In contraddizione solo apparente, i tre fatti che stiamo per raccontarvi si somigliano e molto.
Il primo riguarda Dudamel che ha dichiarato di aver intrapreso un giro del mondo con Beethoven. Lui ha detto testualmente ' porto in gro Beethoven'. Una novità anche se la novità vera è un'altra: Beethoven, lui lo porta in giro, per avvicinare i giovani alla musica. Questo si propone l'ormai celebre, ed ancor giovane, direttore che oggi è stabile a Los Angeles, ma con il cuore ( può essere?) a Cararas alla sua 'Simon Bolivar', in compagnia della quale intende fare il giro del mondo.
I giovani alla musica dovrebbero avvicinarli i giovani entusiasti della sua' Bolivar'. Ma allora che c'entra Beethoven? E' uno specchietto per le allodole, o è la carta da giocare quando la partita - quella della creazione di un pubblico nuovo e giovane per la musica classica - sta per esser persa definitivamente e c'è bisogno di tentare il tutto per tutto, rappresentato dalla musica sublime ed irresistibile di Beethoven? Non sarà, molto più semplicemente, che Dudamel sta annunciando un tour di propaganda per la sua nuova incisione beethoveniana?
Il problema dell'avvicinamento dei giovani alla musica se lo pongono in tanti. Fra questi anche il direttore della orchestra che ha concluso l'altro ieri il Festival di Todi e che ha introdotto una innovazione che lascerà il segno nella pratica musicale ed anche nella storia dell'esecuzione, ma non sappiamo se riuscirà ad avvicinare anche un solo giovane in più alla musica. E cioè, un'Orchestra prevalentemente di giovani, vestita in jeans, da cui dipende il suo nome, Jeans Symphony Orchestra, fresco e giovane come il tessuto che da sempre è sinonimo di giovinezza.
Alla fine di ogni anno, il direttore e fondatore dell'orchestra in jeans, dovrebbe fare il resoconto esatto di quanti giovani ha avvicinato alla musica quell'indumento, un tempo di strada e da lavoro, ed oggi, a suo modo, anche elegante. Siamo davvero curiosi di saperlo, perchè altrimenti, se i risultati con tutta la buona volontà dei giovani musicisti in jeans sono scarsi, sarebbe il caso di cambiare indumento ed anche nome all'orchestra per proseguire nell'apostolato musicale. Ad esempio: Pigiama Symphony Orchestra. Di musica, naturalmente, non si parla.
Apparentemente opposta alla tendenza che cerca in tutti i modi di fare proseliti, sembra l'affermazione di uno dei presidi più in vista, il quale vorrebbe che i professori in cattedra vestissero sempre con giacca e cravatta, il che procurerebbe loro prestigio e rispetto.
Davvero giacca e cravatta sarebbero in grado di fare un simile miracolo? Noi che a scuola siamo vissuti per tutta la vita non ne siamo convinti. Pensiamo, naturalmente, che un professore dovrebbe curare la sua persona e vestire con dignità - non è necessaria la giacca e cravatta - lavarsi, e non presentarsi mai trasandato - perchè altrimenti non gli riuscirebbe di educare i suoi allievi alla cura della persona a contato con gli altri; e dovrebbe anche usare rispetto e considerazione verso i suoi giovani interlocutori; e già questo basterebbe per vedersi tornare rispetto e considerazione. Ed anche la stima egli se la deve guadagnare, e non potrà farlo, usando esclusivamente l'arma della giacca e cravatta.
Un discorso particolare meriterebbe invece l'abbigliamento femminile, delle colleghe donne, perchè le mise di alcune ci fanno ricordare i film pecorecci con Edwige Fenech protagonista. Le professoresse dovrebbero esser più attente e curate dei professori. Ed anche se ad esse il preside non può consigliare di vestire con giacca e cravatta, l'equivalente sì.
lunedì 31 agosto 2015
Milano, alla stessa maniera con cui Salvini si rivolta contro i migranti, si rivolta contro la musica che la sta invadendo. Arriva il festival MiTo, si salvi chi può.
A Milano non ce la fanno più.' Pace pace', 'silenzio, silenzio' vanno sussurrando cortei improvvisati di cittadini, in uscita dall'Expo che hanno appena visitato e diretti alla Scala, dove però non intendono entrare, e si fermano a manifestare nel piazzale antistante.
L'aveva capito anche Pereira, dopo le prime settimane dell'Expo, che Milano e la Scala non potevano trarre il beneficio sperato dall'Expo e che la programmazione 'intensiva' musicale ed operistica del teatro, era stato un errore madornale (suo o di Lissner?). La sala del Piermarini non era piena come al solito, anche quando suonavano orchestre blasonate, che da tempo non si ascoltavano a Milano, in tale sequenza fittissima, o si rappresentavano titoli del repertorio operistico amatissimi. Aver voluto tenere aperto il teatro anche tutto agosto costituiva un dispendio economico e di energie umane inutile e infruttuoso. Meglio sarebbe stato chiudere il teatro d'agosto e mandare tutti - come salutare - in vacanza. Questo in sostanza aveva detto Pereria, e non c'è motivo per non credergli; che motivo avrebbe a chiudere gli occhi su una realtà diversa?
Ora, nel mese di settembre, a questa ondata soffocante di musica - la musica non soffoca mai, va da sè, ma quando è troppo è troppo !- se ne aggiunge una seconda, addirittura più invasiva della prima alla quale si aggiunge e sovrappone, una sorta di tsunami sonoro, con la programmazione di MiTo, il festival che intreccia Milano e Torino e intreccia pure Micheli & Colombo a Restagno.
I giornali, a pagamento, si sono sgolati a farci sapere che la programmazione è di quelle che non lasciano scampo: 180 'eventi' - il termine 'concerto' vi è bandito per principio - in un mese circa, con diversi luoghi contemporaneamente coinvolti nella programmazione.
Che motivo c'era di fare una controprogrammazione - perchè di controprogrammazione si tratta, che fa concorrenza aperta anche alla Scala - alla musica, già molto presente, causa Expo, a Milano? Non si poteva limitarla al minimo per quest'anno, finanche saltare una edizione di MiTo per far riposare anche le orecchie dei poveri milanesi e dei turisti che visitano Milano in questo periodo più per l'Expo che per la Scala, e non profittano della presenza della Scala, per assistervi ad una rappresentazione?
MiTo della premiata ditta Micheli & Colombo e C. ha invitato anche le due più importanti orchestre di San Pietroburgo, rappresentate da due diverse agenzie, la Filarmonica con il suo direttore, Temirkanov, e quella del Marijnski con Gergiev, nell'intento di riprodurre anche fuori la città d'origine e residenza, l'antagonismo che le due istituzioni covano ed alimentano a casa.
E' vero, allora, che in Italia ci sono casi ( e sono tanti) dove i soldi, anche quelli necessari mancano, ed altri in cui ve ne sono in abbondanza e perciò ci si può permettere il lusso di sprecarli impegnandoli in operazioni inutili. Che è come gettarli dalla finestra o nel cestino delle cartacce, se a Milano c'è la differenziata.
L'aveva capito anche Pereira, dopo le prime settimane dell'Expo, che Milano e la Scala non potevano trarre il beneficio sperato dall'Expo e che la programmazione 'intensiva' musicale ed operistica del teatro, era stato un errore madornale (suo o di Lissner?). La sala del Piermarini non era piena come al solito, anche quando suonavano orchestre blasonate, che da tempo non si ascoltavano a Milano, in tale sequenza fittissima, o si rappresentavano titoli del repertorio operistico amatissimi. Aver voluto tenere aperto il teatro anche tutto agosto costituiva un dispendio economico e di energie umane inutile e infruttuoso. Meglio sarebbe stato chiudere il teatro d'agosto e mandare tutti - come salutare - in vacanza. Questo in sostanza aveva detto Pereria, e non c'è motivo per non credergli; che motivo avrebbe a chiudere gli occhi su una realtà diversa?
Ora, nel mese di settembre, a questa ondata soffocante di musica - la musica non soffoca mai, va da sè, ma quando è troppo è troppo !- se ne aggiunge una seconda, addirittura più invasiva della prima alla quale si aggiunge e sovrappone, una sorta di tsunami sonoro, con la programmazione di MiTo, il festival che intreccia Milano e Torino e intreccia pure Micheli & Colombo a Restagno.
I giornali, a pagamento, si sono sgolati a farci sapere che la programmazione è di quelle che non lasciano scampo: 180 'eventi' - il termine 'concerto' vi è bandito per principio - in un mese circa, con diversi luoghi contemporaneamente coinvolti nella programmazione.
Che motivo c'era di fare una controprogrammazione - perchè di controprogrammazione si tratta, che fa concorrenza aperta anche alla Scala - alla musica, già molto presente, causa Expo, a Milano? Non si poteva limitarla al minimo per quest'anno, finanche saltare una edizione di MiTo per far riposare anche le orecchie dei poveri milanesi e dei turisti che visitano Milano in questo periodo più per l'Expo che per la Scala, e non profittano della presenza della Scala, per assistervi ad una rappresentazione?
MiTo della premiata ditta Micheli & Colombo e C. ha invitato anche le due più importanti orchestre di San Pietroburgo, rappresentate da due diverse agenzie, la Filarmonica con il suo direttore, Temirkanov, e quella del Marijnski con Gergiev, nell'intento di riprodurre anche fuori la città d'origine e residenza, l'antagonismo che le due istituzioni covano ed alimentano a casa.
E' vero, allora, che in Italia ci sono casi ( e sono tanti) dove i soldi, anche quelli necessari mancano, ed altri in cui ve ne sono in abbondanza e perciò ci si può permettere il lusso di sprecarli impegnandoli in operazioni inutili. Che è come gettarli dalla finestra o nel cestino delle cartacce, se a Milano c'è la differenziata.
domenica 30 agosto 2015
Visita di fine estate all'Auditorium di Roma. Valorizzazione più che conservazione
Agosto, domenica 30. Quando l'estate è ormai finita - come dice la canzone - noi, per riprendere la vita quotidiana normale, decidiamo di recarci all'Auditorium di Roma, nella cui libreria intendiamo cercare due testi.
La vista all'arrivo è desolante. la strada che fronteggia il complesso architettonico, sulla quale passano macchine e mezzi pubblici, in ambo in sensi di marcia, è una discarica, erbacce incolte, rami d'alberto tagliati e secchi d abbandonati sui marciapiedi impraticabili, isoletta di verde incolta, asfalto in dissesto. Il complesso è ancora sbarrato, sono aperti solo la libreria e il bar-ristorante, che si affaccia sui portici, che è aperto, ma non al pubblico, dove stanno facendo la 'pulizie di pasqua' ( il bar è affidato per la gestione ad un notissimo servizio di catering, sia quello che gli altri presenti negli spazi dell'Auditorium. Inutile ripetere a chi fa capo tale catering, perchè l'abbiamo scritto, e non solo noi, infinite volte). E questo è uno dei fiori all'occhiello della Capitale che 'tutto il mondo ci invidia'- come dicono sempre i politici - ma che noi siamo bravissimi a far andare in malora, con ogni mezzo, compresa l'incuria.
A cominciare dalla gestione e conduzione della libreria. Ci rivolgiamo ad un addetto per chiedergli di un volume ' di Skira'; ma lui non sa come si scrive Skira - che è poi uno degli editori i cui volumi sono presentissimi nella libreria.
Passiamo sopra, ma la sorpresa maggiore ci viene quando cerchiamo di individuare il settore dei libri di argomento musicale che non vediamo più dove era sempre stato e che a noi era ormai famigliare.
Ce lo indica - laggiù ci dice, infondo al reparto dischi. Sembrerebbe una 'razionalizzazione'- come spesso si dice quando si vogliono peggiorare le cose in Italia. Perchè, in realtà, anche prima era vicino al settore dischi, del quale costituiva una sorta di anticamera. Ora gli si sono ristretti i connotati, il bancone espositivo si è ridotto e i libri di musica sono ammucchiati, accatastati come in un deposito, nel quale non è semplice neanche scorrere con lo sguardo tutti i titoli presenti, e cercare un volume addirittura impossibile., e perciò ci siamo rivolti all'addetto incompetente.
Gli spazi espositivi in cui prima c'era anche la musica ora sono occupati dai libri di 'viaggi' e 'cucina'. Ci viene il sospetto che, prima di andar via definitivamente dall'Auditorium, Carlo Fuortes, abbia messo in pratica la 'valorizzazione' tanto voluta da Franceschini per i nostri beni o tesori culturali, come l'Auditorium. Tali beni devono essere sì conservati - e l'Auditorium, invece, per come si presenta al visitatore che vi giunge la prima volta, all'esterno risulta come in abbandono - ma soprattutto 'valorizzati', che nel nostro caso e secondo la 'vulgata francechina' vuol dire: cucina e viaggi tirano più della musica e allora, anche in un luogo segnato dalla musica più che dalla cucina e dai viaggi, facciamo un forte innesto di cucina ( fra breve la bella pacioccona Clerici di Rai 1, vi terrà un corso di cucina nello spazio 'Risonanze'), e accanto al museo degli strumenti musicali, il prossimo amministratore delegato dell'Auditorium, lo spagnolo da poco nominato il cui cognome rimanda involontariamente echi di terre lontane segnate dal traffico di droga, Noriega, aprirà una agenzia di viaggi.
Conservare, e soprattutto valorizzare, questo l'ordine.
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'Furti di Stato' autorizzati per i vertici delle amministrazioni parlamentari e repubblicane. Serafin, Pagano, Aquilanti, Zampetti. Dietro di loro, una lunga scia di altri furti autorizzati ed impuniti
Leggevamo qualche giorno fa del problema sorto con l'attuale segretario generale di Palazzo Chigi, Paolo Aquilanti, che proviene dal Senato, dal quale tuttora dipende, distaccato alla Presidenza del Consiglio. Il problema nasceva nella impossibilità da parte della Presidenza del Consiglio di adeguare il suo compenso a quello consentito in Italia per i vertici di qualunque istituzione pubblica, e cioè 240.000 Euro. Uno stipendio da fame, appena bastante per mantenere una famiglia di quattro persone che vive in due camere e cucina.
Aquilanti non può avere quello stipendio. Essendo egli in pianta al Senato, benche distaccato presso altra amministrazione, il suo stipendio lo stabilisce il Senato, ed è di 427.000 Euro.
Il quale Senato, che avalla anche le leggi che mettono le mani nelle tasche dei cittadini - l'ultimo furto sventato pare fosse stato ipotizzato da Cottarelli, il quale aveva proposto di abbassare le pensioni oltre i 2.000 Euro, considerate troppo alte - quando s'è trattato di mettere in atto la direttiva del Governo relativa all'abbassamento degli stipendi massimi a 240.000 Euro - che è poi lo stipendio del Presidente della Repubblica Italiana, che è a sua volta superiore a quello di Barak Obama - ha messo le mani avanti: non si può fare. Sia Grasso che la Boldrini hanno fatto di tutto, almeno a parole, perchè dalle due Camere arrivasse al paese un segnale positivo, ma nulla da fare, perchè quegli stipendi non si possono toccare. Può ritoccarli solo il Senato medesimo che - direte voi - non se li abbassa neanche a schioppettate nella schiena.
L'attuale segretario generale del Senato, la bionda signora con il boccolo che le pende sulla guancia destra, Elisabetta Serafin, ha uno stipendio di 427.000 Euro, con un incremento annuo del 2%.
Alla Camera dei Deputati le cose non stanno diversamente. Lucia Pagano, da pochi mesi segretario generale, ha uno stipendio di 479.000 Euro.
E il segretario generale della Presidenza della Repubblica, provenienza Camera dei Deputati, e cioè Ugo Zampetti, che la stessa Presidenza s'è subito sbracciata a dire che alla Presidenza della Repubblica non costa nulla perchè lui ha rinunciato allo stipendio - lo credo bene! - guadagna in virtù del suo precedente incarico, dal quale, se non andiamo errati è in pensione, il doppio di quel che potrebbe guadagnare se fosse stipendiato dalla Presidenza. Guadagna cioè 478.000 Euro (che sarebbe, salvo una nostra clamorosa svista, la sua pensione).
Il Parlamento e il Senato per non turbare le notti dei loro più alti dirigenti, a cominciare dai segretari generali, ha stabilito, dopo infinite proteste, che l'adeguamento ai 240.000 Euro partirà solo dal 2018. Perchè? Sarebbe bene domandarlo a Grasso e Boldrini.
Perchè prevedendo lo stipendio da fame di 240.000 Euro, devo pensarci in tempo a cambiar casa e ad adeguare il loro tenore di vita.
E intanto in questi tre anni, questi quattro ladroni di Stato, e non solo loro, intascano ciascuno quasi 800.000 di Euro in più, che tradotti in lire fanno quasi un miliardo e mezzo di lire ciascuno?
Non è uno scandalo se il governo fa una legge e gli organi costituzionali di più alto grado non la osservano e nessuno può dire loro nulla, perchè a decidere se osservarla o meno sono loro e nessun altro, il governo del paese su di loro non ha giurisdizione?
Aquilanti non può avere quello stipendio. Essendo egli in pianta al Senato, benche distaccato presso altra amministrazione, il suo stipendio lo stabilisce il Senato, ed è di 427.000 Euro.
Il quale Senato, che avalla anche le leggi che mettono le mani nelle tasche dei cittadini - l'ultimo furto sventato pare fosse stato ipotizzato da Cottarelli, il quale aveva proposto di abbassare le pensioni oltre i 2.000 Euro, considerate troppo alte - quando s'è trattato di mettere in atto la direttiva del Governo relativa all'abbassamento degli stipendi massimi a 240.000 Euro - che è poi lo stipendio del Presidente della Repubblica Italiana, che è a sua volta superiore a quello di Barak Obama - ha messo le mani avanti: non si può fare. Sia Grasso che la Boldrini hanno fatto di tutto, almeno a parole, perchè dalle due Camere arrivasse al paese un segnale positivo, ma nulla da fare, perchè quegli stipendi non si possono toccare. Può ritoccarli solo il Senato medesimo che - direte voi - non se li abbassa neanche a schioppettate nella schiena.
L'attuale segretario generale del Senato, la bionda signora con il boccolo che le pende sulla guancia destra, Elisabetta Serafin, ha uno stipendio di 427.000 Euro, con un incremento annuo del 2%.
Alla Camera dei Deputati le cose non stanno diversamente. Lucia Pagano, da pochi mesi segretario generale, ha uno stipendio di 479.000 Euro.
