Ci sono regole che Ara Malikian, il cinquantenne violinista nato a Beirut, residente in Spagna, che in Italia s'è fatto ascoltare al Concerto del 1 maggio e di cui Repubblica, pochi giorni fa, ha raccontato i pensieri e mostrato la faccia, per quel che era possibile intravedere fra tutti quei capelli corvini al vento - a lui Pelù, il nostro Pelù, quanto a tatuaggi gli fa un baffo, e per la capigliatura mentre lui sembra un collegiale, Malikian ha tutta l'aria di un pirata - ci sono regole, dicevamo, che Malikian è nato per infrangere.
Lui che negli anni Novanta venne a Genova per partecipare al Concorso Paganini, nel quale fu classificato solo sesto - all'epoca aveva poco più di vent'anni - e che poi, stanco della musica violinistica, s'è messo a fare il compositore 'alla Paganini' o 'alla Tartini' - natura vulcanica intendiamoci, tutti insistono sul suo virtuosismo, però poi ripiegano a spiegarci che dal suo violino escono melodie che ammaliano - insegna come far fare una svolta al pubblico della musica cosiddetta 'classica', come abbassarne l'età media. Con una ricetta spacciata per nuovissima, ma che è antica quanto il mondo e che non ha mai risolto il problema per il quale viene offerta come toccasana.
La ricetta relativa alla foggia esteriore da assumere andando all'opera o ad un concerto, non in piazza, intendiamoci. Niente da imparare da lui che ogni volta che sale sul palco ci metterà una dozzina di ore per truccarsi da violinista maledetto. Ma salvo i tatuaggi - che già se ne vedono troppi in giro e non serve inciderne ancora - ognuno deve potersi vestire come vuole e crede. anche pantaloni corti, canottiere, infradito ecc... la classica mise da spiaggia. Se così si lasciasse fare , ai botteghini dell'opera o delle sale da concerto ci sarebbe la fila di giovani, in ogni parte del mondo. Ingenuo di un diabolico violinista che da ragazzo quando andò a studiare in Svizzera , solo lui aveva un violino dozzinale, mentre tutti gli altri suoi compagni di studio avevano Stradivari e Guarneri (che imbecillità è questa?)
A Malikian predicatore del credo 'ognuno si vesta come vuole', raccontiamo brevemente cosa è successo al ristorante di un circolo nautico italiano, all'ora della cena, qualche giorno fa.
E' accaduto nella ricca e ben frequentata Viareggio, e vittima del curioso incidente che ha a che fare con il detto 'l'abito fa il monaco' è stato proprio il sindaco della città, il quale si è presentato al circolo vestito in bermuda e camicia e scarpe, tutti costosissimi. Anche elegante, se stiamo alle foto pubblicate dai giornali. All'ora di cena, dopo le 19, quando evidentemente è previsto che i soci maschi mettano pantaloni lunghi, un cameriere del circolo si è presentato dal sindaco e lo ha invitato ad uscire. Le proteste del primo cittadino non sono servite a nulla.
Se anche in un ristorante - ma si potrebbero fare numerosi esempi relativi a tanti altri luoghi, non necessariamente adibiti alla musica, dove è previsto, anzi prescritto, un certo abbigliamento - perchè non ve ne può essere uno appropriato per la musica? Fra l'altro vorremmo dire a Malikian che chi ha dimestichezza con le sale da concerto, sa bene che sono proprio i giovani, quando entrano in quelle sale o nei teatri, a mettersi in tiro, con il vestito della domenica. Malikian potrebbe rispondere che il circolo nautico viareggino è un club elitario, come lui bolla essere anche la comunità musicale. Ed è vero, ma non può non ammettere che vi sono regole non scritte che vengono osservate senza che nessuno ne senta il peso, come quelle relative agli abiti da indossare a seconda delle circostanze. E comunque gli vogliamo dire che anche noi molte volte siamo andati a concerto vestiti semplicemente, come ci vestiamo nei luoghi di lavoro; tanti altri erano vestiti come noi, e nessuno ci ha detto nulla o ci ha ripresi. Ma solo per questo ci sono o potrebbero esserci più giovani nei luoghi della musica? Malikian è un illuso.
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