scioperi selvaggi senza preavviso, mancanza di strutture di accoglienza come i grandi musei stranieri hanno a fottere.
E i giovani? E quelli che studiano nei campi artistici, specializzandosi pure, che poi non hanno nessuna prospettiva di lavoro? che risponde Franceschini? Sta zitto? No, una risposta pronta ce l'ha . Se fosse veloce ed efficace nell'azione come lo è nel fornire risposte soddisfacenti o no, avremmo il ministro migliore del mondo.
Che ha risposto? Che nel decreto sulla 'buona scuola' che si sta approvando in queste ore in Parlamento c'è una norma che provvede a considerare 'lauree' a tutti gli effetti i diplomi conseguiti presso scuole di eccellenza in Italia nel campo artistico. Questo avverrà dopo l'approvazione delle legge sulla scuola e dopo che il suo ministero ed il MIUR concorderanno i termini dell'accordo per tale cambiamento epocale che da tempo viene promesso - lo promise perfino la Gelmini, signora delle lettere e delle arti_ ma non è cosa di domani, come sembrava far intendere Franceschini.
Non è stata toccata nè la situazione 'romana' di Palaexpo, nè del Teatro Valle, tanto per fare due esempi. Perchè Grossi non l'ha fatto, visto che era intervenuto nei giorni scorsi per criticare aspramente Marino e Marinelli sul Palaexpo? Non c'entra nulla il fatto che Michela Di Biase, felice e fresca mamma, presidente della Commissione Cultura del Comune di Roma, è la moglie del ministro Franceschini, che l'ha sposata la scorsa estate?
La risposta al prossimo rapporto di Federculture, il 12°. E nulla o quasi cambierà.
Insomma il Franceschini che all'indomani del suo insediamento a Via del Collegio romano, dichiarava che era consapevole di avere ricevuto il dicastero più importante in un paese con l'Italia, fa orecchi da mercante a quanto per un'oretta circa gli ha sbattuto in faccia Roberto Grossi, e ripiega sull'elenco delle piccole vittorie, di parecchie delle quali però l'esito decisivo si avrà in futuro.
Quelle poche vittorie occorre assegnargliele, per sottolineare a dovere poi tutte le sconfitte passate presenti e purtroppo anche future, sapendo come va questo mondo; e sarebbero:
- la fermata della discesa del FUS - ma è stato lui o il ministro di Letta, Bray o addirittura Ornaghi e Galan( i due sotto il cui ministero s'è avuto il latrocinio autorizzato alla Biblioteca dei Girolamini, attraverso il grande bibliofilo De Caro, mentre Nastasi era distratto perchè occupato a sistemare la cugina di sua moglie, Giovanna Melandri, al Maxxi e suo suocero,Giovanni Minoli, a Torino, in un museo; oltre che sua moglie, Giulia Minoli, al Museo del Teatro San Carlo:scandaloso!)?
- la detrazione del 65% sui soldi destinati da singoli e società alla cultura;
- la nuova fisionomia giuridica di una ventina di musei per i cui dirigenti ha fatto un concorso internazionale che deve ancora concludersi ( speriamo senza pasticci); e poi ... e poi per cosa altro vorrà che lo si ricordi come ministro? Per la copertura dei sotterranei del Colosseo? Per le colonne antiche sostenute con cemento armato all'interno del Foro? Per il consiglio di inserire nei libri di testo accanto a Leopardi, e Manzoni ( Alessandro, da non confondere con Giacomo, il compositore milanese) e Carducci e Dante naturalmente - che secondo lui hanno fatto il loro tempo - Guccini, De Andrè e gli altri poeti cantautori?
Qualche vittoria, alcune di Pirro, Franceschini può rivendicarle; ma il paese descritto da Roberto Grossi è un paese non diciamo alla deriva, ma senz'altro bisognoso di una sterzata che Franceschini non è in grado di dare.
Se Grossi dice che due dei nostri siti più visitati, Pompei e il Colosseo, non compaiono nei social network, Franceschini risponde: perchè non hai citato - i due si danno del tu, anche in pubblico; una delle novità di questo 11° Rapporto di Federculture - i siti che sono presenti sui social; e se si dice che il Louvre ha visitatori più di qualunque museo italiano, Franceschini, velocissimo, risponde che i 400 musei italiani, quelli statali, dei 4000 in totale, fanno ogni anno 40 milioni di visitatori, più di tutti i grandi musei europei messi insieme ( perchè poi, occorre dirlo, Franceschini a furia di essere giornalmente accusato per le manchevolezze sue e del suo ministero, ha imparato a rispondere colpo su colpo ad ogni accusa, rivoltando - come si dice - la frittata), e quando gli si fa notare di musei ed altre strutture culturali prive di personale per l'apertura necessaria e la custodia, risponde che sta predisponendo, per l'autunno, un bando per l'affidamento a istituzioni no profit.