E il segretario generale della Presidenza della Repubblica, provenienza Camera dei Deputati, e cioè Ugo Zampetti, che la stessa Presidenza s'è subito sbracciata a dire che alla Presidenza della Repubblica non costa nulla perchè lui ha rinunciato allo stipendio - lo credo bene! - guadagna in virtù del suo precedente incarico, dal quale, se non andiamo errati è in pensione, il doppio di quel che potrebbe guadagnare se fosse stipendiato dalla Presidenza. Guadagna cioè 478.000 Euro (che sarebbe, salvo una nostra clamorosa svista, la sua pensione).
Il Parlamento e il Senato per non turbare le notti dei loro più alti dirigenti, a cominciare dai segretari generali, ha stabilito, dopo infinite proteste, che l'adeguamento ai 240.000 Euro partirà solo dal 2018. Perchè? Sarebbe bene domandarlo a Grasso e Boldrini.
Perchè prevedendo lo stipendio da fame di 240.000 Euro, devo pensarci in tempo a cambiar casa e ad adeguare il loro tenore di vita.
E intanto in questi tre anni, questi quattro ladroni di Stato, e non solo loro, intascano ciascuno quasi 800.000 di Euro in più, che tradotti in lire fanno quasi un miliardo e mezzo di lire ciascuno?
Non è uno scandalo se il governo fa una legge e gli organi costituzionali di più alto grado non la osservano e nessuno può dire loro nulla, perchè a decidere se osservarla o meno sono loro e nessun altro, il governo del paese su di loro non ha giurisdizione?
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venerdì 28 agosto 2015
Che pena quelle 'liste degli altri' pubblicate dal Sette del Corriere della Sera.
Da tempo sul settimanale 'Sette', del Corriere, c'è un rubrichetta intitolata 'Le liste degli altri' nella quale personaggi del grande mondo, rendono di pubblico dominio le musiche che hanno accompagnato, per scelta, la loro vita. Se solo quella lista avesse a riguardare la letteratura ci verrebbe da dedurre, ad ogni puntata, che i suoi estensori hanno fatto al massimo la scuola media, non hanno letto che i sussidiari di scuola; mai un libro, mai un classico, mai un romanzo, di qualunque epoca.
Leggeremmo tutt'al più che sono formati sui libri di Federico Moccia che costituiscono la lettura d'iniziazione alla vita di tanti giovani analfabeti. Ai quali, naturalmente, se si chiede chi è Dante o Manzoni o Leopardi, ci si deve attendere anche la prevedibile risposta: e chi so'?
Ma gli estensori delle liste delle 'musiche del cuore' in genere non sono giovani analfabeti, ma professionisti affermati in ogni campo, perfino in quello dell'arte. E pure analfabeti si rivelano, senza pudore, in campo musicale. Le musiche del cuore sono quasi sempre canzonette, solo canzonette, che sono nella maggioranza dei casi l'equivalente musicale dei libretti di Moccia. Beethoven Mozart, Rossini, Verdi non sanno dove siano di casa. Semmai, nei più sofisticati, Giovanni Allevi, Ludovico Einaudi, Cecilia Chailly
Qualcuno potrebbe dire che anche il presidente USA, in una lista di musiche del cuore ha fatto un elenco di canzoni e basta. Sì, è vero, ma nessuno ha obblighi come Obama, che ha voluto in un certo senso tracciare una storia della canzone americana, senza scontentare nessuno. E poi, però, non bisogna dimenticare che all'insediamento del suo secondo mandato ha invitato ad esibirsi davanti ad una folla oceanica anche il violoncellista Yo-Yo Ma.
Tutti gli intervistati dal Corriere non hanno obblighi come Obama, e perciò la lista delle musiche del cuore che stilano dopo aver ben riflettuto, ci deve far prendere atto che, nella musica, proprio come i loro contemporanei giovani analfabeti, non vanno oltre l'equivalente di Federico Moccia.
Leggeremmo tutt'al più che sono formati sui libri di Federico Moccia che costituiscono la lettura d'iniziazione alla vita di tanti giovani analfabeti. Ai quali, naturalmente, se si chiede chi è Dante o Manzoni o Leopardi, ci si deve attendere anche la prevedibile risposta: e chi so'?
Ma gli estensori delle liste delle 'musiche del cuore' in genere non sono giovani analfabeti, ma professionisti affermati in ogni campo, perfino in quello dell'arte. E pure analfabeti si rivelano, senza pudore, in campo musicale. Le musiche del cuore sono quasi sempre canzonette, solo canzonette, che sono nella maggioranza dei casi l'equivalente musicale dei libretti di Moccia. Beethoven Mozart, Rossini, Verdi non sanno dove siano di casa. Semmai, nei più sofisticati, Giovanni Allevi, Ludovico Einaudi, Cecilia Chailly
Qualcuno potrebbe dire che anche il presidente USA, in una lista di musiche del cuore ha fatto un elenco di canzoni e basta. Sì, è vero, ma nessuno ha obblighi come Obama, che ha voluto in un certo senso tracciare una storia della canzone americana, senza scontentare nessuno. E poi, però, non bisogna dimenticare che all'insediamento del suo secondo mandato ha invitato ad esibirsi davanti ad una folla oceanica anche il violoncellista Yo-Yo Ma.
Tutti gli intervistati dal Corriere non hanno obblighi come Obama, e perciò la lista delle musiche del cuore che stilano dopo aver ben riflettuto, ci deve far prendere atto che, nella musica, proprio come i loro contemporanei giovani analfabeti, non vanno oltre l'equivalente di Federico Moccia.
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Per Alberto Barbera e Paolo Baratta ( B&B) un messaggio fuori della bottiglia
Il presidente della Biennale, Paolo Baratta, il cui mandato è in scadenza - e non è il primo mandato, è il secondo, o terzo(?), della seconda serie di quelli veneziani - in una recente intervista alla domanda se sarebbe contento di essere riconfermato ancora una volta a Venezia, ha risposto: gli incarichi non si domandano né si rifiutano. Si accettano ( come farebbe qualunque fedele servitore dello Stato, quale Baratta si ritiene, ndr.).
Baratta da molti anni alla Biennale ha insegnato anche ai curatori delle varie sezioni la sua stessa morale sugli incarichi, anche ad Alberto Barbera, alla fine del suo mandato di direttore della sezione 'cinema', in scadenza con l'edizione 2015.
E Barbera, da bravo discepolo, l'ha fatta sua. Infatti, ad una precisa domanda, ha risposto esattamente, come il suo capo: gli incarichi nè si domandano nè si rifiutano. Si accettano. Dunque anche lui amerebbe essere riconfermato a Venezia, dopo quattro anni, ma la sua riconferma dipende dal presidente. Baratta o non Baratta - questa seconda non è voce del verbo 'barattare', anche se potrebbe sembrarlo, o forse lo è - non è la stessa cosa.
Ma Barbera ha avuto l'impudenza di fare un'aggiunta: in Italia si fanno troppi film. Che potrebbe fare il paio con altre similari affermazioni: in Italia ci sono troppe orchestre, troppi teatri.
Per Barbera, allora, un messaggio fuori dalla bottiglia. Non sarebbe il caso che lui, ed anche Baratta, lascino il Lido, dove sono sbarcati da troppi anni?
Restare per troppi anni in uno stesso posto, con il medesimo incarico, fa male sia al titolare dell'incarico che al settore cui egli è preposto. Dopo troppi anni anche i più acuti non riescono più a vedere bene , ed a distinguere quando è poco e quando è troppo, come nel loro caso.
E perciò sarebbe opportuno e salutare per tutti che sia Baratta che Barbera salutino Venezia e vadano a svernare altrove.
Baratta da molti anni alla Biennale ha insegnato anche ai curatori delle varie sezioni la sua stessa morale sugli incarichi, anche ad Alberto Barbera, alla fine del suo mandato di direttore della sezione 'cinema', in scadenza con l'edizione 2015.
E Barbera, da bravo discepolo, l'ha fatta sua. Infatti, ad una precisa domanda, ha risposto esattamente, come il suo capo: gli incarichi nè si domandano nè si rifiutano. Si accettano. Dunque anche lui amerebbe essere riconfermato a Venezia, dopo quattro anni, ma la sua riconferma dipende dal presidente. Baratta o non Baratta - questa seconda non è voce del verbo 'barattare', anche se potrebbe sembrarlo, o forse lo è - non è la stessa cosa.
Ma Barbera ha avuto l'impudenza di fare un'aggiunta: in Italia si fanno troppi film. Che potrebbe fare il paio con altre similari affermazioni: in Italia ci sono troppe orchestre, troppi teatri.
Per Barbera, allora, un messaggio fuori dalla bottiglia. Non sarebbe il caso che lui, ed anche Baratta, lascino il Lido, dove sono sbarcati da troppi anni?
Restare per troppi anni in uno stesso posto, con il medesimo incarico, fa male sia al titolare dell'incarico che al settore cui egli è preposto. Dopo troppi anni anche i più acuti non riescono più a vedere bene , ed a distinguere quando è poco e quando è troppo, come nel loro caso.
E perciò sarebbe opportuno e salutare per tutti che sia Baratta che Barbera salutino Venezia e vadano a svernare altrove.
Attenti alla foto (Corriere). Senti chi parla ( Santanchè)
Ieri all'ennesima intervista legata alla venuta a Milano dei rappresentanti del Sistema di Abreu, nato in Venezuela, ma che mirava a segnalare una iniziativa del quotidiano milanese ( che ha ospitato il direttore Dudamel, in redazione per porgli domande) era allegata una foto, gigante, di Dudamel che dirigeva. Dalla didascalia si apprendeva che stava dirigendo l'Orchestra 'Simon Bolivar' del Venezuela, orchestra che notoriamente è fatta di strumentisti giovani, mentre quelli che si vedevano nella foto giovani davvero non erano. Si trattava quasi sicuramente dell'Orchestra di Los Angeles oggi affidata a Dudamel. Gli unici a non saperlo erano i redattori del Corriere, benché l'intervista ed anche i pezzoni usciti nei giorni precedenti sottolineavano il fatto che il 'Sistema' di Abreu era rivolto ai giovani, ai quali voleva dare un futuro anche attraverso la musica.
Sempre ieri ad un dibattito televisivo ( La7) sui migranti, l'ennesimo a seguito dell'ennesimo affondamento ed elenco di morti, hanno invitato anche la pitonessa Santanchè, che quasi sicuramente in tv è più presente che in Parlamento, sempre agghindata di tutto punto, con una decina di braccialetti al polso, collegata dalla sua capanna di legno in Versilia, dove passa le vacanze, due cuori in una capanna, con il suo compagno attuale, il direttore del Giornale ( al quale per una decina d'anni abbiamo collaborato anche noi), pure egli intervistato nei giorni scorsi dalla medesima capanna.
La Santanchè si infervora quando sente parlare di migranti - che non sono disgraziati in fuga da guerre e fame, ma clandestini e terroristi - e parte nella difesa stantia dei poveri italiani - anziani, giovani, e senzalavoro - per i quali lei si è sempre battuta - così ripete ogni volta - e si batterà sempre, contro questo governo che ai migranti dà soldi che nega agli italiani indigenti. La somma che il Ministero degli interni dà ai migranti regolari, residenti in Italia è di 30-35 Euro circa, giornalieri.
La Santanchè non ci ha visto più ed è sbottata: gli italiani sono stanchi di mantenere questi clandestini terroristi. Le ha risposto per le rime Daverio. Ma non sono - ha detto - gli stessi italiani che mantengono al Parlamento e nelle Regioni e nei Comuni migliaia e migliaia di politici e non a 30-35 Euro al giorno? E mantengono anche la stessa Santanché che, si sa, fa l'imprenditrice ( cura anche la pubblicità del quotidiano diretto dal suo compagno) ma alla quale evidentemente quel lavoro non basta e perciò si fa mantenere a 15.000 Euro al mese dagli Italiani, per sedere in Parlamento e fare casino in tv?
Sempre ieri ad un dibattito televisivo ( La7) sui migranti, l'ennesimo a seguito dell'ennesimo affondamento ed elenco di morti, hanno invitato anche la pitonessa Santanchè, che quasi sicuramente in tv è più presente che in Parlamento, sempre agghindata di tutto punto, con una decina di braccialetti al polso, collegata dalla sua capanna di legno in Versilia, dove passa le vacanze, due cuori in una capanna, con il suo compagno attuale, il direttore del Giornale ( al quale per una decina d'anni abbiamo collaborato anche noi), pure egli intervistato nei giorni scorsi dalla medesima capanna.
La Santanchè si infervora quando sente parlare di migranti - che non sono disgraziati in fuga da guerre e fame, ma clandestini e terroristi - e parte nella difesa stantia dei poveri italiani - anziani, giovani, e senzalavoro - per i quali lei si è sempre battuta - così ripete ogni volta - e si batterà sempre, contro questo governo che ai migranti dà soldi che nega agli italiani indigenti. La somma che il Ministero degli interni dà ai migranti regolari, residenti in Italia è di 30-35 Euro circa, giornalieri.
La Santanchè non ci ha visto più ed è sbottata: gli italiani sono stanchi di mantenere questi clandestini terroristi. Le ha risposto per le rime Daverio. Ma non sono - ha detto - gli stessi italiani che mantengono al Parlamento e nelle Regioni e nei Comuni migliaia e migliaia di politici e non a 30-35 Euro al giorno? E mantengono anche la stessa Santanché che, si sa, fa l'imprenditrice ( cura anche la pubblicità del quotidiano diretto dal suo compagno) ma alla quale evidentemente quel lavoro non basta e perciò si fa mantenere a 15.000 Euro al mese dagli Italiani, per sedere in Parlamento e fare casino in tv?
giovedì 27 agosto 2015
In Umbria, un festival internazionale delle nazioni, dove una vale l'altra.
Ci siamo sempre chiesti che senso ha annunciare, al festival delle nazioni in Umbria, una nazione 'ospite' ogni anno, sempre diversa, se poi la lettura del programma ci fa venire il dubbio che il festival di un anno potrebbe farsi l'anno appresso o in quello seguente ancora, pur cambiando ogni anno - a parole - la nazione ospite. Ad esempio quest'anno, edizione intitolata all'Austria, si ascolteranno musiche di Mozart - finalmente! - o degli Strauss - Capodanno a quelle latitudini arriva subito dopo ferragosto - altrimenti chissà quanti altri anni avremmo dovuto aspettare per ascoltare Mozart, ma è solo un esempio.
In quel festival delle nazioni, sfilano in prevalenza solisti o piccoli gruppi, magari anche giovani, perchè costano meno, qualche orchestra - sempre la stessa - artisti o spettacoli che girano in questo periodo in Italia (Bregovic) ingaggiati senza pensarci, e con l'aggiunta di qualche celebrazione o ricorrenza che in Umbria non hanno senso e giustificazione alcuna, ma che, coprodotte con altri festival che invece hanno ragioni per farla (quest'anno la Grande guerra con Mittelfest), fanno sperare scambi futuri; poi qualche complesso nostrano appena laureato da concorsi e stage frettolosi ecc.. sempre la stessa solfa per un festival ormai scaduto nella 'routine' che è la negazione delle ragioni di un festival.
Genera perciò imbarazzo in noi leggere che il presidente esimio del festival, il giornalista Giuliano
Giubilei, sia andato a presentarlo anche a Vienna; lo stesso imbarazzo che non hanno potuto manifestare apertamente, per ragioni di opportunità e dovere di ospitalità, i suoi uditori nella capitale austriaca, all'ascolto di un programma dozzinale e banale senza capo né coda.
Imbarazzo oltre che perplessità che vengono spontanei anche quando si legge su 'Repubblica' una presentazione scritta senza cognizione di causa, e senza conoscere la storia del festival, per semplice esaltazione degli attuali reggitori. Eppure sarebbe bastato al nostro giovane collega andare a leggersi, ad esempio, il programma dell'edizione del 2004 - lo può fare ora, anche se fuori tempo massimo, non è difficile trovarlo - per capire che il suo interlocutore che gli illustrava l'edizione attuale del festival, se la stava cantando e suonando da solo, ma con la sua complicità.
(Possiamo riassumergli il programma del 2004 in due parole, al nostro giovane collega. Dedicato alla nuova generazione musicale italiana, ospitò i migliori solisti e complessi, strumentali e vocali, ed anche una orchestra residente, la 'Verdi' di Milano, oltre a direttori di gran nome come Roberto Abbado, che mai più sono passati da quel festival. E poi una mostra dedicata ai bozzetti teatrali di Prampolini curata da Calvesi).
E, del resto, ci sarà una ragione se il contributo ministeriale (FUS) è passato dai 220.000 Euro del 2004 a 115.000 del 2015). E la ragione principale, oltre quella generale del taglio del FUS, ma non in tale misura, va cercata nella 'decadenza' del festival, resa evidente anche agli occhi dei tecnici del ministero.
L' interlocutore - direttore del festival - vende la sua merce, anche se scadente; la colpa è tutta di chi, come il giovane collega di Repubblica, non osa mai fare con lui un contraddittorio, sulla base della conoscenza che avrebbe dovuto avere di quella iniziativa, ed invece non aveva; e per questo ha bevuto tutto ciò che gli è stato offerto.
In quel festival delle nazioni, sfilano in prevalenza solisti o piccoli gruppi, magari anche giovani, perchè costano meno, qualche orchestra - sempre la stessa - artisti o spettacoli che girano in questo periodo in Italia (Bregovic) ingaggiati senza pensarci, e con l'aggiunta di qualche celebrazione o ricorrenza che in Umbria non hanno senso e giustificazione alcuna, ma che, coprodotte con altri festival che invece hanno ragioni per farla (quest'anno la Grande guerra con Mittelfest), fanno sperare scambi futuri; poi qualche complesso nostrano appena laureato da concorsi e stage frettolosi ecc.. sempre la stessa solfa per un festival ormai scaduto nella 'routine' che è la negazione delle ragioni di un festival.
Genera perciò imbarazzo in noi leggere che il presidente esimio del festival, il giornalista Giuliano
Giubilei, sia andato a presentarlo anche a Vienna; lo stesso imbarazzo che non hanno potuto manifestare apertamente, per ragioni di opportunità e dovere di ospitalità, i suoi uditori nella capitale austriaca, all'ascolto di un programma dozzinale e banale senza capo né coda.
Imbarazzo oltre che perplessità che vengono spontanei anche quando si legge su 'Repubblica' una presentazione scritta senza cognizione di causa, e senza conoscere la storia del festival, per semplice esaltazione degli attuali reggitori. Eppure sarebbe bastato al nostro giovane collega andare a leggersi, ad esempio, il programma dell'edizione del 2004 - lo può fare ora, anche se fuori tempo massimo, non è difficile trovarlo - per capire che il suo interlocutore che gli illustrava l'edizione attuale del festival, se la stava cantando e suonando da solo, ma con la sua complicità.
