Corte
dei conti – Sezione controllo Enti – Pres. B. BOVE, Rel. I.
Scotti – Determinazione n. 44/2015 del 28 aprile 2015 – Relazione
sul risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria di
n.14 Fondazioni lirico-sinfoniche per l’esercizio 2013.
La Relazione della Corte dei conti sui rendiconti 2013 delle Fondazioni lirico-sinfoniche evidenzia, insieme alla perdurante crisi del settore, i primi risultati positivi da ricondurre alle disposizioni del decreto- legge (“Valore cultura”), adottato dal Governo nell’agosto 2013 e della successiva legge di conversione n.112 del 7 ottobre 2013.
La riforma ha assoggettato otto delle quattordici Fondazioni lirico-sinfoniche (Opera di Roma, San Carlo di Napoli, Maggio musicale fiorentino, Massimo di Palermo, Comunale di Bologna, Lirico di Trieste, Carlo Felice di Genova e Petruzzelli di Bari) a Piani di risanamento predisposti dal Commissario straordinario di Governo.
I piani, approvati con decreto ministeriale (risultano, tuttavia, ancora in fase istruttoria presso il Ministero dell’economia e delle finanze quelli relativi a Genova, Bari e Palermo), concedono un prestito a tasso agevolato alle otto Fondazioni per estinguere o ristrutturare la loro consistente esposizione debitoria, ma impongono la riduzione dell’organico e dei costi del personale, incidendo in particolare sui contratti integrativi e l’aumento della produzione. Obiettivo dei Piani di risanamento è, dunque, quello di riportare le Fondazioni interessate in situazione di attivo patrimoniale e di equilibrio del conto economico entro l’esercizio 2016.
La Relazione della Corte dei conti pone in evidenza come le quattordici Fondazioni, pur nella specificità di ciascuna, presentino costi strutturali eccessivi, soprattutto se rapportati ai ricavi propri spesso modesti, da biglietteria e abbonamenti e da sponsorizzazioni e partecipazione di privati (costituisce un’eccezione la Scala di Milano) e dipendano dai contributi di Stato, Regioni ed Enti locali in misura elevata (dal 55 al 65 per cento del valore della produzione per i teatri di Napoli, Torino, Venezia e Trieste), o comunque troppo elevata (dal 73 all’86 per cento per i teatri lirici di Bari, Bologna, Genova, Cagliari, Firenze, Roma e Palermo). Fanno eccezione, di nuovo, la Scala, l’Arena di Verona e l’Accademia di Santa Cecilia di Roma per i quali i contributi pubblici rappresentano dal 30 al 45 per cento del valore della produzione.
La situazione di crisi economica ha portato, d’altra parte, a una riduzione degli apporti dai bilanci pubblici, in particolare degli Enti locali, che continuano ad avere però un peso “politico” predominante all’interno della governance delle Fondazioni.
La Corte osserva come criticità evidenziate appaiono stridenti se confrontate all’enorme prestigio di cui gode l’Opera italiana nel mondo. Degli 11 compositori i cui titoli rappresentano da soli oltre la metà di tutte le rappresentazioni tenutesi nel mondo nel triennio 2011-2013, 4 sono italiani ed occupano, rispettivamente, il primo posto (Verdi), il terzo (Puccini), il sesto (Rossini) e il settimo (Donizetti). Non basta. Delle 19 opere maggiormente rappresentate (pari al 34 per cento di tutti i titoli), 10 sono di compositori italiani e tre (di Mozart) in lingua italiana. Le opere di Verdi e Puccini valgono da sole il 15 per cento del totale delle rappresentazioni.
La Corte ritiene infine auspicabile il massimo impegno delle Fondazioni per una più forte penetrazione a livello internazionale delle produzioni italiane, quasi sempre di altissima qualità, mentre suggerisce, la ricerca di un migliore equilibrio fra nuove produzioni e repertorio nell’offerta teatrale italiana.
Le nuove riforme, quella del 2013, o l’introduzione dell’Art bonus nel 2014 per favorire maggiori contributi dai privati, costituiscono un’importante occasione per verificare se il sistema lirico-sinfonico italiano, in ultima analisi, possa sostenere la presenza di 14 fondazioni.
