Certo che Ignazio Marino, per quanto amministratore disastroso, non può essere incolpato anche del grave delitto compiuto da una macchina piena di rom delinquenti e minorenni che alcuni giorni fa hanno investito a folle velocità una signora filippina, mandandola al creatore e un altro bel gruppetto di gente dritta all'ospedale.
Ma certo è anche che ogni volta che succede qualcosa di ancor più grave di ciò che succede di grave quasi giornalmente, sindaco presente, Marino non è a Roma: ora era in America - lui dice per trovare sponsor per i restauri dei monumenti di Roma, per i suoi avversari politici, invece, per ritirare una laurea 'disonoris causa' per cattiva amministrazione.
Ricevuta la laurea è tornato a Roma per affermare solennemente che i delinquenti vanno assicurati alla giustizia, ma non si faccia una questione razziale, del tipo: tutti i rom sono delinquenti, che naturalmente non è vero; forse lo è solo per Salvini.
Ma Roma fa acqua da tutte le parti. Prendiamo gli ultimi fatti. L'assessore alla mobilità - Improta? - dichiara che il Giubileo proprio non ci voleva, perchè è una sorta di calamità in una città sempre sull'orlo del disastro, senza però spiegare chi è causa di tale disastrosa situazione.
Ma non aveva detto Marino che la città sarà pronta, come lo è sempre stata per occasioni che hanno visto calare a Roma folle oceaniche di fedeli anche negli ultimi anni? Evidentemente il suo assessore non la pensa come lui, conoscendo meglio del sindaco i problemi di Roma, a cominciare dal traffico, per finire alla manutenzione delle strade ecc... ma se c'è il rischio che Roma non sia pronta ad ospitare il Giubileo che partirà a dicembre, perché Marino non vuole sentir parlare di un Commissario che prepari la città al grande evento mondiale?
E poi anche Pucci, assessore ai lavori pubblici, aiutante di campo di Rutelli al tempo del Giubileo del 2000, ha avuto il suo momento di celebrità, quando c'è stato nei giorni scorsi l'acquazzone che ha inondato Roma, mandando sott'acqua non poche zone della città. Lui s'è giustificato: non abbiamo ricevuto nessuna 'allerta' meteo dalla protezione civile, scaricando quindi la responsabilità della cattiva, insufficiente se non addirittura del tutto assente manutenzione della città sulle cattive condizioni atmosferiche. E se l'avessero avvertito, cosa avrebbe fatto Pucci? Avrebbe fatto pulire in ventiquattrore i tombini che sputavano acqua perché sporchi ed intasati da anni? Lui stesso ha annunciato che a giugno e fino al prossimo novembre verranno fatti lavori di manutenzione ordinaria, che diventa straordinaria perché da anni non viene più fatta. Ha anche dichiarato Pucci che l'anno scorso la pulizia dei tombini è stata iniziata, ma che ha riguardato solo un decimo dell'intera operazione di pulizia, necessaria e non più procrastinabile. Ma allora perché dare la colpa dell'inondazione da pioggia alla protezione civile?
domenica 31 maggio 2015
venerdì 29 maggio 2015
'Storie vere', ma anche inutili raccontate per una stagione televisiva da Eleonora Daniele
La trasmissione condotta per una intera stagione televisiva da Eleonora Daniele, la bionda presentatrice la cui bravura era stata apprezzata perfino da Alemanno, all'epoca sindaco di Roma, il quale l'aveva raccomandata ed incoraggiata ed insistere nel suo lavoro di presentatrice, è giunta alla sua ultima puntata invernale, prima dell'estate, nella quale naturalmente fa un bollettino delle molte imprese illustrate, i ringraziamenti di rito, e tutti, in risposta, il peana alla bella e brava presentatrice cha nel corso delle trasmissioni, s'è occupata di tante storie che riguardano le persone, e di fatti che hanno il loro peso sociale, ma anche di persone e fatti inutili ed anche non senza vergogna.. Fra tutte le quali svetta - ce lo ricordiamo perchè ci è capitato di vederla, non più tardi di una decina di giorni fa, la lunga intervista ad una campionessa della nostra società, Carmen Di Pietro, che da sola grida vendetta e getta fango e accusa di inutilità sulla trasmissione della bella e brava presentatrice che oggi si chiude - finalmente.
Fa corona alla mestrina dal capello biondo una compagnia di giro, nella quale sono presenti anche molti giornalisti che mai e poi mai direbbero una sola parola, ad esempio, su quella vergogna dell'intervista alla Di Pietro, una delle tante vergognose. Come potrebbero? E si tratta di giornalisti anche bravi, oltre alcuni che hanno a che fare con l'inutilità del gossip, in questi anni utilizzato come distraente dai casi davvero importanti o dalle tragedie giornaliere.
Ora 'Storie vere', per il momento, chiude. Ma stiamo sicuri che al suo posto verrà un'altra trasmissione dello steso metallo.
Fa corona alla mestrina dal capello biondo una compagnia di giro, nella quale sono presenti anche molti giornalisti che mai e poi mai direbbero una sola parola, ad esempio, su quella vergogna dell'intervista alla Di Pietro, una delle tante vergognose. Come potrebbero? E si tratta di giornalisti anche bravi, oltre alcuni che hanno a che fare con l'inutilità del gossip, in questi anni utilizzato come distraente dai casi davvero importanti o dalle tragedie giornaliere.
Ora 'Storie vere', per il momento, chiude. Ma stiamo sicuri che al suo posto verrà un'altra trasmissione dello steso metallo.
A proposito di inediti, due casi: uno divertente ed uno, invece, molto, ma molto serio, con numerose comparse
Dopo lo svarione di 'Repubblica' sul falso inedito di Solgenitsyn pubblicato l'altro ieri e smascherato ieri da Socci su 'Libero', ci sono tornati in mente due episodi che sempre con inediti hanno a che fare. Uno assai divertente di molti anni fa ed uno assai più recente che deve far riflettere, come fece riflettere noi quando accadde.
Cominciamo da quello divertente. Era la seconda metà degli anni Ottanta, e noi dirigevamo una famosa rivista di musica, Piano Time, la quale sin dal primo numero pubblicava una pagina di musica sotto il titolo iniziale di 'made for you', sul quale D'Amico, per via di quell'inglese casareccio, ironizzò su L'Espresso, e mutato poi nel più italiano, più antico e senz'altro migliore, ' fogli d'album'.
Per una di quelle rubriche, d'accordo con un celebre compositore, facemmo uno scherzo innocente. Pubblicammo in fotocopia un manoscritto inedito, di cui conoscevamo l'autore, ma che facemmo finta di non conoscere, invitando i lettori a scoprirlo. Quel manoscritto, che conserviamo ancora, ce lo aveva fornito un celebre compositore nostro amico che agli inizi della sua carriera faceva il copista presso Ricordi. L'autore di quel brano per pianoforte, ci inviò una lettera, firmata con uno pseudonimo femminile, dicendoci che conosceva quel pezzo, come del resto lo conoscevamo anche noi. Passa qualche giorno e l'autore del pezzo ci invita nella sua bella casa al centro di Roma una sera , per cena. Entrammo a casa sua, sul leggio del grande pianoforte a coda, l'autore - che era poi Marcello Panni - aveva messo in bella mostra, quel pezzo stampato, anni ed anni prima, da Ricordi. Fu un gioco innocente, ben diverso dal vergognoso tranello, figlio dell' ignoranza, ordito da 'Repubblica' ai danni dei suoi lettori creduloni. Ai quali neppure dopo lo smascheramento ha ritenuto di scusarsi o di dare una qualche giustificazione, ammesso che ve ne fosse una accettabile, oltre l'ignoranza.
E veniamo ora al caso serio, di una decina di anni fa, poco più. Quando scoprimmo, studiando una celebre rivista di primi anni Quaranta, alcuni inediti di Alberto Savinio, e la tecnica adottata dal celebre musicista pittore, letterato e critico, per non fa riconoscere quella fonte, ritenuta evidentemente 'disonorevole' dopo la caduta del regime, allorchè confezionò, una decina di anni dopo, la celebre raccolta di scritti musicali, molti dei quali attinti proprio da quella rivista
('Documento') pubblicata da Ricordi nel 1955, con il titolo di 'Scatola sonora', e ripubblicata poi da Einaudi, nel 1977, con la cura di Luigi Rognoni.
Che aveva fatto Savinio? Aveva cancellato ogni traccia che poteva far risalire i lettori a quella rivista, al punto che anche nell'indice confezionato per l'edizione di Einaudi e curato appositamente da Riccarda Vigini, non v'è traccia alcuna di quella rivista alla quale Savinio aveva collaborato per tutti gli anni della sua pubblicazione (tre in tutto) come critico musicale ed anche come scrittore.
Una decina di anni dopo l'edizione Einaudi, nel 1987, Rosanna Buttier pubblica presso Bulzoni un libriccino, piccolo ma prezioso, intitolato 'Savinio giornalista', nel quale elenca tutte le testate alle quali Savinio collaborò, compreso 'Documento', senza però avventurarsi nello studio dei singoli contributi, confrontando gli originali con quelli usciti in 'Scatola sonora', che invece fu ciò che noi facemmo con lavoro certosino, per il settore musicale, scoprendo anche che alla Buttier erano sfuggiti alcuni particolari.
Venne fuori che Savinio avrebbe volutamente occultato quella sua lunga ed intensa collaborazione; non si spiegava altrimenti quella sua azione 'purificatrice' nei riguardi di pezzi usciti sulla rivista e ripresi da 'Scatola sonora'.
A quel nostro studio, che ricostruiva per filo e per segno la collaborazione di Savinio e la sua azione di occultamento, unimmo una serie di articoli molto belli, inediti dopo la loro comparsa su Documento, o quanto meno dimenticati, anche più interessanti di quelli usciti in 'Scatola sonora' e lo proponemmo alla 'Nuova rivista musicale italiana', edita dalla ERI e a 'Studi musicali' edito dall'Accademia di santa Cecilia. Rifiutato.
Ambedue le redazioni non lo ritennero quel nostro studio così interessante ed anche importante, come era a nostro avviso? No, la ragione era un' altra. Ed era da cercare nella nostra assoluta libertà ed indipendenza da qualunque combriccola, anche da quelle musicologiche che nelle due redazioni imperavano, e che noi avevamo, all'occasione anche criticato, e che intesero vendicarsi rifiutando quello studio. A proposito della rivista dell'Accademia in particolare un importante redattore ci disse che Berio aveva detto. finchè ci sono io nessuno scritto di Acquafredda sarà pubblicato sulla nostra rivista (la storia con Berio è lunga e non possiamo ora raccontarla per intero) e molti musicologi della sua corte assentirono senza neanche esprimere un giudizio sul valore della ricerca. Ma va anche aggiunto, per amore di completezza, che noi allora collaboravamo come critico musicale al quotidiano 'Il giornale' considerato in quelle redazioni musicologiche (da ridere!) come il diavolo nero da evitare per non contrarre la peste ( nella nostra carriera di critico musicale abbiamo scritto anche per Paese Sera, per il Venerdì di Repubblica, e diretto Piano Time, Applausi e poi Music@) ecc.)
Qualche anno dopo quando raccontammo la cosa ad un noto musicologo che faceva parte di una di quelle redazioni, ci sentimmo rispondere che non ci saremmo dovuti rivolgere a qualche 'ragioniere' della musicologia come egli considerava alcuni redattori ma a lui che l'avrebbe fatto pubblicare ( perchè non ci avevamo pensato?); ed un altro musicologo di una delle due redazioni ci disse che alla base di quel rifiuto c'era anche la volontà di favorire su quelle riviste, con la pubblicazione, sempre e solo giovani studiosi che provenivano da una università del nord dove quel musicologo redattore, di gran nome, insegnava.
Fatto sta che nel 2002 quel nostro studio fu pubblicato da 'Nuova storia contemporanea', prestigiosa rivista di ricerca storica, diretta dal prof. Francesco Perfetti, ed alcuni brani veramente inediti ( nel senso che erano usciti negli anni Quaranta e poi ignorati, anche per volontà dello stesso Savinio) furono ripresi da alcuni quotidiani.
Solo allora qualcuno delle redazioni delle due riviste - non ci va di dire i loro nomi e cognomi, perchè potrebbero non gradirlo - ci dissero: "peccato, avremmo potuto pubblicare noi quel bello studio".
La storia non finisce qui. Ha un seguito abbastanza avvilente e settario, come del resto l'inizio. Incontrammo il direttore di Radio3, Marino Sinibaldi, al quale mostrammo il nostro studio chiedendogli che venisse presentato a Fahrenheit, che di libri parlava, o in qualche altro spazio della rete radiofonica che si occupava anche di musica. Ci rispose che ne avrebbe dovuto parlare, per l'autorizzazione, con l'allora responsabile della musica per Radio3 , che era - immaginate chi?- Michele dall'Ongaro, con il quale i nostri rapporti erano inesistenti da molti anni. I rapporti con dall'Ongaro anche per Sinibaldi, in una radio pubblica, contavano ovviamente più del valore della ricerca e scoperta. Stiamo ancora attendendo una risposta.
Come una seconda risposta stiamo ancora attendendo alla nostra successiva proposta di presentare a Radio3 la nostra biografia di Pappano, uscita per Skira, nel 2007- prima biografia del noto direttore - ed anche una terza risposta alla nostra richiesta di presentare un nostro ulteriore studio su Moravia, del quale avevamo scoperto e pubblicato ancora su 'Nuova storia contemporanea' dei curiosi testi anche musicali.
La ragione per cui nè di Pappano e neppure di Moravia si poteva parlare a Radio3, sulla base di quei nostri studi, era ancora la presenza di dall'Ongaro come responsabile della musica. Con il quale nel frattempo, dopo un periodo di rapporti cordiali - un giorno spiegheremo perchè - i rapporti si erano di nuovo interrotti, a seguito di una denuncia nei nostri confronti di dall'Ongaro, dopo l'uscita, a nostra firma, su Music@, di una articolo che lo riguardava e dal quale egli si ritenne diffamato.
Si fece il processo, il giudice decretò che noi avevamo semplicemente esercitato il diritto di critica e che lo avevamo esercitato in maniera corretta, senza recare offesa alcuna al dall'Ongaro, al quale anche per quei tre divieti ( ma ce ne fu in seguito anche un altro, ancora più grave) attendiamo ancora le scuse ed un risarcimento, anche se è trascorso ormai del tempo..
Cominciamo da quello divertente. Era la seconda metà degli anni Ottanta, e noi dirigevamo una famosa rivista di musica, Piano Time, la quale sin dal primo numero pubblicava una pagina di musica sotto il titolo iniziale di 'made for you', sul quale D'Amico, per via di quell'inglese casareccio, ironizzò su L'Espresso, e mutato poi nel più italiano, più antico e senz'altro migliore, ' fogli d'album'.
Per una di quelle rubriche, d'accordo con un celebre compositore, facemmo uno scherzo innocente. Pubblicammo in fotocopia un manoscritto inedito, di cui conoscevamo l'autore, ma che facemmo finta di non conoscere, invitando i lettori a scoprirlo. Quel manoscritto, che conserviamo ancora, ce lo aveva fornito un celebre compositore nostro amico che agli inizi della sua carriera faceva il copista presso Ricordi. L'autore di quel brano per pianoforte, ci inviò una lettera, firmata con uno pseudonimo femminile, dicendoci che conosceva quel pezzo, come del resto lo conoscevamo anche noi. Passa qualche giorno e l'autore del pezzo ci invita nella sua bella casa al centro di Roma una sera , per cena. Entrammo a casa sua, sul leggio del grande pianoforte a coda, l'autore - che era poi Marcello Panni - aveva messo in bella mostra, quel pezzo stampato, anni ed anni prima, da Ricordi. Fu un gioco innocente, ben diverso dal vergognoso tranello, figlio dell' ignoranza, ordito da 'Repubblica' ai danni dei suoi lettori creduloni. Ai quali neppure dopo lo smascheramento ha ritenuto di scusarsi o di dare una qualche giustificazione, ammesso che ve ne fosse una accettabile, oltre l'ignoranza.
E veniamo ora al caso serio, di una decina di anni fa, poco più. Quando scoprimmo, studiando una celebre rivista di primi anni Quaranta, alcuni inediti di Alberto Savinio, e la tecnica adottata dal celebre musicista pittore, letterato e critico, per non fa riconoscere quella fonte, ritenuta evidentemente 'disonorevole' dopo la caduta del regime, allorchè confezionò, una decina di anni dopo, la celebre raccolta di scritti musicali, molti dei quali attinti proprio da quella rivista
('Documento') pubblicata da Ricordi nel 1955, con il titolo di 'Scatola sonora', e ripubblicata poi da Einaudi, nel 1977, con la cura di Luigi Rognoni.
Che aveva fatto Savinio? Aveva cancellato ogni traccia che poteva far risalire i lettori a quella rivista, al punto che anche nell'indice confezionato per l'edizione di Einaudi e curato appositamente da Riccarda Vigini, non v'è traccia alcuna di quella rivista alla quale Savinio aveva collaborato per tutti gli anni della sua pubblicazione (tre in tutto) come critico musicale ed anche come scrittore.
Una decina di anni dopo l'edizione Einaudi, nel 1987, Rosanna Buttier pubblica presso Bulzoni un libriccino, piccolo ma prezioso, intitolato 'Savinio giornalista', nel quale elenca tutte le testate alle quali Savinio collaborò, compreso 'Documento', senza però avventurarsi nello studio dei singoli contributi, confrontando gli originali con quelli usciti in 'Scatola sonora', che invece fu ciò che noi facemmo con lavoro certosino, per il settore musicale, scoprendo anche che alla Buttier erano sfuggiti alcuni particolari.
Venne fuori che Savinio avrebbe volutamente occultato quella sua lunga ed intensa collaborazione; non si spiegava altrimenti quella sua azione 'purificatrice' nei riguardi di pezzi usciti sulla rivista e ripresi da 'Scatola sonora'.
A quel nostro studio, che ricostruiva per filo e per segno la collaborazione di Savinio e la sua azione di occultamento, unimmo una serie di articoli molto belli, inediti dopo la loro comparsa su Documento, o quanto meno dimenticati, anche più interessanti di quelli usciti in 'Scatola sonora' e lo proponemmo alla 'Nuova rivista musicale italiana', edita dalla ERI e a 'Studi musicali' edito dall'Accademia di santa Cecilia. Rifiutato.
Ambedue le redazioni non lo ritennero quel nostro studio così interessante ed anche importante, come era a nostro avviso? No, la ragione era un' altra. Ed era da cercare nella nostra assoluta libertà ed indipendenza da qualunque combriccola, anche da quelle musicologiche che nelle due redazioni imperavano, e che noi avevamo, all'occasione anche criticato, e che intesero vendicarsi rifiutando quello studio. A proposito della rivista dell'Accademia in particolare un importante redattore ci disse che Berio aveva detto. finchè ci sono io nessuno scritto di Acquafredda sarà pubblicato sulla nostra rivista (la storia con Berio è lunga e non possiamo ora raccontarla per intero) e molti musicologi della sua corte assentirono senza neanche esprimere un giudizio sul valore della ricerca. Ma va anche aggiunto, per amore di completezza, che noi allora collaboravamo come critico musicale al quotidiano 'Il giornale' considerato in quelle redazioni musicologiche (da ridere!) come il diavolo nero da evitare per non contrarre la peste ( nella nostra carriera di critico musicale abbiamo scritto anche per Paese Sera, per il Venerdì di Repubblica, e diretto Piano Time, Applausi e poi Music@) ecc.)
Qualche anno dopo quando raccontammo la cosa ad un noto musicologo che faceva parte di una di quelle redazioni, ci sentimmo rispondere che non ci saremmo dovuti rivolgere a qualche 'ragioniere' della musicologia come egli considerava alcuni redattori ma a lui che l'avrebbe fatto pubblicare ( perchè non ci avevamo pensato?); ed un altro musicologo di una delle due redazioni ci disse che alla base di quel rifiuto c'era anche la volontà di favorire su quelle riviste, con la pubblicazione, sempre e solo giovani studiosi che provenivano da una università del nord dove quel musicologo redattore, di gran nome, insegnava.
Fatto sta che nel 2002 quel nostro studio fu pubblicato da 'Nuova storia contemporanea', prestigiosa rivista di ricerca storica, diretta dal prof. Francesco Perfetti, ed alcuni brani veramente inediti ( nel senso che erano usciti negli anni Quaranta e poi ignorati, anche per volontà dello stesso Savinio) furono ripresi da alcuni quotidiani.
Solo allora qualcuno delle redazioni delle due riviste - non ci va di dire i loro nomi e cognomi, perchè potrebbero non gradirlo - ci dissero: "peccato, avremmo potuto pubblicare noi quel bello studio".
La storia non finisce qui. Ha un seguito abbastanza avvilente e settario, come del resto l'inizio. Incontrammo il direttore di Radio3, Marino Sinibaldi, al quale mostrammo il nostro studio chiedendogli che venisse presentato a Fahrenheit, che di libri parlava, o in qualche altro spazio della rete radiofonica che si occupava anche di musica. Ci rispose che ne avrebbe dovuto parlare, per l'autorizzazione, con l'allora responsabile della musica per Radio3 , che era - immaginate chi?- Michele dall'Ongaro, con il quale i nostri rapporti erano inesistenti da molti anni. I rapporti con dall'Ongaro anche per Sinibaldi, in una radio pubblica, contavano ovviamente più del valore della ricerca e scoperta. Stiamo ancora attendendo una risposta.
Come una seconda risposta stiamo ancora attendendo alla nostra successiva proposta di presentare a Radio3 la nostra biografia di Pappano, uscita per Skira, nel 2007- prima biografia del noto direttore - ed anche una terza risposta alla nostra richiesta di presentare un nostro ulteriore studio su Moravia, del quale avevamo scoperto e pubblicato ancora su 'Nuova storia contemporanea' dei curiosi testi anche musicali.
La ragione per cui nè di Pappano e neppure di Moravia si poteva parlare a Radio3, sulla base di quei nostri studi, era ancora la presenza di dall'Ongaro come responsabile della musica. Con il quale nel frattempo, dopo un periodo di rapporti cordiali - un giorno spiegheremo perchè - i rapporti si erano di nuovo interrotti, a seguito di una denuncia nei nostri confronti di dall'Ongaro, dopo l'uscita, a nostra firma, su Music@, di una articolo che lo riguardava e dal quale egli si ritenne diffamato.
Si fece il processo, il giudice decretò che noi avevamo semplicemente esercitato il diritto di critica e che lo avevamo esercitato in maniera corretta, senza recare offesa alcuna al dall'Ongaro, al quale anche per quei tre divieti ( ma ce ne fu in seguito anche un altro, ancora più grave) attendiamo ancora le scuse ed un risarcimento, anche se è trascorso ormai del tempo..
