Per effetto della legge
'Valore cultura' i vertici delle nostre fondazioni liriche alla fine
del 2014 sono decaduti, e subito dopo tutti ricomposti, in gran parte
all'insegna del dilettantismo, con molti debutti, ed altrettante
riconferme. Tutto come prima, come sempre.E qualche volta anche peggio.
“ Si è generata una
nebulosa per cui fare cose lontane da quelle che si sanno veramente
fare è sexy ed attraente. E i risultati, purtroppo, si vedono”-
ha scritto Roberto Cotroneo sul settimanale del 'Corriere'. E ciò,
in Italia vale dappertutto; ad eccezione di quei pochissimi settori
nei quali se sei una schiappa si vede subito e ti buttano fuori, come
nel campo della ricerca, bistrattata in Italia, anche perchè i
fondi per gli studi in quel caso non te li dà nessuno.
Nelle fondazioni liriche,
un settore nel quale il nostro paese dovrebbe eccellere, i vertici
sono stati alla fine dello scorso anno, rinnovati in gran parte, ed
alcuni riconfermati, gli elementi per una svolta decisiva non si
vedono. La legge che imponeva il rinnovo dei consigli di gestione,
che un tempo si chiamavano CdA ( Consigli di Amministrazione) ed
oggi Consigli di Indirizzo (CdI), ha ridotto il numero dei loro
componenti, e li ha privati di alcune loro mansioni importanti;
nello stesso tempo maggiore autonomia ha riconosciuto al
sovrintendente, una sorta di amministratore delegato; senza però
stabilire se ai cattivi amministratori si debba richiedere conto
dei buchi di bilancio, come necessario e salutare.
Ha stabilito, invece, che
le Fondazioni liriche che navigano in cattive acque, possono chiedere
il 'salvagente' del fondo speciale, a patto che osservino alcune
disposizioni, alla stregua di ciò che l'Europa e il FMI pretendono
dalla Grecia, per scongiurarne il fallimento.
Ma quella stessa legge
che impone alle fondazioni che la scelta dei suoi amministratori
debba spettare al Ministero risulta fra le più disattese, specie da
quelle fondazioni i cui amministratori locali sono in grado di fare
la voce grossa con 'mezzodisastro' Franceschini e 'grande&grosso'
Nastasi, e che in alcuni casi, hanno fatto bene ad alzare la voce nei
riguardi del Ministero che invece di amministrare il settore, passa
il suo tempo a mettere il potere in mani amiche, anche se incapaci.
Sta qui il punto. E del resto è questo un gioco che la politica
conosce bene. Ministri e sottosegretari girano come trottole da un
ministero all'altro, senza avere competetnza in nessuno, lasciando
perciò grande spazio di manovra ai superburocrati che fanno il buono
e cattivo tempo. A causa di ministri incompteneti, essi pure
dilettanti.
Nel braccio di ferro fra
Ministero ( leggi: Nastasi) e sindaci che vogliono farsi valere, in
alcuni casi vincono i sindaci ( come per il Teatro Petruzzelli a
Bari, dove il sindaco, Decaro, ha imposto Biscardi, che il Ministero
non voleva; ed a Verona dove Girondini, imposto da Tosi, è stato
confermato dal Ministero); in altri la spunta il Ministero,
fottendosene delle tensioni che possono sorgere far sovrintendente e
sindaco ( presidente del teatro) al quale il sovrintendente è
inviso, come nel caso di Napoli, dove il Ministero starebbe per
riconfermare la Purchia, sostenuta da 'grande&grosso', Nastasi.
In ogni caso, a dispetto dei disastrati conti delle fondazioni, a
Verona come a Napoli, ed anche a Bari che comunque è un caso a
parte, perchè la più giovane fondazioni lirica d'Italia.
Per questo, coloro i
quali nutrono tanti sospetti nei riguardi di Nastasi, potentissimo e
protettissimo, a causa dell'incompetenza dei vari ministri, e in forza
dei suoi padrini eccellenti, vedi Gianni Letta, hanno tutte le
ragioni possibili dalla loro parte. Ci si può fidare di un direttore
generale, commissario di un teatro, nel quale crea un Museo per
mettervi come coordinatrice sua moglie, come nel caso del MeMus del
Teatro san Carlo, dove fino all'altro ieri figurava in pianta
stabile, come coordinatrice, Giulia Minoli, sua moglie? E non è che
un esempio della tracotanza del potere.
