Ricominceremo da Caracalla. Detto così - esattamente come l'ha detto il nuovo sovrintendente dell'Opera Fuortes, indicando da dove vuole cominciare la rivoluzione che renderà il suo teatro
'più grande e più bello che pria' - sembra che voglia affidarsi al mestiere più antico del mondo per rimpinguare le casse del teatro, giacché Caracalla voleva dire...quando noi eravamo ragazzi, voleva dire a quei tempi 'puttane', adesso non sappiamo.
Fatto sta che Fuortes vuole rivoluzionare Caracalla, tornando all'antico, a quella grande platea popolare, che può rendere in una città come Roma che ha d'estate tanti turisti, molti dei quali mettono nel pacchetto viaggi, una sera a Caracalla, per vedere ed ascoltare l'opera, in uno scenario che non ha pari al mondo, e se non più bello perfino dell'Arena di verona, senz'altro più suggestivo.
Chi infatti frequenta Caracalla sa che ogni sera giungono fiumane di spettatori, in parte italiani della provincia, ma in buona parte anche stranieri. Secondo Fuortes quella platea di 4000 posti può essere aumentata. Per fare cosa se poi non si è in grado di riempirla? L'estate scorsa, a fronte di una ventina di serate, vi sono stati 40.000 spettatori in tutto, quando avrebbero potuto essercene sulle 80.000.
Ma Caracalla, le grandiose terme romane, non rappresentava l'opera popolare un tempo, da quando nel '37 venne utilizzata la prima volta per spettacoli d'opera?
Caracalla era nata come vasta arena estiva popolare. E, diciamo che a questa vocazione non era venuta mai meno, neanche quando aveva dovuto traslocare il suo palcoscenico per non recare offesa al monumento.
Poi è arrivata la svolta intellettuale, dell'epoca Vlad, Alessio, avallata da Muti, senza il cui assenso nulla si fa in teatro, anche quando lui è a Chicago. Quando Vlad annunciò l'intento di trasformare Caracalla in un festival chic, noi obiettammo che caracalla Cra un'altra cosa. E infatti s'è visto. Nonostante i proclami dell'ufficio stampa, cantore delle gesta di De Martino, amplificate da Corriere e Messaggero, le stagioni alle terme sono state disastrose sotto il profilo delle entrate; ancor più disastrose quando hanno voluto presentare spettacoli che con le terme operistiche non avevano nulla da spartire: Monteverdi/Battistelli/Martone; Pucell/Muti Chiara; Kleiber/Cappelli/Pizzi. Spettacoli costosi, in un ambiente delle terme raccolto per un pubblico che in tutte le recite non arrivava complessivamente neanche a duemila unità.
Un analogo esperimento, abortito per fortuna, lo volle impiantare all'Arena di Verona Giorgio Battistelli, ora nel CdA dell'Opera, e all'epoca direttore artistico. Basta con gli spettacoli popolari, aveva detto. Che peccato, anche intelligenze sopraffine non capiscono che la vocazione di un luogo non può esser tradita, pena disastri finanziari. L'Arena ebbe fortuna, perchè Battistelli se ne andò quasi subito, mentre Vlad resta all'Opera. Ma Fuortes ha la forza per far sconfessare a Vlad e allo stesso Muti la fallimentare svolta chic di Caracalla? Sarà in grado di approntare in tempo un cartellone che ben si adatti allo spettacolo all'aperto, fra rovine monumentali? I titoli che piacciono tanto a Vlad e che sono onnipresenti nella stagione al Costanzi, dove non sembra che funzionino , perchè al Costanzi tutto funziona solo quando c'è Muti sul podio - troppo poco! - devono girare alla larga da Caracalla.
E, comunque, ci sembra che Fuortes sia tuttora incapace di fare un piano di riforme, e che giri alla larga dall'argomento centrale che è la stagione teatrale, il cartellone, i costi.
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