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giovedì 28 maggio 2015
Il grosso abbaglio del quotidiano La Repubblica, l'unico giornale che papa Francesco, imprudente, ha dichiarato di leggere. Pubblicato, come inedito, un testo di Solgenitsyn uscito da Mondadori 40 anni fa
'La Repubblica' dopo che è stata smascherata non si è preoccupata - come farebbe ogni buon giornale che tiene ai suoi lettori - di scusarsi con loro. No, ha fatto finta di niente ed ha tirato avanti. Cosa è accaduto? E' accaduto che due giorni fa sia uscito nelle pagine centrali del quotidiano un lungo testo del grande scrittore sovietico dissidente Solgenitsyn, gabellato come inedito. E che i redattori della 'cultura' di Repubblica' credessero a quel che scrivevano si deduce anche dal fatto che l'eccezionalità dell'inedito veniva anticipata anche in prima pagina. Il titolo dell'inedito pubblicato da Repubblica era: 'Vivere senza menzogna', che era poi il titolo originale del testo, con un sottotitolo coniato dalla redazione che suonava: 'Perchè la ribellione alla menzogna è la vera resistenza'. Ma il bello, anzi il brutto per La Repubblica era che con quel titolo, e contenente ovviamente quel testo, era uscito nientemeno che da Mondadori, nel 1974, dunque 40 anni fa, un libretto che includeva anche la 'Lettera ai dirigenti dell'Unione sovietica'. Rivelazione di Antonio Socci su 'Libero'
All'indomani, cioè ieri, Antonio Socci, in una ricca paginata di Libero, metteva alla berlina il quotidiano romano, il quale ovviamente taceva sull'accaduto, spiegando ai suoi redattori che la vergogna alla quale Solgenitsyn si riferiva era il partito comunista sovietico; aggiunge che lui quel libro lo aveva letto all'epoca, quand'era un liceale, e quando anche in Italia la sinistra imperava. Aggiunge poi che lo stesso clima si respira anche oggi - non scherziamo Socci! - e che Repubblica avrebbe dovuto chiosare quel testo, facendo capire che se Solgenitsyn fosse oggi vivo avrebbe preferito Putin ad Obama ed avrebbe - testuale - " condiviso la condanna putiniana di quei Paesi che stanno rinnegando le loro radici, tra cui i valori cristiani che sono alla base della civiltà occidentale. Stanno negando i principi mortali e la propria identità:nazionale,culturale,religiosa e perfino sessuale".
E qui Socci, con qualche ragione appena a suo favore, la spara più grossa di quanto non abbia fatto Repubblica pubblicando un finto inedito pubblicato da una grande casa editrice molti anni fa.
Perchè Socci è contro l'attuale pontefice, alfiere di una modernità che egli non condivide e che molti nel mondo invece non solo condividono ma approvano. Il che rende ancora più furioso Socci che in papa Francesco vede addirittura un anticristo, almeno così si legge fra le righe.
E, invece, papa Francesco anticristo non è anche se qualche vola dovrebbe essere più attento a parlare, come non ha fatto alcuni giorni fa in una lunga intervista ad un giornale argentino, subito ripresa ovviamente da Repubblica, più attenta al papa dello stesso Osservatore romano, della quale egli dichiara che è l'unico giornale che legge ogni mattina, sebbene 'di corsa'. Sarebbe stato meglio non l'avesse detto, anche se l'ha fatto per omaggiare 'Barbapapà' che lo riempie di attenzioni.
Papa Francesco, pur non trattandosi di dottrina - perchè come si vede sbaglia anche in cose meno gravi - avrebbe dovuto prendere a modello quella espressione che risuonò nelle navate della basilica di San Pietro durante le sessioni del Concilio vaticano II per bocca del teologo Hans Kung, se non andiamo errati:' non amo ( o frse disse .temo') la Chiesa di un solo teologo', e Kung si riferiva a San Tommaso d'Aquino, che della dottrina cristiana è stato esegeta fondamentale come Barbapapà non può essere considerato della dottrina di Francesco, perchè gli mancano i fondamentali; e ancor meno può ritenersi La Repubblica, nonostante che sia l'unico quotidiano che papa Francesco legge ogni mattina.
All'indomani, cioè ieri, Antonio Socci, in una ricca paginata di Libero, metteva alla berlina il quotidiano romano, il quale ovviamente taceva sull'accaduto, spiegando ai suoi redattori che la vergogna alla quale Solgenitsyn si riferiva era il partito comunista sovietico; aggiunge che lui quel libro lo aveva letto all'epoca, quand'era un liceale, e quando anche in Italia la sinistra imperava. Aggiunge poi che lo stesso clima si respira anche oggi - non scherziamo Socci! - e che Repubblica avrebbe dovuto chiosare quel testo, facendo capire che se Solgenitsyn fosse oggi vivo avrebbe preferito Putin ad Obama ed avrebbe - testuale - " condiviso la condanna putiniana di quei Paesi che stanno rinnegando le loro radici, tra cui i valori cristiani che sono alla base della civiltà occidentale. Stanno negando i principi mortali e la propria identità:nazionale,culturale,religiosa e perfino sessuale".
E qui Socci, con qualche ragione appena a suo favore, la spara più grossa di quanto non abbia fatto Repubblica pubblicando un finto inedito pubblicato da una grande casa editrice molti anni fa.
Perchè Socci è contro l'attuale pontefice, alfiere di una modernità che egli non condivide e che molti nel mondo invece non solo condividono ma approvano. Il che rende ancora più furioso Socci che in papa Francesco vede addirittura un anticristo, almeno così si legge fra le righe.
E, invece, papa Francesco anticristo non è anche se qualche vola dovrebbe essere più attento a parlare, come non ha fatto alcuni giorni fa in una lunga intervista ad un giornale argentino, subito ripresa ovviamente da Repubblica, più attenta al papa dello stesso Osservatore romano, della quale egli dichiara che è l'unico giornale che legge ogni mattina, sebbene 'di corsa'. Sarebbe stato meglio non l'avesse detto, anche se l'ha fatto per omaggiare 'Barbapapà' che lo riempie di attenzioni.
Papa Francesco, pur non trattandosi di dottrina - perchè come si vede sbaglia anche in cose meno gravi - avrebbe dovuto prendere a modello quella espressione che risuonò nelle navate della basilica di San Pietro durante le sessioni del Concilio vaticano II per bocca del teologo Hans Kung, se non andiamo errati:' non amo ( o frse disse .temo') la Chiesa di un solo teologo', e Kung si riferiva a San Tommaso d'Aquino, che della dottrina cristiana è stato esegeta fondamentale come Barbapapà non può essere considerato della dottrina di Francesco, perchè gli mancano i fondamentali; e ancor meno può ritenersi La Repubblica, nonostante che sia l'unico quotidiano che papa Francesco legge ogni mattina.
martedì 26 maggio 2015
La sinfonia dei numeri 'zero' è la più eseguita nelle istituzioni musicali italiane
Il nostro blog - consentiteci un pò di civetteria - viene giornalmente visitato da oltre due-trecento, quando non anche quattro-cinquecento visitatori. E da alcuni di essi, non attraverso i commenti al blog medesimo, ma tramite mail indirizzate a noi, giungono commenti alle cose che leggono. Qualcuno ci ha detto: ormai per me è diventato un'abitudine, comincio sempre la giornata leggendo il blog 'Il menestrello', dove vi trovo ciò che non leggo altrove.
Tutto questo ci riempie di gioia e ci ripaga del lavoro che quotidianamente ci richiede il blog, incoraggiandoci a non mollare.
Ieri, a proposito di mail, ce ne è giunta una di un direttore d'orchestra, il quale ci ha detto di divertirsi molto alla lettura del blog. Ma anche di non divertirsi affatto, a ben riflettere. La ragione principale è che gli è capitato di leggere che in molti posti di responsabilità delle istituzioni musicali italiane siedono signori 'nessuno', o zero' se si vuole. Noi la storia la conosciamo molto bene e sappiamo altrettanto bene come sono nate e si sono sviluppate certe carriere, molte delle quali all'insegna di 'dilettanti allo sbaraglio'. Ne abbiamo scritto più d'una volta, facendo nomi e cognomi, come del resto li ha fatti - alcuni - il nostro interlocutore. Che ce ne ha segnalati alcuni altri, dei quali pensava ci fossimo scordati, magari anche volutamente. Al che gli abbiamo risposto che bastava che fosse andata a rileggere tanti post sul nostro blog per constatare che non ci eravamo dimenticati quasi di nessuno. Per lo meno non volutamente.
Altra cosa che non è sfuggita a qualche visitatore del nostro blog è che noi non abbiamo nessuna remora ad occuparci anche di nostri colleghi che, per quattro soldi, lavorano al servizio delle istituzioni delle quali ovviamente scrivono sempre, ma senza ragione oltre quella economica, tutto il bene possibile. E, quando scrivono male, allo stesso modo, non se ne comprende la ragione.
La critica, dagli artisti più intelligenti è ritenuta, se onesta, una sorta di cane da guardia dell'arte; certo se è prezzolata, quel cane non fa più la guardia, intento com'è a spolpare l'osso drogato che gli hanno buttato davanti alla cuccia.
Sarebbe bene che anche i musicisti uscissero allo scoperto e dicessero quel che pensano di certi critici e dei loro giornali, perchè da tempo se ne ne leggono davvero delle belle. Coraggio!
Tutto questo ci riempie di gioia e ci ripaga del lavoro che quotidianamente ci richiede il blog, incoraggiandoci a non mollare.
Ieri, a proposito di mail, ce ne è giunta una di un direttore d'orchestra, il quale ci ha detto di divertirsi molto alla lettura del blog. Ma anche di non divertirsi affatto, a ben riflettere. La ragione principale è che gli è capitato di leggere che in molti posti di responsabilità delle istituzioni musicali italiane siedono signori 'nessuno', o zero' se si vuole. Noi la storia la conosciamo molto bene e sappiamo altrettanto bene come sono nate e si sono sviluppate certe carriere, molte delle quali all'insegna di 'dilettanti allo sbaraglio'. Ne abbiamo scritto più d'una volta, facendo nomi e cognomi, come del resto li ha fatti - alcuni - il nostro interlocutore. Che ce ne ha segnalati alcuni altri, dei quali pensava ci fossimo scordati, magari anche volutamente. Al che gli abbiamo risposto che bastava che fosse andata a rileggere tanti post sul nostro blog per constatare che non ci eravamo dimenticati quasi di nessuno. Per lo meno non volutamente.
Altra cosa che non è sfuggita a qualche visitatore del nostro blog è che noi non abbiamo nessuna remora ad occuparci anche di nostri colleghi che, per quattro soldi, lavorano al servizio delle istituzioni delle quali ovviamente scrivono sempre, ma senza ragione oltre quella economica, tutto il bene possibile. E, quando scrivono male, allo stesso modo, non se ne comprende la ragione.
La critica, dagli artisti più intelligenti è ritenuta, se onesta, una sorta di cane da guardia dell'arte; certo se è prezzolata, quel cane non fa più la guardia, intento com'è a spolpare l'osso drogato che gli hanno buttato davanti alla cuccia.
Sarebbe bene che anche i musicisti uscissero allo scoperto e dicessero quel che pensano di certi critici e dei loro giornali, perchè da tempo se ne ne leggono davvero delle belle. Coraggio!
lunedì 25 maggio 2015
Novità dal Sole 24 ore. Si rappresenta Ermanno Cavazzoni con la musica di Lucia Ronchetti
Non è la prima volta che Lucia Ronchetti, per un suo lavoro di teatro musicale mette mano ( meglio: utilizza) ad un testo di Ermanno Cavazzoni; l'ha già fatto con 'Anatra al sale' qualche anno fa.
In questi giorni al Teatro Nazionale di Mannheim Lucia Ronchetti presenta la sua nuova opera, dal titolo 'Esame di mezzanotte', su libretto di Ermanno Cavazzoni. Regia, scene e costumi di Achim Freyer.
L'opera, giusto il libretto di Cavazoni ( elaborato da un testo precedente o scritto appositamente per la Ronchetti, non sappiamo) racconta dell'incubo ricorrente di un certo Giro Lamenti, il quale deve sostenere l'esame di maturità...
La novità maggiore della nuova opera viene proprio dal 'Sole 24 Ore' che, nella pagina 'Musica' di domenica 24 di questo mese, titola in alto, con foto tessera di Cavazzoni. ' L'opera di Cavazzoni a Mannheim'. E nel testo aggiunge che la musica della nuova opera è di Lucia Ronchetti.
Abbiamo interpellato, a seguito di tale rivoluzionaria novità, la redazione del famoso quotidiano; la risposta è stata che non avevano più spazio per un titolo più lungo, che era però nelle loro intenzioni e cioè:'L'opera di Cavazzoni a Mannheim con l'accompagnamento musicale di Ronchetti'.
Esattamente come si faceva un tempo quando si scriveva sui giornali: 'Alla Scala la nuova opera, Nabucco, di Temistocle Solera, con accompagnamento musicale di Giuseppe Verdi'.
Complimenti al Sole 24 ore. Dell'avvenire!
In questi giorni al Teatro Nazionale di Mannheim Lucia Ronchetti presenta la sua nuova opera, dal titolo 'Esame di mezzanotte', su libretto di Ermanno Cavazzoni. Regia, scene e costumi di Achim Freyer.
L'opera, giusto il libretto di Cavazoni ( elaborato da un testo precedente o scritto appositamente per la Ronchetti, non sappiamo) racconta dell'incubo ricorrente di un certo Giro Lamenti, il quale deve sostenere l'esame di maturità...
La novità maggiore della nuova opera viene proprio dal 'Sole 24 Ore' che, nella pagina 'Musica' di domenica 24 di questo mese, titola in alto, con foto tessera di Cavazzoni. ' L'opera di Cavazzoni a Mannheim'. E nel testo aggiunge che la musica della nuova opera è di Lucia Ronchetti.
Abbiamo interpellato, a seguito di tale rivoluzionaria novità, la redazione del famoso quotidiano; la risposta è stata che non avevano più spazio per un titolo più lungo, che era però nelle loro intenzioni e cioè:'L'opera di Cavazzoni a Mannheim con l'accompagnamento musicale di Ronchetti'.
Esattamente come si faceva un tempo quando si scriveva sui giornali: 'Alla Scala la nuova opera, Nabucco, di Temistocle Solera, con accompagnamento musicale di Giuseppe Verdi'.
Complimenti al Sole 24 ore. Dell'avvenire!
Matteo Renzi, non stare sereno. In Spagna, Podemos muove contro l'Europa dell'austerità e contro la Spagna delle caste e dei privilegi. Il ciclone Podemos potrebbe abbattersi anche sull'Italia
Matteo Renzi, hai ragione quando dici chel'Europa deve cambiare, secondo la lezione che viene dal successo elettorale del movimento 'Podemos' nato poco più di un anno fa, e che ha conquistato il 10% dei consensi in Spagna, assicurandosi i sindaci di Barcellona e Madrid. Ma deve cambiare anche l'Italia, se non l'hai ancora capito, perchè è la seconda lezione che viene da Podemos che rivoluzionerà la Spagna, oltre l'Europa.
Il successo di Podemos è contro la Spagna delle caste e dei privilegi, l'hanno detto chiaramente. L'hai capito Renzi? Le caste ed i privilegi contro i quali Podemos vuole muovere guerra in Spagna, sono quei fenomeni che in Italia, con espressione truffaldina, si chiamano 'diritti acquisiti', e perciò intoccabili.
Contro un ciclone come quello di Podemos, sacrosanto e benvenuto, nulla può dirsi e ritenersi intoccabile, specie quando si tratta di vere e proprie truffe, ordite da chi si è impossessato del potere o gode di posizioni dominanti nella società, a scapito dei cittadini onesti che la crisi sta riducendo davvero male.
E se il ciclone Podemos cominciasse ad abbattersi anche sull' Italia, dove ha cominciato sulla stessa linea il Movimento 5 stelle che poi si è arenato per pensar come accaparrarsi poltrone e potere, i cosiddetti 'diritti acquisiti' verranno spazzati via in un baleno e forse anche con la forza. Non sarebbe meglio, Renzi, pensarci in tempo?
Da molto viene detto e da più parti, ora siamo al 'redde rationem' finale. Allerta!
Il successo di Podemos è contro la Spagna delle caste e dei privilegi, l'hanno detto chiaramente. L'hai capito Renzi? Le caste ed i privilegi contro i quali Podemos vuole muovere guerra in Spagna, sono quei fenomeni che in Italia, con espressione truffaldina, si chiamano 'diritti acquisiti', e perciò intoccabili.
Contro un ciclone come quello di Podemos, sacrosanto e benvenuto, nulla può dirsi e ritenersi intoccabile, specie quando si tratta di vere e proprie truffe, ordite da chi si è impossessato del potere o gode di posizioni dominanti nella società, a scapito dei cittadini onesti che la crisi sta riducendo davvero male.
E se il ciclone Podemos cominciasse ad abbattersi anche sull' Italia, dove ha cominciato sulla stessa linea il Movimento 5 stelle che poi si è arenato per pensar come accaparrarsi poltrone e potere, i cosiddetti 'diritti acquisiti' verranno spazzati via in un baleno e forse anche con la forza. Non sarebbe meglio, Renzi, pensarci in tempo?
Da molto viene detto e da più parti, ora siamo al 'redde rationem' finale. Allerta!
Bruno Carioti ha vinto il ricorso al TAR, dopo la sua elezione a direttore dell'Accademia nazionale di danza di Roma e la sospensione della nomina da parte del Ministero.
Ora l'attendiamo al varco la ministra 'cuor di leonessa', Giannini - appaiata spesso ad una sua predecessora per via della finale di cognome; solo per questo? - che dopo l'elezione plebiscitaria di Bruno Carioti a direttore dell'Accademia di danza di Roma, avendo il candidato sconfitto fatto ricorso al TAR, non ha ritenuto di dover ratificare la nomina di Carioti, come sarebbe stato più giusto fare, e l'ha sospesa in attesa di sentenza del TAR ( a seguito della quale, forse, se contraria a Carioti, gli avrebbe potuto sospendere il mandato di direttore) ed ha spedito all'Accademia una Commissaria che viene da una Accademia di belle arti, ma che sicuramente stava nelle grazie del ministro.
Alla base del ricorso al TAR del professore sconfitto ( un coreografo o ballerino) respinto dal tribunale amministrativo del Lazio, stava proprio il fatto che Carioti non fosse nè coreografo nè ballerino, bensì musicista - come se la musica venisse da un pianeta di un altro sistema dell'universo, e non fosse assai bene imparentato con quello della danza, e come se - anche questo la ministra non ha tenuto in considerazione, forse sempre per quella assonanza di cognome? - non avesse avuto l'esperienza coronata da successo e gradimento di tutta l'Accademia per l' anno di commissariamento, dopo il periodo assai travagliato degli ultimi anni della Parrilla, e come, infine, se non fosse già stato direttore di un istituto musicale per molti anni e pure presidente della conferenza dei direttori dei Conservatori di musica italiani.
Tutto questo e l'elezione a larghissima maggioranza non sono bastati per far decidere la ministra , 'cuor di leonessa', che ora però non può tergiversare ed attendere ancora che dal cielo giunga nel suo cuor di leonessa il vento della decisione divina.
Carioti è stato eletto direttore, il TAR non ha ritenuto impedimento alla sua elezione il fatto che egli non fosse un coreografo o ballerino - come era naturale attendersi - e adesso Giannini deve ratificare la sua nomina. Lo faccia e presto ( giacchè il TAR ordina in calce alla sentenza che sia 'immediatamente eseguita dalla autorità amministrativa') altrimenti saremmo costretti a pensare che il paragone con la sua predecessora Gelmini sia d'obbligo e non solo per ragioni di rima.
Alla base del ricorso al TAR del professore sconfitto ( un coreografo o ballerino) respinto dal tribunale amministrativo del Lazio, stava proprio il fatto che Carioti non fosse nè coreografo nè ballerino, bensì musicista - come se la musica venisse da un pianeta di un altro sistema dell'universo, e non fosse assai bene imparentato con quello della danza, e come se - anche questo la ministra non ha tenuto in considerazione, forse sempre per quella assonanza di cognome? - non avesse avuto l'esperienza coronata da successo e gradimento di tutta l'Accademia per l' anno di commissariamento, dopo il periodo assai travagliato degli ultimi anni della Parrilla, e come, infine, se non fosse già stato direttore di un istituto musicale per molti anni e pure presidente della conferenza dei direttori dei Conservatori di musica italiani.
Tutto questo e l'elezione a larghissima maggioranza non sono bastati per far decidere la ministra , 'cuor di leonessa', che ora però non può tergiversare ed attendere ancora che dal cielo giunga nel suo cuor di leonessa il vento della decisione divina.
Carioti è stato eletto direttore, il TAR non ha ritenuto impedimento alla sua elezione il fatto che egli non fosse un coreografo o ballerino - come era naturale attendersi - e adesso Giannini deve ratificare la sua nomina. Lo faccia e presto ( giacchè il TAR ordina in calce alla sentenza che sia 'immediatamente eseguita dalla autorità amministrativa') altrimenti saremmo costretti a pensare che il paragone con la sua predecessora Gelmini sia d'obbligo e non solo per ragioni di rima.
Quando le famiglie non contano e conta solo la bravura. A proposito dei fratelli Berlusconi
La notizia è fresca di giornata. Per la successione, necessaria, a Silvio, nel costituendo partito dei moderati, perchè almeno fino al 2019 l'ex cav. è incandidabile, e dopo lo sarà ancora di più avendo da tempo passato gli ottant'anni - dio lo conservi, per la sua famiglia - non si parla più della figlia 'manager', Marina, nè dell'altra figlia 'intellettuale', Barbara; a Piersilvio non ha mai pensato, sta bene dove sta; e neppure per Francesca la bella giovane fidanzata è previsto ad oggi un ruolo ufficiale, Lei sta dietro le quinte, da dove dirige gli attori, suggerendo semmai all'ex cav. le mosse registiche.
Però si parla ancora di una Berlusconi. Un'altra. Che Berlusca la voglia donna, già si sa; e il nome più accreditato sembra essere quello di 'Luna Berlusconi'- nome non tanto immaginifico, perchè profetico per un ex cav. al tramonto - figlia di Paolo, manager televisiva anch'essa e, dicono, molto brava. Perciò il nome non conta, è brava e basta.
Come l'appartenenza alla famiglia non è stato l'elemento determinante per mettere Edoardo Sylos Labini a capo del settore' cultura' di Forza Italia, in via di smantellamento, e per candidarlo già a qualche sovrintendenze di teatro d'opera italiano. L'ex cav. finora non ci è riuscito, ma al prossimo giro di poltrone, il nome di Sylos Labini riciccerà sicuramente, fino a quando una sovrintendenza non l'avrà, una qualsiasi, anche lui. Perché anche in questo secondo caso, conta solo la bravura e la stima del cav. Che poi sia marito di Luna Berlusconi è un particolare di nessun peso.