(Possiamo riassumergli il programma del 2004 in due parole, al nostro giovane collega. Dedicato alla nuova generazione musicale italiana, ospitò i migliori solisti e complessi, strumentali e vocali, ed anche una orchestra residente, la 'Verdi' di Milano, oltre a direttori di gran nome come Roberto Abbado, che mai più sono passati da quel festival. E poi una mostra dedicata ai bozzetti teatrali di Prampolini curata da Calvesi).
E, del resto, ci sarà una ragione se il contributo ministeriale (FUS) è passato dai 220.000 Euro del 2004 a 115.000 del 2015). E la ragione principale, oltre quella generale del taglio del FUS, ma non in tale misura, va cercata nella 'decadenza' del festival, resa evidente anche agli occhi dei tecnici del ministero.
L' interlocutore - direttore del festival - vende la sua merce, anche se scadente; la colpa è tutta di chi, come il giovane collega di Repubblica, non osa mai fare con lui un contraddittorio, sulla base della conoscenza che avrebbe dovuto avere di quella iniziativa, ed invece non aveva; e per questo ha bevuto tutto ciò che gli è stato offerto.
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lunedì 24 agosto 2015
Pacifica invasione venezuelana di Milano. Però non facciamo loro sconti perchè sono ragazzi.
Non si tratta della sola orchestra 'Bolivar', agli ordini di Dudamel, chiamato ormai da tutti Gustavo, ad aver invaso Milano in questi giorni, dove vi resterà fino ai primi di settembre, per la Bohéme scaligera e per altri concerti. No, a Milano c'è anche il coro annesso all'orchestra e poi ancora un'orchestra di ragazzi che si è già esibita diretta da un tredicenne, percussionista di professione, un altro ragazzo che promette bene anche nella direzione come del resto Dudamel e Matheuz ( a proposito quest'ultimo che fine ha fatto?).
In tutto un migliaio circa di ragazzi e giovani invitati a Milano, in occasione dell'EXPO, senza che a nessuno sia venuto in mente di unirvi od invitare anche la 'costola' italiana del cosiddetto 'Sistema' venezuelano, già abbastanza presente nel nostro paese. No, s'è preferita questa ostentata esibizione di gioventù e di allegria, ed anche di prestazione musicale, ad ogni altra cosa.
Passi per la 'Bolivar' che anche noi abbiamo ascoltato tante volte a Roma, rapiti dall'entusiasmo e dalla bravura - non è tutta forma ed esteriorità, c'è anche sostanza - cresciuta di anno in anno; e passi anche per i ragazzi dell'orchestra 'minore' e del loro direttore in fasce.
Però noi stiamo parlando di musica, senza voler frenare il giusto contagioso entusiasmo di tali giovani, al quale soprattutto i giornali sembrano aver prestato attenzione.
E di musica avremmo voluto leggere sui giornali, i quali c'è sembrato fare troppi sconti alle giornate venezuelane a Milano, in un atteggiamento di imbarazzo generale. Qualche giornale se l'è presa, avendo deciso di chiudere un orecchio oltre che un occhio sull'orchestra, con Grigolo e la Agresta, facendo le pulci ad ambedue, rilevando per il primo che la sua voce non era poi a posto, e per la seconda, che stilisticamente era 'fuori'.
E tutto questo puntiglio per non toccare minimamente giovani e ragazzi venezuelani, riguardo ai quali l'unica cosa che è parsa importante rilevare era la nascita di un altro direttore prodigio, quel timpanista che, ora, le bacchette con le quali percuote i timpani, le usa per impartire ordini.
In tutto un migliaio circa di ragazzi e giovani invitati a Milano, in occasione dell'EXPO, senza che a nessuno sia venuto in mente di unirvi od invitare anche la 'costola' italiana del cosiddetto 'Sistema' venezuelano, già abbastanza presente nel nostro paese. No, s'è preferita questa ostentata esibizione di gioventù e di allegria, ed anche di prestazione musicale, ad ogni altra cosa.
Passi per la 'Bolivar' che anche noi abbiamo ascoltato tante volte a Roma, rapiti dall'entusiasmo e dalla bravura - non è tutta forma ed esteriorità, c'è anche sostanza - cresciuta di anno in anno; e passi anche per i ragazzi dell'orchestra 'minore' e del loro direttore in fasce.
Però noi stiamo parlando di musica, senza voler frenare il giusto contagioso entusiasmo di tali giovani, al quale soprattutto i giornali sembrano aver prestato attenzione.
E di musica avremmo voluto leggere sui giornali, i quali c'è sembrato fare troppi sconti alle giornate venezuelane a Milano, in un atteggiamento di imbarazzo generale. Qualche giornale se l'è presa, avendo deciso di chiudere un orecchio oltre che un occhio sull'orchestra, con Grigolo e la Agresta, facendo le pulci ad ambedue, rilevando per il primo che la sua voce non era poi a posto, e per la seconda, che stilisticamente era 'fuori'.
E tutto questo puntiglio per non toccare minimamente giovani e ragazzi venezuelani, riguardo ai quali l'unica cosa che è parsa importante rilevare era la nascita di un altro direttore prodigio, quel timpanista che, ora, le bacchette con le quali percuote i timpani, le usa per impartire ordini.
Letto sulla stampa; Casamonica e la chiesa; un domenicano al Meeting di CL; Renzi per la prima volta all'Aquila
Il parroco della Basilica di Don Bosco all'EUR che ha ospitato il funerale fuori misura di Vittorio Casamonica, e che per più giorni ha finto ignoranza e carità cristiana, forse del tutto innocente non è, come ha fatto capire il parroco del Tuscolano alla cui giurisdizione apparteneva il Casamonica defunto. Il parroco ha rifiutato - conoscendo bene i Casamonica- i funerali sfarzosi organizzati per il capoclan; e solo allora i Casamonica i sono rivolti alla parrocchia di Don Bosco ( il parroco del Tuscolano non ha avvertito il parroco dell'altra parrocchia?) facendo evidentemente un'offerta, anche in denaro, che il salesiano non ha potuto rifiutare. Altro che 50 Euro. si parla di qualche decina di migliaia di euro.
E così i maggiorenti del clan e gli affiliati hanno potuto sfilare per quasi due chilometri per la città ostentando potenza e mettendo soggezione, scortati dai vigili urbani. Per questo non ha ragione Sgarbi quando afferma che quello era un funerale secondo le modalità Rom; no, caro Sgarbi , era ben altro - certo il defunto non era ai domiciliari, ma l'attività del clan è a tutti nota. Mentre ha ragione quando dice che occorre indagarli e perseguirli da vivi, non serve prendersela con un morto. Ma la trionfale sfilata per la città l'hanno organizzata i vivi, verso i quali si spera che ora questura, prefettura e polizia facciano le necessarie indagini e mettano sotto più stretto controllo il clan, dei cui affari malavitosi tutti sanno. E magari anche l'impresa di pompe funebri napoletana chiamata da una consorella romana - guarda caso quella dei Taffo che, d'accordo con il direttore generale del sant'Andrea, speculava sul caro estinto. Nessuna irregolarità per Sgarbi?
C'è poi il caso pietoso del domenicano che ha parlato al Meeting di CL a Rimini, rispolverando quelle idiozie che un tempo erano date come verità religiose, ed anche scientifiche, riguardanti il sesso. Il domenicano, al quale è stato fortunatamente vietato un secondo incontro pubblico, ha detto che l'omosessualità è peccato, che gli omosessuali si ammalano più di frequente e che fra essi sono più numerosi i suicidi. Insomma la vendetta divina sui peccatori del sesso. C'è mancato poco che tornasse a dire che la masturbazione fa abbassare la vista e procura tendiniti e stiramenti dei muscoli della mano. La punizione di Dio per gli stakanovisti del sesso, in questo caso non solo gay; benchè lui ce l'avesse con i gay che vogliono anche unirsi in matrimonio, quando - come ha ribadito Bagnasco - il matrimonio è fatto di un uomo, una donna e della procreazione. Ci risiamo!
Infine l'impareggiabile presidente del Consiglio. E' a Palazzo Chigi da oltre un anno e mezzo e solo ora si reca per la prima volta a L'Aquila, da dove la sua residenza abituale dista poco più di cento chilometri. E visita l'Aquila, non recandovisi appositamente, ma di ritorno da Rimini. Insomma già che ci siamo, facciamo un salto a vedere in quali condizioni pietose è ancora la città distrutta dal terremoto. Cialente, il sindaco, si è sbrigato a dichiarare che Renzi ha dato all'Aquila oltre cinque miliardi di Euro, nella speranza di averne ancora parecchi, quanti ne servono per la ricostruzione del centro storico che è quasi come era all'indomani del disastroso terremoto.
A dimostrare che la situazione della cittadina abruzzese è drammatica, il prossimo 6 settembre tutti i jazzisti italiani si sono dati lì convegno e per una intera giornata la inonderanno di musica, sperando con il chiasso di aprire le orecchie di quanti si fingono sordi, fra quelli che devono provvedere alla ricostruzione.
E così i maggiorenti del clan e gli affiliati hanno potuto sfilare per quasi due chilometri per la città ostentando potenza e mettendo soggezione, scortati dai vigili urbani. Per questo non ha ragione Sgarbi quando afferma che quello era un funerale secondo le modalità Rom; no, caro Sgarbi , era ben altro - certo il defunto non era ai domiciliari, ma l'attività del clan è a tutti nota. Mentre ha ragione quando dice che occorre indagarli e perseguirli da vivi, non serve prendersela con un morto. Ma la trionfale sfilata per la città l'hanno organizzata i vivi, verso i quali si spera che ora questura, prefettura e polizia facciano le necessarie indagini e mettano sotto più stretto controllo il clan, dei cui affari malavitosi tutti sanno. E magari anche l'impresa di pompe funebri napoletana chiamata da una consorella romana - guarda caso quella dei Taffo che, d'accordo con il direttore generale del sant'Andrea, speculava sul caro estinto. Nessuna irregolarità per Sgarbi?
C'è poi il caso pietoso del domenicano che ha parlato al Meeting di CL a Rimini, rispolverando quelle idiozie che un tempo erano date come verità religiose, ed anche scientifiche, riguardanti il sesso. Il domenicano, al quale è stato fortunatamente vietato un secondo incontro pubblico, ha detto che l'omosessualità è peccato, che gli omosessuali si ammalano più di frequente e che fra essi sono più numerosi i suicidi. Insomma la vendetta divina sui peccatori del sesso. C'è mancato poco che tornasse a dire che la masturbazione fa abbassare la vista e procura tendiniti e stiramenti dei muscoli della mano. La punizione di Dio per gli stakanovisti del sesso, in questo caso non solo gay; benchè lui ce l'avesse con i gay che vogliono anche unirsi in matrimonio, quando - come ha ribadito Bagnasco - il matrimonio è fatto di un uomo, una donna e della procreazione. Ci risiamo!
Infine l'impareggiabile presidente del Consiglio. E' a Palazzo Chigi da oltre un anno e mezzo e solo ora si reca per la prima volta a L'Aquila, da dove la sua residenza abituale dista poco più di cento chilometri. E visita l'Aquila, non recandovisi appositamente, ma di ritorno da Rimini. Insomma già che ci siamo, facciamo un salto a vedere in quali condizioni pietose è ancora la città distrutta dal terremoto. Cialente, il sindaco, si è sbrigato a dichiarare che Renzi ha dato all'Aquila oltre cinque miliardi di Euro, nella speranza di averne ancora parecchi, quanti ne servono per la ricostruzione del centro storico che è quasi come era all'indomani del disastroso terremoto.
A dimostrare che la situazione della cittadina abruzzese è drammatica, il prossimo 6 settembre tutti i jazzisti italiani si sono dati lì convegno e per una intera giornata la inonderanno di musica, sperando con il chiasso di aprire le orecchie di quanti si fingono sordi, fra quelli che devono provvedere alla ricostruzione.
domenica 23 agosto 2015
Che succede al Rossini Opera Festival, oscurato sui giornali italiani?
Sabato si è conclusa l'edizione 2015 del Rossini Opera Festival con lo 'Stabat Mater' diretto da Michele Mariotti. L'edizione di quest'anno ha visto aumentato il pubblico, quasi 16.000 presenze, ed anche le entrate: 1.000.000 circa di Euro. Ed ha visto anche allargata la lista dei paesi dai quali provengono i suoi spettatori come anche i giornalisti ed i direttori di teatro. Praticamente non v'è paese al mondo che non abbia mandato un suo rappresentante fra il pubblico, e giornale straniero che non abbia inviato un suo redattore; altrettanto numerosi i direttori di teatri e festival stranieri presenti. Insomma il Rossini Opera festival parla straniero - è proprio il caso di dirlo. E gli italiani? Tolta la Aspesi, senza il cui reportage da Pesaro pare che il festival non possa cominciare, i giornali italiani sembrano abbiano, tutti d'accordo, fatto la congiura del silenzio sul più blasonato festival d'opera italiano.
La ragione non sappiamo dirvela; noi constatiamo solo il caso, abbastanza strano per un festival che nei suoi lunghissimi anni di vita è stato un paradiso per giornalisti ed improvvisati musicologi. Quest'anno non più. Forse che il Festival non ha acquistato, come negli altri anni, le pagine 'Eventi' sui principali giornali, e per questo i giornali si sono vendicati, ignorandolo?
Sinceramente non possiamo giurare sulla presenza o meno del festival pesarese in quelle pagine, finte 'redazionali', nelle quali il committente fa scrivere ciò che vuole - giusto, in fondo le paga! - nè osiamo pensare che senza quelle pagine, di colpo, sul più importante festival operistico italiano i giornali abbiano fatto cadere il più assordante silenzio. Ed anche su questo scambio orribile - che sarebbe meglio chiamare: vendetta - non possiamo giurarci, anche se lo temiamo, senza meravigliarci né stupirci più di tanto.
Chi non crede che possano accadere simili cose sulla libera stampa della libera Europa, è pregato di riflettere a due episodi, uno italiano ( una rivista di musica, dedita quasi esclusivamente alle recensioni discografiche, per anni non ha recensito le uscite delle multinazionali del disco, perchè queste non facevano pubblicità su quella rivista. Ora non sappiamo dirvi se continui in tale politica o se sia mutata, perchè le multinazionali hanno ripreso a pagare la pubblicità) e l'altro francese - e riguarda l'Opéra di Parigi che avendo constatato che Le Monde (sì, crediamo si trattasse proprio de Le Monde) recensiva sempre negativamente i suoi spettacoli, decise di togliere la pubblicità del teatro dal giornale. Dunque accade anche questo sulla libera stampa del vecchio continente democratico.
O sarà forse perchè i giornali sono più interessati a parlare d'opera, quando c'è una regia nuova, meglio se rivoluzionaria - come ad esempio è stata quella, a Taormina, del grande regista Stinchelli che ha aperto la 'Traviata' con la bella soprano straniera nuda, dalla testa ai piedi, davanti ad uno specchio, anche se di spalle; e a Pesaro quest'anno non c'era niente di nuovo e c'era anche il ritorno di qualche regia già vista; tanto della musica ai giornali importa quasi nulla: è sempre la stessa, che altro dire?
Non potendo aggiungere altro a queste nostre sconsolate considerazioni, non ci resta che annunciare che la prossima edizione, quella del 2016, l'aprirà lo stesso Michele Mariotti che ha chiuso quella di quest'anno con lo 'Stabat', dirigendo 'La donna del lago' che molti anni fa costituì l'unica impresa direttoriale di Maurizio Pollini, convincendolo però a desistere per il futuro.
La regia sarà di Damiano Michieletto, che appartiene alla stessa agenzia di Michele Mariotti, In Art, un titolare della quale, già cantante, Ernesto Palacio, dall'anno prossimo sarà direttore artistico del Rossini Opera festival, al posto di Alberto Zedda, giunto alla verde età di 87 anni. Rooooof!
P.S.
Un lettore di questo blog ci ha fatto notare che il quotidiano L'Avvenire, a firma Giuseppe Pennisi, ha scritto del Rossini Opera Festival. Il nostro lettore ha ragione, ci scusiamo on lui ed anche con Giuseppe Pennisi, nostro collega ed amico.
La ragione non sappiamo dirvela; noi constatiamo solo il caso, abbastanza strano per un festival che nei suoi lunghissimi anni di vita è stato un paradiso per giornalisti ed improvvisati musicologi. Quest'anno non più. Forse che il Festival non ha acquistato, come negli altri anni, le pagine 'Eventi' sui principali giornali, e per questo i giornali si sono vendicati, ignorandolo?
Sinceramente non possiamo giurare sulla presenza o meno del festival pesarese in quelle pagine, finte 'redazionali', nelle quali il committente fa scrivere ciò che vuole - giusto, in fondo le paga! - nè osiamo pensare che senza quelle pagine, di colpo, sul più importante festival operistico italiano i giornali abbiano fatto cadere il più assordante silenzio. Ed anche su questo scambio orribile - che sarebbe meglio chiamare: vendetta - non possiamo giurarci, anche se lo temiamo, senza meravigliarci né stupirci più di tanto.
Chi non crede che possano accadere simili cose sulla libera stampa della libera Europa, è pregato di riflettere a due episodi, uno italiano ( una rivista di musica, dedita quasi esclusivamente alle recensioni discografiche, per anni non ha recensito le uscite delle multinazionali del disco, perchè queste non facevano pubblicità su quella rivista. Ora non sappiamo dirvi se continui in tale politica o se sia mutata, perchè le multinazionali hanno ripreso a pagare la pubblicità) e l'altro francese - e riguarda l'Opéra di Parigi che avendo constatato che Le Monde (sì, crediamo si trattasse proprio de Le Monde) recensiva sempre negativamente i suoi spettacoli, decise di togliere la pubblicità del teatro dal giornale. Dunque accade anche questo sulla libera stampa del vecchio continente democratico.
O sarà forse perchè i giornali sono più interessati a parlare d'opera, quando c'è una regia nuova, meglio se rivoluzionaria - come ad esempio è stata quella, a Taormina, del grande regista Stinchelli che ha aperto la 'Traviata' con la bella soprano straniera nuda, dalla testa ai piedi, davanti ad uno specchio, anche se di spalle; e a Pesaro quest'anno non c'era niente di nuovo e c'era anche il ritorno di qualche regia già vista; tanto della musica ai giornali importa quasi nulla: è sempre la stessa, che altro dire?
