Qualche giorno fa, ospite di 'In Onda' de La 7, Umberto Galimberti (da non confondere con Paolo Garimberti, giornalista di Repubblica che un noto salotto di Via Condotti, frequentato anche da Gianni Letta mandò a comandare in Rai!) ha spiegato la triste sorte del popolo italiano in rapporto ai suoi politici, di livello bassissimo - ha detto, senza mezzi termini - che una volta eletti badano al proprio tornaconto piuttosto che interessarsi ai bisogni della popolazione, e che - ha aggiunto - una volta eletti ed assaporato il potere non schiodano mia, anche perchè - ha concluso amaramente - dopo essere stati in politica per dieci quindici anni, e forse anche più, non avendo mai svolto attività alcuna oltre quella politica, che lavoro potrebbero fare nella società? non sanno far nulla!
Il ragionamento di Galimberti cade ' a fagiolo' sulla discussione di questi giorni sulle prossime elezioni regionali siciliane, per le quali il governatore uscente, intende ricandidarsi, a dispetto di ciò che vorrebbe il suo partito che avrebbe già candidato il rettore dell'Università di Palermo.
Crocetta è indignato. Con la sua ricandidatura egli vorrebbe a che dal suo partito un riconoscimento politico del suo operato, in netta discontinuità con i Lombardo e Cuffaro che , a suo dire, hanno fatto disastri in Regione.
Ieri sera ancora a 'In Onda' dove era ospite, collegato da Palermo, Crocetta ha ostentato il suo medagliere politico, da quando una ventina di anni fa fu eletto a stragrande maggioranza sindaco di Gela e poi ancora amministratore in Sicilia, poi in Europa ed infine governatore.
Lui, dal suo punto di vista, forse ragiona bene. Esiste un articolo nello statuto del Pd che prevede che un amministratore uscente possa ricandidarsi per la seconda volta. E, comunque, lui chiede che si facciano le 'primarie'. Il tempo, asserisce, seppur ristrettissimo, c'è, e lui non teme di sfidare il rettore dell'università. Che, se le vincerà, lui è pronto a dichiarasi fuori, ma la sua uscita non può decretarla- lui dice, il partito o qualche proconsole del segretario. Crocetta, dal punto di vista teorico e normativo ha ragione su tutta la linea.
Il fatto è che dopo una quindicina d'anni che uno ha avuto incarichi politici non sarebbe ora di dire basta! La vita di un amministratore è dura ed impegnativo e questo lo sa anche Crocetta, ma lui forse oltre quello non pensa di saper fare.
E in questo ha ragione Umberto Galimberti ( sempre, da non confondere con Paolo Garimberti che da giornalista, per volontà e decisione di un noto salotto romano, si trovò catapultato alla presidenza Rai, incarico che, in Italia, chiunque può svolgere!)
giovedì 31 agosto 2017
FAKE MAN : Fabio Cenerini, Michele Emiliano, Dario Franceschini, Nicola Campogrande
Uno più uno meno non cambia, di ogni genere, tutti che hanno in comune il fatto di essere persone adulterate, FAKE, per ciò che hanno dichiarato o fatto. Alcuni esempi recenti.
Fabio Cenerini. Capolista della lista Toti al Comune de La Spezia. In vacanza sulle Dolomiti, dalle parti di Cortina - peggio per gli ampezzani che ce l'hanno fatto entrare senza passaporto e requisiti - s'è rifocillato in una malga. Durante il pasto l'ha disturbato la vista di una cameriera nera, africana, in costume tipico ampezzano. Era ridicola, ha pensato (?) fra sè e sè, ed anche che sarebbe meglio che a servire a tavola nei ristoranti di Cortina ci fossero solo gente del posto. Non contento di averla pensata una simile castroneria, l'ha anche postata sui social, non rendendosi conto che lui, vestito da uomo è apparso altrettanto ridicolo agli altri commensali dolomitici che, però, hanno avuto l'umana compassione di tenere tale parere per sè.
Emiliano, governatore delle Puglie. Lui non è d'accordo con le vaccinazioni obbligatorie: all'Italia ed alla Puglia può interessare cosa pensa delle vaccinazioni l'ex magistrato, ancora in ruolo, Emiliano, il quale si è messo in fila, dietro Maroni e Zaia, altri campioni? Purtroppo sì, solo perchè costrette, dopo che il Governatore ha dichiarato di voler dare supporto ed assistenza a quanti si oppongono alla vaccinazioni, prescritte per legge. Peccato ches ia ai suoi tempi che ai giorni nostri non era nè è prevista la vaccinazione obbligatoria contro la stupidità!
Franceschini, ministro. In una intervista di Repubblica, il ministro rivela a Paolo Boccacci di essere rimasto affascinato dall'Alessandrino, quartiere di Roma che conserva ancora i ruderi monumentali di un antico acquedotto romano, dove lui ha abitato per qualche tempo in casa dell'attuale moglie Michela Di Biase, che lì è nata, vissuta, ed ha anche il suo collegio elettorale, e che l'ha votata, quasi un plebiscito, alle ultime elezioni.
Franceschini canta le bellezze dell'Alessandrino ed invita tutti, romani e non, a non fermarsi alle bellezze della Roma storica situate nel centro della Capitale, ma a spingersi alla scoperta di tanti tesori nascosti nella Roma dei quartieri non ancora degradati.
E forse ha ragione Franceschini. Il quale, però, beccato sull'Alessandrino al tempo della campagna elettorale, non si difende dall'accusa di aver trovato che nelle pieghe dei fondi del ministero perennemente al verde, ben 40 milioni di Euro - non un soldo! - per restaurare un ex deposito militare di Tor Sapienza, Cerimant, a due passi proprio dall'Alessandrino, feudo di Michela Di Biase, il quale, riconoscente, l'ha votata a grande maggioranza, facendola risultare la consigliera comunale più votata.
Nicola Campogrande, direttore artistico del Festival Mito. Ama passeggiare con la famiglia sulle Dolomiti, ma a Nicola Campogrande - citiamo dal Corriere della Sera di oggi, in una di quelle pagine a pagamento - il tema della Natura (sul quale è incentrata la programmazione della prossima edizione che si inaugura il 3 settembre) è venuto gironzolando fra gli scaffali si un supermercato: " In montagna vedo gente attenta al fitness, sugli scaffali vedo sempre più cibi bio, ma quanti curano la qualità della musica che ascoltano? Perchè la buona musica fa bene al corpo e allo spirito".
Siete tutti invitati a Milano o Torino, per ascoltare la musica bio e fitness, proposta da Campogrande, e suggeritagli dagli scaffali di un supermercato in alta quota che il noto compositore invita a frequentare per condividere con lui la straordinaria scoperta.
Fabio Cenerini. Capolista della lista Toti al Comune de La Spezia. In vacanza sulle Dolomiti, dalle parti di Cortina - peggio per gli ampezzani che ce l'hanno fatto entrare senza passaporto e requisiti - s'è rifocillato in una malga. Durante il pasto l'ha disturbato la vista di una cameriera nera, africana, in costume tipico ampezzano. Era ridicola, ha pensato (?) fra sè e sè, ed anche che sarebbe meglio che a servire a tavola nei ristoranti di Cortina ci fossero solo gente del posto. Non contento di averla pensata una simile castroneria, l'ha anche postata sui social, non rendendosi conto che lui, vestito da uomo è apparso altrettanto ridicolo agli altri commensali dolomitici che, però, hanno avuto l'umana compassione di tenere tale parere per sè.
Emiliano, governatore delle Puglie. Lui non è d'accordo con le vaccinazioni obbligatorie: all'Italia ed alla Puglia può interessare cosa pensa delle vaccinazioni l'ex magistrato, ancora in ruolo, Emiliano, il quale si è messo in fila, dietro Maroni e Zaia, altri campioni? Purtroppo sì, solo perchè costrette, dopo che il Governatore ha dichiarato di voler dare supporto ed assistenza a quanti si oppongono alla vaccinazioni, prescritte per legge. Peccato ches ia ai suoi tempi che ai giorni nostri non era nè è prevista la vaccinazione obbligatoria contro la stupidità!
Franceschini, ministro. In una intervista di Repubblica, il ministro rivela a Paolo Boccacci di essere rimasto affascinato dall'Alessandrino, quartiere di Roma che conserva ancora i ruderi monumentali di un antico acquedotto romano, dove lui ha abitato per qualche tempo in casa dell'attuale moglie Michela Di Biase, che lì è nata, vissuta, ed ha anche il suo collegio elettorale, e che l'ha votata, quasi un plebiscito, alle ultime elezioni.
Franceschini canta le bellezze dell'Alessandrino ed invita tutti, romani e non, a non fermarsi alle bellezze della Roma storica situate nel centro della Capitale, ma a spingersi alla scoperta di tanti tesori nascosti nella Roma dei quartieri non ancora degradati.
E forse ha ragione Franceschini. Il quale, però, beccato sull'Alessandrino al tempo della campagna elettorale, non si difende dall'accusa di aver trovato che nelle pieghe dei fondi del ministero perennemente al verde, ben 40 milioni di Euro - non un soldo! - per restaurare un ex deposito militare di Tor Sapienza, Cerimant, a due passi proprio dall'Alessandrino, feudo di Michela Di Biase, il quale, riconoscente, l'ha votata a grande maggioranza, facendola risultare la consigliera comunale più votata.
Nicola Campogrande, direttore artistico del Festival Mito. Ama passeggiare con la famiglia sulle Dolomiti, ma a Nicola Campogrande - citiamo dal Corriere della Sera di oggi, in una di quelle pagine a pagamento - il tema della Natura (sul quale è incentrata la programmazione della prossima edizione che si inaugura il 3 settembre) è venuto gironzolando fra gli scaffali si un supermercato: " In montagna vedo gente attenta al fitness, sugli scaffali vedo sempre più cibi bio, ma quanti curano la qualità della musica che ascoltano? Perchè la buona musica fa bene al corpo e allo spirito".
Siete tutti invitati a Milano o Torino, per ascoltare la musica bio e fitness, proposta da Campogrande, e suggeritagli dagli scaffali di un supermercato in alta quota che il noto compositore invita a frequentare per condividere con lui la straordinaria scoperta.
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lunedì 28 agosto 2017
Opera di Roma. Bilancio con utile di esercizio. C'è da aspettarsi qualche brutta sorpresa futura, come accadde anche alla fine della sovrintendenza De Martino?
Il Consiglio di Indirizzo della Fondazione Teatro dell’Opera di Roma, nella seduta di martedì 27 giugno 2017, ha approvato il bilancio consuntivo 2016 che si chiude con un utile di esercizio di 34.218 euro.
Il valore della produzione è stato di 57.612.513 euro, con un incremento di 540.000 euro rispetto all’anno precedente.
Nel 2016 i ricavi di biglietteria sono cresciuti di oltre 1,2 milioni di euro (+12,7% rispetto al 2015) mentre le entrate da sponsorizzazioni e contributi privati, sono cresciute di un ulteriore 8,4%.
Il valore della produzione è stato di 57.612.513 euro, con un incremento di 540.000 euro rispetto all’anno precedente.
Nel 2016 i ricavi di biglietteria sono cresciuti di oltre 1,2 milioni di euro (+12,7% rispetto al 2015) mentre le entrate da sponsorizzazioni e contributi privati, sono cresciute di un ulteriore 8,4%.
“La Fondazione Teatro dell’Opera di Roma chiude il suo bilancio d’esercizio in utile – ha dichiarato la Sindaca di Roma Virginia Raggi – Un risultato reso possibile grazie al prezioso contributo di tutti i lavoratori che ogni giorno, con passione e professionalità, si impegnano per rendere ancor più grande il Teatro Costanzi. Dietro ogni spettacolo ci sono centinaia di persone che lavorano. Sono loro il valore aggiunto del Teatro. E i dati estremamente positivi dei ricavi di biglietteria indicano che la strada che abbiamo intrapreso è quella giusta: il nostro obiettivo è avvicinare l’Opera a quante più persone possibili, soprattutto giovani e bambini”.
Nel 2016 la Fondazione ha prodotto un grande sforzo organizzativo e produttivo: considerando il Teatro Costanzi e Caracalla, sono state messe in scena 21 produzioni (13 di opera lirica e 8 di balletto) con 154 rappresentazioni.
La Fondazione prosegue il percorso di risanamento iniziato nel 2013 con l’adesione alla legge Bray. Sotto il profilo patrimoniale, nel 2016, i debiti della Fondazione sono diminuiti, nel loro complesso, di oltre un milione di euro.
La Fondazione prosegue il percorso di risanamento iniziato nel 2013 con l’adesione alla legge Bray. Sotto il profilo patrimoniale, nel 2016, i debiti della Fondazione sono diminuiti, nel loro complesso, di oltre un milione di euro.
“Per il terzo anno consecutivo la Fondazione ha chiuso l’esercizio con il bilancio in utile. – ha dichiarato il Sovrintendente Carlo Fuortes – La Fondazione continua dunque a compiere un cammino virtuoso incentrato su due assi strategici: da una parte il risanamento economico-finanziario, caratterizzato da bilanci in ordine e controllo dell’indebitamento; dall’altra l’innalzamento della qualità artistica che ha portato a un forte rilancio dell’immagine del Teatro in Italia e nel mondo e a uno straordinario aumento degli spettatori e degli incassi.”
Alberto Savinio. Cartolina di fine estate all'Italia
L’Italia è creatrice di civiltà […] e deve creare spettacoli estivamente e civilmente
civili. Intendo spettacoli intonati al carattere stesso dell’estate, ossia
leggeri di passo e sottili di mente, intelligenti e liberi, eleganti […] Mi dicono
che la stagione alle terme di Caracalla ha colmato in parte il deficit del
Teatro dell’Opera, e che invece spettacoli come dico io…
E con questo? Si pensi a quanto ha speso l’Italia per veder morti tanti suoi
figli, perdute le sue colonie, distrutte le sue città e se stessa coperta di vergogna.
Perché mai badare a spese quando si tratta di guerra, e sempre badare
al soldo quando si tratta della pace e delle sue bellezze?
civili. Intendo spettacoli intonati al carattere stesso dell’estate, ossia
leggeri di passo e sottili di mente, intelligenti e liberi, eleganti […] Mi dicono
che la stagione alle terme di Caracalla ha colmato in parte il deficit del
Teatro dell’Opera, e che invece spettacoli come dico io…
E con questo? Si pensi a quanto ha speso l’Italia per veder morti tanti suoi
figli, perdute le sue colonie, distrutte le sue città e se stessa coperta di vergogna.
Perché mai badare a spese quando si tratta di guerra, e sempre badare
al soldo quando si tratta della pace e delle sue bellezze?
domenica 27 agosto 2017
Borgato allunga il pianoforte ' a coda' fino a 3 metri e 33 centimetri: il più lungo pianoforte al mondo
Una notizia degli ultimi giorni, una notizia bomba. Si pensava, fino a qualche anno fa, che oltre la soglia dei 3 metri il pianoforte ' a coda' non potesse allungarsi - tutti i modelli 'da concerto' di tutte le più grandi case costruttrici sono lunghi più o meno da 2.75 a 2.80. Oltre per due secoli circa non si è mai andati. Pigrizia o impossibilità concreta di raggiungere migliori risultati nella qualità e potenza del suono, per adeguare lo strumento alle sale sempre più grandi del mondo? Ambedue le ragioni, senza togliere nulla al fatto che fra Otto e Novecento il pianoforte, pur essendo fra gli strumenti il più giovane, è quello che ha subito più modifiche migliorative, passo dopo passo, con brevetti più o meno eclatanti o appariscenti che ne hanno fatto il re degli strumenti. I traguardi raggiunti dalle grandi case costruttrici, da Steinway a Yamaha, sembravano soddisfare il mercato fattosi sempre più ricco sia per gli strumenti di uso domestico ( l'Estremo Oriente con i suoi milioni di studenti di pianoforte di tutte le età, è stata la vera più recente risorsa per l'industria pianistica) che per quelli da concerto.
Ma non in Italia, dove un artigiano diplomato in pianoforte, il più giocane di una famiglia di industriali del legno, decide di sfidare i grandi mostri del mercato e dell'industria mondiale del pianoforte: Paolo Fazioli. Apre a Sacile una 'fabbrichetta' e comincia, nella genera,e diffidenza, a produrre pianoforti di qualità 'artigianale'.
Noi lo consociamo bene perchè agli albori di 'Fazioli pianoforti' dirigevamo una delle più importanti riviste di musica, dedicata al pianoforte, anche come strumento, al punto da pubblicare mensilmente, nelle ultime pagine della rivista una specie di 'quattroruote' del pianoforte, con l'elenco di tutti i modelli in commercio, compresi i cosiddetti 'verticali' con le loro dimensioni e relativi prezzi. Giorno dopo giorno, anno dopo anno Fazioli s'è fatto un nome ed oggi la sua produzione si è di molto ampliata come anche il mercato, sia italiano che estero, dove soprattutto Fazioli vende i suoi strumenti.
Di modelli particolari egli ne ha costruiti nel tempo. Molti anni fa ne costruì uno destinato alla residenza londinese di un ricco sultano ( Brunei?) arricchito con pietre dure, semipreziose, e legni pregiati.
Una volta affermatosi, Paolo Fazioli tentò la strada dell'innovazione. costruì il modello più lungo al mondo: 3.08, nel quale ha intodotto un quarto pedale che serve ad ridurre ulteriormente il suono, senza mutarne il timbro. Per la prima volta era stato infranto il muro dei tre metri e superato di gran lunga il muro dei 2.80 che ha resistito per quasi due secoli.
Le innovazioni successive sono avvenite nel segno dell'elettronica. Bosendorfer ha costruito un modello che era la riproduzione del pianoforte 'meccanico' dell'Otto-Novecento, quello che veniva azionato da rulli perforati, ma con il ventre 'elettronico'. pianoforte più calcolatore, i cui usi e pregi specie in sala di registrazione o in aule scolastiche di conservatori, accademie ed università, anche lontane migliaia di chilometri l'una dall'altra ma collegabili, furono subito evidenti. E basta.
In verità Bosendorfer verso la fine dell'Ottocento, 1874, aveva costruito un singolare modello di pianoforte, il cosiddetto Piano-pedalier' - uno strumento con pedaliera alla maniera dell'organo - che ebbe una gran bella musica ( limitata nella quantità) ma zero fortuna, tanto da uscire di produzione.
In questo solco tracciato, ma poi abbandonato da Bosendorfer, si sono inseriti, negli ultimi anni due produttori-artigiani italiani: Luigi Borgato che ha costruito il 'Doppio Borgato' già una quindicina di anni fa- in realtà due pianoforti uno sopra l'altro e quello di sotto azionato da una pedaliera; e Guido Pinchi che nella sua fabbrica artigiana specializzata negli organi, ha costruito un altro modello di 'piano pedalier' , chiamato 'Pinchi Pedalpiano' con u brevetto speciale che ha il vantaggio rispetto al modello di Borgato di poter essere applicato sotto qualunque pianoforte a coda. E pare che per questo pianoforte che avrebbe la configurazione esteriore di organo (senza canne) ma la possibilità, a differenza dell'organo) di vantare l'espressività di uno anzi due pianoforti autonomi, suonati dallo stesso esecutore alcuni compositori stiano scrivendo musica apposita.
Quanto a prezzi, mentre il modelli 'a coda' al top della gamma delle più importanti case costruttrici si aggirano introno a 150.000-160.000 Euro, questi modelli molto particolari costano più o mneo il doppio- e pesano anche il doppio: oltre 1200 Kg.
Borgato ora si è spinto oltre, allungando ancora di più il pianoforte, che ha portato alla misura record di 3 metri e 33 centimetri, ed anche la prezzo record di 330.000 Euro circa.
Sia chiaro che allungare il pianoforte, nel tempo, di oltre 50 centimetri non vuol dire soltanto allungare i singoli componenti. Troppo semplice. Vanno rifatti i calcoli di ogni componente specie di quelli di produzione ed amplificazione del suono ecc...
E adesso quale altra novità, certamente non nella direzione di un ulteriore allungamento, c'è da attendersi per i prossimi anni, oltre naturalmente a buona musica e bravi pianisti? Ai posteri lpardua sentenza
Ma non in Italia, dove un artigiano diplomato in pianoforte, il più giocane di una famiglia di industriali del legno, decide di sfidare i grandi mostri del mercato e dell'industria mondiale del pianoforte: Paolo Fazioli. Apre a Sacile una 'fabbrichetta' e comincia, nella genera,e diffidenza, a produrre pianoforti di qualità 'artigianale'.
Noi lo consociamo bene perchè agli albori di 'Fazioli pianoforti' dirigevamo una delle più importanti riviste di musica, dedicata al pianoforte, anche come strumento, al punto da pubblicare mensilmente, nelle ultime pagine della rivista una specie di 'quattroruote' del pianoforte, con l'elenco di tutti i modelli in commercio, compresi i cosiddetti 'verticali' con le loro dimensioni e relativi prezzi. Giorno dopo giorno, anno dopo anno Fazioli s'è fatto un nome ed oggi la sua produzione si è di molto ampliata come anche il mercato, sia italiano che estero, dove soprattutto Fazioli vende i suoi strumenti.
Di modelli particolari egli ne ha costruiti nel tempo. Molti anni fa ne costruì uno destinato alla residenza londinese di un ricco sultano ( Brunei?) arricchito con pietre dure, semipreziose, e legni pregiati.
Una volta affermatosi, Paolo Fazioli tentò la strada dell'innovazione. costruì il modello più lungo al mondo: 3.08, nel quale ha intodotto un quarto pedale che serve ad ridurre ulteriormente il suono, senza mutarne il timbro. Per la prima volta era stato infranto il muro dei tre metri e superato di gran lunga il muro dei 2.80 che ha resistito per quasi due secoli.
Le innovazioni successive sono avvenite nel segno dell'elettronica. Bosendorfer ha costruito un modello che era la riproduzione del pianoforte 'meccanico' dell'Otto-Novecento, quello che veniva azionato da rulli perforati, ma con il ventre 'elettronico'. pianoforte più calcolatore, i cui usi e pregi specie in sala di registrazione o in aule scolastiche di conservatori, accademie ed università, anche lontane migliaia di chilometri l'una dall'altra ma collegabili, furono subito evidenti. E basta.