Però si parla ancora di una Berlusconi. Un'altra. Che Berlusca la voglia donna, già si sa; e il nome più accreditato sembra essere quello di 'Luna Berlusconi'- nome non tanto immaginifico, perchè profetico per un ex cav. al tramonto - figlia di Paolo, manager televisiva anch'essa e, dicono, molto brava. Perciò il nome non conta, è brava e basta.
Come l'appartenenza alla famiglia non è stato l'elemento determinante per mettere Edoardo Sylos Labini a capo del settore' cultura' di Forza Italia, in via di smantellamento, e per candidarlo già a qualche sovrintendenze di teatro d'opera italiano. L'ex cav. finora non ci è riuscito, ma al prossimo giro di poltrone, il nome di Sylos Labini riciccerà sicuramente, fino a quando una sovrintendenza non l'avrà, una qualsiasi, anche lui. Perché anche in questo secondo caso, conta solo la bravura e la stima del cav. Che poi sia marito di Luna Berlusconi è un particolare di nessun peso.
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domenica 24 maggio 2015
Ignazio Marino. Diamolo in pasto ai leoni, nel ricostruito Colosseo, prima che la Roma vada in malora.
Non ne combina una giusta. La città è abbandonata a se stessa, sporca, disorganizzata, con un traffico bestiale ed il problema dei rifiuti - non solo perchè lo va dicendo anche Marchini - ma lui a che pensa ? Pensa alle prossime Olimpiadi per le quali vorrebbe candidare Roma, con l'appoggio pieno del suo sodale Franceschini, 'mezzodisastro', ora di nuovo padre per merito della sua nuova moglie, che è poi la presidente della 'Commissione cultura' della giunta Marino.
Franceschini ha regalato, in funzione di tale candidatura, al Colosseo una macchina, costruita su modello di quella che doveva esserci al tempo dei giochi romani, che catapultava nell'arena le bestie feroci, dopo che nella stessa platea si erano fatti applaudire i gladiatori che con quelle bestie tenute a digiuno avrebbero dovuto combattere.
Marino, in segno di gradimento del regalo fattogli dalla coppia Franceschini, anche se la signora, dato il benestare, è ora occupatissima ad allattare l'erede - occupazione sacrosanta e più redditizia della Commissione capitolina - ha prospettato al presidente del Comitato che nel 2017 dovrà esaminare la candidatura di Roma alle Olimpiadi, l'idea di catapultare con quella macchina, come sparati dal un cannoncino a misura umana, i vincitori delle singole gare che nell'arena del Colosseo potrebbero essere premiati; ed anche che si potrebbero ospitare alcune gare addirittura al Circo Massimo.
Il presidente del Comitato olimpico internazionale ha mostrato di gradire queste idee balzane, con la sola precisazione che, nel Colosseo, Marino non mandi anche i leoni - Marino sarebbe anche capace, con l'appoggio di Franceschini.
Tanto alle strade disastrate, abbellite da infinite buche ' ammazzacristiani' ed ai lavori urgenti del Giubileo ci pensa Pucci o qualcun'altro. A lui basta che non gli mettano a fianco o sopra un 'commissario' per il Giubileo, perchè allora torna ad essere il Marino 'furioso', ma sempre inutile e dannoso.
Franceschini ha regalato, in funzione di tale candidatura, al Colosseo una macchina, costruita su modello di quella che doveva esserci al tempo dei giochi romani, che catapultava nell'arena le bestie feroci, dopo che nella stessa platea si erano fatti applaudire i gladiatori che con quelle bestie tenute a digiuno avrebbero dovuto combattere.
Marino, in segno di gradimento del regalo fattogli dalla coppia Franceschini, anche se la signora, dato il benestare, è ora occupatissima ad allattare l'erede - occupazione sacrosanta e più redditizia della Commissione capitolina - ha prospettato al presidente del Comitato che nel 2017 dovrà esaminare la candidatura di Roma alle Olimpiadi, l'idea di catapultare con quella macchina, come sparati dal un cannoncino a misura umana, i vincitori delle singole gare che nell'arena del Colosseo potrebbero essere premiati; ed anche che si potrebbero ospitare alcune gare addirittura al Circo Massimo.
Il presidente del Comitato olimpico internazionale ha mostrato di gradire queste idee balzane, con la sola precisazione che, nel Colosseo, Marino non mandi anche i leoni - Marino sarebbe anche capace, con l'appoggio di Franceschini.
Tanto alle strade disastrate, abbellite da infinite buche ' ammazzacristiani' ed ai lavori urgenti del Giubileo ci pensa Pucci o qualcun'altro. A lui basta che non gli mettano a fianco o sopra un 'commissario' per il Giubileo, perchè allora torna ad essere il Marino 'furioso', ma sempre inutile e dannoso.
CO2 di Battistelli alla Scala. Qualche sospetto e una mascalzonata bella e buona
Non occorre avere la palla di vetro per farsi un'idea di come siano andate le cose alla Scala, in occasione della 'prima' della nuova opera di Battistelli. E che alcune nostre considerazioni, affidate a caldo a questo blog, fossero abbastanza veritiere ce lo conferma l'atteggiamento di molta stampa italiana.
Strombazzata alla vigilia, la nuova opera 'made in Expo', con interviste al compositore dal 'ricciolo ribelle che fa innamorare le signore milanesi'- come ha sottolineato a proposito dell'opera, l'acuta Aspesi - all'indomani della prima dell'opera su tutti i giornali silenzio assoluto, come a spiarsi l'un l'altro: 'scrivi prima tu, che poi scrivo anch'io', che denota disparità di vedute se non addirittura imbarazzo. Alla fine non ha scritto praticamente nessuno.
Poi - proviamo ad immaginare, senza l'aiuto della palla di vetro che non abbiamo - una telefonata ai giornali per una tiratina d'orecchi: se neanche voi 'giornali amici' ci difendete...
Non possiamo giurarci, ma le cose sono andate proprio così, per quel tanto che consociamo i giornali, visto che facciamo questo mestiere da oltre trent'anni. E così l'amica 'Repubblica' parla di CO2, a firma del suo critico il quale allunga anche la durata degli applausi finali che le agenzie avevano calcolato in 10 minuti ed il giornale 'amico', a firma del critico 'amico' (che aveva anche intervistato il compositore, altra intervista dopo quella della Aspesi), aveva portato addirittura a 15 minuti, roba da non credere, neanche ai Filarmonici di Berlino sono toccati tanti applausi e neppure alla trionfale Turandot. Al giornale amico è piaciuta così tanto la novità di Battistelli, per il principio che il nuovo è sempre da preferire ( incoraggiare?) al vecchio (già noto; quand'anche fosse migliore!), al punto che, contravvenendo alla regola che le recensioni della musica appaiono solo di domenica, quella di CO2 è stata infrasettimanale.
Nessuno, a maggior ragione il giornale 'amico' ha scritto del pubblico. Tutto esaurito? esaurito a metà? 'Sold out', avrebbero potuto scrivere i giornali 'amici' che amano l'inglese, in linea con la lingua del libretto di Burton. Invece no, perchè troppo falsa. Insomma , inutile cercare sui giornali un resoconto dell'opera di Battistelli.
Neanche sul dotto 'domenicale' del Sole 24 Ore, il quale domenica 17 ha preferito illustrare il prossimo 'Ravenna Festival' della famiglia Muti, allo spreco di quattro righe sull'opera di Battistelli ( e del resto perchè scrivere di un'opera che ha interessato pochi, gratuitamente, quando si possono scrivere paginate, pagate?).
La sorpresa , nel 'Domenicale del Sole', arriva domenica 24. L'apertura della pagina della musica, è sulla 'Norma' veneziana, con regia 'biennalina', cui si aggiunge un trafiletto, dal titolo 'alla scala'. una ventina di righe cattivissime nella sostanza, anche se all'apparenza elogiative, ma che non dicono quasi nulla - e perciò inutili!- che terminano così:' da tagliare il retorico predicozzo finale, a luci accese, che oltretutto svelano il poco pubblico in sala'. In cauda venenum, come non fosse bastato il veleno sputato lungo quelle acide restanti 18 righe.
Del pubblico non avevamo letto neanche una riga, i numeri erano coperti dalla valanga di applausi, che a questo punto c'è da chiedersi se non provenissero da una fidatissima claque.
La palma d'oro dell'opera va certamente al regista che ha fatto uno spettacolo di quelli indimenticabili, per bilanciare la musica che indimenticabile non era, salvo forse quel 'poema sinfonico' della 'danza dei tifoni', incastonata in un 'melologo' lungo e noioso, come l'opera è apparsa ad orecchie accorte, e che Battistelli aveva già pronta, per infilarla in qualunque opera, un pò come si racconta abbia fatto con la famosissima 'una furtiva lagrima' dell'Elisir, Donizetti. Il solito Battistelli, insomma, ancora alla ricerca di una sua strada, che non rinuncia ancora una volta ad attaccarsi ad 'altro'( una scomoda verità di Al Gore) della cui notorietà intende giovarsi.
Ma anche tutto ciò non giustifica affatto il silenzio generale dei giornali; e non giustifica a maggior ragione la 'mascalzonata' del Sole 24 Ore'. Meglio allora il silenzio.
Strombazzata alla vigilia, la nuova opera 'made in Expo', con interviste al compositore dal 'ricciolo ribelle che fa innamorare le signore milanesi'- come ha sottolineato a proposito dell'opera, l'acuta Aspesi - all'indomani della prima dell'opera su tutti i giornali silenzio assoluto, come a spiarsi l'un l'altro: 'scrivi prima tu, che poi scrivo anch'io', che denota disparità di vedute se non addirittura imbarazzo. Alla fine non ha scritto praticamente nessuno.
Poi - proviamo ad immaginare, senza l'aiuto della palla di vetro che non abbiamo - una telefonata ai giornali per una tiratina d'orecchi: se neanche voi 'giornali amici' ci difendete...
Non possiamo giurarci, ma le cose sono andate proprio così, per quel tanto che consociamo i giornali, visto che facciamo questo mestiere da oltre trent'anni. E così l'amica 'Repubblica' parla di CO2, a firma del suo critico il quale allunga anche la durata degli applausi finali che le agenzie avevano calcolato in 10 minuti ed il giornale 'amico', a firma del critico 'amico' (che aveva anche intervistato il compositore, altra intervista dopo quella della Aspesi), aveva portato addirittura a 15 minuti, roba da non credere, neanche ai Filarmonici di Berlino sono toccati tanti applausi e neppure alla trionfale Turandot. Al giornale amico è piaciuta così tanto la novità di Battistelli, per il principio che il nuovo è sempre da preferire ( incoraggiare?) al vecchio (già noto; quand'anche fosse migliore!), al punto che, contravvenendo alla regola che le recensioni della musica appaiono solo di domenica, quella di CO2 è stata infrasettimanale.
Nessuno, a maggior ragione il giornale 'amico' ha scritto del pubblico. Tutto esaurito? esaurito a metà? 'Sold out', avrebbero potuto scrivere i giornali 'amici' che amano l'inglese, in linea con la lingua del libretto di Burton. Invece no, perchè troppo falsa. Insomma , inutile cercare sui giornali un resoconto dell'opera di Battistelli.
Neanche sul dotto 'domenicale' del Sole 24 Ore, il quale domenica 17 ha preferito illustrare il prossimo 'Ravenna Festival' della famiglia Muti, allo spreco di quattro righe sull'opera di Battistelli ( e del resto perchè scrivere di un'opera che ha interessato pochi, gratuitamente, quando si possono scrivere paginate, pagate?).
La sorpresa , nel 'Domenicale del Sole', arriva domenica 24. L'apertura della pagina della musica, è sulla 'Norma' veneziana, con regia 'biennalina', cui si aggiunge un trafiletto, dal titolo 'alla scala'. una ventina di righe cattivissime nella sostanza, anche se all'apparenza elogiative, ma che non dicono quasi nulla - e perciò inutili!- che terminano così:' da tagliare il retorico predicozzo finale, a luci accese, che oltretutto svelano il poco pubblico in sala'. In cauda venenum, come non fosse bastato il veleno sputato lungo quelle acide restanti 18 righe.
Del pubblico non avevamo letto neanche una riga, i numeri erano coperti dalla valanga di applausi, che a questo punto c'è da chiedersi se non provenissero da una fidatissima claque.
La palma d'oro dell'opera va certamente al regista che ha fatto uno spettacolo di quelli indimenticabili, per bilanciare la musica che indimenticabile non era, salvo forse quel 'poema sinfonico' della 'danza dei tifoni', incastonata in un 'melologo' lungo e noioso, come l'opera è apparsa ad orecchie accorte, e che Battistelli aveva già pronta, per infilarla in qualunque opera, un pò come si racconta abbia fatto con la famosissima 'una furtiva lagrima' dell'Elisir, Donizetti. Il solito Battistelli, insomma, ancora alla ricerca di una sua strada, che non rinuncia ancora una volta ad attaccarsi ad 'altro'( una scomoda verità di Al Gore) della cui notorietà intende giovarsi.
Ma anche tutto ciò non giustifica affatto il silenzio generale dei giornali; e non giustifica a maggior ragione la 'mascalzonata' del Sole 24 Ore'. Meglio allora il silenzio.
sabato 23 maggio 2015
Il sovrintendente 'nostrano' dell'Accademia di Santa Cecilia, dall'Ongaro, ha le gambe corte come le sue bugie. E così non va molto lontano.
" Quest'anno abbiamo inserito nel programma ben 26 artisti italiani, fra compositori, direttori e solisti. Non credo che ci sia un'altra istituzione sinfonica italiana che abbia schierato un così alto numero di musicisti nostrani".( dal 'Messaggero') Ecco i conti del ragioniere sulla presenza degli artisti italiani nea stagione sinfonica ceciliana, a seguito delle dichiarazioni di Michele dall'Ongaro.
Stagione sinfonica:
Direttori: Pappano, Luisi, Gatti, Morricone
Compositori: Francesconi, Nieder, Panfili, Sollima,Cherubini, Spontini,Verdi
Orchestre ospiti: Orchestra Giovanile Italiana
Solisti di canto:Adriana di Paola, Luciana d'Intino,Vito Priante, Sonia Ganassi, Marco Spotti, Pietro Spagnoli.
Solisti strumentali: Alessio Allegrini, Anna Tifu, Benedetto Lupo, Federico Colli.
N.B.Anche a contare, fra gli italiani Verdi, Spontini, Cherubini ( compositori), e poi anche Pappano, Gatti, Morricone (direttori), ma anche Allegrini ( primo corno solista dell'Accademia), e Benedetto Lupo( professore del Corso di perfezionamento di pianoforte dell'Accademia) giungiamo a quota 21. Mentre, invece, dovremmo toglierne altri 8, anzi 9, togliendo anche la OGI, e saremmo a quota 12, che dall'Ongaro ha moltiplicato per due, con l'aggiunta di 2.
Potremmo anche aggiungere che la maggior parte dei solisti sono cantanti: 6 in tutto, che si esauriscono, quanto a presenza, in uno o due concerti. Ed anche che considerare artisti 'nostrani' cantanti come la Ganassi, ma non solo lei, è davvero sorprendente.
Le due vere presenze, nuove, in cartellone, sono Anna Tifu (era ora che l'Accademia si accorgesse di lei; ha suonato, anche nella stagione che sta per terminare, con Gloria Campaner, che la direzione dell'Accademia certamente valorizzerà prossimamente)) e Federico Colli.
Stagione da camera:
Direttori: Sardelli, Dindo, Biondi
Solisti strumentali: Brunello, Lucchesini, Parazzoli, Geminiani, Piovano, Silvia Chiesa, Maurizio Baglini
Ensemble: Solisti di Pavia, Europa galante, Sestetto Stradivari
N.B. La conta delle presenze di artisti 'nostrani' come li ha definiti, con aggettivo volgare e dozzinale, il neo sovrintendente, è ancora più sorprendentemente tragica. Fra i direttori, Dindo e Biondi, che sono Accademici di santa Cecilia. come lo sono anche i solisti Brunello, Lucchesini, mentre tutti gli altri sono 'prime parti' dell'Orchestra dell'Accademia, ad eccezione della coppia Chiesa-Baglini. E, infine, fra gli ensemble, il Sestetto Stradivari ( nome coniato per trarre in inganno, perchè di strumenti del grande liutaio cremonese, nel Sestetto neanche l'ombra), è un ensemble nato nell'Orchestra dell'Accademia e che utilizza suoi membri; e gli altri due sono rispettivamente gli ensemble 'stabili' di Dindo e Biondi. E così fra falsi italiani, di italiani veri ve ne sono ben pochi in cartellone:e quei pochi lo sono perchè 'prime parti' dell'Orchestra o perchè 'accademici' da tenersi buoni per le prossime elezioni o da ringraziare per le elezioni appena avvenute. La gran parte della stessa generazione del sovrintendente 'nostrano' e, si suppone, quasi sicuramente suoi elettori.
La cronica ASSENZA di artisti italiani nelle stagioni ceciliane, e lo stesso discorso per la stagione dell'Orchestra nazionale della Rai, dalla quale il sovrintendente 'nostrano' proviene, è una accusa che rivolgiamo da tempo ai rispettivi organizzatori, i quali fanno le suddette stagioni italiane con soldi italiani, ma con prevalenza di artisti stranieri. In nessun altro paese europeo questo sarebbe consentito, con l'aggravante tutta 'nostrana' che ciò accade con la complicità del Ministero di Franceschini, 'mezzodisastsro' e di Nastasi, 'grande &grosso', che preferiscono in questo caso, non 'impicciarsi'.
Vi saranno sicuramente delle spiegazioni per tale anomala situazione; fra le tante emerse negli anni: l'incapacità e debolezza dei vertici delle istituzioni, lo strapotere delle agenzie od anche, come tante volte in passato s'è ventilato - senza che si potesse mai dimostrare, sarebbe troppo facile! - interessi di altro genere.
Stagione sinfonica:
Direttori: Pappano, Luisi, Gatti, Morricone
Compositori: Francesconi, Nieder, Panfili, Sollima,Cherubini, Spontini,Verdi
Orchestre ospiti: Orchestra Giovanile Italiana
Solisti di canto:Adriana di Paola, Luciana d'Intino,Vito Priante, Sonia Ganassi, Marco Spotti, Pietro Spagnoli.
Solisti strumentali: Alessio Allegrini, Anna Tifu, Benedetto Lupo, Federico Colli.
N.B.Anche a contare, fra gli italiani Verdi, Spontini, Cherubini ( compositori), e poi anche Pappano, Gatti, Morricone (direttori), ma anche Allegrini ( primo corno solista dell'Accademia), e Benedetto Lupo( professore del Corso di perfezionamento di pianoforte dell'Accademia) giungiamo a quota 21. Mentre, invece, dovremmo toglierne altri 8, anzi 9, togliendo anche la OGI, e saremmo a quota 12, che dall'Ongaro ha moltiplicato per due, con l'aggiunta di 2.
Potremmo anche aggiungere che la maggior parte dei solisti sono cantanti: 6 in tutto, che si esauriscono, quanto a presenza, in uno o due concerti. Ed anche che considerare artisti 'nostrani' cantanti come la Ganassi, ma non solo lei, è davvero sorprendente.
Le due vere presenze, nuove, in cartellone, sono Anna Tifu (era ora che l'Accademia si accorgesse di lei; ha suonato, anche nella stagione che sta per terminare, con Gloria Campaner, che la direzione dell'Accademia certamente valorizzerà prossimamente)) e Federico Colli.
Stagione da camera:
Direttori: Sardelli, Dindo, Biondi
Solisti strumentali: Brunello, Lucchesini, Parazzoli, Geminiani, Piovano, Silvia Chiesa, Maurizio Baglini
Ensemble: Solisti di Pavia, Europa galante, Sestetto Stradivari
N.B. La conta delle presenze di artisti 'nostrani' come li ha definiti, con aggettivo volgare e dozzinale, il neo sovrintendente, è ancora più sorprendentemente tragica. Fra i direttori, Dindo e Biondi, che sono Accademici di santa Cecilia. come lo sono anche i solisti Brunello, Lucchesini, mentre tutti gli altri sono 'prime parti' dell'Orchestra dell'Accademia, ad eccezione della coppia Chiesa-Baglini. E, infine, fra gli ensemble, il Sestetto Stradivari ( nome coniato per trarre in inganno, perchè di strumenti del grande liutaio cremonese, nel Sestetto neanche l'ombra), è un ensemble nato nell'Orchestra dell'Accademia e che utilizza suoi membri; e gli altri due sono rispettivamente gli ensemble 'stabili' di Dindo e Biondi. E così fra falsi italiani, di italiani veri ve ne sono ben pochi in cartellone:e quei pochi lo sono perchè 'prime parti' dell'Orchestra o perchè 'accademici' da tenersi buoni per le prossime elezioni o da ringraziare per le elezioni appena avvenute. La gran parte della stessa generazione del sovrintendente 'nostrano' e, si suppone, quasi sicuramente suoi elettori.
La cronica ASSENZA di artisti italiani nelle stagioni ceciliane, e lo stesso discorso per la stagione dell'Orchestra nazionale della Rai, dalla quale il sovrintendente 'nostrano' proviene, è una accusa che rivolgiamo da tempo ai rispettivi organizzatori, i quali fanno le suddette stagioni italiane con soldi italiani, ma con prevalenza di artisti stranieri. In nessun altro paese europeo questo sarebbe consentito, con l'aggravante tutta 'nostrana' che ciò accade con la complicità del Ministero di Franceschini, 'mezzodisastsro' e di Nastasi, 'grande &grosso', che preferiscono in questo caso, non 'impicciarsi'.
Vi saranno sicuramente delle spiegazioni per tale anomala situazione; fra le tante emerse negli anni: l'incapacità e debolezza dei vertici delle istituzioni, lo strapotere delle agenzie od anche, come tante volte in passato s'è ventilato - senza che si potesse mai dimostrare, sarebbe troppo facile! - interessi di altro genere.
venerdì 22 maggio 2015
'Cambia musica cambia volto', lo slogan innovativo che dovrebbe eleggere sindaco Giorgio Battistelli
Giorgio Battistelli insiste con la sua candidatura a sindaco di Albano Laziale, suo borgo natio, mettendosi contro il sindaco uscente PD, Marini, perchè - così ha dichiarato- intende impegnarsi in città con un nuovo modo di intendere la cultura che va dalla cultura in sè, al traffico, ai rifiuti, ad un diverso concetto di convivenza civile.
Battistelli proclama il suo impegno civile, perchè sa benissimo che non sarà eletto. La sola idea di dover fare il sindaco, che vuol dire lavorare ogni giorno per dare ad una cittadina alle porte di Roma un volto più umano, socialmente più ricco e progredito, gli fa venire i brividi e, di notte, popola i suoi sonni di incubi, dai quali neppure lo psicanalista più accorto sa liberarlo.
