Nei giorni scorsi, come facciamo puntualmente da parecchi anni a questa parte, ci siamo occupati del Rossini Opera Festival, prendendo in esame il 'via libera' dato dalla papessa del giornalismo italiano, Natalia Aspesi, al festival rossiniano. La quale - sottolineavamo - per la prima volta, dopo molti anni, su Repubblica, non aveva tessuto l'annuale panegirico del sovrintendente Gianfranco Mariotti, eterno nel suo ruolo direttivo, e neppure la bontà della grande cena che ogni anno la famiglia Tittarelli organizza nella sua villa pesarese. Mentre s'era soffermata, lei milanese, a sottolineare il biondo 'tinto' dei capelli di Roberto Abbado, della celebre famiglia, come anche il suo braccio rotto che lo avrebbe costretto a dirigere con il restante braccio e il ciuffo di capelli, biondo tinto.
Il mancato panegirico di Mariotti rappresentava una assoluta novità. Ma non ne abbiamo approfondito le ragioni. Fino ad oggi quando, girando in rete, abbiamo scoperto (dal 'Resto del Carlino' l'unico giornale che vi ha fatto cenno lo scorso febbraio) che Simona Barabesi, ufficio stampa del festival da trentatre anni, qualcuno in meno degli anni della sovrintendenza Mariotti, è stata licenziata, senza preavviso, a seguito di una lettera del democratico sindaco Ricci - che porta un cognome troppo impegnativo per poter scrivere alla fedele collaboratrice quella lettera di maniera.
'Il modo m'offende', ha dichiarato la Barabesi che naturalmente aveva coscienza del fatto che non si può restare in un incarico per tutta la vita, e che un giorno o l'altro bisogna abbandonarlo. Non si può restare per tutta la vita come invece accade al sovrintendente Mariotti, per il quale hanno fatto i salti mortali ( 'legislativi'. Lui è pensionato da tempo e non potrebbe più restare, specie se si aggiunge che ha un compenso annuo: la legge consente ai pensionati di lavorare gratuitamente e per un numero limitato di anni; e che tale compenso è abbastanza consistente :160.000 Euro, purché resti a Pesaro.
La stampa italiana ha fatto muro contro il festival, in favore della Barabesi? Sarebbe pretendere troppo dai critici musicali italiani. Tanta sensibilità non s'è vista mai nella stampa musicale italiana, ancor meno nella congrega dell'associazione del critici musicali, la quale se ne è sempre bellamente fottuta di qualunque stranezza o irregolarità accadesse nel suo mondo.
Comunque snobbare il festival rossiniano è stata una decisione scellerata, basta che avessero dichiarato il disappunto per l'uscita di scena della Barabesi, per il modo.
Ciò che vale per la Barabesi, in età di pensione, non vale invece per il direttore dell'Ufficio stampa dell'Opera di Roma, messo lì dall'economista della cultura Carlo Fuortes. Il quale capo dell'ufficio stampa, Renato Bossa, due anni ai settanta, è in pensione dall'Accademia di Danza, dove insegnava 'storia della musica', e non potrebbe avere un incarico direttivo all'Opera di Roma - legge 'Madia' - peggio se retribuito.
Ci sarebbe anche da aprire un altro capitolo del libro delle irregolarità, quello delle famiglie al potere, a partire dalla famiglia Fortuna che da oltre mezzo secolo è al vertice dell'Istituzione Universitaria dei Concerti di Roma - prima l'ing. Oreste, il fondatore, dopo la guerra; poi sua moglie Lina, ed ora sua figlia Francesca.
Rimandiamo ad altra occasione la riapertura di questo altrettanto annoso capitolo del malcostume italiano. E restiamo al licenziamento - scostumato - ad opera di Matteo Ricci, non il grande gesuita maceratese, ma il povero sindaco pesarese, della Barabesi, per ragioni anagrafiche (età di pensione), le stesse ragioni che sempre a Pesaro non valgono per il sovrintendente Mariotti che in pensione c'è da prima della Barabesi ed a Roma, per il suo omologo all'Opera di Roma diretto da Fuortes.
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