Non potendo aggiungere altro a queste nostre sconsolate considerazioni, non ci resta che annunciare che la prossima edizione, quella del 2016, l'aprirà lo stesso Michele Mariotti che ha chiuso quella di quest'anno con lo 'Stabat', dirigendo 'La donna del lago' che molti anni fa costituì l'unica impresa direttoriale di Maurizio Pollini, convincendolo però a desistere per il futuro.
La regia sarà di Damiano Michieletto, che appartiene alla stessa agenzia di Michele Mariotti, In Art, un titolare della quale, già cantante, Ernesto Palacio, dall'anno prossimo sarà direttore artistico del Rossini Opera festival, al posto di Alberto Zedda, giunto alla verde età di 87 anni. Rooooof!
P.S.
Un lettore di questo blog ci ha fatto notare che il quotidiano L'Avvenire, a firma Giuseppe Pennisi, ha scritto del Rossini Opera Festival. Il nostro lettore ha ragione, ci scusiamo on lui ed anche con Giuseppe Pennisi, nostro collega ed amico.
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sabato 22 agosto 2015
Se è gratis c'è l'inganno. Musei come squadre di calcio. La commisione presieduta da Paolo Baratta.
A sentenziare 'se è gratis, c'è l'inganno', ripreso sul Corriere di oggi dal costituzionalista Michele Ainis, era stato Ignazio Silone. Se ne intendeva? Poco o tanto, ma le sue parole suonano sacrosante.
Ainis, prendendo lo spunto dall'ultima gratuità, quella dei membri della Commissione internazionale che ha valutato gli oltre mille curricula degli aspiranti alle direzioni dei venti più importanti musei italiani, presieduta da Paolo Baratta, nei confronti della quale inganno, a prima vista, è difficile ravvisarvi, semmai critiche rivolte ai criteri con i quali hanno giudicato gli aspiranti e scelto le rose di nomi da offrire al ministro, argomenta sul fatto che in Italia esiste un esercito di consulenti ed incaricati che svolgono il loro lavoro a 'titolo gratuito'.
Si va dalle amministrazioni statali, centrali e periferiche, alla Rai (quattro dei sette consiglieri sono pensionati e perciò non possono percepire altro emolumento, dunque 'costretti' a lavorare gratis, a fronte di responsabilità non di poco conto) ai Comuni - un esempio, esilarante e tragico allo stesso tempo riferisce Ainis, quello, nel Comune di Monreale, di uno psicologo che fa di cognome Terzo, che è al suo terzo incarico sempre gratuito - dove accade, come in ogni altra parte d'Italia, che amministratori spregiudicati incarichino persone loro vicine, perfino famigliari.
Per Ainis questo esercito di volontari pubblici e privati nasce dalla reazione alle ruberie, attraverso false consulenze ben retribuite, che si riscontrano in ogni settore - che è l'altra faccia della medaglia: per coprire tale vergogna i consulenti - senza inganno? - lavorano gratis.
Il fenomeno, ancora più grave, riguarda anche i giovani dai quali si pretende che lavorino gratis senza offrire loro un corrispettivo in termini di qualità della formazione; li si sfrutta solo perché rappresentano una manovalanza a buon mercato, quasi gratuita. Ad un giovane appena entrato nel mondo del lavoro si può anche chiedere di lavorare gratis, per un periodo, ma solo se gli si offrono gli occasioni di lavoro che lo aiutino a completare, nelle migliori condizioni, l'apprendistato, direttamente sul campo, una volta terminato il periodo canonico della formazione professionale o scolastica.
Lo scambio, che Silone chiama 'inganno' non in denaro, a fronte di un lavoro non retribuito, è non solo immaginabile, ma rappresenta la regola. Scambi di ogni genere. E, del resto, gli esempi sono sotto gli occhi di tutti, anche perché la lista dei 'consulenti a titolo gratuito', è in Italia lunghissimo: se si digita su Google 'consulente a titolo gratuito' appaiono ben 606.000 risultati, sottolinea Ainis. Insomma di questo genere di benefattori, servitori non disinteressati dello Stato e della società, ve ne è quasi uno per famiglia, e lo Stato o la società trova il modo per compensarli. L'aveva denunciato già Ignazio Silone.
Sempre sul Corriere, ma di ieri, ed ancora sui nuovi direttori dei 20 più importanti musei italiani, a proposito della presenza di stranieri fra di essi, riflette Umberto Curi, che invita gli scontenti delle scelte a guardare al mondo del calcio. Nel quale, se valesse il principio invocato per i direttori dei Musei, che si vorrebbero tutti italiani, soltanto italiani, dovremmo vedere le squadre di calcio decimate, data la massiccia presenza di giocatori stranieri che i club si cercano in qualunque club di qualunque nazione. Dunque i criticoni prendano esempio dal mondo del calcio che , in Italia, è poi così familiare.
Solo che, caro Curi, il museo non è uguale ad un campo di calcio, ed il direttore di Museo ha compiti diversi dal calciatore, italiano o straniero che sia, che deve solo saper palleggiare e tirare in porta; e quasi sempre lo fa con i piedi, anche se non mancano interventi di testa; mentre al direttore di museo si richiedono in esclusiva interventi di testa, non capocciate, usando i piedi per camminare.
Ainis, prendendo lo spunto dall'ultima gratuità, quella dei membri della Commissione internazionale che ha valutato gli oltre mille curricula degli aspiranti alle direzioni dei venti più importanti musei italiani, presieduta da Paolo Baratta, nei confronti della quale inganno, a prima vista, è difficile ravvisarvi, semmai critiche rivolte ai criteri con i quali hanno giudicato gli aspiranti e scelto le rose di nomi da offrire al ministro, argomenta sul fatto che in Italia esiste un esercito di consulenti ed incaricati che svolgono il loro lavoro a 'titolo gratuito'.
Si va dalle amministrazioni statali, centrali e periferiche, alla Rai (quattro dei sette consiglieri sono pensionati e perciò non possono percepire altro emolumento, dunque 'costretti' a lavorare gratis, a fronte di responsabilità non di poco conto) ai Comuni - un esempio, esilarante e tragico allo stesso tempo riferisce Ainis, quello, nel Comune di Monreale, di uno psicologo che fa di cognome Terzo, che è al suo terzo incarico sempre gratuito - dove accade, come in ogni altra parte d'Italia, che amministratori spregiudicati incarichino persone loro vicine, perfino famigliari.
Per Ainis questo esercito di volontari pubblici e privati nasce dalla reazione alle ruberie, attraverso false consulenze ben retribuite, che si riscontrano in ogni settore - che è l'altra faccia della medaglia: per coprire tale vergogna i consulenti - senza inganno? - lavorano gratis.
Il fenomeno, ancora più grave, riguarda anche i giovani dai quali si pretende che lavorino gratis senza offrire loro un corrispettivo in termini di qualità della formazione; li si sfrutta solo perché rappresentano una manovalanza a buon mercato, quasi gratuita. Ad un giovane appena entrato nel mondo del lavoro si può anche chiedere di lavorare gratis, per un periodo, ma solo se gli si offrono gli occasioni di lavoro che lo aiutino a completare, nelle migliori condizioni, l'apprendistato, direttamente sul campo, una volta terminato il periodo canonico della formazione professionale o scolastica.
Lo scambio, che Silone chiama 'inganno' non in denaro, a fronte di un lavoro non retribuito, è non solo immaginabile, ma rappresenta la regola. Scambi di ogni genere. E, del resto, gli esempi sono sotto gli occhi di tutti, anche perché la lista dei 'consulenti a titolo gratuito', è in Italia lunghissimo: se si digita su Google 'consulente a titolo gratuito' appaiono ben 606.000 risultati, sottolinea Ainis. Insomma di questo genere di benefattori, servitori non disinteressati dello Stato e della società, ve ne è quasi uno per famiglia, e lo Stato o la società trova il modo per compensarli. L'aveva denunciato già Ignazio Silone.
Sempre sul Corriere, ma di ieri, ed ancora sui nuovi direttori dei 20 più importanti musei italiani, a proposito della presenza di stranieri fra di essi, riflette Umberto Curi, che invita gli scontenti delle scelte a guardare al mondo del calcio. Nel quale, se valesse il principio invocato per i direttori dei Musei, che si vorrebbero tutti italiani, soltanto italiani, dovremmo vedere le squadre di calcio decimate, data la massiccia presenza di giocatori stranieri che i club si cercano in qualunque club di qualunque nazione. Dunque i criticoni prendano esempio dal mondo del calcio che , in Italia, è poi così familiare.
Solo che, caro Curi, il museo non è uguale ad un campo di calcio, ed il direttore di Museo ha compiti diversi dal calciatore, italiano o straniero che sia, che deve solo saper palleggiare e tirare in porta; e quasi sempre lo fa con i piedi, anche se non mancano interventi di testa; mentre al direttore di museo si richiedono in esclusiva interventi di testa, non capocciate, usando i piedi per camminare.
giovedì 20 agosto 2015
La SIAE riscuoterà i diritti della musica del 'Padrino' suonata ai funerali del boss dei Casamonica?
Inutile nascondersi che i funerali del patriarca dei Casamonica, potente famiglia mafiosa, seconda solo al clan Carminati - che in una conversazione li definiva 'straccioni' - venuta dall'Abruzzo a Roma, all'inizio degli anni Settanta, fra le più potenti della malavita nella Capitale, senza il cui consenso nessuna partita di droga può circolare a Roma, hanno rappresentato una ferita gravissima, forse mortale, alla democrazia ed all'immagine della Capitale di un paese alla quale simili manifestazioni di potenza mafiosa e disprezzo della legalità erano state finora risparmiate. Le immagini di quel funerale hollywoodiano, con contorno di vigili urbani che controllano il traffico, agevolando il passaggio della carrozza a sei cavalli e dei macchinoni che recavano corone di fiori a colui che, da morto, viene incoronato 're di roma' - giusto i manifesti giganti affissi fuori della parrocchia all'EUR, all'insaputa parroco che si è chiamato fuori, dichiarandosi cieco per tutto ciò che avviene fuori della porta della chiesa - quelle immagini, che hanno naturalmente fatto il giro del mondo, sono scandalose, completate da quell'elicottero che ha preso a volteggiare all'arrivo del feretro, sul piazzale antistante la chiesa, inondandola di petali di rose.
Ora, ministro, prefetto, questore, sindaco e tutte le forze di polizia e quelle preposte all' ordine pubblico devono dare ragione di tanta disattenzione nei confronti di un fatto del genere e, in generale, dell'attività di un clan del quale tutti gli oscuri traffici illeciti rivelano più i giornali che le forze di polizia. Colluse? Troppo distratte nei confronti della più spietata malavita che la magistratura vorrebbe anche coinvolta in alcuni sequestri di persona?
Nessun responsabile dell'ordine pubblico può scaricare la responsabilità di quanto avvenuto su altri. Di fronte ad un fatto del genere non bastano le spiegazioni, dovrebbero seguire le dimissioni a catena, dal ministro, rappresenta e responsabile politico di tutte le forze che debbono badare alla sicurezza di un paese, fino agli ultimi responsabili più diretti dell'ordine pubblico. E Renzi che fa? Tace? Si chiama fuori? Vuol dare ad intendere che lui si occupa di cose più serie, se mai ve ne fossero di più serie?
In questo scandalo, anche se coinvolta indirettamente, neanche la Chiesa può chiamarsi fuori, quella Chiesa che non aveva voluto ospitare nella stessa parrocchia i funerali religiosi di Welby, quel poveruomo affetto da gravissima malattia, un martire moderno, tenuto fuori dal tempio, dove invece vi è stato fatto entrare, con tutti gli onori che si riservano ad un cristiano, un mafioso riconosciuto e scomunicato. Purtroppo la Chiesa non è nuova a simili atteggiamenti schizofrenici, basti ricordare la sepoltura riservata ad un capo della banda della Magliana nella cripta della Basilica di sant'Apollinare. Ma che episodi analoghi, di identica gravità, avvengano anche sotto il pontificato di Papa Francesco, è ancora più grave. Il parroco dell'Eur anche lui deve essere rimosso, lo si mandi in qualche luogo segreto se, come certamente si giustificherà -la paura di ritorsioni dei componenti il clan malavitoso gli ha fatto decidere di chiudere gli occhi e di restare all'interno della chiesa, senza prestare attenzione a ciò che accadeva all'esterno, ma di cui era certamente a conoscenza. Questo funerale s'ha da fare - potrebbero avergli ingiunto con fare minaccioso i componenti il clan dei Casamonica, e lui ha ubbidito. Ma non può restare a fare il 'pastore'.
Un'altra questione si pone, infine, se pure di minor conto. La SIAE di Filippo Sugar deve pretendere il pagamento dei diritti per lo sfruttamento della musica di Rota, dal 'Padrino' di Coppola, che accompagnava l'arrivo del feretro alla chiesa. I suoi ispettori vadano a bussare alle ville dei Casamonica, che si dichiarano nullatenenti e poi fanno sfoggio di ricchezza pacchiana nelle loro dimore - come hanno mostrato già tempo fa le telecamere di La7.
Gli ispettori di Sugar che pretendono il pagamento di tali diritti anche da una filarmonica paesana che si esibisce per scopi benefici, ora devono mostrare la stessa 'faccia feroce' con i Casamonica. E se non vogliono pagare, si facciano scortare dalla polizia, che ora, almeno ora, a scandalo avvenuto, dovrebbe essere più attenta, fregandosene dei messaggi mafiosi che le immagini di quel ignobile funerale intendevano mandare al paese, indifferente, ed anche inerte, alla lotta contro la malavita e la mafia. Che sembra essere lasciata solo a pochi giornalisti coraggiosi.
Ora, ministro, prefetto, questore, sindaco e tutte le forze di polizia e quelle preposte all' ordine pubblico devono dare ragione di tanta disattenzione nei confronti di un fatto del genere e, in generale, dell'attività di un clan del quale tutti gli oscuri traffici illeciti rivelano più i giornali che le forze di polizia. Colluse? Troppo distratte nei confronti della più spietata malavita che la magistratura vorrebbe anche coinvolta in alcuni sequestri di persona?
Nessun responsabile dell'ordine pubblico può scaricare la responsabilità di quanto avvenuto su altri. Di fronte ad un fatto del genere non bastano le spiegazioni, dovrebbero seguire le dimissioni a catena, dal ministro, rappresenta e responsabile politico di tutte le forze che debbono badare alla sicurezza di un paese, fino agli ultimi responsabili più diretti dell'ordine pubblico. E Renzi che fa? Tace? Si chiama fuori? Vuol dare ad intendere che lui si occupa di cose più serie, se mai ve ne fossero di più serie?
In questo scandalo, anche se coinvolta indirettamente, neanche la Chiesa può chiamarsi fuori, quella Chiesa che non aveva voluto ospitare nella stessa parrocchia i funerali religiosi di Welby, quel poveruomo affetto da gravissima malattia, un martire moderno, tenuto fuori dal tempio, dove invece vi è stato fatto entrare, con tutti gli onori che si riservano ad un cristiano, un mafioso riconosciuto e scomunicato. Purtroppo la Chiesa non è nuova a simili atteggiamenti schizofrenici, basti ricordare la sepoltura riservata ad un capo della banda della Magliana nella cripta della Basilica di sant'Apollinare. Ma che episodi analoghi, di identica gravità, avvengano anche sotto il pontificato di Papa Francesco, è ancora più grave. Il parroco dell'Eur anche lui deve essere rimosso, lo si mandi in qualche luogo segreto se, come certamente si giustificherà -la paura di ritorsioni dei componenti il clan malavitoso gli ha fatto decidere di chiudere gli occhi e di restare all'interno della chiesa, senza prestare attenzione a ciò che accadeva all'esterno, ma di cui era certamente a conoscenza. Questo funerale s'ha da fare - potrebbero avergli ingiunto con fare minaccioso i componenti il clan dei Casamonica, e lui ha ubbidito. Ma non può restare a fare il 'pastore'.
Un'altra questione si pone, infine, se pure di minor conto. La SIAE di Filippo Sugar deve pretendere il pagamento dei diritti per lo sfruttamento della musica di Rota, dal 'Padrino' di Coppola, che accompagnava l'arrivo del feretro alla chiesa. I suoi ispettori vadano a bussare alle ville dei Casamonica, che si dichiarano nullatenenti e poi fanno sfoggio di ricchezza pacchiana nelle loro dimore - come hanno mostrato già tempo fa le telecamere di La7.
Gli ispettori di Sugar che pretendono il pagamento di tali diritti anche da una filarmonica paesana che si esibisce per scopi benefici, ora devono mostrare la stessa 'faccia feroce' con i Casamonica. E se non vogliono pagare, si facciano scortare dalla polizia, che ora, almeno ora, a scandalo avvenuto, dovrebbe essere più attenta, fregandosene dei messaggi mafiosi che le immagini di quel ignobile funerale intendevano mandare al paese, indifferente, ed anche inerte, alla lotta contro la malavita e la mafia. Che sembra essere lasciata solo a pochi giornalisti coraggiosi.
mercoledì 19 agosto 2015
Anna Coliva, Romana, l'unica che resta. A proposito della selezione dei direttori dei maggiori musei italiani e della commissione presieduta da Paolo Baratta. Il Maxxi diretto dall'italo-americana Melandri
La Commissione internazionale voluta da Franceschini per individuare venti professionisti da mettere a capo dei principali musei italiani - che , da quanto si apprende dovrebbero avere autonomia di gestione, ma sui particolari di tale autonomia nulla ancora si sa, a selezione conclusa - e presieduta dal sempiterno Paolo Baratta ( a capo della Biennale, con mandato in scadenza e che non disdegnerebbe di essere rinominato per la terza volta consecutiva, dopo incarichi anche precedenti sempre alla Biennale, e con nessuna voglia di farsi da parte per avviare il ricambio che , su invito di Franceschini, ha tentato di mettere in atto con la commissione da lui presieduta) ha concluso i lavori fornendo al ministro Franceschini, - ' mezzo disastro', ma con tanta voglia di comparire a tutti i costi - la lista dei venti prescelti.
Baratta ha anche spiegato che l'esame delle candidature si è svolto in due momenti. Il primo attraverso la valutazione, con assegnazione di punteggio, in base ai titoli - e in molti casi la somma di essi ha visto parecchi candidati in lizza per il medesimo incarico, con un punteggio uguale od assai simile - il secondo con un colloquio - lo ha dichiarato Paolo Baratta - della durata di una quindicina di minuti nel quale agli aspiranti candidati è stato chiesto - sempre la stessa domanda- come vedrebbe valorizzato il museo alla cui direzione si è candidato.