Ma ve lo immaginate un signore sessantenne, che ha preso tutto il potere che ha potuto, in campo musicale, meritandoselo in parte ( dall'Accademia di Santa Cecilia, dove nella tenzone con dall'Ongaro è uscito sconfitto; al Teatro dell'Opera, dove gli è stata concessa la direzione artistica ma con annessa badante, Alessio Vlad, altro campione di medaglie tutte meritate; all 'Orchestra della Toscana a Firenze, alla Società di concerti Barattelli dell'Aquila) voglia rinunciare a tutto questo, compresa la composizione musicale, l'unico campo che finora gli riesce - essendo tutti gli altri semplici esibizioni di muscoli in funzione del potere - per chiudersi negli uffici di un paesino, per quanto ridente, ma della periferia romana, del quale mai una parola si legge neppure sulle pagine dei giornaletti locali?
Albano Laziale meriterebbe certo un sindaco tutto per sè, ma certamente questi non è e non sarà Battistelli; ed è per questo che il candidato sindaco 'chenonsarà' spara a zero su tutto e tutti e lancia programmi che affiderà agli altri, sapendo di potersi tincerare, all'indomani dello scrutinio' dietro il predvedibile: 'non mi hanno votato, pazienza, io mi sarei impegnato'.
Ma chi può credergli? Neanche il diretto interessato ci crede.
Battistelli proclama il suo impegno civile, perchè sa benissimo che non sarà eletto. La sola idea di dover fare il sindaco, che vuol dire lavorare ogni giorno per dare ad una cittadina alle porte di Roma un volto più umano, socialmente più ricco e progredito, gli fa venire i brividi e, di notte, popola i suoi sonni di incubi, dai quali neppure lo psicanalista più accorto sa liberarlo.
Ma ve lo immaginate un signore sessantenne, che ha preso tutto il potere che ha potuto, in campo musicale, meritandoselo in parte ( dall'Accademia di Santa Cecilia, dove nella tenzone con dall'Ongaro è uscito sconfitto; al Teatro dell'Opera, dove gli è stata concessa la direzione artistica ma con annessa badante, Alessio Vlad, altro campione di medaglie tutte meritate; all 'Orchestra della Toscana a Firenze, alla Società di concerti Barattelli dell'Aquila) voglia rinunciare a tutto questo, compresa la composizione musicale, l'unico campo che finora gli riesce - essendo tutti gli altri semplici esibizioni di muscoli in funzione del potere - per chiudersi negli uffici di un paesino, per quanto ridente, ma della periferia romana, del quale mai una parola si legge neppure sulle pagine dei giornaletti locali?
Albano Laziale meriterebbe certo un sindaco tutto per sè, ma certamente questi non è e non sarà Battistelli; ed è per questo che il candidato sindaco 'chenonsarà' spara a zero su tutto e tutti e lancia programmi che affiderà agli altri, sapendo di potersi tincerare, all'indomani dello scrutinio' dietro il predvedibile: 'non mi hanno votato, pazienza, io mi sarei impegnato'.
Ma chi può credergli? Neanche il diretto interessato ci crede.
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'Rai Teche' è troppo normale. Cercasi un nuovo nome per un grande futuro, dichiara Maria Pia Ammirati al Venerdì di Repubblica
Il tesoro della memoria storica audio-video della Rai, che va sotto il nome normalissimo e chiarissimo di Rai Teche, sta per cambiare profondamente, parola della nuova direttrice Maria Pia Ammirati, scrittrice ammiratissima, da luglio responsabile di questo che è uno dei settori più importanti della Rai.
Come dimostrano le trasmissioni che da tempo vengono riproposte semplicemente pescando, a soggetto, da quelle preziosissime Teche Rai. E che oggi suonano come atti di accusa verso una programmazione nuova che più banale e becera è impossibile immaginare.
Ma prima ancora di pensare al futuro di Rai Teche, un futuro digitalizzato, forse anche interattivo, o chissà quale altra cosa gli frulla per la mente alla Ammirati, la neo direttrice intende cambiare il nome del famoso ricchissimo scrigno. Rai Teche è troppo normale. Forse Rai Time, o Rai vattelappesca, così gli sta consigliando un professorone d'alto corso, Tullio De Mauro - un linguista, che è quel che ci vuole per cambiar nome ad una sostanza sempre uguale - al quale si è affidata per una consulenza 'nominativa' la Ammirati; qualunque altro nome, purchè non sia normale come Rai Teche, che alla semplice pronuncia fa capire di cosa si tratta. Sempre meglio un pò di mistero, almeno nel nome, come un tempo per Rai International, Rai Education, non importa poi quale sia la sostanza. Fatto sta che qui la sostanza è grossa e si rischia di banalizzarla con la ricerca di un nome assurdo ed inutile. Tutto questo dichiarava oggi la Ammirati al Venerdì di Repubblica
Prima fateci vedere cosa sarà la nuova Rai Teche e poi semmai provate anche a cambiargli nome. Noi, per intanto suggeriremmo: 'Rai meraviglie'. Che gliene pare, dott.ssa Ammirati?
Come dimostrano le trasmissioni che da tempo vengono riproposte semplicemente pescando, a soggetto, da quelle preziosissime Teche Rai. E che oggi suonano come atti di accusa verso una programmazione nuova che più banale e becera è impossibile immaginare.
Ma prima ancora di pensare al futuro di Rai Teche, un futuro digitalizzato, forse anche interattivo, o chissà quale altra cosa gli frulla per la mente alla Ammirati, la neo direttrice intende cambiare il nome del famoso ricchissimo scrigno. Rai Teche è troppo normale. Forse Rai Time, o Rai vattelappesca, così gli sta consigliando un professorone d'alto corso, Tullio De Mauro - un linguista, che è quel che ci vuole per cambiar nome ad una sostanza sempre uguale - al quale si è affidata per una consulenza 'nominativa' la Ammirati; qualunque altro nome, purchè non sia normale come Rai Teche, che alla semplice pronuncia fa capire di cosa si tratta. Sempre meglio un pò di mistero, almeno nel nome, come un tempo per Rai International, Rai Education, non importa poi quale sia la sostanza. Fatto sta che qui la sostanza è grossa e si rischia di banalizzarla con la ricerca di un nome assurdo ed inutile. Tutto questo dichiarava oggi la Ammirati al Venerdì di Repubblica
Prima fateci vedere cosa sarà la nuova Rai Teche e poi semmai provate anche a cambiargli nome. Noi, per intanto suggeriremmo: 'Rai meraviglie'. Che gliene pare, dott.ssa Ammirati?
Rai 1 batte sul tempo Canale 5. Ed ambedue se la battono in tema di banalità. Le Teche Rai non insegnano niente a nessuno
Non appena si è sparsa la notizia dello spettacolo venduto a Canale 5 che apre la stagione in Arena, a Verona, quello stesso spettacolo che negli anni passati era presentato dalla pacioccona fuori luogo e ruolo, Antonella Clerici ed ora da Bonolis della medesima scuderia artistica, Presta, sotto l'ala produttrice di Gianmarco Mazzi (l'ennesima serata con l'ennesima banalità spettacolare, nella quale lo spettacolo lirico per il quale la serata dovrebbe fungere da volano non è che l'ultima preoccupazione , e, infatti, ci saranno le più grandi stelle del rock - come si legge nei comunicati areniani - accanto al tenore tal dei tali, o del soprano tal dei tali...); Rai 1, con scatto felino, anticipa l'Arena con una serata che sarà memorabile per la coppia protagonista, perchè sarà quella che ci guadagnerà più di tutti - la coppia Carrisi ricomposta per l'ennesima volta dopo Mosca e Sanremo, Romina e Al Bano.
Al Bano le canterà: 'In ginocchio da te', Romina, con quel fil di voce che le è rimasto ( ma ci saranno amplificatori bombastici) risponderà:' Non son degno di te', ma insieme non torneranno nella vita. Perchè a lei di Al Bano piace solo la colonia che usa abitualmente - come ha dichiarato ironicamente. E così, prendendo per l'ennesima volta per i fondelli gli italiani bocconi, reciteranno la farsa ignobile e patetica della coppia scoppiata che le tenta tutte per tornare insieme. No, per far soldi.
Al peggio, si dice da secoli, non c'è mai fine. Proprio così. sempre più in basso, sempre più spettacoli di bassissima qualità, anche in quel luogo sacro che è la immensa Arena di Verona.
Albano e Romina, in diretta, il 29 maggio, su Rai 1, Bonolis ed il suo carrozzone variopinto, il 2 giugno, in differita, su Canale 5.
In questi ultimi mesi, alle molte trasmissioni costruite facendo razzia di materiali delle Teche Rai - delle quali proprio oggi sul 'Venerdì' di Repubblica, parlerà la nuova direttrice, Maria Pia Ammirati, da poco entrata a far parte del Consiglio di Indirizzo del Teatro dell'Opera di Roma - se ne è aggiunta un'altra su Rai 3, svelandoci tanti altri tesori, già noti ai cultori del 'tempo che fu' televisivo, anche non lontanissimo.
Tutte quelle trasmissioni fatte con nulla, pescando qua e là nelle Teche Rai, che ancora oggi, a distanza di anni, riscuotono successo nel pubblico, suonano come un rimprovero, anzi come atto di accusa contro la banalità, mancanza di stile e di idee di ogni nuova trasmissione, soprattutto quelle di intrattenimento o di varietà puro, tutte costosissime, che i vari direttori mandano in onda.
La televisione di un tempo, per qualche verso forse più ingenua, non suonava mai come un insulto alla intelligenza del telespettatore, come purtroppo suonano tutte, quelle di oggi.
Un'intera stagione , magari estiva, costruita attingendo alle Teche Rai, mostrerebbe agli italiani una televisione di qualità, costerebbe molto meno di qualunque pur povera trasmissione nuova, e forse potrebbe indurre gli attuali direttori di rete a fare esercizio di autocritica.
Al Bano le canterà: 'In ginocchio da te', Romina, con quel fil di voce che le è rimasto ( ma ci saranno amplificatori bombastici) risponderà:' Non son degno di te', ma insieme non torneranno nella vita. Perchè a lei di Al Bano piace solo la colonia che usa abitualmente - come ha dichiarato ironicamente. E così, prendendo per l'ennesima volta per i fondelli gli italiani bocconi, reciteranno la farsa ignobile e patetica della coppia scoppiata che le tenta tutte per tornare insieme. No, per far soldi.
Al peggio, si dice da secoli, non c'è mai fine. Proprio così. sempre più in basso, sempre più spettacoli di bassissima qualità, anche in quel luogo sacro che è la immensa Arena di Verona.
Albano e Romina, in diretta, il 29 maggio, su Rai 1, Bonolis ed il suo carrozzone variopinto, il 2 giugno, in differita, su Canale 5.
In questi ultimi mesi, alle molte trasmissioni costruite facendo razzia di materiali delle Teche Rai - delle quali proprio oggi sul 'Venerdì' di Repubblica, parlerà la nuova direttrice, Maria Pia Ammirati, da poco entrata a far parte del Consiglio di Indirizzo del Teatro dell'Opera di Roma - se ne è aggiunta un'altra su Rai 3, svelandoci tanti altri tesori, già noti ai cultori del 'tempo che fu' televisivo, anche non lontanissimo.
Tutte quelle trasmissioni fatte con nulla, pescando qua e là nelle Teche Rai, che ancora oggi, a distanza di anni, riscuotono successo nel pubblico, suonano come un rimprovero, anzi come atto di accusa contro la banalità, mancanza di stile e di idee di ogni nuova trasmissione, soprattutto quelle di intrattenimento o di varietà puro, tutte costosissime, che i vari direttori mandano in onda.
La televisione di un tempo, per qualche verso forse più ingenua, non suonava mai come un insulto alla intelligenza del telespettatore, come purtroppo suonano tutte, quelle di oggi.
Un'intera stagione , magari estiva, costruita attingendo alle Teche Rai, mostrerebbe agli italiani una televisione di qualità, costerebbe molto meno di qualunque pur povera trasmissione nuova, e forse potrebbe indurre gli attuali direttori di rete a fare esercizio di autocritica.
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mercoledì 20 maggio 2015
CCiSS Viaggiare informati RAI .'...per quanto riguarda...'
Le informazioni sul traffico e la viabilità che quotidianamente sono fornite dal servizio Autostrade e Polizia stradale, in collaborazione con la RAI, sono infestate da una curiosa patologia del linguaggio. Soffrono di una 'circonlocuzione' congenita: 'per quanto riguarda...'.Cambiamo i conduttori - a tal proposito ve ne è qualcuna che la mattina all'alba, quando si presenta in video, sembra venire direttamente dalla discoteca nella quale, vestita a festa, s'era recata la sera prima ed dove ha trascorso la notte, e che chiamata in RAI all'alba, non ha avuto il tempo di andare a casa a cambiarsi e mettersi un vestito più adatto alla bisogna di informare i telespettatori sul traffico - cambiano le stagioni, ma quella circonlocuzione resta.
Evidentemente gli autori sono ad essa affezionati e non ci rinuncerebbero neanche se pagati il doppio, o forse per l'uso smodato che ne fanno, forse percepiscono già straordinari.
Questa mattina all'alba, nel corso di 'Uno mattina' di RAI 1, nell'apposito servizio 'Viaggiare informati' durato non più di un minuto, la presentatrice ha usato ben cinque volte la beneamata circonlocuzione: 'per quanto riguarda...'. Un solo esempio: 'le notizie per quanto riguarda il traffico...', quando sarebbe assai più semplice dire .' le notizie sul traffico....' . Sembra facile ma non lo è. A Viaggiare informati insistono, senza dare spiegazione alcuna, che forse ci sarà, e sarà da cercare sugli studi di grammatica, sintassi e di stile di giornalismo di servizio degli autori.
A noi quella circonlocuzione, il cui uso smodato notiamo da sempre e da altrettanto ci infastidisce, ci ha fatto venire in mente quegli automobilisti che, in viaggio sul Raccordo anulare di Roma, giunti all'uscita programmata, vi rinunciano all'ultimo momento ad imboccarla, e decidono di rifare il giro del raccordo, per tornare dopo una circumnavigazione del Raccordo, nuovamente a quell'uscita che avevano a portata di mano e che non hanno voluto imboccare al primo giro. E la imboccano al secondo, solo con qualche decina di litri di carburante buttati sull'asfalto e nell'aria.
Evidentemente gli autori sono ad essa affezionati e non ci rinuncerebbero neanche se pagati il doppio, o forse per l'uso smodato che ne fanno, forse percepiscono già straordinari.
Questa mattina all'alba, nel corso di 'Uno mattina' di RAI 1, nell'apposito servizio 'Viaggiare informati' durato non più di un minuto, la presentatrice ha usato ben cinque volte la beneamata circonlocuzione: 'per quanto riguarda...'. Un solo esempio: 'le notizie per quanto riguarda il traffico...', quando sarebbe assai più semplice dire .' le notizie sul traffico....' . Sembra facile ma non lo è. A Viaggiare informati insistono, senza dare spiegazione alcuna, che forse ci sarà, e sarà da cercare sugli studi di grammatica, sintassi e di stile di giornalismo di servizio degli autori.
A noi quella circonlocuzione, il cui uso smodato notiamo da sempre e da altrettanto ci infastidisce, ci ha fatto venire in mente quegli automobilisti che, in viaggio sul Raccordo anulare di Roma, giunti all'uscita programmata, vi rinunciano all'ultimo momento ad imboccarla, e decidono di rifare il giro del raccordo, per tornare dopo una circumnavigazione del Raccordo, nuovamente a quell'uscita che avevano a portata di mano e che non hanno voluto imboccare al primo giro. E la imboccano al secondo, solo con qualche decina di litri di carburante buttati sull'asfalto e nell'aria.
martedì 19 maggio 2015
Dal Conservatorio dell'Aquila. Lettera di un allievo molto speciale
Caro maestro Acquafredda,
spero si ricordi di me. Sono trascorsi quasi due anni da quando lei ha lasciato l'insegnamento e, da quel momento, a me è mancata qualunque opportunità di incontrarla, come avveniva settimanalmente, con regolarità, da quando sono entrato in Conservatorio, all'indomani del terremoto, e lei insegnava ancora. Non mi ha dimenticato, vero?
Si ricorda allora di me? Arrivai all'Aquila, portatovi in macchina da un amico più grande di me, la prima volta alla vigilia della inaugurazione della nuova sede del Conservatorio, era la fine del 2009, alla presenza di Riccardo Muti. Già quel giorno feci la mia bella figura con il maestro Muti.
La vita in Conservatorio per fortuna riprese regolare, nonostante la tragedia del terremoto, ed io mi affezionai all'istituto e anche ad alcune presenze. Devo confessarle che, ogni settimana, attendevo con piacere il suo ritorno in Conservatorio, il nostro incontro mi procurava sempre gioia - come penso anche a lei - e mi riempiva di orgoglio perchè vedevo quanto Lei fosse attaccato a me ed interessato alle mie sorti oltre che al Conservatorio ed a tutti i suoi allievi, che la ricordano con grande stima ed affetto. Quanto ai suoi colleghi mi è capitato, seppure raramente, di orecchiare qualche critica nei suoi confronti, ma sussurrata a mezza voce, per timore che io ascoltassi e poi riferissi a lei.
Mi mancano le chiacchiere che settimanalmente facevamo, quasi sempre alla presenza di qualcun altro, interessato come Lei al mio futuro musicale. Si parlava di tutto, della sorte dei giovani musicisti in Italia, della formazione offerta e dei risultati non sempre adeguati alle esigenze del momento. Mi faceva un gran piacere ascoltare lei ed i suoi interlocutori; io preferivo ascoltare in silenzio, salvo i casi in cui lei mi dava letteralmente fiato, ed io intervenivo facendo sempre sentire, anche se timidamente , per il rispetto che nutrivo nei suoi confronti ed anche per immensa gratitudine, la mia voce.
Poi Lei è andato via, per 'limiti di età' - mi disse, letteralmente. Da allora le cose sono cambiate; Lei non si è fatto più vedere in Conservatorio ed io, anche per questo, sono triste. Non lo sente dal tono di questa mia?
Continuo a sentir parlare parlare, non sono interessato a quello che mi tocca ascoltare e, purtroppo, anche per questo sono diventato quasi muto; la mia voce mi riesce difficile tirarla fuori. Potrei dire come gli ebrei schiavi in Babilionia: 'come posso far sentire la mia voce in un paese straniero, in un luogo ostile?'
Lei sa bene dove sono costretto a vivere in Conservatorio, sono rimasto sempre lì, ed ora che non la vedo più, la compagnia alla quale sono obbligato, non potendo cambiare posizione, non mi piace più. Temo per la mia salute mentale e fisica ed anche per il mio canto, che un giorno sgorgava felice, chiaro e limpido, e che ora è rauco ed ansimante.
Caro maestro, perché non torna in Conservatorio per portarmi via con Lei?
sua Phisharmonica
Cara Phisharmonica,
capisco i problemi che la tua permanenza a L'Aquila ti ha creato, dopo la mia uscita definitiva dal Conservatorio, per 'limiti di età' - e solo per questi. Prima ancora che tu mi scrivessi, supplicandomi di riportarti a casa, a casa mia, dove sei vissuta per alcuni anni, sempre guardata e curata con affetto, avevo intuito che la tua attuale collocazione a stretto contatto con presenze non proprio amichevoli, anzi ostili, ti avrebbe ammutolita e inaridita, e per questo avevo chiesto agli attuali vertici del Conservatorio - lo so che non sono più quelli che tu hai conosciuto appena giunta all'Aquila - di rimandarti a casa. Mi è stato risposto che il tuo futuro era lì, anche se io non c'ero più e i vertici erano cambiati. Quasi una costrizione. La tua prigione.
Posso darti un consiglio, chissà che non serva a rendere la tua vita meno triste e disperata? Chiedi di cambiare stanza. Almeno questo te lo concederanno. Potrai non ascoltare più i discorsi che - come mi scrivi - non ti interessano affatto, anzi ti annoiano.
Il tuo ex maestro
spero si ricordi di me. Sono trascorsi quasi due anni da quando lei ha lasciato l'insegnamento e, da quel momento, a me è mancata qualunque opportunità di incontrarla, come avveniva settimanalmente, con regolarità, da quando sono entrato in Conservatorio, all'indomani del terremoto, e lei insegnava ancora. Non mi ha dimenticato, vero?
Si ricorda allora di me? Arrivai all'Aquila, portatovi in macchina da un amico più grande di me, la prima volta alla vigilia della inaugurazione della nuova sede del Conservatorio, era la fine del 2009, alla presenza di Riccardo Muti. Già quel giorno feci la mia bella figura con il maestro Muti.
La vita in Conservatorio per fortuna riprese regolare, nonostante la tragedia del terremoto, ed io mi affezionai all'istituto e anche ad alcune presenze. Devo confessarle che, ogni settimana, attendevo con piacere il suo ritorno in Conservatorio, il nostro incontro mi procurava sempre gioia - come penso anche a lei - e mi riempiva di orgoglio perchè vedevo quanto Lei fosse attaccato a me ed interessato alle mie sorti oltre che al Conservatorio ed a tutti i suoi allievi, che la ricordano con grande stima ed affetto. Quanto ai suoi colleghi mi è capitato, seppure raramente, di orecchiare qualche critica nei suoi confronti, ma sussurrata a mezza voce, per timore che io ascoltassi e poi riferissi a lei.
Mi mancano le chiacchiere che settimanalmente facevamo, quasi sempre alla presenza di qualcun altro, interessato come Lei al mio futuro musicale. Si parlava di tutto, della sorte dei giovani musicisti in Italia, della formazione offerta e dei risultati non sempre adeguati alle esigenze del momento. Mi faceva un gran piacere ascoltare lei ed i suoi interlocutori; io preferivo ascoltare in silenzio, salvo i casi in cui lei mi dava letteralmente fiato, ed io intervenivo facendo sempre sentire, anche se timidamente , per il rispetto che nutrivo nei suoi confronti ed anche per immensa gratitudine, la mia voce.
Poi Lei è andato via, per 'limiti di età' - mi disse, letteralmente. Da allora le cose sono cambiate; Lei non si è fatto più vedere in Conservatorio ed io, anche per questo, sono triste. Non lo sente dal tono di questa mia?
Continuo a sentir parlare parlare, non sono interessato a quello che mi tocca ascoltare e, purtroppo, anche per questo sono diventato quasi muto; la mia voce mi riesce difficile tirarla fuori. Potrei dire come gli ebrei schiavi in Babilionia: 'come posso far sentire la mia voce in un paese straniero, in un luogo ostile?'
Lei sa bene dove sono costretto a vivere in Conservatorio, sono rimasto sempre lì, ed ora che non la vedo più, la compagnia alla quale sono obbligato, non potendo cambiare posizione, non mi piace più. Temo per la mia salute mentale e fisica ed anche per il mio canto, che un giorno sgorgava felice, chiaro e limpido, e che ora è rauco ed ansimante.