Un altro capitolo che
meriterebbe maggiore attenzione da parte del ministero è quello dei
compensi sia ai vertici delle Fondazioni che agli artisti
scritturati, dove vige la più totale anarchia. Alla Scala, ad
esempio, Lissner aveva un compenso da manager di azienda privata,
intorno al 1.000.000 di Euro, tutto compreso, mentre ora a Pereira è
stato riconosciuto un compenso nella norma, e cioè di 240.000 Euro;
e Santa Cecilia l'unica 'sinfonica' fra le fondazioni, riconosceva a
Bruno Cagli un compenso di oltre 300.000 Euro, nonostante che avesse
egli una affollata direzione artistica, con dirigenti e consulenti.
E comunque il presidente/sovrintendente dell'Accademia prenderebbe lo
stesso stipendio del direttore generale della Rai, che ha ben altre
responsabilità.
Recentemente una rivista
ha fatto i conti, su dati forniti dallo stesso Ministero, in tasca
ad ogni fondazione, rilevandovi anomalie e disparità che il
Ministero ben conosce ma che si guarda dall'eliminare. E così il
sovrintendente dell'Arena guadagna 240.000 Euro; Vergnano del Regio
di Torino, quasi 190.000 di Euro; Giambrone, a Palermo, 170.000;
Chiarot a Venezia 165.000, mentre il suo direttore artistico,
Ortombina, 167.000; Ernani a Bologna ne prendeva fino a febbraio,
quad'era in carica, soltanto 120.000, e non sappiamo ancora quanti ne
daranno a Nicola Sani, suo successore.
A queste ed altre
anomalie, un'altra se ne è aggiunta negli ultimi anni. I ritardati
pagamenti agli artisti, specie se giovani. Ritardi di mesi quando non
addirittura di anni (Cagliari - si dice - è in cima alla lista
delle fondazioni che non pagano), con richieste di riduzione di
cachet, nonostante il ritardo; e ritardi negli stipendi dei
dipendenti delle Fondazioni. Insomma un settore in grave crisi - una
decina di fondazioni su quattordici sono con l'acqua alla gola e
obbligate a ricorrere al fondo speciale di salvaguardia - mentre il
Ministero continua a gestire le poltrone, sulle quali ha la faccia
tosta di rimettervi amministratori, mesi prima commissariati.
Anche il Governo sembra
disinteressato al settore, salvo che per il completamento del teatro
della città del premier, tant'è che non ha ancora dato la sveglia a
Franceschini e non si è ancora posto il problema
dell'allontanamento di Nastasi dalla sua poltronissima, nonostante le
numerose critiche che gli sono piovute e gli piovono ogni giorno
addosso, anche dal suo stesso partito ( Orfini lo ha fatto in più di
una occasione pubblica); mentre lui, Nastasi, ora vanta anche
l'amicizia di Nardella.
Ed ora un rapido giro fra
tutte le fondazioni, cominciando da Torino.
Al Regio
di Torino regna incontrastato, da troppi
anni, Walter Vergnano, cresciuto
alla scuola del barone Francesco Agnello, nel CIDIM. Il dissidio che
lo opponeva al suo direttore musicale, Noseda, sembra essere
ufficialmente ricomposto, con l'arrivo di Gaston Fournier, costretto
a sloggiare dalla Scala di Pereira, come direttore artistico. Torino
si conferma come una delle fondazioni con i conti in ordine - così
si dice, salvo poi a chiedere soccorso al Comune per la
ricostituzione del patrimonio – e con la trinità di vertice in
ordine: sovrintendente, direttore artistico, direttore
musicale: 'unicuique suum', che tradotto vuol dire a ciascuno il suo
mestiere. Ed ha anche annunciato la prossima stagione, come usa fare
da qualche anno.