Insomma ad ogni accusa lui sa rispondere, salvo poi a riscontrare - siamo in estate, basta aspettare qualche giorno per annotare altri casi di disservizio - che le cose da noi vanno sempre allo stesso modo: file davanti ai musei, siti chiusi per riunioni sindacali, scioperi selvaggi senza preavviso, mancanza di strutture di accoglienza come i grandi musei stranieri hanno a fottere.
E i giovani? E quelli che studiano nei campi artistici, specializzandosi pure, che poi non hanno nessuna prospettiva di lavoro? che risponde Franceschini? Sta zitto? No, una risposta pronta ce l'ha . Se fosse veloce ed efficace nell'azione come lo è nel fornire risposte soddisfacenti o no, avremmo il ministro migliore del mondo.
Che ha risposto? Che nel decreto sulla 'buona scuola' che si sta approvando in queste ore in Parlamento c'è una norma che provvede a considerare 'lauree' a tutti gli effetti i diplomi conseguiti presso scuole di eccellenza in Italia nel campo artistico. Questo avverrà dopo l'approvazione delle legge sulla scuola e dopo che il suo ministero ed il MIUR concorderanno i termini dell'accordo per tale cambiamento epocale che da tempo viene promesso - lo promise perfino la Gelmini, signora delle lettere e delle arti_ ma non è cosa di domani, come sembrava far intendere Franceschini.
Non è stata toccata nè la situazione 'romana' di Palaexpo, nè del Teatro Valle, tanto per fare due esempi. Perchè Grossi non l'ha fatto, visto che era intervenuto nei giorni scorsi per criticare aspramente Marino e Marinelli sul Palaexpo? Non c'entra nulla il fatto che Michela Di Biase, felice e fresca mamma, presidente della Commissione Cultura del Comune di Roma, è la moglie del ministro Franceschini, che l'ha sposata la scorsa estate?
La risposta al prossimo rapporto di Federculture, il 12°. E nulla o quasi cambierà.
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lunedì 6 luglio 2015
Scala di Milano. Pereira avvisato...
Un teatro non va giudicato dalle defezioni, perchè ci sono ragioni per le quali non si può pretendere dagli artisti scritturati, fedeltà assoluta. Un teatro si giudica dalla capacità che ha di supplire alle defezioni con sostituzioni degne dei fuggiaschi - così aveva risposto Pereira, già alcune settimana fa quando qualcuno gli aveva fatto notare che le defezioni scaligere, in questa stagione, per una ragione o per un altra, cominciavano ad essere troppe ed anche troppo frequenti.
(Diversamente da ciò che fino alla scorsa stagione è accaduto a Santa Cecilia, quando la defezione o fuga all'ultimo momento di un qualunque direttore, specie se di nome, veniva rimpiazzata con Rizzari, assistente di Pappano, bravo ma che ,soprattutto, faceva risparmiare all'Accademia un sacco di soldi).
Fino a quelle, una dietro l'altra dell'Otello rossiniano in scena questi giorni. Ma forse la storia di questo Otello è troppo lunga per essere raccontata tutta, e certamente comincia da Lissner, che su suggerimento di Barenboim chiama Jurgen Flimm, ex di Salisburgo, ora nella Berlino di Barenboim, per un Otello. Non di Rossini ma di Verdi. Come poi si sia passato da Verdi a Rossini, passando anche attraverso una schiera di altri collaboratori è lungo e tortuoso raccontarlo. Anche sul podio sono passati più di un direttore, dopo il forfait di Gardiner e la rinuncia di Mariotti a prendere il suo posto, giacchè l'aveva diretta nella Pesaro sua, di suo padre e di suo fratello e sua sorella, dove aveva conosciuto la Peretyatko che poi sarebbe diventata sua moglie e che canta in questo Otello alla Scala... insomma dopo tutto questo via vai e fughe, Pereira chiama un direttore, cinese, che l'aveva diretta con critiche lusinghiere a Zurigo ( prima, durante o dopo l'era Pereira?) ma che non va giù al pubblico, che comunque affolla il teatro, e soprattutto non va giù a Natalia Aspesi, il celebre critico musicale che pende ancora per Lissner e non ne vuole sapere di Pereira.