In verità Bosendorfer verso la fine dell'Ottocento, 1874, aveva costruito un singolare modello di pianoforte, il cosiddetto Piano-pedalier' - uno strumento con pedaliera alla maniera dell'organo - che ebbe una gran bella musica ( limitata nella quantità) ma zero fortuna, tanto da uscire di produzione.
In questo solco tracciato, ma poi abbandonato da Bosendorfer, si sono inseriti, negli ultimi anni due produttori-artigiani italiani: Luigi Borgato che ha costruito il 'Doppio Borgato' già una quindicina di anni fa- in realtà due pianoforti uno sopra l'altro e quello di sotto azionato da una pedaliera; e Guido Pinchi che nella sua fabbrica artigiana specializzata negli organi, ha costruito un altro modello di 'piano pedalier' , chiamato 'Pinchi Pedalpiano' con u brevetto speciale che ha il vantaggio rispetto al modello di Borgato di poter essere applicato sotto qualunque pianoforte a coda. E pare che per questo pianoforte che avrebbe la configurazione esteriore di organo (senza canne) ma la possibilità, a differenza dell'organo) di vantare l'espressività di uno anzi due pianoforti autonomi, suonati dallo stesso esecutore alcuni compositori stiano scrivendo musica apposita.
Quanto a prezzi, mentre il modelli 'a coda' al top della gamma delle più importanti case costruttrici si aggirano introno a 150.000-160.000 Euro, questi modelli molto particolari costano più o mneo il doppio- e pesano anche il doppio: oltre 1200 Kg.
Borgato ora si è spinto oltre, allungando ancora di più il pianoforte, che ha portato alla misura record di 3 metri e 33 centimetri, ed anche la prezzo record di 330.000 Euro circa.
Sia chiaro che allungare il pianoforte, nel tempo, di oltre 50 centimetri non vuol dire soltanto allungare i singoli componenti. Troppo semplice. Vanno rifatti i calcoli di ogni componente specie di quelli di produzione ed amplificazione del suono ecc...
E adesso quale altra novità, certamente non nella direzione di un ulteriore allungamento, c'è da attendersi per i prossimi anni, oltre naturalmente a buona musica e bravi pianisti? Ai posteri lpardua sentenza
venerdì 25 agosto 2017
'Scatola sonora' di Alberto Savinio in una nuova edizione per il Saggiatore
E' appena uscita per i tipi del Saggiatore una nuova edizione della celebre raccolta di scritti musicali di Alberto Savinio, SCATOLA SONORA, che aveva visto la luce poco dopo la morte dell'autore, nel 1955, presso Ricordi e poi era stato ripubblicato negli anni Settanta, da Einaudi, a cura di Luigi Rognoni, che aveva preso, in buona sostanza, la prima edizione curata da Fausto Torrefranca, vi aveva aggiunto qualche altro scritto; l'aveva arricchita anche con una sua introduzione 'Itinerario musicale di Savinio' - che il curatore dell'attuale edizione per il Saggiatore, Francesco Lombardi, ha scimmiottato (tanto valeva ripubblicare quella 'd'autore' di Rognoni) - e aveva affidato a Riccarda Vigini la cura delle fonti e della datazione, ove possibile, dei singoli articoli, fonti e date assai lacunose.
Francesco Lombardi ha ripreso l'edizione precedente e vi ha aggiunto una cinquantina di nuovi articoli, 52 per la precisione, che diventano 49, perchè 3 della precedente edizione li ha cassati, sostituendoli con altri, attinti a fonti diverse dalle precedenti, ma di analogo contenuto, e più completi. E, in fondo, un saggio di Mila De Santis su Savinio: La Scatola sonora di Savinio. La critica come invenzione.
Il titolo della raccolta è il medesimo di una rubrica di Savinio sul settimanale 'SecoloXX', al quale cominciò a collaborare addirittura negli anni Venti.
Ma il grosso del corpus degli articoli ripresi si deve far risalire al periodo fra le due guerre ed ancor più agli anni del secondo conflitto mondiale e successivi.
C'è una fonte che vediamo citata per la prima volta nella raccolta del Saggiatore, nonostante che da essa nelle raccolte precedenti sia stata attinta una quindicina di articoli, senza mai nominarla, perchè 'non identificata'. Da quella stessa fonte che viene ora indicata con precisione anche di date, la raccolta curata da Lombardi attinge altri 9 articoli, alcuni belli sostanziosi, che li porta al totale di 25: una ricca silloge che mette quella rivista, che mai era stata nominata prima d'ora, fra quelle alle quali Savinio aveva prestato la sua collaborazione con maggiore assiduità, e non solo con scritti di argomento musicale, è bene specificarlo, proprio durante gli anni della Seconda guerra mondiale, e cioè 1941-1943.
Quella rivista, innominata fino a qualche anno fa, precisamente ai primi anni Duemila, quando una ricerca puntuale l'aveva fatta conoscere al mondo dei non studiosi ed anche agli stessi studiosi ( anche il prof. Alessandro Tinterri, studioso di Savinio, interpellato dall'autore della ricerca, rispondeva che ne conosceva appena il nome, senza averla mai sfogliata anche perché di difficile reperimento).
Si trattava di un mensile, intitolato 'Documento' edito dal gennaio 1941 a giugno 1943, 25 numeri in totale, dall'editore 'Documento', di proprietà di Federigo Valli, uomo del regime, ma di indiscussi meriti, in tempi tanto difficili; meriti editoriali che vanno dalla pubblicazione della rivista a quella di opere letterarie ( Moravia pubblico la prima edizione di 'Agostino', Lele D'amico, la prima biografia di Goffredo Petrassi ecc...) anche di autori stranieri, fatti tradurre da letterati italiani, in edizioni numerate molto curate., ricercatissime dai bibliofili.
Se si scorre l'indice di 'Scatola sonora' redatto dalla Vigini, nell'edizione Einaudi curata da Luigi Rognoni, mai vi si legge il nome della rivista 'Documento', nonostante che da essa erano stati attinti ben 16 articoli. Vi sono anche altri articoli dei quali la Vigini non riesce a rintracciare la fonte, ma desta qualche sospetto il fatto che 'Documento' non venga mai citato.
L'autore di quello studio su 'Documento' un'idea se l'era fatta a giustificazione di quell'assenza. A cominciare da Savinio e proseguendo anche con il curatore Rognoni e la stessa Vigini ( a differenza di Torrefranca che mette dentro la prima edizione tutto quello che riesce a trovare a firma Savinio, o con gli pseudonimi che s'incontrano anche in 'Documento' senza curarsi delle fonti), avevano voluto ignorare di proposito la collaborazione effettuata, durante gli anni del regime, ad una rivista 'finanziata dal regime' . Ma se solo si avesse la voglia di guardare all'elenco dei collaboratori di quella rivista, la crema della cultura e dell'arte dell'epoca, finanziata con i soldi del regime, ci si rende conto che le altre riviste anche dopo di quella, impallidiscono al confronto ( un elenco dettagliato è stato pubblicato dalla rivista 'Nuova storia contemporanea' nel 2007, in un saggio dedicato alla collaborazione di Moravia al mensile 'Documento').
Ora la prima volta che riemerse all'oblio quella rivista, fu per merito di Rosanna Buttier che nel 1987, pubblicò presso Bulzoni, un piccolo ma prezioso testo intitolato 'Savinio giornalista', nel quale elencava le testate per le quali, in vari campi, Savinio aveva scritto.
Le edizioni successive di 'Scatola sonora', anteriori alla presente, del Saggiatore, hanno bellamente ignorato quella ricerca che avrebbe potuto fornire di alcuni articoli usciti nella silloge fonte e data. E forse, ricorrendo alla fonte - ripetiamo: di non facile reperimento - farne scoprire degli altri.
Come accadde all'autore di quello studio, fortunatamente, agli inizi degli anni Duemila, semplicemente perchè la raccolta di 'Documento', sebbene incompleta, le venne mostrata da una sua carissima amica, Alice Valli, figlia dell'editore Federigo. Sfogliarla e leggervi una quantità enorme di tesori soprattutto letterari fu la felice scoperta. Riuscì in seguito a procurarsi i numeri mancanti, con qualche difficoltà, e alla fine potè analizzare la collezione completa di 'Documento' .Quale non fu la sua sorpresa quando si accorse che in quella rivista, relativamente a Savinio, c'erano molti degli articoli pubblicati in 'Scatola sonora', dei quali neppure una volta era stata indicata la fonte e la data di pubblicazione; e che una decina, 9 per la precisione, di altri articoli contenuti in 'Documento', non comparivano in 'Scatola sonora', e che dunque erano da considerarsi, a tutti gli effetti, come degli 'inediti'.
Decise allora, l'autore di quello studio, di pubblicarli in appendice al suo studio, su 'Nuova storia contemporanea', alla fine del 2002, dal titolo: Il 'Documento' rimosso di Savinio.( Anno VI,N.6, Nov.-Dic 2002).
Tornando alla edizione appena uscita presso Il Saggiatore, sorprende che il curatore, Francesco Lombardi, che sicuramente ha avuto sotto gli occhi quello studio ed anche i testi inediti, che lì vi figurano come appendice e che lui ha ripreso e ripubblicato (senza quello studio non sarebbe mai venuto a capo della fonte e dei materiali completi, se ne può avere matematica certezza) non si sia sentito in dovere professionale almeno di citarlo quello studio e magari anche il suo autore, ringraziandolo, come ha fatto con altri che l'hanno aiutato nella ricerca.
Forse ci penserà nella prossima ristampa.
Francesco Lombardi ha ripreso l'edizione precedente e vi ha aggiunto una cinquantina di nuovi articoli, 52 per la precisione, che diventano 49, perchè 3 della precedente edizione li ha cassati, sostituendoli con altri, attinti a fonti diverse dalle precedenti, ma di analogo contenuto, e più completi. E, in fondo, un saggio di Mila De Santis su Savinio: La Scatola sonora di Savinio. La critica come invenzione.
Il titolo della raccolta è il medesimo di una rubrica di Savinio sul settimanale 'SecoloXX', al quale cominciò a collaborare addirittura negli anni Venti.
Ma il grosso del corpus degli articoli ripresi si deve far risalire al periodo fra le due guerre ed ancor più agli anni del secondo conflitto mondiale e successivi.
C'è una fonte che vediamo citata per la prima volta nella raccolta del Saggiatore, nonostante che da essa nelle raccolte precedenti sia stata attinta una quindicina di articoli, senza mai nominarla, perchè 'non identificata'. Da quella stessa fonte che viene ora indicata con precisione anche di date, la raccolta curata da Lombardi attinge altri 9 articoli, alcuni belli sostanziosi, che li porta al totale di 25: una ricca silloge che mette quella rivista, che mai era stata nominata prima d'ora, fra quelle alle quali Savinio aveva prestato la sua collaborazione con maggiore assiduità, e non solo con scritti di argomento musicale, è bene specificarlo, proprio durante gli anni della Seconda guerra mondiale, e cioè 1941-1943.
Quella rivista, innominata fino a qualche anno fa, precisamente ai primi anni Duemila, quando una ricerca puntuale l'aveva fatta conoscere al mondo dei non studiosi ed anche agli stessi studiosi ( anche il prof. Alessandro Tinterri, studioso di Savinio, interpellato dall'autore della ricerca, rispondeva che ne conosceva appena il nome, senza averla mai sfogliata anche perché di difficile reperimento).
Si trattava di un mensile, intitolato 'Documento' edito dal gennaio 1941 a giugno 1943, 25 numeri in totale, dall'editore 'Documento', di proprietà di Federigo Valli, uomo del regime, ma di indiscussi meriti, in tempi tanto difficili; meriti editoriali che vanno dalla pubblicazione della rivista a quella di opere letterarie ( Moravia pubblico la prima edizione di 'Agostino', Lele D'amico, la prima biografia di Goffredo Petrassi ecc...) anche di autori stranieri, fatti tradurre da letterati italiani, in edizioni numerate molto curate., ricercatissime dai bibliofili.
Se si scorre l'indice di 'Scatola sonora' redatto dalla Vigini, nell'edizione Einaudi curata da Luigi Rognoni, mai vi si legge il nome della rivista 'Documento', nonostante che da essa erano stati attinti ben 16 articoli. Vi sono anche altri articoli dei quali la Vigini non riesce a rintracciare la fonte, ma desta qualche sospetto il fatto che 'Documento' non venga mai citato.
L'autore di quello studio su 'Documento' un'idea se l'era fatta a giustificazione di quell'assenza. A cominciare da Savinio e proseguendo anche con il curatore Rognoni e la stessa Vigini ( a differenza di Torrefranca che mette dentro la prima edizione tutto quello che riesce a trovare a firma Savinio, o con gli pseudonimi che s'incontrano anche in 'Documento' senza curarsi delle fonti), avevano voluto ignorare di proposito la collaborazione effettuata, durante gli anni del regime, ad una rivista 'finanziata dal regime' . Ma se solo si avesse la voglia di guardare all'elenco dei collaboratori di quella rivista, la crema della cultura e dell'arte dell'epoca, finanziata con i soldi del regime, ci si rende conto che le altre riviste anche dopo di quella, impallidiscono al confronto ( un elenco dettagliato è stato pubblicato dalla rivista 'Nuova storia contemporanea' nel 2007, in un saggio dedicato alla collaborazione di Moravia al mensile 'Documento').
Ora la prima volta che riemerse all'oblio quella rivista, fu per merito di Rosanna Buttier che nel 1987, pubblicò presso Bulzoni, un piccolo ma prezioso testo intitolato 'Savinio giornalista', nel quale elencava le testate per le quali, in vari campi, Savinio aveva scritto.
Le edizioni successive di 'Scatola sonora', anteriori alla presente, del Saggiatore, hanno bellamente ignorato quella ricerca che avrebbe potuto fornire di alcuni articoli usciti nella silloge fonte e data. E forse, ricorrendo alla fonte - ripetiamo: di non facile reperimento - farne scoprire degli altri.
Come accadde all'autore di quello studio, fortunatamente, agli inizi degli anni Duemila, semplicemente perchè la raccolta di 'Documento', sebbene incompleta, le venne mostrata da una sua carissima amica, Alice Valli, figlia dell'editore Federigo. Sfogliarla e leggervi una quantità enorme di tesori soprattutto letterari fu la felice scoperta. Riuscì in seguito a procurarsi i numeri mancanti, con qualche difficoltà, e alla fine potè analizzare la collezione completa di 'Documento' .Quale non fu la sua sorpresa quando si accorse che in quella rivista, relativamente a Savinio, c'erano molti degli articoli pubblicati in 'Scatola sonora', dei quali neppure una volta era stata indicata la fonte e la data di pubblicazione; e che una decina, 9 per la precisione, di altri articoli contenuti in 'Documento', non comparivano in 'Scatola sonora', e che dunque erano da considerarsi, a tutti gli effetti, come degli 'inediti'.
Decise allora, l'autore di quello studio, di pubblicarli in appendice al suo studio, su 'Nuova storia contemporanea', alla fine del 2002, dal titolo: Il 'Documento' rimosso di Savinio.( Anno VI,N.6, Nov.-Dic 2002).
Tornando alla edizione appena uscita presso Il Saggiatore, sorprende che il curatore, Francesco Lombardi, che sicuramente ha avuto sotto gli occhi quello studio ed anche i testi inediti, che lì vi figurano come appendice e che lui ha ripreso e ripubblicato (senza quello studio non sarebbe mai venuto a capo della fonte e dei materiali completi, se ne può avere matematica certezza) non si sia sentito in dovere professionale almeno di citarlo quello studio e magari anche il suo autore, ringraziandolo, come ha fatto con altri che l'hanno aiutato nella ricerca.
Forse ci penserà nella prossima ristampa.
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giovedì 24 agosto 2017
Scemi,scemi! Sceme, sceme! Brugnaro/Nardella, sorelle Ferragni, Belen/Iannone
- Sindaco Brugnaro - ha chiesto un giornalista al primo cittadino di Venezia presente al Meeting di Rimini - se in Piazza San Marco della sua Venezia, sente uno che grida 'Allah Akbar' che fa? "Ghe sparemo!", ha risposto, ma in veneziano, perchè l'Italiano non lo pratica. La conversazione avveniva a pochi giorni dal terribile attentato nella Rambla di Barcellona.
Dario Nardella, sindaco di Firenze, quando l'ha incontrato, sempre a Rimini, gli ha gridato 'Allah Akbar!', per scherzo - dice lui....
Le sorelle Ferragni, meglio: la più nota delle due sorelle, Chiara - il nome dell'altra è Francesca - hanno postato un video nel quale, in pochi minuti si battono, sbattendosi l'una contro l'altra i seni, in una sorta di lotta 'tetta a tetta', che la sorella Francesca ha di pietra, a differenza di Chiara, alla quale sicuramente gliele ha suonate. La Ferragni famosa, è ricorsa alla lotta 'tetta a tetta' per presentare un prodotto della sua collezione, pensando che fosse il mezzo perfetto, anche più economico, pur sfigurando lei a confronto (di tetta) con la sorella...
Belen e il suo nuovo fidanzato, Iannone, hanno noleggiato un aereo per andare da Ibiza in un'isola greca. Nel corso del viaggio - questa la versione del pilota - s'è avvertito in cabina del fumo, che il pilota imputa a Belen che avrebbe accesso una sigaretta, ed ha deciso per un atterraggio di emergenza.. Belen ribatte che fumava una sigaretta elettronica, quando ha notato che il pilota si comportava stranamente, e ha addirittura temuto un dirottamente con rapimento ... A quel punto Lei si è innervosita ed ha cominciato a fumare, ma sempre una sigaretta elettronica che, è bene ricordarlo, non fa fumo. Il piccolo aereo ha atterrato in Calabria, da dove la coppia vip ha proseguito il viaggio con un altro pilota...
SCEMI, SCEMI...SCEME, SCEME...
Dario Nardella, sindaco di Firenze, quando l'ha incontrato, sempre a Rimini, gli ha gridato 'Allah Akbar!', per scherzo - dice lui....
Le sorelle Ferragni, meglio: la più nota delle due sorelle, Chiara - il nome dell'altra è Francesca - hanno postato un video nel quale, in pochi minuti si battono, sbattendosi l'una contro l'altra i seni, in una sorta di lotta 'tetta a tetta', che la sorella Francesca ha di pietra, a differenza di Chiara, alla quale sicuramente gliele ha suonate. La Ferragni famosa, è ricorsa alla lotta 'tetta a tetta' per presentare un prodotto della sua collezione, pensando che fosse il mezzo perfetto, anche più economico, pur sfigurando lei a confronto (di tetta) con la sorella...
Belen e il suo nuovo fidanzato, Iannone, hanno noleggiato un aereo per andare da Ibiza in un'isola greca. Nel corso del viaggio - questa la versione del pilota - s'è avvertito in cabina del fumo, che il pilota imputa a Belen che avrebbe accesso una sigaretta, ed ha deciso per un atterraggio di emergenza.. Belen ribatte che fumava una sigaretta elettronica, quando ha notato che il pilota si comportava stranamente, e ha addirittura temuto un dirottamente con rapimento ... A quel punto Lei si è innervosita ed ha cominciato a fumare, ma sempre una sigaretta elettronica che, è bene ricordarlo, non fa fumo. Il piccolo aereo ha atterrato in Calabria, da dove la coppia vip ha proseguito il viaggio con un altro pilota...
SCEMI, SCEMI...SCEME, SCEME...
Briatore dice che all'Italia ha dato molto senza ricevere nulla. Se pensa a Elisabetta Gregoraci i conti si pareggiano
Oggi in una pubblicità de La 7 s'è ascoltato Flavio Briatore, con la tipica faccia di chi è appena uscito da una beauty farm, dire testualmente: 'Io all'Italia - o forse ha detto: a questo paese - ho dato molto, senza ricevere niente'. Falso, perchè i conti che Briatore sa far bene nel caso della sue aziende, non sono completi se non prende in considerazione anche il 'dare e avere' dell'azienda costituita dalla sua famiglia.
Se avesse visto, anche solo per qualche minuto - come è accaduto a noi - il programma musicale 'Battiti live' ieri sera, si sarebbe reso conto che quell'Italia, alla quale lui dice di aver dato tanto gli ha reso anche altrettanto, attraverso sua moglie, la soubrette Elisabetta Gregoraci.
In quale altro paese la Gregoraci avrebbe potuto avere opportunità lavorative in tv senza sapere nè parlare - letteralmente! - nè star zitta, come del resto ha fatto anche ieri, in virtù solo di qualche sua grazia, che ha abbondante, e che può mostrare orgogliosa?
Perciò rifaccia bene i conti e vedrà che torneranno, se dentro quelli delle sue aziende, attraverso le quali ha dato molto all'Italia, ci mette anche il conto della sua famiglia, attraverso la quale anche lui dall'Italia ha ricevuto molto.
Se avesse visto, anche solo per qualche minuto - come è accaduto a noi - il programma musicale 'Battiti live' ieri sera, si sarebbe reso conto che quell'Italia, alla quale lui dice di aver dato tanto gli ha reso anche altrettanto, attraverso sua moglie, la soubrette Elisabetta Gregoraci.
In quale altro paese la Gregoraci avrebbe potuto avere opportunità lavorative in tv senza sapere nè parlare - letteralmente! - nè star zitta, come del resto ha fatto anche ieri, in virtù solo di qualche sua grazia, che ha abbondante, e che può mostrare orgogliosa?
Perciò rifaccia bene i conti e vedrà che torneranno, se dentro quelli delle sue aziende, attraverso le quali ha dato molto all'Italia, ci mette anche il conto della sua famiglia, attraverso la quale anche lui dall'Italia ha ricevuto molto.
mercoledì 23 agosto 2017
La ministra Fedeli dal Meeting di Rimini vuole lisciare il pelo ai lavoratori della scuola
Nessuno le rimprovera più di aver falsificato il suo curriculum sul quale, al momento del suo ingresso al Ministero di Viale Trastevere, c'era scritto che Lei era LAUREATA, mentre si è scoperto che aveva conseguito appena un diploma, e non di scuola superiore quinquennale, ma triennale (per insegnare alla materna!) che, per un ministro dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca scientifica suona quasi un insulto.