Caro maestro, perché non torna in Conservatorio per portarmi via con Lei?
sua Phisharmonica
Cara Phisharmonica,
capisco i problemi che la tua permanenza a L'Aquila ti ha creato, dopo la mia uscita definitiva dal Conservatorio, per 'limiti di età' - e solo per questi. Prima ancora che tu mi scrivessi, supplicandomi di riportarti a casa, a casa mia, dove sei vissuta per alcuni anni, sempre guardata e curata con affetto, avevo intuito che la tua attuale collocazione a stretto contatto con presenze non proprio amichevoli, anzi ostili, ti avrebbe ammutolita e inaridita, e per questo avevo chiesto agli attuali vertici del Conservatorio - lo so che non sono più quelli che tu hai conosciuto appena giunta all'Aquila - di rimandarti a casa. Mi è stato risposto che il tuo futuro era lì, anche se io non c'ero più e i vertici erano cambiati. Quasi una costrizione. La tua prigione.
Posso darti un consiglio, chissà che non serva a rendere la tua vita meno triste e disperata? Chiedi di cambiare stanza. Almeno questo te lo concederanno. Potrai non ascoltare più i discorsi che - come mi scrivi - non ti interessano affatto, anzi ti annoiano.
Il tuo ex maestro
lunedì 18 maggio 2015
Giovanna Marinelli, la rossa, che crede nei miracoli. La notte dei musei 2015 una catastrofe
Due anni fa la romana 'Notte dei Musei' - musei aperti ed ingressi gratuiti - fu un successo e, nello stesso tempo, una scoperta. Si scoprì che non è poi vero che i cittadini non amano le cose belle, le cose preziose di cui il nostro passato in ogni campo è ricchissimo e che ci sono giunte per l'incapacità anche dei più ottusi governanti - sordi alla bellezza - di distruggerle. Perchè, direbbero i buoni, il bello vince sempre sul brutto, il bene sul male come vogliono i bambini, anche se poi preferiscono il male, che nel loro linguaggio sono i cattivi.
Questi tesori, ammirati da schiere di stranieri nei secoli, sembravano agli ottusi politici di casa nostra, non attrarre gli sguardi e l'attenzione degli Italiani. Furono smentiti, perché nel 2013 quella notte fu un autentico successo, anche per la novità. Sembrò quasi una svista: lo Stato per far godere ai cittadini ciò che era di loro proprietà non chiedeva il solito obolo, la solita ingiusta gabella. I cittadini romani accorsero in massa.
L'anno scorso le cose non andarono bene come il precedente. Ma dal Campidoglio - c'era già Giovanna la rossa, l'assessora che crede ai miracoli - il solito bollettino per grazia ricevuta: la Notte dei Musei è stata ancora un successo. E il forte calo? Mai guardarsi dietro, tiriamo avanti, vedrete che l'anno prossimo tornerà di nuovo il bel tempo. Ed invece no. Quest'anno è andata peggio di due anni fa e peggio anche dell'anno scorso. Insomma una débacle, o un insuccesso. E dal Campidoglio, santa Giovanna dei miracoli esulta soddisfatta. O almeno dice di esserlo, soddisfatta; e rilancia per la prossima estate quando se ne vedranno delle belle, dimenticando la sollevazione e le proteste di tutte le associazioni che da decenni animano le estati della Capitale, e che ora sono ridotte alla fame proprio dal suo assessorato, per ordine del sindaco 'scaricabarile'.
Questi tesori, ammirati da schiere di stranieri nei secoli, sembravano agli ottusi politici di casa nostra, non attrarre gli sguardi e l'attenzione degli Italiani. Furono smentiti, perché nel 2013 quella notte fu un autentico successo, anche per la novità. Sembrò quasi una svista: lo Stato per far godere ai cittadini ciò che era di loro proprietà non chiedeva il solito obolo, la solita ingiusta gabella. I cittadini romani accorsero in massa.
L'anno scorso le cose non andarono bene come il precedente. Ma dal Campidoglio - c'era già Giovanna la rossa, l'assessora che crede ai miracoli - il solito bollettino per grazia ricevuta: la Notte dei Musei è stata ancora un successo. E il forte calo? Mai guardarsi dietro, tiriamo avanti, vedrete che l'anno prossimo tornerà di nuovo il bel tempo. Ed invece no. Quest'anno è andata peggio di due anni fa e peggio anche dell'anno scorso. Insomma una débacle, o un insuccesso. E dal Campidoglio, santa Giovanna dei miracoli esulta soddisfatta. O almeno dice di esserlo, soddisfatta; e rilancia per la prossima estate quando se ne vedranno delle belle, dimenticando la sollevazione e le proteste di tutte le associazioni che da decenni animano le estati della Capitale, e che ora sono ridotte alla fame proprio dal suo assessorato, per ordine del sindaco 'scaricabarile'.
Maledetti vitalizi di cui i maestri del pensiero beneficiari non parlano mai.
In queste ultime settimane dei famigerati vitalizi di uomini politici a tutti i livelli si è spesso parlato. perchè innanzitutto dopo anni di discussione si è riusciti a toglierli a qualche decina di ex politici condannati per reati particolari. Poi anche perché il TAR del Lazio ha dato torto ai consiglieri regionali che gli si erano appellati a seguito delle decisioni della giunta Zingaretti di dare una stretta alla loro elargizione ed ai tempi della medesima. Infine, perchè il Presidente della Repubblica, con suo decreto, ha tagliato stipendi e cumuli per tutti i dipendenti del Quirinale, compreso il suo.
Dunque se si vuole gli organi costituzionali come se li sono accaparrati (rubati) tanti privilegi possono anche toglierseli e restituire il mal tolto. e non solo per il futuro, ma cominciando dal presente ed andando anche al passato, andando a toccare i beneficiari, alcuni - forse troppi- insospettabili. E che, sebbene parlino ogni giorno su tutto e tutti, taluni scrivendo sui giornali e pontificando anche sul pontefice, altri in tv interpellati perfino sul colore della m... l'argomento vitalizio del quale beneficiano solo perchè sono stati in Parlamento per una sola legislatura, nel secolo scorso, continuano a percepire il vitalizio che loro schifano al punto che uno di tali maestri, Cacciari, interpellato da 'Libero' che sta dando addosso agli altri, ha risposto nella nobile lingua di Dante: che cazzo me ne frega a me del vitalizio. Che comunque riceve.(Se cominciassero a rinunciarvi loro e ad invitare gli altri a fare altrettanto, saremmo già a buon punto. Ma loro non lo faranno mai, questi profeti moderni).
Fra i casi più eclatanti quello di Eugenio Scalfari, ricchisimo giornalista, fondatore di Repubblica, ma prima anche direttore ecc... ecc... oggi patriarca riconosciuto del giornalismo italiano, anche per la veneranda età, che forse da più di quarant'anni percepisce il suo vitalizio, avendo accumulato una somma che supera di gran lunga i versamenti fatti nel corso del suo mandato parlamentare, poco più di 60.000 Euro, e che fino ad oggi ha ricevuto oltre 1.200.000 Euro.
Dunque anche Scalfari, il ricco e potente giornalista, da quarant'anni lo mantiene in parte la comunità di cittadini. Non ha mai pensato barbapapà che sarebbe stato morale rinunciarvi? Lui forse obietterà che da quel vitalizio ha tirato fuori per anni la paghetta per le sue due figliole, prima che le sistemasse, una al telegiornale di mitraglietta e l'altra alla agenzia fotografica che lavorava anche per il suo giornale. Ma basta?
No, ma lui su questo argomento non vuole sentire ragioni. Perchè dovrebbe rinunciarvi? Già perchè dovrebbe? Solo perchè è un furto. E che rubino in tanti non giustifica nessuno. Non lo fa neppure oggi dietro la spinta di tanti cittadini che ritenendosi dei benestantti, a causa della loro pensione che supera, al netto, i 2000 Euro, hanno dichiarato, anche sulla sua 'Repubblica' che rinunciano, per il BENE del PAESE, alla rivalutazione sancita dalla Consulta che sta mettendo in ginocchio il paese, come vogliono gli amici di Berlusca e Salvini ed anche Grillo, per i quali se si va tutti a fondo non importa, perchè servirà a prendere il potere per Grillo e Salvini, o per tornarci al potere, nel caso di Berlusconi, che ancora ci pensa e nel frattempo manda avanti il suo capetto veneziano con casa anche in riviera amalfitana e altrove, Brunetta.
I quali tutti si sbracciano dicendo che stanno svolgendo un compito importante per il paese e che per questo vengono ora ed in eterno compensati e vitalizzati. Non è che il ruolo o compito più importante lo stanno svolgendo per loro stessi, per i loro interessi?
Fa un certo effetto vedere in tv, quasi ogni giorno, parlamentari o consiglieri regionali o sindaci, di ambo i sessi, che hanno subito vistosissime trasformazioni anche esterior i- vestono tutti griffati - da burini quali erano ai primi tempi. Ci hanno colpito in passato i gemelli ai polsi di Fiorito, o le 'mise', ogni giorno diverse e sempre più di qualità delle varie Polverini o Gelmini, tanto per citarne due che non ci vanno per nulla a genio, che prima delle loro carriere politiche sembravano, per come vestivano, delle poverette ed ora vogliono far vedere a tutti come si diventa, con i soldi pubblici, dei signori o delle signore.
Dunque se si vuole gli organi costituzionali come se li sono accaparrati (rubati) tanti privilegi possono anche toglierseli e restituire il mal tolto. e non solo per il futuro, ma cominciando dal presente ed andando anche al passato, andando a toccare i beneficiari, alcuni - forse troppi- insospettabili. E che, sebbene parlino ogni giorno su tutto e tutti, taluni scrivendo sui giornali e pontificando anche sul pontefice, altri in tv interpellati perfino sul colore della m... l'argomento vitalizio del quale beneficiano solo perchè sono stati in Parlamento per una sola legislatura, nel secolo scorso, continuano a percepire il vitalizio che loro schifano al punto che uno di tali maestri, Cacciari, interpellato da 'Libero' che sta dando addosso agli altri, ha risposto nella nobile lingua di Dante: che cazzo me ne frega a me del vitalizio. Che comunque riceve.(Se cominciassero a rinunciarvi loro e ad invitare gli altri a fare altrettanto, saremmo già a buon punto. Ma loro non lo faranno mai, questi profeti moderni).
Fra i casi più eclatanti quello di Eugenio Scalfari, ricchisimo giornalista, fondatore di Repubblica, ma prima anche direttore ecc... ecc... oggi patriarca riconosciuto del giornalismo italiano, anche per la veneranda età, che forse da più di quarant'anni percepisce il suo vitalizio, avendo accumulato una somma che supera di gran lunga i versamenti fatti nel corso del suo mandato parlamentare, poco più di 60.000 Euro, e che fino ad oggi ha ricevuto oltre 1.200.000 Euro.
Dunque anche Scalfari, il ricco e potente giornalista, da quarant'anni lo mantiene in parte la comunità di cittadini. Non ha mai pensato barbapapà che sarebbe stato morale rinunciarvi? Lui forse obietterà che da quel vitalizio ha tirato fuori per anni la paghetta per le sue due figliole, prima che le sistemasse, una al telegiornale di mitraglietta e l'altra alla agenzia fotografica che lavorava anche per il suo giornale. Ma basta?
No, ma lui su questo argomento non vuole sentire ragioni. Perchè dovrebbe rinunciarvi? Già perchè dovrebbe? Solo perchè è un furto. E che rubino in tanti non giustifica nessuno. Non lo fa neppure oggi dietro la spinta di tanti cittadini che ritenendosi dei benestantti, a causa della loro pensione che supera, al netto, i 2000 Euro, hanno dichiarato, anche sulla sua 'Repubblica' che rinunciano, per il BENE del PAESE, alla rivalutazione sancita dalla Consulta che sta mettendo in ginocchio il paese, come vogliono gli amici di Berlusca e Salvini ed anche Grillo, per i quali se si va tutti a fondo non importa, perchè servirà a prendere il potere per Grillo e Salvini, o per tornarci al potere, nel caso di Berlusconi, che ancora ci pensa e nel frattempo manda avanti il suo capetto veneziano con casa anche in riviera amalfitana e altrove, Brunetta.
I quali tutti si sbracciano dicendo che stanno svolgendo un compito importante per il paese e che per questo vengono ora ed in eterno compensati e vitalizzati. Non è che il ruolo o compito più importante lo stanno svolgendo per loro stessi, per i loro interessi?
Fa un certo effetto vedere in tv, quasi ogni giorno, parlamentari o consiglieri regionali o sindaci, di ambo i sessi, che hanno subito vistosissime trasformazioni anche esterior i- vestono tutti griffati - da burini quali erano ai primi tempi. Ci hanno colpito in passato i gemelli ai polsi di Fiorito, o le 'mise', ogni giorno diverse e sempre più di qualità delle varie Polverini o Gelmini, tanto per citarne due che non ci vanno per nulla a genio, che prima delle loro carriere politiche sembravano, per come vestivano, delle poverette ed ora vogliono far vedere a tutti come si diventa, con i soldi pubblici, dei signori o delle signore.
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domenica 17 maggio 2015
Riotta che la butta in vacca in 'Eco della storia', mentre parla della Scala
Cercando cercando di leggere qualcosa su CO2 di Battistelli, andato in scena sabato scorso alla Scala, ci imbattiamo in una puntata di 'Eco della Storia', programma di 'Rai Storia', andato in onda alla vigilia della passata inaugurazione scaligera con il Fidelio di Beethoven. Che c'entra Beethoven con Battistelli oltre l'iniziale del cognome che è lo stesso? Nulla. C'entra solo perchè in quella puntata Riotta interpella Battistelli, compositore d'oggi, che proprio in questa stagione sarebbe approdato con la sua nuova opera nel teatro che rappresenta la più alta conquista per un musicista che scrive opere teatrali, o melodrammi come si chiamavano un tempo.
In studio con Riotta c'è Guido Cranz, professore di Storia contemporanea che , più di Riotta, ha da dire e dice cose interessanti sul teatro milanese e su ciò che esso ha rappresentato per Milano, la società milanese e per la storia dell'opera.
Cranz sottolinea la rivoluzione che l'arrivo di Toscanini, seconda dopo Verdi, porta nel tempio milanese del melodramma, trasformandolo da luogo di ritrovo a luogo di ascolto.
Poi, lui, il giornalista 'amerecano' esordisce dicendo che come i giovani amerebbero spiare ciò che avviene dietro le quinte dei loro divi - lui usa ovviamente un termine 'amerecano' che pronuncia all'amarecana - anche i melomani amerebbero spiare ciò che si muove dietro il sipario della Scala. E noi ci siamo andati .
Non è vero, naturalmente. Perchè come in tutti gli altri documenti video offerti al telespettatore, alcuni importanti, altri nel solco della banalità e luogo comune, la trasmissione attinge alle Teche Rai che contengono materiali preziosissimi. E difatti uno di essi ci porta nei luoghi, specie i vari laboratori, in cui si prepara lo spettacolo fino alla prova generale.
Terminato il bel documento, Riotta, la butta in vacca. Ed ora - aggiunge - dopo che abbiamo visto quali ore febbrili si vivano in teatro alla vigilia della prima, andiamo a vedere che cosa accade alla vigilia di una prima scaligera - e quella di sant'Ambrogio è naturalmente la 'prima delle prime' - nei salotti milanesi
Lui pensa così di essere popolare. A noi invece ha suggerito il classico." ecchissenefrega...".
In studio con Riotta c'è Guido Cranz, professore di Storia contemporanea che , più di Riotta, ha da dire e dice cose interessanti sul teatro milanese e su ciò che esso ha rappresentato per Milano, la società milanese e per la storia dell'opera.
Cranz sottolinea la rivoluzione che l'arrivo di Toscanini, seconda dopo Verdi, porta nel tempio milanese del melodramma, trasformandolo da luogo di ritrovo a luogo di ascolto.
Poi, lui, il giornalista 'amerecano' esordisce dicendo che come i giovani amerebbero spiare ciò che avviene dietro le quinte dei loro divi - lui usa ovviamente un termine 'amerecano' che pronuncia all'amarecana - anche i melomani amerebbero spiare ciò che si muove dietro il sipario della Scala. E noi ci siamo andati .
Non è vero, naturalmente. Perchè come in tutti gli altri documenti video offerti al telespettatore, alcuni importanti, altri nel solco della banalità e luogo comune, la trasmissione attinge alle Teche Rai che contengono materiali preziosissimi. E difatti uno di essi ci porta nei luoghi, specie i vari laboratori, in cui si prepara lo spettacolo fino alla prova generale.
Terminato il bel documento, Riotta, la butta in vacca. Ed ora - aggiunge - dopo che abbiamo visto quali ore febbrili si vivano in teatro alla vigilia della prima, andiamo a vedere che cosa accade alla vigilia di una prima scaligera - e quella di sant'Ambrogio è naturalmente la 'prima delle prime' - nei salotti milanesi
Lui pensa così di essere popolare. A noi invece ha suggerito il classico." ecchissenefrega...".
Su CO2 di Battistelli, visto ieri alla Scala, silenzio di tomba sui giornali e in tv.
Sembra una congiura ai danni di Battistelli e della sua costosissima opera, ieri in prima assoluta alla Scala, finanziata da una nota ditta di acque minerali che di CO2 fa largo uso. Oggi neanche una riga sui giornali, per quanto abbiamo cercato e cercato sui maggiori quotidiani italiani. E neppure una sila parola nei telegiornali che largo anzi larghissimo hanno riservato tutti all'unisono al nuovo film autobiografico di Moretti accolto entusiasticamente a Cannes; o in trasmissioni cosiddette culturali che invece hanno pensato di sostenere tour e Cd in uscita di Ramazzotti.
Insomma silenzio di tomba. Non sarà che il successo che qualcuno ha sbandierato, successo di pubblico, testimoniato da lunghissimi applausi, sua stato considerato dagli organi di stampa, pilotato o immotivato, e per questo ignorato, salvo ravvedimenti nei prossimi giorni?
Neanche una riga neppure sul Domenicale del Sole 24 ore, dove avranno ragionato in questa maniera. Perchè parlare gratuitamente di musica( la nuova opera di Battistelli), quando invece possiamo farlo, cambiando argomento ma sempre restando in ambito musicale, dietro pagamento( Festival di Ravenna)? E così hanno scelto, eliminando la tradizionale pagina dedicata alla musica dell'edizione dimenicale.
Insomma silenzio di tomba. Non sarà che il successo che qualcuno ha sbandierato, successo di pubblico, testimoniato da lunghissimi applausi, sua stato considerato dagli organi di stampa, pilotato o immotivato, e per questo ignorato, salvo ravvedimenti nei prossimi giorni?
Neanche una riga neppure sul Domenicale del Sole 24 ore, dove avranno ragionato in questa maniera. Perchè parlare gratuitamente di musica( la nuova opera di Battistelli), quando invece possiamo farlo, cambiando argomento ma sempre restando in ambito musicale, dietro pagamento( Festival di Ravenna)? E così hanno scelto, eliminando la tradizionale pagina dedicata alla musica dell'edizione dimenicale.
Piero Marrazzo, vitello grasso a spese della regione Lazio.
Il Giornale ha fatto i conti: Piero Marrazzo, campione di indegnità, costretto a dimettersi perchè frequentava abitualmente dei trans utilizzando macchine di servizio e scorta, ed anche perchè lo avevano incastrato con droga fatta trovare nell''appartamento di uno dei trans di più assidua frequenza, per i meriti conquistati con questo suo comportamento, da anni percepisce una pensione di oltre 3.000 Euro mensili. In cinque anni di pensione - da tanto la percepisce - ha RUBATO allo Stato oltre 200.000 Euro, cinque volte i miseri contributi versati. E di questo certamente lui non si vergogna, lo facciamo noi per lui, ma a lui frega poco, anzi niente.
Ma al di là di questi ragioneristici conteggi, resta il fatto che un indegno cittadino, che doveva sentirsi onorato di rappresentare lo Stato in Regione e comportarsi di conseguenza, ha infangato il suo nome e quello della carica, e nonostante tutto, viene pensionato da subito, e poi richiamato in RAI con tante scuse, dove naturalmente ha uno stipendio di tutto rispetto. Capite, come vanno le cose in Italia?
I casi Fiorito non sono i soli, ma nesusno fa nulla. A Marrazzo dopo l'intervemto del TAR del Lazio sui vitalizi, non gli si può togliere il suo, perchè non se lo merita e perchè pochissimo ha versato in rappooto per meritarselo. No, sembra rispondere anche Marrazzo contento di prendere per i fondelli il paese. Ecco perchè il mondo della politica fa schifo. e non si merita niente.
Ma al di là di questi ragioneristici conteggi, resta il fatto che un indegno cittadino, che doveva sentirsi onorato di rappresentare lo Stato in Regione e comportarsi di conseguenza, ha infangato il suo nome e quello della carica, e nonostante tutto, viene pensionato da subito, e poi richiamato in RAI con tante scuse, dove naturalmente ha uno stipendio di tutto rispetto. Capite, come vanno le cose in Italia?
I casi Fiorito non sono i soli, ma nesusno fa nulla. A Marrazzo dopo l'intervemto del TAR del Lazio sui vitalizi, non gli si può togliere il suo, perchè non se lo merita e perchè pochissimo ha versato in rappooto per meritarselo. No, sembra rispondere anche Marrazzo contento di prendere per i fondelli il paese. Ecco perchè il mondo della politica fa schifo. e non si merita niente.
sabato 16 maggio 2015
CO2 di Giorgio Battistelli, alla Scala di Milano. Prima assoluta. Dopo l'ascolto, senza visione, del nuovo film-documentario con robusta colonna sonora.
Il titolo di un celebre ironico lavoro operistico del passato: 'Prima la musica poi le parole' - del genere, sempreverde, 'teatro nel teatro' - può sinteticamente raccontare le vicende alle quali è andato soggetto il nuovo lavoro di teatro musicale di Giorgio Battistelli, CO2, andato in scena ieri sera alla Scala di Milano, in prima assoluta e salutato, da quel che assicurano le prime agenzie, da dieci minuti di applausi, e che noi abbiamo ascoltato alla radio ( diretta su Radio 3) per una metà circa.
La commissione a Battistelli gliela rivolse Lissner nel 2007, dunque quasi otto anni fa. Battistelli che si mise subito al lavoro, ha raccontato come sono poi andate le cose, spiegando le ragioni del grande ritardo con cui l'opera è approdata in palcoscenico.
Battistelli era interessato, all'epoca anche lui, alle sorti disastrate della terra - come vanno dicendo gli scienziati e come aveva già scritto allora Al Gore, nel suo libro 'Una scomoda verità'. L'argomento lo appassionava al punto che si spinse ad indicare proprio in tale tragica sorte il soggetto dell'opera.
Comincia a lavorare - è sempre Battistelli che lo racconta - assieme al librettista McClatchy ed al regista Friedkind - quello dell'Esorcista per intenderci - ma poi tale sodalizio si rompe: " quando il mio lavoro di composizione era già molto avanzato ci sono stati attriti tra regista e librettista ed è saltato tutto".
