Dopo lo svarione di 'Repubblica' sul falso inedito di Solgenitsyn pubblicato l'altro ieri e smascherato ieri da Socci su 'Libero', ci sono tornati in mente due episodi che sempre con inediti hanno a che fare. Uno assai divertente di molti anni fa ed uno assai più recente che deve far riflettere, come fece riflettere noi quando accadde.
Cominciamo da quello divertente. Era la seconda metà degli anni Ottanta, e noi dirigevamo una famosa rivista di musica, Piano Time, la quale sin dal primo numero pubblicava una pagina di musica sotto il titolo iniziale di 'made for you', sul quale D'Amico, per via di quell'inglese casareccio, ironizzò su L'Espresso, e mutato poi nel più italiano, più antico e senz'altro migliore, ' fogli d'album'.
Per una di quelle rubriche, d'accordo con un celebre compositore, facemmo uno scherzo innocente. Pubblicammo in fotocopia un manoscritto inedito, di cui conoscevamo l'autore, ma che facemmo finta di non conoscere, invitando i lettori a scoprirlo. Quel manoscritto, che conserviamo ancora, ce lo aveva fornito un celebre compositore nostro amico che agli inizi della sua carriera faceva il copista presso Ricordi. L'autore di quel brano per pianoforte, ci inviò una lettera, firmata con uno pseudonimo femminile, dicendoci che conosceva quel pezzo, come del resto lo conoscevamo anche noi. Passa qualche giorno e l'autore del pezzo ci invita nella sua bella casa al centro di Roma una sera , per cena. Entrammo a casa sua, sul leggio del grande pianoforte a coda, l'autore - che era poi Marcello Panni - aveva messo in bella mostra, quel pezzo stampato, anni ed anni prima, da Ricordi. Fu un gioco innocente, ben diverso dal vergognoso tranello, figlio dell' ignoranza, ordito da 'Repubblica' ai danni dei suoi lettori creduloni. Ai quali neppure dopo lo smascheramento ha ritenuto di scusarsi o di dare una qualche giustificazione, ammesso che ve ne fosse una accettabile, oltre l'ignoranza.
E veniamo ora al caso serio, di una decina di anni fa, poco più. Quando scoprimmo, studiando una celebre rivista di primi anni Quaranta, alcuni inediti di Alberto Savinio, e la tecnica adottata dal celebre musicista pittore, letterato e critico, per non fa riconoscere quella fonte, ritenuta evidentemente 'disonorevole' dopo la caduta del regime, allorchè confezionò, una decina di anni dopo, la celebre raccolta di scritti musicali, molti dei quali attinti proprio da quella rivista
('Documento') pubblicata da Ricordi nel 1955, con il titolo di 'Scatola sonora', e ripubblicata poi da Einaudi, nel 1977, con la cura di Luigi Rognoni.
Che aveva fatto Savinio? Aveva cancellato ogni traccia che poteva far risalire i lettori a quella rivista, al punto che anche nell'indice confezionato per l'edizione di Einaudi e curato appositamente da Riccarda Vigini, non v'è traccia alcuna di quella rivista alla quale Savinio aveva collaborato per tutti gli anni della sua pubblicazione (tre in tutto) come critico musicale ed anche come scrittore.
Una decina di anni dopo l'edizione Einaudi, nel 1987, Rosanna Buttier pubblica presso Bulzoni un libriccino, piccolo ma prezioso, intitolato 'Savinio giornalista', nel quale elenca tutte le testate alle quali Savinio collaborò, compreso 'Documento', senza però avventurarsi nello studio dei singoli contributi, confrontando gli originali con quelli usciti in 'Scatola sonora', che invece fu ciò che noi facemmo con lavoro certosino, per il settore musicale, scoprendo anche che alla Buttier erano sfuggiti alcuni particolari.
Venne fuori che Savinio avrebbe volutamente occultato quella sua lunga ed intensa collaborazione; non si spiegava altrimenti quella sua azione 'purificatrice' nei riguardi di pezzi usciti sulla rivista e ripresi da 'Scatola sonora'.
A quel nostro studio, che ricostruiva per filo e per segno la collaborazione di Savinio e la sua azione di occultamento, unimmo una serie di articoli molto belli, inediti dopo la loro comparsa su Documento, o quanto meno dimenticati, anche più interessanti di quelli usciti in 'Scatola sonora' e lo proponemmo alla 'Nuova rivista musicale italiana', edita dalla ERI e a 'Studi musicali' edito dall'Accademia di santa Cecilia. Rifiutato.