La quale Aspesi manda a dire a Pereira che deve finirla con queste defezioni: Capito Pereira? Non faccia arrabbiare la Aspesi.
(Diversamente da ciò che fino alla scorsa stagione è accaduto a Santa Cecilia, quando la defezione o fuga all'ultimo momento di un qualunque direttore, specie se di nome, veniva rimpiazzata con Rizzari, assistente di Pappano, bravo ma che ,soprattutto, faceva risparmiare all'Accademia un sacco di soldi).
Fino a quelle, una dietro l'altra dell'Otello rossiniano in scena questi giorni. Ma forse la storia di questo Otello è troppo lunga per essere raccontata tutta, e certamente comincia da Lissner, che su suggerimento di Barenboim chiama Jurgen Flimm, ex di Salisburgo, ora nella Berlino di Barenboim, per un Otello. Non di Rossini ma di Verdi. Come poi si sia passato da Verdi a Rossini, passando anche attraverso una schiera di altri collaboratori è lungo e tortuoso raccontarlo. Anche sul podio sono passati più di un direttore, dopo il forfait di Gardiner e la rinuncia di Mariotti a prendere il suo posto, giacchè l'aveva diretta nella Pesaro sua, di suo padre e di suo fratello e sua sorella, dove aveva conosciuto la Peretyatko che poi sarebbe diventata sua moglie e che canta in questo Otello alla Scala... insomma dopo tutto questo via vai e fughe, Pereira chiama un direttore, cinese, che l'aveva diretta con critiche lusinghiere a Zurigo ( prima, durante o dopo l'era Pereira?) ma che non va giù al pubblico, che comunque affolla il teatro, e soprattutto non va giù a Natalia Aspesi, il celebre critico musicale che pende ancora per Lissner e non ne vuole sapere di Pereira.
La quale Aspesi manda a dire a Pereira che deve finirla con queste defezioni: Capito Pereira? Non faccia arrabbiare la Aspesi.
domenica 5 luglio 2015
Un'ideuzza che Franceschini e Nastasi potrebbero sfruttare per raddrizzare le gambe alle fondazioni liriche. Ammesso che lo vogliano
Ci sono teatri lirici (fondazioni si deve dire, dall'era Veltroni) che hanno conti in ordine ed altri - E SONO LA MAGGIORANZA - che i conti in ordine non l'hanno mai avuto, se non rarissimamente, perchè dopo un risanamento (vero?) tornano a fare buchi nel bilancio, come i drogati in crisi di astinenza. Insomma i buchi (di bilancio, nei teatri) costellano la loro storia.
L'ultimo caso riguarda Firenze che dopo la partenza della Colombo e l'arrivo del commissario renziano, sembrava essere tornato a posto ed invece - è di qualche mese fa l'allarme - non ha soldi per pagare gli stipendi. Ma allora che fa il Commissario, ora Sovrintendente? Non potrebbe anche lui accedere al 'fondo salva teatri' come ha fatto Fuortes che ha ottenuto la bella somma di 25 milioni di Euro?
Non parliamo del caso più drammatico, quello di Cagliari che, governato per volere di Gianni Letta e Salvo Nastasi, dalla Crivellenti, per una stagione, più o meno, si meritò da Nastasi anche un premio per buona amministrazione, e poi, è bastato un nuovo passaggio di Meli, per farlo ripiombare nel deficit, come scrivono in queste settimane i revisori ed i sindacati. Viene certo da chiedersi: quella della Crivellenti fu buona amministrazione tutta e quella di Meli tutta cattiva amministrazione, oppure un male endemico - quella della cattiva amministrazione - ha colpito da tempo il teatro lirico di Cagliari, e, una gestione sì ed una no, riemerge evidente, al punto che anche la nuova sovrintendenza non sa come fare e neanche cosa fare - benchè cosa fare forse dovrebbe saperlo, anche in riferimento alla stagione; e invece non lo sa, come ci raccontano i giornali isolani?
Nel frattempo è stato rinnovato il vertice dell'associazione che riunisce le fondazioni liriche italiane, ora affidata a due campioni: il sovrintendente veneziano, Cristiano Chiarot ( presidente) e il palermitano Francesco Giambrone ( vicepresidente). Campioni di buona amministrazione, in qualche caso di veri e propri miracoli amministrativi.