All'Arena
di Verona il
sindaco Tosi, che ha la maggioranza nel neo Consiglio di Indirizzo
della Fondazione, è riuscito a far digerire al ministero la
riconferma del sovrintendente Girondini,
raro
esempio di geometra sovrintendente, contro il quale s'era addirittura
pronunciata una accolta di musicologi e musicisti, e nonostante che
la platea più grande d'Europa presenti una voragine nei conti
altrettanto grande. Al suo posto di direttore artistico resta Paolo
Gavazzeni, della ben nota famiglia ( alla quale appartiene anche il
critico musicale del 'Giornale', che ha rapporti di consulenza con il
Teatro Comunale di Bologna, come fosse la cosa più normale del
mondo). A Verona, Nastasi non ha potuto o voluto far nulla, forse
perchè Girondini, per lungo tempo a capo dell'associazione che
riunisce le fondazioni liriche italiane, s'era guadagnato, a dispetto
di tutti, il lasciapassare per la riconferma, proprio dal Ministero.
Tosi aveva fatto un bando per la ricerca del nuovo sovrintendente. Si
sono presentati una quarantina di candidati, fra i quali non c'era
Girondini. Fatto sta che, fottendosene sia del bando che delle
candidature farsa, alla fine è rimasto Girondini.
Al
Teatro Giuseppe Verdi di Trieste, c'è
stata una svolta nella gestione, con l'arrivo di Francesco
Pace, il
quale, pur fuori dal giro, ha sbaragliato la lunga lista di
concorrenti, compreso il sovrintendente uscente, Orazi, al quale
sembrava essere stato promesso( da chi?) il Teatro San Carlo di
Napoli; dove Nastasi riuscirà ad imporre la Purchia commissariata,
nonostante il commissariamento e l'aperta opposizione di De
Magistris.
La
Fondazione triestina sembra oltre i confini italiani, di essa poco
si sa ed ancor meno si scrive sui giornali, è come situata in una
zona franca. L'arrivo di un manager, che sembra competente, forse
la farà svoltare e rientrare nel gioco delle fondazioni italiane e
magari farle aumentare la produzione e la qualità.
Al
Teatro La Fenice di Venezia le
cose sono rimaste come erano prima del grande (finto) cambiamento. Al
vertice Cristiano Chiarot; direttore
artistico Ortombina; è andato via solo il direttore principale,
Matheuz, il venezuelano, che con i vertici non andava più d'accordo,
dopo i primi mesi di idillio lavorativo, e le cui direzioni sono
state troppe volte aspramente criticate; ma anche il prezioso
coordinatore della direzione artistica, Piearangelo Conte, ha preso la
strada di Firenze. Fra breve, al posto di Matheuz, arriverà un
altro giovane, straniero, raccomandatissimo, e forse sarà quello
venuto via da Valencia. La fondazione veneziana ha da qualche anno i
conti in ordine, così dicono tutti oltre i vertici medesimi, ( a
fine aprile è stato presentato il bilancio del 2014, certificato da
società esterna, dal quale risulta anche un leggero attivo!) e un
indice di produttività fra i massimi, al punto da essere portata a
modello in Italia; ha una programmazione di diverse annualità, molto
varia, un pò stagione e un pò festival, ed una calendarizzazione
a metà strada fra quella di un teatro 'italiano'(teatro di regia) ed
uno 'tedesco' ( (teatro di repertorio) e sul podio esibisce
regolarmente anche grandi bacchette, come ad esempio Chung. Non c'è
che da augurarle che duri. Perchè ciò potrebbe, tra breve, farle
ottenere anche l'autonomia di gestione, da poco riconosciuta alla
Scala e a Santa Cecilia.
Il
Teatro alla Scala,
dopo l'uscita anzitempo di Lissner e di tutta la sua corte (
direzione artistica, ufficio stampa) si è messo nelle mani di
Alexander Pereira per
i prossimi cinque anni, dimenticando il passo falso con cui aveva
iniziato la sua collaborazione - gli spettacoli acquistati dal 'suo'
festival di Salisburgo - e rinunciando al periodo di prova
contemplato nel suo primo contratto. Ora gli è stato riconosciuto un
buon stipendio ( 240.000 Euro, con un netto risparmio su Lissner, un
quarto appena), sta gestendo il teatro nel periodo dell'Expo, ha già
presentato la prossima stagione, annunciando una quindicina di titoli
d'opera e cinque o sei di balletto, e sembra ormai accettato dal CdI
del teatro, dal sindaco (che non si ricandiderà ) ed anche dal
Ministero, da dove Nastasi aveva fatto capire che per quel posto di
sovrintendente, o magari di Commissario ( prima della definitiva
assunzione di Pereira) era lui ancora una volta interessato. Pensare
che come commissario, pur restando sempre direttore generale del
Ministero, s'era già fatto, senza grandi risultati, il giro di molti
teatri italiani, da Firenze a Napoli, a Bari; e anche in altri
avrebbe voluto mettere piede, come Milano, appunto, Roma, e Genova
(dove aveva mandato un suo fedelissimo, un vero disastro) lasciando
in tutti i casi, dopo il suo ritorno al Ministero, un equilibrio così
instabile che, dopo pochi mesi, dava luogo a nuovi buchi di bilancio.
