Da quel che sappiamo ufficialmente, lo Stadio della Roma si farà. Ma è lecito anche supporre ancor prima che i lavori comincino che quello della Roma non sarà l'unico nuovo stadio di Roma, perché, già adesso, Lotito, patron della Lazio, vuole anche lui uno stadio e così Roma diventerà oltre che la città dei sette colli, anche quella dei quattro stadi.
Intanto restiamo a quello della Roma, sul quale dopo i tagli apportati al progetto ed esibiti dalla Raggi come trofei di vittoria, interviene Ignazio Marino che, nel 2014, aveva dato il beneplacito di massima al progetto dello Stadio che comprendeva anche diverse opere pubbliche di grande interesse, dalle quali era dipesa l'approvazione del progetto; addirittura, dice l'ex sindaco, per un ammontare pari a 250 milioni, per verde e opere di urbanizzazione varie.
La Raggi dovrà attendere la nuova approvazione della conferenza dei servizi ed anche il via libera della Regione di Zingaretti, il quale sicuramente la penserà come Marino, che sottolinea come il taglio delle cubature non è una vittoria se appresso si tira il taglio di tutte quelle opere che rendevano la nuova struttura calcistica di 'pubblica utilità'.
Ora così come sarà lo è ancora? Secondo Marino, contrariamente a ciò che le apparenze potrebbero far credere, il nuovo progetto ridimensionato è un grande regalo fatto ai costruttori, i quali, riducendo alcune cubature, risparmiano quella grossa cifra per opere pubbliche e verde, prevista dal primitivo progetto: 250 milioni circa. E per questo, ironizzando, ha chiamato lo Stadio non 'della Roma' ma 'alla 'Romanella'. E forse potrebbe aver visto giusto.
lunedì 27 febbraio 2017
Natalia Aspesi è una gran signora
Sabato, dopo aver letto l' articolo di Natalia Aspesi sulla Rai e sul calmiere dei compensi applicato anche alle star ed agli artisti (li chiamano tutti così, ma sarebbe da fare una bella cernita all'interno della categoria!) abbiamo scritto il post che riproduciamo nuovamente qui sotto. Al termine del quale segnalavamo come solo Lucia Annunziata avesse dichiarato da subito che Lei anche con il calmiere resterebbe in Rai. Mentre nessun altra delle star superpagate con denaro pubblico - altra bella differenza con le altre tv - ha seguito il suo esempio. Noi invitavamo proprio quelle star a dichiarare, come hanno fatto spesso a pancia piena, il loro amore incondizionato alla Rai, che considerano una azienda molto diversa da tutte le altre. Finora si sono dette solo preoccupate delle sorti future della Rai, se il calmiere venisse applicato. Ma forse si riferivano alle sorti future del loro conto in banca.
Diteci, allora, se resterete a casa di 'Mamma Rai' , qualora dovesse essere applicato anche a voi il calmiere. Dovete dirlo ora, perché tutti devono conoscere il vero volto di coloro che hanno voluto dar ad intendere a tutti, fin quando sono stati ben pagati, che per loro quel lavoro era una specie di 'missione'. Ora che fanno, anzi che farebbero in caso il calmiere dovesse toccare anche le loro tasche? Interromperebbero la 'missione' o si rivelerebbero per quello che sono?
Campo Dall'Orto ieri, attrvaerso Repubblica, con garbo - sottolineato anche dalla Aspesi - ha risposto punto per punto alla lettera della giornalista. La quale oggi lo ringrazia ed avanza la stessa proposta da noi formulata già sabato. E cioè: star superpagate fateci sapere che farete, ditelo ora, non lasciate da sola la Annunziata, l'unica che ha già detto che Lei comunque resterà in Rai.
Alla Aspesi è sfuggita solo una cosa: fare il nostro nome visto che il post nel quale avanzavamo la proposta da Lei oggi ripresa appariva in rete subito dopo la voce Wikipedia che la riguarda e che, molto probabilmente, avrà anche letto. Se non l'ha fatto può farlo anche ora.
Natalia Aspesi, la papessa del giornalismo, noi l'abbiamo spesso attaccata, anzi lo abbiamo fatto, puntualmente, ogni anno, in occasione della sviolinata pesarese in onore dei Mariotti, una discendenza in odore 'rossiniano' che va dal patriarca, sovrintendente, al figlio direttore, alla nuora cantante e agli altri due figli: la figlia sua assistente, e il figlio occupato nell'ufficio stampa. E continueremo a farlo fino a quando Lei non smetterà di agitare il turibolo incensatorio nei loro riguardi.
Però se poi in altre occasioni, che non sono poche, si dimostra quella che è, e cioè una giornalista di razza, beh, allora siamo al suo fianco. Come nella provocazione, sacrosanta, che proprio oggi ha fatto alla Rai, in occasione del dibattito sul tetto dei compensi da estendere o meno anche a presentatori ed artisti. Sarebbe l'occasione propizia, in Rai - ha scritto la Aspesi - per mandare a casa tante vecchie glorie che ormai fanno giornalismo e spettacoli stantii e cercare giovani sostituti, eredi di quelle glorie polverose, ma costosissime. Non ha fatto nomi, ma a noi sono subito venuti in mente , ad esempio, quelli di Augias o Angela, e via scendendo in funzione dell'età ed anche dei compensi spropositati. Sui quali anche sarebbe opportuno riflettere indipendentemente dall'applicazione o meno dei tetti stabiliti per legge.
Strano, molto strano che alcuni che sarebbero eventualmente toccati dal calmiere si sono levati a difendere la Rai che così, a loro dire, potrebbe perdere i pezzi da novanta, la cosiddetta argenteria di famiglia che costa sì, ma fa anche guadagnare. Accanto a loro anche le rappresentanze dei giornalisti ed il CDA. Siamo sicuri che giovani bravi, ma scovati dalla Rai e non imposti dagli agenti, farebbero perdere pubblico ed anche pubblicità?
Tutti in difesa della Rai, ma nessuno ci ha detto se se ne andrà dalla Rai qualora il temuto calmiere fosse introdotto. Sarebbe interessante che lo dicessero, che lo dicessero ora, quando ancora il calmiere non c'è e non si sarà se verrà esteso anche a loro.
Solo Lucia Annunziata ha detto che lei, anche con il calmiere - che ridurrebbe di molto il suo compenso - resterebbe al suo posto. E gli altri, perché non ripetono il mantra tante volte ripetuto in tempi di vacche grasse, che ancora durano, e cioè che la Rai è un'altra cosa?
Siamo sicuri che, appena introdotto il calmiere, si aprirebbe il tvmercato, e che le televisioni, che negli anni hanno visto dimezzati gli introiti, metterebbero le mani in tasca per tirar fuori contratti milionari? Sono finiti i tempi belli. Sono finiti in tutte le aziende di comunicazione, a cominciare dai giornali quasi tutti in crisi, in perenne ristrutturazione, con alcune testate che sembravano scoppiare di salute e che, invece, tolto il coperchio dalla pentola, sono apparse sull'orlo del fallimento - vedi Il Sole 24 Ore. Anche le aziende radiotelevisive non se la passano bene. Che senso avrebbero, altrimenti, i trasferimenti minacciati da Roma a Milano per alcune loro redazioni e produzioni, se non quello del 'risparmio'?
Insomma aderendo all'invito della Aspesi, la Rai cominci a fare vere selezioni per cercare giovani leve da mandare in video ( e intanto cerchi già autori nuovi, senza i quali anche i bravi presentatori farebbero un buco nell'acqua!) e nel frattempo, tolti i vegliardi che farebbero bene a riposare, tutti gli altri ci dicano se andrebbero via o meno, da Fazio a Baudo, ad Insinna a Conti alla Clerici a Giletti ad Angela (Alberto, già basta in Rai; il padre è di troppo) e a tutti gli altri, NESSUNO ESCLUSO. Finora conosciamo la decisione di restare della sola Annunziata. E tutti gli altri?
Diteci, allora, se resterete a casa di 'Mamma Rai' , qualora dovesse essere applicato anche a voi il calmiere. Dovete dirlo ora, perché tutti devono conoscere il vero volto di coloro che hanno voluto dar ad intendere a tutti, fin quando sono stati ben pagati, che per loro quel lavoro era una specie di 'missione'. Ora che fanno, anzi che farebbero in caso il calmiere dovesse toccare anche le loro tasche? Interromperebbero la 'missione' o si rivelerebbero per quello che sono?
Campo Dall'Orto ieri, attrvaerso Repubblica, con garbo - sottolineato anche dalla Aspesi - ha risposto punto per punto alla lettera della giornalista. La quale oggi lo ringrazia ed avanza la stessa proposta da noi formulata già sabato. E cioè: star superpagate fateci sapere che farete, ditelo ora, non lasciate da sola la Annunziata, l'unica che ha già detto che Lei comunque resterà in Rai.
Alla Aspesi è sfuggita solo una cosa: fare il nostro nome visto che il post nel quale avanzavamo la proposta da Lei oggi ripresa appariva in rete subito dopo la voce Wikipedia che la riguarda e che, molto probabilmente, avrà anche letto. Se non l'ha fatto può farlo anche ora.
Natalia Aspesi, la papessa del giornalismo, noi l'abbiamo spesso attaccata, anzi lo abbiamo fatto, puntualmente, ogni anno, in occasione della sviolinata pesarese in onore dei Mariotti, una discendenza in odore 'rossiniano' che va dal patriarca, sovrintendente, al figlio direttore, alla nuora cantante e agli altri due figli: la figlia sua assistente, e il figlio occupato nell'ufficio stampa. E continueremo a farlo fino a quando Lei non smetterà di agitare il turibolo incensatorio nei loro riguardi.
Però se poi in altre occasioni, che non sono poche, si dimostra quella che è, e cioè una giornalista di razza, beh, allora siamo al suo fianco. Come nella provocazione, sacrosanta, che proprio oggi ha fatto alla Rai, in occasione del dibattito sul tetto dei compensi da estendere o meno anche a presentatori ed artisti. Sarebbe l'occasione propizia, in Rai - ha scritto la Aspesi - per mandare a casa tante vecchie glorie che ormai fanno giornalismo e spettacoli stantii e cercare giovani sostituti, eredi di quelle glorie polverose, ma costosissime. Non ha fatto nomi, ma a noi sono subito venuti in mente , ad esempio, quelli di Augias o Angela, e via scendendo in funzione dell'età ed anche dei compensi spropositati. Sui quali anche sarebbe opportuno riflettere indipendentemente dall'applicazione o meno dei tetti stabiliti per legge.
Strano, molto strano che alcuni che sarebbero eventualmente toccati dal calmiere si sono levati a difendere la Rai che così, a loro dire, potrebbe perdere i pezzi da novanta, la cosiddetta argenteria di famiglia che costa sì, ma fa anche guadagnare. Accanto a loro anche le rappresentanze dei giornalisti ed il CDA. Siamo sicuri che giovani bravi, ma scovati dalla Rai e non imposti dagli agenti, farebbero perdere pubblico ed anche pubblicità?
Tutti in difesa della Rai, ma nessuno ci ha detto se se ne andrà dalla Rai qualora il temuto calmiere fosse introdotto. Sarebbe interessante che lo dicessero, che lo dicessero ora, quando ancora il calmiere non c'è e non si sarà se verrà esteso anche a loro.
Solo Lucia Annunziata ha detto che lei, anche con il calmiere - che ridurrebbe di molto il suo compenso - resterebbe al suo posto. E gli altri, perché non ripetono il mantra tante volte ripetuto in tempi di vacche grasse, che ancora durano, e cioè che la Rai è un'altra cosa?
Siamo sicuri che, appena introdotto il calmiere, si aprirebbe il tvmercato, e che le televisioni, che negli anni hanno visto dimezzati gli introiti, metterebbero le mani in tasca per tirar fuori contratti milionari? Sono finiti i tempi belli. Sono finiti in tutte le aziende di comunicazione, a cominciare dai giornali quasi tutti in crisi, in perenne ristrutturazione, con alcune testate che sembravano scoppiare di salute e che, invece, tolto il coperchio dalla pentola, sono apparse sull'orlo del fallimento - vedi Il Sole 24 Ore. Anche le aziende radiotelevisive non se la passano bene. Che senso avrebbero, altrimenti, i trasferimenti minacciati da Roma a Milano per alcune loro redazioni e produzioni, se non quello del 'risparmio'?
Insomma aderendo all'invito della Aspesi, la Rai cominci a fare vere selezioni per cercare giovani leve da mandare in video ( e intanto cerchi già autori nuovi, senza i quali anche i bravi presentatori farebbero un buco nell'acqua!) e nel frattempo, tolti i vegliardi che farebbero bene a riposare, tutti gli altri ci dicano se andrebbero via o meno, da Fazio a Baudo, ad Insinna a Conti alla Clerici a Giletti ad Angela (Alberto, già basta in Rai; il padre è di troppo) e a tutti gli altri, NESSUNO ESCLUSO. Finora conosciamo la decisione di restare della sola Annunziata. E tutti gli altri?
sabato 25 febbraio 2017
Opera di Firenze.Lascia il sovrintendente Francesco Bianchi che sostiene di averne risanato i conti. Carlo Fontana sarebbe un ottimo successore
Era nell'aria che sarebbe uscito dall'ex Maggio fiorentino, Franceco Bianchi messo lì dal duo Renzi-Nardella ( suo fratello era stato assessore renziano), sul quale circolavano già molte chiacchiere che avevano a che fare con la sua incapacità a reggere una fondazione lirica, anche dal semplice punto di vista dei conti. Infatti, senza le benevoli iniezioni di denaro dal Governo Renzi, la SITUAZIONE DELLO STORICO TEATRO FIORENTINO RISULTAVA LA PEGGIORE FRA LE 14 FONDAZIONI LIRICHE ITALIANE. Seconda forse solo a Bologna.
Si è detto anche della sua incapacità a rapportarsi con chi della storia del Maggio era stato un autentico protagonista - ci riferiamo a Zubin Mehta, licenziato come l'ultimo direttorino, e poi ripreso; noi al posto di Mehta, lo avremmo mandato a quel paese.
Comunque nella storia dell'Opera di Firenze Bianchi non passerà se non per i bilanci risanati solo a costo di robuste iniezioni di denaro fresco da parte dei governanti amici, per gli stipendi dei suoi fedelissmi aumentati, e per il silenzio totale sul suo di stipendio. E, probabilmente, non per altro.
Ora lui se ne va per tornare al suo amato e più redditizio - da quel che dice - suo lavoro professionale. Sarà vero?
A noi sembra di rileggere la storia già letta dell'uscita della Colombo ed anche dell'Arcà, il quale si dette a gambe levate quando stava per crollare il castello della fondazione fiorentina, avanzando che stava lavorando ad altri progetti; in realtà era il Teatro che doveva cambiar progetto se voleva evitare la chiusura, E infatti subito dopo la sua uscita, con l'approdo a Parma, tenuto in caldo in attesa della uifficializzazione, si scoprì la voragine dei conti fiorentini; Renzi nominò Bianchi commissario con il compito del risanamento almeno economico, senza distruggere il teatro che non si amministra come una banca.
Non vorremmo che fra qualche giorno o settimana, all'arrivo del nuovo sovrintendente, ci venisse detto che i problemi del Maggio non sono affatto risolti e che saranno richiesti nuovamente sacrifici ai lavoratori, in termini di licenziamenti.
A proposito del nuovo sovrintendente, circolano già i nomi di alcuni in carica altrove, sentiti da Nardella e che hanno detto: no, grazie. Carlo Fuortes - che Franceschini se potesse lo nominerebbe sovrintendente d'Italia, tanto si sa vendere bene (l'ultima è di pochi giorni fa, quando ha detto che l'opera in cartellone a Roma aveva due cast ed il secondo, a differenza di ciò che accade in tutti i teatri del mondo, è eccellente come il primo. Insomma, voleva dire Fuortes, che dimostra di conoscere i teatri come le sue tasche, che solitamente il secondo cast è di scartini e sostituti. Boh!), è stato il primo dei candidati che hanno rifiutato, e Rosanna Purchia, la seconda: dice di star bene a Napoli.
Noi a Franceschini e Nardella vogliamo dare un suggerimento disinteressato ma preziosissimo. Perchè non interpellano Carlo Fontana, attuale presidente dell'Agis - di cui non si sente dire nè bene nè male, e non sappiamo neppure se esiste - che ha alle spalle una lunga e qualificata esperienza di sovrintendente? In fondo da Milano a Firenze ci vuole neanche un paio d'ore di treno. Si dirà che era stato contattato, dopo la Colombo o forse in alternativa a lei, e che aveva rifiutato perché non voleva essere messo sullo stesso piano di una sua ex dipendente che aveva fatto una carriera fulminante. Forse adesso accetterebbe, anche perchè non c'è più a Firenze, quella Francesca Tartarotti, figlia del finanziere Micheli( artefice del successo e della scalata della Colombo) chiamata da Bianchi ed ora in attività a Verona, a fianco di Fuortes.
Si è detto anche della sua incapacità a rapportarsi con chi della storia del Maggio era stato un autentico protagonista - ci riferiamo a Zubin Mehta, licenziato come l'ultimo direttorino, e poi ripreso; noi al posto di Mehta, lo avremmo mandato a quel paese.
Comunque nella storia dell'Opera di Firenze Bianchi non passerà se non per i bilanci risanati solo a costo di robuste iniezioni di denaro fresco da parte dei governanti amici, per gli stipendi dei suoi fedelissmi aumentati, e per il silenzio totale sul suo di stipendio. E, probabilmente, non per altro.
Ora lui se ne va per tornare al suo amato e più redditizio - da quel che dice - suo lavoro professionale. Sarà vero?
A noi sembra di rileggere la storia già letta dell'uscita della Colombo ed anche dell'Arcà, il quale si dette a gambe levate quando stava per crollare il castello della fondazione fiorentina, avanzando che stava lavorando ad altri progetti; in realtà era il Teatro che doveva cambiar progetto se voleva evitare la chiusura, E infatti subito dopo la sua uscita, con l'approdo a Parma, tenuto in caldo in attesa della uifficializzazione, si scoprì la voragine dei conti fiorentini; Renzi nominò Bianchi commissario con il compito del risanamento almeno economico, senza distruggere il teatro che non si amministra come una banca.
Non vorremmo che fra qualche giorno o settimana, all'arrivo del nuovo sovrintendente, ci venisse detto che i problemi del Maggio non sono affatto risolti e che saranno richiesti nuovamente sacrifici ai lavoratori, in termini di licenziamenti.
A proposito del nuovo sovrintendente, circolano già i nomi di alcuni in carica altrove, sentiti da Nardella e che hanno detto: no, grazie. Carlo Fuortes - che Franceschini se potesse lo nominerebbe sovrintendente d'Italia, tanto si sa vendere bene (l'ultima è di pochi giorni fa, quando ha detto che l'opera in cartellone a Roma aveva due cast ed il secondo, a differenza di ciò che accade in tutti i teatri del mondo, è eccellente come il primo. Insomma, voleva dire Fuortes, che dimostra di conoscere i teatri come le sue tasche, che solitamente il secondo cast è di scartini e sostituti. Boh!), è stato il primo dei candidati che hanno rifiutato, e Rosanna Purchia, la seconda: dice di star bene a Napoli.
Noi a Franceschini e Nardella vogliamo dare un suggerimento disinteressato ma preziosissimo. Perchè non interpellano Carlo Fontana, attuale presidente dell'Agis - di cui non si sente dire nè bene nè male, e non sappiamo neppure se esiste - che ha alle spalle una lunga e qualificata esperienza di sovrintendente? In fondo da Milano a Firenze ci vuole neanche un paio d'ore di treno. Si dirà che era stato contattato, dopo la Colombo o forse in alternativa a lei, e che aveva rifiutato perché non voleva essere messo sullo stesso piano di una sua ex dipendente che aveva fatto una carriera fulminante. Forse adesso accetterebbe, anche perchè non c'è più a Firenze, quella Francesca Tartarotti, figlia del finanziere Micheli( artefice del successo e della scalata della Colombo) chiamata da Bianchi ed ora in attività a Verona, a fianco di Fuortes.
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In Campidoglio comanda la matrioska grillina
In Campidoglio, a Roma, dove le ultime elezioni le ha vinte Virgnia Raggi, non c'è un vertice, di forma piramidale, al comando, bensì una matrioska.
La pupazza variopinta di legno più grossa rappresenta Grillo, subito dopo, due in una, Di Maio e Dibba sulle due facce della pupazza: all'interno, una seconda coppia, Roberta Lombardi e Paola Taverna, a giorni alterni l'una o l'altra e , più piccola ancora e sotto schiaffo e controllo di tutte le sorelle maggiori, Virginia Raggi. Per Bergamo la matrioska minuscola la stanno ancora preparando.
Ogni volta, quando si deve prendere una decisione, prima che si oda la voce della mastrioskina Raggi, ci vuole tempo, perchè si devono prima smontare tutte le altre che l'hanno in pancia. E così si ascolta prima la voce del matrioskone e poi via via degli altri. Salvo qualche rarissimo caso in cui ci si dimentica di mettere dentro le pance di tutte, la più piccola, e Lei, restata fuori, comincia a strillare: il sindaco sono io!
