A Ignazio Marino non va giù quell'attacco durissimo del 'New York Times' sul degrado della città di Roma, a pochi mesi dall'apertura del Giubileo, quando il Comune, a detta dello stesso sindaco che comunque non accetta che il Governo gli metta al fianco un commissario che sa fare meglio di lui, è ancora a 'buongiorno e buonasera' nella preparazione della macchina comunale.
E rimprovera ai giornalisti italiani che hanno ripreso con grande evidenza l'articolo del quotidiano americano di non conoscere l'inglese e di aver tradotto male, ai suoi danni, il titolo dell'articolo.
Che, secondo Marino, avrebbe il senso di indicarlo come un eroe nella fossa dei leoni del degrado e malaffare cittadino. Sì, ma se, pur non facendosi sopraffare dai leoni continua a restare nella fossa, chi governa la città, hanno risposto al professorino? Dell'onestà del sindaco, sebbene sia ormai merce rarissima fra i politici, ne abbiamo piene le tasche; non basta che sia onesto, serve che sappia governare la città, mestiere che non è capace di esercitare. Indubbiamente.
Ed allora lui che non è deciso a mollare ed anzi vuole continuare a lottare con i leoni, ribatte, prendendo ad esempio ciò che gli accadeva di fare nella sua precedente vita di chirurgo. Il chirurgo sa, prima ancora che lo sappiano i familiari, come è andato a finire l'intervento sul loro congiunto. Marino ci vuol dire: aspettate, e fra qualche anno vedrete che la città sarà cambiata, perchè lui sa che il suo intervento chirurgico è riuscito ( da dove prenda tanta sicurezza non è lecito capire). Ma Roma può attendere? E Quanto?
Sì perchè, prendendo anche noi un esempio dal mondo della medicina, possiamo ribattere al chirurgo che non è stato ancora capace di rimettere in piedi la Capitale 'paziente'- perchè di pazienza ne ha davvero troppa - che non solo non siamo sicuri dell'esito del suo intervento, sul quale anzi nutriamo e non solo noi parecchi dubbi, ma ci sembra che il chirurgo Marino abbia messo il paziente Roma, in lista di attesa e chissà quando deciderà di intervenire oppure di togliersi mascherina, camice e guanti e uscire dalla sala operatoria, sbattendo la porta. Che è ciò che molti gli consigliano di fare prima che, per troppa attesa, la malattia si aggravi ulteriormente ed il malato Roma crepi.
Ieri poi ancora un male grave nel corpo della Capitale del quale il chirurgo Marino non s'era ancora accorto, nonostante l'abbia in cura da un anno e mezzo, e cioè quello dei trasporti, dove regna l'assessore Improta, per la cui partenza dalla giunta tutti piangono di dolore, mentre dovrebbero piangere di gioia, perchè neanche lui si è accorto del casino generale dell'azienda che ha governato da quando c'è Marino, nella sala 'operativa'.
E infine la faccenda delle strade alle quali Pucci, l'assessore, sta pensando in queste settimane. Ieri s'è saputo che i precedenti affidatari di tale manutenzione non usavano materiali adatti, dal che ad ogni pioggerellina venivano fuori buche che puntualmente la ditta appaltatrice risanava con toppe, pronte a riaprirsi. Che altro deve succedere perchè Marino tragga le dovute conclusioni?
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