Nei giorni scorsi si sono accavallate le notizie di un possibile ritorno, a breve, di Riccardo Muti sul podio del Teatro alla Scala, dove - fino al 2005 - è stato direttore musicale per un ventennio circa.
L'hanno fatto pensare l'arrivo a Ravenna di Alexander Pereira ma anche di Carlo Fontana, attuale presidente dell'AGIS, ritenuto un tempo antagonista di Muti alla Scala, addirittura suo nemico e causa della sua partenza dal teatro milanese, dal quale anche Fontana se ne andrà.
E alle dichiarazioni possibiliste di Pereira sono seguite anche quelle concilianti di Muti, il quale ha dovuto riconoscere indirettamente che Pereira era andato quasi in pellegrinaggio a Ravenna, nei giorni del 'Falstaff', per esaudire un suo vecchio 'voto', quello di riportarlo alla Scala, costi quel che costi. E Muti ad esse ha aggiunto: vedremo, se sono fiori fioriranno. Insomma ha lasciato la cosiddetta porta, 'aperta'.
Subito dopo, i giornali si sono esercitati sulla futura strategia di avvicinamento. Come tornerà alla Scala, quando i tempi saranno maturi, e fose lo saranno nel giro di un paio di stagioni al massimo (si parla del 2017)?
Tornerà, facendo tappa con la sua Orchestra di Chicago; o vi metterà piede la prima volta dopo la rottura con la sua orchestra italiana di giovani 'Cherubini', con la quale ha ormai stabilito un sodalizio più che paterno, al punto da portarsela anche a Salisburgo fra qualche giorno per un'opera verdiana?
E perchè non con l'Orchestra del Teatro? Tutti, noi compresi, abbiamo optato, in occasione del primo ritorno, per le due ipotesi soft, nel timore che qualche strumentista scaligero, fra quelli che all'uscita di Muti dal teatro non furono teneri con lui, possa fargli qualche scherzetto. Ci siamo sbagliati. Perchè è stato lo stesso Muti a farlo capire senza equivoci. Lui se torna, quando lo deciderà, tornerà a dirigere l'orchestra che per molti anni è stata, agli occhi del mondo, la 'sua' orchestra. Perchè non si abbia a pensare che in questi anni di lontananza, Riccardo, complice l'età, ha perso il coraggio da leone di un tempo ed è diventato un don Abbondio, di manzoniana memoria: ' uno se il coraggio non ce l'ha, non se lo può dare'.
A confermare che al momento del ritorno sarà questa la strategia è intervenuto Pereira, facendo sapere che gli orchestrali hanno in animo di scrivere una lettera di invito ufficiale, pacificatrice, a Muti, ed anche Chailly lo ha fatto, telefonandogli per invitarlo ufficialmente. Perchè non è possibile che uno dei massimi direttori viventi, italiano nel sangue, non diriga alla Scala.
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