Ora la Scala avrà nuovamente anche un direttore musicale, Riccardo
Chailly, che ha promesso, d'accordo con Pereira, di far tornare il
teatro milanese a risplendere soprattutto nella tradizione del
melodramma italiano che Lissner-Barenboim avevano deliberatamente
tentato in tutti i modi di oscurare, togliendogli la sua più
preziosa identità storico musicale.
Scendendo
verso ovest, la prima tappa è al Teatro
Carlo Felice di Genova,
dove da poco è approdato il nuovo sovrintendente nella persona di
Maurizio
Roi,
proveniente dalla Toscanini di Parma. Il teatro ha vissuto e forse
vive ancora momenti drammatici: senza vertici e senza soldi; e Roi ha
il compito di portare nel teatro più moderno d'Italia, un po' di
pace e serenità e di avviarlo a navigazione sicura.
Asnche
al Teatro Comunale di Bologna
c'è stato ultimamente un cambio al vertice; mandato a casa (perchè?
per limiti di età?) Francesco Ernani, ha preso il suo posto Nicola
Sani che di
Ermani era consulente per la direzione artistica, e che forse vorrà
tenere per sé il doppio incarico, avvalendosi della collaborazione
del direttore musicale, il giovane Mariotti, pesarese/rossiniano di
origine, formazione ed ascendenza, gratificato da frequenti successi.
Ernani aveva dichiarato di aver trovato un bilancio disastrato,
ereditato dalla gestione Tutino; non sappiamo se tale buco sia stato
nel frattempo risanato; certo è che in un teatro che non ha i conti
in ordine, metterci come sovrintendente un debuttante in tale ruolo,
qual è da considerarsi Nicola Sani, è un rischio serio, affatto
calcolato. La programmazione del teatro bolognese si segnala per la
novità delle proposte e per la calata in Italia di regie 'di
sorpresa' come è nello stile e d 'abitudine per Nicola Sani che
altrettanto aveva fatto anche a Roma, dove pure vi era stato
chiamato da Ernani.
L'Opera di Firenze che
sembrava navigare in acque tranquille dopo l'arrivo di Francesco
Bianchi, banchiere,
alla sovrintendenza, ha scioperato nella serata inaugurale del
Maggio. E' stato fra i primi dei nostri teatri a rinnovare il
Consiglio di Indirizzo e ad indicare Bianchi sovrintendente, subito
nominato da Nastasi, amico di Nardella, in ossequio al volere del
premier. Come coordinatore artistico è arrivato dalla Fenice
Pierangelo Conte, che il suo apprendistato l'ha fatto per molti anni
in laguna e che ora ha la possibilità di gestire in prima persona la
programmazione di un grande storico teatro. A Firenze c'è anche la
figura del direttore generale:Alberto Triola, che a Bologna era
l'ombra di Tutino, e che ha lavorato alla Scala e dirige il Festival
di Martina Franca, e che perciò mette il naso anche nella
programmazione artistica ( sua l'idea dell'opera nuova di Tutino a
Firenze).
Ma
la calma in teatro è solo apparente. Per l'ennesima volta il
pagamento degli stipendi è stato ritardato e ritardi ci sono pure
nel pagamento degli artisti ospiti, Mehta, direttore a vita
dell'orchestra, sembra da tempo in procinto di lasciare, e così,
nelle more, Firenze s'è lasciata sfuggire Daniele Gatti, accolto
trionfalmente ad Amsterdam, al Concertgebow; Maggiodanza, il corpo di
ballo del teatro, è stato sciolto e licenziato, e il nuovo teatro ha
bisogno di altre consistenti risorse economiche per essere
completato. Dove li troverà ora che l'occasione dell'anniversario
150° dell'Unità d'Italia è passato e la cricca è finita dietro le
sbarre? Ma forse Renzi li troverà in un modo o nell'altro, per darli
al teatro d'opera della sua città ed agli amici Nardella e Bianchi.
