Ha aperto la sfilata il' tambur maggiore' di Repubblica, la critichessa che fa il tifo per tutti tranne che per Thielemann, perchè conservatore. A lei chiunque altro va bene, da Barenboim - alla Scala negli anni di Lissner, quando suo marito, ora in esilio dorato a Torino, coordinava la
direzione aritstica - a Dudamel, ragazzo dotatissimo, e pupillo di Abbado, e per tale seconda ragione sostenuto dal 'tambur maggiore' e da altri, e per la stessa ragione da altri contrastato ( ma staremo a vedere quest'estate quando sarà per un certo periodo alla Scala, in occasione dell'EXPO) ad Andris Nelsons, anch'egli patrocinato da Abbado, negli ultimi mesi di sua vita; al non bisognoso di sostegni e patrocinii, Mariss Jansons - che pero ha 72 anni, coetaneo più o meno di Barenboim - ai candidati tanto per far casino, Chailly che non è ancora approdato ufficialmente alla Scala (sarebbe pronto a ripartire da Milano, prima di insediarvisi, per Berlino? sarebbe davvero gravissimo e a tanto non giungerebbe mai in questo momento) a Riccardo Muti, fino al 2020 a Chicago, che non crediamo intenzionato a trasferirsi armi bagagli e burattini ( ha, il direttore, una collezioni di teatrini per burattini e marionette in miniatura) e famiglia a Berlino. Non conosciamo le intenzioni del direttore, ma ci pare assai improbabile una sua elezione.
Dopo il 'tambur maggiore', ma solo nei giorni scorsi, il corrispondente da Berlino del Corriere, torna sull'argomento, per insistere sulla incandidabilità di Thielemann, per la medesima ragione suonata dal 'tambur maggiore', aggiungendovi, come aggravante, qualche scivolone 'conservatore', per non dire di più, che la stampa tedesca non ha mancato di sottolineare, pur stimando il direttore.
Insomma i giornali italiani maggiori stanno facendo la guerra a Thielemann, nella presunzione di poter influenzare i Berliner che lunedì si ritroveranno in un luogo segreto per depositare la loro scheda nell'urna superblindata, dalla quale dovrebbe uscire il nome dell'eletto, che li guiderà dal 2018 in avanti.
Oggi torna in pista un altro sonatore del 'tambur maggiore' Repubblica, il corrispondente da Berlino, Tarquini, per ribadire che il candidato più naturale per succedere a Rattle è Barenboim , magari per un solo mandato. Aggiungendo, per l'ennesima volta, che i Berliner ed i tedeschi non sono conservatori come Thielemann vorrebbe che siano, in misura tale da eleggerlo.
Thielemann in Italia - tanto per parlare di cose che conosciamo - se lo sono fatti scappare almeno un paio di volte, se ricordiamo bene, a Roma, l' Accademia di Santa Cecilia, ed a Venezia, la Fenice. E male fecero in ambedue i casi, perché gli vennero preferiti direttori di minor valore e personalità. Allora le tendenze eccessivamente conservatrici - davvero eccessive e non controllabili dall'interessato? - non erano ancora note, e si discuteva solo del suo valore come direttore. Forse no, si scartò perché ancora troppo giovane per poter investire su di lui. E forse, in Italia, almeno per tale particolare, si aveva ragione, benché la scelta sia caduta poi su direttori anagraficamente, almeno in un caso, quasi coetanei.
Per i Berliner, orchestra d'acciaio, difficilmente scalfibile anche da una bacchetta non abbastanza appuntita, l'età verde non costituisce ostacolo per la nomina di un direttore, ma potrebbe costituirlo.
E perciò non sarà certo il tambureggiare, maggiore o minore, dei giornali italiani a rendere incandidabile Thielemann, o ad influenzare i Berliner che potrebbero anche pensare ad un altro nome. Che, certamente non sarà, ad esempio, Pappano che ha firmato per restare a Roma fino al 2020 e che, direttore nato per il teatro, sarebbe un pò fuori repertorio a Berlino, dove pure si reca regolarmente. Non da direttore musicale.
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