E' venuta l'ora in cui anche Franceschini, smettendo i panni del ministro 'mezzodisastro', noto per gli annunci a sorpresa ( anche questo blog ne ha elencanti a decine, forse centinaia) o delle sorprese di fronte ai disastri, batta un colpo e ci dica se esiste.
Fra un paio di giorni a Roma ci sarà la riunione dei responsabili dei due saloni del libro in lotta - quello storico di Torino e quello neonato milanese, da battezzare in aprile, in diretta concorrenza con il fratello maggiore; vedrà nel suo ufficio i rappresentanti delle due associazioni di editori (quella grande che patrocina Milano e la minore, più combattiva e più motivata a difesa del salone torinese) oltre al sindaco di Torino, Appendino al presidente della Regione, Chiamparino, ed il seguito di ciascuno.
Alle inaugurazioni del Festival MiTo, si sono seduti uno accanto all'altro i sindaci delle due capitali del nord Italia; e questo semplice fatto ha spinto alcuni a pensare che Appendino e Sala avessero potuto firmare un patto di non belligeranza fra le due città in nome del libro. Ragionando come fosse del tutto inutile anzi dannoso che per difendere il libro e la lettura in Italia si affondasse di fatto il mercato, con una guerra intestina fra editori, e si suonasse la campana a morto per una manifestazione che, con tutti i problemi, ha fatto tanto per il libro, senza sapere ancora se il neonato, i cui lineamenti sono ancora ignoti, farà meglio del suo antenato; mentre si sa solo che già da piccolo, ma con maggiori possibilità economiche raggruppando l'AIE, presieduta da Motta, tutti i grandi editori italiani, gli vuol fare la guerra, e comincia con le azioni di disturbo un mese prima della data fissata per il salone torinese, cioè ad aprile, data in cui è già fissata a Rho, la 'fiera' milanese del libro.
Franceschini cosa dovrebbe fare per far sapere che c'è ancora? Lui assieme alla collega Giannini hanno firmato - se ricordiamo bene - una intesa con il Salone torinese per far entrare come soci i rispettivi loro dicasteri, versando un contributo.
Nell'uno come nell'altro caso, sia ben chiaro, si tratta di iniziative private, anche se per il salone torinese, non si sbaglia parlando di una sua certa 'istituzionalizzazione' se non altro per gli ormai lunghi anni di esistenza. L'assessore alla cultura milanese, il compositore Del Corno, alla vigilia della guerra guerreggiata, ha precisato che il Comune non c'entrava nell'iniziativa dell'AIE, iniziativa privata, lavandosene le mani. Ma così non si governa!
Non vorremmo che Franceschini, come Del Corno, sfuggisse alle sue responsabilità di far ragionare gli uni e gli altri, inducendoli a firmare un pace duratura, per lavorare ambedue a favore del libro e della cultura, senza pestarsi i piedi, come è evidente che voglia fare l'AIE presieduta da Motta.
Almeno una volta prenda esempio da sua moglie , l'ex presidente della Commissione cultura del Comune di Roma, al tempo di Marino, Michela Di Biase, la quale, un tempo silenziosa, da quando Virginia Raggi è salita al Campidoglio non passa giorno senza che intervenga contro i suoi avversari politici che invita a prendere posizioni nette, ad assumere decisioni in favore della città. Franceschini dovrebbe apparire altrettanto determinato, magari evitandone il broncio che ne oscura la bellezza tutta romana.
P:S: Dario Franceschini è anche un prolifico scrittore che ha pubblicato i suoi romanzi, più d'uno, presso Bompiani. Mentre non sappiamo con quali fortune editoriali, sappiamo, invece, che se vorrà farsi sentire - come gli auguriamo - dovrà fare la voce grossa anche con il suo editore.
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