Prendiamo allora i due e tutti gli altri campioni che governano i nostri teatri e che hanno mostrato di saperci fare nell'amministrazione risanando bilanci, in taluni casi al limite del miracolistico, e spostiamoli nei teatri che di risanare i bilanci non vogliono sapere. Avremmo così Chiarot, Giambrone, Fuortes, Pereira ( lui potremmo lasciarcelo alla Scala; c'è appena arrivato e non ha dovuto faticare molto perchè i bilanci a Milano, in un modo o nell'altro sono da amni in regola),Vergnano, Roi ( forse c'è anche lui fra i sovrintendenti miracolanti), Dall'Ongaro ( pure lui può restare a Santa Cecilia; anche perchè La Scala e l'Accademia hanno ottenuto proprio a causa dei bilanci in ordine uno statuto speciale che consiste in una più autonoma gestione) che sanno come si risanano i bilanci e potrebbero farlo in qualunque teatro come hanno dimostrato di saper fare nei teatri che amministrano. Franceschini e Nastasi, una volta stabilizzata la situazione economica nei rispettivi teatri dei campioni che fanno miracoli, potrebbero spedire in missione i bravi amministratori, come , del resto, si fa con i dirigenti pubblici ( e i sovrintendenti che altro sono?) o nelle aziende, quando si vede che una va male; il proprietario prende un bravo manager e lo incarica di raddrizzarle le gambe.
E così avremmo un decina di teatri, fra risanati e in via di risanamento con i bilanci in ordine, due ( Scala e Santa Cecilia) che sono addirittura autonomi e forse solo un paio per i quali Franceschini e Nastasi dovrebbero provvedere a manager capaci. Per un paio solo saranno in grado di farlo, senza accettare o domandare ad amici e suggeritori consigli non certo disinteressati. Non è una bella idea?
L'ultimo caso riguarda Firenze che dopo la partenza della Colombo e l'arrivo del commissario renziano, sembrava essere tornato a posto ed invece - è di qualche mese fa l'allarme - non ha soldi per pagare gli stipendi. Ma allora che fa il Commissario, ora Sovrintendente? Non potrebbe anche lui accedere al 'fondo salva teatri' come ha fatto Fuortes che ha ottenuto la bella somma di 25 milioni di Euro?
Non parliamo del caso più drammatico, quello di Cagliari che, governato per volere di Gianni Letta e Salvo Nastasi, dalla Crivellenti, per una stagione, più o meno, si meritò da Nastasi anche un premio per buona amministrazione, e poi, è bastato un nuovo passaggio di Meli, per farlo ripiombare nel deficit, come scrivono in queste settimane i revisori ed i sindacati. Viene certo da chiedersi: quella della Crivellenti fu buona amministrazione tutta e quella di Meli tutta cattiva amministrazione, oppure un male endemico - quella della cattiva amministrazione - ha colpito da tempo il teatro lirico di Cagliari, e, una gestione sì ed una no, riemerge evidente, al punto che anche la nuova sovrintendenza non sa come fare e neanche cosa fare - benchè cosa fare forse dovrebbe saperlo, anche in riferimento alla stagione; e invece non lo sa, come ci raccontano i giornali isolani?
Nel frattempo è stato rinnovato il vertice dell'associazione che riunisce le fondazioni liriche italiane, ora affidata a due campioni: il sovrintendente veneziano, Cristiano Chiarot ( presidente) e il palermitano Francesco Giambrone ( vicepresidente). Campioni di buona amministrazione, in qualche caso di veri e propri miracoli amministrativi.
Prendiamo allora i due e tutti gli altri campioni che governano i nostri teatri e che hanno mostrato di saperci fare nell'amministrazione risanando bilanci, in taluni casi al limite del miracolistico, e spostiamoli nei teatri che di risanare i bilanci non vogliono sapere. Avremmo così Chiarot, Giambrone, Fuortes, Pereira ( lui potremmo lasciarcelo alla Scala; c'è appena arrivato e non ha dovuto faticare molto perchè i bilanci a Milano, in un modo o nell'altro sono da amni in regola),Vergnano, Roi ( forse c'è anche lui fra i sovrintendenti miracolanti), Dall'Ongaro ( pure lui può restare a Santa Cecilia; anche perchè La Scala e l'Accademia hanno ottenuto proprio a causa dei bilanci in ordine uno statuto speciale che consiste in una più autonoma gestione) che sanno come si risanano i bilanci e potrebbero farlo in qualunque teatro come hanno dimostrato di saper fare nei teatri che amministrano. Franceschini e Nastasi, una volta stabilizzata la situazione economica nei rispettivi teatri dei campioni che fanno miracoli, potrebbero spedire in missione i bravi amministratori, come , del resto, si fa con i dirigenti pubblici ( e i sovrintendenti che altro sono?) o nelle aziende, quando si vede che una va male; il proprietario prende un bravo manager e lo incarica di raddrizzarle le gambe.