E' accaduto anche nel caso dello Stadio. Grillo aveva detto che lo stadio 'non s'aveva da fare'; Di Maio e Dibba, non s'è capito cosa volessero, perchè una volta parlava uno ed un'altra l'altro dicendo cose opposte, rappresentavano le due facce della matrioska; la Lombardi s'era detta decisamente contraria anche allo stadio, come alla Raggi e a tutto. Però, alla fine della storia, la piccola matrioska Raggi, per una volta, ha fregato tutti, battendoli sul tempo, col favore delle tenebre.
Giovedì notte ha avuto un lunghissimo confronto con i vertici della A.S. Roma, con i quali ha raggiunto un accordo. E forse sarà stato anche lo stress di queste settimane e della notte precedente all'annuncio a causarne il malore ed a consigliarne il ricovero per accertamenti. Una volta raggiunto l'accordo non voleva che il merito se lo ascrivessero la matrioske più grandi. Perciò s'è fatta dimettere - anche perchè non aveva nulla di grave - è arrivata in Campidoglio, ma non per l'incontro che segretamente s'era già tenuto, ma solo per annunciare l'accordo.
Insomma cosa ha deciso? Ha deciso che lo stadio si farà? Si o No? Ni. Cioè? Sorgerà nell'area di Tor di Valle, alla faccia di Grillo - sì! ; sarà ridotta la cubatura ed anche la cementificazione, per fra contente Lombardi e Taverna ed anche Di Maio e Dibba - sì! -, saranno ridotte anche le strutture di urbanizzazione previste, in rapporto a quelle cubature- sì!- ( saltano i grattacieli progettati da Libeskind- sì! Ora la cosiddetta conferenza dei sevizi capitolina avrà tempo un mese per ridefinire i particolari .
C'era bisogno di tutto questo casino? E siamo sicuri che, ora, le matrioske grandi non ricominceranno a mettere i bastoni fra le ruote alla matrioskina Raggi? Hanno un mese di tempo ancora.
La pupazza variopinta di legno più grossa rappresenta Grillo, subito dopo, due in una, Di Maio e Dibba sulle due facce della pupazza: all'interno, una seconda coppia, Roberta Lombardi e Paola Taverna, a giorni alterni l'una o l'altra e , più piccola ancora e sotto schiaffo e controllo di tutte le sorelle maggiori, Virginia Raggi. Per Bergamo la matrioska minuscola la stanno ancora preparando.
Ogni volta, quando si deve prendere una decisione, prima che si oda la voce della mastrioskina Raggi, ci vuole tempo, perchè si devono prima smontare tutte le altre che l'hanno in pancia. E così si ascolta prima la voce del matrioskone e poi via via degli altri. Salvo qualche rarissimo caso in cui ci si dimentica di mettere dentro le pance di tutte, la più piccola, e Lei, restata fuori, comincia a strillare: il sindaco sono io!
E' accaduto anche nel caso dello Stadio. Grillo aveva detto che lo stadio 'non s'aveva da fare'; Di Maio e Dibba, non s'è capito cosa volessero, perchè una volta parlava uno ed un'altra l'altro dicendo cose opposte, rappresentavano le due facce della matrioska; la Lombardi s'era detta decisamente contraria anche allo stadio, come alla Raggi e a tutto. Però, alla fine della storia, la piccola matrioska Raggi, per una volta, ha fregato tutti, battendoli sul tempo, col favore delle tenebre.
Giovedì notte ha avuto un lunghissimo confronto con i vertici della A.S. Roma, con i quali ha raggiunto un accordo. E forse sarà stato anche lo stress di queste settimane e della notte precedente all'annuncio a causarne il malore ed a consigliarne il ricovero per accertamenti. Una volta raggiunto l'accordo non voleva che il merito se lo ascrivessero la matrioske più grandi. Perciò s'è fatta dimettere - anche perchè non aveva nulla di grave - è arrivata in Campidoglio, ma non per l'incontro che segretamente s'era già tenuto, ma solo per annunciare l'accordo.
Insomma cosa ha deciso? Ha deciso che lo stadio si farà? Si o No? Ni. Cioè? Sorgerà nell'area di Tor di Valle, alla faccia di Grillo - sì! ; sarà ridotta la cubatura ed anche la cementificazione, per fra contente Lombardi e Taverna ed anche Di Maio e Dibba - sì! -, saranno ridotte anche le strutture di urbanizzazione previste, in rapporto a quelle cubature- sì!- ( saltano i grattacieli progettati da Libeskind- sì! Ora la cosiddetta conferenza dei sevizi capitolina avrà tempo un mese per ridefinire i particolari .
C'era bisogno di tutto questo casino? E siamo sicuri che, ora, le matrioske grandi non ricominceranno a mettere i bastoni fra le ruote alla matrioskina Raggi? Hanno un mese di tempo ancora.
Natalia Aspesi: la sua provocazione alla Rai che sembra temere il calmiere dei compensi applicato anche agli artisti
Natalia Aspesi, la papessa del giornalismo, noi l'abbiamo spesso attaccata, anzi lo abbiamo fatto, puntualmente, ogni anno, in occasione della sviolinata pesarese in onore dei Mariotti, una discendenza in odore 'rossiniano' che va dal patriarca, sovrintendente, al figlio direttore, alla nuora cantante e agli altri due figli: la figlia sua assistente, e il figlio occupato nell'ufficio stampa. E continueremo a farlo fino a quando Lei non smetterà di agitare il turibolo incensatorio nei loro riguardi.
Però se poi in altre occasioni, che non sono poche, si dimostra quella che è, e cioè una giornalista di razza, beh, allora siamo al suo fianco. Come nella provocazione, sacrosanta, che proprio oggi ha fatto alla Rai, in occasione del dibattito sul tetto dei compensi da estendere o meno anche a presentatori ed artisti. Sarebbe l'occasione propizia, in Rai - ha scritto la Aspesi - per mandare a casa tante vecchie glorie che ormai fanno giornalismo e spettacoli stantii e cercare giovani sostituti, eredi di quelle glorie polverose, ma costosissime. Non ha fatto nomi, ma a noi sono subito venuti in mente , ad esempio, quelli di Augias o Angela, e via scendendo in funzione dell'età ed anche dei compensi spropositati. Sui quali anche sarebbe opportuno riflettere indipendentemente dall'applicazione o meno dei tetti stabiliti per legge.
Strano, molto strano che alcuni che sarebbero eventualmente toccati dal calmiere si sono levati a difendere la Rai che così, a loro dire, potrebbe perdere i pezzi da novanta, la cosiddetta argenteria di famiglia che costa sì, ma fa anche guadagnare. Accanto a loro anche le rappresentanze dei giornalisti ed il CDA. Siamo sicuri che giovani bravi, ma scovati dalla Rai e non imposti dagli agenti, farebbero perdere pubblico ed anche pubblicità?
Tutti in difesa della Rai, ma nessuno ci ha detto se se ne andrà dalla Rai qualora il temuto calmiere fosse introdotto. Sarebbe interessante che lo dicessero, che lo dicessero ora, quando ancora il calmiere non c'è e non si sarà se verrà esteso anche a loro.
Solo Lucia Annunziata ha detto che lei, anche con il calmiere - che ridurrebbe di molto il suo compenso - resterebbe al suo posto. E gli altri, perché non ripetono il mantra tante volte ripetuto in tempi di vacche grasse, che ancora durano, e cioè che la Rai è un'altra cosa?
Siamo sicuri che, appena introdotto il calmiere, si aprirebbe il tvmercato, e che le televisioni, che negli anni hanno visto dimezzati gli introiti, metterebbero le mani in tasca per tirar fuori contratti milionari? Sono finiti i tempi belli. Sono finiti in tutte le aziende di comunicazione, a cominciare dai giornali quasi tutti in crisi, in perenne ristrutturazione, con alcune testate che sembravano scoppiare di salute e che, invece, tolto il coperchio dalla pentola, sono apparse sull'orlo del fallimento - vedi Il Sole 24 Ore. Anche le aziende radiotelevisive non se la passano bene. Che senso avrebbero, altrimenti, i trasferimenti minacciati da Roma a Milano per alcune loro redazioni e produzioni, se non quello del 'risparmio'?
Insomma aderendo all'invito della Aspesi, la Rai cominci a fare vere selezioni per cercare giovani leve da mandare in video ( e intanto cerchi già autori nuovi, senza i quali anche i bravi presentatori farebbero un buco nell'acqua!) e nel frattempo, tolti i vegliardi che farebbero bene a riposare, tutti gli altri ci dicano se andrebbero via o meno, da Fazio a Baudo, ad Insinna a Conti alla Clerici a Giletti ad Angela (Alberto, già basta in Rai; il padre è di troppo) e a tutti gli altri, NESSUNO ESCLUSO. Finora conosciamo la decisione di restare della sola Annunziata. E tutti gli altri?
Però se poi in altre occasioni, che non sono poche, si dimostra quella che è, e cioè una giornalista di razza, beh, allora siamo al suo fianco. Come nella provocazione, sacrosanta, che proprio oggi ha fatto alla Rai, in occasione del dibattito sul tetto dei compensi da estendere o meno anche a presentatori ed artisti. Sarebbe l'occasione propizia, in Rai - ha scritto la Aspesi - per mandare a casa tante vecchie glorie che ormai fanno giornalismo e spettacoli stantii e cercare giovani sostituti, eredi di quelle glorie polverose, ma costosissime. Non ha fatto nomi, ma a noi sono subito venuti in mente , ad esempio, quelli di Augias o Angela, e via scendendo in funzione dell'età ed anche dei compensi spropositati. Sui quali anche sarebbe opportuno riflettere indipendentemente dall'applicazione o meno dei tetti stabiliti per legge.
Strano, molto strano che alcuni che sarebbero eventualmente toccati dal calmiere si sono levati a difendere la Rai che così, a loro dire, potrebbe perdere i pezzi da novanta, la cosiddetta argenteria di famiglia che costa sì, ma fa anche guadagnare. Accanto a loro anche le rappresentanze dei giornalisti ed il CDA. Siamo sicuri che giovani bravi, ma scovati dalla Rai e non imposti dagli agenti, farebbero perdere pubblico ed anche pubblicità?
Tutti in difesa della Rai, ma nessuno ci ha detto se se ne andrà dalla Rai qualora il temuto calmiere fosse introdotto. Sarebbe interessante che lo dicessero, che lo dicessero ora, quando ancora il calmiere non c'è e non si sarà se verrà esteso anche a loro.
Solo Lucia Annunziata ha detto che lei, anche con il calmiere - che ridurrebbe di molto il suo compenso - resterebbe al suo posto. E gli altri, perché non ripetono il mantra tante volte ripetuto in tempi di vacche grasse, che ancora durano, e cioè che la Rai è un'altra cosa?
Siamo sicuri che, appena introdotto il calmiere, si aprirebbe il tvmercato, e che le televisioni, che negli anni hanno visto dimezzati gli introiti, metterebbero le mani in tasca per tirar fuori contratti milionari? Sono finiti i tempi belli. Sono finiti in tutte le aziende di comunicazione, a cominciare dai giornali quasi tutti in crisi, in perenne ristrutturazione, con alcune testate che sembravano scoppiare di salute e che, invece, tolto il coperchio dalla pentola, sono apparse sull'orlo del fallimento - vedi Il Sole 24 Ore. Anche le aziende radiotelevisive non se la passano bene. Che senso avrebbero, altrimenti, i trasferimenti minacciati da Roma a Milano per alcune loro redazioni e produzioni, se non quello del 'risparmio'?
Insomma aderendo all'invito della Aspesi, la Rai cominci a fare vere selezioni per cercare giovani leve da mandare in video ( e intanto cerchi già autori nuovi, senza i quali anche i bravi presentatori farebbero un buco nell'acqua!) e nel frattempo, tolti i vegliardi che farebbero bene a riposare, tutti gli altri ci dicano se andrebbero via o meno, da Fazio a Baudo, ad Insinna a Conti alla Clerici a Giletti ad Angela (Alberto, già basta in Rai; il padre è di troppo) e a tutti gli altri, NESSUNO ESCLUSO. Finora conosciamo la decisione di restare della sola Annunziata. E tutti gli altri?
La corte di Beppe Caschetto a viale mazzini, dove Fazio è il re e Conti l'erede al trono
Non c'è verso di sapere , da dichiarazioni ufficiali quanto guadagni Fabio Fazio, il predicatore della tv, il clone di Vincenzo Mollica, almeno per il capitolo delle esclamazioni di meraviglia ad ogni presentazione di gruppi e gruppetti, ma anche di singoli sempre ben accetti, suggeriti dalle case discografiche o dalle agenzie di concerti, davanti ai quali ora Fazio come Mollica un tempo, si prostrano in ginocchio adoranti.
Ma quanto guadagna Fazio anche per tutte queste genuflessioni, inutili e sempre esagerate?
L'agente Beppe Caschetto, al quale Fazio fa gli auguri in diretta televisiva nel giorno del suo compleanno, tiene in pugno la tv di Stato, perché buona parte di artisti, conduttori, comici e comparse vengono dalla sua scuderia. Ed è perciò da considerare l'incaricato di fatto del casting televisivo.
Tre anni fa un giornale gli fece i conti in tasca, ed arrivò a dire - ma noi pensiamo che la cifra finale manchi per difetto - che alla sua agenzia arrivano ogni anno 40 milioni di compensi, che sarebbe quanto guadagnano i suoi rappresentati, insieme.
Ma Fazio quanto guadagna? Mai nessuno lo ha detto con la medesima precisione con cui, in questi giorni in cui si torna a parlare del calmiere ai compensi, anche degli artisti, si sono resi noti i compensi di Piero Angela - ma non è quasi scandaloso che lavori ancora alla sua veneranda età pagato 600.000 Euro circa ogni anno? Non basta già il figlio?; di Bruno Vespa - che ha dichiarato che il Ministero dell'economia proprietario della Rai troverà una soluzione al problema dell'applicazione del calmiere, che potrebbe svuotare la tv di Stato dei gioielli, così chiamati anche perché costosissimi! e di Carlo Conti - del quale però è stata resa nota solo la cifra del suo compenso a Sanremo - come della burrosa conduttrice della prova del cuoco, Antonella Clerici.
Di Fazio no, mai una cifra sicura, anche se tutti sanno che lui, in proporzione, guadagna più di Vespa, che certamente non se la passa male.
Che farebbe la Rai se tutto questo carrozzone costosissimo, le cui ruote vengono letteralmente oleate con bigliettoni verdi e viola, si trasferisse altrove? La Rai, povera Rai, rimarrebbe orfana, e forse mentre risparmierebbe da una lato forse perderebbe introiti pubblicitari che seguono le star?
Abbastanza curioso è il silenzio dei diretti interessati i quali non ripetono ora quello che senza eccezione hanno sempre detto, e cioè che la Rai è la Rai, è la loro azienda, non andrebbero via dalla Rai perchè sembrerebbe a loro come andar via da casa. E certo che è una casa accogliente, ti pare che andrebbero via? Sì, ma se cambia la pigione che la Rai paga ai suoi inquilini, e non il contrario si badi bene, loro vanno via.
Ma insomma quanto guadagna Fabio Fazio? Non lo sapremo mai ufficialmente, anche se proprio oggi abbiamo letto su qualche giornale che il suo contratto in Rai è di appena due milioni di Euro a stagione; sappiamo, con precisione, che quando andò via dalla tv, che poi è diventata La 7, si fece dare tanti di quei soldi che noi tutti ci auguriamo li abbia ben investiti e gli rendano il dovuto, da ora alla eternità. Perché se un giorno dovesse venire a piangere miseria, gli dovremmo concedere anche i benefici della 'Legge Bacchelli' per il suo meritevole servizio alla comunità ed alla Repubblica. Ma anche a Beppe Caschetto, dovesse finire come Lele Mora?
Ma quanto guadagna Fazio anche per tutte queste genuflessioni, inutili e sempre esagerate?
L'agente Beppe Caschetto, al quale Fazio fa gli auguri in diretta televisiva nel giorno del suo compleanno, tiene in pugno la tv di Stato, perché buona parte di artisti, conduttori, comici e comparse vengono dalla sua scuderia. Ed è perciò da considerare l'incaricato di fatto del casting televisivo.
Tre anni fa un giornale gli fece i conti in tasca, ed arrivò a dire - ma noi pensiamo che la cifra finale manchi per difetto - che alla sua agenzia arrivano ogni anno 40 milioni di compensi, che sarebbe quanto guadagnano i suoi rappresentati, insieme.
Ma Fazio quanto guadagna? Mai nessuno lo ha detto con la medesima precisione con cui, in questi giorni in cui si torna a parlare del calmiere ai compensi, anche degli artisti, si sono resi noti i compensi di Piero Angela - ma non è quasi scandaloso che lavori ancora alla sua veneranda età pagato 600.000 Euro circa ogni anno? Non basta già il figlio?; di Bruno Vespa - che ha dichiarato che il Ministero dell'economia proprietario della Rai troverà una soluzione al problema dell'applicazione del calmiere, che potrebbe svuotare la tv di Stato dei gioielli, così chiamati anche perché costosissimi! e di Carlo Conti - del quale però è stata resa nota solo la cifra del suo compenso a Sanremo - come della burrosa conduttrice della prova del cuoco, Antonella Clerici.
Di Fazio no, mai una cifra sicura, anche se tutti sanno che lui, in proporzione, guadagna più di Vespa, che certamente non se la passa male.
Che farebbe la Rai se tutto questo carrozzone costosissimo, le cui ruote vengono letteralmente oleate con bigliettoni verdi e viola, si trasferisse altrove? La Rai, povera Rai, rimarrebbe orfana, e forse mentre risparmierebbe da una lato forse perderebbe introiti pubblicitari che seguono le star?
Abbastanza curioso è il silenzio dei diretti interessati i quali non ripetono ora quello che senza eccezione hanno sempre detto, e cioè che la Rai è la Rai, è la loro azienda, non andrebbero via dalla Rai perchè sembrerebbe a loro come andar via da casa. E certo che è una casa accogliente, ti pare che andrebbero via? Sì, ma se cambia la pigione che la Rai paga ai suoi inquilini, e non il contrario si badi bene, loro vanno via.
Ma insomma quanto guadagna Fabio Fazio? Non lo sapremo mai ufficialmente, anche se proprio oggi abbiamo letto su qualche giornale che il suo contratto in Rai è di appena due milioni di Euro a stagione; sappiamo, con precisione, che quando andò via dalla tv, che poi è diventata La 7, si fece dare tanti di quei soldi che noi tutti ci auguriamo li abbia ben investiti e gli rendano il dovuto, da ora alla eternità. Perché se un giorno dovesse venire a piangere miseria, gli dovremmo concedere anche i benefici della 'Legge Bacchelli' per il suo meritevole servizio alla comunità ed alla Repubblica. Ma anche a Beppe Caschetto, dovesse finire come Lele Mora?
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giovedì 23 febbraio 2017
Tutti per il Paese, nessuno per se stesso
Da qualche tempo, sempre più spesso, in questo blog compaiono post di argomento tutt'altro che musicale. Vorrete condannarci se ogni tanto distogliamo lo sguardo dal nostro mondo, quello della musica, dove comunque non sono tutte rose e fiori, per allargare l'orizzonte?
Se ci fermassimo alle parole dei politici, specie di quelli che ci governano, e concedessimo loro il massimo di credito, dovremmo ammettere che per tutto il tempo in cui governano non hanno altro pensiero per la testa che il bene del Paese.
Poi, invece, se ci prendiamo la briga di verificare come razzolano tizio o caio che abbiamo ascoltato predicar bene, le cose cambiano dal giorno alla notte, e si fa buio pesto.
Vogliamo parlare di Vasco Errani, uno nel mazzo? Pezzo da novanta del PD emiliano, appena scagionato da un'accusa di cui non ricordiamo il contenuto, per la sua passata responsabilità di governo della sua Regione, durante il quale ha gestito anche il terremoto e post terremoto, è stato nominato dal passato governo, quello di Renzi e confermato da Gentiloni, commissario straordinario per il terremoto. Lo abbiamo visto speso girare per le desolate zone terremotate, ed anche come accompagnatore di premier e ministri in quelle zone. Ora un commissario 'per il terremoto' in una zona in cui le scosse non accennano a diminuire, avrà da fare, ogni giorno, ogni ora, ogni minuto? Certo. E comunque non basterebbe. Perché per risolvere gli infiniti problemi le sue giornate dovrebbero durare dalle 48 alle 76 ore. E forse solo allora lavorerebbe con l'efficienza necessaria.
E invece che ti fa l'Errani, Vasco. Trova il tempo per andare nella sua sezione PD, a Ravenna, per dichiarare ai suoi compagni di sezione che lui lascia il PD, e si mette sulla strada degli altri compagni scissionisti. Ma, ha assicurato, che non lascerà l'incarico commissariale. Ma forse dovrà necessariamente trascurarlo.