Cambio di squadra ma non di soggetto, mentre il compositore continua a lavorare; subentra Robert Lepage, " con cui abbiamo lavorato per due anni con anche simulazioni di quella che sarebbe stata l'opera". Ed intanto il compositore proseguiva il suo lavoro. Dopo due anni anche questo secondo sodalizio si rompe, per gli eccessivi costi della regia e messinscena di Robert Lepage. Ma perchè quello di Carsem risulta poi così economico?
Ancora un cambio di squadra. Battistelli che ormai doveva quasi aver terminato il suo lavoro o comunque essere a buon punto, incontra la nuova squadra che sarà poi quella definitiva: Robert Carsen, regista, e Ian Burton librettista, con il quale aveva già lavorato per il suo 'Riccardo III'.
Per le ragioni espresse dallo stesso musicista, quel 'prima la musica poi le parole' che intendeva irridere e prendere di mira un modo di comporre libretto e musica illogico, per il fatto di essere antimusicale ed anti drammaturgico, ci è sembrato efficace ad esprimere la vicenda compositiva di CO2.
Ma Battistelli ha già risposto ad una simile obiezione: " la musica è nata in modo insolito, per 'visioni', con di 'commento' o di 'allusione ' al testo che è arrivato, al contrario di quanto si possa immaginare, buon ultimo sulla scrivania del compositore. Ma allora il compositore deve avere un'idea molto personale sull'opera al tempo del pianeta in via d'estinzione? "Sono stato da sempre un anti-antiopera - ha dichiarato - e un apostolo delle forme musicali e non della ricerca di suoni e tecniche in sè". E lo stile impiegato?
" Se non nuoce alle identità e non è banale eclettismo, anche in musica la globalizzazione è ricchezza"; in natura no, se si pensa ai guai del pianeta, tema centrale di CO2.
E così fra mille travagli ed anche non poche contraddizioni Battistelli, Burton e Carsen hanno generato CO2.
Per la quale, anche se non ai livelli pretesi da Robert Lepage, La Scala deve aver speso abbastanza per la ricchezza strumentale, il cast numerosissimo, il coro aggiunto di voci bianche e le proiezioni e le mille altre diavolerie tecniche, delle quali la nostra 'visione' radiofonica non ha potuto beneficiare, e dalle quali, crediamo, il pubblico essere rimasto abbagliato, più che per l'argomento assai poco incline ad abitare un palcoscenico, o per lo stile di canto adatto a qualunque soggetto e qualunque testo - buono per tutto e perciò per nulla.
Il libretto vorrebbe essere una sorta di Bibbia, riscritta al tempo del protocollo di Kyoto, giacchè dopo l'inutile pesante proclama di apertura dello scienziato 'pazzo' Adamson (figlio di Adamo), si parte dalla creazione del mondo (e qui le citazioni letterali della celebre e certamente più efficace 'Creazione di Haydn' sono evidenti, con quell'esplosione dal 'caos alla creazione') dell'uomo e della donna, con divagazione sul bel serpente tentatore, per arrivare alla denuncia dei tradimenti con cui l'uomo ha compensato l'accogliente e ricco pianeta che gli è stato affidato come dimora, fino alla minacciata 'apocalisse' finale con gli arcangeli d'ordinanza.
Anche l'argomento, oggi giustamente 'à la page' - non Lepage - del cibo a km.zero, per una strizzatina d'cchio, ben accetta, ai temi dell'EXPO - Battistelli in ciò è abilissimo! - ci fa sorbire un lungo elenco di prodotti importati da paesi lontanissimi, simile al catalogo di un qualunque importatore di frutta e verdura ecc...
La curiosità di aggiungere un nuovo tassello alla conoscenza dell'opera di Battistelli, e solo quella, ci ha fatti resistere per una quarantina di minuti circa all'ascolto radiofonico dell'opera.
Di Battistelli abbiamo ascoltato e soprattutto visto, fino ad oggi, molti lavori, quasi sempre costruiti abilmente sulla trama ed anche sulle immagini - di film celebri, da 'Miracolo a Milano' e 'Prova d'orchestra', al 'Medico dei pazzi' che non abbiamo ancora visto, ma che è programmato, per l'esordio italiano, nella prossima stagione alla Fenice di Venezia; ed anche questo - per non sbagliarsi - da Scarpetta autore della commedia a Totò, protagonista del film omonimo.
C'è forse una differenza non da poco, in ordine alle possibili riprese di CO2 in altre parti del mondo e da altri teatri, come l'uso di varie lingue anche antiche, ma con prevalenza dell'inglese, lascerebbe sperare, almeno nelle intenzioni del compositore.
Le altre sue precedenti opere sono quasi sempre del genere che si direbbe 'da camera' , almeno in relazione al palcoscenico, mentre CO2 fa leva, per una sua positiva accoglienza, su una massa di interpreti e molto altro ancora, come abbiamo sopra accennato. Ed è proprio ciò che lo lo rende quasi irricevibile ed inappetibile da altri teatri, salvo che non venga finanziato da qualche azienda, di quelle che avendo la colpa della deleteria produzione di CO2, pensano di mettersi in pace la coscienza finanziando la messinscena dell'atto di accusa di Battistelli.( E' già accaduto alla prima scaligera, quando per sopperire ai costi dell'opera di Battistelli dove giganteggia l'anidride carbonica, è intervenuta la Ferrarelle che di anidride carbonica - CO2 - fa largo uso, per produrre acqua frizzante).
Al termine dell'ascolto, sebbene parziale, di CO2, restiamo ancor più convinti che il meglio di sè - e può bastare una sola opera per accreditare un compositore - Battistelli l'ha dato con Experimentum mundi', opera d'esordio, nella quale le sue intenzioni si sono meravigliosamente sposate con la realizzazione, e dove l'ingegno è andato a braccetto con l'espressione e che - udite udite- sarebbe stato bello rappresentare alla Scala, in occasione dell'EXPO.
Perchè il soggetto di quel suo singolare lavoro che ha già fatto il giro del mondo, letteralmente, messo in scena dagli artigiani del suo borgo natio, Albano laziale - del quale fra breve Battistelli si candiderà a sindaco, perchè è giunto il momento che l'artista si sporchi le mani, lottando per un mondo migliore ed una migliore destinazione del pianeta, come ha dichiarato per fini elettorali - prefigurava, sulla scorta della famosa 'enciclopedia' francese, la costruzione di un mondo, musica compresa, migliore. Anche attraverso la 'ricerca di suoni e di tecniche in sè' alle quali Battistelli giovane credeva ed era interessato, ed ora non più.
P.S. Chi volesse documentarsi su un possibile diverso trattamento artistico dello steso tema - l'ecosistema - cerchi il famoso film documentario del 1992, senza dialoghi e di sole immagini - finanziato interamente dal gioielliere Bulgari, e realizzato dal celebre regista Godfrey Reggio, con la efficacissima, seppure minimale, musica di Philip Glass.
La commissione a Battistelli gliela rivolse Lissner nel 2007, dunque quasi otto anni fa. Battistelli che si mise subito al lavoro, ha raccontato come sono poi andate le cose, spiegando le ragioni del grande ritardo con cui l'opera è approdata in palcoscenico.
Battistelli era interessato, all'epoca anche lui, alle sorti disastrate della terra - come vanno dicendo gli scienziati e come aveva già scritto allora Al Gore, nel suo libro 'Una scomoda verità'. L'argomento lo appassionava al punto che si spinse ad indicare proprio in tale tragica sorte il soggetto dell'opera.
Comincia a lavorare - è sempre Battistelli che lo racconta - assieme al librettista McClatchy ed al regista Friedkind - quello dell'Esorcista per intenderci - ma poi tale sodalizio si rompe: " quando il mio lavoro di composizione era già molto avanzato ci sono stati attriti tra regista e librettista ed è saltato tutto".
Cambio di squadra ma non di soggetto, mentre il compositore continua a lavorare; subentra Robert Lepage, " con cui abbiamo lavorato per due anni con anche simulazioni di quella che sarebbe stata l'opera". Ed intanto il compositore proseguiva il suo lavoro. Dopo due anni anche questo secondo sodalizio si rompe, per gli eccessivi costi della regia e messinscena di Robert Lepage. Ma perchè quello di Carsem risulta poi così economico?
Ancora un cambio di squadra. Battistelli che ormai doveva quasi aver terminato il suo lavoro o comunque essere a buon punto, incontra la nuova squadra che sarà poi quella definitiva: Robert Carsen, regista, e Ian Burton librettista, con il quale aveva già lavorato per il suo 'Riccardo III'.
Per le ragioni espresse dallo stesso musicista, quel 'prima la musica poi le parole' che intendeva irridere e prendere di mira un modo di comporre libretto e musica illogico, per il fatto di essere antimusicale ed anti drammaturgico, ci è sembrato efficace ad esprimere la vicenda compositiva di CO2.
Ma Battistelli ha già risposto ad una simile obiezione: " la musica è nata in modo insolito, per 'visioni', con di 'commento' o di 'allusione ' al testo che è arrivato, al contrario di quanto si possa immaginare, buon ultimo sulla scrivania del compositore. Ma allora il compositore deve avere un'idea molto personale sull'opera al tempo del pianeta in via d'estinzione? "Sono stato da sempre un anti-antiopera - ha dichiarato - e un apostolo delle forme musicali e non della ricerca di suoni e tecniche in sè". E lo stile impiegato?
" Se non nuoce alle identità e non è banale eclettismo, anche in musica la globalizzazione è ricchezza"; in natura no, se si pensa ai guai del pianeta, tema centrale di CO2.
E così fra mille travagli ed anche non poche contraddizioni Battistelli, Burton e Carsen hanno generato CO2.
Per la quale, anche se non ai livelli pretesi da Robert Lepage, La Scala deve aver speso abbastanza per la ricchezza strumentale, il cast numerosissimo, il coro aggiunto di voci bianche e le proiezioni e le mille altre diavolerie tecniche, delle quali la nostra 'visione' radiofonica non ha potuto beneficiare, e dalle quali, crediamo, il pubblico essere rimasto abbagliato, più che per l'argomento assai poco incline ad abitare un palcoscenico, o per lo stile di canto adatto a qualunque soggetto e qualunque testo - buono per tutto e perciò per nulla.
Il libretto vorrebbe essere una sorta di Bibbia, riscritta al tempo del protocollo di Kyoto, giacchè dopo l'inutile pesante proclama di apertura dello scienziato 'pazzo' Adamson (figlio di Adamo), si parte dalla creazione del mondo (e qui le citazioni letterali della celebre e certamente più efficace 'Creazione di Haydn' sono evidenti, con quell'esplosione dal 'caos alla creazione') dell'uomo e della donna, con divagazione sul bel serpente tentatore, per arrivare alla denuncia dei tradimenti con cui l'uomo ha compensato l'accogliente e ricco pianeta che gli è stato affidato come dimora, fino alla minacciata 'apocalisse' finale con gli arcangeli d'ordinanza.
Anche l'argomento, oggi giustamente 'à la page' - non Lepage - del cibo a km.zero, per una strizzatina d'cchio, ben accetta, ai temi dell'EXPO - Battistelli in ciò è abilissimo! - ci fa sorbire un lungo elenco di prodotti importati da paesi lontanissimi, simile al catalogo di un qualunque importatore di frutta e verdura ecc...
La curiosità di aggiungere un nuovo tassello alla conoscenza dell'opera di Battistelli, e solo quella, ci ha fatti resistere per una quarantina di minuti circa all'ascolto radiofonico dell'opera.
Di Battistelli abbiamo ascoltato e soprattutto visto, fino ad oggi, molti lavori, quasi sempre costruiti abilmente sulla trama ed anche sulle immagini - di film celebri, da 'Miracolo a Milano' e 'Prova d'orchestra', al 'Medico dei pazzi' che non abbiamo ancora visto, ma che è programmato, per l'esordio italiano, nella prossima stagione alla Fenice di Venezia; ed anche questo - per non sbagliarsi - da Scarpetta autore della commedia a Totò, protagonista del film omonimo.
C'è forse una differenza non da poco, in ordine alle possibili riprese di CO2 in altre parti del mondo e da altri teatri, come l'uso di varie lingue anche antiche, ma con prevalenza dell'inglese, lascerebbe sperare, almeno nelle intenzioni del compositore.
Le altre sue precedenti opere sono quasi sempre del genere che si direbbe 'da camera' , almeno in relazione al palcoscenico, mentre CO2 fa leva, per una sua positiva accoglienza, su una massa di interpreti e molto altro ancora, come abbiamo sopra accennato. Ed è proprio ciò che lo lo rende quasi irricevibile ed inappetibile da altri teatri, salvo che non venga finanziato da qualche azienda, di quelle che avendo la colpa della deleteria produzione di CO2, pensano di mettersi in pace la coscienza finanziando la messinscena dell'atto di accusa di Battistelli.( E' già accaduto alla prima scaligera, quando per sopperire ai costi dell'opera di Battistelli dove giganteggia l'anidride carbonica, è intervenuta la Ferrarelle che di anidride carbonica - CO2 - fa largo uso, per produrre acqua frizzante).
Al termine dell'ascolto, sebbene parziale, di CO2, restiamo ancor più convinti che il meglio di sè - e può bastare una sola opera per accreditare un compositore - Battistelli l'ha dato con Experimentum mundi', opera d'esordio, nella quale le sue intenzioni si sono meravigliosamente sposate con la realizzazione, e dove l'ingegno è andato a braccetto con l'espressione e che - udite udite- sarebbe stato bello rappresentare alla Scala, in occasione dell'EXPO.
Perchè il soggetto di quel suo singolare lavoro che ha già fatto il giro del mondo, letteralmente, messo in scena dagli artigiani del suo borgo natio, Albano laziale - del quale fra breve Battistelli si candiderà a sindaco, perchè è giunto il momento che l'artista si sporchi le mani, lottando per un mondo migliore ed una migliore destinazione del pianeta, come ha dichiarato per fini elettorali - prefigurava, sulla scorta della famosa 'enciclopedia' francese, la costruzione di un mondo, musica compresa, migliore. Anche attraverso la 'ricerca di suoni e di tecniche in sè' alle quali Battistelli giovane credeva ed era interessato, ed ora non più.
P.S. Chi volesse documentarsi su un possibile diverso trattamento artistico dello steso tema - l'ecosistema - cerchi il famoso film documentario del 1992, senza dialoghi e di sole immagini - finanziato interamente dal gioielliere Bulgari, e realizzato dal celebre regista Godfrey Reggio, con la efficacissima, seppure minimale, musica di Philip Glass.
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venerdì 15 maggio 2015
Ancora per il capitolo: grandi quotidiani. 'Romaeuropa da trent'anni il Festival contemporaneo' scrive Di Giammarco
Intendiamoci Rodolfo Di Giammarco su Repubblica ha fatto bene a sottolineare l'anniversario e la notizia che il programma verrà annunciato quando sarà; ha fatto benissimo a rinfrescare la memoria di quanti, soprattutto i pubblici poteri, mettono mano al portafoglio 'pubblico' e sganciano gli Euro, e e che ora, senza la sveglia di Repubblica, potrebbero dimenticarsi che esiste il Romaeuropa Festival e magari pure di destinargli dei fondi, sebbene sempre meno.
Ma che dice Di Giammarco? Come ci si può dimenticare del Romaeuropa Festival? E poi anche della coppia, artistica, che da trent'anni lo gestisce, Veaute-Grifasi, senza alti e bassi - ma sempre e solo alti?
Il sindaco Marino che quest'anno ancora una volta ha tagliato i fondi destinati anche a festival storici della Capitale, soprattutto quelli estivi, forse per quelli autunnali farà un altro bando e, zitto zitto, i soldi li troverà per il Festival di Veaute-Grifasi.
Per il Ministero non ci dovrebbero essere problemi, la presenza nel FUS, al capitolo festival, di RomaEuropa è presenza consolidata. E poi Monique Veaute può sempre far intervenire, per intercedere presso Nastasi, la presidente del MAXXI, di cui è consigliera di amministrazione, quella Giovanna Melandri, imparentata con il 'grande & grosso' direttore generale.
Perciò un festival che, nonostante le tempeste continue, viaggia tranquillo e sicuro. Merito soprattutto dei suoi organizzatori che sono sopravvissuti ad ogni tempesta, da trent'anni a questa parte, e di tempeste ve ne sono state, senza mai un dubbio sulle persone al comando e sulla rotta da seguire: la modernità. E, del resto, squadra che supera il mare in burrasca, perchè cambiarla? In fondo si tratta di una squadra ancora giovane, trent'anni appena di navigazione.
Chi non ne è convinto, a differenza di noi che convinti lo siamo sempre stati, può leggersi e rileggersi il panegirico di Di Giammarco, inutile, e se ne convincerà anche lui. Decidendo di salire sulla nave del Romaeuropa che salperà a fine settembre (il 23, una notizia!), toccherà ben 15 'porti' della Capitale, e tornerà in secca soltanto l'8 dicembre, in concomitanza con la inaugurazione del Giubileo della Misericordia annunciato ed indetto da Papa Francesco. E sarà anche quest'anno un bel viaggio. Di Giammarco non conosce ancora il programma, ma sul 'bel viaggio' non nutre comunque dubbi. E l'8 dicembre, se vorrà, RomaEuropa potrà presentarsi in ginocchio alla Porta Santa per farsi perdonare i peccati. Che non ha.
Ma che dice Di Giammarco? Come ci si può dimenticare del Romaeuropa Festival? E poi anche della coppia, artistica, che da trent'anni lo gestisce, Veaute-Grifasi, senza alti e bassi - ma sempre e solo alti?
Il sindaco Marino che quest'anno ancora una volta ha tagliato i fondi destinati anche a festival storici della Capitale, soprattutto quelli estivi, forse per quelli autunnali farà un altro bando e, zitto zitto, i soldi li troverà per il Festival di Veaute-Grifasi.
Per il Ministero non ci dovrebbero essere problemi, la presenza nel FUS, al capitolo festival, di RomaEuropa è presenza consolidata. E poi Monique Veaute può sempre far intervenire, per intercedere presso Nastasi, la presidente del MAXXI, di cui è consigliera di amministrazione, quella Giovanna Melandri, imparentata con il 'grande & grosso' direttore generale.
Perciò un festival che, nonostante le tempeste continue, viaggia tranquillo e sicuro. Merito soprattutto dei suoi organizzatori che sono sopravvissuti ad ogni tempesta, da trent'anni a questa parte, e di tempeste ve ne sono state, senza mai un dubbio sulle persone al comando e sulla rotta da seguire: la modernità. E, del resto, squadra che supera il mare in burrasca, perchè cambiarla? In fondo si tratta di una squadra ancora giovane, trent'anni appena di navigazione.
Chi non ne è convinto, a differenza di noi che convinti lo siamo sempre stati, può leggersi e rileggersi il panegirico di Di Giammarco, inutile, e se ne convincerà anche lui. Decidendo di salire sulla nave del Romaeuropa che salperà a fine settembre (il 23, una notizia!), toccherà ben 15 'porti' della Capitale, e tornerà in secca soltanto l'8 dicembre, in concomitanza con la inaugurazione del Giubileo della Misericordia annunciato ed indetto da Papa Francesco. E sarà anche quest'anno un bel viaggio. Di Giammarco non conosce ancora il programma, ma sul 'bel viaggio' non nutre comunque dubbi. E l'8 dicembre, se vorrà, RomaEuropa potrà presentarsi in ginocchio alla Porta Santa per farsi perdonare i peccati. Che non ha.
Grandi quotidiani. Dal Messaggero una di quelle notizie che ti possono cambiare la vita
Titolo: Mahler. Occhiello: Il meglio. Testo: La GRANDE musica sinfonica arriva al Palladium. Alle 20.30 l'orchestra sinfonica NEON ENSEMBLE diretta da BAS BIJVOET esegue la Sinfonia n.4 di Mahler nell'ambito della stagione di SPETTACOLI promossa dall'Università Roma Tre.
Informazioni di servizio:Teatro Palladium, ore 20.30. L'ingresso è gratuito fino ad esaurimento posti. Firma: LUCA DELLA LIBERA.
Non è una GRANDE notizia? GRANDE quanto la GRANDE musica sinfonica? sotto i riflettori al NEON, dell' ENSEMBLE? uno SPETTACOLO, senza aggettivo, per i frequentatori del PALLADIUM?
E c'è pure la firma!
P.S. La notizia, stesso identico testo, si legge anche su 'Roma Today'. L'avranno copiata dal Messaggero; dal quale sicuramente hanno copiato ' la GRANDE musica sinfonica' per la 'stagione di Spettacoli' - sebbene si tratti dio un concerto in piena regola.
Informazioni di servizio:Teatro Palladium, ore 20.30. L'ingresso è gratuito fino ad esaurimento posti. Firma: LUCA DELLA LIBERA.
Non è una GRANDE notizia? GRANDE quanto la GRANDE musica sinfonica? sotto i riflettori al NEON, dell' ENSEMBLE? uno SPETTACOLO, senza aggettivo, per i frequentatori del PALLADIUM?
E c'è pure la firma!
P.S. La notizia, stesso identico testo, si legge anche su 'Roma Today'. L'avranno copiata dal Messaggero; dal quale sicuramente hanno copiato ' la GRANDE musica sinfonica' per la 'stagione di Spettacoli' - sebbene si tratti dio un concerto in piena regola.
Che c'entra Bonolis con l'Arena di Verona? E Mazzi? Basta il fatto che sia veronese come l'Arena?
L'invito alla conferenza stampa di presentazione del prossimo Festival areniano di Verona, estate 2015, annuncia fra i protagonisti di tale incontro stampa anche Paolo Bonolis, l'eroe della serata milanese da Piazza Duomo, trasmessa in mondovisione, per l'inaugurazione dell'Expo, essendogli state evidentemente perdonate tutte le banalità, e volgarità e stupidaggini che è stato capace di lanciare al pubblico che purtroppo accetta ormai tutto della tv.
C'è, perciò, chi pensa non si sia toccato ancora il fondo. E, per questo, il sovrintendente Girondini, quello a cui Tosi non chiede conto del buco di una venticinquina di milioni di debito - stiamo parlando dell'Arena, il più vasto spazio di spettacolo al mondo - che dovrà ripianare nel corso dei prossimi anni, si fa vanto di avere Bonolis a fianco dell'Arena ( negli anni passati l'Arena aveva come volto immagine quello di Placido Domingo).
A Paolo Bonolis verrà affidata quella porcheria che, negli anni passati, conduceva dall'Arena la pacioccona Antonella Clerici, che quest'anno ha fatto coppia con Bonolis da Piazza Duomo? oppure quell'altra serata inqualificabile - che presumiamo sarà replicata, per il piacere della coppia Tosi-Girondini, della notte sul ghiaccio, con musiche letteralmente massacrate dalle dozzinali coreografie, a favore di telecamere, a mezza strada fra olimpiadi di pattinaggio e giochi sul ghiaccio? Il direttore artistico Paolo Gavazzeni nel frattempo si riposa?