E così avremmo un decina di teatri, fra risanati e in via di risanamento con i bilanci in ordine, due ( Scala e Santa Cecilia) che sono addirittura autonomi e forse solo un paio per i quali Franceschini e Nastasi dovrebbero provvedere a manager capaci. Per un paio solo saranno in grado di farlo, senza accettare o domandare ad amici e suggeritori consigli non certo disinteressati. Non è una bella idea?
giovedì 2 luglio 2015
Assessore Marinelli bugiarda, governatore Emiliano inopportuno
Giovanna Marinelli, assessore alla cultura a Roma , ha gettato la maschera facendoci conoscere il suo effettivo valore all'interno della giunta di Ignazio Marino. Ne ha dette tante nei mesi da quando sta in Campidoglio, ma l'altro ieri ne ha detta una ancora più grossa, volendo rispondere indirettamente alla lettera di Franco Bernabè dimessosi dalla presidenza di Palaexpo assieme a tutto il Consiglio di amministrazione. In sostanza Bernabè aveva detto alla Marinelli: bella di zio, noi ci siamo procurati tutti i soldi necessari alla attività di Palaexpo e Scuderie, il finanziamento che reclamiamo dal Comune serve alla amministrazione della istituzione ed alla fornitura dei servizi - capito, bella di zio?
Bella di zio Marinelli ha fatto finta di non capire, per ordine di Marino, ed ha risposto che presto il Comune provvederà alla formazione di un nuovo CdA di Palaexpo, perchè il consiglio presieduto da Bernabè non ha raggiunto i risultati 'di missione' che si era prefisso. Ed ha aggiunto, come monito, che invece in altri casi, come all'Opera di Roma, il miracolante Fuortes i risultati prefissi li ha raggiunti. Dimenticando di dire, bella di zio, che Fuortes ha attinto al fondo 'salva teatri' ben 25 milioni, ed ha ottenuto anche dal Comune sostanziosi finanziamenti (14 milioni) anche se inferiori, ma di poco, a quelli dell'anno precedente; mentre al Palaexpo si volevano tagliare con la scure.
Nessuno dice in faccia a 'bella di zio' queste cose, neppure il Corriere che ospitando un suo intervento, pietoso, ( come del resto altrettanto pietoso è stato il cosiddetto bilancio della cultura a Roma di ieri!), le ha dato spazio per giustificare il nulla che nel settore ha fatto lei ed il suo capo Marino.
Il Governatore Emiliano della Regione Puglia, comincia subito con un passo falso, assumendo a suo portavoce la sua compagna, della famosa famiglia dei Laterza baresi, alla quale appartiene - forse - la potentissima mamma di Nastasi( proprio lui), giudice di alto grado alla Corte dei Conti.
La Laterza di Emiliano è stata sua portavoce negli anni al Comune, poi si è occupata della sua campagna elettorale, ma nel frattempo essendo scoccata la scintilla dell'amore fra i due, appena si è insediato alla Regione, Emiliano l'ha assunta come portavoce. Lei dirà, dalla Regione, al mondo ciò che vuole e pensa il suo Emiliano - badate che lei lo chiama per cognome, che finezza! - il quale però, a casa, farà solo quello che Laterza dirà ( anche lui la chiama per cognome?). Insomma una specie di vendetta di Emiliano sulla sua compagna.
La decisione di Emiliano ci fa capire quanto difficile sia oggi trovare lavoro, al punto che se tu uno non lo assumi al tuo fianco quando hai potere, ben difficilmente il lavoro lo troverà altrove. I meriti non contano. E, del resto, anche Renzi, da palazzo Chigi, sta trovando lavoro a tutti i suoi amici disoccupati; solo quelli fiorentini o toscani.