La Relazione della Corte dei conti sui rendiconti 2013 delle Fondazioni lirico-sinfoniche evidenzia, insieme alla perdurante crisi del settore, i primi risultati positivi da ricondurre alle disposizioni del decreto- legge (“Valore cultura”), adottato dal Governo nell’agosto 2013 e della successiva legge di conversione n.112 del 7 ottobre 2013.
La riforma ha assoggettato otto delle quattordici Fondazioni lirico-sinfoniche (Opera di Roma, San Carlo di Napoli, Maggio musicale fiorentino, Massimo di Palermo, Comunale di Bologna, Lirico di Trieste, Carlo Felice di Genova e Petruzzelli di Bari) a Piani di risanamento predisposti dal Commissario straordinario di Governo.
I piani, approvati con decreto ministeriale (risultano, tuttavia, ancora in fase istruttoria presso il Ministero dell’economia e delle finanze quelli relativi a Genova, Bari e Palermo), concedono un prestito a tasso agevolato alle otto Fondazioni per estinguere o ristrutturare la loro consistente esposizione debitoria, ma impongono la riduzione dell’organico e dei costi del personale, incidendo in particolare sui contratti integrativi e l’aumento della produzione. Obiettivo dei Piani di risanamento è, dunque, quello di riportare le Fondazioni interessate in situazione di attivo patrimoniale e di equilibrio del conto economico entro l’esercizio 2016.
La Relazione della Corte dei conti pone in evidenza come le quattordici Fondazioni, pur nella specificità di ciascuna, presentino costi strutturali eccessivi, soprattutto se rapportati ai ricavi propri spesso modesti, da biglietteria e abbonamenti e da sponsorizzazioni e partecipazione di privati (costituisce un’eccezione la Scala di Milano) e dipendano dai contributi di Stato, Regioni ed Enti locali in misura elevata (dal 55 al 65 per cento del valore della produzione per i teatri di Napoli, Torino, Venezia e Trieste), o comunque troppo elevata (dal 73 all’86 per cento per i teatri lirici di Bari, Bologna, Genova, Cagliari, Firenze, Roma e Palermo). Fanno eccezione, di nuovo, la Scala, l’Arena di Verona e l’Accademia di Santa Cecilia di Roma per i quali i contributi pubblici rappresentano dal 30 al 45 per cento del valore della produzione.
La situazione di crisi economica ha portato, d’altra parte, a una riduzione degli apporti dai bilanci pubblici, in particolare degli Enti locali, che continuano ad avere però un peso “politico” predominante all’interno della governance delle Fondazioni.
La Corte osserva come criticità evidenziate appaiono stridenti se confrontate all’enorme prestigio di cui gode l’Opera italiana nel mondo. Degli 11 compositori i cui titoli rappresentano da soli oltre la metà di tutte le rappresentazioni tenutesi nel mondo nel triennio 2011-2013, 4 sono italiani ed occupano, rispettivamente, il primo posto (Verdi), il terzo (Puccini), il sesto (Rossini) e il settimo (Donizetti). Non basta. Delle 19 opere maggiormente rappresentate (pari al 34 per cento di tutti i titoli), 10 sono di compositori italiani e tre (di Mozart) in lingua italiana. Le opere di Verdi e Puccini valgono da sole il 15 per cento del totale delle rappresentazioni.
La Corte ritiene infine auspicabile il massimo impegno delle Fondazioni per una più forte penetrazione a livello internazionale delle produzioni italiane, quasi sempre di altissima qualità, mentre suggerisce, la ricerca di un migliore equilibrio fra nuove produzioni e repertorio nell’offerta teatrale italiana.
Le nuove riforme, quella del 2013, o l’introduzione dell’Art bonus nel 2014 per favorire maggiori contributi dai privati, costituiscono un’importante occasione per verificare se il sistema lirico-sinfonico italiano, in ultima analisi, possa sostenere la presenza di 14 fondazioni.
( Comunicato Corte dei conti)
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