Beppe, a Roma si direbbe che 'la stai facendo fuori dal vasetto'. Si dice così di uno che 'se la tira'. E tu te la tiri, diciamolo in tutta sincerità. Qualche giorno fa, nel corso della tua trasmissione sull'erba del vicino - non c'era bisogno che tu ce lo ricordassi essere sempre più verde della nostra - hai fatto notare che non appartieni alla schiera di giornalisti che hanno un elenco di domande e che le pongono all'intervistato, una dopo l'altra, indipendentemente da quello che rispondono alle singole domande; insomma, che non stanno a sentire le risposte. Tu, invece, che te la tiri, e credi di essere il mejo, hai detto ai tuoi interlocutori che non appartieni a questo genere di giornalisti perché tu le risposte le ascolti e, in base ad esse, aggiusti o cambi le successive domande. Che è come dire che dopo la notte viene il giorno. Se poi buona parte dei colleghi non se ne è accorto sono affari loro. Perché allora sottolineare la tua normalità?
Poi oggi, ci fai sapere la tua storia d'amore con le macchine. Ti sei chiesto a chi di noi può interessare una simile storia? Avresti fatto bene a domandartelo e, sull'esempio di Marzullo, darti anche una risposta: non ci importa un fico secco.
C'è una cosa che invece ti invidiamo, l'unica, per quanto possa sembrarti irrilevante. Ed è la conoscenza della lingua inglese. Per questo ti invidiamo; per le altre cose, no; quelli che se la tirano, prima e dopo la barba, non ci interessano, e come non interessano a noi non interessano a milioni di altri italiani.
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