Bella di zio Marinelli ha fatto finta di non capire, per ordine di Marino, ed ha risposto che presto il Comune provvederà alla formazione di un nuovo CdA di Palaexpo, perchè il consiglio presieduto da Bernabè non ha raggiunto i risultati 'di missione' che si era prefisso. Ed ha aggiunto, come monito, che invece in altri casi, come all'Opera di Roma, il miracolante Fuortes i risultati prefissi li ha raggiunti. Dimenticando di dire, bella di zio, che Fuortes ha attinto al fondo 'salva teatri' ben 25 milioni, ed ha ottenuto anche dal Comune sostanziosi finanziamenti (14 milioni) anche se inferiori, ma di poco, a quelli dell'anno precedente; mentre al Palaexpo si volevano tagliare con la scure.
Nessuno dice in faccia a 'bella di zio' queste cose, neppure il Corriere che ospitando un suo intervento, pietoso, ( come del resto altrettanto pietoso è stato il cosiddetto bilancio della cultura a Roma di ieri!), le ha dato spazio per giustificare il nulla che nel settore ha fatto lei ed il suo capo Marino.
Il Governatore Emiliano della Regione Puglia, comincia subito con un passo falso, assumendo a suo portavoce la sua compagna, della famosa famiglia dei Laterza baresi, alla quale appartiene - forse - la potentissima mamma di Nastasi( proprio lui), giudice di alto grado alla Corte dei Conti.
La Laterza di Emiliano è stata sua portavoce negli anni al Comune, poi si è occupata della sua campagna elettorale, ma nel frattempo essendo scoccata la scintilla dell'amore fra i due, appena si è insediato alla Regione, Emiliano l'ha assunta come portavoce. Lei dirà, dalla Regione, al mondo ciò che vuole e pensa il suo Emiliano - badate che lei lo chiama per cognome, che finezza! - il quale però, a casa, farà solo quello che Laterza dirà ( anche lui la chiama per cognome?). Insomma una specie di vendetta di Emiliano sulla sua compagna.
La decisione di Emiliano ci fa capire quanto difficile sia oggi trovare lavoro, al punto che se tu uno non lo assumi al tuo fianco quando hai potere, ben difficilmente il lavoro lo troverà altrove. I meriti non contano. E, del resto, anche Renzi, da palazzo Chigi, sta trovando lavoro a tutti i suoi amici disoccupati; solo quelli fiorentini o toscani.
Paolo Conti, con i panegirici al Ministero della Cultura andiamoci piano
Leggiamo oggi, a firma di Paolo Conti, sul Corriere, un panegirico del ministro Franceschini - noto al mondo renziano come 'mezzo disastro' - per il concorso internazionale - 'a premi' - indetto per trovare i dirigenti cui affidare alcuni dei nostri massimi musei, Uffizi e Brera inclusi. Conti, che regge il megafono a Franceschini, 'mezzo disastro', e a Nastasi ' grande & grosso ' direttore generale, lo elogia per il fatto che sul sito del ministero si possono leggere i curricula di tutti gli aspiranti candidati, di ogni parte del mondo, che sono numerosi. Bene. Si vedrà all'atto della scelta se quei curricula hanno contato quanto dovevano e meritavano. Vigilerà Baratta della Biennale? In totale autonomia?
Il Ministero per quell'unica volta che fa le cose come si deve, vuole farsi perdonare tutti gli imbrogli ed i pasticci che continuamente fa nelle sue selte. Sì, IMBROGLI e PASTICCI. Che Paolo Conti abbastanza addentro e con competenza negli affari del Ministero della coppia Franceschini&Nastasi non può non conoscere -vero Conti? - ma di cui non parla all'occorrenza.
Ad esempio, perchè mai nella scelta dei componenti delle commissioni consultive che forniscono pareri al ministro ( a Nastasi, di fatto) sulla qualità delle programmazioni dei nostri teatri e delle nostre istituzioni musicali, non ha reso pubblici i curricula dei candidati? Quelle commissioni, al di là dei favori che il ministro ed il suo scudiero intendono fare ai loro amichetti, contano sull'attribuzione e quantificazione dei contributi, dunque non sono tanto ininfluenti. Anche se si sa da precedenti commissari che Nastasi una volta almeno s'è presentato con una lista da lui predisposto e ha detto loro di firmarla, come fosse farina del loro sacco.