Ma in Italia, un insulto simile è di poco conto, dopo il clamore inizi ale, dellascoperta, se alla Salute c'è una ragioniera, e prossima ventura ministra dell'economia potrebbe essere, secondo la profezia di Andrea Scanzi (Il Fatto Quotidiano) , Barbara Lezzi, impiegata di terzo livello in una azienda, con il diploma di istituto tecnico commerciale.
Comunque siccome l'abito non fa il monaco - sebbene certi ministeri delicati avrebbero bisogno di guide preparate e dunque con l'abito giusto - la Fedeli potrebbe rischiare di essere ricordata, quando fra qualche mese lascerà il dicastero, come una delle ministre più capaci. Sicuramente se la si paragona alla Gelmini, al cui confronto la Fedeli fa la figura di Einstein , e la Gelmini quella di uno studentello che fa gli esperimenti di chimica nel cucinino di casa. Ci si lasci sfogare. Se uno pensa alla carriera che ha fatto quella poveretta ed al ruolo che riveste in FI, c'è da invocare la vendetta divina, per i danni che ha procurato anche alla scuola, quando è passata dal ministero di Viale Trastevere.
Tornando alla Fedeli, si ha la sensazione che nei pochi mesi al vertice del dicastero dell'Istruzione, voglia farsi perdonare la laurea non conseguita, con riforme annunciate, massime di buon senso ma di difficile realizzazione, ed anche altro che non serve neppure ricordare.
A Rimini, è partita in quarta quando ha detto che gli insegnanti in Italia meritano un trattamento economico migliore. Giù l'applauso. Cara Fedeli non è la prima a dirlo e certamente non sarà l'ultima, perché ancora tante altre volte si sentirà un annuncio simile prima che venga messo in atto. Noi che abbiamo insegnato praticamente per tutta la vita, sappiamo come da anni sentiamo dire questo senza che nulla sia mai accaduto.
L'unico merito - che poi non è suo del tutto - è l'immissione in ruolo di un'altra bella fetta di insegnanti precari ma in servizio da anni nella scuola italiana. Anche in questo caso, non è riuscita ad eliminare il casino dell'assegnazione dei singoli che, dopo il disastro procurato dalla Giannini che si era affidata alle macchine calcolatrici, aveva prodotto nella scuola italiana un vero disastro, con insegnanti sbattuti da nord a sud, quando forse si sarebbe potuto ovviare a tale inconveniente, senza bisogno di essere addirittura rettore di università, come la Giannini.
A Rimini ha fatto anche una rivelazione la ministra: voglio portare l'obbligo scolastico a 18 anni, mentre ora è fissato a 16. E qualche settimana fa ha avviato la sperimentazione della fascia di studi superiore, ridotta da cinque a quattro anni. A chi l'ha criticata ha fatto sapere che Lei non ha fatto altro che mandare avanti un progetto che giaceva al Ministero dai tempi di Luigi Berlinguer ministro.
I due annunci, in evidente contrasto, non si capisce come possano convivere anche nella testa un pò confusa di un ministro.
La sperimentazione alla quale Lei ha dato il via durerà solo ( ?) quattro anni, al termine dei quali si tireranno le somme e si procederà all'introduzione del ciclo quadriennale, oppure si lasceranno le cose come stanno? Lei, Fedeli, i cui ricordi scolastici sono lontanissimi, sicuramente non sa che una sperimentazione di scuola superiore è stata fatta fra gli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso. Anche noi abbiamo insegnato in un liceo sperimentale, che aveva docenti di grandi capacità e passione, e vi abbiamo insegnato per parecchi anni; sempre ci siamo chiesti quando sarebbe finita questa sperimentazione che, nei fatti, è durata in eterno e forse dura ancora, senza che nessun risultato fosse travasato nei normali curriculum scolastici dei licei.
Se noi fossimo al posto della Fedeli, ma per fortuna non ci siamo, convinti che la scuola la fanno gli insegnanti con la loro preparazione e dedizione all'educazione dei giovani, faremmo un paio di riforme, senza bisogno di annunciarle.
Innanzitutto faremmo una selezione degli insegnanti, li pagheremmo meglio e saremmo con tutti loro più esigenti. Poi fisseremmo l'obiettivo principale della formazione scolastica: fornire conoscenza, metodo di studio ed abitudine alla riflessione critica. E, terzo, risaneremmo tutti gli istituti scolastici, sia perche si sono rivelati in occasioni tragiche, come i terremoti, fragili e pericolosi per i ragazzi, sia perché entrare la mattina in certe scuole 'sgarrupate' indispone a passarci con profitto molti giorni della vita.
E se poi la Fedeli vuole sorprendere tutti, faccia in modo che ad inizio d'anno le scuole abbiano già designati tutti gli insegnanti. Perchè, nel corso degli anni, a dispetto degli annunci dei vari ministri che nelle scuole non vanno mai, si viene a sapere che, ancora dopo due o tre mesi di lezione, in più d'una scuola manca il titolare di questo o quell'insegnamento.
Ecco, gentile ministro, se Lei riuscisse a fare -senza annunciarle - queste due o tre cosette, tutta la scuola italiana gliene sarebbe grata e la ricorderebbe come la più brava, capace ed efficiente ministra, e non insisterebbe più sul fatto che Lei è solo diplomata, cosa che per un ministro dell'Istruzione, Università e Ricerca scientifica, negli anni Duemila, suona certo stonata.
Ma in Italia, un insulto simile è di poco conto, dopo il clamore inizi ale, dellascoperta, se alla Salute c'è una ragioniera, e prossima ventura ministra dell'economia potrebbe essere, secondo la profezia di Andrea Scanzi (Il Fatto Quotidiano) , Barbara Lezzi, impiegata di terzo livello in una azienda, con il diploma di istituto tecnico commerciale.
Comunque siccome l'abito non fa il monaco - sebbene certi ministeri delicati avrebbero bisogno di guide preparate e dunque con l'abito giusto - la Fedeli potrebbe rischiare di essere ricordata, quando fra qualche mese lascerà il dicastero, come una delle ministre più capaci. Sicuramente se la si paragona alla Gelmini, al cui confronto la Fedeli fa la figura di Einstein , e la Gelmini quella di uno studentello che fa gli esperimenti di chimica nel cucinino di casa. Ci si lasci sfogare. Se uno pensa alla carriera che ha fatto quella poveretta ed al ruolo che riveste in FI, c'è da invocare la vendetta divina, per i danni che ha procurato anche alla scuola, quando è passata dal ministero di Viale Trastevere.
Tornando alla Fedeli, si ha la sensazione che nei pochi mesi al vertice del dicastero dell'Istruzione, voglia farsi perdonare la laurea non conseguita, con riforme annunciate, massime di buon senso ma di difficile realizzazione, ed anche altro che non serve neppure ricordare.
A Rimini, è partita in quarta quando ha detto che gli insegnanti in Italia meritano un trattamento economico migliore. Giù l'applauso. Cara Fedeli non è la prima a dirlo e certamente non sarà l'ultima, perché ancora tante altre volte si sentirà un annuncio simile prima che venga messo in atto. Noi che abbiamo insegnato praticamente per tutta la vita, sappiamo come da anni sentiamo dire questo senza che nulla sia mai accaduto.
L'unico merito - che poi non è suo del tutto - è l'immissione in ruolo di un'altra bella fetta di insegnanti precari ma in servizio da anni nella scuola italiana. Anche in questo caso, non è riuscita ad eliminare il casino dell'assegnazione dei singoli che, dopo il disastro procurato dalla Giannini che si era affidata alle macchine calcolatrici, aveva prodotto nella scuola italiana un vero disastro, con insegnanti sbattuti da nord a sud, quando forse si sarebbe potuto ovviare a tale inconveniente, senza bisogno di essere addirittura rettore di università, come la Giannini.
A Rimini ha fatto anche una rivelazione la ministra: voglio portare l'obbligo scolastico a 18 anni, mentre ora è fissato a 16. E qualche settimana fa ha avviato la sperimentazione della fascia di studi superiore, ridotta da cinque a quattro anni. A chi l'ha criticata ha fatto sapere che Lei non ha fatto altro che mandare avanti un progetto che giaceva al Ministero dai tempi di Luigi Berlinguer ministro.
I due annunci, in evidente contrasto, non si capisce come possano convivere anche nella testa un pò confusa di un ministro.
La sperimentazione alla quale Lei ha dato il via durerà solo ( ?) quattro anni, al termine dei quali si tireranno le somme e si procederà all'introduzione del ciclo quadriennale, oppure si lasceranno le cose come stanno? Lei, Fedeli, i cui ricordi scolastici sono lontanissimi, sicuramente non sa che una sperimentazione di scuola superiore è stata fatta fra gli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso. Anche noi abbiamo insegnato in un liceo sperimentale, che aveva docenti di grandi capacità e passione, e vi abbiamo insegnato per parecchi anni; sempre ci siamo chiesti quando sarebbe finita questa sperimentazione che, nei fatti, è durata in eterno e forse dura ancora, senza che nessun risultato fosse travasato nei normali curriculum scolastici dei licei.
Se noi fossimo al posto della Fedeli, ma per fortuna non ci siamo, convinti che la scuola la fanno gli insegnanti con la loro preparazione e dedizione all'educazione dei giovani, faremmo un paio di riforme, senza bisogno di annunciarle.
Innanzitutto faremmo una selezione degli insegnanti, li pagheremmo meglio e saremmo con tutti loro più esigenti. Poi fisseremmo l'obiettivo principale della formazione scolastica: fornire conoscenza, metodo di studio ed abitudine alla riflessione critica. E, terzo, risaneremmo tutti gli istituti scolastici, sia perche si sono rivelati in occasioni tragiche, come i terremoti, fragili e pericolosi per i ragazzi, sia perché entrare la mattina in certe scuole 'sgarrupate' indispone a passarci con profitto molti giorni della vita.
E se poi la Fedeli vuole sorprendere tutti, faccia in modo che ad inizio d'anno le scuole abbiano già designati tutti gli insegnanti. Perchè, nel corso degli anni, a dispetto degli annunci dei vari ministri che nelle scuole non vanno mai, si viene a sapere che, ancora dopo due o tre mesi di lezione, in più d'una scuola manca il titolare di questo o quell'insegnamento.
Ecco, gentile ministro, se Lei riuscisse a fare -senza annunciarle - queste due o tre cosette, tutta la scuola italiana gliene sarebbe grata e la ricorderebbe come la più brava, capace ed efficiente ministra, e non insisterebbe più sul fatto che Lei è solo diplomata, cosa che per un ministro dell'Istruzione, Università e Ricerca scientifica, negli anni Duemila, suona certo stonata.
Sposetti, ex comunista, s'è convertito al cristianesimo ed ora difende vedove e orfani (di ex parlamentari)
Il nome di Sposetti fa venire alla mente l'irriducibile difensore della diversità del PCI in fatto di finanziamenti, nel caso specifico di quelli provenienti dall'URSS. Egli è stato per molti anni il tesoriere del DS e delle sue filiazioni meno a sinistra e più al centro. Il suo ruolo nel PD di Renzi è stato affidato dal segretario a Bonifazi, che i giornali di un'estate fa, davano legato alla Maria Elena, la zarina- ma questi sono fatti loro che a noi non interessano, oltre il puro fatto di cronaca.
Ciò che invece ci interessa ora è la svolta cristiana dell'antico tesoriere, oggi senatore, il quale nella difficile lotta per far passare in Parlamento la riforma dei vitalizi, compreso il suo qaundo ne avrà diritto, dopo che sarà uscito dal Parlamento, s'è fatto difensore di vedove e orfani.
Non si possono riformare i vitalizi - e noi diciamo: tutto quell' altro schifo di privilegi che si portano appresso - dimenticando, va gridando Sposetti, che qualora venissero riformati sulla falsariga di tutti i pensionati italiani, un migliaio di vedove italiane che sono state al fianco di altrettanti politici che negli anni in cui erano al potere, si sono sacrificati/e per il bene del paese (e qui una risata fragorosa viene spontanea) verrebbero gettate in mezzo alla strada, non usufruendo più della reversibilità della pensione dei loro mariti, nella misura in cui lo prevede la legge sui vitalizi ( altro schifo sul quale Sposetti passa sopra, dimenticando che la legge della reversibilità è assai più infame nei confronti delle vedove dei cittadini comuni).
Sposetti ha promesso che darà battaglia sull'argomento, in nome del suo nuovo credo cristiano che vuole che si difendano i più deboli, come vanno considerati anche vedove ed orfani di ex parlamentari, comodo Sposetti.
Il bello è che dietro di lui c'è già la fila di altrui parlamentari, uno su tutti Zanda, i quali dichiarano in pubblico che loro la riforma dei vitalizi la voterebbero, qualora si riuscisse a portarla in aula; ma temono con grande dispiacere che questo, per i tempi tecnici delle discussioni e votazioni in Aula, nell'attuale legislatura ormai agli sgoccioli, non accadrà.
Ciò che invece ci interessa ora è la svolta cristiana dell'antico tesoriere, oggi senatore, il quale nella difficile lotta per far passare in Parlamento la riforma dei vitalizi, compreso il suo qaundo ne avrà diritto, dopo che sarà uscito dal Parlamento, s'è fatto difensore di vedove e orfani.
Non si possono riformare i vitalizi - e noi diciamo: tutto quell' altro schifo di privilegi che si portano appresso - dimenticando, va gridando Sposetti, che qualora venissero riformati sulla falsariga di tutti i pensionati italiani, un migliaio di vedove italiane che sono state al fianco di altrettanti politici che negli anni in cui erano al potere, si sono sacrificati/e per il bene del paese (e qui una risata fragorosa viene spontanea) verrebbero gettate in mezzo alla strada, non usufruendo più della reversibilità della pensione dei loro mariti, nella misura in cui lo prevede la legge sui vitalizi ( altro schifo sul quale Sposetti passa sopra, dimenticando che la legge della reversibilità è assai più infame nei confronti delle vedove dei cittadini comuni).
Sposetti ha promesso che darà battaglia sull'argomento, in nome del suo nuovo credo cristiano che vuole che si difendano i più deboli, come vanno considerati anche vedove ed orfani di ex parlamentari, comodo Sposetti.
Il bello è che dietro di lui c'è già la fila di altrui parlamentari, uno su tutti Zanda, i quali dichiarano in pubblico che loro la riforma dei vitalizi la voterebbero, qualora si riuscisse a portarla in aula; ma temono con grande dispiacere che questo, per i tempi tecnici delle discussioni e votazioni in Aula, nell'attuale legislatura ormai agli sgoccioli, non accadrà.
Al Corriere della Sera i titolisti non leggono più gli articoli
Bastava che avesse letto l'intervista, non tutta, magari solo la prima ventina di righe, che Valerio Cappelli - dopo la cappellata con Currentzis, ci si conceda lo sfottò - ha fatto a Salisburgo nei giorni scorsi al soprano bulgaro Sonya Yoncheva, il titolista degli spettacoli del Corriere per evitare l'errore grossolano che ha commesso nei confronti del soprano, relativamente al suo prossimo impegno alla Scala. Egli, infatti , nel corredare l'intervista di Cappelli, ha titolato: Cresciuta con i Queen - Inseguo il mito Callas. e sottotitolato : Sonya Yoncheva star a Salisburgo:pronta per la Scala, e il lettore immagina, prima di leggere l'intervista, che la Yoncheva attenda trepidante, il suo debutto alla Scala.
Poi legge l'intervista e si accorge che il prossimo impegno alla Scala, a giugno 2018, che riguarda un titolo, Il Pirata di Bellini che dai tempi di Maria Callas non si è fatto più, dal 1958, non rappresenta il suo debutto assoluto a Milano, perché appena due mesi fa ha cantato in Bohème di Puccini. Come accadrà anche per il Metropolitana ed altri importanti teatri nei quali pure ha già cantato: debutterà in titoli non ancora nel suo repertorio.
Certo cantare in un'opera interpretata dalla Callas, e sulla quale sembra quasi essere stato messo come un veto dalla 'divina', che dura da molti decenni, è una prova importante, ma non è il debutto scaligero, come invece il titolista del Corriere, che non ha letto l'intervista di Cappelli alla Yoncheva, ha fatto pensare al lettore ignaro di stagioni e calendari di teatro.
La prossima volta...
Poi legge l'intervista e si accorge che il prossimo impegno alla Scala, a giugno 2018, che riguarda un titolo, Il Pirata di Bellini che dai tempi di Maria Callas non si è fatto più, dal 1958, non rappresenta il suo debutto assoluto a Milano, perché appena due mesi fa ha cantato in Bohème di Puccini. Come accadrà anche per il Metropolitana ed altri importanti teatri nei quali pure ha già cantato: debutterà in titoli non ancora nel suo repertorio.
Certo cantare in un'opera interpretata dalla Callas, e sulla quale sembra quasi essere stato messo come un veto dalla 'divina', che dura da molti decenni, è una prova importante, ma non è il debutto scaligero, come invece il titolista del Corriere, che non ha letto l'intervista di Cappelli alla Yoncheva, ha fatto pensare al lettore ignaro di stagioni e calendari di teatro.
La prossima volta...
Maduro punisce Dudamel. Niente tournée della Simon Bolivar in USA
Quanto volte abbiamo sollecitato da queste modeste pagine sia Abreu che Dudamel a prendere posizione nei confronti del dittatore del loro paese, Maduro. Almeno da quando s'era capito quale politica intendesse perseguire. La politica che ha poi condotto il suo paese nella condizione più disastrata degli ultimi anni, persino peggiore di quella vissuta con Chavez: povertà, mancanza di medicinali, soppressione di ogni libertà e dei diritti civili, carcere per gli oppositori.
Mentre i disordini e le manifestazioni pubbliche contro Maduro erano già all'ordine del giorno, 'El Sistema' ed i suoi massimi dirigenti od esponenti, da Abreu a Dudamel, tacevano. Abreu per il timore che il dittatore togliesse quel pò di ossigeno finanziario alla sua meravigliosa creatura, il Sistema; e Dudamel, perchè ormai anche con la mente oltre che con il cuore viveva lontano dal suo paese, a Los Angeles.
Poi un giorno di maggio anche Dudamel s'è fatto sentire con una pubblica dichiarazione nella quale invitava il governo del suo paese a ridare libertà al popolo. Apriti cielo, Maduro non ha tollerato questo intervento tardivo - comunque Dudamel avrebbe dovuto farlo molto prima, sarebbe stato più credibile ed incisivo - e ne ha attribuito l'ispirazione al governo degli Usa - dove Dudamel lavora e risiede anche con la sua nuova moglie - che sono suoi nemici dichiarati.
Ed ora a distanza di qualche mese da quella dichiarazione - ripetiamo: TARDIVA - ha vietato all'orchestra 'Simon Bolivar' di recarsi in tournée negli Stati uniti, diretta proprio da Dudamel.
L'Occidente, al punto in cui siamo, deve rendersi conto che sta lasciando andare troppo avanti il cancro che sta affondando il Venezuela e che, come in altri tragici casi sotto gli occhi di tutti - vedi la Siria di Assad - a breve rivelerà quanto il temporeggiare dell'Occidente a riguardo si rivelerà concausa di un altro disastro civile ed umanitario; per giunta nell'Occidente del continente americano e non più in Medioriente.
Mentre i disordini e le manifestazioni pubbliche contro Maduro erano già all'ordine del giorno, 'El Sistema' ed i suoi massimi dirigenti od esponenti, da Abreu a Dudamel, tacevano. Abreu per il timore che il dittatore togliesse quel pò di ossigeno finanziario alla sua meravigliosa creatura, il Sistema; e Dudamel, perchè ormai anche con la mente oltre che con il cuore viveva lontano dal suo paese, a Los Angeles.
Poi un giorno di maggio anche Dudamel s'è fatto sentire con una pubblica dichiarazione nella quale invitava il governo del suo paese a ridare libertà al popolo. Apriti cielo, Maduro non ha tollerato questo intervento tardivo - comunque Dudamel avrebbe dovuto farlo molto prima, sarebbe stato più credibile ed incisivo - e ne ha attribuito l'ispirazione al governo degli Usa - dove Dudamel lavora e risiede anche con la sua nuova moglie - che sono suoi nemici dichiarati.
Ed ora a distanza di qualche mese da quella dichiarazione - ripetiamo: TARDIVA - ha vietato all'orchestra 'Simon Bolivar' di recarsi in tournée negli Stati uniti, diretta proprio da Dudamel.
L'Occidente, al punto in cui siamo, deve rendersi conto che sta lasciando andare troppo avanti il cancro che sta affondando il Venezuela e che, come in altri tragici casi sotto gli occhi di tutti - vedi la Siria di Assad - a breve rivelerà quanto il temporeggiare dell'Occidente a riguardo si rivelerà concausa di un altro disastro civile ed umanitario; per giunta nell'Occidente del continente americano e non più in Medioriente.
Simona Barabesi licenziata dal Rossini Opera Festival. Forse è la ragione che potrebbe spiegare il silenzio della stampa nazionale sul festival pesarese
Nei giorni scorsi, come facciamo puntualmente da parecchi anni a questa parte, ci siamo occupati del Rossini Opera Festival, prendendo in esame il 'via libera' dato dalla papessa del giornalismo italiano, Natalia Aspesi, al festival rossiniano. La quale - sottolineavamo - per la prima volta, dopo molti anni, su Repubblica, non aveva tessuto l'annuale panegirico del sovrintendente Gianfranco Mariotti, eterno nel suo ruolo direttivo, e neppure la bontà della grande cena che ogni anno la famiglia Tittarelli organizza nella sua villa pesarese. Mentre s'era soffermata, lei milanese, a sottolineare il biondo 'tinto' dei capelli di Roberto Abbado, della celebre famiglia, come anche il suo braccio rotto che lo avrebbe costretto a dirigere con il restante braccio e il ciuffo di capelli, biondo tinto.