Senza voler apparire per il difensore non richiesto di quella mammoletta che è Renzi, al quale tutti hanno rimproverato di aver fatto perdere all'Italia una intera stagione politica, impegnando le forze di governo e di opposizione sui temi del referendum del 4 dicembre, vorremmo far notare che fra gli accusatori dell'ex premier, c'era anche Emiliano, governatore pugliese, il quale per far campagna contro Renzi, quando era ancora premier, andava dicendo che al governo i problemi della sua governata Puglia non interessavano affatto, mentre a lui sì, E citava il caso drammatico dell'Ilva di Taranto, ma anche il referendum sulle trivelle che toglieva responsabilità al governatore che invece la voleva perché solo così si sentiva pienamente responsabile della sua Regione, ed in grado di dare risposta alle numerose richieste.. Ora, ad Emiliano che da qualche settimana sta ogni giorno, dall'alba a notte fonda, in tv, e perciò lontano anche con la testa dal governo della sua Puglia, è lecito domandare quando si occupa dell'Ilva, sempre che il problema esista ancora.
Possiamo chiedere anche a lui di razzolare bene, esattamente come va predicando?
E poi ci verrebbe da chiedere ai medici che si sono opposti al bando regionale del Lazio relativo all'assunzione di due medici per l'Ospedale s.Camillo, due ginecologi, che non si dichiarino obiettori in fatto di interruzione della gravidanza, se esiste una legge dello Stato in materia e se tale legge è osservata in tutte le strutture sanitarie del paese. Perché se tale legge viene di fatto disattesa, allora la decisione del governatore Zingaretti è più che motivata, essendo altissima la percentuale dei medici obiettori ( che va dall'80 addirittura ad oltre il 90%) Che si opponga la Conferenza episcopale è perfino pleonastico notarlo; ma che lo faccia lo stesso Ministro della salute (che però, non si dimentichi, viene da un partito che a parole si dichiara cattolico, di ispirazione, ed ora, in previsione delle elezioni, non vuole correre il rischio di perdere l'appoggio degli elettori cattolici), è grave; mentre incomprensibile risulta il diverso parere dei medici del Lazio (negativo), e, a favore, quello dell'Ordine nazionale.
Mentre, come molti sanno, specie se ci sono passati loro stessi o qualche loro congiunto o conoscente, fra gli obiettori non sono pochi coloro che in strutture private l'aborto lo praticano, a pagamento, e facendo cartelle false, senza chiedersi se così facendo non mettono alcune donne, che non dispongono dei soldi necessari, in pericolo di vita. A questi mascalzoni, altro che medici, mai nessun ordine professionale ha chiesto il conto, e nei rarissimi casi in cui un conto gli si è chiesto, lo ha fatto la magistratura. Solo la magistratura.
L'anomalia dell'Italia sta nel suo DNA: l'unica certezza è che non c'è nulla di certo. Il caso Roma
Raccontiamo una storiella ingenua, d'altri tempi e paesi. In gioventù, durante gli anni di studio, d'estate, facemmo speso viaggi in Europa. Viaggi molto utili - quando l'Erasmus non c'era ancora - dei quali serbiamo vivo il ricordo.
In uno di questi viaggi ci fermammo per una settimana o poco più a Ginevra. Per l'occasione una nostra amica, che molti anni prima era stata in quella capitale, ci regalò una piantina della città contenente anche linee ed orari dei mezzi pubblici. Pensammo naturalmente che le linee potevano essere rimaste le stesse, ma che gli orari erano certamente cambiati dopo tanto tempo. No, tutto era come una decina e più d'anni prima; e lì i mezzi pubblici non solo rispettavano gli orari ma arrivavano puntuali, come un orologio. Svizzero.
In questi giorni, quando cambia tutto ogni momento anche in campi molto delicati, ci è venuta in mente quella storiella dei mezzi pubblici di Ginevra, e per questo ve l'abbiamo raccontata. Possibile che a Roma - ma il discorso vale anche per buona parte del Paese - non c'è nessuna decisione, anche fra quelle prese in tempi ravvicinati, e su temi di un certo interesse e peso, sulla quale si possa fare affidamento? Qualche esempio.
Rovente, nelle ultime ore, s'è fatta la polemica sul benedetto stadio della Roma. Nel 2014 il gabinetto Marino approvò in linea di massima il progetto. E un cittadino qualunque, anche sapendo che non siamo a Ginevra, immagina che il noto chirurgo avesse fatto le sue riflessioni sulla idoneità del sito, sull'impatto con altri manufatti architettonici in loco, sulla possibilità che vi fosse lì il pericolo di inondazioni ecc... Fra parentesi, le riflessioni doveva farle sì Marino ma sulla base di pareri tecnici di geologi, urbanisti, architetti e storici. Lui cosa poteva capire di queste materie?
La stessa domanda, ovviamente, ce la facciamo, oggi, sulla più strenua oppositrice al progetto (ma anche della sindaca), la grillina Lombardi: cosa capisce di questa materia? Perchè allora non sta zitta? E potremmo farcela anche su Grillo, il nuovo sindaco di Roma, od anche sul suo vice, Virginia Raggi e sul suo capo gabinetto, Luca Bergamo.
Perchè il sindaco Grillo fa capire che lo stadio non si potrà fare, dunque punto e a capo. Ma poi dice che a decidere non è lui, benché sindaco di Roma, ma il suo vice,Virginia Raggi, ed i consiglieri, oltre naturalmente al capo gabinetto. I quali più che basarsi sulla fattibilità dello stadio - sulla quale non s'era già pronunciato Marino a suo tempo? - si interrogano se l'A.S.Roma ed il costruttore Parnasi, in caso di risposta negativa, faranno al Comune una richiesta di danni.
Ed allora il sindaco, Grillo, d'accordo con il vice, Raggi, ha studiato una via d'uscita doppia: lo stadio si può fare ma non lì - prima ipotesi; lo stadio - seconda ipotesi - si può fare, ma deve essere rivista la cubatura dello spazio occupato.
All'una come all'altra ipotesi è evidente che l'A.S. Roma dirà di no, e con ciò sgraverà il Comune dei furbetti da ogni responsabilità e gli potrà evitare la richiesta di danni.
Ha ragione il patron della Roma, Pallotta, quando dice che se la risposta del Comune sarà negativa recherà un gravissimo danno alla città ed anche al paese, e che si potrà anche dire addio agli investitori esteri. Chi di loro sarà così pazzo da venire ad investire in un paese dove ogni giorno tutto cambia, e dove nessuna decisione, presa in tutta lentezza, è mai sicura, per evidente incapacità di governare?
Il sindaco Grillo, per indorare la pillola che forse fra breve alla città dovrà far ingoiare - ma noi ci auguriamo che a quel punto, i cittadini romani mettano una croce da morto sopra il futuro dei Cinquestelle - lancia la palla al Governo sulla necessità di uno statuto speciale di Roma Capitale. E poi per mostrare come la cultura a lui come anche alla vice Raggi, ed all'assessore alla 'ricrescita' stia tanto a cuore, si fa fotografare mentre visita il cantiere del Teatro Valle, non ancora aperto, ma solo annunciato e da mesi; mentre certe sono le ultime decisioni barbariche in fatto di cultura, come la chiusura dello storico Teatro dell'Orologio, e la cancellazione della 'Casa delle letterature', con lo spostamento della sua inventrice, Maria Ida Gaeta, ad altro incarico ed il conseguente annullamento del 'Festival di Massenzio' che di quella 'Casa' era la naturale filiazione, da quasi vent'anni.
Chissà se, almeno d'ora in avanti, il consiglio di Concita De Gregorio sarà ascoltato dai Grillini per Roma. Siccome non siete capaci di fare nulla di nuovo che abbia un senso ed un valore, almeno non distruggete quel poco che di buono già c'è - ha consigliato la giornalista, oggi, su Repubblica.
In uno di questi viaggi ci fermammo per una settimana o poco più a Ginevra. Per l'occasione una nostra amica, che molti anni prima era stata in quella capitale, ci regalò una piantina della città contenente anche linee ed orari dei mezzi pubblici. Pensammo naturalmente che le linee potevano essere rimaste le stesse, ma che gli orari erano certamente cambiati dopo tanto tempo. No, tutto era come una decina e più d'anni prima; e lì i mezzi pubblici non solo rispettavano gli orari ma arrivavano puntuali, come un orologio. Svizzero.
In questi giorni, quando cambia tutto ogni momento anche in campi molto delicati, ci è venuta in mente quella storiella dei mezzi pubblici di Ginevra, e per questo ve l'abbiamo raccontata. Possibile che a Roma - ma il discorso vale anche per buona parte del Paese - non c'è nessuna decisione, anche fra quelle prese in tempi ravvicinati, e su temi di un certo interesse e peso, sulla quale si possa fare affidamento? Qualche esempio.
Rovente, nelle ultime ore, s'è fatta la polemica sul benedetto stadio della Roma. Nel 2014 il gabinetto Marino approvò in linea di massima il progetto. E un cittadino qualunque, anche sapendo che non siamo a Ginevra, immagina che il noto chirurgo avesse fatto le sue riflessioni sulla idoneità del sito, sull'impatto con altri manufatti architettonici in loco, sulla possibilità che vi fosse lì il pericolo di inondazioni ecc... Fra parentesi, le riflessioni doveva farle sì Marino ma sulla base di pareri tecnici di geologi, urbanisti, architetti e storici. Lui cosa poteva capire di queste materie?
La stessa domanda, ovviamente, ce la facciamo, oggi, sulla più strenua oppositrice al progetto (ma anche della sindaca), la grillina Lombardi: cosa capisce di questa materia? Perchè allora non sta zitta? E potremmo farcela anche su Grillo, il nuovo sindaco di Roma, od anche sul suo vice, Virginia Raggi e sul suo capo gabinetto, Luca Bergamo.
Perchè il sindaco Grillo fa capire che lo stadio non si potrà fare, dunque punto e a capo. Ma poi dice che a decidere non è lui, benché sindaco di Roma, ma il suo vice,Virginia Raggi, ed i consiglieri, oltre naturalmente al capo gabinetto. I quali più che basarsi sulla fattibilità dello stadio - sulla quale non s'era già pronunciato Marino a suo tempo? - si interrogano se l'A.S.Roma ed il costruttore Parnasi, in caso di risposta negativa, faranno al Comune una richiesta di danni.
Ed allora il sindaco, Grillo, d'accordo con il vice, Raggi, ha studiato una via d'uscita doppia: lo stadio si può fare ma non lì - prima ipotesi; lo stadio - seconda ipotesi - si può fare, ma deve essere rivista la cubatura dello spazio occupato.
All'una come all'altra ipotesi è evidente che l'A.S. Roma dirà di no, e con ciò sgraverà il Comune dei furbetti da ogni responsabilità e gli potrà evitare la richiesta di danni.
Ha ragione il patron della Roma, Pallotta, quando dice che se la risposta del Comune sarà negativa recherà un gravissimo danno alla città ed anche al paese, e che si potrà anche dire addio agli investitori esteri. Chi di loro sarà così pazzo da venire ad investire in un paese dove ogni giorno tutto cambia, e dove nessuna decisione, presa in tutta lentezza, è mai sicura, per evidente incapacità di governare?
Il sindaco Grillo, per indorare la pillola che forse fra breve alla città dovrà far ingoiare - ma noi ci auguriamo che a quel punto, i cittadini romani mettano una croce da morto sopra il futuro dei Cinquestelle - lancia la palla al Governo sulla necessità di uno statuto speciale di Roma Capitale. E poi per mostrare come la cultura a lui come anche alla vice Raggi, ed all'assessore alla 'ricrescita' stia tanto a cuore, si fa fotografare mentre visita il cantiere del Teatro Valle, non ancora aperto, ma solo annunciato e da mesi; mentre certe sono le ultime decisioni barbariche in fatto di cultura, come la chiusura dello storico Teatro dell'Orologio, e la cancellazione della 'Casa delle letterature', con lo spostamento della sua inventrice, Maria Ida Gaeta, ad altro incarico ed il conseguente annullamento del 'Festival di Massenzio' che di quella 'Casa' era la naturale filiazione, da quasi vent'anni.
Chissà se, almeno d'ora in avanti, il consiglio di Concita De Gregorio sarà ascoltato dai Grillini per Roma. Siccome non siete capaci di fare nulla di nuovo che abbia un senso ed un valore, almeno non distruggete quel poco che di buono già c'è - ha consigliato la giornalista, oggi, su Repubblica.
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mercoledì 22 febbraio 2017
Spira mirabilis, un miracolo? No, il vero miracolo è Formigine
Se ne parla da anni, almeno dal 2007 quando un bel gruppo di giovani valenti musicisti, fra i quali Lorenza Borrani, ex Scuola di Musica di Fiesole, spalla di alcune importanti orchestre, diede vita ad un esperimento che, all'inizio non sembrava, così originale. In che cosa consisteva.
Un gruppo non tanto esiguo, diciamo una vera orchestra, in formazione 'classica', s'era accordata per lavorare senza direttore, riunendosi due o tre volte l'anno, a proprie spese, in una piccola cittadina del modenese, studiare per una settimana insieme un programma, che i singoli avevano già studiato ed approfondito, ed alla fine presentarsi davanti al pubblico a suonare.
I giornali, che solitamente fanno casino senza chiedesi se è il caso, hanno parlato della morte del direttore, del despota che dal podio impone la sua volontà, la sua visione, a tutti, senza sentire ragioni, come vuole una certa letteratura che nell'autorità del direttore d'orchestra crede incarnarsi il mito del dittatore.
In buona sostanza non è la prima orchestra che suona senza direttore, anche se nei casi già esistenti si è sempre trattato di organici cameristici. Un gruppo di musicisti, piccolo, medio o mediogrande che sia, si riuniscono studiano insieme per arrivare ad un risultato che, nell'orchestra classica, viene indicato, e forse imposto dal direttore. A sostegno della loro tesi di libertà portano innumerevoli esempi di direttori-dittatori, a cominciare da Toscanini per finire a karajan.
Noi siamo del parere, pur riconoscendo la lodevole iniziativa di riunirsi in una mirabile spirale ( Spira mirabilis) per far circolare da uno all'altro ciò che i singoli hanno appreso e scoperto studiando, che alla fine una visione d'insieme deve emergere ed anche prevalere ed essere imposta. Si dirà che nel caso in oggetto l'imposizione non sembra tale. Comunque in questo esperimento ci colpisce l'entusiasmo dei singoli e la loro determinata volontà a riunirsi e far nascere lì l'opera che i singoli hanno studiato. Per ora, con tutta la benevolenza possibile, si tratta di un esperimento, i cui risultati sembrano apprezzabili e basta. Contenti i singoli, contenti anche noi.
Il vero miracolo di 'Spira mirabilis' l'ha fatto la cittadina di Formigine, dove tre o quattro volte l'anno i giovani musicisti si riuniscono, studiano per preparare un programma da concerto e poi si presentano al pubblico del modenese, e, da qualche tempo, anche altrove ( Londra, Milano ecc..) ovunque ammirati.
Formigini ha costruito un auditorium, 400 posti, che ha chiamato con il nome della gloriosa loro creatura strumentale, i cui componenti sono considerati alla stregua di figli dagli abitanti di Formigini, che nelle settimane di studio, li accolgono nelle loro famiglie e - ci dicono- li coccolano anche.
Capite, un nuovo auditorium in un paese che alla musica dedica un attenzione e risorse pari, se non al di sotto dello zero. E' questo il vero miracolo. Con il contributo della Fondazione della Cassa di Risparmio di Modena e della Regione Emilia Romagna, il Comune ha racimolato i 900.000 Euro del costo dell'auditorium, compresi i necessari sevizi, e lo ha costruito a beneficio innanzitutto dei giovani musicisti, come anche di altri e di diverse attività.
Lo abbiamo appreso soltanto ieri, dai giornali, da quegli stessi giornali per i quali, evidentemente, l'inaugurazione dell'Auditorium, più di due anni fa, non è stata considerata un notizia. Quanto meno, anche a noi, avidi lettori, è fuggita.
P.S. La notizia ci ha riempito di gioia ed anche, un pò, di tristezza riandando agli anni in cui ci fu affidata la direzione artistica di un festival. Ad una analoga iniziativa stavamo pensando, e cioè a far diventare Città di Castello, sede del Festival delle Nazioni, la residenza di una delle orchestre giovanili di prestigio ( Cherubini, Mozart, od anche della stessa Verdi, che in quella edizione fu l'orchestra residente del festival, ogni estate). I notabili, famelici, della cittadina non ce ne diedero il tempo; ed ora l'attuale direzione artistica ricorre ogni anno, per un paio di concerti, alla stessa orchestra, nella speranza che la direzione dell'orchestra lo chiami a dirigerla (il direttore del Festival). Semplice malignità? Non del tutto.
Un gruppo non tanto esiguo, diciamo una vera orchestra, in formazione 'classica', s'era accordata per lavorare senza direttore, riunendosi due o tre volte l'anno, a proprie spese, in una piccola cittadina del modenese, studiare per una settimana insieme un programma, che i singoli avevano già studiato ed approfondito, ed alla fine presentarsi davanti al pubblico a suonare.
I giornali, che solitamente fanno casino senza chiedesi se è il caso, hanno parlato della morte del direttore, del despota che dal podio impone la sua volontà, la sua visione, a tutti, senza sentire ragioni, come vuole una certa letteratura che nell'autorità del direttore d'orchestra crede incarnarsi il mito del dittatore.
In buona sostanza non è la prima orchestra che suona senza direttore, anche se nei casi già esistenti si è sempre trattato di organici cameristici. Un gruppo di musicisti, piccolo, medio o mediogrande che sia, si riuniscono studiano insieme per arrivare ad un risultato che, nell'orchestra classica, viene indicato, e forse imposto dal direttore. A sostegno della loro tesi di libertà portano innumerevoli esempi di direttori-dittatori, a cominciare da Toscanini per finire a karajan.
Noi siamo del parere, pur riconoscendo la lodevole iniziativa di riunirsi in una mirabile spirale ( Spira mirabilis) per far circolare da uno all'altro ciò che i singoli hanno appreso e scoperto studiando, che alla fine una visione d'insieme deve emergere ed anche prevalere ed essere imposta. Si dirà che nel caso in oggetto l'imposizione non sembra tale. Comunque in questo esperimento ci colpisce l'entusiasmo dei singoli e la loro determinata volontà a riunirsi e far nascere lì l'opera che i singoli hanno studiato. Per ora, con tutta la benevolenza possibile, si tratta di un esperimento, i cui risultati sembrano apprezzabili e basta. Contenti i singoli, contenti anche noi.
Il vero miracolo di 'Spira mirabilis' l'ha fatto la cittadina di Formigine, dove tre o quattro volte l'anno i giovani musicisti si riuniscono, studiano per preparare un programma da concerto e poi si presentano al pubblico del modenese, e, da qualche tempo, anche altrove ( Londra, Milano ecc..) ovunque ammirati.
Formigini ha costruito un auditorium, 400 posti, che ha chiamato con il nome della gloriosa loro creatura strumentale, i cui componenti sono considerati alla stregua di figli dagli abitanti di Formigini, che nelle settimane di studio, li accolgono nelle loro famiglie e - ci dicono- li coccolano anche.
Capite, un nuovo auditorium in un paese che alla musica dedica un attenzione e risorse pari, se non al di sotto dello zero. E' questo il vero miracolo. Con il contributo della Fondazione della Cassa di Risparmio di Modena e della Regione Emilia Romagna, il Comune ha racimolato i 900.000 Euro del costo dell'auditorium, compresi i necessari sevizi, e lo ha costruito a beneficio innanzitutto dei giovani musicisti, come anche di altri e di diverse attività.
Lo abbiamo appreso soltanto ieri, dai giornali, da quegli stessi giornali per i quali, evidentemente, l'inaugurazione dell'Auditorium, più di due anni fa, non è stata considerata un notizia. Quanto meno, anche a noi, avidi lettori, è fuggita.
P.S. La notizia ci ha riempito di gioia ed anche, un pò, di tristezza riandando agli anni in cui ci fu affidata la direzione artistica di un festival. Ad una analoga iniziativa stavamo pensando, e cioè a far diventare Città di Castello, sede del Festival delle Nazioni, la residenza di una delle orchestre giovanili di prestigio ( Cherubini, Mozart, od anche della stessa Verdi, che in quella edizione fu l'orchestra residente del festival, ogni estate). I notabili, famelici, della cittadina non ce ne diedero il tempo; ed ora l'attuale direzione artistica ricorre ogni anno, per un paio di concerti, alla stessa orchestra, nella speranza che la direzione dell'orchestra lo chiami a dirigerla (il direttore del Festival). Semplice malignità? Non del tutto.
Virginia Raggi 'sei uno scoglio'! subito corretto in 'sei una roccia'!
Chi ha assistito al colloquio privatissimo fra i badanti della sindaca di Roma e la ditta 'grillo & casaleggio associati' non ha potuto notare come gli apprezzamenti 'ufficiali' nei riguardi della giovane amministratrice - inadeguata! - abbiano seguito l'analisi spietata del suo operare ed il bilancio chiaramente negativo di quanto fatto finora. Analisi e bilanci negativi privati; apprezzamenti pubblici.
Ad un certo punto Grillo se ne è uscito con Virginia 'sei uno scoglio' per la nostra attività, per il buon nome del movimento e per la città di Roma ridotta come tutti sappiamo. La migliore soluzione sarebbe la rimozione, se fosse semplice!
