Innanzitutto una necessaria ed ineludibile legenda: IUC sta per Istituzione Universitaria dei Concerti; ORT per Orchestra regionale Toscana, e FiTo per Filarmonica Toscanini; mentre il Teatro di Modena, dal quale cominciamo, non ha bisogno di altra spiegazione.
Una notizia bomba ci arriva da quel teatro, intitolato a Pavarotti. In febbraio, se la memoria non ci inganna, il teatro ospiterà una nuova produzione di Attila di Giuseppe Verdi, e fin qui nulla di tanto particolare, nonostante il titolo non sia fra i più frequentati di Verdi, anche dopo la ripresa di Muti all'Opera di Roma. La vera novità, alla quale giornali e televisioni di tutto il mondo si stanno già interessando, è data dalla coppia di grandi artisti alla quale la nuova produzione è affidata. Aldo Sisillo per la direzione e Enrico Stinchelli per la regia. Chi volesse non perdersi l'Attila di Sisillo-Stinchelli, si prenoti fin d'ora, i posti sono già quasi tutti esauriti.
La IUC prosegue nella sua caparbia volontà artistica di coniugare o di presentare in ogni sua stagione l'antico senza rinunciare al moderno, insieme o uno dopo l'altro. E l'antico anche a braccetto con il moderno, per far sapere al mondo che la musica non si è fermata a Beethoven, ma continua. Grazie per avercelo ricordato.
Di questa annuale spruzzata di moderno sull'antico è artefice uno dei più attivi manager musicali, un tempo anche compositore, anzi 'videocompositore', da sempre nel consiglio artistico dell'Istituzione, e cioè NICOLA SANI che non ha abbandonato tale incarico nonostante sia quasi sopraffatto da altri più pressanti ed impegnativi lavori (sovrintendente a Bologna, direttore della Chigiana, presidente dell'Istituto verdiano: tutto contemporaneamente, apparentemente senza fatica!).
Solo che il suo devastante furore modernista non si ferma all'antico che viene rifatto 'moderno' ma si abbatte anche sul moderno, più moderno del moderno, come nel caso di una serata dedicata ad un brano celeberrimo della modernità ( Drumming di Steve Reich) presentato con videoproiezioni, per il timore che la carica di modernità che quel brano ha sempre mostrato, e in ragione della quale viene continuamente riproposto, si sia ora, inaspettatamente, affievolita.
Stesso destino tocca a Mahler - antico, moderno? - che ora viene rivisitato ( Mahler Remixed) da Fennesz ( diavolo d'un SANI, li conosce tutti lui!); sebbene scoperto da poco e non del tutto ancora accettato, si passa già a 'rivisitarlo'. Peccato che non abbia portato alla IUC anche il Vivaldi di Max Richter
Fra parentesi, in una recente pubblicità della stagione abbiamo notato come la IUC, finanziata con soldi pubblici italiani, non citi neanche un artista italiano in cartellone, quasi se ne vergogni, per quei pochissimi che, come mosche bianche, sono presenti. Perchè? Gli stranieri sono più moderni, o 'à la page', a voler parlare moderno. E chi più moderna, o 'à la page', di di una violinista che suona scalza, come hanno sottolineato orgogliosi gli organizzatori, e non perchè le manchino le scarpe, ma perchè quel che suona non è sufficientemente 'attraente', o forse per come lei lo suona.
La FITO- Filarmonica Toscanini di Parma - annuncia un cambio della guardia sul podio, come direttore 'stabile' o 'principale', fa lo stesso. A Francesco Lanzillotta - una delle 'bacchette più promettenti della sua generazione', come si legge sempre in questi casi, a vantaggio del prescelto - succede un giovanissimo indiano, di origine, Alpesh Chauhan, 26 anni, formatosi in Inghilterra che la Toscanini, secondo la rivelazione della direttrice artistica Cucchi, 'è riuscita a strappare ad una fondazione lirica che voleva accaparrarselo', nonostante che egli finora non abbia mai diretto un titolo d'opera nella sua pur breve vita e già ricca carriera.
Un giovane al posto di una altro giovane, con qualche anno di più, per una orchestra giovane. Avranno modo e tempo per crescere insieme?
Sull'ORT, aleggia lo spirito di papa Francesco, predicatore 'dell'accoglienza', come hanno espressamente dichiarato i dirigenti alla presentazione del cartellone, già dal piccolo festival di inizio stagione vocato alla modernità e che quest'anno si tinge di sacro e di oriente europeo.
Nelle edizioni passate - gloriose? ingloriose? - il festival inventato e voluto da Giorgio Battistelli, direttore artistico, s'era fermato a contemplare la ricca varietà della musica d'oggi in Italia, con poca o nulla scelta. Un modo per riserrare le fila dell'appartenenza, e forse per far sapere al mondo dove andavano gusti e simpatie della direzione artistica.
Oggi, per l'edizione che si apre a giorni e si conclude dopo tre concerti, i principali protagonisti sono compositori dell'est europeo, toccati anch'essi, in buona parte, dal sacro fuoco della religione, in capo a tutti Arvo Part, ma non solo lui.
E, poi, nel terzo dei tre concerti in tutto, si torna all'Italia, presentando due campioni della musica moderna, come Petrassi e Ghedini ( al quale ultimo renderà omaggio anche un CD dell'Orchestra, di fresca registrazione) e due giovani aitanti, femminili promesse ( Terranova, Ravera)
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