Il mancato panegirico di Mariotti rappresentava una assoluta novità. Ma non ne abbiamo approfondito le ragioni. Fino ad oggi quando, girando in rete, abbiamo scoperto (dal 'Resto del Carlino' l'unico giornale che vi ha fatto cenno lo scorso febbraio) che Simona Barabesi, ufficio stampa del festival da trentatre anni, qualcuno in meno degli anni della sovrintendenza Mariotti, è stata licenziata, senza preavviso, a seguito di una lettera del democratico sindaco Ricci - che porta un cognome troppo impegnativo per poter scrivere alla fedele collaboratrice quella lettera di maniera.
'Il modo m'offende', ha dichiarato la Barabesi che naturalmente aveva coscienza del fatto che non si può restare in un incarico per tutta la vita, e che un giorno o l'altro bisogna abbandonarlo. Non si può restare per tutta la vita come invece accade al sovrintendente Mariotti, per il quale hanno fatto i salti mortali ( 'legislativi'. Lui è pensionato da tempo e non potrebbe più restare, specie se si aggiunge che ha un compenso annuo: la legge consente ai pensionati di lavorare gratuitamente e per un numero limitato di anni; e che tale compenso è abbastanza consistente :160.000 Euro, purché resti a Pesaro.
La stampa italiana ha fatto muro contro il festival, in favore della Barabesi? Sarebbe pretendere troppo dai critici musicali italiani. Tanta sensibilità non s'è vista mai nella stampa musicale italiana, ancor meno nella congrega dell'associazione del critici musicali, la quale se ne è sempre bellamente fottuta di qualunque stranezza o irregolarità accadesse nel suo mondo.
Comunque snobbare il festival rossiniano è stata una decisione scellerata, basta che avessero dichiarato il disappunto per l'uscita di scena della Barabesi, per il modo.
Ciò che vale per la Barabesi, in età di pensione, non vale invece per il direttore dell'Ufficio stampa dell'Opera di Roma, messo lì dall'economista della cultura Carlo Fuortes. Il quale capo dell'ufficio stampa, Renato Bossa, due anni ai settanta, è in pensione dall'Accademia di Danza, dove insegnava 'storia della musica', e non potrebbe avere un incarico direttivo all'Opera di Roma - legge 'Madia' - peggio se retribuito.
Ci sarebbe anche da aprire un altro capitolo del libro delle irregolarità, quello delle famiglie al potere, a partire dalla famiglia Fortuna che da oltre mezzo secolo è al vertice dell'Istituzione Universitaria dei Concerti di Roma - prima l'ing. Oreste, il fondatore, dopo la guerra; poi sua moglie Lina, ed ora sua figlia Francesca.
Rimandiamo ad altra occasione la riapertura di questo altrettanto annoso capitolo del malcostume italiano. E restiamo al licenziamento - scostumato - ad opera di Matteo Ricci, non il grande gesuita maceratese, ma il povero sindaco pesarese, della Barabesi, per ragioni anagrafiche (età di pensione), le stesse ragioni che sempre a Pesaro non valgono per il sovrintendente Mariotti che in pensione c'è da prima della Barabesi ed a Roma, per il suo omologo all'Opera di Roma diretto da Fuortes.
Il mancato panegirico di Mariotti rappresentava una assoluta novità. Ma non ne abbiamo approfondito le ragioni. Fino ad oggi quando, girando in rete, abbiamo scoperto (dal 'Resto del Carlino' l'unico giornale che vi ha fatto cenno lo scorso febbraio) che Simona Barabesi, ufficio stampa del festival da trentatre anni, qualcuno in meno degli anni della sovrintendenza Mariotti, è stata licenziata, senza preavviso, a seguito di una lettera del democratico sindaco Ricci - che porta un cognome troppo impegnativo per poter scrivere alla fedele collaboratrice quella lettera di maniera.
'Il modo m'offende', ha dichiarato la Barabesi che naturalmente aveva coscienza del fatto che non si può restare in un incarico per tutta la vita, e che un giorno o l'altro bisogna abbandonarlo. Non si può restare per tutta la vita come invece accade al sovrintendente Mariotti, per il quale hanno fatto i salti mortali ( 'legislativi'. Lui è pensionato da tempo e non potrebbe più restare, specie se si aggiunge che ha un compenso annuo: la legge consente ai pensionati di lavorare gratuitamente e per un numero limitato di anni; e che tale compenso è abbastanza consistente :160.000 Euro, purché resti a Pesaro.
La stampa italiana ha fatto muro contro il festival, in favore della Barabesi? Sarebbe pretendere troppo dai critici musicali italiani. Tanta sensibilità non s'è vista mai nella stampa musicale italiana, ancor meno nella congrega dell'associazione del critici musicali, la quale se ne è sempre bellamente fottuta di qualunque stranezza o irregolarità accadesse nel suo mondo.
Comunque snobbare il festival rossiniano è stata una decisione scellerata, basta che avessero dichiarato il disappunto per l'uscita di scena della Barabesi, per il modo.
Ciò che vale per la Barabesi, in età di pensione, non vale invece per il direttore dell'Ufficio stampa dell'Opera di Roma, messo lì dall'economista della cultura Carlo Fuortes. Il quale capo dell'ufficio stampa, Renato Bossa, due anni ai settanta, è in pensione dall'Accademia di Danza, dove insegnava 'storia della musica', e non potrebbe avere un incarico direttivo all'Opera di Roma - legge 'Madia' - peggio se retribuito.
Ci sarebbe anche da aprire un altro capitolo del libro delle irregolarità, quello delle famiglie al potere, a partire dalla famiglia Fortuna che da oltre mezzo secolo è al vertice dell'Istituzione Universitaria dei Concerti di Roma - prima l'ing. Oreste, il fondatore, dopo la guerra; poi sua moglie Lina, ed ora sua figlia Francesca.
Rimandiamo ad altra occasione la riapertura di questo altrettanto annoso capitolo del malcostume italiano. E restiamo al licenziamento - scostumato - ad opera di Matteo Ricci, non il grande gesuita maceratese, ma il povero sindaco pesarese, della Barabesi, per ragioni anagrafiche (età di pensione), le stesse ragioni che sempre a Pesaro non valgono per il sovrintendente Mariotti che in pensione c'è da prima della Barabesi ed a Roma, per il suo omologo all'Opera di Roma diretto da Fuortes.
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domenica 20 agosto 2017
" A Barcellona sono morte persone di TRENTACINQUE NAZIONALITA'", titolava La Repubblica. Federico Rampini spiega la sua doppia nazionalità
Se l'argomento non fosse drammatico, trattandosi di un vile attentato rivendicato dai soliti musulmani radicali affiliati all'ISIS - tutti giovanissimi: una tragedia continua! - c'era da ridere per ciò che si leggeva ieri sulla copertina doppia del quotidiano La Repubblcia, che, nel sommario, così scriveva, a lettere diciamo similcubitali, comunque ben visibili: " Nell'attentato di Barcellona sono morte persone di trentacinque nazionalità...". Fino a ieri i morti erano quattordici, e fino all'altro ieri, quando il quotidiano è andato in stampa, tredici. Dunque quel sommario avrebbe dovuto dire che erano state coinvolte, fra morti e feriti, persone di trentacinque nazionalità. Semplicemente una svista? No, l'ennesimo segno della sciatteria anche giornalistica; dovuta al fatto che non c'è più, nelle redazioni anche di quotidiani importanti, chi revisiona una COPERTINA per evitare errori così grossolani.
Sempre per restare alla Repubblica, sempre ieri, nel femminile allegato che esce di sabato, nella sua consueta rubrica, Federico Rampini, giornalista e studioso di lungo corso, risponde alla richiesta, sacrosanta, di una signora che lo aveva ascoltato, nel paradiso delle Cinque terre, alla presentazione del suo ultimo libro. Gli aveva chiesto: dottor Rampini, perché Lei ha preso la doppia nazionalità, ed ha doppio passaporto, americano e italiano?
Perché l'Italia è una delle nazioni che consente la doppia nazionalità, come anche gli Stati Uniti; non tutte le nazioni lo consentono. Diligentemente Rampini ha spiegato che conserva il passaporto italiano perchè italiano si sente, pur vivendo da molti anni all'estero, come corrispondente di Repubblica, specificamente in America.
Dove l'ha tirata per le lunghe, con un pippone inutile nel segno del 'politicamente corretto' comunque, è quando ha aggiunto, per non evadere la domanda della gentile signora, che lui il passaporto americano l'ha preso dopo che in America risiedeva per lavoro, stabilmente, da alcuni anni, e dopo aver sostenuto un esame di lingua ed anche un secondo esame sulla costituzione americana che è una 'bella costituzione', esattamente come la nostra; che la nazionalità americana l'ha ottenuto, dietro richiesta, sotto la presidenza Obama e che non può cambiarla a seconda del presidente, ogni cinque anni. Giusto, come non dargli ragione? Dove, invece, non riusciamo a dargli ragione, è quando lui la nazionalità americana ha detto che l'ha presa a seguito dello studio e dell'esame della 'bella costituzione' di quel paese.
Bastava che dicesse: lavorando da molti anni in America, e risiedendo stabilmente in quel paese, ho pensato che fosse praticamente più utile avere anche il passaporto americano, essendo a tutti gli effetti cittadino anche americano, oltre che italiano. Passaporto che gli è stato concesso, non dalla/per la bella costituzione , semplicemente perché il cittadino Rampini lavorava stabilmente in America, dove risiede con la sua famiglia, della quale ci ha raccontato l'interesse di uno dei figli per l'arte, campo nel quale lavora, sempre in America e forse anche in Italia - perchè no, se ci fosse l'opportunità? -Forse la musica, ma non ci giuriamo
Sempre per restare alla Repubblica, sempre ieri, nel femminile allegato che esce di sabato, nella sua consueta rubrica, Federico Rampini, giornalista e studioso di lungo corso, risponde alla richiesta, sacrosanta, di una signora che lo aveva ascoltato, nel paradiso delle Cinque terre, alla presentazione del suo ultimo libro. Gli aveva chiesto: dottor Rampini, perché Lei ha preso la doppia nazionalità, ed ha doppio passaporto, americano e italiano?
Perché l'Italia è una delle nazioni che consente la doppia nazionalità, come anche gli Stati Uniti; non tutte le nazioni lo consentono. Diligentemente Rampini ha spiegato che conserva il passaporto italiano perchè italiano si sente, pur vivendo da molti anni all'estero, come corrispondente di Repubblica, specificamente in America.
Dove l'ha tirata per le lunghe, con un pippone inutile nel segno del 'politicamente corretto' comunque, è quando ha aggiunto, per non evadere la domanda della gentile signora, che lui il passaporto americano l'ha preso dopo che in America risiedeva per lavoro, stabilmente, da alcuni anni, e dopo aver sostenuto un esame di lingua ed anche un secondo esame sulla costituzione americana che è una 'bella costituzione', esattamente come la nostra; che la nazionalità americana l'ha ottenuto, dietro richiesta, sotto la presidenza Obama e che non può cambiarla a seconda del presidente, ogni cinque anni. Giusto, come non dargli ragione? Dove, invece, non riusciamo a dargli ragione, è quando lui la nazionalità americana ha detto che l'ha presa a seguito dello studio e dell'esame della 'bella costituzione' di quel paese.
Bastava che dicesse: lavorando da molti anni in America, e risiedendo stabilmente in quel paese, ho pensato che fosse praticamente più utile avere anche il passaporto americano, essendo a tutti gli effetti cittadino anche americano, oltre che italiano. Passaporto che gli è stato concesso, non dalla/per la bella costituzione , semplicemente perché il cittadino Rampini lavorava stabilmente in America, dove risiede con la sua famiglia, della quale ci ha raccontato l'interesse di uno dei figli per l'arte, campo nel quale lavora, sempre in America e forse anche in Italia - perchè no, se ci fosse l'opportunità? -Forse la musica, ma non ci giuriamo
Le doppie misure di chi governa
Non deve più stupire apprendere che chi governa si fa le leggi su misura propria e che, se restringono la libertà di azione e comportamento degli altri, non riguarderà mai la propria.
Il parlamento francese ha appena approvato una legge in virtù della quale nella pubblica amministrazione i parlamentari, e loro equiparati, non possono assumere a lavorare con loro persone ad essi legate da vincoli di parentela. Esattamente ciò che stava facendo il presidente Macron con sua moglie Brigitte la quale voleva che avesse un ruolo ufficiale di prèmiére dame, con quel che ne consegue: ufficio, personale, budget.
La legge francese prevede che i parlamentari che non si attengono decadano dal loro incarico. Perciò, una legge abbastanza dura all'apparenza, ma che semplicemente vuole mettere un pò di moralità nella vita politica.
E il Presidente francese, se commette un analogo errore, come stava per commettere se l' opinione pubblica, nettamente contraria, non gli si fosse rivoltata contro, che avrebbe dovuto fare: dimettersi?
Grillo si sta muovendo dietro le quinte, affacciato al suo blog, a differenza dei suoi gemelli pupilli che stanno percorrendo in lungo e largo la Sicilia, in vista delle prossime elezioni regionali di novembre, promettendo mari e monti che mai e poi mai potrà assicurare, anche avesse a vincere.
Per lisciare il pelo ai giovani arrabbiati per tutti i problemi che consociamo, in cima ai quali c'è la mancanza di lavoro,fa sapere che lui li vuole già capaci di esercitare il diritto al voto, a sedici anni. Non dice - da quel che sappiamo - se possono anche essere eletti a quell'età. E' evidente che l'annuncio serve a tirarsi dalla propria parte i giovanissimi. Sempre affacciato alla medesima finestra promette il taglio del numero dei parlamentari, sia alla camera che al senato, e l'abolizione del CNEL ecc... Ma non le voleva queste riforme Renzi e il popolo italiano, grillini compresi, gliele ha bocciate con il referendum di dicembre scorso? Non ci poteva pensare qualche mese fa invitando i suoi a votare sì al referendum renziano? No, proposte da Renzi quelle riforme non andavano votate, mentre ora che le propone Grillo sarebbero da votare.
A proposito di Sicilia, la regione dalle mille sorprese, è di pochi gironi fa la notizie che la regione produce attraverso l'eolico più energia di quanta non riesca ad assorbire, e perciò i vari, evidentemente numerosi impianti sono stati spenti. Ai proprietari degli impianti la Regione ha dovuto riconoscere un indennizzo.
Il parlamento francese ha appena approvato una legge in virtù della quale nella pubblica amministrazione i parlamentari, e loro equiparati, non possono assumere a lavorare con loro persone ad essi legate da vincoli di parentela. Esattamente ciò che stava facendo il presidente Macron con sua moglie Brigitte la quale voleva che avesse un ruolo ufficiale di prèmiére dame, con quel che ne consegue: ufficio, personale, budget.
La legge francese prevede che i parlamentari che non si attengono decadano dal loro incarico. Perciò, una legge abbastanza dura all'apparenza, ma che semplicemente vuole mettere un pò di moralità nella vita politica.
E il Presidente francese, se commette un analogo errore, come stava per commettere se l' opinione pubblica, nettamente contraria, non gli si fosse rivoltata contro, che avrebbe dovuto fare: dimettersi?
Grillo si sta muovendo dietro le quinte, affacciato al suo blog, a differenza dei suoi gemelli pupilli che stanno percorrendo in lungo e largo la Sicilia, in vista delle prossime elezioni regionali di novembre, promettendo mari e monti che mai e poi mai potrà assicurare, anche avesse a vincere.
Per lisciare il pelo ai giovani arrabbiati per tutti i problemi che consociamo, in cima ai quali c'è la mancanza di lavoro,fa sapere che lui li vuole già capaci di esercitare il diritto al voto, a sedici anni. Non dice - da quel che sappiamo - se possono anche essere eletti a quell'età. E' evidente che l'annuncio serve a tirarsi dalla propria parte i giovanissimi. Sempre affacciato alla medesima finestra promette il taglio del numero dei parlamentari, sia alla camera che al senato, e l'abolizione del CNEL ecc... Ma non le voleva queste riforme Renzi e il popolo italiano, grillini compresi, gliele ha bocciate con il referendum di dicembre scorso? Non ci poteva pensare qualche mese fa invitando i suoi a votare sì al referendum renziano? No, proposte da Renzi quelle riforme non andavano votate, mentre ora che le propone Grillo sarebbero da votare.
A proposito di Sicilia, la regione dalle mille sorprese, è di pochi gironi fa la notizie che la regione produce attraverso l'eolico più energia di quanta non riesca ad assorbire, e perciò i vari, evidentemente numerosi impianti sono stati spenti. Ai proprietari degli impianti la Regione ha dovuto riconoscere un indennizzo.
sabato 19 agosto 2017
Andrea Scanzi promuove a ministro dell'economia (in pectore) la grillina Roberta Lezzi
Accadeva qualche mese fa durante una delle trasmissioni di Lilli Gruber a La 7. Roberta Lezzi, verso la quale negli ultimi giorni sono rivolte sia le attenzione del mondo politico che gli sfottò di tutti, incoraggiata da Andrea Scanzi, esponeva il programma economico dei Cinquestelle, se mai dovessero andare al governo del paese. E mentre Lei parlava, Scanzi la guardava con ammirazione tanto da dirci ad un certo punto che la Lezzi è una delle più preparate in economia fra i parlamentari Cinquestelle e che, quasi certamente in caso di vittoria alle prossime elezioni, non si meraviglierebbe se a Lei venisse affidato il dicastero dell'Economia. Anzi lui non disse che non si sarebbe meravigliato se..., Scanzi dava per certo che la Lezzi sarebbe stata la ministra dell'Economia nel gabinetto Di Maio .
E allora vale la pena conoscere meglio questa donna pugliese appena sopra i quaranta, eletta per la prima volta in Parlamento nel 2013, che, all'improvviso, secondo Scanzi può dare i numeri ai tanti economisti di professione che ogni giorno vediamo in tv o scrivono sui giornali e magari insegnano anche tale materia nelle università.
Barbara Lezzi s'è fatta da sè, studiando, studiando, studiando da quando è arrivata a Roma. Perchè Lei ha un diploma di ' perito aziendale e corrispondente in lingue estere' - come si legge nel suo curriculum ufficiale - dove si aggiunge che si è diplomata nel 1991 e l'anno successivo è stata assunta in una azienda del settore commerciale come 'impiegata di III livello', restandovi, si suppone, per vent'anni circa, fino a quando non è entrata in Parlamento. Dove dati i suoi studi e le sue mansioni lavorative di provenienza viene eletta ' vice presidente della Commissione permanente bilancio e programmazione economica' e 'membro della Commissione permanente delle politiche europee', per il quale incarico ha certamente pesato la sua qualifica di 'corrispondente in lingue estere', appendice al suo diploma principale di 'perito aziendale' che l'ha messa al vertice della Commissione bilancio e programmazione economica.
Dopo la promozione di Scanzi, la Lezzi ha cominciato a scalpitare, anche per esercitarsi nella professione di economista. E qualche giorno fa, quando l'Istat ha comunicato che c'era stato un aumento del PIL dello 0,4 % nel II trimestre, a causa dell'aumento della produzione industriale e dei servizi secondo il nostro Istituto di Statistica, lei ha prontamente ribattuto che quell'aumento per il quale ingiustificatamente il governo gongolava, non era che il risultato del grande caldo che aveva fatto aumentare i consumi di energia. Ecco come una economista di fatto e di razza, e non solo di nome, si fa apprezzare.
Naturalmente tutti l'hanno sbeffeggiata. Eppure in quella famosa trasmissione, nella quella Scanzi ebbe la rivelazione della nuova economista, lei affermò che sarebbe stata in grado con le sue capacità, una volta al ministero di via XX settembre, di far alzare il Pil, tenendo basso il debito, mentre ora chi governa fa alzare il Pil ma non riesce a tenere a bada il debito. Non ci resta che aspettare per vedere la Lezzi all'opera.
E allora vale la pena conoscere meglio questa donna pugliese appena sopra i quaranta, eletta per la prima volta in Parlamento nel 2013, che, all'improvviso, secondo Scanzi può dare i numeri ai tanti economisti di professione che ogni giorno vediamo in tv o scrivono sui giornali e magari insegnano anche tale materia nelle università.
Barbara Lezzi s'è fatta da sè, studiando, studiando, studiando da quando è arrivata a Roma. Perchè Lei ha un diploma di ' perito aziendale e corrispondente in lingue estere' - come si legge nel suo curriculum ufficiale - dove si aggiunge che si è diplomata nel 1991 e l'anno successivo è stata assunta in una azienda del settore commerciale come 'impiegata di III livello', restandovi, si suppone, per vent'anni circa, fino a quando non è entrata in Parlamento. Dove dati i suoi studi e le sue mansioni lavorative di provenienza viene eletta ' vice presidente della Commissione permanente bilancio e programmazione economica' e 'membro della Commissione permanente delle politiche europee', per il quale incarico ha certamente pesato la sua qualifica di 'corrispondente in lingue estere', appendice al suo diploma principale di 'perito aziendale' che l'ha messa al vertice della Commissione bilancio e programmazione economica.
Dopo la promozione di Scanzi, la Lezzi ha cominciato a scalpitare, anche per esercitarsi nella professione di economista. E qualche giorno fa, quando l'Istat ha comunicato che c'era stato un aumento del PIL dello 0,4 % nel II trimestre, a causa dell'aumento della produzione industriale e dei servizi secondo il nostro Istituto di Statistica, lei ha prontamente ribattuto che quell'aumento per il quale ingiustificatamente il governo gongolava, non era che il risultato del grande caldo che aveva fatto aumentare i consumi di energia. Ecco come una economista di fatto e di razza, e non solo di nome, si fa apprezzare.