Ha ragione perciò chi ha contestato i risultati della selezione, sul piano del merito e delle competenze e non per eventuali contestazioni legali e di svolgimento, al di là del fatto che dei venti sette sono stranieri - e nulla lo vieta. Lo vieterebbe semmai il fatto che alcuni di essi, sono sì studiosi, ma con esperienze dirette nel campo della direzione dei musei praticamente nulle. Dove forse per uno o due di essi l'attività all'estero li vedrebbe più preparati professionalmente nel cosiddetto campo della 'valorizzazione' dei musei italiani, forse carenti sotto questo profilo, fra i quali sono compresi i massimi del nostro paese, anche Uffizi e Brera.
Non sarà sfuggito a nessuno il caso della grande mostra su Pompei, con materiali provenienti dall'Italia, a Londra, per la quale si è registrato un sorprendente inusuale numero di presenze di visitatori ed anche enormi entrate. Reperti italiani che a Londra sono stati valorizzati ed in Italia giacciono magari nei depositi.
A proposito di Pompei, Ieri in tv hanno mostrato la Pompei di questi giorni. Un disastro, che ci fa venire qualche dubbio sul reportage di diversissimo segno che Giuliano Ferrara aveva fatto su 'Il Fogli'o, dove Pompei che lui aveva visitato non era quello schifo di inefficienze sporcizia ecc... che i giornali ogni giorno, ed anche la televisione ieri sera, mostrano, bensì un giardino di delizie e meraviglie.
E c'è poi anche il problema che il permanere immobile della burocrazia ministeriale forse non aiuterebbe i nuovi direttori. Che farà un direttore tedesco - si è anche detto che Renzi ha svenduto alcuni Musei italiani alla Merkel - di fronte ad una assemblea sindacale che fa restare chiuso un museo, magari con preavviso di poche ore?
Ieri in un accesissimo dibattito tv sull'argomento - de La 7, al quale non si capisce perchè abbiano invitato anche la Polverini che certamente cosa sia un museo o la cultura in genere poco sa; ma lei va tanto di moda, come va di moda anche la Gelmini, alla quale sul medesimo settore di cui ha parlato la Polverini andrebbe inibita la parola per la mancata conoscenza dell'argomento e per i danni procurati alla scuola italiana nei mesi in cui è stata ministro dell'Istruzione; sì, lei che per superare un concorso è andata a farlo in Calabria, dove sperava di poter farla franca alla commissione, vergogna!- tutte queste obiezioni sono emerse con rara chiarezza, negli interventi infuocati di Sgarbi, il più duro, con conoscenza di causa, contro le scelte della commissione.
Ciò che non è mai venuto fuori è l'eccezione romana, della romana Anna Coliva, direttrice della galleria Borghese, l'unica che resta al suo posto, nonostante le contestazioni dei mesi precedenti su grandi feste ospitate nella pubblica galleria d'arte con scarso rispetto per le strutture della medesima ed anche altro.
Noi non abbiamo i titoli per discutere delle competenze dalla Coliva - sulle quali nessuno ha mosso dubbi, ci pare - ci colpisce però il fatto che lei sia l'unica a restare. Non sarà che chi sta a Roma riesce ad allungare i suoi tentacoli dappertutto fino ad abbracciare tutti? Lei tutti quelli che comandano a Roma, li conosce, e con loro magari vanta anche amicizie, dal Ministro a Baratta. e perciò lei non si tocca, nessuno la tocca, neppure l'integerrimo ( ahahahah!) Baratta può farlo.
A proposito di questi concorsi internazionali o delle 'cosiddette manifestazioni di interesse' che piacciono tanto al ministro, va detto che si tratta in molti casi di fumo negli occhi, perché poi la valutazione delle singole candidature non si basa sugli effettivi titoli o meriti, perché alla fine quasi sempre ogni commissione nomina chi c... gli pare. Come si è visto anche nelle Commissioni centrali del Ministero che dovrebbero fornire al Ministro valutazioni qualitative nei vari settori dello spettacolo. Possiamo dirlo anche per esperienza diretta, sfidiamo anche l'ex direttore generale Nastasi a smentirci.
Anche all'Auditorium si è scelto un capo azienda straniero, spagnolo. Bene, ma poi il consiglio di amministrazione appena ricostituito, è fatto dei soliti noti, di quelli che troviamo contemporaneamente seduti su diverse poltrone, dove fanno sempre lo stesso gioco, quello di chi li ha messi lì.
E c'è, infine, il caso del Maxxi, dove per le ultime piogge si sarebbe aperta una crepa sul tetto - sì proprio una crepa, in un museo progettato da una notissima archistar, consegnato da pochissimi anni! Sul cancello del Museo è stato affisso un cartello in due lingue, e quello in lingua inglese, nel museo diretto da una pdiessina notissima, parlamentare ed anche ministra, faceva uso di un imbarazzante inglese maccheronico , degno di un film di Totò.
Ma non la dirige quella galleria una italo-americana, nata addirittura a New York, appunto Giovanna Melandri che avrebbe potuto mettere una di seguito all'altra quattro parole, in un inglese non maccheronico, su quel cartello che dichiarava la galleria chiusa per lavori, senza specificare quali, alla cui lettura molti sono scoppiati a ridere?
Baratta ha anche spiegato che l'esame delle candidature si è svolto in due momenti. Il primo attraverso la valutazione, con assegnazione di punteggio, in base ai titoli - e in molti casi la somma di essi ha visto parecchi candidati in lizza per il medesimo incarico, con un punteggio uguale od assai simile - il secondo con un colloquio - lo ha dichiarato Paolo Baratta - della durata di una quindicina di minuti nel quale agli aspiranti candidati è stato chiesto - sempre la stessa domanda- come vedrebbe valorizzato il museo alla cui direzione si è candidato.
Ha ragione perciò chi ha contestato i risultati della selezione, sul piano del merito e delle competenze e non per eventuali contestazioni legali e di svolgimento, al di là del fatto che dei venti sette sono stranieri - e nulla lo vieta. Lo vieterebbe semmai il fatto che alcuni di essi, sono sì studiosi, ma con esperienze dirette nel campo della direzione dei musei praticamente nulle. Dove forse per uno o due di essi l'attività all'estero li vedrebbe più preparati professionalmente nel cosiddetto campo della 'valorizzazione' dei musei italiani, forse carenti sotto questo profilo, fra i quali sono compresi i massimi del nostro paese, anche Uffizi e Brera.
Non sarà sfuggito a nessuno il caso della grande mostra su Pompei, con materiali provenienti dall'Italia, a Londra, per la quale si è registrato un sorprendente inusuale numero di presenze di visitatori ed anche enormi entrate. Reperti italiani che a Londra sono stati valorizzati ed in Italia giacciono magari nei depositi.
A proposito di Pompei, Ieri in tv hanno mostrato la Pompei di questi giorni. Un disastro, che ci fa venire qualche dubbio sul reportage di diversissimo segno che Giuliano Ferrara aveva fatto su 'Il Fogli'o, dove Pompei che lui aveva visitato non era quello schifo di inefficienze sporcizia ecc... che i giornali ogni giorno, ed anche la televisione ieri sera, mostrano, bensì un giardino di delizie e meraviglie.
E c'è poi anche il problema che il permanere immobile della burocrazia ministeriale forse non aiuterebbe i nuovi direttori. Che farà un direttore tedesco - si è anche detto che Renzi ha svenduto alcuni Musei italiani alla Merkel - di fronte ad una assemblea sindacale che fa restare chiuso un museo, magari con preavviso di poche ore?
Ieri in un accesissimo dibattito tv sull'argomento - de La 7, al quale non si capisce perchè abbiano invitato anche la Polverini che certamente cosa sia un museo o la cultura in genere poco sa; ma lei va tanto di moda, come va di moda anche la Gelmini, alla quale sul medesimo settore di cui ha parlato la Polverini andrebbe inibita la parola per la mancata conoscenza dell'argomento e per i danni procurati alla scuola italiana nei mesi in cui è stata ministro dell'Istruzione; sì, lei che per superare un concorso è andata a farlo in Calabria, dove sperava di poter farla franca alla commissione, vergogna!- tutte queste obiezioni sono emerse con rara chiarezza, negli interventi infuocati di Sgarbi, il più duro, con conoscenza di causa, contro le scelte della commissione.
Ciò che non è mai venuto fuori è l'eccezione romana, della romana Anna Coliva, direttrice della galleria Borghese, l'unica che resta al suo posto, nonostante le contestazioni dei mesi precedenti su grandi feste ospitate nella pubblica galleria d'arte con scarso rispetto per le strutture della medesima ed anche altro.
Noi non abbiamo i titoli per discutere delle competenze dalla Coliva - sulle quali nessuno ha mosso dubbi, ci pare - ci colpisce però il fatto che lei sia l'unica a restare. Non sarà che chi sta a Roma riesce ad allungare i suoi tentacoli dappertutto fino ad abbracciare tutti? Lei tutti quelli che comandano a Roma, li conosce, e con loro magari vanta anche amicizie, dal Ministro a Baratta. e perciò lei non si tocca, nessuno la tocca, neppure l'integerrimo ( ahahahah!) Baratta può farlo.
A proposito di questi concorsi internazionali o delle 'cosiddette manifestazioni di interesse' che piacciono tanto al ministro, va detto che si tratta in molti casi di fumo negli occhi, perché poi la valutazione delle singole candidature non si basa sugli effettivi titoli o meriti, perché alla fine quasi sempre ogni commissione nomina chi c... gli pare. Come si è visto anche nelle Commissioni centrali del Ministero che dovrebbero fornire al Ministro valutazioni qualitative nei vari settori dello spettacolo. Possiamo dirlo anche per esperienza diretta, sfidiamo anche l'ex direttore generale Nastasi a smentirci.
Anche all'Auditorium si è scelto un capo azienda straniero, spagnolo. Bene, ma poi il consiglio di amministrazione appena ricostituito, è fatto dei soliti noti, di quelli che troviamo contemporaneamente seduti su diverse poltrone, dove fanno sempre lo stesso gioco, quello di chi li ha messi lì.
E c'è, infine, il caso del Maxxi, dove per le ultime piogge si sarebbe aperta una crepa sul tetto - sì proprio una crepa, in un museo progettato da una notissima archistar, consegnato da pochissimi anni! Sul cancello del Museo è stato affisso un cartello in due lingue, e quello in lingua inglese, nel museo diretto da una pdiessina notissima, parlamentare ed anche ministra, faceva uso di un imbarazzante inglese maccheronico , degno di un film di Totò.
Ma non la dirige quella galleria una italo-americana, nata addirittura a New York, appunto Giovanna Melandri che avrebbe potuto mettere una di seguito all'altra quattro parole, in un inglese non maccheronico, su quel cartello che dichiarava la galleria chiusa per lavori, senza specificare quali, alla cui lettura molti sono scoppiati a ridere?
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L'Elisir d'amore a Malpensa. Dulcamara ha somministrato agli scaligeri, per convincerli, vino all'etanolo
L'operazione 'La Scala va a Malpensa' rientra nel piano di rilancio dell'aeroporto internazionale di Milano, dopo il restyling abbastanza costoso, 30 milioni di Euro, e in previsione dell'EXPO. E infatti l'inaugurazione della sede 'più nuova e più bella che pria', alla presenza di autorità milanesi e governative ( presidente della Regione, Maroni, e ministro Delrio) è avvenuta alla fine di aprile, dunque alla vigilia dell'apertura dell'EXPO.
Al taglio del nastro ha partecipato anche Alexander Pereira, sovrintendente della Scala, con il suo insane progetto di portare l'opera all'aeroporto, convinto da una sua precedente esperienza zurighese, quando portò l'opera alla stazione ferroviaria, riscontrando, a suo dire, grande successo, e forse anche da un probabile consistente finanziamento regionale del Maroni che in teatro non metterebbe piede neanche a calci in culo, ma che a Malpensa ed al suo rilancio tiene molto, come ha detto in varie occasioni.
L'aeroporto milanese è naturalmente molto più grande della stazione ferroviaria di Zurigo, e dunque senz'altro più dispersivo. L'orchestra diretta da Fabio Luisi - che si è prestato ad una simile baggianata - sarà situata da una parte e l'opera verrà rappresentata in diversi altri ambienti, incurante della folla dei passeggeri che vanno e vengono. E comunque siccome gli unici che vedranno l'opera rappresentata ed ascolteranno anche l'orchestra saranno gli spettatori televisivi, c'è da supporre che più di un passeggero in transito si domanderà se a chi ha organizzato tutto questo e agli stessi cantanti, ma anche agli orchestrali ed al direttore d'orchestra, quel filibustiere di Dulcamara non abbia somministrato vino al metanolo che li ha fatti uscire di testa. Altrimenti come si spiegherebbe tutto quel casino che armeranno il prossimo 17 settembre a Malpensa?
Pereira che chiamerà a Milano lo stesso regista che lo ha affiancato nella precedente esperienza alla stazione centrale di Zurigo, assicura che ciò serve per far divertire chi passa da Malpensa ed anche per far uscire La Scala fuori delle mura del teatro.
Secondo il progetto di Pereira, si tratterà di un mosaico con le scene dell'opera ambientate nei diversi spazi dell'aeroporto. Ed ha anche aggiunto che "alla televisione, dal vivo, si vedrà l'opera nel suo insieme. Sarà una serata divertente e una grande sorpresa per i passeggeri, E' IL MODO PER PORTARE LA LIRICA VICINO ALLA GENTE". Davvero? O è solo il frutto dei fumi dell'alccol adulterato che gli hanno annebbiato la mente, a Pereira?
Al taglio del nastro ha partecipato anche Alexander Pereira, sovrintendente della Scala, con il suo insane progetto di portare l'opera all'aeroporto, convinto da una sua precedente esperienza zurighese, quando portò l'opera alla stazione ferroviaria, riscontrando, a suo dire, grande successo, e forse anche da un probabile consistente finanziamento regionale del Maroni che in teatro non metterebbe piede neanche a calci in culo, ma che a Malpensa ed al suo rilancio tiene molto, come ha detto in varie occasioni.
L'aeroporto milanese è naturalmente molto più grande della stazione ferroviaria di Zurigo, e dunque senz'altro più dispersivo. L'orchestra diretta da Fabio Luisi - che si è prestato ad una simile baggianata - sarà situata da una parte e l'opera verrà rappresentata in diversi altri ambienti, incurante della folla dei passeggeri che vanno e vengono. E comunque siccome gli unici che vedranno l'opera rappresentata ed ascolteranno anche l'orchestra saranno gli spettatori televisivi, c'è da supporre che più di un passeggero in transito si domanderà se a chi ha organizzato tutto questo e agli stessi cantanti, ma anche agli orchestrali ed al direttore d'orchestra, quel filibustiere di Dulcamara non abbia somministrato vino al metanolo che li ha fatti uscire di testa. Altrimenti come si spiegherebbe tutto quel casino che armeranno il prossimo 17 settembre a Malpensa?
Pereira che chiamerà a Milano lo stesso regista che lo ha affiancato nella precedente esperienza alla stazione centrale di Zurigo, assicura che ciò serve per far divertire chi passa da Malpensa ed anche per far uscire La Scala fuori delle mura del teatro.
Secondo il progetto di Pereira, si tratterà di un mosaico con le scene dell'opera ambientate nei diversi spazi dell'aeroporto. Ed ha anche aggiunto che "alla televisione, dal vivo, si vedrà l'opera nel suo insieme. Sarà una serata divertente e una grande sorpresa per i passeggeri, E' IL MODO PER PORTARE LA LIRICA VICINO ALLA GENTE". Davvero? O è solo il frutto dei fumi dell'alccol adulterato che gli hanno annebbiato la mente, a Pereira?
martedì 18 agosto 2015
Come è finito il Teatro antico di Taormina? Nelle mani dei due Enrichi.
Prima è stato Enrico Castiglione, il 'più grande regista dai tempi di Marconi' come l'ha definito la stampa internazionale, ad occupare - lo fa da anni - quel sacro luogo che è il Teatro antico di Taormina, con rappresentazioni d'opera - quest'anno, fra l'altro, il 'Barbiere' di Rossini - di cui egli oltre che 'il più grande regista dai tempi di Marconi' è costumista e scenografo e regista televisivo, trasmesse - come va dicendo lui - in mondovisione. Una balla grande come il Colosseo, perchè lui registra le opere che dirige, e poi quei suoi 'capolavori' li dà alla RAI- che secondo noi potrebbe, anzi dovrebbe, rifiutarli anche se gratis - che li manda in onda di notte sui canali per l'estero, almeno così faceva un tempo, mentre adesso crediamo che le cose siano già cambiate o sul punto di cambiare per rispetto della professione registica.
Finita la sua quindicina a Taormina, il' più grande regista dai tempi di Marconi', cioè Enrico Castiglione, passa il testimone di quello storico palcoscenico, profanato con la complicità dei suoi direttori artistici, ad Enrico Stinchelli. Sì, lui, quello della 'Barcaccia' radiofonica della quale ricordiamo solo le risate sue e della sua 'spalla', Michele Suozzo. Anche lui con tre titoli, come il 'più grande regista dai tempi di Marconi', ma titoli verdiani a cominciare dalla 'Traviata' che va in scena questa sera, con quattro soprani, uno per ogni quadro, la prima delle quali, nel primo fa la sua comparsa sulla scena come mamma sua l'ha fatta, in un nudo integrale. Mamma mia, che trovata! C'è da dire che la bellezza statuaria della cantante straniera non la godranno in pieno gli spettatori, data la lontananza del palcoscenico e le luci mezze mezze. Peccato! Stinchelli, del quale conosciamo ed apprezziamo, per lo humor che suscitano, alcune sue intemperanze canore ora passa alla regia - qualcosa ha già fatto prima - tentando il colpo grosso, che sicuramente gli riuscirà con il nudo in palcoscenico, perchè, ha rivelato: lei - la signorina - Violetta è una puttana e lo fa da quando era giovanissima, e le puttane come si sa non lavorano coperte dalla testa ai piedi. Per questo la si vedrà davanti ad uno specchio mentre si bea delle sue grazie, facendo beare anche il pubblico che al nudo è poco abituato, specie in teatro; e che all'opera non l'ha ancora visto mai.