Parliamo, ad esempio, della Commissione Musica che conosciamo abbastanza bene. Si è fatta la selezione da non molti mesi ed in base alle scelte del ministero di Nastasi la compongono persone degnissime ma professionalmente non adeguate, ce lo lasci dire Paolo Conti.
Allora quel 'mezzo disastro' di Franceschini e quel 'grande &grosso' di Nastasi si sono guardati bene dal rendere noti i curricula dei partecipanti alla selezione, accanto a quelli dei prescelti. Sarebbe stato abbastanza imbarazzante per Franceschini e Nastasi. Ma loro se ne fottono. E sapete perchè? Perchè anche un giornalista bravo ed attento come Paolo Conti, in fondo fa il megafono del ministero, badando solo in rarissimi casi ad abbassare la manopola del volume, quando proprio non ne può fare a meno. Per il resto mai e poi mai andrebbe a guardare più a fondo nelle cose di cui scrive giornalmente.
E questo consente a Franceschini & Nastasi di fare il buono e cattivo tempo. Capito Paolo Conti?
Il Ministero per quell'unica volta che fa le cose come si deve, vuole farsi perdonare tutti gli imbrogli ed i pasticci che continuamente fa nelle sue selte. Sì, IMBROGLI e PASTICCI. Che Paolo Conti abbastanza addentro e con competenza negli affari del Ministero della coppia Franceschini&Nastasi non può non conoscere -vero Conti? - ma di cui non parla all'occorrenza.
Ad esempio, perchè mai nella scelta dei componenti delle commissioni consultive che forniscono pareri al ministro ( a Nastasi, di fatto) sulla qualità delle programmazioni dei nostri teatri e delle nostre istituzioni musicali, non ha reso pubblici i curricula dei candidati? Quelle commissioni, al di là dei favori che il ministro ed il suo scudiero intendono fare ai loro amichetti, contano sull'attribuzione e quantificazione dei contributi, dunque non sono tanto ininfluenti. Anche se si sa da precedenti commissari che Nastasi una volta almeno s'è presentato con una lista da lui predisposto e ha detto loro di firmarla, come fosse farina del loro sacco.
Parliamo, ad esempio, della Commissione Musica che conosciamo abbastanza bene. Si è fatta la selezione da non molti mesi ed in base alle scelte del ministero di Nastasi la compongono persone degnissime ma professionalmente non adeguate, ce lo lasci dire Paolo Conti.
Allora quel 'mezzo disastro' di Franceschini e quel 'grande &grosso' di Nastasi si sono guardati bene dal rendere noti i curricula dei partecipanti alla selezione, accanto a quelli dei prescelti. Sarebbe stato abbastanza imbarazzante per Franceschini e Nastasi. Ma loro se ne fottono. E sapete perchè? Perchè anche un giornalista bravo ed attento come Paolo Conti, in fondo fa il megafono del ministero, badando solo in rarissimi casi ad abbassare la manopola del volume, quando proprio non ne può fare a meno. Per il resto mai e poi mai andrebbe a guardare più a fondo nelle cose di cui scrive giornalmente.
E questo consente a Franceschini & Nastasi di fare il buono e cattivo tempo. Capito Paolo Conti?
Filarmonica Toscanini. Nuove atmosfere e vecchi vizi.
Non abbiamo mai ascoltato dal vivo o in disco Francesco Lanzillotta, il direttore principale della Filarmonica Toscanini di Parma, curata per la direzione artistica da Rosetta Cucchi. però, scorrendo il programma, APPENA PRESENTATO PER LA PROSSIMA STAGIONE, e notando che anche nella provincia, qual è Parma rispetto a Milano o Roma o Torino, si praticano gli stessi vizi, fra cui quello di schifare i direttori italiani e far scendere a frotte dall'estero, anche lontanissimo, direttori e direttorini con curriculum appena sufficienti, viene da domandarsi se in Italia non esistano direttori di pari grado od anche superiori a Lanzillotta da invitare. Secondo noi ne esistono e tanti, forse tutti quelli che conosciamo, senza andare a quelli di livello superiore. Perché allora dichiarare guerra a tutti gli italiani, a vantaggio di direttori stranieri che accolgono come manna dal cielo l'invito dell'orchestra parmigiana, che in tempo di crisi sa di saporito cacio su maccheroni sconditi?