Naturalmente tutti l'hanno sbeffeggiata. Eppure in quella famosa trasmissione, nella quella Scanzi ebbe la rivelazione della nuova economista, lei affermò che sarebbe stata in grado con le sue capacità, una volta al ministero di via XX settembre, di far alzare il Pil, tenendo basso il debito, mentre ora chi governa fa alzare il Pil ma non riesce a tenere a bada il debito. Non ci resta che aspettare per vedere la Lezzi all'opera.
mercoledì 16 agosto 2017
Cristiano Chiarot e Giorgio Battistelli, dirimpettai a Firenze, non si parlano neanche per concordare la normale amministrazione
L'eco della loro incomunicabilità - assai strana per le ragioni che ora vi diremo - è giunta fino a noi, portata dai giornali toscani. L'incomunicabilità riguarda, per ora, la serata inaugurale delle rispettive stagioni sinfoniche, quella dell'Opera di Firenze, dove da poco è giunto Chiarot, proveniente dalla Fenice, per mettere ordine nei conti; e quella dell'Orchestra della Toscana, presieduta da Battistelli, con il finanziamento statale più alto fra le orchestre italiane.
La prima tiene la sua stagione nel nuovo Teatro dell'Opera, la seconda allo storicoTeatro Verdi, oltre che nella provincia e in regione. Non tanto lontane da non potersi sentire ed accordare, se non sui programmi, almeno per questioni pratiche, come sulle date ed altri fatti che possono incidere negativamente sulle attività l'una dell'altra, se non addirittura apparire come concorrenza sleale. E noi aggiungeremmo: stupida oltre che inutile!
E la cosa non può non apparire molto strana anche a noi che conosciamo bene i due, e Chiarot lo abbiamo frequentato per molti anni - oltre dieci - a Venezia, in occasione e ragione del Concerto di Capodanno, del quale per conto della Rai, siamo stati fin dalla prima edizione 'consulente artistico', con l'incarico di sovrintendere - o, come è accaduto quasi sempre, di proporlo - alla formazione del programma del concerto (che negli anni in cui lo abbiamo curato, sia nella definizione del programma che nella scelta degli interpreti, suggerendo talvolta anche questi, è stato sempre sopra i 4.000.000, fino a 4.500.000 telespettatori, crescendo di anno in anno; mentre da quando lo abbiamo abbandonato, in tre anni appena, gli spettatori sono precipitati fino a quasi 3.650.000, a causa del programma assolutamente inadatto, formulato dal direttore artistico del teatro, Ortombina, il quale non si dà pena della débacle e insiste con i suoi programmi che al tempo della nostra consulenza, con fatica, ma sempre riuscendoci anche con la mediazione di Chiarot, aggiustavamo!).
Che Chiarot e Battistelli, negli anni veneziani di Chiarot, si parlassero, risulta dal fatto che nel giro di due stagioni, le ultime due, Chiarot e Ortombina, hanno messo in cartellone due opere di Battistelli ( Il medico dei pazzi, Riccardo III) ma anche per un'altra ragione che ci riguarda direttamente e che fu all'origine del nostro abbandono del Concerto di Capodanno.
Si era nell'autunno del 2014, ed era in preparazione il concerto del Capodanno 2015, per il quale il vertice della Fenice aveva scelto gli interpreti ( direttore e cantanti) mentre si lavorava con la consueta fatica alla definizione del programma, del quale una bozza avevamo preparato durante l'estate, inviandola ai primi di settembre a Venezia. Il motivo della rottura definitiva fu, senza sua colpa diretta, proprio Battistelli, del quale Chiarot voleva inserire nel programma, addirittura in apertura, una sua breve nuova composizione ( ancora da scrivere, non sappiamo se già commissionata, immaginiamo di sì) dal titolo Expo. Noi gli dicemmo, senza mezzi termini, che era inopportuna, le ragioni gliele spiegammo, per la parte trasmessa in diretta da Rai 1; mentre avrebbe potuto inserirla nella prima parte del concerto , quella riservata al solo pubblico del teatro, che non doveva sottostare a certe regole, dettate soprattutto dalla diretta televisiva, e da un programma ' classico' ma 'popolare' in un giorno di festa, e in un orario insolito.
Chiarot non volle sentire ragione. Perchè? Cosa lo legava a Battistelli, quali impegni aveva preso con lui? Non lo abbiamo mai capito. Immaginiamo che lui non mandò giù che un consulente lo obbligasse a rivedere una sua decisione o un impegno già preso; e così, pur non inserendo il brano di Battistelli (che, sappiamo, non ha mai neppure scritto, dunque Chiarot poteva recedere dai suoi propositi bellicosi verso di noi che, del successo del Concerto di Capodanno, potevamo a ragione vantare qualche merito, forse più di qualche merito), scavalcandoci - come non aveva mai fatto, fidandosi ciecamente del nostro lavoro, coronato da ottimi risultati - presentò in prima persona un suo programma che si discostava di molto da quello da noi suggerito. Mal gliene incolse, perchè il Concerto ebbe quasi 300.000 telespettatori in meno. Avrebbe dovuto fare 'mea culpa' e riconoscere che avevamo ragione. Invece, il sovrintendente, che negli anni precedenti era stato sempre al nostro fianco, anche quando c'era da far cambiare idea al suo direttore artistico su qualche numero del programma che noi giudicavamo fuori luogo, quella volta ci si mise contro. E Battistelli fu la causa scatenante.
Per questo sorprende che Chiarot e Battistelli a Firenze, quasi dirimpettai, sembrano non comunicare, mentre quando uno era a Venezia e l'altro a Firenze, evidentemente corrispondevano con maggiore frequenza e più solida intesa.
Noi una ragione ce la siamo fatta. Chiarot, occupato nel tenere in ordine i conti, impresa quasi impossibile '(de minimis' - come sarebbero i rapporti con i vicini - 'non curat' , secondo la sapienza giuridica dei latini, che si riferivano al 'praetor', il giudice); e, insuperbito per la promozione fiorentina, egli, salvatore della patria, avrebbe rinnegato amicizie e contatti anteriori, non certo disinteressati; a sua volta, Battistelli, dopo essere uscito con la coda fra le gambe dall'Opera di Roma, si dev'essere incattivito, forse addirittura inacidito, al punto da non voler più sentire ragioni da nessuno.
E così insuperbito l'uno, incattivito l'altro, è accaduto che a Firenze l'inaugurazione delle due stagioni sinfoniche loro affidate, con il medesimo 'profumo' russo nel programma, in luoghi ad un tiro di schioppo l'uno dall'altro, sia stata fissata per il prossimo 28 ottobre, alla medesima ora. La singolare coincidenza, in una città non così grande, non poteva sfuggire ai giornali che l'hanno sottolineata, facendo successivamente decidere a Battistelli di anticipare l'inizio del concerto, almeno quello. Quasi che il medesimo pubblico dovesse prima andare a sentire l'Orchestra della Toscana, e poi, al termine del concerto, precipitarsi a sentire l'Orchestra dell'Opera di Firenze. Quando mai?
Sarebbe stato opportuno che i due, comunicando fra loro - come a noi sembrarono fare prima che Chiarot giungesse a Firenze, senza che ne abbiamo mai compreso la ragione - avessero stabilito la data delle rispettive inaugurazioni in giorni diversi. Bastava si fossero parlati... ma c'è sempre tempo per riprendere, a Firenze, la 'conversazione' avviata a Venezia.
La prima tiene la sua stagione nel nuovo Teatro dell'Opera, la seconda allo storicoTeatro Verdi, oltre che nella provincia e in regione. Non tanto lontane da non potersi sentire ed accordare, se non sui programmi, almeno per questioni pratiche, come sulle date ed altri fatti che possono incidere negativamente sulle attività l'una dell'altra, se non addirittura apparire come concorrenza sleale. E noi aggiungeremmo: stupida oltre che inutile!
E la cosa non può non apparire molto strana anche a noi che conosciamo bene i due, e Chiarot lo abbiamo frequentato per molti anni - oltre dieci - a Venezia, in occasione e ragione del Concerto di Capodanno, del quale per conto della Rai, siamo stati fin dalla prima edizione 'consulente artistico', con l'incarico di sovrintendere - o, come è accaduto quasi sempre, di proporlo - alla formazione del programma del concerto (che negli anni in cui lo abbiamo curato, sia nella definizione del programma che nella scelta degli interpreti, suggerendo talvolta anche questi, è stato sempre sopra i 4.000.000, fino a 4.500.000 telespettatori, crescendo di anno in anno; mentre da quando lo abbiamo abbandonato, in tre anni appena, gli spettatori sono precipitati fino a quasi 3.650.000, a causa del programma assolutamente inadatto, formulato dal direttore artistico del teatro, Ortombina, il quale non si dà pena della débacle e insiste con i suoi programmi che al tempo della nostra consulenza, con fatica, ma sempre riuscendoci anche con la mediazione di Chiarot, aggiustavamo!).
Che Chiarot e Battistelli, negli anni veneziani di Chiarot, si parlassero, risulta dal fatto che nel giro di due stagioni, le ultime due, Chiarot e Ortombina, hanno messo in cartellone due opere di Battistelli ( Il medico dei pazzi, Riccardo III) ma anche per un'altra ragione che ci riguarda direttamente e che fu all'origine del nostro abbandono del Concerto di Capodanno.
Si era nell'autunno del 2014, ed era in preparazione il concerto del Capodanno 2015, per il quale il vertice della Fenice aveva scelto gli interpreti ( direttore e cantanti) mentre si lavorava con la consueta fatica alla definizione del programma, del quale una bozza avevamo preparato durante l'estate, inviandola ai primi di settembre a Venezia. Il motivo della rottura definitiva fu, senza sua colpa diretta, proprio Battistelli, del quale Chiarot voleva inserire nel programma, addirittura in apertura, una sua breve nuova composizione ( ancora da scrivere, non sappiamo se già commissionata, immaginiamo di sì) dal titolo Expo. Noi gli dicemmo, senza mezzi termini, che era inopportuna, le ragioni gliele spiegammo, per la parte trasmessa in diretta da Rai 1; mentre avrebbe potuto inserirla nella prima parte del concerto , quella riservata al solo pubblico del teatro, che non doveva sottostare a certe regole, dettate soprattutto dalla diretta televisiva, e da un programma ' classico' ma 'popolare' in un giorno di festa, e in un orario insolito.
Chiarot non volle sentire ragione. Perchè? Cosa lo legava a Battistelli, quali impegni aveva preso con lui? Non lo abbiamo mai capito. Immaginiamo che lui non mandò giù che un consulente lo obbligasse a rivedere una sua decisione o un impegno già preso; e così, pur non inserendo il brano di Battistelli (che, sappiamo, non ha mai neppure scritto, dunque Chiarot poteva recedere dai suoi propositi bellicosi verso di noi che, del successo del Concerto di Capodanno, potevamo a ragione vantare qualche merito, forse più di qualche merito), scavalcandoci - come non aveva mai fatto, fidandosi ciecamente del nostro lavoro, coronato da ottimi risultati - presentò in prima persona un suo programma che si discostava di molto da quello da noi suggerito. Mal gliene incolse, perchè il Concerto ebbe quasi 300.000 telespettatori in meno. Avrebbe dovuto fare 'mea culpa' e riconoscere che avevamo ragione. Invece, il sovrintendente, che negli anni precedenti era stato sempre al nostro fianco, anche quando c'era da far cambiare idea al suo direttore artistico su qualche numero del programma che noi giudicavamo fuori luogo, quella volta ci si mise contro. E Battistelli fu la causa scatenante.
Per questo sorprende che Chiarot e Battistelli a Firenze, quasi dirimpettai, sembrano non comunicare, mentre quando uno era a Venezia e l'altro a Firenze, evidentemente corrispondevano con maggiore frequenza e più solida intesa.
Noi una ragione ce la siamo fatta. Chiarot, occupato nel tenere in ordine i conti, impresa quasi impossibile '(de minimis' - come sarebbero i rapporti con i vicini - 'non curat' , secondo la sapienza giuridica dei latini, che si riferivano al 'praetor', il giudice); e, insuperbito per la promozione fiorentina, egli, salvatore della patria, avrebbe rinnegato amicizie e contatti anteriori, non certo disinteressati; a sua volta, Battistelli, dopo essere uscito con la coda fra le gambe dall'Opera di Roma, si dev'essere incattivito, forse addirittura inacidito, al punto da non voler più sentire ragioni da nessuno.
E così insuperbito l'uno, incattivito l'altro, è accaduto che a Firenze l'inaugurazione delle due stagioni sinfoniche loro affidate, con il medesimo 'profumo' russo nel programma, in luoghi ad un tiro di schioppo l'uno dall'altro, sia stata fissata per il prossimo 28 ottobre, alla medesima ora. La singolare coincidenza, in una città non così grande, non poteva sfuggire ai giornali che l'hanno sottolineata, facendo successivamente decidere a Battistelli di anticipare l'inizio del concerto, almeno quello. Quasi che il medesimo pubblico dovesse prima andare a sentire l'Orchestra della Toscana, e poi, al termine del concerto, precipitarsi a sentire l'Orchestra dell'Opera di Firenze. Quando mai?
Sarebbe stato opportuno che i due, comunicando fra loro - come a noi sembrarono fare prima che Chiarot giungesse a Firenze, senza che ne abbiamo mai compreso la ragione - avessero stabilito la data delle rispettive inaugurazioni in giorni diversi. Bastava si fossero parlati... ma c'è sempre tempo per riprendere, a Firenze, la 'conversazione' avviata a Venezia.
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150 miliardi di Euro. Una montagna di soldi che potrebbe finire nelle casse dello Stato
Anche questa è una bufala, una delle tante offerte dai giornali, d'estate, in vacanza anche di testa, o no, come l'ha offerta e spiegata ieri Repubblica?
Esiste una montagna di soldi, 150 miliardi circa di Euro, che potrebbe finire nelle casse dello Stato direttamente dalle assicurazioni e dalle banche. E' la montagna di soldi delle Polizze vita, in pancia alle assicurazioni, che non vengono reclamate, alla loro scadenza da nessuno. Perché gli aventi diritto a beneficiarne non ne conoscono neanche l'esistenza, non essendogli stata comunicata loro dai sottoscrittori delle medesime. Chi non avesse capito bene, basti sappia che si tratta di quelle polizze - le uniche che danno un qualche rendimento ora che i tassi sono sotto zero - come quelle sottoscritte da Salvatore Romeo, braccio destro di Virginia Raggi, beneficiaria a sua insaputa.
E c'è anche un caso analogo che riguarda le banche, con i cosiddetti 'conti dormienti', i conti cioè non 'movimentati' per un lungo periodo.
In ambedue i casi, se nessuno viene a reclamare la riscossione del premio di quelle polizze o la girata dei soldi depositati nelle banche, trascorsi dieci anni, quei soldi finiscono allo Stato.
Vero o si tratta dell'ennesima bufala estiva? Perchè la storia fa venire un serio dubbio sulla onestà e correttezza di assicurazioni e banche. Quando banche e assicurazioni si accorgono, dopo qualche anno, che nessuno, titolare o eredi, viene a reclamare quei soldi, non potrebbero - secondo noi, dovrebbero - cercare gli aventi diritto? Sia le assicurazioni che le banche possono risalire ai titolari o beneficiari delle polizze o dei conti. Perché non lo fanno? Per avere uno spazio di manovra, illegale, che le autorizzerebbe a tenersi parte di quei soldi che, dopo dieci anni, dovrebbero finire interamente nelle casse dello Stato, come si fa con i possessori di biglietti vincenti delle lotterie che non reclamano, per svariate ragioni, la somma della vincita, perché hanno smarrito o non hanno controllato le estrazioni?
Se è vero ciò che abbiamo letto su Repubblica, banche ed assicurazioni sarebbero 'smemorati' per interesse.
Un analogo caso spiega bene cosa vogliamo dire. Ci è capitato di vederci rapinata una discreta somma, alla fine dei nostri anni lavorativi, dal nostro TFR. Cioè? Nei primi dieci anni del nostro lavoro di insegnante, eravamo inquadrati in uno status giuridico particolare, alla fine del quale, pur continuando ad insegnare per altri trent'anni ancora, avremmo dovuto immediatamente riscuotere l'indennità di fine rapporto di quei primi dieci anni. Per riscuoterla bisognava o che la avessimo richiesta o che l'amministrazione ci avesse avvertito.
Noi non la richiedemmo perchè ancora giovane - non avevamo neanche quarant'anni e abbiamo continuato ad insegnare, senza interruzione neanche di un giorno, per altri trenta - e l'Amministrazione non ci avvertì, subdolamente, per fregarsi quei soldi, che fatti i conti sarebbero di alcune decine di migliaia di Euro.
Quando alla cessazione del lavoro abbiamo notato la mancanza di quei dieci anni nel calcolo della indennità e l'abbiamo reclamati ci è stato riposto che non ci spettavano più, perchè avremmo dovuto reclamarli al momento e perchè l'amministrazione, come era suo dovere, non ci aveva avvertiti.
Ecco come anche la pubblica amministrazione (IMPDAP, ora confluita nell'INPS) fotte un cittadino, rubandogli letteralmente ciò che gli spetta. Figurarsi le assicurazione e le banche che non sono delle opere pie.
Esiste una montagna di soldi, 150 miliardi circa di Euro, che potrebbe finire nelle casse dello Stato direttamente dalle assicurazioni e dalle banche. E' la montagna di soldi delle Polizze vita, in pancia alle assicurazioni, che non vengono reclamate, alla loro scadenza da nessuno. Perché gli aventi diritto a beneficiarne non ne conoscono neanche l'esistenza, non essendogli stata comunicata loro dai sottoscrittori delle medesime. Chi non avesse capito bene, basti sappia che si tratta di quelle polizze - le uniche che danno un qualche rendimento ora che i tassi sono sotto zero - come quelle sottoscritte da Salvatore Romeo, braccio destro di Virginia Raggi, beneficiaria a sua insaputa.
E c'è anche un caso analogo che riguarda le banche, con i cosiddetti 'conti dormienti', i conti cioè non 'movimentati' per un lungo periodo.
In ambedue i casi, se nessuno viene a reclamare la riscossione del premio di quelle polizze o la girata dei soldi depositati nelle banche, trascorsi dieci anni, quei soldi finiscono allo Stato.
Vero o si tratta dell'ennesima bufala estiva? Perchè la storia fa venire un serio dubbio sulla onestà e correttezza di assicurazioni e banche. Quando banche e assicurazioni si accorgono, dopo qualche anno, che nessuno, titolare o eredi, viene a reclamare quei soldi, non potrebbero - secondo noi, dovrebbero - cercare gli aventi diritto? Sia le assicurazioni che le banche possono risalire ai titolari o beneficiari delle polizze o dei conti. Perché non lo fanno? Per avere uno spazio di manovra, illegale, che le autorizzerebbe a tenersi parte di quei soldi che, dopo dieci anni, dovrebbero finire interamente nelle casse dello Stato, come si fa con i possessori di biglietti vincenti delle lotterie che non reclamano, per svariate ragioni, la somma della vincita, perché hanno smarrito o non hanno controllato le estrazioni?
Se è vero ciò che abbiamo letto su Repubblica, banche ed assicurazioni sarebbero 'smemorati' per interesse.
Un analogo caso spiega bene cosa vogliamo dire. Ci è capitato di vederci rapinata una discreta somma, alla fine dei nostri anni lavorativi, dal nostro TFR. Cioè? Nei primi dieci anni del nostro lavoro di insegnante, eravamo inquadrati in uno status giuridico particolare, alla fine del quale, pur continuando ad insegnare per altri trent'anni ancora, avremmo dovuto immediatamente riscuotere l'indennità di fine rapporto di quei primi dieci anni. Per riscuoterla bisognava o che la avessimo richiesta o che l'amministrazione ci avesse avvertito.
Noi non la richiedemmo perchè ancora giovane - non avevamo neanche quarant'anni e abbiamo continuato ad insegnare, senza interruzione neanche di un giorno, per altri trenta - e l'Amministrazione non ci avvertì, subdolamente, per fregarsi quei soldi, che fatti i conti sarebbero di alcune decine di migliaia di Euro.
Quando alla cessazione del lavoro abbiamo notato la mancanza di quei dieci anni nel calcolo della indennità e l'abbiamo reclamati ci è stato riposto che non ci spettavano più, perchè avremmo dovuto reclamarli al momento e perchè l'amministrazione, come era suo dovere, non ci aveva avvertiti.
Ecco come anche la pubblica amministrazione (IMPDAP, ora confluita nell'INPS) fotte un cittadino, rubandogli letteralmente ciò che gli spetta. Figurarsi le assicurazione e le banche che non sono delle opere pie.
martedì 15 agosto 2017
Tocca a Ivanka togliere d'imbarazzo suo padre, Donald Trump, il presidente 'dal nido di quaglie in testa'.
Non sappiamo se facciano il gioco delle parti: uno le spara grosse dando modo all'altro di fare la sua sporca figura. Certo è che la condanna di Donald Trump dei disordini, con morti, avvenuti in Virginia - qualcuno, malignamente, fra i romani ha letto quel nome riferito non allo Stato americano, ma alla povera sindaca, alla quale non gliene va bene una, ad eccezione della faccenda dell'acqua nella quale sembra aver avuto, per intanto, la meglio sul governatore Zingaretti, pensando avesse procurato anche disordini, oltre i guai infiniti - è stata troppo blanda, e per questo è dovuta intervenire sua figlia Ivanka.
Troppo blanda la condanna di Trump dei disordini in Virginia, non senza una ragione ignobile. Per la semplice ignobile ragione che nel corteo di nazisti e razzisti che hanno sfilato in suo favore in Virginia, all'origine dei disordini e del gesto di quel folle che ha lanciato la sua macchina contro il corteo dei dimostranti anti Trump, c'erano tanti suoi elettori. Ha avuto da ridire anche lo stesso partito repubblicano, e con forza, ma non lui, il presidente 'con un nido di quaglie in testa' .
E per questo s'è sentita in obbligo di intervenire la bionda Ivanka, che ha in testa più sale di quanto non abbia capelli suo padre, e per questo potrebbe aver rinunciato, contrariamente a quanto anticipato, alla sua vacanza in Italia, in Puglia. Ivanka senza mezzi termini e con chiarezza ha affermato: non c'è posto per nazisti e razzisti in America. Anche nell'America first di suo padre Donald. Come in nessun altro paese nel mondo.