Accortosi in tempo, il più attento Casaleggio, che quell'uscita del capo era stata colta da qualche orecchio indiscreto, ha dovuto correggere, dopo essersi schiarita la voce con il classico colpo di tosse che voleva essere un segnale per il capo, che 'Virginia è una roccia', tetragona, che nessun vento può spazzare via, oltre i romani stessi che ci stanno già pensando in previsione delle prossime elezioni che non è detto non avvengano molto prima della scadenza naturale della legislatura comunale, dati i risultati, del tutto negativi ed inconsistenti.
Il discorso che ne è seguito, centrato quasi interamente sulla prossima possibile gaffe del sindaco, riguardava il benedetto 'Stadio della Roma', sul quale di recente si è abbattuto un altro fulmine inviato dalla sovrintendenza che solo ora si accorge che in quella zona c'è un manufatto di architettura d'autore in rovina, ma da salvaguardare; ed interviene, anche se fuori tempo massimo ed anche fuori luogo e fuori causa, trattandosi di un manufatto, in condizioni pietose che dovrebbe convincere al suo abbattimento, anche per la presenza consistente di amianto.
Non si è capito bene se tale intervento mira a generare altro casino in una matassa già molto aggrovigliata, o è un punto a favore della sindaca, qualora dovesse decidere - per non si sa quale coerenza - di vietarne la costruzione, almeno secondo le modalità dell'attuale progetto.
Insomma sotto il cielo di Roma la confusione è grande, ed ancora maggiore è la confusione a terra, dove la sindaca è nel pallone e nulla possono più fare i componenti la ditta, anche con le correzioni pubbliche (Virginia sei una roccia) e le accuse private( Virginia sei uno scoglio)
Ad un certo punto Grillo se ne è uscito con Virginia 'sei uno scoglio' per la nostra attività, per il buon nome del movimento e per la città di Roma ridotta come tutti sappiamo. La migliore soluzione sarebbe la rimozione, se fosse semplice!
Accortosi in tempo, il più attento Casaleggio, che quell'uscita del capo era stata colta da qualche orecchio indiscreto, ha dovuto correggere, dopo essersi schiarita la voce con il classico colpo di tosse che voleva essere un segnale per il capo, che 'Virginia è una roccia', tetragona, che nessun vento può spazzare via, oltre i romani stessi che ci stanno già pensando in previsione delle prossime elezioni che non è detto non avvengano molto prima della scadenza naturale della legislatura comunale, dati i risultati, del tutto negativi ed inconsistenti.
Il discorso che ne è seguito, centrato quasi interamente sulla prossima possibile gaffe del sindaco, riguardava il benedetto 'Stadio della Roma', sul quale di recente si è abbattuto un altro fulmine inviato dalla sovrintendenza che solo ora si accorge che in quella zona c'è un manufatto di architettura d'autore in rovina, ma da salvaguardare; ed interviene, anche se fuori tempo massimo ed anche fuori luogo e fuori causa, trattandosi di un manufatto, in condizioni pietose che dovrebbe convincere al suo abbattimento, anche per la presenza consistente di amianto.
Non si è capito bene se tale intervento mira a generare altro casino in una matassa già molto aggrovigliata, o è un punto a favore della sindaca, qualora dovesse decidere - per non si sa quale coerenza - di vietarne la costruzione, almeno secondo le modalità dell'attuale progetto.
Insomma sotto il cielo di Roma la confusione è grande, ed ancora maggiore è la confusione a terra, dove la sindaca è nel pallone e nulla possono più fare i componenti la ditta, anche con le correzioni pubbliche (Virginia sei una roccia) e le accuse private( Virginia sei uno scoglio)
lunedì 20 febbraio 2017
Dallo stadio della Roma alle Terme di Caracalla. Storie che si ripetono
Premessa. A noi dello stadio della Roma, come di qualunque altro stadio di ieri, oggi e domani non frega assolutamente nulla, perché geneticamente estranei al mondo dello sport ed ancor più a quello del calcio.
Perché occuparcene, allora? Semplicemente perché ci sono fatti che non possono esser ignorati, per la singolare tempistica ed anche per il contenuto.
Partiamo dallo stadio che l'A.S. Roma vuole costruire a Tor di Valle e per il quale da anni ha presentato un progetto, approvato in linea di massima da Marino, ora rimesso in discussione dalla Raggi e dal suo ormai ex assessore Berdini.
Perchè questo voltafaccia? Perchè la Raggi è incapace a governare ed anche, semplicemente, a decidere, commissariata dal Movimento che l'ha candidata e sfiduciata dagli stessi ignari e disperati romani che l'hanno votata.
Anni fa, Raggi compresa, i Cinquestelle si opposero a quel progetto, come succesivamente, una volta al governo della città, si sono opposti alle Olimpiadi ed a qualunque cosa venisse proposta, per il terrore di sbagliare ed aggiungere errore ed errori che possono costare al Movimento un forte arretramento nel gradimento degli elettori.
Berdini, l'ex assessore, un mastino messo a guardia del territorio per difenderlo dagli assalti dei cementificatori, dice no! a tutto; la Raggi non è dello stesso parere - perchè ha cambiato idea - ed anche Grillo ed i suoi luogotenenti, Di Maio e Dibba, assicurano che lo Stadio si farà. Anche perchè sanno che, in caso contrario, avrebbero contro mezza Roma - non il costruttore - ma tutti i romanisti, esclusi ovviamente i laziali che rappresentano l'altra metà del pianeta cittadino. E avrebbero contro anche Totti, il nono re di Roma, soprannominato il 'pupone', al quale la sindaca avrebbe assicurato, pubblicamente, almeno sembra, esito positivo al progetto dello stadio.
Adesso, alla vigilia dell'esame del progetto e del definitivo parere del Comune, che sembra tuttavia ancora titubante, arriva una tegola sulla testa dei Romanisti che potrebbe, eventualmente, salvare la faccia alla Raggi, qualora si riconvertisse al no. E cioè una specie di AVVISO DI GARANZIA della sovrintendenza che avverte: quella zona non va toccata e soprattutto non va toccato il manufatto delle gradinate coperte dell'antico ippodromo di Tor di Valle, emblema dell'architettura degli ani 50, dismesso definitivamente quattro o cinque anni fa, ed ora in totale abbandono. La palla passa nelle mani del Ministero che dovrebbe pronunciarsi tra breve. L'AVVISO DI GARANZIA, cosiddetto, giunge proprio alla viglia delle grandi decisioni comunali. E lo invia la sovrintendente Eichberg, il cui fratello - e qui siamo nella fantascienza - è a capo di una società della Lazio.
Sergio Rizzo, ha fatto oggi notare sul Corriere che quel manufatto dell'architetto Lafuente, è a rischio crollo e avrebbe dovuto anche essere da tempo abbattuto, quantomeno bonificato dall'amianto. Perché, si domanda, se era così importante, non lo si è restaurato in tempo né bonificato? Ed invece lo si fa ora, per entrare forzatamente in gioco, con una carta truccata, sul progetto 'stadio' della Roma?
Le domande di Rizzo non sono fuori luogo, né si possono liquidare con la parentela della sovrintendente con il club avverso. Non scherziamo. Anche perchè Rizzo ricorda agli ignari Cinquestelle ed ai romani che li sostengono che in pieno centro c'è lo Stadio Flaminio, opera dell'arch.Nervi, in rovina, e che all'Eur, il velodromo è stato abbattuto con la dinamite e lì dove sorgeva, ora ci sono sterpaglie ed immondizie. Perchè, riflette Rizzo, fervore e tempistica sospetti per Tor di Valle?
Ed ora che c'entra lo stadio della Roma con le Terme di Caracalla, se non per il fatto che la tradizione ed anche la rima vuole che a Caracalla gli antichi romani giocavano a palla?
C'entra con una storia vecchia di un quarto di secolo, legata all'agibilità delle Terme ed alla opportunità e capacità di ospitare spettacoli operistici con grande affluenza di pubblico.
Le Terme ospitarono la prima volta spettacoli d'opera, negli anni Trenta, molti anni dopo Verona, per espressa volontà del Duce, e vi si rappresentò nella prima stagione Lucia di Donizetti. E si sa che di lì sono passati tutti i grandi nomi della lirica mondiale. Poi...poi negli anni Novanta, dopo la sovrintendenza Vlad, furono vietate agli spettacoli d'opera, esattamente negli anni in cui in quella stessa sovrintendenza, a Roman Vlad era succeduto Gian Paolo Cresci.
In quegli stessi anni Licia Borrelli, sorella del procuratore capo milanese e moglie di Roma Vlad era una dirigente del Ministero e della Sovrintendenza dalla quale dipendeva anche la vigilanza sulle Terme. Recentemente Licai Borrelli è stata intervistata per Repubblica da Gnoli che ne ha lodato gli indiscussi meriti di studiosa e dirigente statale; proprio quell'intervista ci ha fatto venire in mente il caso che stiamo per raccontarvi). Secondo la Borrelli, le Terme non potevano più ospitare spettacoli d'opera, perchè bisognose di lavori urgenti di manutenzione e consolidamento. E così a Cresci vennero inibite le stagioni estive dell'Opera a Caracalla, che qualche anno prima erano state concesse a Vlad; evidentemente con il passaggio di Vlad le Terme avevano subito gravi danni - verrebbe da pensare.
Non è la prima volta che ne scriviamo. Lo facemmo anche all'epoca, notando che le cattive condizioni di stabilità delle terme erano tali anche sotto la sovrintendenza di suo marito. Ma lei non le chiuse. Lo fece dopo che suo marito era andato via all'Opera e gli era succeduto Cresci.
Naturalmente nulla di penalmente rilevante e di formalmente irregolare nell'azione della Borrelli - esattamente come nel caso dell'intervento della Eichberg su Tor di Valle. Però a noi qualche sospetto, tuttavia, desta il fatto della tempistica, tralasciando, nel caso di Tor di Valle, il fattore 'consanguineità'.
Perché occuparcene, allora? Semplicemente perché ci sono fatti che non possono esser ignorati, per la singolare tempistica ed anche per il contenuto.
Partiamo dallo stadio che l'A.S. Roma vuole costruire a Tor di Valle e per il quale da anni ha presentato un progetto, approvato in linea di massima da Marino, ora rimesso in discussione dalla Raggi e dal suo ormai ex assessore Berdini.
Perchè questo voltafaccia? Perchè la Raggi è incapace a governare ed anche, semplicemente, a decidere, commissariata dal Movimento che l'ha candidata e sfiduciata dagli stessi ignari e disperati romani che l'hanno votata.
Anni fa, Raggi compresa, i Cinquestelle si opposero a quel progetto, come succesivamente, una volta al governo della città, si sono opposti alle Olimpiadi ed a qualunque cosa venisse proposta, per il terrore di sbagliare ed aggiungere errore ed errori che possono costare al Movimento un forte arretramento nel gradimento degli elettori.
Berdini, l'ex assessore, un mastino messo a guardia del territorio per difenderlo dagli assalti dei cementificatori, dice no! a tutto; la Raggi non è dello stesso parere - perchè ha cambiato idea - ed anche Grillo ed i suoi luogotenenti, Di Maio e Dibba, assicurano che lo Stadio si farà. Anche perchè sanno che, in caso contrario, avrebbero contro mezza Roma - non il costruttore - ma tutti i romanisti, esclusi ovviamente i laziali che rappresentano l'altra metà del pianeta cittadino. E avrebbero contro anche Totti, il nono re di Roma, soprannominato il 'pupone', al quale la sindaca avrebbe assicurato, pubblicamente, almeno sembra, esito positivo al progetto dello stadio.
Adesso, alla vigilia dell'esame del progetto e del definitivo parere del Comune, che sembra tuttavia ancora titubante, arriva una tegola sulla testa dei Romanisti che potrebbe, eventualmente, salvare la faccia alla Raggi, qualora si riconvertisse al no. E cioè una specie di AVVISO DI GARANZIA della sovrintendenza che avverte: quella zona non va toccata e soprattutto non va toccato il manufatto delle gradinate coperte dell'antico ippodromo di Tor di Valle, emblema dell'architettura degli ani 50, dismesso definitivamente quattro o cinque anni fa, ed ora in totale abbandono. La palla passa nelle mani del Ministero che dovrebbe pronunciarsi tra breve. L'AVVISO DI GARANZIA, cosiddetto, giunge proprio alla viglia delle grandi decisioni comunali. E lo invia la sovrintendente Eichberg, il cui fratello - e qui siamo nella fantascienza - è a capo di una società della Lazio.
Sergio Rizzo, ha fatto oggi notare sul Corriere che quel manufatto dell'architetto Lafuente, è a rischio crollo e avrebbe dovuto anche essere da tempo abbattuto, quantomeno bonificato dall'amianto. Perché, si domanda, se era così importante, non lo si è restaurato in tempo né bonificato? Ed invece lo si fa ora, per entrare forzatamente in gioco, con una carta truccata, sul progetto 'stadio' della Roma?
Le domande di Rizzo non sono fuori luogo, né si possono liquidare con la parentela della sovrintendente con il club avverso. Non scherziamo. Anche perchè Rizzo ricorda agli ignari Cinquestelle ed ai romani che li sostengono che in pieno centro c'è lo Stadio Flaminio, opera dell'arch.Nervi, in rovina, e che all'Eur, il velodromo è stato abbattuto con la dinamite e lì dove sorgeva, ora ci sono sterpaglie ed immondizie. Perchè, riflette Rizzo, fervore e tempistica sospetti per Tor di Valle?
Ed ora che c'entra lo stadio della Roma con le Terme di Caracalla, se non per il fatto che la tradizione ed anche la rima vuole che a Caracalla gli antichi romani giocavano a palla?
C'entra con una storia vecchia di un quarto di secolo, legata all'agibilità delle Terme ed alla opportunità e capacità di ospitare spettacoli operistici con grande affluenza di pubblico.
Le Terme ospitarono la prima volta spettacoli d'opera, negli anni Trenta, molti anni dopo Verona, per espressa volontà del Duce, e vi si rappresentò nella prima stagione Lucia di Donizetti. E si sa che di lì sono passati tutti i grandi nomi della lirica mondiale. Poi...poi negli anni Novanta, dopo la sovrintendenza Vlad, furono vietate agli spettacoli d'opera, esattamente negli anni in cui in quella stessa sovrintendenza, a Roman Vlad era succeduto Gian Paolo Cresci.
In quegli stessi anni Licia Borrelli, sorella del procuratore capo milanese e moglie di Roma Vlad era una dirigente del Ministero e della Sovrintendenza dalla quale dipendeva anche la vigilanza sulle Terme. Recentemente Licai Borrelli è stata intervistata per Repubblica da Gnoli che ne ha lodato gli indiscussi meriti di studiosa e dirigente statale; proprio quell'intervista ci ha fatto venire in mente il caso che stiamo per raccontarvi). Secondo la Borrelli, le Terme non potevano più ospitare spettacoli d'opera, perchè bisognose di lavori urgenti di manutenzione e consolidamento. E così a Cresci vennero inibite le stagioni estive dell'Opera a Caracalla, che qualche anno prima erano state concesse a Vlad; evidentemente con il passaggio di Vlad le Terme avevano subito gravi danni - verrebbe da pensare.
Non è la prima volta che ne scriviamo. Lo facemmo anche all'epoca, notando che le cattive condizioni di stabilità delle terme erano tali anche sotto la sovrintendenza di suo marito. Ma lei non le chiuse. Lo fece dopo che suo marito era andato via all'Opera e gli era succeduto Cresci.
Naturalmente nulla di penalmente rilevante e di formalmente irregolare nell'azione della Borrelli - esattamente come nel caso dell'intervento della Eichberg su Tor di Valle. Però a noi qualche sospetto, tuttavia, desta il fatto della tempistica, tralasciando, nel caso di Tor di Valle, il fattore 'consanguineità'.
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domenica 19 febbraio 2017
Ludovico Einaudi lo fa strano, anche quando la causa è giusta. Ma non è il solo, purtroppo
Come non condividere l'appoggio ufficiale di Ludovico Einaudi, musicista che gode di grande seguito, in favore della campagna mondiale ' Salviamo l'Artico'? Tutti d'accordo con lui.
Ma era proprio necessario scegliere, per aderirvi, il modo più strano - imitando, a suo modo, cioè nel modo casto, quel che fanno tanti musicisti o cantanti del versante 'leggero' i quali, convinti che per lanciare una nuova canzone (o prodotto) occorra 'stupire', scovano ogni volta una bella fanciulla disposta a mostrare tutti i suoi attributi?
Ludovico Einaudi non fa certo come i suoi colleghi 'leggeri', ma qualcosa di simile sì, trasferendosi con pianoforte al seguito, sulle candide distese dei ghiacci del polo nord. Cioè?
Contrariamente a ciò che fanno le fanciulle di cui sopra, Einaudi si è intabarrato dalla testa i piedi, non risparmiando neanche le punte delle dita delle mani, vestito 'a cipolla' per non ghiacciare. Ha fatto adagiare, recato da un elicottero, un pianoforte a coda imbullonato ad una piattaforma, su una lastra di ghiaccio, poi è sceso anche lui e sui tasti ghiacciati del pianoforte - come ha raccontato con entusiasmo l'interessato - ha cominciato a suonare; anzi a pigiare, perché il pianoforte si sarà rifiutato di emettere suoni. Insomma una sceneggiata per aderire ad una campagna alla quale avrebbe potuto devolvere le spese di una tale strana impresa.
Ma Einaudi non è l'unico ad essersi cimentato, a favore di telecamere, in una impresa tanto strana che con la musica, lui che è un musicista, non ha nulla da spartire. Altre ci vengono alla mente.Ne ricordiamo solo alcune.
Pensiamo al festival che ogni anno si svolge sulle Dolomiti, dove i musicisti invitati, strumento in spalla fanno chilometri di cammino, seguiti dai loro fedeli adepti, fino a raggiungere il luogo stabilito per il concerto. Tutti sdraiati sull'erba, i musicisti magari seduti su qualche sasso, inizia il concerto per la gioia delle montagne che per la prima volta si vedono degnate di tanta attenzione.
Ancora. Anni fa, il Venerdì di Repubblica pubblicò le foto di un concerto che un altro musicista pazzo, un pianista, volle fare in cima ad una montagna, all'aperto. L'impresa, di musicale certo non aveva nulla, ed aveva a che fare piuttosto con l'alpinismo e le scalate, con le quali dovette misurarsi quel disgraziato pianoforte, strappato controvoglia alle calorose cure del proprietario o del venditore.
Se in questi due casi non si è resistiti all'inutile fascino del ghiaccio o della montagna sotto i raggi del sole, vi sono anche oggi casi in cui è la notte a costituire motivo di richiamo. Come accade ogni anno in Campania, a Ravello, con il concerto all'alba, su di una terrazza a strapiombo sul mare, per l'omonimo festival. Guai a toccare quell'appuntamento che l'umidità e la salsedine non possono far ascrivere nell'agenda musicale, ma solo in quella delle 'stranezze' meteo, con contorno di musica.
L'ultimo, in ordine di tempo, è quello che l'assessore alla 'ricrescita' culturale del Comune di Roma, Luca Bergamo, aveva pensato per il Capodanno 2017, quando voleva schierata una vera e propria orchestra di violoncelli, parecchie decine, alle 3 della notte sul ponte cosiddetto ' della musica', capitanata da Sollima. Non sappiamo se poi ci ha ripensato, come avrebbe dovuto, data l' insensatezza della proposta. Nel caso di Roma c'era anche da domandarsi per chi avrebbero suonato quel centinaio di violoncellisti.
Ma perchè i musicisti per primi, non si convincono che la musica va fatta dove la si può fare al meglio e non fra i ghiacci dell'artico o sulle nevi di una cima , fra le montane dolomitiche o nell'umida notte sul mare o su un ponte che, tolto il nome posticcio, con la musica non c'entra nulla?
P.S. Relegati nel novero delle stranezze tutti i casi appena citati, ve ne sono di recentissimi che non sono da meno, anche se meno patologici di quelli. Pensiamo ai pianoforti lasciati nelle stazioni aeroportuali alla mercé di tutti ( per reclamizzare l'iniziativa ci si è messo anche qualche pezzo da novanta del mondo musicale, come Pappano!!!), o alle kermesse (Milano e Firenze, in via Tornabuoni) ideate dalla vulcanica fantasia di Daniele Lombardi, nel corso delle quali intere strade sono state 'arredate' con un centinaio circa di pianoforti (verticali) che suonavano agli ordini di inflessibili metronomi. Li volete chiamare concerti? Come pure concerti volete chiamare le sinfonie di metronomi (Ligeti), o le carnevalate guidate da Lang Lang, nelle quali un centinaio di tastiere vengono suonate, agli ordini di un direttore 'pizzardone', da una schiera di ragazzi attenti solo agli ordini del direttore-vigile?
Ma era proprio necessario scegliere, per aderirvi, il modo più strano - imitando, a suo modo, cioè nel modo casto, quel che fanno tanti musicisti o cantanti del versante 'leggero' i quali, convinti che per lanciare una nuova canzone (o prodotto) occorra 'stupire', scovano ogni volta una bella fanciulla disposta a mostrare tutti i suoi attributi?
Ludovico Einaudi non fa certo come i suoi colleghi 'leggeri', ma qualcosa di simile sì, trasferendosi con pianoforte al seguito, sulle candide distese dei ghiacci del polo nord. Cioè?