Al
Teatro Lirico di Cagliari
è andata in scena l'ennesima tragicommedia per la succesione a Mauro
Meli , tornato per la seconda volta in Sardegna, e per la seconda
volta fatto fuori dal rinnovato CdI. Meli era tornato a Cagliari dopo
l'uscita di scena della Crivellenti, nominata sovrintendente per
volontà e virtù di Gianni Letta e Salvo Nastasi. Per la
successione a Meli, richiamato per evitare che la nave affondasse, il
sindaco Zedda aveva bandito il solito concorso farsa, al quale s'era
naturalmente presentato anche Meli, inviso al sindaco,ma gradito e
sostenuto dalla Barracciu, ora sottosegretario ai beni Culturali, per
volontà di Renzi, il quale per proteggerla dal fuoco amico del suo
stesso PD, a seguito delle spese pazze di carburante delle quali non
aveva saputo dare convincenti giustificazioni, l'ha chiamata sul
continente.
A
Cagliari è
approdata Angela Spocci, anzi
riapprodata. Conosce l'amministrazione a causa di precedenti
importanti incarichi, ma deve ricostruire il teatro, formulare in
breve una programmazione, che ora manca, e fare ogni cosa perchè i
buchi di bilancio vengano coperti e mai più prodotti. Impresa non
facile. E poi avrà bisogno anche di un direttore artistico che
l'affianchi e, perchè no, anche di un direttore musicale, perchè
un'orchestra, che spesso è stata osannata da giornalisti
prezzolati, ma che è passata attraverso tempeste di ogni genere e
di lunga durata è chiaro che ha bisogno di essere rifondata. Avrà
la Spocci la forza ed anche i mezzi per permettersi un direttore
stabile dell'orchestra, a questo punto molto utile, anzi
indispensabile? Apprendiamo , mentre scriviamo, che i sindacati
chiedono le dimissioni della Spocci, per incapacità, calo vistoso di
pubblico e di abbonamenti. Ci risiamo.
E
Roma? Sempre meno ladrona di quanto i ladri della Lega di Bossi e
Salvini farebbero intendere. Mandati a casa gli incapaci di
professione che hanno avuto all'Opera per un triennio il loro
quartier generale, il Teatro
dell'Opera
sembra navigare in acque più tranquille pur ricorrendo alla legge
Bray, il
cui sovrintendente da poco è stato ufficialmente nominato,
Carlo Fuortes. Il
quale, nei mesi del casino generale,
aveva
persino carezzato l'insane progetto di 'esternalizzare' orchestra e
coro, facendo la figura dell'ignorante agli occhi dell'Europa
musicale. Non agli occhi dell' ignorante Marino e della sua
collaboratrice Marinelli che, anche per amor di partito, ne hanno
elogiato le doti di amministratore, nelle quali erano compresi anche
i modi spicci e i passi falsi. Il quale, per una ennesima decisione
di non scegliere, ha lasciato i suoi più stretti collaboartori al
loro posto ( da Alessio Vlad a Roberto Gabbiani) ha annunciato
l'arrivo come direttrice del corpo di ballo della debuttante nel
ruolo Eleonora Abbagnato, la bravisima ed avvenente ballerina, moglie
di un calciatore di una squadra cittadina e perciò accasata a Roma,
la cui nomina è un'ulteriore dimostrazione della incapacità ed
inadeguatezza di Fuortes e Marino a governare una istituzione come il
teatro dell'Opera. Anche Caracalla nelle loro mani finirà per
diventare un circo equestre o una 'disneyland' dello spettacolo, con
rovine originali. Il tempo lo dirà. Ed ora temiamo anche per
l'annunciata prossima nomina del direttore musicale, purtroppo
minacciata. Mentre Fuortes ha annunciato che il suo tetaro varà non
uno ma due direttori artistici, il secondo ( o primo?) è
Battistelli, relegato al ruolo di programmare il 'moderno' in teatro
e la la stagione sinfonica.