Troppo blanda la condanna di Trump dei disordini in Virginia, non senza una ragione ignobile. Per la semplice ignobile ragione che nel corteo di nazisti e razzisti che hanno sfilato in suo favore in Virginia, all'origine dei disordini e del gesto di quel folle che ha lanciato la sua macchina contro il corteo dei dimostranti anti Trump, c'erano tanti suoi elettori. Ha avuto da ridire anche lo stesso partito repubblicano, e con forza, ma non lui, il presidente 'con un nido di quaglie in testa' .
E per questo s'è sentita in obbligo di intervenire la bionda Ivanka, che ha in testa più sale di quanto non abbia capelli suo padre, e per questo potrebbe aver rinunciato, contrariamente a quanto anticipato, alla sua vacanza in Italia, in Puglia. Ivanka senza mezzi termini e con chiarezza ha affermato: non c'è posto per nazisti e razzisti in America. Anche nell'America first di suo padre Donald. Come in nessun altro paese nel mondo.
Dove vanno i critici musicali italiani d'estate? Snobbano l'Italia, salvo qualche eccezione,retribuita, e scelgono l'estero
Abbiamo atteso qualche giorno, pensando che seppure con un pò di ritardo, qualche nostro collega ci avrebbe informato degli esiti di alcuni festival così importanti che se ne sono accorti gli stranieri che li frequentano di anno in anno, in numero maggiore degli stessi italiani. E invece no, almeno per alcuni. Gli stranieri vengono in Italia per i nostri festival - intendiamo il pubblico oltre i critici - e i nostri critici vanno all'estero a sentire concerti. E l'Italia resta scoperta. I critici spiegano anche perchè.
In ossequio ad una teoria che vorrebbe più utile al lettore la presentazione di un'opera o di un concerto, la critica musicale italiana tralascia di aggiornare i propri lettori sugli esiti di concerti ed opere. Sia chiaro, i critici anticipano con puntualità la vita musicale in Italia - nel qual caso la loro azione sarebbe utile al lettore. L'anticipano solo nel caso in cui succeda qualcosa di strano o curioso per la regia in un'opera, o per il debutto di un interprete, specie se giovane (ma nella musica si continuano a definire giovani anche interpreti che hanno superato la quarantina), meglio ancora se giovanissimo e, se di sesso femminile, se ha quel non so che di attraente che esula dalle sue capacità musicali.
E' accaduto, in questa estate accaldata, con il 'fenomeno' Currentzis, direttore d'orchestra quarantasettenne, greco di origine, attivo in Russia, in preda a estasi continue, al termine delle quali dà conto al giornalista che gli capita a tiro o che va a stanarlo, del contenuto delle sue visioni misto a fatti reali e legittime aspirazioni professionali.
I maggiori giornali italiani l'hanno intervistato a Salisburgo dove Markus Hinterhauser, tornato alla guida del festival e in cerca di clamore, l'ha fatto debuttare con la sua singolare orchestra 'MusicAeterna', alla quale trasmette, costringendola a vivere in una sorta di 'comune', il suo fluido mistico.
Per effetto dell'estasi - ancora in trance? - ha visto nel futuro una sua collaborazione con il nostro Paolo Sorrentino per una prossima regia di Wagner, alla quale stanno lavorando insieme. Paolo Sorrentino gli avrebbe anticipato alcune caratteristiche del suo debutto operistico riguardante la Tetralogia che egli vorrebbe mettere in scena, ma cominciando dal Crepuscolo.
Sogno o son desto, Currentzis non se lo chiede mai, quando straparla. A farlo tornare con i piedi per terra ci ha pensato l'ufficio stampa del regista, il quale ha precisato, nello stile di chi parla da sveglio e sa quel che dice, che Sorrentino non ha nessun progetto operistico, neanche con Currentzis, che non conosce neppure. Ma allora che aveva scritto il Corriere della Sera? Cappelli, l'intervistatore, se l'era inventato, o Currentzis aveva scambiato il sogno con la realtà? E perché Cappelli non ha verificato?
Salisburgo è stata oggetto di attenzione da parte dei critici dei maggiori giornali italiani, innanzitutto per il ritorno di Muti a dirigere un'opera (Aida), da tutti osannato. Giusto clamore.
Poi, invece, altri si sono recati a Lucerna ad assistere alla seconda uscita della Lucerna Festival Orchestra, orfana di Abbado e sotto la guida di Chailly, per dirci che quella orchestra è un'orchestra di virtuosi, ma che suona 'con l'anima'. Il lettore ringrazia per la precisazione.
E in Italia non c'era proprio nulla che meritasse attenzione? Che so, Pesaro? No. Dopo che la Aspesi ha dato il via al festival, come fa da molti anni a questa parte, tutti i critici si sono defilati, ritenendo esaurito il loro compito, reso inutile dall'annuncio della papessa rossiniana, una specie di madrina del festival pesarese, del quale decreta il successo prima ancora che inizi.
C'è stato qualche critico che si è spinto a Martina Franca per assistere ad una delle riprese moderne tanto care al festival pugliese, concentrandosi sull'opera di Meyerbeer diretta da Fabio Luisi. E basta? No. C'è un festival che si è meritato una certa attenzione, e non è una novità.
I critici sono andati, dietro retribuzione, in pellegrinaggio a Macerata, per la stagione dello Sferisterio, invitati dal solerte direttore artistico, Micheli, a presentare le opere in programma. E già che c'erano hanno approfittato per raccontarcene gli esiti.
Questa è la vita dura del critico musicale italiano d'estate.
In ossequio ad una teoria che vorrebbe più utile al lettore la presentazione di un'opera o di un concerto, la critica musicale italiana tralascia di aggiornare i propri lettori sugli esiti di concerti ed opere. Sia chiaro, i critici anticipano con puntualità la vita musicale in Italia - nel qual caso la loro azione sarebbe utile al lettore. L'anticipano solo nel caso in cui succeda qualcosa di strano o curioso per la regia in un'opera, o per il debutto di un interprete, specie se giovane (ma nella musica si continuano a definire giovani anche interpreti che hanno superato la quarantina), meglio ancora se giovanissimo e, se di sesso femminile, se ha quel non so che di attraente che esula dalle sue capacità musicali.
E' accaduto, in questa estate accaldata, con il 'fenomeno' Currentzis, direttore d'orchestra quarantasettenne, greco di origine, attivo in Russia, in preda a estasi continue, al termine delle quali dà conto al giornalista che gli capita a tiro o che va a stanarlo, del contenuto delle sue visioni misto a fatti reali e legittime aspirazioni professionali.
I maggiori giornali italiani l'hanno intervistato a Salisburgo dove Markus Hinterhauser, tornato alla guida del festival e in cerca di clamore, l'ha fatto debuttare con la sua singolare orchestra 'MusicAeterna', alla quale trasmette, costringendola a vivere in una sorta di 'comune', il suo fluido mistico.
Per effetto dell'estasi - ancora in trance? - ha visto nel futuro una sua collaborazione con il nostro Paolo Sorrentino per una prossima regia di Wagner, alla quale stanno lavorando insieme. Paolo Sorrentino gli avrebbe anticipato alcune caratteristiche del suo debutto operistico riguardante la Tetralogia che egli vorrebbe mettere in scena, ma cominciando dal Crepuscolo.
Sogno o son desto, Currentzis non se lo chiede mai, quando straparla. A farlo tornare con i piedi per terra ci ha pensato l'ufficio stampa del regista, il quale ha precisato, nello stile di chi parla da sveglio e sa quel che dice, che Sorrentino non ha nessun progetto operistico, neanche con Currentzis, che non conosce neppure. Ma allora che aveva scritto il Corriere della Sera? Cappelli, l'intervistatore, se l'era inventato, o Currentzis aveva scambiato il sogno con la realtà? E perché Cappelli non ha verificato?
Salisburgo è stata oggetto di attenzione da parte dei critici dei maggiori giornali italiani, innanzitutto per il ritorno di Muti a dirigere un'opera (Aida), da tutti osannato. Giusto clamore.
Poi, invece, altri si sono recati a Lucerna ad assistere alla seconda uscita della Lucerna Festival Orchestra, orfana di Abbado e sotto la guida di Chailly, per dirci che quella orchestra è un'orchestra di virtuosi, ma che suona 'con l'anima'. Il lettore ringrazia per la precisazione.
E in Italia non c'era proprio nulla che meritasse attenzione? Che so, Pesaro? No. Dopo che la Aspesi ha dato il via al festival, come fa da molti anni a questa parte, tutti i critici si sono defilati, ritenendo esaurito il loro compito, reso inutile dall'annuncio della papessa rossiniana, una specie di madrina del festival pesarese, del quale decreta il successo prima ancora che inizi.
C'è stato qualche critico che si è spinto a Martina Franca per assistere ad una delle riprese moderne tanto care al festival pugliese, concentrandosi sull'opera di Meyerbeer diretta da Fabio Luisi. E basta? No. C'è un festival che si è meritato una certa attenzione, e non è una novità.
I critici sono andati, dietro retribuzione, in pellegrinaggio a Macerata, per la stagione dello Sferisterio, invitati dal solerte direttore artistico, Micheli, a presentare le opere in programma. E già che c'erano hanno approfittato per raccontarcene gli esiti.
Questa è la vita dura del critico musicale italiano d'estate.
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L'Opera in mostra al Victoria and Albert Museum di Londra. Perchè non si poteva fare in Italia dove l'Opera è nata?
A settembre si inaugura a Londra una mostra dedicata all'opera (melodramma, nella dizione più recente) che fa sperare di ottenere lo stesso successo di quella su Pompei, di qualche anno fa, che esponeva materiale proveniente dall'Italia e che si rivelò la mostra in assoluto più visitata e quella che procurò i maggiori incassi del museo londinese - non si poteva fare in Italia?
Ora questo secondo progetto, intitolato: Opera: Passion, Power, Politics, ha come oggetto una delle eccellenze tutte italiane: il melodramma, che noi non abbiamo saputo sfruttare e che lasciamo, invece, come nel caso di Pompei, che naturalmente fu un cataclisma, fare ad altri con materiale che viene anche dall'Italia. Più che da altre nazioni.
La mostra si articola in sette sezioni (stazioni), ciascuna delle quali fa tappa in altrettante città europee, legate ad opere che lì hanno avuto il battesimo pubblico: Londra (Haendel, Rinaldo),Vienna ( Mozart/ Da Ponte), Parigi ( Wagner, Tannhauser, rappresentazione del 1861), Dresda (Strauss, Salome), Sam Pietroburgo ( Shostakovich); e, per l'Italia, MIlano ( Scala, Verdi, Nabucco) e Venezia ( Monteverdi, Incoronazione di Poppea).
Inutile dire che il museo londinese, che vanta una storia di attenzione a tutte le arti, ben si presta ad ospitare la mostra sul melodramma che, fra le arti, è quello che si riunisce proprio diverse arti - che Fellini si meravigliava come potessero convivere! - e che più di ogni altra creazione del genio umano può spiegare anche le società delle varie epoche e gli avvenimenti che più le segnarono, e l'Europa prima dell'Europa, oltre, naturalmente, al mutamento di costume operistico dall'Orfeo all'Incoronazione di Poppea monteverdiani.
Dell'estremo capolavoro monteverdiano sarà in mostra l'unica partitura originale (così ha scritto Pierluigi Panza, presentando la mostra su 'La lettura' del Corriere della Sera, evidentemente non sufficientemente informato sull'argomento. Perchè le partiture autografe dell'opera sono due, ambedue secentesche, ma, a quel che dicono gli studiosi, nessuna delle due attribuibile a Monteverdi, bensi a due copisti di cui non si conoscono i nomi, anche perchè le partiture non li riportano ( come era però normale) e non riportano neanche il nome dell'autore della musica, essendo a tutti noto che fosse Claudio Monteverdi. Le due partiture, che presentano varianti, sono conservate a Venezia e Napoli, la prima alla Marciana e fa parte del cosiddetto 'Fondo Contarini', la seconda al Conservatorio della città campana.
Per Milano s'è deciso di celebrare Verdi ed il suo Nabucco, anche per la fama che un suo coro ha avuto ed ha anche oggi in tutto il mondo. Il celebre Va pensiero si ascolterà nella 'insonorizzazione' della mostra, in una registrazione del Covent Garden - non della Scala - diretta da Pappano, presente nella mostra anche attraverso un documentario in più puntate realizzato per la BBC, anni fa, in cui fa la 'sua' storia dell'opera. E già che l'idea della mostra londinese è venuta al direttore uscente del Covent Garden, il regista danese Kasper Holten.
Ora questo secondo progetto, intitolato: Opera: Passion, Power, Politics, ha come oggetto una delle eccellenze tutte italiane: il melodramma, che noi non abbiamo saputo sfruttare e che lasciamo, invece, come nel caso di Pompei, che naturalmente fu un cataclisma, fare ad altri con materiale che viene anche dall'Italia. Più che da altre nazioni.
La mostra si articola in sette sezioni (stazioni), ciascuna delle quali fa tappa in altrettante città europee, legate ad opere che lì hanno avuto il battesimo pubblico: Londra (Haendel, Rinaldo),Vienna ( Mozart/ Da Ponte), Parigi ( Wagner, Tannhauser, rappresentazione del 1861), Dresda (Strauss, Salome), Sam Pietroburgo ( Shostakovich); e, per l'Italia, MIlano ( Scala, Verdi, Nabucco) e Venezia ( Monteverdi, Incoronazione di Poppea).
Inutile dire che il museo londinese, che vanta una storia di attenzione a tutte le arti, ben si presta ad ospitare la mostra sul melodramma che, fra le arti, è quello che si riunisce proprio diverse arti - che Fellini si meravigliava come potessero convivere! - e che più di ogni altra creazione del genio umano può spiegare anche le società delle varie epoche e gli avvenimenti che più le segnarono, e l'Europa prima dell'Europa, oltre, naturalmente, al mutamento di costume operistico dall'Orfeo all'Incoronazione di Poppea monteverdiani.
Dell'estremo capolavoro monteverdiano sarà in mostra l'unica partitura originale (così ha scritto Pierluigi Panza, presentando la mostra su 'La lettura' del Corriere della Sera, evidentemente non sufficientemente informato sull'argomento. Perchè le partiture autografe dell'opera sono due, ambedue secentesche, ma, a quel che dicono gli studiosi, nessuna delle due attribuibile a Monteverdi, bensi a due copisti di cui non si conoscono i nomi, anche perchè le partiture non li riportano ( come era però normale) e non riportano neanche il nome dell'autore della musica, essendo a tutti noto che fosse Claudio Monteverdi. Le due partiture, che presentano varianti, sono conservate a Venezia e Napoli, la prima alla Marciana e fa parte del cosiddetto 'Fondo Contarini', la seconda al Conservatorio della città campana.
Per Milano s'è deciso di celebrare Verdi ed il suo Nabucco, anche per la fama che un suo coro ha avuto ed ha anche oggi in tutto il mondo. Il celebre Va pensiero si ascolterà nella 'insonorizzazione' della mostra, in una registrazione del Covent Garden - non della Scala - diretta da Pappano, presente nella mostra anche attraverso un documentario in più puntate realizzato per la BBC, anni fa, in cui fa la 'sua' storia dell'opera. E già che l'idea della mostra londinese è venuta al direttore uscente del Covent Garden, il regista danese Kasper Holten.
lunedì 14 agosto 2017
A Roma i Cinquestelle vogliono impedire ai volontari di ripulire la città e curarne il decoro
Con una ordinanza dei primi di questo mese, essendosi molto esteso il fenomeno dei volontari, singoli o riuniti in associazione, che stante lo schifo della città, si armano di ramazza e paletta, di guanti e bustoni condominiali resistenti, e puliscono strade, piazze, giardini interi quartieri,dove si può raccogliere di tutto - dalla banale cartaccia buttata lì alle erbacce, dopo averle naturalmente falciate, dagli avanzi di pranzi consumati all'aperto, a bottiglie bicchieri e lattine; fino alle siringhe lasciate, ancora sporche di sangue, da tossici che frequentano di sera parchi e luoghi meno illuminati della città, e profilattici usati da clienti delle puttane per strada - il Campidoglio ha deciso di PORRE UN FRENO a tale dilagante e devastante fenomeno. Perchè la Raggi, Bergamo, Montanari e l'intera giunta, Roma vogliono che vada in malora.
Volontari, singoli, in gruppo o riuniti in associazioni senza scopo di lucro, anzi autotassati, si prefiggono obiettivi precisi, come ad esempio ha fatto l'associazione che ha preso 'in custodia e cura', vista la colpevole assenza dell'amministrazione, Villa Sciarra, che anni fa frequentavamo essendo dall'allora nostra dimora ad un tiro di schioppo, e che ora si era ridotta in un abbandono vergognoso.
L'associazione in questione ha raccolto fondi, e con quelli e con il proprio lavoro ed impegno ha riportato allo splendore di una voltala villa al Gianicolo e ne cura il decoro, pulendo i vialetti, potando le aiuole, rimettendo a posto panchine divelte o semidistrutte. Insomma, facendo tutto quello che l' amministrazione comunale dovrebbe fare perché rientra nei suoi compiti istituzionali, come la cura del verde e la custodia di luoghi storici, qual è anche Villa Sciarra, e che non fa. Ma l'amministrazione nella sua perfida e pervicace inadempienza si è spinta anche oltre.
Con l'ordinanza dei primi di questo mese intima ai volontari singoli, a gruppi o ad associazioni che intendono provvedere a ciò che l'amministrazione stessa è incapace di provvedere, intima di segnalare i loro nomi, avvertire le autorità della data dell'intervento e del sito al quale l'intervento si rivolge, e soprattutto di sottoscrivere, a proprie spese, una polizza assicurativa. Senza l'osservanza scrupolosa di tali norme, ogni loro attività di supplenza va sospesa, perché fuorilegge.
Nessuno più a Roma potrà, quindi, dedicarsi volontariamente al decoro della città, nei modi e secondo le esigenze degli interventi, senza che abbia prima ottemperato al tassativo regolamento. Insomma, invece di ringraziarli per il lavoro volto, e provvedere per il futuro in prima persona, il Campidoglio mette loro delle regole ed impone che paghino anche una tassa (assicurativa). Bella faccia tosta!
Volontari, singoli, in gruppo o riuniti in associazioni senza scopo di lucro, anzi autotassati, si prefiggono obiettivi precisi, come ad esempio ha fatto l'associazione che ha preso 'in custodia e cura', vista la colpevole assenza dell'amministrazione, Villa Sciarra, che anni fa frequentavamo essendo dall'allora nostra dimora ad un tiro di schioppo, e che ora si era ridotta in un abbandono vergognoso.
L'associazione in questione ha raccolto fondi, e con quelli e con il proprio lavoro ed impegno ha riportato allo splendore di una voltala villa al Gianicolo e ne cura il decoro, pulendo i vialetti, potando le aiuole, rimettendo a posto panchine divelte o semidistrutte. Insomma, facendo tutto quello che l' amministrazione comunale dovrebbe fare perché rientra nei suoi compiti istituzionali, come la cura del verde e la custodia di luoghi storici, qual è anche Villa Sciarra, e che non fa. Ma l'amministrazione nella sua perfida e pervicace inadempienza si è spinta anche oltre.
Con l'ordinanza dei primi di questo mese intima ai volontari singoli, a gruppi o ad associazioni che intendono provvedere a ciò che l'amministrazione stessa è incapace di provvedere, intima di segnalare i loro nomi, avvertire le autorità della data dell'intervento e del sito al quale l'intervento si rivolge, e soprattutto di sottoscrivere, a proprie spese, una polizza assicurativa. Senza l'osservanza scrupolosa di tali norme, ogni loro attività di supplenza va sospesa, perché fuorilegge.
Nessuno più a Roma potrà, quindi, dedicarsi volontariamente al decoro della città, nei modi e secondo le esigenze degli interventi, senza che abbia prima ottemperato al tassativo regolamento. Insomma, invece di ringraziarli per il lavoro volto, e provvedere per il futuro in prima persona, il Campidoglio mette loro delle regole ed impone che paghino anche una tassa (assicurativa). Bella faccia tosta!
Cinquestelle, acchiappavoti, disposti a tutto, anche a consentire l'abusivismo
L'hanno rimproverato a tutti, nessun partito escluso, i Cinquestelle, in questi loro pochi anni di vita, di essere disposti a fare qualunque cosa per qualche voto in più. Loro no, sono immacolati, hanno come primo obiettivo il bene del paese e non sono disposti a scendere a compromessi per nessuna ragione al mondo, anche se costretti a sacrificare madri o sorelle. E fin qui tutto bene, ma solo per qualche anno.
Poi il potere lo attengono con le loro campagne contro tutti, contro la politica e, in questo caso giustamente, contro il malaffare, verso il quale tutti i partiti anche quelli tradizionali e perfino quelli di destra hanno sempre rivolto parole durissime. Tralasciamo alcuni casi eclatanti, quello romano in primis, che raccontano a tutti che i Cinquestelle, una volta ottenuto il potere, addirittura nella capitale ed anche in un importante capoluogo del nord, Torino, hanno cominciato ad imbarcare acqua nella navicella che promettevano essere appena uscita dal cantiere e dunque in ottime condizioni, senza possibilità che andasse a sbattere contro gli scogli e che loro avrebbero condotto nel mare aperto dell governo cittadino. Sì, parole, promesse. Perché a Roma, ed anche a Torino, in un caso tragico, hanno mandato a sbattere la navicella.
E il popolo che fa? Sembra dargli ancora fiducia, stando ai sondaggi, nonostante che l'amministrazione tragica della Capitale avrebbe dovuto far scemare tale fiducia se non proprio annullarla.
Ora la prossima grande scommessa per i Cinquestelle è rappresentata dalle elezioni regionali in Sicilia, che secondo alcuni loro esponenti è il trampolino di lancio per catapultarsi, nella prossima primavera, al governo del paese. Corri cavallo corri! E perciò la partita siciliana riveste un peso ed una importanza ben superiore a quella che avrebbe in altre circostanze, pur trattandosi di elezioni regionali - elezioni regionali ma di una regione speciale, dove privilegi, sprechi, malaffare sono di casa. ma loro promettono che in quattro e quattr'otto - come avevano detto, solo detto, per Roma - raddrizzeranno le zampe allo sciancato cavallino isolano.