Contrariamente a ciò che fanno le fanciulle di cui sopra, Einaudi si è intabarrato dalla testa i piedi, non risparmiando neanche le punte delle dita delle mani, vestito 'a cipolla' per non ghiacciare. Ha fatto adagiare, recato da un elicottero, un pianoforte a coda imbullonato ad una piattaforma, su una lastra di ghiaccio, poi è sceso anche lui e sui tasti ghiacciati del pianoforte - come ha raccontato con entusiasmo l'interessato - ha cominciato a suonare; anzi a pigiare, perché il pianoforte si sarà rifiutato di emettere suoni. Insomma una sceneggiata per aderire ad una campagna alla quale avrebbe potuto devolvere le spese di una tale strana impresa.
Ma Einaudi non è l'unico ad essersi cimentato, a favore di telecamere, in una impresa tanto strana che con la musica, lui che è un musicista, non ha nulla da spartire. Altre ci vengono alla mente.Ne ricordiamo solo alcune.
Pensiamo al festival che ogni anno si svolge sulle Dolomiti, dove i musicisti invitati, strumento in spalla fanno chilometri di cammino, seguiti dai loro fedeli adepti, fino a raggiungere il luogo stabilito per il concerto. Tutti sdraiati sull'erba, i musicisti magari seduti su qualche sasso, inizia il concerto per la gioia delle montagne che per la prima volta si vedono degnate di tanta attenzione.
Ancora. Anni fa, il Venerdì di Repubblica pubblicò le foto di un concerto che un altro musicista pazzo, un pianista, volle fare in cima ad una montagna, all'aperto. L'impresa, di musicale certo non aveva nulla, ed aveva a che fare piuttosto con l'alpinismo e le scalate, con le quali dovette misurarsi quel disgraziato pianoforte, strappato controvoglia alle calorose cure del proprietario o del venditore.
Se in questi due casi non si è resistiti all'inutile fascino del ghiaccio o della montagna sotto i raggi del sole, vi sono anche oggi casi in cui è la notte a costituire motivo di richiamo. Come accade ogni anno in Campania, a Ravello, con il concerto all'alba, su di una terrazza a strapiombo sul mare, per l'omonimo festival. Guai a toccare quell'appuntamento che l'umidità e la salsedine non possono far ascrivere nell'agenda musicale, ma solo in quella delle 'stranezze' meteo, con contorno di musica.
L'ultimo, in ordine di tempo, è quello che l'assessore alla 'ricrescita' culturale del Comune di Roma, Luca Bergamo, aveva pensato per il Capodanno 2017, quando voleva schierata una vera e propria orchestra di violoncelli, parecchie decine, alle 3 della notte sul ponte cosiddetto ' della musica', capitanata da Sollima. Non sappiamo se poi ci ha ripensato, come avrebbe dovuto, data l' insensatezza della proposta. Nel caso di Roma c'era anche da domandarsi per chi avrebbero suonato quel centinaio di violoncellisti.
Ma perchè i musicisti per primi, non si convincono che la musica va fatta dove la si può fare al meglio e non fra i ghiacci dell'artico o sulle nevi di una cima , fra le montane dolomitiche o nell'umida notte sul mare o su un ponte che, tolto il nome posticcio, con la musica non c'entra nulla?
P.S. Relegati nel novero delle stranezze tutti i casi appena citati, ve ne sono di recentissimi che non sono da meno, anche se meno patologici di quelli. Pensiamo ai pianoforti lasciati nelle stazioni aeroportuali alla mercé di tutti ( per reclamizzare l'iniziativa ci si è messo anche qualche pezzo da novanta del mondo musicale, come Pappano!!!), o alle kermesse (Milano e Firenze, in via Tornabuoni) ideate dalla vulcanica fantasia di Daniele Lombardi, nel corso delle quali intere strade sono state 'arredate' con un centinaio circa di pianoforti (verticali) che suonavano agli ordini di inflessibili metronomi. Li volete chiamare concerti? Come pure concerti volete chiamare le sinfonie di metronomi (Ligeti), o le carnevalate guidate da Lang Lang, nelle quali un centinaio di tastiere vengono suonate, agli ordini di un direttore 'pizzardone', da una schiera di ragazzi attenti solo agli ordini del direttore-vigile?
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venerdì di repubblica
sabato 18 febbraio 2017
Lettera aperta al dott. Cantone. Riceviamo, per conoscenza, da Marco Pucci Catena e pubblichiamo
Non sono avvezzo a polemiche o
denunce, ma credo che ormai alla mia età posso sentirmi autorizzato
a non sopportare più il mal costume; Cinquantasei é un’età
nella quale é inutile continuare a sognare, ma non si é troppo
vecchi per desistere e rassegnarsi. Pertanto, assai stanco,desidero
evidenziare quanto segue:
Ogni
qualvolta si cerca un direttore artistico per un teatro ITALIANO
questa é la dicitura che con “vergogna” accompagna il Bando di
concorso: "
L’invio delle candidature, pertanto, non vincola in alcun modo la
Fondazione del Teatro di Pisa al rispetto di particolari procedure
selettive. In tal senso, la Fondazione procederà, a propria
discrezione e a suo insindacabile giudizio, al conferimento
dell’incarico, previo svolgimento di un colloquio orale con i
candidati che, sulla base dei curricula presentati, risulteranno
possedere i requisiti maggiormente rispondenti a quelli richiesti"
cito
testualmente dal Bando di Pisa, ma c’era anche per Rovigo e per
tutti gli altri.
A questo punto mi chiedo a cosa
serve questa farsa, considerando che tra le prerogative del sindaco
c’é la chiamata diretta del direttore artistico del teatro? Sì,
lo so, é una domanda retorica il bando serve per dare fumo agli
occhi e per pararsi da eventuali ricorsi o polemiche; ed ecco il
motivo di questa mia comunicazione, molti hanno fatto ricorsi ma
tutti li hanno perduti proprio perché in calce al bando c’era la
famosa postilla di cui sopra.
Il mio non é un ricorso contro
qualcuno, ma una segnalazione all’organo anticorruzione, perché
chi ha un minimo di BUON SENSO comprende perfettamente cosa si cela
dietro quella frase; pertanto il mio ricorso, meglio: segnalazione, é
contro il sistema e il malcostume.
Sono altrettanto certo che é più
conveniente ed interessante attaccare Sindaci sotto i riflettori;
perciò, forse, questa mia verrà archiviata con la dicitura “ il
solito rompic.... che non ha capito come funziona l’italia” ma
voglio avere un ultimo moto di “Sicurezza e Pulizia Italica” nel
credere che almeno un organo in Italia faccia il proprio dovere e che
in questa italia (scritto piu volte e volutamente minuscolo) la
giustizia non é prerogativa solo di “striscia la notizia”.
Temo che chi, in Europa, conosce
quella trasmissione ( e spero in pochi) rida di noi. Il solo pensiero
che il buon senso e la giustizia sia nelle mani di un pupazzo rosso ,
di un tapiro o di un supereroe non troppo intelligente vestito in
giallo, é una vergogna assoluta ma spesso , troppo spesso é la
realtà.
Chiedo
ufficialmente di valutare la
possibilità di inficiare le nomine fatte all’ombra di un sospetto
anche perchè nel caso dei Teatri di Pisa, di Rovigo e di altri
c’erano curriculum decisamente superiori a quello della persona
scelta.
Allego la lettera che inviai a
Pisa che ad oggi non ha avuto alcun riscontro, sempre nello squallido
stile italiano.
Ci legge in copia anche il dott.
Pietro Acquafredda che con il Suo Blog ' Il menestrello' é un dei
pochi che nel nostro settore mantiene una lucidità ed una
correttezza non italiana, e che autorizzo qualora lo ritenesse
opportuno a pubblicare questa mia. Per ora sono certo che avró
conforto e supporto dall’organo anticorruzione, ma certamente sono
pronto per rivolgermi a 'Report' o a 'Striscia'.
Ringraziandovi
per un vostro cortese quanto rapido riscontro e certo che la mia
fiducia é ben riposta vi porgo i miei piú cordiali saluti. Marco Pucci Catena
Email
inviata al Teatro di Pisa
Gentilissimo
dott. Toti
Ringraziandola per la sua cortese
comunicazione relativamente alla mia esclusione, anche dai colloqui
per la direzione artistica del teatro di Pisa, nonostante la mia
esperienza fosse superiore a molti altri, e felicissimo della scelta
del Sig. VIZIOLI che conosco da tempo e stimo come professionista,
desidero informarla, con la sua stessa gentilissima cortesia, che a
fine mese consegneremo, assieme al mio avvocato, una memoria e una
denuncia all'Autorità Nazionale Anticorruzione.
La mia decisione non vuole essere
un ricorso contro la persona del Sig, Vizioli che sono certo farà un
ottimo lavoro, ma contro la procedura . Quando la postilla su un
bando cita ". L’invio delle candidature, pertanto, non vincola
in alcun modo la Fondazione del Teatro di Pisa al rispetto di
particolari procedure selettive. In tal senso, la Fondazione
procederà, a propria discrezione e a suo insindacabile giudizio,
al conferimento dell’incarico,
previo svolgimento di un colloquio orale con i candidati che, sulla
base dei curricula presentati, risulteranno possedere i requisiti
maggiormente rispondenti a quelli richiesti" è inutile un bando
in quanto è nelle prerogative del sindaco la chiamata diretta .
Una simile dicitura potrebbe
aprire scenari diversi. Molto bella ed auspicabile la voglia di far
lavorare persone del posto, lo condivido e lo sottoscrivo, magari se
non avessero legami o parentele sarebbe meglio.
Probabilmente, essendo in Italia
non sortiró alcun effetto, o forse si, comunque valuteremo altre
sedi di ricorso anticorruzione.
Auguro a tutti un buon lavoro e
tendo a ribadire che questo mio intervento non è in contrapposizione
al sig.Vizioli al quale invio il mio sincero in bocca al lupo.
Marco Pucci Catena
venerdì 17 febbraio 2017
Qualche buona notizia, nell'attuale desolante panorama, ci viene dagli abitanti delle Eolie e da Oscar Farinetti di Eataly
L'attenzione è ormai catalizzata sia dagli sfasci del Movimento 'Cinquestelle' che, a Roma, stanno disastrando ogni cosa che dalle serpi che covano dentro il PD, per cui non riusciamo a pensare a nient'altro, a nulla di positivo, neanche quando ci arriva qualche buone notizia, seppure di dimensioni ridotte se paragonata a sfasci e disastri.
Intanto prendiamo nota di due piccole ma non insignificanti buone notizie.
La prima ci viene dagli abitanti ed albergatori delle Isole Eolie, i quali, con entusiasmo, si sono detti pronti ad ospitare di tutto punto i soccorritori dell'Hotel Rigopiano - oggi ricorre un mese esatto dal disastro - con i loro familiari per una settimana di vacanza ristoratrice. Dichiarano disponibilità per 120 ospiti circa, per una ragione che ci rende orgogliosi: vogliono compensare tutti quei soccorritori che, con abnegazione, hanno portato aiuto all'Hotel sconvolto dalla valanga, e che hanno tratto in salvo bambini ed adulti superstiti. Ed anche perchè anche loro, gli isolani, in tempi passati, hanno potuto sperimentare l'abnegazione dei soccorritori: volontari, vigili del fuoco e protezione civile.
La seconda ha come protagonista Oscar Farinetti, patron di Eataly, che pur non intendendo fare beneficienza, vuole comunque dare una mano a conservare uno dei capolavori dell'arte italiana che con il suo settore di attività ha un legame :l'Ultima cena di Leonardo, conservata a Milano. Offrirà 500.000 Euro, che andranno ad aggiungersi ai fondi del Ministero, per la conservazione e la manutenzione ordinaria del celebre affresco.
Non risolvono certo i gravi problemi del paese, però possono offrire una qualche speranza di futuro, non la stessa che vorrebbe garantire Speranza del PD.
Intanto prendiamo nota di due piccole ma non insignificanti buone notizie.
La prima ci viene dagli abitanti ed albergatori delle Isole Eolie, i quali, con entusiasmo, si sono detti pronti ad ospitare di tutto punto i soccorritori dell'Hotel Rigopiano - oggi ricorre un mese esatto dal disastro - con i loro familiari per una settimana di vacanza ristoratrice. Dichiarano disponibilità per 120 ospiti circa, per una ragione che ci rende orgogliosi: vogliono compensare tutti quei soccorritori che, con abnegazione, hanno portato aiuto all'Hotel sconvolto dalla valanga, e che hanno tratto in salvo bambini ed adulti superstiti. Ed anche perchè anche loro, gli isolani, in tempi passati, hanno potuto sperimentare l'abnegazione dei soccorritori: volontari, vigili del fuoco e protezione civile.
La seconda ha come protagonista Oscar Farinetti, patron di Eataly, che pur non intendendo fare beneficienza, vuole comunque dare una mano a conservare uno dei capolavori dell'arte italiana che con il suo settore di attività ha un legame :l'Ultima cena di Leonardo, conservata a Milano. Offrirà 500.000 Euro, che andranno ad aggiungersi ai fondi del Ministero, per la conservazione e la manutenzione ordinaria del celebre affresco.
Non risolvono certo i gravi problemi del paese, però possono offrire una qualche speranza di futuro, non la stessa che vorrebbe garantire Speranza del PD.
Speranza nel PD?
Avete visto ieri 'Otto e mezzo', su 'La 7', ospiti di Lilli Gruber, Speranza, Carofiglio, Mieli? Che impressione vi ha fatto? Mentre ci pensate, vi diciamo l'impressione che ha fatto a noi. Una brutta impressione; la stessa brutta impressione che oggi ha comunicato ai suoi lettori, indipendentemente dall'aver visto 'Otto e mezzo', Mario Calabresi, il direttore di Repubblica.
L'impressione di un partito, il PD, che è anche il partito di Speranza, sull'orlo del baratro, in pericolo di sfasciarsi irrimediabilmente, mentre tutti i suoi esponenti, maggioranza e minoranza, dicono di voler ascoltare gli elettori disamorati. Quali, quanti, disamorati di cosa e di chi? Tantissimi, secondo Speranza, disamorati di Renzi. E perchè non anche di Speranza, D'Alema, Emiliano, Bersani?
Chiudendo gli occhi ma non le orecchie ed ascoltando Speranza, che diceva di parlare a nome di questi elettori, tantissimi elettori, sembrava di ascoltare il discorso di Trump all'indomani del suo insediamento alla Casa Bianca, quando annunciava di voler cancellare tutte le riforme di Obama. Per Speranza tutte le riforme introdotte dal governo Renzi, che non guida un partito diverso da quello in cui milita Speranza, sono alla base dell'abbandono dei militanti. Insomma il Jobs Act, la 'Buona scuola', e mettiamoci anche i voucher approvati anche da Speranza in Parlamento vanno cancellati, non aggiustati, per taluni errori ( o sviste) conclamati.
Ma cosa c'entra questo con la situazione tragica nella quale versa ora il partito, dilaniato dai suoi stessi esponenti in lotta fra loro, come hanno fatto già altre volte?
La verità viene a galla quando Speranza, incalzato dagli altri interlocutori che gli fanno notare come il PD si appresti a fare un congresso, nel quale discutere dei problemi interni al partito, che non sono in cima ai pensieri dei cittadini, angustiati da ben altro, come la mancanza di lavoro, la disoccupazione giovanile, la crescita che non decolla, risponde senza mezzi termini ed anche senza pudore che Renzi deve andarsene. E sarebbe questa la soluzione ai problemi del paese, dell'elettorato di sinistra e del PD.
Dunque ciò che si vuole e è che Renzi vada via. Ma se Speranza e gli altri della minoranza credono di avere più numeri a loro favore di quanti ne abbia ancora Renzi, dopo la botta del 4 dicembre, si facciano avanti, si candidino e si facciano eleggere alla segreteria e poi, dopo le primarie, al governo del Paese. Il discorso non fa una piega. No, Renzi, vuole Speranza che non sin ricandidi perché ha la colpa di aver lui portato il partito (e timidamente aggiunge: anche il paese, in realtà fottendosene anche Speranza dei destini del paese) nella attuale tragica situazione.
Mario Calabresi e con lui chissà quanti altri pensano che il PD, come già in altre occasioni, sa come farsi male da solo e vuole farselo, anche a costo di perdere le elezioni prossime -quando si faranno.
L'impressione di un partito, il PD, che è anche il partito di Speranza, sull'orlo del baratro, in pericolo di sfasciarsi irrimediabilmente, mentre tutti i suoi esponenti, maggioranza e minoranza, dicono di voler ascoltare gli elettori disamorati. Quali, quanti, disamorati di cosa e di chi? Tantissimi, secondo Speranza, disamorati di Renzi. E perchè non anche di Speranza, D'Alema, Emiliano, Bersani?
Chiudendo gli occhi ma non le orecchie ed ascoltando Speranza, che diceva di parlare a nome di questi elettori, tantissimi elettori, sembrava di ascoltare il discorso di Trump all'indomani del suo insediamento alla Casa Bianca, quando annunciava di voler cancellare tutte le riforme di Obama. Per Speranza tutte le riforme introdotte dal governo Renzi, che non guida un partito diverso da quello in cui milita Speranza, sono alla base dell'abbandono dei militanti. Insomma il Jobs Act, la 'Buona scuola', e mettiamoci anche i voucher approvati anche da Speranza in Parlamento vanno cancellati, non aggiustati, per taluni errori ( o sviste) conclamati.
Ma cosa c'entra questo con la situazione tragica nella quale versa ora il partito, dilaniato dai suoi stessi esponenti in lotta fra loro, come hanno fatto già altre volte?
La verità viene a galla quando Speranza, incalzato dagli altri interlocutori che gli fanno notare come il PD si appresti a fare un congresso, nel quale discutere dei problemi interni al partito, che non sono in cima ai pensieri dei cittadini, angustiati da ben altro, come la mancanza di lavoro, la disoccupazione giovanile, la crescita che non decolla, risponde senza mezzi termini ed anche senza pudore che Renzi deve andarsene. E sarebbe questa la soluzione ai problemi del paese, dell'elettorato di sinistra e del PD.
Dunque ciò che si vuole e è che Renzi vada via. Ma se Speranza e gli altri della minoranza credono di avere più numeri a loro favore di quanti ne abbia ancora Renzi, dopo la botta del 4 dicembre, si facciano avanti, si candidino e si facciano eleggere alla segreteria e poi, dopo le primarie, al governo del Paese. Il discorso non fa una piega. No, Renzi, vuole Speranza che non sin ricandidi perché ha la colpa di aver lui portato il partito (e timidamente aggiunge: anche il paese, in realtà fottendosene anche Speranza dei destini del paese) nella attuale tragica situazione.
Mario Calabresi e con lui chissà quanti altri pensano che il PD, come già in altre occasioni, sa come farsi male da solo e vuole farselo, anche a costo di perdere le elezioni prossime -quando si faranno.
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Corriere della sera. Insopportabili idiozie a proposito del concerto romano (Accademia di s.Cecilia) di Sol Gabetta ed Alan Gilbert
Cominciamo dal titolo, anche se non è la cosa peggiore che si è letta, e che viene dopo. 'La prima volta di Alan Gilbert e Sol Gabetta', titola il quotidiano nelle pagine 'romane' . Il lettore cosa si può immaginare ? Se non guardasse la foto che ritrae un direttore (seduto, ma con la bacchetta in mano - e per questo lo si dovrebbe riconoscere) ed una violoncellista che però non si capisce dove stia suonando, perchè ha i capelli al vento (suona all'aperto o è cotonata?) penserebbe a due che raccontano la storia del loro primo incontro. D'amore; o del primo bacio appassionato. E invece no.
Si tratta di storia molto più semplice, quasi banale: i due per la prima volta suonano insieme. Mamma mia che notizia! Ogni giorno, nel mondo, ci sono decine di migliaia di casi simili e se i giornali di tutti i paesi volessero dar peso a questi incontri, dovrebbero dedicarvi pagine e pagine. Inutili! Semmai è la prima volta per Gilbert a Roma, e questa potrebbe essere una notizia ( trattandosi di un direttore a capo di una delle grandi orchestre americane da tempo; ma forse è un semplice accidente dovuto al giro delle agenzie); dove invece, Gabetta, di nome Sol ( che significa quel suo nome? forse questo un lettore italiano gradirebbe sapere e certo non lo troverà nell'articolo) è di casa, e questa, perciò, non è una notizia per noi.
Avanti, e veniamo al repertorio. Gilbert ci presenta una sua sintesi della Tetralogia wagneriana, alla quale ha lavorato per molto tempo, per giungere a pigiarla tutta in meno di un'ora. Ma non ci aveva provato anni fa anche Maazel, beccandosi non poche critiche? A che pro ritentare una impresa che si sa fallimentare quando il repertorio possibile è vastissimo? Perchè andare a toccare opere intoccabili? Che direste se uno scrittorello di oggi sintetizzasse per noi, semplicemente per non tenerci occupati per molto tempo nella lettura, un grande romanzo, in una dozzina di pagine?
Nella affannosa ricerca del nuovo si esibisce anche la celebre violoncellista argentina, Sol Gabetta, che è stanca di suonare sempre le stesse cose, essendo il repertorio per violoncello non vastissimo. Che dovrebbe dire, allora, un fagottista, ma anche un cornista e perfino un violista, per non parlare di un contrabbassista?