E che farà Gianmarco Mazzi, veronese, in Arena, lui che abita a Sanremo - festival - e che sarebbe fra gli organizzatori del famoso Concerto in Piazza Duomo, insieme a Presta, che ha 'prestato' i due campioni presentatori - Bonolis, Clerici - alla Rai?
C'è, perciò, chi pensa non si sia toccato ancora il fondo. E, per questo, il sovrintendente Girondini, quello a cui Tosi non chiede conto del buco di una venticinquina di milioni di debito - stiamo parlando dell'Arena, il più vasto spazio di spettacolo al mondo - che dovrà ripianare nel corso dei prossimi anni, si fa vanto di avere Bonolis a fianco dell'Arena ( negli anni passati l'Arena aveva come volto immagine quello di Placido Domingo).
A Paolo Bonolis verrà affidata quella porcheria che, negli anni passati, conduceva dall'Arena la pacioccona Antonella Clerici, che quest'anno ha fatto coppia con Bonolis da Piazza Duomo? oppure quell'altra serata inqualificabile - che presumiamo sarà replicata, per il piacere della coppia Tosi-Girondini, della notte sul ghiaccio, con musiche letteralmente massacrate dalle dozzinali coreografie, a favore di telecamere, a mezza strada fra olimpiadi di pattinaggio e giochi sul ghiaccio? Il direttore artistico Paolo Gavazzeni nel frattempo si riposa?
E che farà Gianmarco Mazzi, veronese, in Arena, lui che abita a Sanremo - festival - e che sarebbe fra gli organizzatori del famoso Concerto in Piazza Duomo, insieme a Presta, che ha 'prestato' i due campioni presentatori - Bonolis, Clerici - alla Rai?
Gli hobby di due politici di rango ed in vista: Marino, Gentiloni
'Gioca a tennis con Ermete'. Detto così sembrerebbe una affermazione innocua, od una risposta in bocca ad una persona qualsiasi che racconta cosa fa una terza persona: gioca a tennis con Ermete.
Nel nostro caso non è né un'affermazione, nè una risposta a precisa domanda su terzi, bensì la rivelazione che si legge alla voce 'hobby' in un curriculum di persona assai in vista. Nel suo curriculum ufficiale, il Ministro degli esteri Paolo Gentiloni, annota come suo hobby quello di giocare, si immagina abitualmente, con Ermete a tennis. Ed Ermete, per tutti i milioni di italiani che volessero sapere chi sia, è Ermete Realacci. Dopo di che si capisce dove Gentiloni un tempo certamente di più, ora meno, passa il suo tempo.
La medaglia d'oro settimanale per la più grossa idiozia detta pubblicamente, spetta ad sindaco di Roma, Ignazio Marino, non nuovo a simili imprese, in ogni campo e per tante occasioni.
'Noi a casa con i giornali ci incartiamo il pesce e le uova', sarebbe l'hobby preferito del sindaco di Roma. Questo nobile uso della carta stampata si deve al fatto che nei gironi scorsi si era letto dell'intenzione di nominare un commissario per il Giubileo, visti i disastri che ha procurato in questi anni Marino a Roma. Nomina alla quale Marino già da tempo ha dichiarato la sua congenita allergia.
Il più criticato sindaco di Roma, criticato quanto Alemanno o forse anche un pò di più - che è tutto dire - quando sente parlare di commissari per determinati settori della sua amministrazione, anche in caso di eventi straordinari, va su tutte le furie ed è capace di dire castronerie ancor più grandi di quelle che dice quasi giornalmente, il sindaco 'scaricabarile'.
Fra gli ultimi esempi gli sgomberi annunciati avviati e subito bloccati e , per il settore cultura, il tira e molla giornalisero sull'Estate romana, spalleggiato da quella grande assessora, campionessa di autonomia, che si chiama Giovanna Marinelli.
E con il cervello, il suo, che ci fa il sindaco Marino? Se lo mangia fritto dorato, come solitamente si usa a Roma, oppure se lo beve, come si dice in gergo?
Nel nostro caso non è né un'affermazione, nè una risposta a precisa domanda su terzi, bensì la rivelazione che si legge alla voce 'hobby' in un curriculum di persona assai in vista. Nel suo curriculum ufficiale, il Ministro degli esteri Paolo Gentiloni, annota come suo hobby quello di giocare, si immagina abitualmente, con Ermete a tennis. Ed Ermete, per tutti i milioni di italiani che volessero sapere chi sia, è Ermete Realacci. Dopo di che si capisce dove Gentiloni un tempo certamente di più, ora meno, passa il suo tempo.
La medaglia d'oro settimanale per la più grossa idiozia detta pubblicamente, spetta ad sindaco di Roma, Ignazio Marino, non nuovo a simili imprese, in ogni campo e per tante occasioni.
'Noi a casa con i giornali ci incartiamo il pesce e le uova', sarebbe l'hobby preferito del sindaco di Roma. Questo nobile uso della carta stampata si deve al fatto che nei gironi scorsi si era letto dell'intenzione di nominare un commissario per il Giubileo, visti i disastri che ha procurato in questi anni Marino a Roma. Nomina alla quale Marino già da tempo ha dichiarato la sua congenita allergia.
Il più criticato sindaco di Roma, criticato quanto Alemanno o forse anche un pò di più - che è tutto dire - quando sente parlare di commissari per determinati settori della sua amministrazione, anche in caso di eventi straordinari, va su tutte le furie ed è capace di dire castronerie ancor più grandi di quelle che dice quasi giornalmente, il sindaco 'scaricabarile'.
Fra gli ultimi esempi gli sgomberi annunciati avviati e subito bloccati e , per il settore cultura, il tira e molla giornalisero sull'Estate romana, spalleggiato da quella grande assessora, campionessa di autonomia, che si chiama Giovanna Marinelli.
E con il cervello, il suo, che ci fa il sindaco Marino? Se lo mangia fritto dorato, come solitamente si usa a Roma, oppure se lo beve, come si dice in gergo?
martedì 12 maggio 2015
Consulta e Pensioni. Troppi tribunali e troppe incongruenze.
L'altro giorno sul Corriere si è letto un titolo assai significativo: 'Quei giudici non vanno al mare', a Ostia. Era accaduto che all'apertura dei varchi, ritenuti illegali, per l'accesso al mare, bene di tutti, qualcuno si era opposto; il Comune di Roma aveva fatto ricorso ed il TAR aveva dato ragione al Comune che aveva proseguito nell'abbattimento degli ostacoli che inibivano ai cittadini l'accesso al mare.
Alcuni gestori di tali stabilimenti fuorilegge hanno fatto ricorso al Consiglio di Stato, il quale ha dato loro ragione e l'abbattimento degli ostacoli è stato sospeso. Ora... c'è ancora bisogno di fare commenti sui tanti tribunali, TROPPI, specie quelli della giustizia amministrativa dai quali escono sentenze che il più delle volte lasciano letteralmente perplessi?
E la Consulta? anche la Consulta è nell'occhio del ciclone per la recente sentenza sulle pensioni che rischia di mettere in ginocchio ancora un volta l'Italia, dopo che lentamente il nostro paese sta riprendendosi dalla batosta che l'Europa gli aveva sferrato, non del tutto priva di ragione.
Molti si sono cimentati nel denigrare la Consulta e mettere anche il dubbio il valore della sua sentenza. A tanto inutile gridare molti ragionevoli commentatori si sono opposti, commentando invece una serie di elementi che certamente può essere condivisa.
La Consulta ha sentenziato in maniera giuridicamente non irreprensibile. Al di sotto del numero legale dei suoi membri ( 12 su 14, perchè da mesi il parlamento non si mette d'accordo sui due nomi da mandare alla Consulta) la sentenza è stata assunta a maggioranza risicatissima, e cioè per effetto del voto del presidente che vale il doppio e che ha fatto pendere la decisione dalla parte di coloro che ne chiedevano la dichiarazione di illiceità.
Pur restando ferma la convinzione che le sentenze vanno rispettate, forse tale particolare avrebbe dovuto indurre la Corte ad una maggiore riflessione nella direzione che vuole prudenza in questioni molto delicate.
Poi la Corte ha voluto anche dichiarare il valore retroattivo della sua decisione - mentre nei mesi scorsi per una analoga situazione non lo aveva previsto. Due pesi e due misure, per una corte al di sopra di ogni sospetto e super partes, fedele solo alla Costituzione?
Sabino Cassese, già giudice, ha fatto notare che la Corte aveva una commissione che la illuminava nel caso di patenti conflitti sui diritti di qualcuno ed il bene comune, di tutti i cittadini, come in questo caso. Che fine ha fatto quella commissione? Non c'è più o la Corte se ne è fregata di sentire il suo parere in proposito?
Insomma la sentenza va rispettata, ma la guida del paese spetta al Governo e non alla Corte. Dunque il Governo, per non mettere nuovamente in ginocchio il paese, può assumere decisioni che rispettino lo spirito della sentenza ma che ne correggano la lettera. Discutibile assai. Come ad esempio quella relativa ai cosiddetti 'diritti acquisiti' che in taluni casi altro non sono che privilegi immeritati, compresi quelli economici dei giudici della Consulta i quali li difendono a denti stretti contro tutto e tutti, anche dovessero andare contro il bene del paese.
A questo punto un altro macigno rischia di abbattersi sui conti pubblici italiani, per effetto della pronuncia della Consulta. Le vicine elezioni. Perchè tutti faranno a gara a promettere ciò che sanno già di non poter mantenere per non perdere voti, da Renzi a Salvini.
Alcuni gestori di tali stabilimenti fuorilegge hanno fatto ricorso al Consiglio di Stato, il quale ha dato loro ragione e l'abbattimento degli ostacoli è stato sospeso. Ora... c'è ancora bisogno di fare commenti sui tanti tribunali, TROPPI, specie quelli della giustizia amministrativa dai quali escono sentenze che il più delle volte lasciano letteralmente perplessi?
E la Consulta? anche la Consulta è nell'occhio del ciclone per la recente sentenza sulle pensioni che rischia di mettere in ginocchio ancora un volta l'Italia, dopo che lentamente il nostro paese sta riprendendosi dalla batosta che l'Europa gli aveva sferrato, non del tutto priva di ragione.
Molti si sono cimentati nel denigrare la Consulta e mettere anche il dubbio il valore della sua sentenza. A tanto inutile gridare molti ragionevoli commentatori si sono opposti, commentando invece una serie di elementi che certamente può essere condivisa.
La Consulta ha sentenziato in maniera giuridicamente non irreprensibile. Al di sotto del numero legale dei suoi membri ( 12 su 14, perchè da mesi il parlamento non si mette d'accordo sui due nomi da mandare alla Consulta) la sentenza è stata assunta a maggioranza risicatissima, e cioè per effetto del voto del presidente che vale il doppio e che ha fatto pendere la decisione dalla parte di coloro che ne chiedevano la dichiarazione di illiceità.
Pur restando ferma la convinzione che le sentenze vanno rispettate, forse tale particolare avrebbe dovuto indurre la Corte ad una maggiore riflessione nella direzione che vuole prudenza in questioni molto delicate.
Poi la Corte ha voluto anche dichiarare il valore retroattivo della sua decisione - mentre nei mesi scorsi per una analoga situazione non lo aveva previsto. Due pesi e due misure, per una corte al di sopra di ogni sospetto e super partes, fedele solo alla Costituzione?
Sabino Cassese, già giudice, ha fatto notare che la Corte aveva una commissione che la illuminava nel caso di patenti conflitti sui diritti di qualcuno ed il bene comune, di tutti i cittadini, come in questo caso. Che fine ha fatto quella commissione? Non c'è più o la Corte se ne è fregata di sentire il suo parere in proposito?
Insomma la sentenza va rispettata, ma la guida del paese spetta al Governo e non alla Corte. Dunque il Governo, per non mettere nuovamente in ginocchio il paese, può assumere decisioni che rispettino lo spirito della sentenza ma che ne correggano la lettera. Discutibile assai. Come ad esempio quella relativa ai cosiddetti 'diritti acquisiti' che in taluni casi altro non sono che privilegi immeritati, compresi quelli economici dei giudici della Consulta i quali li difendono a denti stretti contro tutto e tutti, anche dovessero andare contro il bene del paese.
A questo punto un altro macigno rischia di abbattersi sui conti pubblici italiani, per effetto della pronuncia della Consulta. Le vicine elezioni. Perchè tutti faranno a gara a promettere ciò che sanno già di non poter mantenere per non perdere voti, da Renzi a Salvini.
Renzi ed il suo cerchio magico - ma non solo i soli - con i giornalisti si comportano da gentiluomini.
All'inaugurazione dell'EXPO - come si è visto nella diretta tv - un giornalista, dichiarando le sue generalità ed anche la professione, rivolge ad alta voce una domanda al premier che si sta recando all'inaugurazione della manifestazione milanese. Fra lui e il premier si piazza un omone, con cartellino appeso al collo - molto simile alle felpe di Salvini, al quale se non gli scrivono sopra dove si trova neppure lo sa, e per questo le cambia ad ogni spostamento - che ne indicava l'appartenenza alle forze dell'ordine ed al servizio di sicurezza del premier, gli chiede di mostrargli la tessera professionale, la qual cosa il giornalista fa; non contento vuole anche vedere un altro documento - capite che becero? come se la tessera professionale con foto possa essere falsificata da uno che si presenta ufficialmente ad una manifestazione importante come l'EXPO.
Accanto all'omone, cì è anche una giovane donna bionda, capelli lisci e lunghi, anch'ella del servizio d'ordine la quale rimbrotta il giornalista dicendogli che quella non è una conferenza stampa, dunque nessuna domanda è ammessa.
Questo dialogo avviene mentre l'omone prende nota delle generalità del giornalista, per attivare chissà quale censura o provvedimento nei suoi confronti. O magari una semplice segnalazione, che ha i toni della minaccia.
L'omone non dà al giornalista le sue generalità, come sarebbe normale, anche perchè, se nessuno gliele legge sul pendaglio che porta appeso al collo, lui non se ne ricorda. Permetteteci la cattiveria che è pari alla brutalità ed inciviltà con la quale i politici spesso si comportano nei confronti dei cittadini, e quell'omone con il giornalista, colpevole di aver rivolto una domanda al premier.
E siccome l'insegnamento del maestro viene diligentemente appreso e letteralmente messo in pratica dagli allievi, qualche giorno dopo, un giornalista che voleva fare delle domande a Nardella - petalo del giglio fiorentino di Renzi - viene strattonato non senza 'sgrazia' dal portavoce del sindaco toscano. E l'elenco non si ferma qui.
Ogni giorno la tv ci mostra parlamentari e politici i quali interrogati su qualcosa che, evidentemente, non gli piace, fanno il voto del silenzio; qualche giorno fa è accaduto a rappresentanti di tutti gli schieramenti di non rispondere e tirar dritto a domande, certo scomode, sui vitalizi ai parlamentari condannati.
L'unico che risponde sempre, perfino quando viene respinto da folle contrarie alle sue tante esternazioni, o non è neppure interpellato, è Salvini. Ma lui è giustificato. La mattina quando si sveglia, gli danno la carica e lui comincia a parlare finchè la carica non si esaurisce, e cioè a notte fonda, quando va a letto, in attesa di riprendere l'indomani, con nuova carica, a parlare. Ma lui, lui solo può essere perdonato, non ha tempo per riflettere a quello che dice.
Accanto all'omone, cì è anche una giovane donna bionda, capelli lisci e lunghi, anch'ella del servizio d'ordine la quale rimbrotta il giornalista dicendogli che quella non è una conferenza stampa, dunque nessuna domanda è ammessa.
Questo dialogo avviene mentre l'omone prende nota delle generalità del giornalista, per attivare chissà quale censura o provvedimento nei suoi confronti. O magari una semplice segnalazione, che ha i toni della minaccia.
L'omone non dà al giornalista le sue generalità, come sarebbe normale, anche perchè, se nessuno gliele legge sul pendaglio che porta appeso al collo, lui non se ne ricorda. Permetteteci la cattiveria che è pari alla brutalità ed inciviltà con la quale i politici spesso si comportano nei confronti dei cittadini, e quell'omone con il giornalista, colpevole di aver rivolto una domanda al premier.
E siccome l'insegnamento del maestro viene diligentemente appreso e letteralmente messo in pratica dagli allievi, qualche giorno dopo, un giornalista che voleva fare delle domande a Nardella - petalo del giglio fiorentino di Renzi - viene strattonato non senza 'sgrazia' dal portavoce del sindaco toscano. E l'elenco non si ferma qui.
Ogni giorno la tv ci mostra parlamentari e politici i quali interrogati su qualcosa che, evidentemente, non gli piace, fanno il voto del silenzio; qualche giorno fa è accaduto a rappresentanti di tutti gli schieramenti di non rispondere e tirar dritto a domande, certo scomode, sui vitalizi ai parlamentari condannati.
L'unico che risponde sempre, perfino quando viene respinto da folle contrarie alle sue tante esternazioni, o non è neppure interpellato, è Salvini. Ma lui è giustificato. La mattina quando si sveglia, gli danno la carica e lui comincia a parlare finchè la carica non si esaurisce, e cioè a notte fonda, quando va a letto, in attesa di riprendere l'indomani, con nuova carica, a parlare. Ma lui, lui solo può essere perdonato, non ha tempo per riflettere a quello che dice.
Barbara Spinelli. Figura di m...
Ci perdonerà la nostra illustre collega Barbara Spinelli. Capirà. Nella sua avventura politica, non ancora conclusa ma che va verso una deriva ignobile, lei ha fatto una figura di cacca, davanti all'opinione pubblica che per la sua attività giornalistica, l'aveva apprezzata e, di conseguenza, votata alle ultime elezioni europee, con un numero di voti, in due circoscrizioni, ben oltre le 60.000 preferenze. Nè più e nè meno di tanti suoi grigissimi colleghi parlamentari - chissà quante volte li avrà criticati nei suoi editoriali - che nell'incarico internazionale hanno visto, prevalentemente, una occasione di guadagno, come la tristissima storia soprattutto italiana insegna.
Si è presentata nella lista Tsipras, dichiarando al momento della candidatura che lei avrebbe, se eletta, girato il mandato al primo dei non eletti, dimettendosi. La qual cosa non ha fatto. Poi ha dichiarato anche che lei a Bruxelles non sarebbe andata mai, e che la sua candidatura rappresentava un sostegno ideologico alle tesi del candidato premier greco, contro la politica europea che stava affamando molti degli Stati membri. E lei che si è sempre occupata di politica estera, per simili affermazioni, era più che credibile.
A elezione avvenuta, non si è dimessa, attirandosi le critiche di mezzo mondo , a Bruxelles forse non è mai andata - mantenendo fede alla parola data, ma solo in questo caso - ed infine, notizia dell'altro ieri, si è anche dimessa dal partito che l'aveva eletta, non dimettendosi però da parlamentare europea.
Insomma un tradimento su tutta la linea, all'insegna del principio: se mi hanno eletta ora si becchino anche i miei capricci, mentre io vivo abbastanza bene con i soldi europei, ai quali naturalmente Lei giornalista ed editorialista apprezzata e profumatamente pagata della 'Stampa', non intende, perciò, rinunciare.
Se questa non è una figura di m...
Si è presentata nella lista Tsipras, dichiarando al momento della candidatura che lei avrebbe, se eletta, girato il mandato al primo dei non eletti, dimettendosi. La qual cosa non ha fatto. Poi ha dichiarato anche che lei a Bruxelles non sarebbe andata mai, e che la sua candidatura rappresentava un sostegno ideologico alle tesi del candidato premier greco, contro la politica europea che stava affamando molti degli Stati membri. E lei che si è sempre occupata di politica estera, per simili affermazioni, era più che credibile.
A elezione avvenuta, non si è dimessa, attirandosi le critiche di mezzo mondo , a Bruxelles forse non è mai andata - mantenendo fede alla parola data, ma solo in questo caso - ed infine, notizia dell'altro ieri, si è anche dimessa dal partito che l'aveva eletta, non dimettendosi però da parlamentare europea.
Insomma un tradimento su tutta la linea, all'insegna del principio: se mi hanno eletta ora si becchino anche i miei capricci, mentre io vivo abbastanza bene con i soldi europei, ai quali naturalmente Lei giornalista ed editorialista apprezzata e profumatamente pagata della 'Stampa', non intende, perciò, rinunciare.
Se questa non è una figura di m...
La commedia infinita del teatro d'opera in Italia. Professionisti e dilettanti.Protagonisti e comparse
Per effetto della legge
'Valore cultura' i vertici delle nostre fondazioni liriche alla fine
del 2014 sono decaduti, e subito dopo tutti ricomposti, in gran parte
all'insegna del dilettantismo, con molti debutti, ed altrettante
riconferme. Tutto come prima, come sempre.E qualche volta anche peggio.
“ Si è generata una
nebulosa per cui fare cose lontane da quelle che si sanno veramente
fare è sexy ed attraente. E i risultati, purtroppo, si vedono”-
ha scritto Roberto Cotroneo sul settimanale del 'Corriere'. E ciò,
in Italia vale dappertutto; ad eccezione di quei pochissimi settori
nei quali se sei una schiappa si vede subito e ti buttano fuori, come
nel campo della ricerca, bistrattata in Italia, anche perchè i
fondi per gli studi in quel caso non te li dà nessuno.
Nelle fondazioni liriche,
un settore nel quale il nostro paese dovrebbe eccellere, i vertici
sono stati alla fine dello scorso anno, rinnovati in gran parte, ed
alcuni riconfermati, gli elementi per una svolta decisiva non si
vedono. La legge che imponeva il rinnovo dei consigli di gestione,
che un tempo si chiamavano CdA ( Consigli di Amministrazione) ed
oggi Consigli di Indirizzo (CdI), ha ridotto il numero dei loro
componenti, e li ha privati di alcune loro mansioni importanti;
nello stesso tempo maggiore autonomia ha riconosciuto al
sovrintendente, una sorta di amministratore delegato; senza però
stabilire se ai cattivi amministratori si debba richiedere conto
dei buchi di bilancio, come necessario e salutare.
Ha stabilito, invece, che
le Fondazioni liriche che navigano in cattive acque, possono chiedere
il 'salvagente' del fondo speciale, a patto che osservino alcune
disposizioni, alla stregua di ciò che l'Europa e il FMI pretendono
dalla Grecia, per scongiurarne il fallimento.
Ma quella stessa legge
che impone alle fondazioni che la scelta dei suoi amministratori
debba spettare al Ministero risulta fra le più disattese, specie da
quelle fondazioni i cui amministratori locali sono in grado di fare
la voce grossa con 'mezzodisastro' Franceschini e 'grande&grosso'
Nastasi, e che in alcuni casi, hanno fatto bene ad alzare la voce nei
riguardi del Ministero che invece di amministrare il settore, passa
il suo tempo a mettere il potere in mani amiche, anche se incapaci.