Dall'altra
parte del Tevere viaggia tranquilla l'Accademia
di Santa Cecilia, dove
da poco è cambiato il timoniere, che ora è Michele
dall'Ongaro,
gran manovratore, mentre tutto lo staff creato da Cagli e ben oleato
e foraggiato economicamente, resta lo stesso, come pure al suo posto
resta Antonio Pappano, vera gloria dell'Accademia, per i prossimi
cinque anni. Dall'Ongaro viene alla scuola di Cagli e perciò è
assai difficile, a dispetto delle dichiazioni di inizo mandato, come
quella di una maggiore attenzione agli artisti italiani, che qualcosa
possa cambiare. E del resto Dall'Ongaro agli italiani non ha mai
prestato attenzione, anche nel suo precedente incarico all'Orchestra
sinfonica nazionale della Rai di Torino; perchè dovrà fare a Roma
ciò che non ha mai fatto a Torino? Comunque a Santa Cecilia, finchè
c'è Pappano c'è speranza, andato via lui, i Cagli, un tempo, o i
Dall'Ongaro ora, poco o nulla possono fare.
Il
Teatro
San Carlo di Napoli
nella tempesta, con il braccio di ferro tra il sindaco De Magistris,
in minoranza nel CdI, e il ministero di Nastasi, per la nomina del
nuovo sovrintendente, che Nastasi vorrebbe ancora Purchia e De
Magistris assolutamente no, ha vinto proprio il Ministero.
Riconfermata, la Purchia, la signora ragioniera, richiamerà il
direttore artistico De Vivo, geometra (come assicurano i bene
informati napoletani)? Solo con la riconferma della Purchia il teatro
potrà godere di tanti benefici ministeriali, come, in passato,
quell'enorme dispendio di denaro pubblico che è stata la inutile
trasferta americana, a San Francisco, dei complessi del teatro,
interamente finanziata da Nastasi che voleva dar lustro al teatro di
cui era stato fino a poco prima commissario. Una vergogna. Per la
quale, solo per questa, dovrebbero indagarlo e metterlo fuori gioco.
Il posto lasciato vuoto dalla Purchia a Catania,
dove si era impegnata con il sindaco Bianco a trasferirsi, è stato
felicemente occupato da Roberto
Grossi,
presidente di Federculture, già direttore generale di Santa
cecilia, persona per bene e competente e con molte idee.
Il
Teatro
Petruzzelli di Bari,
la più giovane tra le Fondazioni liriche italiane, con qualche
vantaggio che tale gioventà presenta, sembra messo in sicurezza dal
sindaco Decaro, che ha voluto al vertice come presidente- unico caso
in Italia dove le Fondazioni sono presiedute dai sindaci - lo
scrittore-magistrato Carofiglio, che ha sostenuto la riconferma di
Massimo
Biscardi
alla sovrintendenza (ruolo nel quale anche lui è un vero debuttante,
avendo sempre svolto mansioni di direttore artistico), benchè
osteggiato - come riferiscono i bene informati - da Nastasi, sempre
lui. Basta! Ora il teatro barese ha bisogno di tutto: di una
programmazione vera, degna di una fondazione lirica almeno come
produttività; dopo l'uscita di scena di Daniele Rustioni, finito
al Teatro di Lione in Francia, di un direttore musicale senza il
quale una orchestra giovane rischia di restare sempre giovane e non
maturare mai, ed ha bisogno anche di idee oltre che di soldi che
comunque Decaro non gli farà mancare.
Infine
il Teatro
Massimo di Palermo dove
è tornato, come il postino del celebre film, per la seocnda volta,
Franceco Giambrone, attendente
del sindaco palermitano. Lui il Massimo l'aveva già governato una
volta, ne era uscito fra polemiche e anche debiti(?), era rimasto
per qualche tempo a spasso - insegnando in varie università come in
Italia è accaduto a vari amministratori che avrebbero dovuto essere
titolari di diritto delle cattedre di 'disastro economico' - per poi
approdare a Firenze da dove era dovuto andar via, sempre per i suoi
meriti di cattivo amministratore. A Palermo ha chiamato un
debuttante nella direzione artistica, Oscar Pizzo, che le ossa se le è
fatte con 'Contemporanea', all'Auditorium di Roma, fedelissimo di
Fuortes, ma assolutamente a digiuno di teatro d'opera e di vocalità;
per l'una e l'altra mancanza supplisce Giambrone, il quale s'è
voluto circondare di un altro siciliano per la direzione stabile
dell'orchestra: Gabriele Ferro che, in questa stagione, visto il suo
importante ruolo, dirige un titolo appena.
(SUONO, mensile. per gentile concessione)
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