Analogo insensato discorso lo fece molti anni fa una celebre avvenente violinista, compagna di Claudio Abbado (col quale ci fece anche un figlio), la quale, quando si separò da Abbado e si mise con un musicista dell'altro campo, fece lo stesso discorso e s'imbarcò nell'avventura jazzistica. E se avesse fatto il batterista il suo nuovo compagno, cosa avrebbe fatto la Mullova? La ballerina di tip tap?
Ma forse la Gabetta voleva dire che essendo diventata famosa, ora può scegliere Lei il suo repertorio e non subire imposizioni.
Il peggio viene ora, e sta nella didascalia della foto, dove si legge un'autentica bestialità, sintomo di incompetenza e di mancanza di proprietà di linguaggio (oggi abbiamo preso esempio dal Corriere, ma non molto tempo fa, su Repubblica, tanto per dare una botta al cerchio e una alla botte,. una giornalista non aveva chiara in mente la differenza che passa fra un 'coreografo' ed uno 'scenografo', e perciò attribuiva al secondo, allo 'scenografo', una coreografia, e potremmo continuare con questa sciatteria che ci disturba ed offende!).
" A sinistra un ritratto della violoncellista argentina che si esibirà sulle note di Bohuslav Martinu nel Concerto per violoncello n.3". Sta a vedere che ha scambiato, didascalia facendo, la violoncellista per una ballerina? La violoncellista "suonerà il concerto" ecc... oppure "solista nel concerto" ecc... questo avrebbe dovuto scrivere, non altro, come ha fatto.
Anche per non far venire il dubbio al lettore che la violoncellista , cammin facendo, avrebbe abbandonato il violoncello per esibirsi, danzando, sulle note del povero malcapitato Martinu.
Di idiozie se ne leggono ogni giorno ed anche in abbondanza. Noi ci accontenteremmo se solo si riducesse la quantità, visto che sembra impossibile pretendere maggiore professionalità, essendo la musica affidata al primo arrivato nelle redazioni.
Si tratta di storia molto più semplice, quasi banale: i due per la prima volta suonano insieme. Mamma mia che notizia! Ogni giorno, nel mondo, ci sono decine di migliaia di casi simili e se i giornali di tutti i paesi volessero dar peso a questi incontri, dovrebbero dedicarvi pagine e pagine. Inutili! Semmai è la prima volta per Gilbert a Roma, e questa potrebbe essere una notizia ( trattandosi di un direttore a capo di una delle grandi orchestre americane da tempo; ma forse è un semplice accidente dovuto al giro delle agenzie); dove invece, Gabetta, di nome Sol ( che significa quel suo nome? forse questo un lettore italiano gradirebbe sapere e certo non lo troverà nell'articolo) è di casa, e questa, perciò, non è una notizia per noi.
Avanti, e veniamo al repertorio. Gilbert ci presenta una sua sintesi della Tetralogia wagneriana, alla quale ha lavorato per molto tempo, per giungere a pigiarla tutta in meno di un'ora. Ma non ci aveva provato anni fa anche Maazel, beccandosi non poche critiche? A che pro ritentare una impresa che si sa fallimentare quando il repertorio possibile è vastissimo? Perchè andare a toccare opere intoccabili? Che direste se uno scrittorello di oggi sintetizzasse per noi, semplicemente per non tenerci occupati per molto tempo nella lettura, un grande romanzo, in una dozzina di pagine?
Nella affannosa ricerca del nuovo si esibisce anche la celebre violoncellista argentina, Sol Gabetta, che è stanca di suonare sempre le stesse cose, essendo il repertorio per violoncello non vastissimo. Che dovrebbe dire, allora, un fagottista, ma anche un cornista e perfino un violista, per non parlare di un contrabbassista?
Analogo insensato discorso lo fece molti anni fa una celebre avvenente violinista, compagna di Claudio Abbado (col quale ci fece anche un figlio), la quale, quando si separò da Abbado e si mise con un musicista dell'altro campo, fece lo stesso discorso e s'imbarcò nell'avventura jazzistica. E se avesse fatto il batterista il suo nuovo compagno, cosa avrebbe fatto la Mullova? La ballerina di tip tap?
Ma forse la Gabetta voleva dire che essendo diventata famosa, ora può scegliere Lei il suo repertorio e non subire imposizioni.
Il peggio viene ora, e sta nella didascalia della foto, dove si legge un'autentica bestialità, sintomo di incompetenza e di mancanza di proprietà di linguaggio (oggi abbiamo preso esempio dal Corriere, ma non molto tempo fa, su Repubblica, tanto per dare una botta al cerchio e una alla botte,. una giornalista non aveva chiara in mente la differenza che passa fra un 'coreografo' ed uno 'scenografo', e perciò attribuiva al secondo, allo 'scenografo', una coreografia, e potremmo continuare con questa sciatteria che ci disturba ed offende!).
" A sinistra un ritratto della violoncellista argentina che si esibirà sulle note di Bohuslav Martinu nel Concerto per violoncello n.3". Sta a vedere che ha scambiato, didascalia facendo, la violoncellista per una ballerina? La violoncellista "suonerà il concerto" ecc... oppure "solista nel concerto" ecc... questo avrebbe dovuto scrivere, non altro, come ha fatto.
Anche per non far venire il dubbio al lettore che la violoncellista , cammin facendo, avrebbe abbandonato il violoncello per esibirsi, danzando, sulle note del povero malcapitato Martinu.
Di idiozie se ne leggono ogni giorno ed anche in abbondanza. Noi ci accontenteremmo se solo si riducesse la quantità, visto che sembra impossibile pretendere maggiore professionalità, essendo la musica affidata al primo arrivato nelle redazioni.
mercoledì 15 febbraio 2017
Dal decreto Milleproroghe 12 milioni in più allo spettacolo dal vivo. Precedenza alle zone terremotate
12 milioni in più per lo spettacolo dal vivo approvati lunedì sera con un emendamento al Dl Milleproroghe. Una quota di queste risorse, non superiore ai 4 milioni di euro sarà ripartita in favore di attività culturali nei territori delle Regioni Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria, interessati dagli eventi sismici verificatisi a far data dal 24 agosto 2016. “Insieme all’incremento, dopo diversi anni, delle risorse sul FUS – commenta Carlo Fontana, Presidente Agis – ecco un altro risultato importante che premia il lavoro svolto dall’Associazione. Plaudiamo anche all’attenzione nei confronti dei territori brutalmente colpiti del terremoto affinché lo spettacolo possa diventare autentico motore di rinascita”. Dal canto suo Filippo Fonsatti, presidente Federvivo, ribadisce come ci sia stata “una significativa inversione di tendenza nei confronti dello spettacolo italiano, frutto di un efficace lavoro associativo e di una ritrovata attenzione da parte delle Istituzioni”
La MUSICA contro il lavoro minorile. MANIFESTO. Aderite!
Il diritto all’infanzia è un diritto fondamentale di ogni bambino: imparare, giocare e crescere in un contesto sicuro.
Tuttavia, ad oggi, 168 milioni di bambine e bambini restano intrappolati nel lavoro minorile. Tra essi, 85 milioni sono
confinati nelle peggiori forme di lavoro: schiavitù, sfruttamento sessuale a scopo commerciale, attività illecite o lavori
pericolosi. Molti di essi non hanno accesso all’istruzione.
Il lavoro, incluso quello dei musicisti, rappresenta una forza di trasformazione della società e il mondo della musica
vuol essere un partner importante del movimento mondiale a favore dell’eliminazione del lavoro minorile. La musica
giunge al cuore delle persone. Essa è in grado di formare un coro potente contro il lavoro minorile e a favore della
giustizia sociale, facendo risvegliare le coscienze e stimolando le persone ad agire.
La musica da sola non può eliminare il lavoro minorile ma può contribuire alla lotta contro la sofferenza dei bambini
privati dei loro diritti e impossibilitati a realizzare le loro aspirazioni. Coinvolgere bambine e bambini nelle attività
musicali collettive può contribuire a sottrarli al lavoro minorile, a proteggerli e ad aiutarli a sviluppare le loro capacità
e fiducia in se stessi. L’accesso alla formazione musicale e alla creatività rende le scuole più attraenti per i bambini e
aiuta ad assicurare la continuità della loro formazione e a proteggerli dai rischi.
Noi – direttori d’orchestra, giovani musicisti, sindacalisti dell’industria della musica, insieme all’Organizzazione
Internazionale del Lavoro (ILO) – rivolgiamo un appello ai direttori d’orchestra, ai orchestrali, ai cori, ai musicisti di
ogni genere musicale nel mondo, adulti e giovani, professionisti e dilettanti, affinché - tra ottobre 2013 e dicembre
2017 - un concerto del proprio repertorio sia dedicato all’iniziativa “Musica contro il lavoro minorile”.
La musica – in ogni sua espressione – è un linguaggio universale. Anche se si canta in tutte le lingue, la musica esprime
emozioni che non possono essere descritte con le parole. Essa ci lega gli uni agli altri. Insieme il mondo della musica
può alzare la sua voce e i suoi strumenti contro il lavoro minorile. Unitevi a noi per dire al mondo intero che il lavoro
minorile non può essere tollerato e che i bambini hanno il diritto di giocare e di andare a scuola. Unitevi al nostro
“appello alle bachette”. Unitevi all’iniziativa “Musica contro il lavoro minorile”. Unitevi a noi per alzare il Cartellino
rosso contro il lavoro minorile.
Questa iniziativa è sostenuta dalle seguenti firme: Claudio Abbado; José-Antonio Abreu; Alessio Allegrini, Daniel Barenboim; Benoît Machuel, Segretario generale, Federazione Internazionale dei Musicisti (FMI); Diego Matheuz; Eduardo Mende, Direttore Esecutivo, Fundacion Musical Simon Bolivar El Sistema; Antonio Mosca, Direttore dell’Orchestra Suzuki, Musicians for Human Rights; Pilar Jurado; Guy Ryder, Direttore Generale dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro; Blasko Smileski, Segretario generale, Jeunesses Musicales Internationales.
Questo appello è stato lanciato l’11 giugno 2013 nella Sala Pleyel, a Parigi, dai summenzionati firmatari. La serie mondiale di concerti a sostegno di questa iniziativa ha avuto il suo avvio a Brasilia, nell’ottobre 2013, in occasione della 3° Conferenza mondiale sul lavoro minorile. L’Organizzazione Internazionale del Lavoro e il suo programma per l’eliminazione del lavoro minorile (IPEC), il programma di lotta contro il lavoro minorile più importante al mondo, ringraziano i direttori d’orchestra, gli orchestrali, le organizzazioni sindacali dei musicisti e le reti dei giovani che appoggiano questa iniziativa e collaborano alla diffusione del Manifesto.
Per maggior informazioni riguardanti l’iniziativa “La Musica contro il Lavoro Minorile” dell’ILO, si prega contattare: IPEC@ilo.org oppure visitare il sito www.ilo.org/childlabour Per maggior informazioni riguardanti il programma Artworks dell’ILO, visitare il sito www.ilo.org/artworks oppure www.ilo.org/takeaction
Questa iniziativa è sostenuta dalle seguenti firme: Claudio Abbado; José-Antonio Abreu; Alessio Allegrini, Daniel Barenboim; Benoît Machuel, Segretario generale, Federazione Internazionale dei Musicisti (FMI); Diego Matheuz; Eduardo Mende, Direttore Esecutivo, Fundacion Musical Simon Bolivar El Sistema; Antonio Mosca, Direttore dell’Orchestra Suzuki, Musicians for Human Rights; Pilar Jurado; Guy Ryder, Direttore Generale dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro; Blasko Smileski, Segretario generale, Jeunesses Musicales Internationales.
Questo appello è stato lanciato l’11 giugno 2013 nella Sala Pleyel, a Parigi, dai summenzionati firmatari. La serie mondiale di concerti a sostegno di questa iniziativa ha avuto il suo avvio a Brasilia, nell’ottobre 2013, in occasione della 3° Conferenza mondiale sul lavoro minorile. L’Organizzazione Internazionale del Lavoro e il suo programma per l’eliminazione del lavoro minorile (IPEC), il programma di lotta contro il lavoro minorile più importante al mondo, ringraziano i direttori d’orchestra, gli orchestrali, le organizzazioni sindacali dei musicisti e le reti dei giovani che appoggiano questa iniziativa e collaborano alla diffusione del Manifesto.
Per maggior informazioni riguardanti l’iniziativa “La Musica contro il Lavoro Minorile” dell’ILO, si prega contattare: IPEC@ilo.org oppure visitare il sito www.ilo.org/childlabour Per maggior informazioni riguardanti il programma Artworks dell’ILO, visitare il sito www.ilo.org/artworks oppure www.ilo.org/takeaction
Università di Bologna. Gli universitari cattivi tutti fuori? E dentro solo anime belle?
Il post precedente, che riproduce integralmente, un articolo apparso su Repubblica ( Bologna) poco più di un anno fa ed anche alcune lamentele dei vertici del Teatro Comunale che stigmatizzavano come lo spazio antistante il teatro fosse diventato 'terra di nessuno', avrebbero dovuto spingere le autorità competenti ad intervenire già da tempo. Evidentemente chi doveva non lo ha fatto, con le conseguenze che sono ora sotto gli occhi di tutti.
Neppure chi governa la storica università è intervenuta in tempo, e si accorge del cattivo clima all'interno dell'ateneo, solo quando non può più fare a meno di guardare, e di adottare misure severe, per liberare la biblioteca( della facoltà di Lettere) da studenti e anche giovani di varia estrazione, non necessariamente iscritti all'università, che contavano, con la complice distrazione dell'autorità, di occuparla per fini tutt'altro che di studio. Le notizie emerse da quella sala sono allarmanti. La biblioteca divenuta 'invivibile' esattamente come strade e portici non distanti dall'Università, come lamentava Repubblica. Proprio così, perchè in biblioteca si spacciava, si compivano atti osceni e forse anche altro... alla fine il Rettore ha deciso di mettere i tornelli per controllare gli ingressi. Apriti cielo! La cultura non può essere controllata. Giusto. ma i facinorosi, mascalzoni e tossici invece sì, devono essere controllati e devono restare fuori dell'Università, dove si va per studiare. Questo deve essere chiaro. Non si può cominciare come nel passato quando per apparire 'democratici' ad ogni costo, si tollerarono abusi inconcepibili.
Tanto per fare capire come controlli, anche se per ragioni diverse, esistano dappertutto, vogliamo raccontarvi un fatto accadutoci. Qualche giorno, fa ci siamo recati alla Stazione Termini, per accogliere un nostro congiunto in arrivo. Agli ingressi controllati, ci è stata negata l'autorizzazione ALL'ACCESSO AI BINARI, senza biglietto, ma dove abbiamo chiesto di recarci per alleviare ad un nostro congiunto il peso del bagaglio: ci siamo sentiti negare, senza eccezione, tale autorizzazione.
Alla fine, per poter entrare, siamo dovuti andare dalla polizia che ci ha autorizzato, il tempo necessario per accogliere il nostro congiunto, dopo aver mostrato e lasciato un nostro documento di identità (la tessera da giornalista non è stata accettata, hanno voluto la carta di identità) che abbiamo ripreso all'uscita.
Ci si dirà che tale disciplina, in una grande stazione, é dettata dalla necessità di evitare atti di terrorismo; la qual cosa non sembra essere il caso di Bologna, dove però si sono verificati gravissimi fatti di vandalismo. Perché allora non evitare tale sfregi attraverso il controllo di chi entra ed esce dalla biblioteca?
Occorre avere il pugno fermo ed agire con determinazione, senza lasciar correre, perché chi fa cortei e sfida le forze dell'ordine non è uno studente che difende il suo diritto allo studio, difeso invece dai tornelli alla biblioteca (di Lettere).
Si prosegua perciò con i tornelli e anche con ogni altro tipo di controllo per ristabilire la normalità all'Università di Bologna. Non c'è bisogno di ricorrere all'insetticida, come minacciato da Salvini, il quale l'insetticida, che vorrebbe adoperare a Bologna, dovrebbe rivolgerlo verso se stesso, prima che infetti tutta la nazione con la sua ideologia.
Neppure chi governa la storica università è intervenuta in tempo, e si accorge del cattivo clima all'interno dell'ateneo, solo quando non può più fare a meno di guardare, e di adottare misure severe, per liberare la biblioteca( della facoltà di Lettere) da studenti e anche giovani di varia estrazione, non necessariamente iscritti all'università, che contavano, con la complice distrazione dell'autorità, di occuparla per fini tutt'altro che di studio. Le notizie emerse da quella sala sono allarmanti. La biblioteca divenuta 'invivibile' esattamente come strade e portici non distanti dall'Università, come lamentava Repubblica. Proprio così, perchè in biblioteca si spacciava, si compivano atti osceni e forse anche altro... alla fine il Rettore ha deciso di mettere i tornelli per controllare gli ingressi. Apriti cielo! La cultura non può essere controllata. Giusto. ma i facinorosi, mascalzoni e tossici invece sì, devono essere controllati e devono restare fuori dell'Università, dove si va per studiare. Questo deve essere chiaro. Non si può cominciare come nel passato quando per apparire 'democratici' ad ogni costo, si tollerarono abusi inconcepibili.
Tanto per fare capire come controlli, anche se per ragioni diverse, esistano dappertutto, vogliamo raccontarvi un fatto accadutoci. Qualche giorno, fa ci siamo recati alla Stazione Termini, per accogliere un nostro congiunto in arrivo. Agli ingressi controllati, ci è stata negata l'autorizzazione ALL'ACCESSO AI BINARI, senza biglietto, ma dove abbiamo chiesto di recarci per alleviare ad un nostro congiunto il peso del bagaglio: ci siamo sentiti negare, senza eccezione, tale autorizzazione.
Alla fine, per poter entrare, siamo dovuti andare dalla polizia che ci ha autorizzato, il tempo necessario per accogliere il nostro congiunto, dopo aver mostrato e lasciato un nostro documento di identità (la tessera da giornalista non è stata accettata, hanno voluto la carta di identità) che abbiamo ripreso all'uscita.
Ci si dirà che tale disciplina, in una grande stazione, é dettata dalla necessità di evitare atti di terrorismo; la qual cosa non sembra essere il caso di Bologna, dove però si sono verificati gravissimi fatti di vandalismo. Perché allora non evitare tale sfregi attraverso il controllo di chi entra ed esce dalla biblioteca?
Occorre avere il pugno fermo ed agire con determinazione, senza lasciar correre, perché chi fa cortei e sfida le forze dell'ordine non è uno studente che difende il suo diritto allo studio, difeso invece dai tornelli alla biblioteca (di Lettere).
Si prosegua perciò con i tornelli e anche con ogni altro tipo di controllo per ristabilire la normalità all'Università di Bologna. Non c'è bisogno di ricorrere all'insetticida, come minacciato da Salvini, il quale l'insetticida, che vorrebbe adoperare a Bologna, dovrebbe rivolgerlo verso se stesso, prima che infetti tutta la nazione con la sua ideologia.
martedì 14 febbraio 2017
Zona universitaria a Bologna INVIVIBILE, scriveva La repubblica (Leggi il testo nel post). Perchè non si è provveduto?
Atti
vandalici, imbrattamento di muri, sporcizia, bottiglie di vetro
rotte, spaccio di droga, vendita di biciclette rubate, urina ed
escrementi concentrati in alcuni punti (come via del Guasto): è il
lungo elenco dei residenti per descrivere come è ridotta la zona
universitaria. Diventata, in una parola, “invivibile”. Dopo
la denuncia
su Repubblica di un residente sull’ennesimo
danneggiamento subito alla sua auto, parcheggiata in via Belmeloro, è
partita una petizione on line. Dal titolo significativo: “Via
Zamboni non è un letamaio”. In un giorno sono state raccolte 400
firme. E le adesioni crescono, al punto che dopo una settimana le
firme sono lievitate a oltre 1.100.
“Questa petizione nasce per richiamare l'attenzione su un problema che interessa da diverso tempo l'area universitaria - si legge nel testo - Gli atti di vandalismo, in particolare nella zona di Piazza Verdi e negli spazi vicino alla facoltà di Lettere, sono sempre più frequenti e indegni. Tutto questo avviene alla luce del sole. Percorrendo via del Guasto, già di prima mattina, si possono notare pisciatori solitari, ubriachi che vomitano dove capita, rivenditori di biciclette, l'odore di urina che si mescola a quello del disinfettante che viene gettato come rimedio, ma non fa che peggiorare la situazione. Davanti al teatro Comunale poi i gruppi di punkabbestia, con i cani, si comportano sempre più da padroni”. La responsabilità - prosegue il testo - non è solo loro, ma è "anche di quegli studenti che la sera lasciano piazza Verdi nella totale sporcizia”.
I residenti chiedono più controlli e interventi per rendere la zona vivibile. “Il paradosso è che troppo spesso si vedono pattuglie e poliziotti che guardano lo sfacelo di questa zona, senza intervenire. Ma allora a cosa servono?”, lamentano. E concludono: “Chiediamo che si facciano più sforzi contro l'incivilimento della zona, perchè sta peggiorando. Speriamo che una richiesta collettiva sia in grado di risvegliare il torpore delle amministrazioni e spingerle a un maggior impegno in questo senso”.