Ambedue le redazioni non lo ritennero quel nostro studio così interessante ed anche importante, come era a nostro avviso? No, la ragione era un' altra. Ed era da cercare nella nostra assoluta libertà ed indipendenza da qualunque combriccola, anche da quelle musicologiche che nelle due redazioni imperavano, e che noi avevamo, all'occasione anche criticato, e che intesero vendicarsi rifiutando quello studio. A proposito della rivista dell'Accademia in particolare un importante redattore ci disse che Berio aveva detto. finchè ci sono io nessuno scritto di Acquafredda sarà pubblicato sulla nostra rivista (la storia con Berio è lunga e non possiamo ora raccontarla per intero) e molti musicologi della sua corte assentirono senza neanche esprimere un giudizio sul valore della ricerca. Ma va anche aggiunto, per amore di completezza, che noi allora collaboravamo come critico musicale al quotidiano 'Il giornale' considerato in quelle redazioni musicologiche (da ridere!) come il diavolo nero da evitare per non contrarre la peste ( nella nostra carriera di critico musicale abbiamo scritto anche per Paese Sera, per il Venerdì di Repubblica, e diretto Piano Time, Applausi e poi Music@) ecc.)
Qualche anno dopo quando raccontammo la cosa ad un noto musicologo che faceva parte di una di quelle redazioni, ci sentimmo rispondere che non ci saremmo dovuti rivolgere a qualche 'ragioniere' della musicologia come egli considerava alcuni redattori ma a lui che l'avrebbe fatto pubblicare ( perchè non ci avevamo pensato?); ed un altro musicologo di una delle due redazioni ci disse che alla base di quel rifiuto c'era anche la volontà di favorire su quelle riviste, con la pubblicazione, sempre e solo giovani studiosi che provenivano da una università del nord dove quel musicologo redattore, di gran nome, insegnava.
Fatto sta che nel 2002 quel nostro studio fu pubblicato da 'Nuova storia contemporanea', prestigiosa rivista di ricerca storica, diretta dal prof. Francesco Perfetti, ed alcuni brani veramente inediti ( nel senso che erano usciti negli anni Quaranta e poi ignorati, anche per volontà dello stesso Savinio) furono ripresi da alcuni quotidiani.
Solo allora qualcuno delle redazioni delle due riviste - non ci va di dire i loro nomi e cognomi, perchè potrebbero non gradirlo - ci dissero: "peccato, avremmo potuto pubblicare noi quel bello studio".
La storia non finisce qui. Ha un seguito abbastanza avvilente e settario, come del resto l'inizio. Incontrammo il direttore di Radio3, Marino Sinibaldi, al quale mostrammo il nostro studio chiedendogli che venisse presentato a Fahrenheit, che di libri parlava, o in qualche altro spazio della rete radiofonica che si occupava anche di musica. Ci rispose che ne avrebbe dovuto parlare, per l'autorizzazione, con l'allora responsabile della musica per Radio3 , che era - immaginate chi?- Michele dall'Ongaro, con il quale i nostri rapporti erano inesistenti da molti anni. I rapporti con dall'Ongaro anche per Sinibaldi, in una radio pubblica, contavano ovviamente più del valore della ricerca e scoperta. Stiamo ancora attendendo una risposta.
Come una seconda risposta stiamo ancora attendendo alla nostra successiva proposta di presentare a Radio3 la nostra biografia di Pappano, uscita per Skira, nel 2007- prima biografia del noto direttore - ed anche una terza risposta alla nostra richiesta di presentare un nostro ulteriore studio su Moravia, del quale avevamo scoperto e pubblicato ancora su 'Nuova storia contemporanea' dei curiosi testi anche musicali.
La ragione per cui nè di Pappano e neppure di Moravia si poteva parlare a Radio3, sulla base di quei nostri studi, era ancora la presenza di dall'Ongaro come responsabile della musica. Con il quale nel frattempo, dopo un periodo di rapporti cordiali - un giorno spiegheremo perchè - i rapporti si erano di nuovo interrotti, a seguito di una denuncia nei nostri confronti di dall'Ongaro, dopo l'uscita, a nostra firma, su Music@, di una articolo che lo riguardava e dal quale egli si ritenne diffamato.
Si fece il processo, il giudice decretò che noi avevamo semplicemente esercitato il diritto di critica e che lo avevamo esercitato in maniera corretta, senza recare offesa alcuna al dall'Ongaro, al quale anche per quei tre divieti ( ma ce ne fu in seguito anche un altro, ancora più grave) attendiamo ancora le scuse ed un risarcimento, anche se è trascorso ormai del tempo..
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