Naturalmente sia nell'impresa lirica del 'più grande regista dai tempi di Marconi' che in quella del radiofonico Stinchelli, non c'è notizia dell'orchestra e dei direttori, elementi secondari, come forse lo sono anche i cantanti, salvo qualche nome, non più di uno per titolo, sparato come fumo negli occhi. Quel che conta è la regia e su quella non ci sono santi, a Taormina ogni anno sbarca il meglio che si possa pretendere, dai tempi di Marconi ad oggi, con i due Enrichi.
Finita la sua quindicina a Taormina, il' più grande regista dai tempi di Marconi', cioè Enrico Castiglione, passa il testimone di quello storico palcoscenico, profanato con la complicità dei suoi direttori artistici, ad Enrico Stinchelli. Sì, lui, quello della 'Barcaccia' radiofonica della quale ricordiamo solo le risate sue e della sua 'spalla', Michele Suozzo. Anche lui con tre titoli, come il 'più grande regista dai tempi di Marconi', ma titoli verdiani a cominciare dalla 'Traviata' che va in scena questa sera, con quattro soprani, uno per ogni quadro, la prima delle quali, nel primo fa la sua comparsa sulla scena come mamma sua l'ha fatta, in un nudo integrale. Mamma mia, che trovata! C'è da dire che la bellezza statuaria della cantante straniera non la godranno in pieno gli spettatori, data la lontananza del palcoscenico e le luci mezze mezze. Peccato! Stinchelli, del quale conosciamo ed apprezziamo, per lo humor che suscitano, alcune sue intemperanze canore ora passa alla regia - qualcosa ha già fatto prima - tentando il colpo grosso, che sicuramente gli riuscirà con il nudo in palcoscenico, perchè, ha rivelato: lei - la signorina - Violetta è una puttana e lo fa da quando era giovanissima, e le puttane come si sa non lavorano coperte dalla testa ai piedi. Per questo la si vedrà davanti ad uno specchio mentre si bea delle sue grazie, facendo beare anche il pubblico che al nudo è poco abituato, specie in teatro; e che all'opera non l'ha ancora visto mai.
Naturalmente sia nell'impresa lirica del 'più grande regista dai tempi di Marconi' che in quella del radiofonico Stinchelli, non c'è notizia dell'orchestra e dei direttori, elementi secondari, come forse lo sono anche i cantanti, salvo qualche nome, non più di uno per titolo, sparato come fumo negli occhi. Quel che conta è la regia e su quella non ci sono santi, a Taormina ogni anno sbarca il meglio che si possa pretendere, dai tempi di Marconi ad oggi, con i due Enrichi.
lunedì 17 agosto 2015
il Festival di Salisburgo laurea un giovanissimo direttore d'orchestra di sangue italiano anche se svizzero di nazionalità: Lorenzo Viotti
Da anni il Festival di Salisburgo nella sua politica di promozione dei giovani musicisti ( ha anche ospitato, come residenti, l'orchestra venezuelana Bolivar e quella del 'divano' di Barenboim) ha avviato due iniziative, una destinata a scovare nuovi cantanti ed una seconda, nuovi direttori d'orchestra. Ha trovato sponsor ed è andata avanti.
Qualche anno fa, prima che partisse l'iniziativa destinata ai direttori, seguimmo da vicino quella destinata ai cantanti; in tale occasione segnalammo l'assenza di giovani cantanti italiani, e la presenza deflagrante, per qualità delle voci, di cantanti dell'est europeo, superiori per numero a quelli dell'estremo oriente. L'Accademia salisburghese era importante anche per una seconda ragione, dopo quella della presenza di importanti maestri dell'arte del canto, e cioè quella del debutto dei più meritevoli, scoperti da una giuria di star, nella successiva edizione del festival.
Ora che, seppure di nazionalità svizzera, ha vinto il premio come direttore un giovane, molto giovane con sangue italiano nelle vene, che fa di cognome Viotti e di nome Lorenzo, figlio del compianto Marcello, deceduto a seguito di un ictus alla ancor verde età di cinquant'anni, nel 2005, a Monaco di Baviera, non riusciamo a controllare la nostra più che giustificata felicità.
Ora ci attendiamo che i soloni integerrimi direttori artistici delle nostre istituzioni gli riservano la stessa attenzione che in questi ultimi anni hanno riservato a giovani, giovanissimi direttori, stranieri per lo più,(con le sole eccezioni di Battistoni e Rustioni) principalmente perchè raccomandati e portati in palmo di mano da alcuni ben noti mammasantissima del settore, non sapendo i nostri direttori artistici da soli decidere del valore dei giovani musicisti.
Il giovane Lorenzo Viotti, che ha solo 25 anni, e che quando è morto suo padre era ancora un ragazzino, è stato premiato dalla giuria del concorso salisburghese perché meritava. Diversamente da qual che accade ogni giorno sotto i nostri occhi, senza eccezione, e cioè che alcuni rampolli fanno carriera perchè figli di padri potenti. Lorenzo Viotti ha avuto un premio in denaro, 15.000 Euro, e dirigerà l'anno prossimo a Salisburgo
Ora vogliamo vedere se, come sarebbe opportuno, lo inviteranno a dirigere, ma senza strafare; altrimenti peste li colga, i direttori artistici di casa nostra
Qualche anno fa, prima che partisse l'iniziativa destinata ai direttori, seguimmo da vicino quella destinata ai cantanti; in tale occasione segnalammo l'assenza di giovani cantanti italiani, e la presenza deflagrante, per qualità delle voci, di cantanti dell'est europeo, superiori per numero a quelli dell'estremo oriente. L'Accademia salisburghese era importante anche per una seconda ragione, dopo quella della presenza di importanti maestri dell'arte del canto, e cioè quella del debutto dei più meritevoli, scoperti da una giuria di star, nella successiva edizione del festival.
Ora che, seppure di nazionalità svizzera, ha vinto il premio come direttore un giovane, molto giovane con sangue italiano nelle vene, che fa di cognome Viotti e di nome Lorenzo, figlio del compianto Marcello, deceduto a seguito di un ictus alla ancor verde età di cinquant'anni, nel 2005, a Monaco di Baviera, non riusciamo a controllare la nostra più che giustificata felicità.
Ora ci attendiamo che i soloni integerrimi direttori artistici delle nostre istituzioni gli riservano la stessa attenzione che in questi ultimi anni hanno riservato a giovani, giovanissimi direttori, stranieri per lo più,(con le sole eccezioni di Battistoni e Rustioni) principalmente perchè raccomandati e portati in palmo di mano da alcuni ben noti mammasantissima del settore, non sapendo i nostri direttori artistici da soli decidere del valore dei giovani musicisti.
Il giovane Lorenzo Viotti, che ha solo 25 anni, e che quando è morto suo padre era ancora un ragazzino, è stato premiato dalla giuria del concorso salisburghese perché meritava. Diversamente da qual che accade ogni giorno sotto i nostri occhi, senza eccezione, e cioè che alcuni rampolli fanno carriera perchè figli di padri potenti. Lorenzo Viotti ha avuto un premio in denaro, 15.000 Euro, e dirigerà l'anno prossimo a Salisburgo
Ora vogliamo vedere se, come sarebbe opportuno, lo inviteranno a dirigere, ma senza strafare; altrimenti peste li colga, i direttori artistici di casa nostra
Pereira spinge Muti, ma Muti mette il freno sul suo possibile ritorno alla Scala, dove stanno per arrivare nuovi sponsor
Dopo la trasferta a Ravenna dell'attuale sovrintendente-direttore artistico della Scala, Alexander Pereira - con un ramoscello d'ulivo da consegnare brevi manu a Riccardo Muti, nella prospettiva di un suo ritorno alla Scala - il sovrintendente incalza nuovamente il direttore nei giorni dei suoi trionfi salisburghesi con i Wiener e la solista Mutter, recapitandogli una lettera di invito a tornare, firmata da una novantina di orchestrali della Scala. Non tutti, perciò. E Muti ripete quel che ha detto a Pereira a Ravenna: non ho ancora preso una decisione. Così ribadendo, avrebbe lasciato una porta aperta, secondo alcuni osservatori, detto invece un diplomatico 'si vedrà', che significa no, secondo altri.
Ora, inutile insistere, se i tempi saranno maturi, quando sarà, Muti tornerà alla Scala. Altrimenti, sebbene possa apparire abbastanza strano che nel suo paese il più noto direttore vivente non diriga l'orchestra della più importante istituzione, non cascherà il mondo per questo; e la vita musicale continuerà con alti e bassi ma continuerà, perchè Beethoven o Verdi sopravviveranno alla Scala ed a Muti, anche senza che fra loro si sopisca la vecchia ruggine che portò la prima a divorziare dal secondo, e viceversa.
Ad una disattenta giornalista, che ha affrontato la questione, è sfuggita la idiozia più idiota. e cioè che per far tornare Muti alla Scala occorre decidersi il prima possibile, insomma bisogna costringerlo a tornare, perchè con il carnet fittissimo di impegni del direttore - che sono, a suo dire, quello con la Chicago Symphony, e l'Aida a Salisburgo nel 2017 - sarebbe difficile poi trovare un periodo libero. Siamo a metà 2015!
Muti però ha ragione quando a proposito della Scala segnala l'anomalia della presenza dei giovani musicisti venezuelani della Bolivar con Dudamel, a Milano, per un intero mese - chi ha voluto questa lunga trasferta, Lissner o Pereira?- quando invitare un'orchestra giovanile italiana, proprio in occasione dell'EXPO sarebbe parso più opportuno. Ancor più adesso anche Pereira ammette che i biglietti per tutti i concerti e per l'opera con l'Orchestra 'Bolivar' non sono stati tutti venduti ed anzi sono lungi dall'esserlo. Perchè in questa estate scaligera sono lontani dall'orizzonte i 'tutto esaurito' che si attendevano con l'EXPO, al punto da tenere il teatro aperto anche per tutta l'estate, oltre che per i sei mesi di EXPO. Pereira ammette che a Milano in queste settimane la sera si preferisce frequentare i ristoranti dell'EXPO, piuttosto che il teatro che negli altri periodi dell'anno, anche senza EXPO, si vede quasi sempre gremito. Un errore perciò, secondo Pereira, tenere aperto il teatro anche in agosto; se lo si chiudeva non si faceva un soldo di danno, anzi si potevano dare le ferie a tutto il personale, orchestra compresa.
L'unica buona notizia arriva dal fronte degli sponsor. E la dà, orgoglioso e soddisfatto, lo stesso Pereira che si è sempre fatto vanto di avere il fiuto per i soldi e di saperli trovare, per le sue imprese, là dove ci sono. Ha già trovato qualcosa come 7 milioni di sponsorizzazioni e starebbe per arrivare alla Scala un altro socio fondatore che porterebbe 6 milioni di Euro in dote. Si dice Rolex, ma il contratto non è stato ancora firmato. E dunque non si canti ancora l'inno della vittoria.
Ora, inutile insistere, se i tempi saranno maturi, quando sarà, Muti tornerà alla Scala. Altrimenti, sebbene possa apparire abbastanza strano che nel suo paese il più noto direttore vivente non diriga l'orchestra della più importante istituzione, non cascherà il mondo per questo; e la vita musicale continuerà con alti e bassi ma continuerà, perchè Beethoven o Verdi sopravviveranno alla Scala ed a Muti, anche senza che fra loro si sopisca la vecchia ruggine che portò la prima a divorziare dal secondo, e viceversa.
Ad una disattenta giornalista, che ha affrontato la questione, è sfuggita la idiozia più idiota. e cioè che per far tornare Muti alla Scala occorre decidersi il prima possibile, insomma bisogna costringerlo a tornare, perchè con il carnet fittissimo di impegni del direttore - che sono, a suo dire, quello con la Chicago Symphony, e l'Aida a Salisburgo nel 2017 - sarebbe difficile poi trovare un periodo libero. Siamo a metà 2015!
Muti però ha ragione quando a proposito della Scala segnala l'anomalia della presenza dei giovani musicisti venezuelani della Bolivar con Dudamel, a Milano, per un intero mese - chi ha voluto questa lunga trasferta, Lissner o Pereira?- quando invitare un'orchestra giovanile italiana, proprio in occasione dell'EXPO sarebbe parso più opportuno. Ancor più adesso anche Pereira ammette che i biglietti per tutti i concerti e per l'opera con l'Orchestra 'Bolivar' non sono stati tutti venduti ed anzi sono lungi dall'esserlo. Perchè in questa estate scaligera sono lontani dall'orizzonte i 'tutto esaurito' che si attendevano con l'EXPO, al punto da tenere il teatro aperto anche per tutta l'estate, oltre che per i sei mesi di EXPO. Pereira ammette che a Milano in queste settimane la sera si preferisce frequentare i ristoranti dell'EXPO, piuttosto che il teatro che negli altri periodi dell'anno, anche senza EXPO, si vede quasi sempre gremito. Un errore perciò, secondo Pereira, tenere aperto il teatro anche in agosto; se lo si chiudeva non si faceva un soldo di danno, anzi si potevano dare le ferie a tutto il personale, orchestra compresa.
L'unica buona notizia arriva dal fronte degli sponsor. E la dà, orgoglioso e soddisfatto, lo stesso Pereira che si è sempre fatto vanto di avere il fiuto per i soldi e di saperli trovare, per le sue imprese, là dove ci sono. Ha già trovato qualcosa come 7 milioni di sponsorizzazioni e starebbe per arrivare alla Scala un altro socio fondatore che porterebbe 6 milioni di Euro in dote. Si dice Rolex, ma il contratto non è stato ancora firmato. E dunque non si canti ancora l'inno della vittoria.
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domenica 16 agosto 2015
Il Pasticcio dell' Orchestra 'Giuseppe Verdi' di MIlano. C'entra Salvo Nastasi, il brillante dirigente del Ministero?
Quando abbiamo letto l'importo del contributo per il 2015 destinato dal FUS all'Orchestra e Coro Giuseppe Verdi di Milano, siamo saltati sulla sedia: poco più di un milione di Euro, a fronte di contributi assegnati ad altre istituzioni - nessuna paragonabile all'Orchestra milanese - del doppio superiori. Ma su questo abbiamo già scritto giorni fa.
Poi abbiamo guardato con attenzione il decreto ministeriale - contro il quale il mondo musicale è in rivolta, in Parlamento sono state presentate interpellanze, diverse associazioni hanno scritto una dura lettera a Franceschini per chiedergli di ritirarlo - ed abbiamo scoperto che la categoria entro la quale è presente la Verdi, con l'annotazione del contributo, è quella dei 'COMPLESSI STRUMENTALI' accanto ai Solisti veneti e I Solisti aquilani ecc...
Un passo avanti, se pur vergognoso, perchè negli anni passati la Verdi rientrava nella categoria 'ATTIVITA' CONCERTISTICHE', paragonata ad una qualunque associazione che ospita concerti non avendo complessi propri. La Verdi è un'orchestra sinfonica, un coro, un'orchestra barocca ed un'orchestra di ragazzi. Ha un suo auditorium, fa oltre duecento cinquanta concerti a stagione, è l'orchestra che da sola ha un pubblico pari a quello di tutte le orchestre stabili italiane ( le cosiddette ICO) - fra le quali l'Orchestra Verdi per il brillante ex direttore del legislativo del Ministero- sempre lui , Nastasi - non POTEVA RIENTRARE.
La Verdi si procura entrate molto superiori a quelle di qualunque altra orchestra italiana, ed in percentuale, in rapporto al contributo FUS, anche superiore a quelle di Santa Cecilia, per non dire di tutte le Fondazioni liriche. E pure per il brillante ex direttore del legislativo del Ministero - sempre lui Nastasi- la Verdi non poteva esser ammessa fra le Orchestre stabili. La Verdi, infine, è prima nell'elenco delle donazioni dei cittadini del 5x1000, e ciò sta ad indicare l'affezione del mondo musicale per l'Orchestra milanese. Ma il brillante direttore generale da quell'orecchio non ci sente. Conosciamo a fondo i problemi ai quali lui, NASTASI, HA FATTO ATTACCARE I VARI MINISTRI, IGNORANTI IN MATERIA, PER NON CONCEDERE ALLA VERDI CIO' CHE LE SPETTAVA DI DIRITTO E SI ERA GUADAGNATO.
Da quando oltre vent'anni fa è sorta la Verdi, sono passati dodici ministri, per molti di essi il superconsigliere è stato Salvo Nastasi - sempre lui - senza che mai il caso della orchestra milanese più blasonata fra tutte le orchestra italiane, venisse affrontato e risolto. Lo prese a cuore Rutelli, ma evidentemente mal consigliato da Salvo Nastasi - sempre lui - il caso non fu risolto, ogni anno Corbani che delL'orchestra milanese fu fra i fondatori e ne è tuttora l'anima, è tornato alla carica segnalando la anomalia della verdi, ma nulla accadeva al ministero, ove i ministri ascoltavano ciò che diceva loro Salvo Nastasi. Capite allora, perchè esultiamo ore che ce lo siamo tolto dalle balle?
Non senza aver prima segnalato l'ultima scorrettezza dell'integerrimo direttore, per fortuna 'ex' da poche ore, Salvo Nastasi.
Nei decreti da lui firmati per le assegnazioni dei contributi , lo abbiamo detto, ha messo la Verdi fra i 'complessi strumentali' quasi fosse una orchestrina. Neanche questo sa e capisce l'ex direttore generale.
Ma, guarda caso, l'ha fatto anche contro l'evidenza della inclusione della Verdi fra le ICO, avvenuta con decreto del ministro Franceschini in data 1 aprile 2015. Verso la quale decisione, egli evidentemente ha voluto dimostrare pubblicamente la sua non condivisione, con lo stesso scarso senso istituzionale che in tutti questi anni l'ha portato a distruggere, novello Attila, la musica in Italia.
Poi abbiamo guardato con attenzione il decreto ministeriale - contro il quale il mondo musicale è in rivolta, in Parlamento sono state presentate interpellanze, diverse associazioni hanno scritto una dura lettera a Franceschini per chiedergli di ritirarlo - ed abbiamo scoperto che la categoria entro la quale è presente la Verdi, con l'annotazione del contributo, è quella dei 'COMPLESSI STRUMENTALI' accanto ai Solisti veneti e I Solisti aquilani ecc...
Un passo avanti, se pur vergognoso, perchè negli anni passati la Verdi rientrava nella categoria 'ATTIVITA' CONCERTISTICHE', paragonata ad una qualunque associazione che ospita concerti non avendo complessi propri. La Verdi è un'orchestra sinfonica, un coro, un'orchestra barocca ed un'orchestra di ragazzi. Ha un suo auditorium, fa oltre duecento cinquanta concerti a stagione, è l'orchestra che da sola ha un pubblico pari a quello di tutte le orchestre stabili italiane ( le cosiddette ICO) - fra le quali l'Orchestra Verdi per il brillante ex direttore del legislativo del Ministero- sempre lui , Nastasi - non POTEVA RIENTRARE.