“Questa petizione nasce per richiamare l'attenzione su un problema che interessa da diverso tempo l'area universitaria - si legge nel testo - Gli atti di vandalismo, in particolare nella zona di Piazza Verdi e negli spazi vicino alla facoltà di Lettere, sono sempre più frequenti e indegni. Tutto questo avviene alla luce del sole. Percorrendo via del Guasto, già di prima mattina, si possono notare pisciatori solitari, ubriachi che vomitano dove capita, rivenditori di biciclette, l'odore di urina che si mescola a quello del disinfettante che viene gettato come rimedio, ma non fa che peggiorare la situazione. Davanti al teatro Comunale poi i gruppi di punkabbestia, con i cani, si comportano sempre più da padroni”. La responsabilità - prosegue il testo - non è solo loro, ma è "anche di quegli studenti che la sera lasciano piazza Verdi nella totale sporcizia”.
I residenti chiedono più controlli e interventi per rendere la zona vivibile. “Il paradosso è che troppo spesso si vedono pattuglie e poliziotti che guardano lo sfacelo di questa zona, senza intervenire. Ma allora a cosa servono?”, lamentano. E concludono: “Chiediamo che si facciano più sforzi contro l'incivilimento della zona, perchè sta peggiorando. Speriamo che una richiesta collettiva sia in grado di risvegliare il torpore delle amministrazioni e spingerle a un maggior impegno in questo senso”.
Gentiloni,Berdini: pensino a lavorare. Non è lo stesso ammonimento che il Governo fece al sindaco Marino? Si sa come andò a finire
La lettera pubblicata dall'assessore Berdini, sull'organo del partito che lo ha cooptato in giunta - Il fatto quotidiano, per chi non si fosse ancora accorto - ha prodotto l'unica reazione possibile nella sindaca Raggi. All'assessore autodefinitosi 'coglione' ma che ora recita magnificamente la parte del 'patetico', la sindaca, in attesa di cacciarlo a calci in culo non appena trova un sostituto, ha replicato: ma dove trova il tempo per fare interviste con tutto quello che c'ha da fare? Pensi a lavorare, la nostra pazienza ha un limite.
Ed ha ragione. perchè abbandonata la tesi del complotto, sempre invocata da chi commette un grave errore a sua insaputa, e perciò ancora più grave ed irresponsabile per un amministratore pubblico, Berdini, come qualunque amministratore attaccato alla poltrona, fa sapere alla sindaca che Lui è ancora disponibile a lavorare al suo fianco per il bene della città. Al fianco di una 'incapace totale e strutturale'. circondata da un 'banda di facinorosi', che 'promuove un funzionario con il quale ha una 'liaison sentimentale'? Berdini, Berdini... sei patetico. Dimettiti prima che la Raggi ti faccia dimettere, per il bene della città.
L'invito a lavorare rivolto dalla Raggi a Berdini fa il paio con un altro ascoltato ieri nella direzione del PD, rivolto a Gentiloni, premier 'in odore' di Renzi. Il quale ha detto che la fine della legislatura non rientra nelle competenze e responsabilità del segretario di un partito, sapendo di mentire, a causa delle sue mire sfrenate di tornare sulla poltrona che Gentiloni gli sta tenendo in caldo. Tutti ieri, senza eccezione, hanno dichiarato che loro lavorano per il Paese, ma poi tutti hanno eccepito su molti punti che la dedizione al bene del paese, avrebbe consigliato di non tirare in ballo.
E a chi non l'avesse capito durante la direzione PD, ieri sera dalla Gruber, l'ha spiegato chiaramente Cuperlo: la legislatura è giunta al capolinea. Ma come, non doveva Gentiloni lavorare fino al compimento naturale della legislatura, avendo davanti a sè molti problemi urgenti? Sì, ma Cuperlo ha dato a Gentiloni lo stesso consiglio della Raggi a Berdini: lavori, non si curi d'altro.
Il fatto che quell'invio, prima di questi giorni, già un'altra volta è risuonato a Roma- glielo rivolse il Governo di Renzi al sindaco Marino e si sa come andò a finire - dovrebbe far riflettere.
P.S. Berdini, un attimo prima che lo facesse la Raggi con il classico calcio in culo, si è dimesso.
E così anche Berdini, dopo Marino, ha confermato la nostra opinione sull'invito a lavorare. Adesso sinceramente noi ci auguriamo che non tocchi anche a Gentiloni, perché questa volta, a differenza dei due precedenti casi, quando la città di Roma ci ha guadagnato dalle due dimissioni, il Paese ne soffrirebbe.
Ed ha ragione. perchè abbandonata la tesi del complotto, sempre invocata da chi commette un grave errore a sua insaputa, e perciò ancora più grave ed irresponsabile per un amministratore pubblico, Berdini, come qualunque amministratore attaccato alla poltrona, fa sapere alla sindaca che Lui è ancora disponibile a lavorare al suo fianco per il bene della città. Al fianco di una 'incapace totale e strutturale'. circondata da un 'banda di facinorosi', che 'promuove un funzionario con il quale ha una 'liaison sentimentale'? Berdini, Berdini... sei patetico. Dimettiti prima che la Raggi ti faccia dimettere, per il bene della città.
L'invito a lavorare rivolto dalla Raggi a Berdini fa il paio con un altro ascoltato ieri nella direzione del PD, rivolto a Gentiloni, premier 'in odore' di Renzi. Il quale ha detto che la fine della legislatura non rientra nelle competenze e responsabilità del segretario di un partito, sapendo di mentire, a causa delle sue mire sfrenate di tornare sulla poltrona che Gentiloni gli sta tenendo in caldo. Tutti ieri, senza eccezione, hanno dichiarato che loro lavorano per il Paese, ma poi tutti hanno eccepito su molti punti che la dedizione al bene del paese, avrebbe consigliato di non tirare in ballo.
E a chi non l'avesse capito durante la direzione PD, ieri sera dalla Gruber, l'ha spiegato chiaramente Cuperlo: la legislatura è giunta al capolinea. Ma come, non doveva Gentiloni lavorare fino al compimento naturale della legislatura, avendo davanti a sè molti problemi urgenti? Sì, ma Cuperlo ha dato a Gentiloni lo stesso consiglio della Raggi a Berdini: lavori, non si curi d'altro.
Il fatto che quell'invio, prima di questi giorni, già un'altra volta è risuonato a Roma- glielo rivolse il Governo di Renzi al sindaco Marino e si sa come andò a finire - dovrebbe far riflettere.
P.S. Berdini, un attimo prima che lo facesse la Raggi con il classico calcio in culo, si è dimesso.
E così anche Berdini, dopo Marino, ha confermato la nostra opinione sull'invito a lavorare. Adesso sinceramente noi ci auguriamo che non tocchi anche a Gentiloni, perché questa volta, a differenza dei due precedenti casi, quando la città di Roma ci ha guadagnato dalle due dimissioni, il Paese ne soffrirebbe.
Se Mentana sì, perchè Cruciani, no? A La 7, Bianco e Nero
L'altro giorno abbiamo ripreso Mentana che solitamente sa quello che dice ed anche come dirlo - perfino linguisticamente - perché aveva confuso l'italiano con il latino, o viceversa, mischiandoli e commettendo un errore che qualunque dizionario bolla come tale, quando aveva usato, a braccio, l'espressone DI SUA SPONTE. Qualunque dizionario spiega che quell'espressione è derivata dal latino, anche se sembrerebbe italianizzata, e già da sola, senza la preposizione italiana (di), significa quello che in italiano tradurremmo: DI SUA SPONTANEA VOLONTA' , o più sinteticamente ed anche più elegantemente, SPONTANEAMENTE. Mentana ha fatto ammenda, indirettamente, perchè all'indomani dello scivolone linguistico, se ne è uscito con un altro latinorum ' PAULO MAJORA CANAMUS', questa volta corretto.
Ieri sera, ascoltando 'Bianco e Nero' la nuova trasmissione de La7, s'è ascoltata una giornalista, la Cruciami, cadere nello stesso errore, o tranello, linguistico di Mentana, quando dichiarandosi sorella di un sacerdote in odore (puzza) di pedoflilia, ha cercato di entrare proditoriamente in un istituto nel quale tali malati - di una malattia che è un grave reato, materia del codice penale sia ecclesiastico che civile - vengono curati; senza troppo clamore, come la Chiesa voleva prima dell'avvento di papa Francesco e come forse continua a fare nonostante papa Francesco. Ebbene la Cruciani, che comodamente seduta ad una scrivania, davanti ad un apparecchio con viva voce ma con sottotitoli chiarificatori, faceva in tutta tranquillità, la finta intervista, se ne è uscita, pure lei, con la stessa espressione di Mentana, Di SUA SPONTE. Inutile ripetere anche a Lei la stessa lezione di italiano/latino, però una sfogliatina di dizionario gliela consigliamo vivamente.
Ieri sera, ascoltando 'Bianco e Nero' la nuova trasmissione de La7, s'è ascoltata una giornalista, la Cruciami, cadere nello stesso errore, o tranello, linguistico di Mentana, quando dichiarandosi sorella di un sacerdote in odore (puzza) di pedoflilia, ha cercato di entrare proditoriamente in un istituto nel quale tali malati - di una malattia che è un grave reato, materia del codice penale sia ecclesiastico che civile - vengono curati; senza troppo clamore, come la Chiesa voleva prima dell'avvento di papa Francesco e come forse continua a fare nonostante papa Francesco. Ebbene la Cruciani, che comodamente seduta ad una scrivania, davanti ad un apparecchio con viva voce ma con sottotitoli chiarificatori, faceva in tutta tranquillità, la finta intervista, se ne è uscita, pure lei, con la stessa espressione di Mentana, Di SUA SPONTE. Inutile ripetere anche a Lei la stessa lezione di italiano/latino, però una sfogliatina di dizionario gliela consigliamo vivamente.
Nicoletta Mantovani, a capo dell'assessorato 'Pavarotti' a Firenze, torna a casa
A dirla tutta sulla giunta del sindaco Nardella, a Firene, come non v'era ragione alcuna perché Nicoletta Mantovani assumesse la responsabilità dell'assessorato 'Pavarotti', altrettanto senza ragione resta la sua attuale uscita da quell'assessorato che aveva tanto ambito e del quale - cosa normalissima al momento dell'assunzione di una qualche responsabilità - si dichiarò onorata e lusingata.
Cosa abbia fatto in questi anni, un paio forse, durante i quali Lei avrebbe promosso l'immagine di Firenze (o sua, mediante Pavarotti?) noi non sappiamo e forse come noi molti altri anche fiorentini.
Nardella chiamandola s'era fatto forte di quel suo diploma di Conservatorio (violino) che con la mente l'aveva fatto andare a quel nome internazionale come il nostro grande tenore, defunto, del quale la Mantovani portava il cognome, anche da vedova, ma forse per poco ancora, avendo - data la sua giovane età - trovato un nuovo compagno, che forse per le suddette ragioni non sposerà mai.
Ora dopo due anni di intensissima (?) attività fiorentina - se Nardella rendesse noto quanto è costata e quanto ha reso, farebbe a tanti un piacere - Nicoletta Mantovani lascia Firenze e torna a casa. Semplicemente 'perchè c'ha da fare', che poi ha spiegato, incalzata dai giornalisti, 'c'ho da fare per il decennale della morte del mio ex marito, Lucianone'. Il che ha fatto pensare a molti che senza quel cognome da moglie ed ora da vedova, Micoletta Mantovani sarebbe una brava signora, mamma premurosa delle sue figlie avute dal tenore, donna con 'uso di mondo', retaggio degli anni pavarottiani, e basta. Assessore? perchè?
Firenze volta pagina e fa venire in città, ad occupare il posto dell Mantovani, un altro nome eccellente, dell'eccellenza acquisita sul campo della difesa dei diritti civili, e già fiorentina acquisita con altre modalità istituzionali, nello steso campo attribuito alla Mantovani. Paola Concia farà meglio, peggio, uguale? Adesso non lo sappiamo.
Per ora urgerebbe il bilancio dell'attività della Mantovani per non farsi prendere dal dubbio che Nardella ami eccessivamente le persone famose - qualche volta anche per il semplice cognome - ma che alla loro preparazione competenza e disponibilità non faccia caso.
Cosa abbia fatto in questi anni, un paio forse, durante i quali Lei avrebbe promosso l'immagine di Firenze (o sua, mediante Pavarotti?) noi non sappiamo e forse come noi molti altri anche fiorentini.
Nardella chiamandola s'era fatto forte di quel suo diploma di Conservatorio (violino) che con la mente l'aveva fatto andare a quel nome internazionale come il nostro grande tenore, defunto, del quale la Mantovani portava il cognome, anche da vedova, ma forse per poco ancora, avendo - data la sua giovane età - trovato un nuovo compagno, che forse per le suddette ragioni non sposerà mai.
Ora dopo due anni di intensissima (?) attività fiorentina - se Nardella rendesse noto quanto è costata e quanto ha reso, farebbe a tanti un piacere - Nicoletta Mantovani lascia Firenze e torna a casa. Semplicemente 'perchè c'ha da fare', che poi ha spiegato, incalzata dai giornalisti, 'c'ho da fare per il decennale della morte del mio ex marito, Lucianone'. Il che ha fatto pensare a molti che senza quel cognome da moglie ed ora da vedova, Micoletta Mantovani sarebbe una brava signora, mamma premurosa delle sue figlie avute dal tenore, donna con 'uso di mondo', retaggio degli anni pavarottiani, e basta. Assessore? perchè?
Firenze volta pagina e fa venire in città, ad occupare il posto dell Mantovani, un altro nome eccellente, dell'eccellenza acquisita sul campo della difesa dei diritti civili, e già fiorentina acquisita con altre modalità istituzionali, nello steso campo attribuito alla Mantovani. Paola Concia farà meglio, peggio, uguale? Adesso non lo sappiamo.
Per ora urgerebbe il bilancio dell'attività della Mantovani per non farsi prendere dal dubbio che Nardella ami eccessivamente le persone famose - qualche volta anche per il semplice cognome - ma che alla loro preparazione competenza e disponibilità non faccia caso.
domenica 12 febbraio 2017
L'assessore alla 'ricrescita culturale', Luca Bergamo, lavora all'affossamento della 'ripartenza' romana
Ci ha colpito leggere l'altro giorno il racconto della rinascita cittadina di Forlì, dopo il restauro del complesso del 'San Domenico' che ospita mostre ed attività culturali in grado di richiamare ogni anno folle di visitatori nell'unica provincia rimasta indietro alle altre emiliane. Insomma un progetto culturale perseguito con ferrea determinazione alla base della rinascita della città.
E abbiamo pensato, di contro, a quanto sta - anzi, non sta - accadendo a Roma, dopo l'avvento all'assessorato di Piazza Campitelli - ironicamente rinominato 'alla crescita culturale', da noi ribattezzato con altrettanta ironia della 'ricrescita' culturale, pensando alla ricrescita illusoria di qualunque cuoio capelluto - di Luca Bergamo, fine intellettuale cresciuto alla scuola di Rutelli, collaboratore di Giovanna Melandri, ideatore del festival 'Enzimi' che, evidentemente, negli ultimi decenni hanno perso la loro forza rigeneratrice, e sono diventati assolutamente innocui.
Luca Bergamo, che abbiamo sentito più di una volta parlare 'forbito', e del quale abbiamo letto dichiarazioni di intenti, da quando la sindaca gli ha affidato anche la delega di vicesindaco, si è concretamente segnalato all'attenzione generale esclusivamente per alcuni misfatti. A partire dal Concerto di Capodanno, che lui - per rompere con la tradizione - ha voluto dalle tre a mezzanotte del primo gennaio, e non più, come fanno volgarmente tutti nel resto del mondo, a cavallo della mezzanotte fra il trentuno dicembre ed il primo gennaio successivo, con un fiasco totale meritatissimo.
Poi anche per le politiche dell'accorpamento, più che per quelle della 'ricrescita'. Ha accorpato alcune istituzioni museali, mettendole tutte sotto l'egida di Palaexpo, lasciando fuori il Maxxi della sua datrice di lavoro di un tempo, Giovanna Melandri; ha trasferito la 'Casa del jazz' nel ministero 'senza portafoglio' di Musica per Roma; il 'Teatro Valle' ancora chiuso, sotto l'ala del Teatro di Roma (ma si discute ancora sulle modalità del suo restauro: Bergamo lo vorrebbe a tappe, tenendolo comunque aperto,come non bastasse la confusione di questi anni, e per non urtare teatranti ed opinione pubblica molto battaglieri), e, pochi giorni fa, ha cancellato dalla faccia del Comune la 'Casa delle letterature', organizzatrice del Festival di Massenzio da molto più di un decennio (in difesa della istituzione e del festival, oltre che della direttrice dell'una e dell'altro, Maria Gaeta, si sono mossi in tanti) e, notizia freschissima, rivuole i locali dove ha sede, a Villa Torlonia, l'Accademia delle Scienze, storica istituzione culturale della Capitale e nazionale.
Insomma Bergamo, per preciso mandato dei Cinquestelle e della Raggi, ed in nome del loro credo politico - ' Onestà,Trasparenza e zero Papocchi' - che non ammette sconti ed eccezioni, sta facendo piazza pulita della cultura a Roma, solo di tutta quella che non è presidiata momentaneamente da chi potrebbe abbaiare forte ed azzannare l'Assessore della 'ricrescita' all'incontrario.
Mentre al Teatro di Roma, al cui vertice, in scadenza, si trova un pezzo grosso dell'informazione via etere, quel Marino Sinibaldi che, nei giorni scorsi, ha presentato il bilancio positivissimo dell'ultimo triennio (2014-16) - perché non quello 'preventivo' del prossimo(2017-19)?- siccome potente, Bergamo non lo toccherà, come sta facendo con gli altri.
Ci viene da sperare che questa sua azione distruttrice non prosegua, perchè che lui e la sindaca vanno a casa prima.
E abbiamo pensato, di contro, a quanto sta - anzi, non sta - accadendo a Roma, dopo l'avvento all'assessorato di Piazza Campitelli - ironicamente rinominato 'alla crescita culturale', da noi ribattezzato con altrettanta ironia della 'ricrescita' culturale, pensando alla ricrescita illusoria di qualunque cuoio capelluto - di Luca Bergamo, fine intellettuale cresciuto alla scuola di Rutelli, collaboratore di Giovanna Melandri, ideatore del festival 'Enzimi' che, evidentemente, negli ultimi decenni hanno perso la loro forza rigeneratrice, e sono diventati assolutamente innocui.
Luca Bergamo, che abbiamo sentito più di una volta parlare 'forbito', e del quale abbiamo letto dichiarazioni di intenti, da quando la sindaca gli ha affidato anche la delega di vicesindaco, si è concretamente segnalato all'attenzione generale esclusivamente per alcuni misfatti. A partire dal Concerto di Capodanno, che lui - per rompere con la tradizione - ha voluto dalle tre a mezzanotte del primo gennaio, e non più, come fanno volgarmente tutti nel resto del mondo, a cavallo della mezzanotte fra il trentuno dicembre ed il primo gennaio successivo, con un fiasco totale meritatissimo.
Poi anche per le politiche dell'accorpamento, più che per quelle della 'ricrescita'. Ha accorpato alcune istituzioni museali, mettendole tutte sotto l'egida di Palaexpo, lasciando fuori il Maxxi della sua datrice di lavoro di un tempo, Giovanna Melandri; ha trasferito la 'Casa del jazz' nel ministero 'senza portafoglio' di Musica per Roma; il 'Teatro Valle' ancora chiuso, sotto l'ala del Teatro di Roma (ma si discute ancora sulle modalità del suo restauro: Bergamo lo vorrebbe a tappe, tenendolo comunque aperto,come non bastasse la confusione di questi anni, e per non urtare teatranti ed opinione pubblica molto battaglieri), e, pochi giorni fa, ha cancellato dalla faccia del Comune la 'Casa delle letterature', organizzatrice del Festival di Massenzio da molto più di un decennio (in difesa della istituzione e del festival, oltre che della direttrice dell'una e dell'altro, Maria Gaeta, si sono mossi in tanti) e, notizia freschissima, rivuole i locali dove ha sede, a Villa Torlonia, l'Accademia delle Scienze, storica istituzione culturale della Capitale e nazionale.
Insomma Bergamo, per preciso mandato dei Cinquestelle e della Raggi, ed in nome del loro credo politico - ' Onestà,Trasparenza e zero Papocchi' - che non ammette sconti ed eccezioni, sta facendo piazza pulita della cultura a Roma, solo di tutta quella che non è presidiata momentaneamente da chi potrebbe abbaiare forte ed azzannare l'Assessore della 'ricrescita' all'incontrario.
Mentre al Teatro di Roma, al cui vertice, in scadenza, si trova un pezzo grosso dell'informazione via etere, quel Marino Sinibaldi che, nei giorni scorsi, ha presentato il bilancio positivissimo dell'ultimo triennio (2014-16) - perché non quello 'preventivo' del prossimo(2017-19)?- siccome potente, Bergamo non lo toccherà, come sta facendo con gli altri.
Ci viene da sperare che questa sua azione distruttrice non prosegua, perchè che lui e la sindaca vanno a casa prima.