Il vizio dell'esterofilia, praticato ormai dappertutto in Italia, ad ogni livello, stranamente non insospettisce nessuno fra quelli che comandano e finanziano le attività musicali in Italia; mentre non accade, ad esempio, per gli attori, e non crediamo a causa dalla lingua. No, qualche motivo ci deve essere, e questo non è certo la bravura dei direttori stranieri ospiti. Di questo siamo sempre stati convinti. I motivi sono altri: agenzie, scambi, interessi e altro che noi non riusciamo neppure ad immaginare e comunque non osiamo dire.
Il vizio dell'esterofilia, praticato ormai dappertutto in Italia, ad ogni livello, stranamente non insospettisce nessuno fra quelli che comandano e finanziano le attività musicali in Italia; mentre non accade, ad esempio, per gli attori, e non crediamo a causa dalla lingua. No, qualche motivo ci deve essere, e questo non è certo la bravura dei direttori stranieri ospiti. Di questo siamo sempre stati convinti. I motivi sono altri: agenzie, scambi, interessi e altro che noi non riusciamo neppure ad immaginare e comunque non osiamo dire.
mercoledì 1 luglio 2015
Un ricco malese a Roma.
Cosa chiede in cambio per il suo milione di Euro all'anno- finchè dura - donato al Teatro dell'Opera? Nulla - risponde Fuortes, imbarazzato, al giornalista ficcanaso. E' entrato nel CdI, l'ex CdA, ed ora il 19 luglio regala anche un concerto a Caracalla, per presentare - ma non solo per quello - la sua fidanzata, cantante, di origini italiane. La farà sfilare accanto a Carreras e ad altri big - in queste circostanze quando c'è il jet set internazionale con la grana, spunta sempre il flauto magico di Griminelli, che poi va in letargo - in una serata benefica a favore dell'Unicef.
E così il ricco salvatore dell' Opera si rivela anche filantropo dal cuore d'oro. Suonerà un'orchestra raccogliticcia agli ordini di un direttore raccolto, perchè l'Orchestra del teatro è impegnata ( ma se il 19 c'è quel concerto, l'orchestra del teatro dove altro è impegnata? ma forse è un segno dei primi attriti fra il magnate malese e il teatro che finge di non voler scendere a compromessi ma gradisce i suoi soldi!) e il ricco malese farà ufficialmente il suo ingresso nell'alta società danarosa romana. Perchè, sovrintendente, questa manna dal cielo piovuta sul suo teatro?
Perchè l'Opera è ormai fuori dal guado, ha respiro e fama internazionali e la sua programmazione non conosce confini. Ma che dice,sovrintendente? Il ricco malese - lo ha dichiarato - ama l'opera ed evidentemente anche la città di Roma, che nel mondo è certamente più conosciuta di Milano, altrimenti sarebbe andato alla Scala, dal 'pirania' (detto affettuosamente, per quella sua qualità continuamente sbandierata di attrarre finanziatori e sponsor, e di trovar soldi!) Pereira, che lo avrebbe atteso come un boccone prelibato. Non è stata perciò l'Opera di Roma, bensì 'l'opera e Roma' ad aver spinto il ricco malese a gettare quella benedetta montagna di Euro sul Teatro dell'Opera della Capitale.
E così il ricco salvatore dell' Opera si rivela anche filantropo dal cuore d'oro. Suonerà un'orchestra raccogliticcia agli ordini di un direttore raccolto, perchè l'Orchestra del teatro è impegnata ( ma se il 19 c'è quel concerto, l'orchestra del teatro dove altro è impegnata? ma forse è un segno dei primi attriti fra il magnate malese e il teatro che finge di non voler scendere a compromessi ma gradisce i suoi soldi!) e il ricco malese farà ufficialmente il suo ingresso nell'alta società danarosa romana. Perchè, sovrintendente, questa manna dal cielo piovuta sul suo teatro?
Perchè l'Opera è ormai fuori dal guado, ha respiro e fama internazionali e la sua programmazione non conosce confini. Ma che dice,sovrintendente? Il ricco malese - lo ha dichiarato - ama l'opera ed evidentemente anche la città di Roma, che nel mondo è certamente più conosciuta di Milano, altrimenti sarebbe andato alla Scala, dal 'pirania' (detto affettuosamente, per quella sua qualità continuamente sbandierata di attrarre finanziatori e sponsor, e di trovar soldi!) Pereira, che lo avrebbe atteso come un boccone prelibato. Non è stata perciò l'Opera di Roma, bensì 'l'opera e Roma' ad aver spinto il ricco malese a gettare quella benedetta montagna di Euro sul Teatro dell'Opera della Capitale.
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