La Verdi si procura entrate molto superiori a quelle di qualunque altra orchestra italiana, ed in percentuale, in rapporto al contributo FUS, anche superiore a quelle di Santa Cecilia, per non dire di tutte le Fondazioni liriche. E pure per il brillante ex direttore del legislativo del Ministero - sempre lui Nastasi- la Verdi non poteva esser ammessa fra le Orchestre stabili. La Verdi, infine, è prima nell'elenco delle donazioni dei cittadini del 5x1000, e ciò sta ad indicare l'affezione del mondo musicale per l'Orchestra milanese. Ma il brillante direttore generale da quell'orecchio non ci sente. Conosciamo a fondo i problemi ai quali lui, NASTASI, HA FATTO ATTACCARE I VARI MINISTRI, IGNORANTI IN MATERIA, PER NON CONCEDERE ALLA VERDI CIO' CHE LE SPETTAVA DI DIRITTO E SI ERA GUADAGNATO.
Da quando oltre vent'anni fa è sorta la Verdi, sono passati dodici ministri, per molti di essi il superconsigliere è stato Salvo Nastasi - sempre lui - senza che mai il caso della orchestra milanese più blasonata fra tutte le orchestra italiane, venisse affrontato e risolto. Lo prese a cuore Rutelli, ma evidentemente mal consigliato da Salvo Nastasi - sempre lui - il caso non fu risolto, ogni anno Corbani che delL'orchestra milanese fu fra i fondatori e ne è tuttora l'anima, è tornato alla carica segnalando la anomalia della verdi, ma nulla accadeva al ministero, ove i ministri ascoltavano ciò che diceva loro Salvo Nastasi. Capite allora, perchè esultiamo ore che ce lo siamo tolto dalle balle?
Non senza aver prima segnalato l'ultima scorrettezza dell'integerrimo direttore, per fortuna 'ex' da poche ore, Salvo Nastasi.
Nei decreti da lui firmati per le assegnazioni dei contributi , lo abbiamo detto, ha messo la Verdi fra i 'complessi strumentali' quasi fosse una orchestrina. Neanche questo sa e capisce l'ex direttore generale.
Ma, guarda caso, l'ha fatto anche contro l'evidenza della inclusione della Verdi fra le ICO, avvenuta con decreto del ministro Franceschini in data 1 aprile 2015. Verso la quale decisione, egli evidentemente ha voluto dimostrare pubblicamente la sua non condivisione, con lo stesso scarso senso istituzionale che in tutti questi anni l'ha portato a distruggere, novello Attila, la musica in Italia.
Ancora di Salvo Nastasi. per il quale si ipotizza qualche conflitto di interessi a causa dell'attività di sua moglie Giulia Minoli
Quando abbiamo ricordato che galeotto - permetteteci il paragone blasfemo!- fu il dopo terremoto dell'Aquila, per far incontrare Salvo Nastasi e Giulia Minoli, ci è sfuggito il ricordo che la presenza della Minoli a L'Aquila - dopo l'idea di Giovani Minoli, suo padre, subito sposata da Bertolaso e passata a Nastasi con la doppia benedizione di Gianni Letta, di fare qualcosa per i cittadini feriti dal terremoto - si deve all'affidamento della comunicazione del progetto denominato poi ' Campi sonori', se non andiamo errati, alla società onlus 'CO2 The Crisis Opportunity. Onlus' di cui Giulia Minoli è vicepresidente e fondatrice.
Insomma Minoli padre suggerisce un progetto a favore degli aquilani, Bertolaso lo sposa e lo sposa pure Nastasi, al quale riesce il colpaccio di portare per una settimana Muti a L'Aquila , ma poi lo fa gestire, per una parte, dalla società di sua figlia.
Certo che le crisi possono costituire una opportunità, come dice la società di Giulia Minoli; occorre solo vedere per chi.
Negli anni successivi a L'Aquila, Nastasi, per far arrivare nella città terremotata ogni estate un pò di soldi, ha messo su un festival intitolato 'sentieri dell'immaginario'- un mezzo fiasco, ma comunque utile per foraggiare gli aquilani e far contento anche il suo testimone di nozze, aquilano doc, Gianni Letta.
Poi dopo molti anni- almeno fino al 2013 il festival è andato avanti - per il prossimo 6 settembre sono stati invece i jazzisti italiani che si sono dati appuntamento tutti a L'Aquila per tener desta l'attenzione della nazione sulla città le cui rovine storiche sono ancora sotto gli occhi di tutti( Non voleva L'Aquila candidarsi a capitale della cultura per il 2019? Quale Aquila? quella ancora un cumulo di macerie!).Per tale manifestazione Nastasi ha già stanziato 40.000 Euro circa, una somma ben lontana dai tanti soldi dei suoi 'cantieri' aquilani degli anni scorsi.
E Giulia Minoli, con la sua società onlus, alla quale chiese a tutti gli invitati del suo matrimonio di devolvere soldi al posto dei regali, non sta con le mani in mano. Ad esempio, da una sua idea, basta un'idea, con la regia e drammaturgia di Emanuela Giordano - che presso il Comune di Roma gode, anche meritato, di un credito notevole - è nato il progetto intitolato 'Palcoscenico della legalità' che è partito con uno spettacolo ospitato al San Carlo - vi dice qualcosa? non è il teatro nel quale Nastasi è stato anche commissario e lei, Giulietta, coordinatrice del Museo, messa lì da suo marito? - in alcuni teatri milanesi e poi al Massimo di Palermo, che ne ha tutte le ragioni per ospitarlo, ma anche una in più: fare un favore alla mogliettina del 'grande & grosso' direttore generale dello Spettacolo, padrone del FUS; ex, per la gioia di tutti. Ora attuale vice segretario generale di Palazzo Chigi, in procinto di partire per Bagnoli onde bonifiacarne il sito di veleni.
Insomma Minoli padre suggerisce un progetto a favore degli aquilani, Bertolaso lo sposa e lo sposa pure Nastasi, al quale riesce il colpaccio di portare per una settimana Muti a L'Aquila , ma poi lo fa gestire, per una parte, dalla società di sua figlia.
Certo che le crisi possono costituire una opportunità, come dice la società di Giulia Minoli; occorre solo vedere per chi.
Negli anni successivi a L'Aquila, Nastasi, per far arrivare nella città terremotata ogni estate un pò di soldi, ha messo su un festival intitolato 'sentieri dell'immaginario'- un mezzo fiasco, ma comunque utile per foraggiare gli aquilani e far contento anche il suo testimone di nozze, aquilano doc, Gianni Letta.
Poi dopo molti anni- almeno fino al 2013 il festival è andato avanti - per il prossimo 6 settembre sono stati invece i jazzisti italiani che si sono dati appuntamento tutti a L'Aquila per tener desta l'attenzione della nazione sulla città le cui rovine storiche sono ancora sotto gli occhi di tutti( Non voleva L'Aquila candidarsi a capitale della cultura per il 2019? Quale Aquila? quella ancora un cumulo di macerie!).Per tale manifestazione Nastasi ha già stanziato 40.000 Euro circa, una somma ben lontana dai tanti soldi dei suoi 'cantieri' aquilani degli anni scorsi.
E Giulia Minoli, con la sua società onlus, alla quale chiese a tutti gli invitati del suo matrimonio di devolvere soldi al posto dei regali, non sta con le mani in mano. Ad esempio, da una sua idea, basta un'idea, con la regia e drammaturgia di Emanuela Giordano - che presso il Comune di Roma gode, anche meritato, di un credito notevole - è nato il progetto intitolato 'Palcoscenico della legalità' che è partito con uno spettacolo ospitato al San Carlo - vi dice qualcosa? non è il teatro nel quale Nastasi è stato anche commissario e lei, Giulietta, coordinatrice del Museo, messa lì da suo marito? - in alcuni teatri milanesi e poi al Massimo di Palermo, che ne ha tutte le ragioni per ospitarlo, ma anche una in più: fare un favore alla mogliettina del 'grande & grosso' direttore generale dello Spettacolo, padrone del FUS; ex, per la gioia di tutti. Ora attuale vice segretario generale di Palazzo Chigi, in procinto di partire per Bagnoli onde bonifiacarne il sito di veleni.
venerdì 14 agosto 2015
Salvo Nastasi lascia la Cultura per Palazzo Chigi, dove sarà vice segretario generale. Con delega per Bagnoli?
E' una buona notizia? Sì, certo che lo è. Il 'grande & grosso' direttore generale libera finalmente la sua poltrona al Ministero del Collegio romano per insediarsi a palazzo Chigi. E questa buona notizia, oggi solo La repubblica la dà con qualche punta di sana critica. L'uomo padrone del FUS, così l'ha definito, ora andrà a fianco di Renzi, al quale forse l'ha raccomandato Nardella, fraterno amico di entrambi, come ha scritto qualche giornale.
A proposito del FUS, sulla cui gestione, non da oggi, Nastasi è stato duramente criticato, per l'ultima assegnazione di contributi, quella del 2015 resa nota, con grande tempismo, alla fine di luglio, ha fatto ciò che non aveva ancora fatto. E ne ha fatte tante.
Ha esautorato anche sotto il profilo teorico la Commissione centrale musica ( il discorso vale anche per gli altri settori finanziati con il FUS) che, da notizie degli anni trascorsi, nei fatti esautorata lo è stata da sempre. Perchè era anche accaduto che una volta il direttore generale si presentasse con l'elenco dei contributi, redatto da lui, chiedendo l'avallo della commissione che, essendo da sempre composta da miracolati da Nastasi, l'ha concesso senza fiatare. Come nelle migliori democrazie.
Quest'anno ha fatto di più. Ha affidato ad una società di consulenza esterna la valutazione ed assegnazione dei punteggi ai varie richiedenti, annullando così qualunque valutazione della Commissione di cosiddetti esperti. Uno dei quali, anzi una, Silvia Colasanti , impossibilitata ad esprimere qualunque giudizio di qualità sui richiedenti - che è poi la ragione per cui esiste la commissione - ha deciso di rassegnare le dimissioni. Brava!
Alla fine dei conti, Nastasi con i suoi accoliti ubbidienti, ha stilato la lista dei contributi, una lista ristrettissima, difendendosi che non aveva potere discrezionale, perchè i richiedenti erano stati valutati secondo dati oggettivi trasformati in numeri. Sta di fatto che moltissime istituzioni, alcune anche storiche, che da tempo immemorabile ricevevano contributi dal Ministero sono state quest'anno escluse. A seguito di tali immotivate esclusioni, il mondo dello spettacolo è in rivolta. E forse bene ha fatto Renzi a strappare Nastasi dalla Cultura prima che una folla inferocita armata di megafono e striscioni del tipo 'abbasso Nastasi!', ' Fuori Attila dalla cultura', ' Nastasi peggio della crisi mondiale' non si piazzi fuori della sede ministeriale e lo aspetti all'uscita.
Ma forse tale dirottamento serve semplicemente a risolvere un problema del quale avevano scritto i giornali, e cioè quella del compenso. Che sinceramente non capiamo, ma che così abbiamo inteso. Va a palazzo Chigi per non perdere il suo 'grande & grosso' stipendio e il premier lo invia come commissario a Bagnoli, pagandolo a Palazzo Chigi, cosa che forse non sarebbe potuto avvenire solo con la sua uscita dal Collegio romano, sede dove fino ad oggi Nastasi era seduto sulla sua poltrona di direttore generale dello 'Spettacolo dal vivo'.
Il nuovo rebus è chi Franceschini metterà al suo posto. Uno che ne sappia meno di Nastasi - non è difficile da trovare - od uno che faccia peggio di lui? Impossibile.
A proposito del FUS, sulla cui gestione, non da oggi, Nastasi è stato duramente criticato, per l'ultima assegnazione di contributi, quella del 2015 resa nota, con grande tempismo, alla fine di luglio, ha fatto ciò che non aveva ancora fatto. E ne ha fatte tante.
Ha esautorato anche sotto il profilo teorico la Commissione centrale musica ( il discorso vale anche per gli altri settori finanziati con il FUS) che, da notizie degli anni trascorsi, nei fatti esautorata lo è stata da sempre. Perchè era anche accaduto che una volta il direttore generale si presentasse con l'elenco dei contributi, redatto da lui, chiedendo l'avallo della commissione che, essendo da sempre composta da miracolati da Nastasi, l'ha concesso senza fiatare. Come nelle migliori democrazie.
Quest'anno ha fatto di più. Ha affidato ad una società di consulenza esterna la valutazione ed assegnazione dei punteggi ai varie richiedenti, annullando così qualunque valutazione della Commissione di cosiddetti esperti. Uno dei quali, anzi una, Silvia Colasanti , impossibilitata ad esprimere qualunque giudizio di qualità sui richiedenti - che è poi la ragione per cui esiste la commissione - ha deciso di rassegnare le dimissioni. Brava!
Alla fine dei conti, Nastasi con i suoi accoliti ubbidienti, ha stilato la lista dei contributi, una lista ristrettissima, difendendosi che non aveva potere discrezionale, perchè i richiedenti erano stati valutati secondo dati oggettivi trasformati in numeri. Sta di fatto che moltissime istituzioni, alcune anche storiche, che da tempo immemorabile ricevevano contributi dal Ministero sono state quest'anno escluse. A seguito di tali immotivate esclusioni, il mondo dello spettacolo è in rivolta. E forse bene ha fatto Renzi a strappare Nastasi dalla Cultura prima che una folla inferocita armata di megafono e striscioni del tipo 'abbasso Nastasi!', ' Fuori Attila dalla cultura', ' Nastasi peggio della crisi mondiale' non si piazzi fuori della sede ministeriale e lo aspetti all'uscita.
Ma forse tale dirottamento serve semplicemente a risolvere un problema del quale avevano scritto i giornali, e cioè quella del compenso. Che sinceramente non capiamo, ma che così abbiamo inteso. Va a palazzo Chigi per non perdere il suo 'grande & grosso' stipendio e il premier lo invia come commissario a Bagnoli, pagandolo a Palazzo Chigi, cosa che forse non sarebbe potuto avvenire solo con la sua uscita dal Collegio romano, sede dove fino ad oggi Nastasi era seduto sulla sua poltrona di direttore generale dello 'Spettacolo dal vivo'.
Il nuovo rebus è chi Franceschini metterà al suo posto. Uno che ne sappia meno di Nastasi - non è difficile da trovare - od uno che faccia peggio di lui? Impossibile.
giovedì 13 agosto 2015
Son troppi i Giambrone, due finora, nel pollaio palermitano? no, pochi
Chi storce il naso quando viene a sapere che il nome Giambrone ricorre più d'una volta nella storia politica ed amministrativa recente di Palermo, abbia un pò di pazienza, prima di lanciare accuse che potrebbero rivelarsi controproducenti, ed ascolti.
Il primo Giambrone - o forse il secondo - è Francesco Giambrone, attuale sovrintendente del Massimo di Palermo, già assessore alla cultura del Comune nei mesi precedenti il suo trasferimento in Teatro, percorso che 'Giambrone 2' - lo chiamiamo così - rifà per la seconda volta, dopo quello degli anni Novanta, a seguito, nel primo come nel secondo caso, della vittoria elettorale di Leoluca Orlando. Chi ha da dire qualcosa contro Giambrone 2?
Non ha forse risanato il bilancio del Massimo che il suo predecessore gli aveva lasciato in rosso, e che il commissario aveva tentato di risanare? E non è stato eletto vicepresidente dell'associazione che riunisce tutte le fondazioni liriche, presieduta da Cristiano Chiarot, sovrintendente della Fenice?
E non è lo stesso 'Giambrone 2' che proprio alcuni giorni fa ha annunciato che primo fra tutti i teatri italiani, e prima ancora del governo del paese, nel suo Massimo ha deciso di concedere il congedo parentale anche ai dipendenti che hanno famiglie omosessuali? Allora che avete a dire di Lui? Solo che bene.
E 'Giambrone 1', Fabio, anche di lui avete da ridire? qualcosa da rimproverargli? Leader dell'Italia dei Valori - che fu di Di Pietro, e suo segretario regionale, partito al quale apparteneva, finchè esisteva, anche Leoluca Orlando, ed immaginiamo anche 'Giambrone 2'- è stato senatore della Repubblica nella XV legislatura, dal 2008 al 2013 . E voi subito pensate che l'attuale incarico di 'Giambrone 2', come anche quello precedente a Firenze, siano farina del suo sacco, del sacco di 'Giambrone 1', suo fratello. Vi sbagliate di grosso.
Non solo, ora che non è più senatore ed è dirigente del Comune di Palermo, guidato da Leoluca Orlando, ha fatto per risolvere il problema della pulizia cittadina qualcosa che non sarebbe mai venuto in mente a nessun altro. Ha costituito una task force, in gran parte di disoccupati e ex detenuti , che al modico costo annuo di 1.600.000 Euro tengono Palermo che è uno specchio. E non contento, vista la maleducazione di qualche suo concittadino, ha costituito una piccola squadra di 'portieri' che ha messo agli incroci, perché s'è reso conto che nelle strade appena pulite, come anche nei parchi bellissimi di Palermo, i palermitani scostumati gettano cartacce ed altro dai finestrini delle macchine in transito. Loro, portieri fuori del campo da gioco, sono lì a parare queste carte ed a metterle nelle loro reti.
A chi altri sarebbe venuta una simile idea, geniale?
Ecco perchè ci siamo convinti che i 'Giambrone 1 e 2' a Palermo non sono troppi. Sono pochi e che altri ancora ce ne vorrebbero; e Palermo non sarebbe più la stessa.
Il primo Giambrone - o forse il secondo - è Francesco Giambrone, attuale sovrintendente del Massimo di Palermo, già assessore alla cultura del Comune nei mesi precedenti il suo trasferimento in Teatro, percorso che 'Giambrone 2' - lo chiamiamo così - rifà per la seconda volta, dopo quello degli anni Novanta, a seguito, nel primo come nel secondo caso, della vittoria elettorale di Leoluca Orlando. Chi ha da dire qualcosa contro Giambrone 2?
Non ha forse risanato il bilancio del Massimo che il suo predecessore gli aveva lasciato in rosso, e che il commissario aveva tentato di risanare? E non è stato eletto vicepresidente dell'associazione che riunisce tutte le fondazioni liriche, presieduta da Cristiano Chiarot, sovrintendente della Fenice?