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Virginia Raggi. Tutti contro Feltri, in favore della sindaca. Solo quaranta, meno uno, in soccorso del 'coglione':Berdini
Il clamore nato dall'infelice, ma voluto affatto casuale, titolo del giornale di Feltri: 'Patata bollente', con il quale - si spiega nel sommario - si allude sia al problema dell'amministrazione 'Cinquestelle' a Roma, sia alle vicende sentimentali della sindaca, ha ricompattato tutto l'arco costituzionale (che forse di 'costituzionale' ha ben poco, interessato a difendere i propri interessi alla faccia di quelli del paese) attorno alla sindaca inefficiente, a sua difesa.
Che l'indignazione sia riuscita a ricompattare tutti in difesa della Raggi, lo dimostra anche la difesa - l'unica - di Feltri, dovuta alla Santanchè che in quel titolo non ci ha visto nulla di male, ma semplicemente l'uso di una espressione che ben illustra il 'caso' Roma, senza riguardare in alcun modo i 'casi propri' della Raggi.
La storia ha dato agio a Di Maio, che nell'affaire Roma sembra aver avuto una qualche responsabilità, di chiedere subito le elezioni, perché loro non hanno paura del voto popolare; certo, perché temono che andando avanti di questo passo, a Roma, le cose si metterebbero male, malissimo fra qualche mese, in tutto il paese per i grillini, quando - come cominciano a pensare in tanti - la sindaca, dopo essere stata commissariata dal suo movimento, sarà verosimilmente costretta a dare le dimissioni.
Analogo effetto, favorevole in certo modo ai Cinquestelle capitolini, dai quali l'attenzione è stata momentaneamente distolta, ha avuto la storia del 'coglione', secondo l'autodefinizione di Berdini, assessore del Gabinetto Raggi, in un settore - quello dell'Urbanistica - assolutamente strategico nella Capitale assediata dal mattone, nel più totale disordine.
Sì, a Berdini, secondo i suoi sostenitori - quaranta meno uno - è stata tesa una trappola dal suo stesso entourage, attraverso le quattro chiacchiere con un giovane giornalista che gli ha tirato fuori quello che tutti pensano, Cinquestelle compresi, della sindaca e dei suoi rapporti con il suo cerchio magico, ma soprattutto della sua incapacità a governare - che è il maggior suo difetto e peccato, non quello del possibile trasporto sentimentale di e per Romeo ( cui Feltri fa riferimento con quel titolo a doppio senso), che lei Giulietta, avrebbe corrisposto con un aumento di stipendio ed un incarico di grado superiore nell'Amministrazione.
Una lunga sfilza di intellettuali della capitale e della società civile ha sottoscritto un appello in favore di Berdini, defensor civitatis, dallo scempio dei costruttori che farebbero qualunque cosa pur di toglierselo dai piedi, anche farlo inciampare in un incidente giornalistico. Uno di questi intellettuali, ufficialmente sottoscrittori dell'appello, Alberto Asor Rosa, si è chiamato fuori dicendo che lui non ha mai firmato quell'appello, ed a Berdini avrebbe consigliato di non entrare mai in quella giunta di improvvisatori e dilettanti, perché avrebbe dovuto immaginarselo che si sarebbe potuto trovare in qualche guaio.
Ora i sottoscrittori, quaranta meno uno, di quell'appello, vogliono che Berdini non molli. Eh sì, oltre la prima figura da 'coglione'- la definizione , ripetiamo è sua di Berdini- vogliono fargliene fare una seconda dello stesso tenore, consigliandogli, indirettamente, di attendere che sia la sindaca a mandarlo via, appena trovato il sostituto, dopo averlo affidato ad un paio di badanti.
Che accadrà immancabilmente, quando approvato il progetto dello Stadio, da Berdini avversato - come qualunque altro progetto dalle Olimpiadi in poi, ad eccezione della 'Formula Uno all'Eur, nefasto progetto già accarezzato da Alemanno - dovrà andarsene, per non fare anche una terza figura da 'coglione'. Intanto la discussa intervista a Berdini distoglie l'attenzione delle continue capriole del Movimento sullo Stadio, ultima delle quali, firmata da Dibba. assicura che lo Stadio si farà.
Che l'indignazione sia riuscita a ricompattare tutti in difesa della Raggi, lo dimostra anche la difesa - l'unica - di Feltri, dovuta alla Santanchè che in quel titolo non ci ha visto nulla di male, ma semplicemente l'uso di una espressione che ben illustra il 'caso' Roma, senza riguardare in alcun modo i 'casi propri' della Raggi.
La storia ha dato agio a Di Maio, che nell'affaire Roma sembra aver avuto una qualche responsabilità, di chiedere subito le elezioni, perché loro non hanno paura del voto popolare; certo, perché temono che andando avanti di questo passo, a Roma, le cose si metterebbero male, malissimo fra qualche mese, in tutto il paese per i grillini, quando - come cominciano a pensare in tanti - la sindaca, dopo essere stata commissariata dal suo movimento, sarà verosimilmente costretta a dare le dimissioni.
Analogo effetto, favorevole in certo modo ai Cinquestelle capitolini, dai quali l'attenzione è stata momentaneamente distolta, ha avuto la storia del 'coglione', secondo l'autodefinizione di Berdini, assessore del Gabinetto Raggi, in un settore - quello dell'Urbanistica - assolutamente strategico nella Capitale assediata dal mattone, nel più totale disordine.
Sì, a Berdini, secondo i suoi sostenitori - quaranta meno uno - è stata tesa una trappola dal suo stesso entourage, attraverso le quattro chiacchiere con un giovane giornalista che gli ha tirato fuori quello che tutti pensano, Cinquestelle compresi, della sindaca e dei suoi rapporti con il suo cerchio magico, ma soprattutto della sua incapacità a governare - che è il maggior suo difetto e peccato, non quello del possibile trasporto sentimentale di e per Romeo ( cui Feltri fa riferimento con quel titolo a doppio senso), che lei Giulietta, avrebbe corrisposto con un aumento di stipendio ed un incarico di grado superiore nell'Amministrazione.
Una lunga sfilza di intellettuali della capitale e della società civile ha sottoscritto un appello in favore di Berdini, defensor civitatis, dallo scempio dei costruttori che farebbero qualunque cosa pur di toglierselo dai piedi, anche farlo inciampare in un incidente giornalistico. Uno di questi intellettuali, ufficialmente sottoscrittori dell'appello, Alberto Asor Rosa, si è chiamato fuori dicendo che lui non ha mai firmato quell'appello, ed a Berdini avrebbe consigliato di non entrare mai in quella giunta di improvvisatori e dilettanti, perché avrebbe dovuto immaginarselo che si sarebbe potuto trovare in qualche guaio.
Ora i sottoscrittori, quaranta meno uno, di quell'appello, vogliono che Berdini non molli. Eh sì, oltre la prima figura da 'coglione'- la definizione , ripetiamo è sua di Berdini- vogliono fargliene fare una seconda dello stesso tenore, consigliandogli, indirettamente, di attendere che sia la sindaca a mandarlo via, appena trovato il sostituto, dopo averlo affidato ad un paio di badanti.
Che accadrà immancabilmente, quando approvato il progetto dello Stadio, da Berdini avversato - come qualunque altro progetto dalle Olimpiadi in poi, ad eccezione della 'Formula Uno all'Eur, nefasto progetto già accarezzato da Alemanno - dovrà andarsene, per non fare anche una terza figura da 'coglione'. Intanto la discussa intervista a Berdini distoglie l'attenzione delle continue capriole del Movimento sullo Stadio, ultima delle quali, firmata da Dibba. assicura che lo Stadio si farà.
venerdì 10 febbraio 2017
Bravo Enrico ( Mentana)!
C'è poco da fare Mentana è il più svelto.
Stamattina, tirandoli giù dal letto e sbattendoli davanti al computer, abbiamo impartito, non richiesto e perciò gratuitamente, ad un gruppetto di allievi eccellenti ( Mentana, Mauro,Ovadia) una ripetizione, di latino, per corrispondenza. Un pò perchè l'insegnante che è in noi è duro a morire ed un pò per evitare loro altri futuri svarioni.
Mentana, c'è poco da fare il più svelto ed aggiungiamo il più recettivo e bravo di tutti, ha fatto immediatamente tesoro della lezioncina ed a stretto giro di telegiornale, senza lasciar passare nemmeno 24 ore, ci ha dato conferma che la ripetizione ha sortito i suoi effetti.
E, infatti, ancora ad apertura di telegiornale, proprio come ieri quando s'era lanciato, cadendo, in un 'di sua sponte', stasera, dopo aver parlato dell'affare Feltri, una brutta prova di giornalismo - relativo a Virginia Raggi, da mettere in croce per ben altre ragioni, non con un titolo, su Libero, squallido! - per voltare pagina e parlare di cose un pò 'più alte, ha nuovamente fatto ricorso alle sue riserve latine, rinfrescate con la ripetizione mattutina, con un 'paulo majora canamus', con tutte le desinenza al loro posto sia per l'avverbio che per l'aggettivo ed il verbo.
Bravo Enrico! Ora mi attendo che qualora capitasse, tu mi dia lezione di inglese, e anche di giornalismo, perchè nonostante io sia in pensione, continuo ad esercitare, privatamente attraverso la rete, da questo blog.
Ciao.
Stamattina, tirandoli giù dal letto e sbattendoli davanti al computer, abbiamo impartito, non richiesto e perciò gratuitamente, ad un gruppetto di allievi eccellenti ( Mentana, Mauro,Ovadia) una ripetizione, di latino, per corrispondenza. Un pò perchè l'insegnante che è in noi è duro a morire ed un pò per evitare loro altri futuri svarioni.
Mentana, c'è poco da fare il più svelto ed aggiungiamo il più recettivo e bravo di tutti, ha fatto immediatamente tesoro della lezioncina ed a stretto giro di telegiornale, senza lasciar passare nemmeno 24 ore, ci ha dato conferma che la ripetizione ha sortito i suoi effetti.
E, infatti, ancora ad apertura di telegiornale, proprio come ieri quando s'era lanciato, cadendo, in un 'di sua sponte', stasera, dopo aver parlato dell'affare Feltri, una brutta prova di giornalismo - relativo a Virginia Raggi, da mettere in croce per ben altre ragioni, non con un titolo, su Libero, squallido! - per voltare pagina e parlare di cose un pò 'più alte, ha nuovamente fatto ricorso alle sue riserve latine, rinfrescate con la ripetizione mattutina, con un 'paulo majora canamus', con tutte le desinenza al loro posto sia per l'avverbio che per l'aggettivo ed il verbo.
Bravo Enrico! Ora mi attendo che qualora capitasse, tu mi dia lezione di inglese, e anche di giornalismo, perchè nonostante io sia in pensione, continuo ad esercitare, privatamente attraverso la rete, da questo blog.
Ciao.
Ezio Mauro, Moni Ovadia, Enrico Mentana. Ripetizioni collettive di latino
Rischiano molto tutti quelli che parlano tanto e che scrivono pure tanto, quando si arrischiano ad usare espressioni linguistiche, di provenienza non italiana - nei casi che stiamo per citare si tratta di latino - perchè possono fare errori madornali che vanno dall'uso errato di accenti (come Ovadia che ha pronunciato 'benedicìte', invece di 'benedìcite' l'altro ieri a Radio 3, nel corso della lettura 'ad alta voce' del Nome della rosa di Umberto Eco); alla errata traduzione di espressioni latine, come accadde ad Ezio Mauro.
Ezio Mauro, mesi fa, traducendo una espressione latina, di provenienza gesuitica, che indicava il carattere 'totale' dell'obbedienza da tenersi nell'ordine: 'perinde ac cadaver', tradusse, 'ad sensum' - così si scusò - 'fino alla morte'. Sbagliato. Con quella espressione i gesuiti non vogliono intendere che l'obbedienza va osservata fino alla morte. No, non è questo il senso, che invece è: l'obbedienza di un gesuita dev'essere come quella di un cadavere, che non ha possibilità e capacità di reagire a qualunque impulso. Il cadavere fa qualunque cosa gli si faccia fare, non ha forza di reazione, nè può assumere decisione autonoma.
Ed ora il caso di Mentana che ieri anticipando gli argomenti del suo telegiornale, ha detto che le dimissioni, dalla giunta di Roma, Berdini le aveva date 'di sua sponte' . Dove ha sbagliato Mentana? ha messo un 'di' in più. Ci spieghiamo: 'sua sponte' , in latino, è un ablativo - in latino esistono le declinazioni che in italiano sono assenti, e sono rimpiazzate, nella maggioranza dei casi, da opportune preposizioni ( nel nostro caso: 'di sua spontanea volontà') - un 'caso' che sta ad indicare una modalità: cioè, Berdini s'è dimesso 'di' - o 'per' - 'sua volontà', che in latino si dice 'sua sponte'.
Fine della ripetizione. Ci siamo guadagnati un credito, e lo spenderemo in tutti i casi futuri in cui Ovadia, Mauro e Mentana, vorranno darci ripetizioni, ad esempio, di inglese, perchè sicuramente nei rari casi in cui ce ne serviamo, non conoscendo tale lingua barbara, anche noi commettiamo certamente errori. E se Mauro, Mentana e Ovadia vorranno segnalarceli - a tempo perso - saremo loro grati.
Ezio Mauro, mesi fa, traducendo una espressione latina, di provenienza gesuitica, che indicava il carattere 'totale' dell'obbedienza da tenersi nell'ordine: 'perinde ac cadaver', tradusse, 'ad sensum' - così si scusò - 'fino alla morte'. Sbagliato. Con quella espressione i gesuiti non vogliono intendere che l'obbedienza va osservata fino alla morte. No, non è questo il senso, che invece è: l'obbedienza di un gesuita dev'essere come quella di un cadavere, che non ha possibilità e capacità di reagire a qualunque impulso. Il cadavere fa qualunque cosa gli si faccia fare, non ha forza di reazione, nè può assumere decisione autonoma.
Ed ora il caso di Mentana che ieri anticipando gli argomenti del suo telegiornale, ha detto che le dimissioni, dalla giunta di Roma, Berdini le aveva date 'di sua sponte' . Dove ha sbagliato Mentana? ha messo un 'di' in più. Ci spieghiamo: 'sua sponte' , in latino, è un ablativo - in latino esistono le declinazioni che in italiano sono assenti, e sono rimpiazzate, nella maggioranza dei casi, da opportune preposizioni ( nel nostro caso: 'di sua spontanea volontà') - un 'caso' che sta ad indicare una modalità: cioè, Berdini s'è dimesso 'di' - o 'per' - 'sua volontà', che in latino si dice 'sua sponte'.
Fine della ripetizione. Ci siamo guadagnati un credito, e lo spenderemo in tutti i casi futuri in cui Ovadia, Mauro e Mentana, vorranno darci ripetizioni, ad esempio, di inglese, perchè sicuramente nei rari casi in cui ce ne serviamo, non conoscendo tale lingua barbara, anche noi commettiamo certamente errori. E se Mauro, Mentana e Ovadia vorranno segnalarceli - a tempo perso - saremo loro grati.
Ahi,ahi, Berdini
Per lungo tempo l'assessore all'Urbanistica del Comune di Roma, Berdini, si è vantato di essere arrivato al Campidoglio non per volontà dei Cinquestelle via rete, ma perché scelto dalla sindaca per i suoi trascorsi e meriti professionali. Insomma un tecnico. Giusto che se ne sia vantato. In questi mesi, il tecnico capitolino ha messo il bastone fra le ruote alla sindaca su tutta la materia di sua competenza, o l'ha spalleggiata, più verosimilmente, nel non far nulla o mettere il veto su tutto.
Non ricordiamo se anche per le Olimpiadi lui c'entra qualcosa. Ma Berdini sicuramente c'entra con la stadio che la Roma vuole costruirsi e sul quale, senza una drastica riduzione dei volumi da cementificare ha detto un secco no. D'accordo con la Raggi? Non è chiaro, perchè in questo caso la sindaca trema all'idea di trovarsi contro metà dei cittadini, tutti quelli che tifano per Totti, il quale pure vuole a tutti i costi lo stadio, e forse anche l'altra metà: quelli che tifano Lazio. Il calcio è affare nazionale da noi e non può essere sottovalutato, specie quando il ciclone 'elezioni' sembra doversi abbattere sul paese da un momento all'altro, senza preavviso, affossando, anzi annegando con il progetto dello stadio anche la sindaca ed i Cinquestelle.
Adesso, praticamente, Berdini è stato esautorato per l'affare stadio, che è stato affidato ad altri i quali vogliono a tutti i costi trattare.
Ma Berdini è, ormai, fuori da tutto, per un altro caso che ha rivelato la sua impreparazione politica ed anche altro, diciamolo. Può un assessore, pur riconoscendole libertà di pensiero, dire - anche se non nel corso di una formale intervista - quello che ha detto sulla sindaca (impreparata e incapace), sui suoi più stretti collaboratori (una banda di ....nesti) e sui rapporti con Romeo (erano amanti)?
Può Berdini dire quello che ha detto, anche se lo pensa tutta la città di Roma, anche quelli che fanno ancora un pò di credito alle capacità amministrative dei Cinquestelle?
Berdini non può dire quello che ha detto, se sa che qualcuno lo sta a sentire, perché in una situazione semipubblica, pronto a captare il 'Berdini pensiero' sulla giunta tutta del Campidoglio, della quale pure anche lui fa parte. L'unica cosa che poteva fare, essendo da tempo in disaccordo sulla linea, ammesso che ne avesse una la sindaca e la giunta grillina, era dimettersi, e lui non l'ha fatto se non quando costretto dalla gravità di quelle dichiarazioni manifestate con una leggerezza superiore a quella di un qualunque pischello.
Adesso lui deve andare via a basta. Sta lì ad aspettare che la Raggi riceva il consenso del sostituto? Figuraccia su figuraccia?
P.S. Ultimissime dal Campidoglio. Berdini se ne va? Forse che sì, forse che no. Intanto come i Cinq uestelle hanno fatto con la sindaca, mettendole ai fianchi dei commissari, con il compito di evitarle altri errori - bastano quelli che ha fatto! - ora metterebbero a presidiare l'assessorato all'Urbanistica, quello di Berdini, una commissione di badanti o tutori. Segno di totale incapacità di governo, nell'uno come nell'altro caso. E lo stadio? Il sindaco facente funzione, Di Battista - ora che le azioni su Roma di Di Maio sono in netto ribasso, addirittura carta straccia senza valore - ha assicurato che lo stadio si farà. Parola di sindaco. Non Raggi, ma Dibba.
Non ricordiamo se anche per le Olimpiadi lui c'entra qualcosa. Ma Berdini sicuramente c'entra con la stadio che la Roma vuole costruirsi e sul quale, senza una drastica riduzione dei volumi da cementificare ha detto un secco no. D'accordo con la Raggi? Non è chiaro, perchè in questo caso la sindaca trema all'idea di trovarsi contro metà dei cittadini, tutti quelli che tifano per Totti, il quale pure vuole a tutti i costi lo stadio, e forse anche l'altra metà: quelli che tifano Lazio. Il calcio è affare nazionale da noi e non può essere sottovalutato, specie quando il ciclone 'elezioni' sembra doversi abbattere sul paese da un momento all'altro, senza preavviso, affossando, anzi annegando con il progetto dello stadio anche la sindaca ed i Cinquestelle.
Adesso, praticamente, Berdini è stato esautorato per l'affare stadio, che è stato affidato ad altri i quali vogliono a tutti i costi trattare.
Ma Berdini è, ormai, fuori da tutto, per un altro caso che ha rivelato la sua impreparazione politica ed anche altro, diciamolo. Può un assessore, pur riconoscendole libertà di pensiero, dire - anche se non nel corso di una formale intervista - quello che ha detto sulla sindaca (impreparata e incapace), sui suoi più stretti collaboratori (una banda di ....nesti) e sui rapporti con Romeo (erano amanti)?
Può Berdini dire quello che ha detto, anche se lo pensa tutta la città di Roma, anche quelli che fanno ancora un pò di credito alle capacità amministrative dei Cinquestelle?
Berdini non può dire quello che ha detto, se sa che qualcuno lo sta a sentire, perché in una situazione semipubblica, pronto a captare il 'Berdini pensiero' sulla giunta tutta del Campidoglio, della quale pure anche lui fa parte. L'unica cosa che poteva fare, essendo da tempo in disaccordo sulla linea, ammesso che ne avesse una la sindaca e la giunta grillina, era dimettersi, e lui non l'ha fatto se non quando costretto dalla gravità di quelle dichiarazioni manifestate con una leggerezza superiore a quella di un qualunque pischello.
Adesso lui deve andare via a basta. Sta lì ad aspettare che la Raggi riceva il consenso del sostituto? Figuraccia su figuraccia?
P.S. Ultimissime dal Campidoglio. Berdini se ne va? Forse che sì, forse che no. Intanto come i Cinq uestelle hanno fatto con la sindaca, mettendole ai fianchi dei commissari, con il compito di evitarle altri errori - bastano quelli che ha fatto! - ora metterebbero a presidiare l'assessorato all'Urbanistica, quello di Berdini, una commissione di badanti o tutori. Segno di totale incapacità di governo, nell'uno come nell'altro caso. E lo stadio? Il sindaco facente funzione, Di Battista - ora che le azioni su Roma di Di Maio sono in netto ribasso, addirittura carta straccia senza valore - ha assicurato che lo stadio si farà. Parola di sindaco. Non Raggi, ma Dibba.
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