E già è pronta la prima medicina, che non sembra possa salvare il cavallino siciliano, anzi si teme che posa condannarlo a morte sicura, è il cosiddetto condono edilizio. L'acuto Di Maio, candidato premier , che va predicando in Sicilia attraversando la regione, con il suo fratello gemello Di Battista in lungo e largo, afferma che la casa è un bene primario, che non va toccato, che loro non permetteranno più che ci mettano le mani sopra toccato neanche le voraci banche, che non potrà, per nessuna ragione anche la più sacrosanta, essere pignorata. E tutte le case abusive, sorte per colpa di quell'abusivimo che ha deturpato il nostro paese e che va combattuto? Neanche quelle, perchè ,sostiene Di Maio, si tratta di un abusivismo sano, l'abusivismo cioè di chi è indigente e, in barba a tutte le leggi sì è costruito la casa dove nessuna legge lo consentiva. Quelle case non possono essere abbattute, tutte le altre sì. Così dicendo Di Maio spera di comprarsi il voto, già in Sicilia, sia dei poveracci che hanno i loro tuguri dove non si può, sia dei tanti borghesi che si sono costruiti la casa, anche la seconda oltre che la prima, magari all'ombra dei templi di Agrigento, o sulle pendici del vulcani italiani ancora attivi e dei quali si teme il risveglio, senza saperne indicare la data, con la conseguenza che vi sia una nuova Pompei.
A questo Di Maio non pensa. Ora gli interessa prender voti. E l'immagine dei Cinquestelle, duri e puri, va a puttane.
Poi il potere lo attengono con le loro campagne contro tutti, contro la politica e, in questo caso giustamente, contro il malaffare, verso il quale tutti i partiti anche quelli tradizionali e perfino quelli di destra hanno sempre rivolto parole durissime. Tralasciamo alcuni casi eclatanti, quello romano in primis, che raccontano a tutti che i Cinquestelle, una volta ottenuto il potere, addirittura nella capitale ed anche in un importante capoluogo del nord, Torino, hanno cominciato ad imbarcare acqua nella navicella che promettevano essere appena uscita dal cantiere e dunque in ottime condizioni, senza possibilità che andasse a sbattere contro gli scogli e che loro avrebbero condotto nel mare aperto dell governo cittadino. Sì, parole, promesse. Perché a Roma, ed anche a Torino, in un caso tragico, hanno mandato a sbattere la navicella.
E il popolo che fa? Sembra dargli ancora fiducia, stando ai sondaggi, nonostante che l'amministrazione tragica della Capitale avrebbe dovuto far scemare tale fiducia se non proprio annullarla.
Ora la prossima grande scommessa per i Cinquestelle è rappresentata dalle elezioni regionali in Sicilia, che secondo alcuni loro esponenti è il trampolino di lancio per catapultarsi, nella prossima primavera, al governo del paese. Corri cavallo corri! E perciò la partita siciliana riveste un peso ed una importanza ben superiore a quella che avrebbe in altre circostanze, pur trattandosi di elezioni regionali - elezioni regionali ma di una regione speciale, dove privilegi, sprechi, malaffare sono di casa. ma loro promettono che in quattro e quattr'otto - come avevano detto, solo detto, per Roma - raddrizzeranno le zampe allo sciancato cavallino isolano.
E già è pronta la prima medicina, che non sembra possa salvare il cavallino siciliano, anzi si teme che posa condannarlo a morte sicura, è il cosiddetto condono edilizio. L'acuto Di Maio, candidato premier , che va predicando in Sicilia attraversando la regione, con il suo fratello gemello Di Battista in lungo e largo, afferma che la casa è un bene primario, che non va toccato, che loro non permetteranno più che ci mettano le mani sopra toccato neanche le voraci banche, che non potrà, per nessuna ragione anche la più sacrosanta, essere pignorata. E tutte le case abusive, sorte per colpa di quell'abusivimo che ha deturpato il nostro paese e che va combattuto? Neanche quelle, perchè ,sostiene Di Maio, si tratta di un abusivismo sano, l'abusivismo cioè di chi è indigente e, in barba a tutte le leggi sì è costruito la casa dove nessuna legge lo consentiva. Quelle case non possono essere abbattute, tutte le altre sì. Così dicendo Di Maio spera di comprarsi il voto, già in Sicilia, sia dei poveracci che hanno i loro tuguri dove non si può, sia dei tanti borghesi che si sono costruiti la casa, anche la seconda oltre che la prima, magari all'ombra dei templi di Agrigento, o sulle pendici del vulcani italiani ancora attivi e dei quali si teme il risveglio, senza saperne indicare la data, con la conseguenza che vi sia una nuova Pompei.
A questo Di Maio non pensa. Ora gli interessa prender voti. E l'immagine dei Cinquestelle, duri e puri, va a puttane.
domenica 13 agosto 2017
Per favore, aprite gli occhi al 'Fatto Quotidiano' sulla monnezza a Roma
Fa bene il giornale diretto da Marco Travaglio a bacchettare gli altri giornali quando le sparano grosse; anche oggi Il Fatto si è esercitato in questo sport, sparando addosso ai due maggiori quotidiani, cui imputa articoli inesatti o vere e proprie bufale che d'estate, sono una costante del gironalismo in vacanza.
In un altro articoletto di contenuto simile, ha imputato al Sole 24 Ore di predicar bene e razzolar male, riferendosi alle ricette, ed anche alle prediche, impartite da Confindustria attraverso il suo giornale che, amministrativamente è nei guai - e forse per questo porterà in giudizio i precedenti amministratori, direttore Napoletano compreso - ed ha anche raccontato bugie sulle vendite ed altro ancora. Insomma una vergogna. Dunque giustamente bacchettato!
Ancora oggi Il Fatto, tornando a parlare, in un terzo articoletto, dei giornali troppo distratti per vedere come stanno le cose, li rimprovera per non aver notato e riferito che la monnezza è sparita dalle strade di Roma. Naturalmente, fa presente che i romani rimasti a casa d'agosto sono molti di meno e dunque meno monnezza produce la città quindi più facile raccoglierla tutta. Però, dice Il Fatto, se la monnezza non c'è più, complice le vacanze dei romani, perchè non dire che l'amministrazione sta facendo fronte alla emergenza rifiuti?
E qui Il Fatto che è come quei ciechi per posizione, che non vogliono vedere, non riesce neanche a vedere che la monnezza c'è ancora, persiste, per le strade; e che le aree dove sono i cassonetti, per la gran arte sventrati, sembrano delle discariche. Parliamo di Roma città, non della periferia ed oltre. L'altro giorno abbiamo segnalato che proprio dalle nostre parti, sulla Nomentana, all'altezza del palazzo dell'INAIL si poteva ammirare una fila di cassonetti strapieni, e per terra bustoni pieni di altra monnezza. Lo spettacolo s'è goduto per una settimana e oltre, prima che l'efficiente assessore Montanari mandasse i suoi a ripulire.
Dei nostri conoscenti che abitano in altre zone di Roma ci hanno detto che lì hanno sostituito i cassonetti vecchi con dei nuovi. Beati loro! Da noi no, ed andrebbero sostituiti anche da noi, perchè sembrano bombardati e puzzano di una puzza insopportabile.
Che la monnezza persiste, a dispetto dei ciechi de Il fatto, lo dimostra anche l'arrivo in città dei gabbiani che come uccelli rapaci si avventano sugli scarti alimentari gettati per strada, e li consumano anche nel traffico, incuranti delle macchine che potrebbero investirli, ma che, data la loro mole, cercano di evitarli. Ci è capitato di vederne due occupati a consumare il 'fiero pasto' proprio di fronte al noto ristorante-bar 'Lo zio d'america', in zona Ojetti, l'altro ieri. Forse avremmo dovuto fotografarli con il telefonino ed inviare l'immagine al Fatto quotidiano, appuntando una copia del Fatto al becco di uno dei gabbiani, per verificarne la data.
In un altro articoletto di contenuto simile, ha imputato al Sole 24 Ore di predicar bene e razzolar male, riferendosi alle ricette, ed anche alle prediche, impartite da Confindustria attraverso il suo giornale che, amministrativamente è nei guai - e forse per questo porterà in giudizio i precedenti amministratori, direttore Napoletano compreso - ed ha anche raccontato bugie sulle vendite ed altro ancora. Insomma una vergogna. Dunque giustamente bacchettato!
Ancora oggi Il Fatto, tornando a parlare, in un terzo articoletto, dei giornali troppo distratti per vedere come stanno le cose, li rimprovera per non aver notato e riferito che la monnezza è sparita dalle strade di Roma. Naturalmente, fa presente che i romani rimasti a casa d'agosto sono molti di meno e dunque meno monnezza produce la città quindi più facile raccoglierla tutta. Però, dice Il Fatto, se la monnezza non c'è più, complice le vacanze dei romani, perchè non dire che l'amministrazione sta facendo fronte alla emergenza rifiuti?
E qui Il Fatto che è come quei ciechi per posizione, che non vogliono vedere, non riesce neanche a vedere che la monnezza c'è ancora, persiste, per le strade; e che le aree dove sono i cassonetti, per la gran arte sventrati, sembrano delle discariche. Parliamo di Roma città, non della periferia ed oltre. L'altro giorno abbiamo segnalato che proprio dalle nostre parti, sulla Nomentana, all'altezza del palazzo dell'INAIL si poteva ammirare una fila di cassonetti strapieni, e per terra bustoni pieni di altra monnezza. Lo spettacolo s'è goduto per una settimana e oltre, prima che l'efficiente assessore Montanari mandasse i suoi a ripulire.
Dei nostri conoscenti che abitano in altre zone di Roma ci hanno detto che lì hanno sostituito i cassonetti vecchi con dei nuovi. Beati loro! Da noi no, ed andrebbero sostituiti anche da noi, perchè sembrano bombardati e puzzano di una puzza insopportabile.
Che la monnezza persiste, a dispetto dei ciechi de Il fatto, lo dimostra anche l'arrivo in città dei gabbiani che come uccelli rapaci si avventano sugli scarti alimentari gettati per strada, e li consumano anche nel traffico, incuranti delle macchine che potrebbero investirli, ma che, data la loro mole, cercano di evitarli. Ci è capitato di vederne due occupati a consumare il 'fiero pasto' proprio di fronte al noto ristorante-bar 'Lo zio d'america', in zona Ojetti, l'altro ieri. Forse avremmo dovuto fotografarli con il telefonino ed inviare l'immagine al Fatto quotidiano, appuntando una copia del Fatto al becco di uno dei gabbiani, per verificarne la data.
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sabato 12 agosto 2017
Il Menestrello replica alle accuse, anche velate, e continua con i suoi stornelli
Forse più d'uno fra quelli che frequentano il nostro blog, inaugurato quattro anni fa e che ad oggi vanta più di 200.000 visite - certo nulla a confronto di quelle di Madonna o Shakira, ma sempre una bella cifra - si chiede, ogni tanto, se non siamo, quasi per natura, portati a vedere sempre il bicchiere mezzo vuoto, o a guardare sempre anche sotto i tappeti per scoprire la polvere che vi si nasconde. Forse ha ragione il nostro visitatore abituale. E del resto, l'avevamo messo messo in guardia, dichiarandolo apertamente, scegliendo di mettere nella home page di questo blog, accanto al gentile menestrello uscito dalla penna di Pino Zac, una scritta programmatica uscita di getto: La musica può dare la felicità, ma il mondo della musica non è un'isola felice. Note stonate.
Nel tempo, raccontando di quest'isola non sempre felice - come anche dell' arcipelago di contorno della vita sociale e civile che spesso pure circumnavighiamo - ci siamo attirati critiche di lettori ed anche qualche ingiunzione a desistere, pena... Ma noi non desistiamo, non sappiamo e non vogliamo farlo, e continuiamo, sempre rispettando le regole, ma riprendendo forza e vigore da chi prima di noi e meglio di noi ha percorso questo non facile cammino. Eugenio Montale, ad esempio, con rispetto parlando:
"Preferisco vivere in un'età che conosce le sue piaghe piuttosto che nella sterminata stagione in cui le piaghe erano coperte dalle bende dell'ipocrisia".
La citazione viene ripresa, oggi, come motivazione della consegna del premio giornalistico intitolato al grande poeta, ed attribuito a Federico Rampini di Repubblica, a testimonianza del suo sguardo critico rivolto alla realtà.
Nel tempo, raccontando di quest'isola non sempre felice - come anche dell' arcipelago di contorno della vita sociale e civile che spesso pure circumnavighiamo - ci siamo attirati critiche di lettori ed anche qualche ingiunzione a desistere, pena... Ma noi non desistiamo, non sappiamo e non vogliamo farlo, e continuiamo, sempre rispettando le regole, ma riprendendo forza e vigore da chi prima di noi e meglio di noi ha percorso questo non facile cammino. Eugenio Montale, ad esempio, con rispetto parlando:
"Preferisco vivere in un'età che conosce le sue piaghe piuttosto che nella sterminata stagione in cui le piaghe erano coperte dalle bende dell'ipocrisia".
La citazione viene ripresa, oggi, come motivazione della consegna del premio giornalistico intitolato al grande poeta, ed attribuito a Federico Rampini di Repubblica, a testimonianza del suo sguardo critico rivolto alla realtà.
Aiutare Raggi si deve o non si deve? E senza aiutare Raggi si può, comunque, aiutare Roma? Intanto la Montanari aiuti i romani a togliere dalle strade montagne di rifiuti
Oggi, dopo un anno abbondante di governo della città la giunta grillina guidata da Raggi non ha più scuse. Perfino De Masi che nei mesi passati aveva fatto credito - forse un pò interessato, anche se lui non lo ammette e replica: sono uno studioso! - a Virginia Raggi ed alla sua amministrazione, a dir il vero: alla nuova generazione politica incarnata dai grillini, ha gettato la spugna e ha dato alla Raggi, insieme alla sua giunta, dell'incapace. Ha ammesso però, bisogna ricordarlo, che Roma neppure un triumvirato formato dai più grandi politici della storia riuscirebbe ad amministrarla come si vorrebbe e dovrebbe. Ma i grillini romani non sono capaci neanche di far fronte alla normale amministrazione che vuol dire: tener pulita la città, far funzionare i mezzi pubblici ed il trasporto in genere, curare la viabilità e il verde cittadino, e poi tappare le buche. E perciò più d'uno, senza voler male a quei poveri cristi sulla cui testa è caduta la tegola dell'amministrazione capitolina, non potendo lottare per cancellare l'impossibile ha cominciato a sparare a zero sull'amministrazione. E già che l'amministrazione ogni momento presta il fianco a critiche.
Invece, di più recente formazione, s'è costituito un fronte romano di coloro che sostengono che basta con le critiche, rimbocchiamoci le maniche e diamoci da fare. La fila del fronte l'ha aperto il produttore Procacci, che ha invitato tutti a darsi da fare per Roma; ma poi, non riuscendo più a tenersi il rospo dentro, è sbottato: basta con questa città sporca, con i trasporti sgarrupati e via dicendo. Dimenticando che aveva appena detto: basta criticare!
Secondo della fila, l'ex ministro Giovani Maria Flick, al quale la sindaca e Bergamo, suo vice, avrebbero voluto affidare la presidenza di Zetema, visti i recenti interessi della giunta per la cultura che, a quel che si sa, a Zetema e Civita negli anni ha dato da mangiare. Flick ha detto di no, perchè non se la sente, alla sua età, di cominciare a fare l'amministratore. Raggi e Bergamo hanno insistito e lo hanno cooptato nel 'Board cultura' che da ottobre dovrebbe costituire il motore vivo della rinascita cittadina. Quanto ad annunci e posticipi i grillini non li frega nessuno, neanche Renzi che in fatto di annunci ha meritato un premio internazionale.
C'è stato chi ha mosso qualche critica, velata, a Flick che dà una mano ai grillini, perchè andrebbero lasciati cuocere nella loro inesperienza ed improvvisazione e annegare nella loro incapacità. Flick ha risposto che li ha trovati gentili, sia la Raggi che Bergamo, e che non c'è nessun male a dar loro una mano per risollevare Roma (non i Cinquestelle).
Terzo nella fila dei fiancheggiatori dei grillini, anzi di Roma, non richiesti, l'architetto Fuksas, oggi dalle pagine di Repubblica, in un lungo articolo intervista di Merlo. Anche Fuksas è lì che aspetta una chiamata per dar consigli su come risanare Roma, renderla più bella, più vivibile. Ci vuole fegato per offrirsi ad una sindaca che il giorno dell'inaugurazione della 'Nuvola' all'Eur, nel suo discorso ufficiale, di fronte ad una platea sconvolta dalle sue parole, non ha fatto che gettare fango sull'impresa, e qualche schizzo anche in faccia all'architetto. Ciò nonostante, anche Fuksas gira pagina, si scorda del passato, e vuole - vorrebbe - far parte forse dello stesso 'Board Cultura', per il quale è stato appena ingaggiato Flick, che comincerà ad essere attivo in autunno, ma che forse servirà solo a coprire le vergogna della giunta che, se non ha fatto nulla in un anno e più, impossibile faccia miracoli tempestivi, a seguito della costituzione del Board 'grandi firme'.
Ultimissime dal pianeta 'monnezza'.
C'è rimasta solo la Montanari, assessore capitolina alla monnezza - non alla sua 'rimozione'! - a non sapere che la monnezza esiste e persiste , si vede e si sente anche. Se ne sono accorti anche i gabbiani che sempre più frequenti, in volo, lasciano il mare e si vedono planare nelle strade, come feroci avvoltoi, a dare una mano all'assessora che, chiusa in casa, non vede - come si sospetta - la monnezza. E che, per il suo spirito animalista, non vuole togliere il pane dal becco degli amati, candidi gabbiani.
Invece, di più recente formazione, s'è costituito un fronte romano di coloro che sostengono che basta con le critiche, rimbocchiamoci le maniche e diamoci da fare. La fila del fronte l'ha aperto il produttore Procacci, che ha invitato tutti a darsi da fare per Roma; ma poi, non riuscendo più a tenersi il rospo dentro, è sbottato: basta con questa città sporca, con i trasporti sgarrupati e via dicendo. Dimenticando che aveva appena detto: basta criticare!
Secondo della fila, l'ex ministro Giovani Maria Flick, al quale la sindaca e Bergamo, suo vice, avrebbero voluto affidare la presidenza di Zetema, visti i recenti interessi della giunta per la cultura che, a quel che si sa, a Zetema e Civita negli anni ha dato da mangiare. Flick ha detto di no, perchè non se la sente, alla sua età, di cominciare a fare l'amministratore. Raggi e Bergamo hanno insistito e lo hanno cooptato nel 'Board cultura' che da ottobre dovrebbe costituire il motore vivo della rinascita cittadina. Quanto ad annunci e posticipi i grillini non li frega nessuno, neanche Renzi che in fatto di annunci ha meritato un premio internazionale.
C'è stato chi ha mosso qualche critica, velata, a Flick che dà una mano ai grillini, perchè andrebbero lasciati cuocere nella loro inesperienza ed improvvisazione e annegare nella loro incapacità. Flick ha risposto che li ha trovati gentili, sia la Raggi che Bergamo, e che non c'è nessun male a dar loro una mano per risollevare Roma (non i Cinquestelle).
Terzo nella fila dei fiancheggiatori dei grillini, anzi di Roma, non richiesti, l'architetto Fuksas, oggi dalle pagine di Repubblica, in un lungo articolo intervista di Merlo. Anche Fuksas è lì che aspetta una chiamata per dar consigli su come risanare Roma, renderla più bella, più vivibile. Ci vuole fegato per offrirsi ad una sindaca che il giorno dell'inaugurazione della 'Nuvola' all'Eur, nel suo discorso ufficiale, di fronte ad una platea sconvolta dalle sue parole, non ha fatto che gettare fango sull'impresa, e qualche schizzo anche in faccia all'architetto. Ciò nonostante, anche Fuksas gira pagina, si scorda del passato, e vuole - vorrebbe - far parte forse dello stesso 'Board Cultura', per il quale è stato appena ingaggiato Flick, che comincerà ad essere attivo in autunno, ma che forse servirà solo a coprire le vergogna della giunta che, se non ha fatto nulla in un anno e più, impossibile faccia miracoli tempestivi, a seguito della costituzione del Board 'grandi firme'.
Ultimissime dal pianeta 'monnezza'.
C'è rimasta solo la Montanari, assessore capitolina alla monnezza - non alla sua 'rimozione'! - a non sapere che la monnezza esiste e persiste , si vede e si sente anche. Se ne sono accorti anche i gabbiani che sempre più frequenti, in volo, lasciano il mare e si vedono planare nelle strade, come feroci avvoltoi, a dare una mano all'assessora che, chiusa in casa, non vede - come si sospetta - la monnezza. E che, per il suo spirito animalista, non vuole togliere il pane dal becco degli amati, candidi gabbiani.
venerdì 11 agosto 2017
Su il sipario. A Pesaro si può ricominciare - con la benedizione di Natalia Aspesi
Non c'è Pesaro senza la Aspesi - come non c'è ROF senza Mariotti e, fino all'anno scorso, non c'era inaugurazione senza grande festa/cena in giardino, nella villa di Rolando Tittarelli - la quale, puntualmente, ogni anno, alla vigilia o all'indomani della serata inaugurale (come ha fatto tempestivamente quest'anno) ci racconta come è andata o come andrà, rende omaggio alla famiglia del vero proprietario del festival rossiniano e conclude facendoci venire l'acquolina in bocca raccontandoci dei manicaretti che la sig.ra Tittarelli ha preparato per quell'esercito di ospiti illustri che riceve in villa.
Quest'anno la Aspesi ha scelto un diverso percorso. Non una sola parola sui Mariotti, neanche sul patriarca Gianfranco; nulla sul figlio Michele che sta lavorando a Salisburgo e che, secondo un giornalista che se ne intende ma della parrocchia dirimpettaia a quella della Aspesi, sarebbe il n. 1 dei direttori quarantenni italiani; e niente, neanche un profumo, della cena in villa, dei Tittarelli, perchè probabilmente non c'è stata a causa della scomparsa del patriarca, Rolando, l'aprile scorso. Avrebbe però potuto parlare, un accenno, della figliola del costruttore, Federica, nota nella Roma dei salotti bene per i suoi interessi musicali ed artistici, da poco entrata nel CdA della Fondazione del Festival.