Sta qui il punto. E del resto è questo un gioco che la politica
conosce bene. Ministri e sottosegretari girano come trottole da un
ministero all'altro, senza avere competetnza in nessuno, lasciando
perciò grande spazio di manovra ai superburocrati che fanno il buono
e cattivo tempo. A causa di ministri incompteneti, essi pure
dilettanti.
Nel braccio di ferro fra
Ministero ( leggi: Nastasi) e sindaci che vogliono farsi valere, in
alcuni casi vincono i sindaci ( come per il Teatro Petruzzelli a
Bari, dove il sindaco, Decaro, ha imposto Biscardi, che il Ministero
non voleva; ed a Verona dove Girondini, imposto da Tosi, è stato
confermato dal Ministero); in altri la spunta il Ministero,
fottendosene delle tensioni che possono sorgere far sovrintendente e
sindaco ( presidente del teatro) al quale il sovrintendente è
inviso, come nel caso di Napoli, dove il Ministero starebbe per
riconfermare la Purchia, sostenuta da 'grande&grosso', Nastasi.
In ogni caso, a dispetto dei disastrati conti delle fondazioni, a
Verona come a Napoli, ed anche a Bari che comunque è un caso a
parte, perchè la più giovane fondazioni lirica d'Italia.
Per questo, coloro i
quali nutrono tanti sospetti nei riguardi di Nastasi, potentissimo e
protettissimo, a causa dell'incompetenza dei vari ministri, e in forza
dei suoi padrini eccellenti, vedi Gianni Letta, hanno tutte le
ragioni possibili dalla loro parte. Ci si può fidare di un direttore
generale, commissario di un teatro, nel quale crea un Museo per
mettervi come coordinatrice sua moglie, come nel caso del MeMus del
Teatro san Carlo, dove fino all'altro ieri figurava in pianta
stabile, come coordinatrice, Giulia Minoli, sua moglie? E non è che
un esempio della tracotanza del potere.
Un altro capitolo che
meriterebbe maggiore attenzione da parte del ministero è quello dei
compensi sia ai vertici delle Fondazioni che agli artisti
scritturati, dove vige la più totale anarchia. Alla Scala, ad
esempio, Lissner aveva un compenso da manager di azienda privata,
intorno al 1.000.000 di Euro, tutto compreso, mentre ora a Pereira è
stato riconosciuto un compenso nella norma, e cioè di 240.000 Euro;
e Santa Cecilia l'unica 'sinfonica' fra le fondazioni, riconosceva a
Bruno Cagli un compenso di oltre 300.000 Euro, nonostante che avesse
egli una affollata direzione artistica, con dirigenti e consulenti.
E comunque il presidente/sovrintendente dell'Accademia prenderebbe lo
stesso stipendio del direttore generale della Rai, che ha ben altre
responsabilità.
Recentemente una rivista
ha fatto i conti, su dati forniti dallo stesso Ministero, in tasca
ad ogni fondazione, rilevandovi anomalie e disparità che il
Ministero ben conosce ma che si guarda dall'eliminare. E così il
sovrintendente dell'Arena guadagna 240.000 Euro; Vergnano del Regio
di Torino, quasi 190.000 di Euro; Giambrone, a Palermo, 170.000;
Chiarot a Venezia 165.000, mentre il suo direttore artistico,
Ortombina, 167.000; Ernani a Bologna ne prendeva fino a febbraio,
quad'era in carica, soltanto 120.000, e non sappiamo ancora quanti ne
daranno a Nicola Sani, suo successore.
A queste ed altre
anomalie, un'altra se ne è aggiunta negli ultimi anni. I ritardati
pagamenti agli artisti, specie se giovani. Ritardi di mesi quando non
addirittura di anni (Cagliari - si dice - è in cima alla lista
delle fondazioni che non pagano), con richieste di riduzione di
cachet, nonostante il ritardo; e ritardi negli stipendi dei
dipendenti delle Fondazioni. Insomma un settore in grave crisi - una
decina di fondazioni su quattordici sono con l'acqua alla gola e
obbligate a ricorrere al fondo speciale di salvaguardia - mentre il
Ministero continua a gestire le poltrone, sulle quali ha la faccia
tosta di rimettervi amministratori, mesi prima commissariati.
Anche il Governo sembra
disinteressato al settore, salvo che per il completamento del teatro
della città del premier, tant'è che non ha ancora dato la sveglia a
Franceschini e non si è ancora posto il problema
dell'allontanamento di Nastasi dalla sua poltronissima, nonostante le
numerose critiche che gli sono piovute e gli piovono ogni giorno
addosso, anche dal suo stesso partito ( Orfini lo ha fatto in più di
una occasione pubblica); mentre lui, Nastasi, ora vanta anche
l'amicizia di Nardella.
Ed ora un rapido giro fra
tutte le fondazioni, cominciando da Torino.
Al Regio
di Torino regna incontrastato, da troppi
anni, Walter Vergnano, cresciuto
alla scuola del barone Francesco Agnello, nel CIDIM. Il dissidio che
lo opponeva al suo direttore musicale, Noseda, sembra essere
ufficialmente ricomposto, con l'arrivo di Gaston Fournier, costretto
a sloggiare dalla Scala di Pereira, come direttore artistico. Torino
si conferma come una delle fondazioni con i conti in ordine - così
si dice, salvo poi a chiedere soccorso al Comune per la
ricostituzione del patrimonio – e con la trinità di vertice in
ordine: sovrintendente, direttore artistico, direttore
musicale: 'unicuique suum', che tradotto vuol dire a ciascuno il suo
mestiere. Ed ha anche annunciato la prossima stagione, come usa fare
da qualche anno.
All'Arena
di Verona il
sindaco Tosi, che ha la maggioranza nel neo Consiglio di Indirizzo
della Fondazione, è riuscito a far digerire al ministero la
riconferma del sovrintendente Girondini,
raro
esempio di geometra sovrintendente, contro il quale s'era addirittura
pronunciata una accolta di musicologi e musicisti, e nonostante che
la platea più grande d'Europa presenti una voragine nei conti
altrettanto grande. Al suo posto di direttore artistico resta Paolo
Gavazzeni, della ben nota famiglia ( alla quale appartiene anche il
critico musicale del 'Giornale', che ha rapporti di consulenza con il
Teatro Comunale di Bologna, come fosse la cosa più normale del
mondo). A Verona, Nastasi non ha potuto o voluto far nulla, forse
perchè Girondini, per lungo tempo a capo dell'associazione che
riunisce le fondazioni liriche italiane, s'era guadagnato, a dispetto
di tutti, il lasciapassare per la riconferma, proprio dal Ministero.
Tosi aveva fatto un bando per la ricerca del nuovo sovrintendente. Si
sono presentati una quarantina di candidati, fra i quali non c'era
Girondini. Fatto sta che, fottendosene sia del bando che delle
candidature farsa, alla fine è rimasto Girondini.
Al
Teatro Giuseppe Verdi di Trieste, c'è
stata una svolta nella gestione, con l'arrivo di Francesco
Pace, il
quale, pur fuori dal giro, ha sbaragliato la lunga lista di
concorrenti, compreso il sovrintendente uscente, Orazi, al quale
sembrava essere stato promesso( da chi?) il Teatro San Carlo di
Napoli; dove Nastasi riuscirà ad imporre la Purchia commissariata,
nonostante il commissariamento e l'aperta opposizione di De
Magistris.
La
Fondazione triestina sembra oltre i confini italiani, di essa poco
si sa ed ancor meno si scrive sui giornali, è come situata in una
zona franca. L'arrivo di un manager, che sembra competente, forse
la farà svoltare e rientrare nel gioco delle fondazioni italiane e
magari farle aumentare la produzione e la qualità.
Al
Teatro La Fenice di Venezia le
cose sono rimaste come erano prima del grande (finto) cambiamento. Al
vertice Cristiano Chiarot; direttore
artistico Ortombina; è andato via solo il direttore principale,
Matheuz, il venezuelano, che con i vertici non andava più d'accordo,
dopo i primi mesi di idillio lavorativo, e le cui direzioni sono
state troppe volte aspramente criticate; ma anche il prezioso
coordinatore della direzione artistica, Piearangelo Conte, ha preso la
strada di Firenze. Fra breve, al posto di Matheuz, arriverà un
altro giovane, straniero, raccomandatissimo, e forse sarà quello
venuto via da Valencia. La fondazione veneziana ha da qualche anno i
conti in ordine, così dicono tutti oltre i vertici medesimi, ( a
fine aprile è stato presentato il bilancio del 2014, certificato da
società esterna, dal quale risulta anche un leggero attivo!) e un
indice di produttività fra i massimi, al punto da essere portata a
modello in Italia; ha una programmazione di diverse annualità, molto
varia, un pò stagione e un pò festival, ed una calendarizzazione
a metà strada fra quella di un teatro 'italiano'(teatro di regia) ed
uno 'tedesco' ( (teatro di repertorio) e sul podio esibisce
regolarmente anche grandi bacchette, come ad esempio Chung. Non c'è
che da augurarle che duri. Perchè ciò potrebbe, tra breve, farle
ottenere anche l'autonomia di gestione, da poco riconosciuta alla
Scala e a Santa Cecilia.
Il
Teatro alla Scala,
dopo l'uscita anzitempo di Lissner e di tutta la sua corte (
direzione artistica, ufficio stampa) si è messo nelle mani di
Alexander Pereira per
i prossimi cinque anni, dimenticando il passo falso con cui aveva
iniziato la sua collaborazione - gli spettacoli acquistati dal 'suo'
festival di Salisburgo - e rinunciando al periodo di prova
contemplato nel suo primo contratto. Ora gli è stato riconosciuto un
buon stipendio ( 240.000 Euro, con un netto risparmio su Lissner, un
quarto appena), sta gestendo il teatro nel periodo dell'Expo, ha già
presentato la prossima stagione, annunciando una quindicina di titoli
d'opera e cinque o sei di balletto, e sembra ormai accettato dal CdI
del teatro, dal sindaco (che non si ricandiderà ) ed anche dal
Ministero, da dove Nastasi aveva fatto capire che per quel posto di
sovrintendente, o magari di Commissario ( prima della definitiva
assunzione di Pereira) era lui ancora una volta interessato. Pensare
che come commissario, pur restando sempre direttore generale del
Ministero, s'era già fatto, senza grandi risultati, il giro di molti
teatri italiani, da Firenze a Napoli, a Bari; e anche in altri
avrebbe voluto mettere piede, come Milano, appunto, Roma, e Genova
(dove aveva mandato un suo fedelissimo, un vero disastro) lasciando
in tutti i casi, dopo il suo ritorno al Ministero, un equilibrio così
instabile che, dopo pochi mesi, dava luogo a nuovi buchi di bilancio.
Ora la Scala avrà nuovamente anche un direttore musicale, Riccardo
Chailly, che ha promesso, d'accordo con Pereira, di far tornare il
teatro milanese a risplendere soprattutto nella tradizione del
melodramma italiano che Lissner-Barenboim avevano deliberatamente
tentato in tutti i modi di oscurare, togliendogli la sua più
preziosa identità storico musicale.
Scendendo
verso ovest, la prima tappa è al Teatro
Carlo Felice di Genova,
dove da poco è approdato il nuovo sovrintendente nella persona di
Maurizio
Roi,
proveniente dalla Toscanini di Parma. Il teatro ha vissuto e forse
vive ancora momenti drammatici: senza vertici e senza soldi; e Roi ha
il compito di portare nel teatro più moderno d'Italia, un po' di
pace e serenità e di avviarlo a navigazione sicura.
Asnche
al Teatro Comunale di Bologna
c'è stato ultimamente un cambio al vertice; mandato a casa (perchè?
per limiti di età?) Francesco Ernani, ha preso il suo posto Nicola
Sani che di
Ermani era consulente per la direzione artistica, e che forse vorrà
tenere per sé il doppio incarico, avvalendosi della collaborazione
del direttore musicale, il giovane Mariotti, pesarese/rossiniano di
origine, formazione ed ascendenza, gratificato da frequenti successi.
Ernani aveva dichiarato di aver trovato un bilancio disastrato,
ereditato dalla gestione Tutino; non sappiamo se tale buco sia stato
nel frattempo risanato; certo è che in un teatro che non ha i conti
in ordine, metterci come sovrintendente un debuttante in tale ruolo,
qual è da considerarsi Nicola Sani, è un rischio serio, affatto
calcolato. La programmazione del teatro bolognese si segnala per la
novità delle proposte e per la calata in Italia di regie 'di
sorpresa' come è nello stile e d 'abitudine per Nicola Sani che
altrettanto aveva fatto anche a Roma, dove pure vi era stato
chiamato da Ernani.
L'Opera di Firenze che
sembrava navigare in acque tranquille dopo l'arrivo di Francesco
Bianchi, banchiere,
alla sovrintendenza, ha scioperato nella serata inaugurale del
Maggio. E' stato fra i primi dei nostri teatri a rinnovare il
Consiglio di Indirizzo e ad indicare Bianchi sovrintendente, subito
nominato da Nastasi, amico di Nardella, in ossequio al volere del
premier. Come coordinatore artistico è arrivato dalla Fenice
Pierangelo Conte, che il suo apprendistato l'ha fatto per molti anni
in laguna e che ora ha la possibilità di gestire in prima persona la
programmazione di un grande storico teatro. A Firenze c'è anche la
figura del direttore generale:Alberto Triola, che a Bologna era
l'ombra di Tutino, e che ha lavorato alla Scala e dirige il Festival
di Martina Franca, e che perciò mette il naso anche nella
programmazione artistica ( sua l'idea dell'opera nuova di Tutino a
Firenze).
Ma
la calma in teatro è solo apparente. Per l'ennesima volta il
pagamento degli stipendi è stato ritardato e ritardi ci sono pure
nel pagamento degli artisti ospiti, Mehta, direttore a vita
dell'orchestra, sembra da tempo in procinto di lasciare, e così,
nelle more, Firenze s'è lasciata sfuggire Daniele Gatti, accolto
trionfalmente ad Amsterdam, al Concertgebow; Maggiodanza, il corpo di
ballo del teatro, è stato sciolto e licenziato, e il nuovo teatro ha
bisogno di altre consistenti risorse economiche per essere
completato. Dove li troverà ora che l'occasione dell'anniversario
150° dell'Unità d'Italia è passato e la cricca è finita dietro le
sbarre? Ma forse Renzi li troverà in un modo o nell'altro, per darli
al teatro d'opera della sua città ed agli amici Nardella e Bianchi.
Al
Teatro Lirico di Cagliari
è andata in scena l'ennesima tragicommedia per la succesione a Mauro
Meli , tornato per la seconda volta in Sardegna, e per la seconda
volta fatto fuori dal rinnovato CdI. Meli era tornato a Cagliari dopo
l'uscita di scena della Crivellenti, nominata sovrintendente per
volontà e virtù di Gianni Letta e Salvo Nastasi. Per la
successione a Meli, richiamato per evitare che la nave affondasse, il
sindaco Zedda aveva bandito il solito concorso farsa, al quale s'era
naturalmente presentato anche Meli, inviso al sindaco,ma gradito e
sostenuto dalla Barracciu, ora sottosegretario ai beni Culturali, per
volontà di Renzi, il quale per proteggerla dal fuoco amico del suo
stesso PD, a seguito delle spese pazze di carburante delle quali non
aveva saputo dare convincenti giustificazioni, l'ha chiamata sul
continente.
A
Cagliari è
approdata Angela Spocci, anzi
riapprodata. Conosce l'amministrazione a causa di precedenti
importanti incarichi, ma deve ricostruire il teatro, formulare in
breve una programmazione, che ora manca, e fare ogni cosa perchè i
buchi di bilancio vengano coperti e mai più prodotti. Impresa non
facile. E poi avrà bisogno anche di un direttore artistico che
l'affianchi e, perchè no, anche di un direttore musicale, perchè
un'orchestra, che spesso è stata osannata da giornalisti
prezzolati, ma che è passata attraverso tempeste di ogni genere e
di lunga durata è chiaro che ha bisogno di essere rifondata. Avrà
la Spocci la forza ed anche i mezzi per permettersi un direttore
stabile dell'orchestra, a questo punto molto utile, anzi
indispensabile? Apprendiamo , mentre scriviamo, che i sindacati
chiedono le dimissioni della Spocci, per incapacità, calo vistoso di
pubblico e di abbonamenti. Ci risiamo.
E
Roma? Sempre meno ladrona di quanto i ladri della Lega di Bossi e
Salvini farebbero intendere. Mandati a casa gli incapaci di
professione che hanno avuto all'Opera per un triennio il loro
quartier generale, il Teatro
dell'Opera
sembra navigare in acque più tranquille pur ricorrendo alla legge
Bray, il
cui sovrintendente da poco è stato ufficialmente nominato,
Carlo Fuortes. Il
quale, nei mesi del casino generale,
aveva
persino carezzato l'insane progetto di 'esternalizzare' orchestra e
coro, facendo la figura dell'ignorante agli occhi dell'Europa
musicale. Non agli occhi dell' ignorante Marino e della sua
collaboratrice Marinelli che, anche per amor di partito, ne hanno
elogiato le doti di amministratore, nelle quali erano compresi anche
i modi spicci e i passi falsi. Il quale, per una ennesima decisione
di non scegliere, ha lasciato i suoi più stretti collaboartori al
loro posto ( da Alessio Vlad a Roberto Gabbiani) ha annunciato
l'arrivo come direttrice del corpo di ballo della debuttante nel
ruolo Eleonora Abbagnato, la bravisima ed avvenente ballerina, moglie
di un calciatore di una squadra cittadina e perciò accasata a Roma,
la cui nomina è un'ulteriore dimostrazione della incapacità ed
inadeguatezza di Fuortes e Marino a governare una istituzione come il
teatro dell'Opera. Anche Caracalla nelle loro mani finirà per
diventare un circo equestre o una 'disneyland' dello spettacolo, con
rovine originali. Il tempo lo dirà. Ed ora temiamo anche per
l'annunciata prossima nomina del direttore musicale, purtroppo
minacciata. Mentre Fuortes ha annunciato che il suo tetaro varà non
uno ma due direttori artistici, il secondo ( o primo?) è
Battistelli, relegato al ruolo di programmare il 'moderno' in teatro
e la la stagione sinfonica.
Dall'altra
parte del Tevere viaggia tranquilla l'Accademia
di Santa Cecilia, dove
da poco è cambiato il timoniere, che ora è Michele
dall'Ongaro,
gran manovratore, mentre tutto lo staff creato da Cagli e ben oleato
e foraggiato economicamente, resta lo stesso, come pure al suo posto
resta Antonio Pappano, vera gloria dell'Accademia, per i prossimi
cinque anni. Dall'Ongaro viene alla scuola di Cagli e perciò è
assai difficile, a dispetto delle dichiazioni di inizo mandato, come
quella di una maggiore attenzione agli artisti italiani, che qualcosa
possa cambiare. E del resto Dall'Ongaro agli italiani non ha mai
prestato attenzione, anche nel suo precedente incarico all'Orchestra
sinfonica nazionale della Rai di Torino; perchè dovrà fare a Roma
ciò che non ha mai fatto a Torino? Comunque a Santa Cecilia, finchè
c'è Pappano c'è speranza, andato via lui, i Cagli, un tempo, o i
Dall'Ongaro ora, poco o nulla possono fare.
Il
Teatro
San Carlo di Napoli
nella tempesta, con il braccio di ferro tra il sindaco De Magistris,
in minoranza nel CdI, e il ministero di Nastasi, per la nomina del
nuovo sovrintendente, che Nastasi vorrebbe ancora Purchia e De
Magistris assolutamente no, ha vinto proprio il Ministero.
Riconfermata, la Purchia, la signora ragioniera, richiamerà il
direttore artistico De Vivo, geometra (come assicurano i bene
informati napoletani)? Solo con la riconferma della Purchia il teatro
potrà godere di tanti benefici ministeriali, come, in passato,
quell'enorme dispendio di denaro pubblico che è stata la inutile
trasferta americana, a San Francisco, dei complessi del teatro,
interamente finanziata da Nastasi che voleva dar lustro al teatro di
cui era stato fino a poco prima commissario. Una vergogna. Per la
quale, solo per questa, dovrebbero indagarlo e metterlo fuori gioco.
Il posto lasciato vuoto dalla Purchia a Catania,
dove si era impegnata con il sindaco Bianco a trasferirsi, è stato
felicemente occupato da Roberto
Grossi,
presidente di Federculture, già direttore generale di Santa
cecilia, persona per bene e competente e con molte idee.
Il
Teatro
Petruzzelli di Bari,
la più giovane tra le Fondazioni liriche italiane, con qualche
vantaggio che tale gioventà presenta, sembra messo in sicurezza dal
sindaco Decaro, che ha voluto al vertice come presidente- unico caso
in Italia dove le Fondazioni sono presiedute dai sindaci - lo
scrittore-magistrato Carofiglio, che ha sostenuto la riconferma di
Massimo
Biscardi
alla sovrintendenza (ruolo nel quale anche lui è un vero debuttante,
avendo sempre svolto mansioni di direttore artistico), benchè
osteggiato - come riferiscono i bene informati - da Nastasi, sempre
lui. Basta! Ora il teatro barese ha bisogno di tutto: di una
programmazione vera, degna di una fondazione lirica almeno come
produttività; dopo l'uscita di scena di Daniele Rustioni, finito
al Teatro di Lione in Francia, di un direttore musicale senza il
quale una orchestra giovane rischia di restare sempre giovane e non
maturare mai, ed ha bisogno anche di idee oltre che di soldi che
comunque Decaro non gli farà mancare.
Infine
il Teatro
Massimo di Palermo dove
è tornato, come il postino del celebre film, per la seocnda volta,
Franceco Giambrone, attendente
del sindaco palermitano. Lui il Massimo l'aveva già governato una
volta, ne era uscito fra polemiche e anche debiti(?), era rimasto
per qualche tempo a spasso - insegnando in varie università come in
Italia è accaduto a vari amministratori che avrebbero dovuto essere
titolari di diritto delle cattedre di 'disastro economico' - per poi
approdare a Firenze da dove era dovuto andar via, sempre per i suoi
meriti di cattivo amministratore. A Palermo ha chiamato un
debuttante nella direzione artistica, Oscar Pizzo, che le ossa se le è
fatte con 'Contemporanea', all'Auditorium di Roma, fedelissimo di
Fuortes, ma assolutamente a digiuno di teatro d'opera e di vocalità;
per l'una e l'altra mancanza supplisce Giambrone, il quale s'è
voluto circondare di un altro siciliano per la direzione stabile
dell'orchestra: Gabriele Ferro che, in questa stagione, visto il suo
importante ruolo, dirige un titolo appena.
(SUONO, mensile. per gentile concessione)
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