Nulla di tutto ciò che costituiva l'ossatura portante ed immancabile delle sue relazioni pesaresi. Anche se qualcosa ci ha infilato e rifilato qua e là: Roberto Abbado ha diretto il Rossini dell'Assedio di Corinto - versione francese, in edizione critica - ha diretto con un solo braccio, l'altro l'aveva rotto, e con il ciuffo fattosi biondo che agitava nell'aria; il direttore Rustioni, anch'egli a Pesaro, per La pietra del paragone, lui si che è veramente giovane; e il regista costumista e scenografo Pier Luigi Pizzi, per la stessa opera diretta da Rustioni, alla sua verde età è tornato a mostrare al pubblico pesarese, dove è di casa, come si può attualizzare il racconto di un'opera senza strafare - come molti registi amano fare, ed a Pesaro ha fatto per l'opera diretta da Abbado, La Fura del Baus.
Nessun accenno al cambio di orchestra in buca - per anni ed anni l'Orchestra del Comunale di Bologna, dove da meno anni è direttore musicale Michele Mariotti, ed ora l'Orchestra della Rai, per ragioni squisitamente economiche: il Comunale, in grave crisi finanziaria, non poteva 'rimetterci' con la trasferta pesarese, la Rai invece sì! - come anche al cambio alla direzione artistica, un tempo affidata ad un direttore con meriti rossininani, Zedda defunto, ed ora nelle mani di un ex tenore, Ernesto Palacio, titolare di una agenzia di rappresentanza artistica, In Art, che rappresenta, da prima di sbarcare a Pesaro, anche Michele Mariotti.
E neanche una parola sulle celebrazioni rossiniane dell'anno prossimo, al cadere dei 150 dalla morte del musicista. Forse alla consegna del silenzio, data a tutti i commentatori, in attesa dell'annuncio ufficiale, si è attenuta anche la Aspesi.
Quest'anno la Aspesi ha scelto di tirar sassi contro i registi che vogliono ad ogni costo attualizzare le opere, stravolgendone storie ed ambientazioni, come appunto ha fatto La Fura dels Baus e non hanno fatto, assai lodevolmente, sia Mario Martone per Torvaldo e Dorliska, che Pizzi per il terzo titolo. Perchè per colpa di quei dissacratori di professione, il povero spettatore deve sciogliere ogni volta un dilemma, recandosi a teatro: chiudere gli occhi ed ascoltare la musica, o tapparsi le orecchie e prestare attenzione alle stranezze del palcoscenico. Perchè non si ppssono avere ambedue le cose, lamenta la Aspesi: vedere uno spettacolo ben fatto e coerente e immergersi nel fiume di musica che Rossini, anche molto giovane, fa scorrere abbondante?
Quest'anno la Aspesi ha scelto un diverso percorso. Non una sola parola sui Mariotti, neanche sul patriarca Gianfranco; nulla sul figlio Michele che sta lavorando a Salisburgo e che, secondo un giornalista che se ne intende ma della parrocchia dirimpettaia a quella della Aspesi, sarebbe il n. 1 dei direttori quarantenni italiani; e niente, neanche un profumo, della cena in villa, dei Tittarelli, perchè probabilmente non c'è stata a causa della scomparsa del patriarca, Rolando, l'aprile scorso. Avrebbe però potuto parlare, un accenno, della figliola del costruttore, Federica, nota nella Roma dei salotti bene per i suoi interessi musicali ed artistici, da poco entrata nel CdA della Fondazione del Festival.
Nulla di tutto ciò che costituiva l'ossatura portante ed immancabile delle sue relazioni pesaresi. Anche se qualcosa ci ha infilato e rifilato qua e là: Roberto Abbado ha diretto il Rossini dell'Assedio di Corinto - versione francese, in edizione critica - ha diretto con un solo braccio, l'altro l'aveva rotto, e con il ciuffo fattosi biondo che agitava nell'aria; il direttore Rustioni, anch'egli a Pesaro, per La pietra del paragone, lui si che è veramente giovane; e il regista costumista e scenografo Pier Luigi Pizzi, per la stessa opera diretta da Rustioni, alla sua verde età è tornato a mostrare al pubblico pesarese, dove è di casa, come si può attualizzare il racconto di un'opera senza strafare - come molti registi amano fare, ed a Pesaro ha fatto per l'opera diretta da Abbado, La Fura del Baus.
Nessun accenno al cambio di orchestra in buca - per anni ed anni l'Orchestra del Comunale di Bologna, dove da meno anni è direttore musicale Michele Mariotti, ed ora l'Orchestra della Rai, per ragioni squisitamente economiche: il Comunale, in grave crisi finanziaria, non poteva 'rimetterci' con la trasferta pesarese, la Rai invece sì! - come anche al cambio alla direzione artistica, un tempo affidata ad un direttore con meriti rossininani, Zedda defunto, ed ora nelle mani di un ex tenore, Ernesto Palacio, titolare di una agenzia di rappresentanza artistica, In Art, che rappresenta, da prima di sbarcare a Pesaro, anche Michele Mariotti.
E neanche una parola sulle celebrazioni rossiniane dell'anno prossimo, al cadere dei 150 dalla morte del musicista. Forse alla consegna del silenzio, data a tutti i commentatori, in attesa dell'annuncio ufficiale, si è attenuta anche la Aspesi.
Quest'anno la Aspesi ha scelto di tirar sassi contro i registi che vogliono ad ogni costo attualizzare le opere, stravolgendone storie ed ambientazioni, come appunto ha fatto La Fura dels Baus e non hanno fatto, assai lodevolmente, sia Mario Martone per Torvaldo e Dorliska, che Pizzi per il terzo titolo. Perchè per colpa di quei dissacratori di professione, il povero spettatore deve sciogliere ogni volta un dilemma, recandosi a teatro: chiudere gli occhi ed ascoltare la musica, o tapparsi le orecchie e prestare attenzione alle stranezze del palcoscenico. Perchè non si ppssono avere ambedue le cose, lamenta la Aspesi: vedere uno spettacolo ben fatto e coerente e immergersi nel fiume di musica che Rossini, anche molto giovane, fa scorrere abbondante?
Il troppo sole potrebbe aver dato alla testa a Maradona e Nina Moric
I due sono ben noti perchè si debba ancora raccontare chi siano; ma al loro rispettivo carnet di imprese memorabili, c'è da aggiungerne due nuove nuovissime, inimmaginabili.
Cominciamo dal 'pibe de oro' e 'pibe' di molto altro, recentemente festeggiatissimo dai napoletani - che forse ora potrebbero pentirsi. Maradona, uno dei più grandi campioni del calcio di tutti i tempi, se famoso è stato oltre che per i calci al pallone, lo è stato in campi nei quali forse sarebbe stato meglio non avesse primeggiato. Ma si sa qualche inciampo può toccare a tutti, basta avere la forza di rialzarsi e ricominciare. Ma non come ha fatto lui, dichiarando di volersi impegnare politicamente a fianco di Maduro, il dittatore venezuelano, in difesa della cui causa ha fatto sapere che sarebbe anche pronto ad indossare la divisa militare e prendere le armi, per combattere contro l'imperialismo USA. Ma forse pensa che Maduro voglia girare un film sulla Costituzione, con la nuova Costituente; e non abbattere la Costituzione attraverso la Costituente, come sta facendo nella realtà.
Simile inciampo è toccato anche alla bellissima Moric, sposata Fabrizio Corona, modella con qualche problemuccio passato. Quisquilie. La bella, ora è fidanzata con Favoloso, anche di nome oltre che di fatto - come ha dichiarato - un vero tesoro che Lei ha sottratto ai suoi concittadini di Torre del Greco, che ora intende ricompensare con un baratto di natura politica.
Si candiderà per le prossime comunali del comune campano, per la lista di Casa Pound dove Lei è di recente approdata, dopo aver tanto vagato in cerca di un porto sicuro, nel quale gettare l'ancora. Non era meglio cercare ancora?
Cominciamo dal 'pibe de oro' e 'pibe' di molto altro, recentemente festeggiatissimo dai napoletani - che forse ora potrebbero pentirsi. Maradona, uno dei più grandi campioni del calcio di tutti i tempi, se famoso è stato oltre che per i calci al pallone, lo è stato in campi nei quali forse sarebbe stato meglio non avesse primeggiato. Ma si sa qualche inciampo può toccare a tutti, basta avere la forza di rialzarsi e ricominciare. Ma non come ha fatto lui, dichiarando di volersi impegnare politicamente a fianco di Maduro, il dittatore venezuelano, in difesa della cui causa ha fatto sapere che sarebbe anche pronto ad indossare la divisa militare e prendere le armi, per combattere contro l'imperialismo USA. Ma forse pensa che Maduro voglia girare un film sulla Costituzione, con la nuova Costituente; e non abbattere la Costituzione attraverso la Costituente, come sta facendo nella realtà.
Simile inciampo è toccato anche alla bellissima Moric, sposata Fabrizio Corona, modella con qualche problemuccio passato. Quisquilie. La bella, ora è fidanzata con Favoloso, anche di nome oltre che di fatto - come ha dichiarato - un vero tesoro che Lei ha sottratto ai suoi concittadini di Torre del Greco, che ora intende ricompensare con un baratto di natura politica.
Si candiderà per le prossime comunali del comune campano, per la lista di Casa Pound dove Lei è di recente approdata, dopo aver tanto vagato in cerca di un porto sicuro, nel quale gettare l'ancora. Non era meglio cercare ancora?
Sovrintendente Fuortes, basta con le cifre manipolate a proprio favore e con le battaglie sempre vittoriose. Le cose stanno diversamente.
Quest'anno Caracalla ha superato ogni record di incasso, aumentando le entrate del 23%, e il pubblico del 25,5%, salito da 61.650 dell'anno scorso, ai 77.600 di quest'anno; quasi 16.000 in più -
ha dichiarato il sovrintendente Carlo Fuortes.
(Tanto per fare un paragone, l'anno scorso 'Luglio suona bene' all'Auditorium registrò il più basso indice di riempimento della cavea, registrando appena 77.000 spettatori, stando al comunicato ufficiale di Musica per Roma. Ora la cavea ha una capienza inferiore a Caracalla, poco più di 3000 posti, e dunque se le serate sono state pari di numero, quota 77.000 è il minimo mai registrato all'Auditorium; mentre Fuortes lo presenta come un record per Caracalla; mentre record sarebbe se il pubblico si attestasse intorno a 100.000 o più. Dunque anche questo resoconto di fine estate di Fuortes non convince).
Fuortes, che è un tecnico specializzato nell'economia della cultura e che i conti come anche i paralleli con il passato dovrebbe saperli fare, non dice che l'anno scorso a Caracalla ci sono state 25 serate, contro le 29 di quest'anno, dunque con una disponibilità di 16.000 posti in più, quest'anno:
praticamente coincide con l'aumento di pubblico registrato a Caracalla ora. Si dovrebbe quindi dire che il pubblico di quest'anno è stato pari a quello dell'anno scorso, e che l'aumento è semplicemente il risultato delle 4 serate in più.
Nella stagione Caracalla 2016 si sono avute 25 serate, con una disponibilità di 100.000 posti circa; ne risultarono occupati - a detta di Fuortes che ha paragonato la stagione presente a quella passata, 61.850, il che vuol dire che 38.150 restarono, nelle 25 serate, vuoti, cioè a dire 1.500 circa a sera, facendo una media.
Quest'anno, che secondo quel che dice Fuortes, è stato battuto ogni record, per le 29 serate i posti disponibili erano complessivamente 110.000. Ne sono risultati occupati, sempre secondo il sovrintendente, 77.600; perciò complessivamente sono rimasti vuoti 32.400 posti, facendo una media: oltre 1000 posti a sera sui 4000 disponibili, sono rimasti invenduti.
Allora quale grande differenza con l'estate 2016? Nessuna. Quest'anno 1000 posti circa invenduti ogni sera, l'anno scorso 1500 circa. Un miglioramento c'è stato, e di questo saremmo felici a parità di numero di spettacoli che quest'anno sono aumentati di quattro unità.
Ma quella platea dovrebbe essere piena ogni sera; ed invece, anche quest'anno non lo è stata. Speriamo che il sovrintendente mediti sulle sue sbandierate 'vittorie di pirro/fuortes'.
Se poi vogliamo fermarci in particolare sugli incassi, anche in questo caso i conti di Fuortes non tornano.
Ha dichiarato che quest'anno Caracalla ha incassato circa 780.000 Euro in più dell'anno scorso, quando aveva incassato circa 3.340.000 Euro, mentre quest'anno circa 4.120.000.
Ed ha specificato che il successo di stagione estiva si è avuto con Carmen, che ha fatto incassare 1.200.000 Euro, dunque 120.000 Euro circa, di media, per ciascuna delle 10 serate.
Ma se le altre 19 serate hanno fatto incassare all'incirca 3.000.000 di Euro, vorrà dire che ciascuna di quelle serate ha fatto arrivare nelle casse dell'Opera più di 150.000 Euro a sera. Naturalmente parliamo sempre di una media. E allora il successo di Caracalla 2017, quanto a incassi, non è stata Carmen, ma qualunque altro spettacolo ( opera, balletto, extra) di Caracalla 2017. Prima di sparare cifre, Fuortes rifaccia bene i conti, magari aiutandosi con una calcolatrice che sicuramente sarebbe molto più precisa ed esatta di lui.
ha dichiarato il sovrintendente Carlo Fuortes.
(Tanto per fare un paragone, l'anno scorso 'Luglio suona bene' all'Auditorium registrò il più basso indice di riempimento della cavea, registrando appena 77.000 spettatori, stando al comunicato ufficiale di Musica per Roma. Ora la cavea ha una capienza inferiore a Caracalla, poco più di 3000 posti, e dunque se le serate sono state pari di numero, quota 77.000 è il minimo mai registrato all'Auditorium; mentre Fuortes lo presenta come un record per Caracalla; mentre record sarebbe se il pubblico si attestasse intorno a 100.000 o più. Dunque anche questo resoconto di fine estate di Fuortes non convince).
Fuortes, che è un tecnico specializzato nell'economia della cultura e che i conti come anche i paralleli con il passato dovrebbe saperli fare, non dice che l'anno scorso a Caracalla ci sono state 25 serate, contro le 29 di quest'anno, dunque con una disponibilità di 16.000 posti in più, quest'anno:
praticamente coincide con l'aumento di pubblico registrato a Caracalla ora. Si dovrebbe quindi dire che il pubblico di quest'anno è stato pari a quello dell'anno scorso, e che l'aumento è semplicemente il risultato delle 4 serate in più.
Nella stagione Caracalla 2016 si sono avute 25 serate, con una disponibilità di 100.000 posti circa; ne risultarono occupati - a detta di Fuortes che ha paragonato la stagione presente a quella passata, 61.850, il che vuol dire che 38.150 restarono, nelle 25 serate, vuoti, cioè a dire 1.500 circa a sera, facendo una media.
Quest'anno, che secondo quel che dice Fuortes, è stato battuto ogni record, per le 29 serate i posti disponibili erano complessivamente 110.000. Ne sono risultati occupati, sempre secondo il sovrintendente, 77.600; perciò complessivamente sono rimasti vuoti 32.400 posti, facendo una media: oltre 1000 posti a sera sui 4000 disponibili, sono rimasti invenduti.
Allora quale grande differenza con l'estate 2016? Nessuna. Quest'anno 1000 posti circa invenduti ogni sera, l'anno scorso 1500 circa. Un miglioramento c'è stato, e di questo saremmo felici a parità di numero di spettacoli che quest'anno sono aumentati di quattro unità.
Ma quella platea dovrebbe essere piena ogni sera; ed invece, anche quest'anno non lo è stata. Speriamo che il sovrintendente mediti sulle sue sbandierate 'vittorie di pirro/fuortes'.
Se poi vogliamo fermarci in particolare sugli incassi, anche in questo caso i conti di Fuortes non tornano.
Ha dichiarato che quest'anno Caracalla ha incassato circa 780.000 Euro in più dell'anno scorso, quando aveva incassato circa 3.340.000 Euro, mentre quest'anno circa 4.120.000.
Ed ha specificato che il successo di stagione estiva si è avuto con Carmen, che ha fatto incassare 1.200.000 Euro, dunque 120.000 Euro circa, di media, per ciascuna delle 10 serate.
Ma se le altre 19 serate hanno fatto incassare all'incirca 3.000.000 di Euro, vorrà dire che ciascuna di quelle serate ha fatto arrivare nelle casse dell'Opera più di 150.000 Euro a sera. Naturalmente parliamo sempre di una media. E allora il successo di Caracalla 2017, quanto a incassi, non è stata Carmen, ma qualunque altro spettacolo ( opera, balletto, extra) di Caracalla 2017. Prima di sparare cifre, Fuortes rifaccia bene i conti, magari aiutandosi con una calcolatrice che sicuramente sarebbe molto più precisa ed esatta di lui.
Viene dallo spazio il nuovo amministratore delegato di Zetema, Remo Tagliacozzo
La sindaca Raggi è andato a cercarlo nello spazio, dove un tempo brillavano anche le cinque stelle del movimento, la cui luce oggi appare notevolmente spenta, il nuovo amministratore delegato di Zetema
Zetema, partecipata del Comune di Roma, gestisce le manifestazione culturali e i musei capitolini; è stata retta per decenni dal dott. Ruberti, figlio dell'ex ministro, che aveva una carica importante anche a Civita, di cui è presidente Gianni Letta; e l'una e l'altra - Civita e Zetema_ hanno avuto in dotazione l'affare cultura, non sappiamo se traendone le due, uguali benefici. Ma forse sì.
Arrivati in Campidoglio i Cinquestelle, la Raggi e il suo assessore alla 'ricrescita culturale', Luca Bergamo, hanno voluto rimescolare le carte delle partecipate. Per dare un svolta - hanno detto -senonché la svolta in diverse partecipate è stata finora disastrosa, mentre per Zetema, occorre attendere.
Al bando per trovare i nuovo vertici di Zetema, hanno partecipato quasi 500 aspiranti, e se qualcuno sul quale Bergamo aveva messo gli occhi, non aveva partecipato, come nel caso dell'ex ministro Giovanni Maria Flick, Bergamo l'ha invitato ad inviare il suo curriculum; come certamente deve essere anche accaduto con la prof. Simonetta Lux, che ha insegnato arte alla Sapienza per decenni, anch'ella bellamente in pensione, e che non riusciamo a capire, senza sollecitazione, come avrebbe potuto pensare di iniziare una nuova attività, di carattere anche amministrativo. Che è poi la stessa ragione avanzata da Flick per rifiutare la presidenza della partecipata, che è andata invece ad un' altra docente, di economia, la prof. Francesca Jacobone; e Simonetta Lux fa parte del CdA a tre.
Amministratore delegato è stato nominato l'ing. Remo Tagliacozzo, il cui cognome rimanda forse alla terra delle sue origini, ma non al campo nel quale ha esercitato la sua professione, che è quello delle ricerche aerospaziali. La cui scelta è avvenuta perchè negli anni passati, girando per lo stesso spazio sia l'ing. Tagliacozzo che i vertici dei Cinquestelle, hanno fatto conoscenza, i secondi hanno apprezzato le capacità dell' ing. e perciò alla bisogna l'hanno richiamato a terra, facendolo atterrare, e infilato nel laboratorio, non più aerospaziale, di Zetema. Dal quale, circumnavigando lo 'spazio cultura' del Comune, dovrà guidarne la navicella, facendo di tutto perchè non vada in avaria.
Zetema, partecipata del Comune di Roma, gestisce le manifestazione culturali e i musei capitolini; è stata retta per decenni dal dott. Ruberti, figlio dell'ex ministro, che aveva una carica importante anche a Civita, di cui è presidente Gianni Letta; e l'una e l'altra - Civita e Zetema_ hanno avuto in dotazione l'affare cultura, non sappiamo se traendone le due, uguali benefici. Ma forse sì.
Arrivati in Campidoglio i Cinquestelle, la Raggi e il suo assessore alla 'ricrescita culturale', Luca Bergamo, hanno voluto rimescolare le carte delle partecipate. Per dare un svolta - hanno detto -senonché la svolta in diverse partecipate è stata finora disastrosa, mentre per Zetema, occorre attendere.
Al bando per trovare i nuovo vertici di Zetema, hanno partecipato quasi 500 aspiranti, e se qualcuno sul quale Bergamo aveva messo gli occhi, non aveva partecipato, come nel caso dell'ex ministro Giovanni Maria Flick, Bergamo l'ha invitato ad inviare il suo curriculum; come certamente deve essere anche accaduto con la prof. Simonetta Lux, che ha insegnato arte alla Sapienza per decenni, anch'ella bellamente in pensione, e che non riusciamo a capire, senza sollecitazione, come avrebbe potuto pensare di iniziare una nuova attività, di carattere anche amministrativo. Che è poi la stessa ragione avanzata da Flick per rifiutare la presidenza della partecipata, che è andata invece ad un' altra docente, di economia, la prof. Francesca Jacobone; e Simonetta Lux fa parte del CdA a tre.
Amministratore delegato è stato nominato l'ing. Remo Tagliacozzo, il cui cognome rimanda forse alla terra delle sue origini, ma non al campo nel quale ha esercitato la sua professione, che è quello delle ricerche aerospaziali. La cui scelta è avvenuta perchè negli anni passati, girando per lo stesso spazio sia l'ing. Tagliacozzo che i vertici dei Cinquestelle, hanno fatto conoscenza, i secondi hanno apprezzato le capacità dell' ing. e perciò alla bisogna l'hanno richiamato a terra, facendolo atterrare, e infilato nel laboratorio, non più aerospaziale, di Zetema. Dal quale, circumnavigando lo 'spazio cultura' del Comune, dovrà guidarne la navicella, facendo di tutto perchè non vada in avaria.
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