E non è lo stesso 'Giambrone 2' che proprio alcuni giorni fa ha annunciato che primo fra tutti i teatri italiani, e prima ancora del governo del paese, nel suo Massimo ha deciso di concedere il congedo parentale anche ai dipendenti che hanno famiglie omosessuali? Allora che avete a dire di Lui? Solo che bene.
E 'Giambrone 1', Fabio, anche di lui avete da ridire? qualcosa da rimproverargli? Leader dell'Italia dei Valori - che fu di Di Pietro, e suo segretario regionale, partito al quale apparteneva, finchè esisteva, anche Leoluca Orlando, ed immaginiamo anche 'Giambrone 2'- è stato senatore della Repubblica nella XV legislatura, dal 2008 al 2013 . E voi subito pensate che l'attuale incarico di 'Giambrone 2', come anche quello precedente a Firenze, siano farina del suo sacco, del sacco di 'Giambrone 1', suo fratello. Vi sbagliate di grosso.
Non solo, ora che non è più senatore ed è dirigente del Comune di Palermo, guidato da Leoluca Orlando, ha fatto per risolvere il problema della pulizia cittadina qualcosa che non sarebbe mai venuto in mente a nessun altro. Ha costituito una task force, in gran parte di disoccupati e ex detenuti , che al modico costo annuo di 1.600.000 Euro tengono Palermo che è uno specchio. E non contento, vista la maleducazione di qualche suo concittadino, ha costituito una piccola squadra di 'portieri' che ha messo agli incroci, perché s'è reso conto che nelle strade appena pulite, come anche nei parchi bellissimi di Palermo, i palermitani scostumati gettano cartacce ed altro dai finestrini delle macchine in transito. Loro, portieri fuori del campo da gioco, sono lì a parare queste carte ed a metterle nelle loro reti.
A chi altri sarebbe venuta una simile idea, geniale?
Ecco perchè ci siamo convinti che i 'Giambrone 1 e 2' a Palermo non sono troppi. Sono pochi e che altri ancora ce ne vorrebbero; e Palermo non sarebbe più la stessa.
Natalia Aspesi ha dato il via al Rossini Opera Festival. Come ogni anno.Dalle Pagine di Repubblica, Chailly va anche a Lucerna
La crisi può aver spuntato le aspirazioni internazionali del festival rossinianopesarese? Neanche per sogno. Come si ripete ormai da 36 anni, dopo la cena di apertura nella villa di famiglia di Paola Tittarelli, una cena che fa subito capire, scorrendo la lista degli invitati, chi la crisi ha azzoppato, ha rimesso in sella o addirittura tenuto a battesimo del mondo che conta, il Rossini Opera Festival, affidato alle cure di Gianfranco Mariotti e della sua famiglia - si può dire, vero! se al festival sono presenti suo figlio, il direttore in grande ascesa, come anche la di lui moglie celebre cantante, annota anche la Aspesi, la figlia, sua assistente, ed il figlio, impegnato negli uffici della comunicazione - può partire.
La Aspesi, visto che non lo fanno quei fannulloni del suo giornale, annuncia anche la sorpresa del ritrovamento del 'quintetto' de 'La gazzetta' - rinvenuto in un faldone di manoscritti della biblioteca del Conservatorio di Palermo (Gossett lo presentò assieme al bibliotecario Lo Cicero, dalle pagine della nostra indimenticata rivista Music@) - e che verrà inserito nelle recite dell'opera rossiniana in cartellone.
Non ancora soddisfatta, la Aspesi annuncia, il giorno stesso che il festival inizia, che è un successo, tutto esaurito - ma non sarebbe stato più prudente attendere la fine del festival per cantare vittoria? - e due giorni dopo annota con orgoglio, presentandosi pesarese e mariottiana verace e della prima ora, che quello di Gianfranco Mariotti è l'unico caso di un sovrintendente che è a capo della manifestazione da 36 lunghi anni, cioè dall'inizio.
Titolo di merito? Sì per la Aspesi, per noi assolutamente no, anche se non è l'unico fra i sovrintendenti o direttori artistici a capo di festival fra i più importanti in Italia, che lo sono ininterrottamente, dalla prima edizione.
Accade, ad esempio, anche al Festival della Valle d'Itria che non ha cambiato mai sovrintendente - Francesco Punzi - da quaranta edizioni; o al Ravenna Festival che ha come direttore artistico, fin dalla prima edizione, Cristina Muti Mangiavillani, da 26 anni e 26 edizioni ( la Aspesi, nonostante la sua ben nota non simpatia nei riguardi di Muti, direttore, farebbe bene a fare una passeggiata anche a Ravenna, perché anche lì si fa un bel festival); o come, infine, al RomaEuropa Festival, giunto all'edizione numero 30, e sempre con gli stessi dirigenti ( Veaute e Grifasi, e pure con l'on. Pieraccini che ora della Fondazione è presidente onorario, e tutti e tre, con altri pochissimi, membri 'a vita' del consiglio di amministrazione).
A Ravenna come a Martina Franca come a Roma si ripetono anche alcune altre modalità del festival pesarese come quella che in fondazione o nell'organizzazione del festival ricorrano nomi di famigliari dei rispettivi dirigenti. Questo per dire alla Aspesi che tutto il mondo è paese e che Pesaro non fa eccezione su nulla, salvo...
... un caso che fa l'eccezione di Pesaro e che la Aspesi non considera. Gianfranco Mariotti riceve un compenso che è il più alto di un sovrintendente di un festival, assai vicino a quello di alcuni sovrintendenti di fondazioni liriche che hanno ben altro da fare nel corso di tutto l'anno. Con l'aggravante che il suo compenso è oltre un decimo del finanziamento del FUS al festival ( 160.000 Euro su un finanziamento di 1.152.000 Euro, ben oltre il 10%; e se ci mettiamo anche il compenso del direttore artistico, Alberto Zedda, quasi 100.000; fanno 1/5 circa del FUS); mentre per i sovrintendenti dei teatri che hanno un compenso simile a quello di Mariotti, l'incidenza in rapporto al FUS e dell'1%. Bella differenza!
Mentre il sovrintendente del Festival della Valle d'Itria non percepisce alcun compenso, come anche la signora Muti, che forse viene compensata attraverso l'onorario di regista, e che anche il presidente del RomaEuropa Festival Monique Veaute, che presta la sua opera gratuitamente ( un compenso - 16.500 Euro - l'ha come 'direttrice' di un progetto 'digitale' del festival medesimo) ed il suo direttore artistico Grifasi, che s'è tagliato lo stipendio annuo di quasi 30.000 Euro, passando da 110.000 a 80.000 circa. Esempi che Gianfranco Mariotti farebbe bene ad imitare, anche se la Aspesi non si azzarda a consigliarglielo.
A tutti, invece, vorremmo dare noi un consiglio. Non sarebbe ora, dopo decenni di permanenza ai vertici di quei festival, che schiodassero tutti?
All'estero grandi festival come anche importantissime istituzioni musicali ed anche museali cambiano i loro vertici ogni quattro o cinque anni, senza che nulla di catastrofico si abbatta sul normale corso di quelle istituzioni - vi sono casi analoghi anche in Italia, sebbene rarissimi, come quello del MART di Rovereto.
Perchè non si fa dappertutto, Pesaro inclusa? Perchè la Aspesi non se lo augura, se ad un certo punto della sua corrispondenza, annota che il successo dell'attuale edizione - appena cominciata - tiene lontani gli 'INVISIBILI ASPIRANTI AL SUO RUOLO'?
PRENDETE NOTA
Giunge in questi giorni la notizia della nomina, a partire dal 2016, di Riccardo Chailly a direttore musicale della Orchestra del Festival di Lucerna, fondata da Toscanini e rifondata, in anni recenti, da Claudio Abbado. A parte l'accanimento dirigenziale nei confronti di Chailly ( ancora a Lipsia, prossimo a Milano ed ora anche a Lucerna), è bene si sappia che il suo incarico a Lucerna avrà la durata di cinque anni, e non di ventisei o trenta o trentasei o addirittura quarant'anni. E' chiara la canzone?
La Aspesi, visto che non lo fanno quei fannulloni del suo giornale, annuncia anche la sorpresa del ritrovamento del 'quintetto' de 'La gazzetta' - rinvenuto in un faldone di manoscritti della biblioteca del Conservatorio di Palermo (Gossett lo presentò assieme al bibliotecario Lo Cicero, dalle pagine della nostra indimenticata rivista Music@) - e che verrà inserito nelle recite dell'opera rossiniana in cartellone.
Non ancora soddisfatta, la Aspesi annuncia, il giorno stesso che il festival inizia, che è un successo, tutto esaurito - ma non sarebbe stato più prudente attendere la fine del festival per cantare vittoria? - e due giorni dopo annota con orgoglio, presentandosi pesarese e mariottiana verace e della prima ora, che quello di Gianfranco Mariotti è l'unico caso di un sovrintendente che è a capo della manifestazione da 36 lunghi anni, cioè dall'inizio.
Titolo di merito? Sì per la Aspesi, per noi assolutamente no, anche se non è l'unico fra i sovrintendenti o direttori artistici a capo di festival fra i più importanti in Italia, che lo sono ininterrottamente, dalla prima edizione.
Accade, ad esempio, anche al Festival della Valle d'Itria che non ha cambiato mai sovrintendente - Francesco Punzi - da quaranta edizioni; o al Ravenna Festival che ha come direttore artistico, fin dalla prima edizione, Cristina Muti Mangiavillani, da 26 anni e 26 edizioni ( la Aspesi, nonostante la sua ben nota non simpatia nei riguardi di Muti, direttore, farebbe bene a fare una passeggiata anche a Ravenna, perché anche lì si fa un bel festival); o come, infine, al RomaEuropa Festival, giunto all'edizione numero 30, e sempre con gli stessi dirigenti ( Veaute e Grifasi, e pure con l'on. Pieraccini che ora della Fondazione è presidente onorario, e tutti e tre, con altri pochissimi, membri 'a vita' del consiglio di amministrazione).
A Ravenna come a Martina Franca come a Roma si ripetono anche alcune altre modalità del festival pesarese come quella che in fondazione o nell'organizzazione del festival ricorrano nomi di famigliari dei rispettivi dirigenti. Questo per dire alla Aspesi che tutto il mondo è paese e che Pesaro non fa eccezione su nulla, salvo...
... un caso che fa l'eccezione di Pesaro e che la Aspesi non considera. Gianfranco Mariotti riceve un compenso che è il più alto di un sovrintendente di un festival, assai vicino a quello di alcuni sovrintendenti di fondazioni liriche che hanno ben altro da fare nel corso di tutto l'anno. Con l'aggravante che il suo compenso è oltre un decimo del finanziamento del FUS al festival ( 160.000 Euro su un finanziamento di 1.152.000 Euro, ben oltre il 10%; e se ci mettiamo anche il compenso del direttore artistico, Alberto Zedda, quasi 100.000; fanno 1/5 circa del FUS); mentre per i sovrintendenti dei teatri che hanno un compenso simile a quello di Mariotti, l'incidenza in rapporto al FUS e dell'1%. Bella differenza!
Mentre il sovrintendente del Festival della Valle d'Itria non percepisce alcun compenso, come anche la signora Muti, che forse viene compensata attraverso l'onorario di regista, e che anche il presidente del RomaEuropa Festival Monique Veaute, che presta la sua opera gratuitamente ( un compenso - 16.500 Euro - l'ha come 'direttrice' di un progetto 'digitale' del festival medesimo) ed il suo direttore artistico Grifasi, che s'è tagliato lo stipendio annuo di quasi 30.000 Euro, passando da 110.000 a 80.000 circa. Esempi che Gianfranco Mariotti farebbe bene ad imitare, anche se la Aspesi non si azzarda a consigliarglielo.
A tutti, invece, vorremmo dare noi un consiglio. Non sarebbe ora, dopo decenni di permanenza ai vertici di quei festival, che schiodassero tutti?
All'estero grandi festival come anche importantissime istituzioni musicali ed anche museali cambiano i loro vertici ogni quattro o cinque anni, senza che nulla di catastrofico si abbatta sul normale corso di quelle istituzioni - vi sono casi analoghi anche in Italia, sebbene rarissimi, come quello del MART di Rovereto.
Perchè non si fa dappertutto, Pesaro inclusa? Perchè la Aspesi non se lo augura, se ad un certo punto della sua corrispondenza, annota che il successo dell'attuale edizione - appena cominciata - tiene lontani gli 'INVISIBILI ASPIRANTI AL SUO RUOLO'?
PRENDETE NOTA
Giunge in questi giorni la notizia della nomina, a partire dal 2016, di Riccardo Chailly a direttore musicale della Orchestra del Festival di Lucerna, fondata da Toscanini e rifondata, in anni recenti, da Claudio Abbado. A parte l'accanimento dirigenziale nei confronti di Chailly ( ancora a Lipsia, prossimo a Milano ed ora anche a Lucerna), è bene si sappia che il suo incarico a Lucerna avrà la durata di cinque anni, e non di ventisei o trenta o trentasei o addirittura quarant'anni. E' chiara la canzone?
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mercoledì 12 agosto 2015
POMPEI 2.0. Parola di Giuliano Ferrara
Non vi allarmate, non stiamo per segnalarvi una nuova Pompei emersa da chissà quali scavi, nei dintorni di quella già vasta e sorprendente che già conosciamo. E per annunciarvi, di conseguenza, che altri fondi sono necessari per completare gli scavi ed aprire il nuovo sito archeologico. Semplicemente, utilizzando anche noi quella formula che vede il povero '2' - che quando si gioca a carte è disprezzato da tutti - utilizzato in tutte le salse e ad ogni piè sospinto per indicare una palingenesi di qualcosa che già conoscevamo, stiamo per dirvi che a Pompei le cose non stanno come abbiamo sempre pensato e come giornali e televisioni ci hanno sempre mostrato negli ultimi anni. Insomma il '2' come indicatore di una grande novità.
Cosa è accaduto di tanto rilevante da far pensare ad una nuova Pompei? Riferisce Giorgio Dell'Arti, nella sua rubrica su 'Oggi settimanale' che tutto ciò che ogni giorno leggiamo su Pompei - disastrosa situazione, custodi insufficienti ed inefficienti, cani randagi, sporcizia, erbacce, domus diroccate turisti inferociti,ladri all'opera,servizi indecenti - è una bufala. Ah, sì, e chi lo dice? Vediamo se è credibile e riferisce il vero e se, infine, ha visitato Pompei come non fanno molti giornalisti che comunque ne scrivono.
In realtà Dell'Arti crede alla parola di Giuliano Ferrara che ne ha scritto in lungo e largo sulle pagine del Foglio. Ferrara è andato a Pompei s'è fatto tutti gli scavi da cima a fondo e cosa ha trovato, come lui stesso ha riferito? Ordine, pulizia custodi gentili, turisti soddisfatti. E allora? Allora, commenta Dell'Arti, tutto ciò che ci hanno raccontato su Pompei è falso. Merito di Franceschini? Non lo avrebbe scritto apertamente Ferrara e non lo riporta Dell'Arti - ci è parso di capire.
Certo che se le cose stanno come ha raccontato Ferrara, che a Pompei ci è andato, ed ha riferito fedelmente Dell'Arti, allora veramente siamo di fronte a Pompei 2.0. Che, lo ricordiamo, significa che Pompei, sotto la gestione Frnceschini-Osanna ( il sovrintendente dell'area archeologica) è tutta un'altra storia. Nuovissima, bellissima - come sempre - finalmente accogliente e curatissima come non mai.
Cosa è accaduto di tanto rilevante da far pensare ad una nuova Pompei? Riferisce Giorgio Dell'Arti, nella sua rubrica su 'Oggi settimanale' che tutto ciò che ogni giorno leggiamo su Pompei - disastrosa situazione, custodi insufficienti ed inefficienti, cani randagi, sporcizia, erbacce, domus diroccate turisti inferociti,ladri all'opera,servizi indecenti - è una bufala. Ah, sì, e chi lo dice? Vediamo se è credibile e riferisce il vero e se, infine, ha visitato Pompei come non fanno molti giornalisti che comunque ne scrivono.
In realtà Dell'Arti crede alla parola di Giuliano Ferrara che ne ha scritto in lungo e largo sulle pagine del Foglio. Ferrara è andato a Pompei s'è fatto tutti gli scavi da cima a fondo e cosa ha trovato, come lui stesso ha riferito? Ordine, pulizia custodi gentili, turisti soddisfatti. E allora? Allora, commenta Dell'Arti, tutto ciò che ci hanno raccontato su Pompei è falso. Merito di Franceschini? Non lo avrebbe scritto apertamente Ferrara e non lo riporta Dell'Arti - ci è parso di capire.
Certo che se le cose stanno come ha raccontato Ferrara, che a Pompei ci è andato, ed ha riferito fedelmente Dell'Arti, allora veramente siamo di fronte a Pompei 2.0. Che, lo ricordiamo, significa che Pompei, sotto la gestione Frnceschini-Osanna ( il sovrintendente dell'area archeologica) è tutta un'altra storia. Nuovissima, bellissima - come sempre - finalmente accogliente e curatissima come non mai.
La Commissione giurisdizionale del Parlamento una volta c'è ed una no.
Il personale impiegatizio della Camera dei Deputati quando la Presidente Boldrini ha stabilito che i compensi di tutti gli impiegati, dagli uscieri e quelli di più alto grado, non potevano più superare un certo tetto che ovviamente erano in molti a superar, ha deciso di correre ai ripari imponendo il tetto suddetto, e naturalmente, a scalare, abbassando anche quelli intermedi - apriti cielo - alcuni impiegati, di diversi livelli e mansioni hanno fatto ricorso alla Commissione giurisdizionale, perchè dichiarasse illeciti tali tagli. E la Commissione ha dato loro ragione. La presidente Boldrini ha ottenuto la sospensione del verdetto della Commissione giurisdizionale e spera di riuscire nei tagli di stipendi che in taluni casi al termine della carriera superano quelli del Presidente della repubblica e perfino quello di Obama. I barbieri del Parlamento guadagnano all'incirca 180.000 Euro ( lordi) l'anno.
Non sarebbe neanche necessario sottolineare che la suddetta Commissione giurisdizionale, quando il Parlamento si dava stipendi al di fuori della norma, davvero vergognosi, era in vacanza premio all'estero e quindi non è potuta intervenire per denunciare lo scandalo. Ma noi lo sottolineiamo comunque.
In fatto di stipendi c'è un'altra anomalia tutta italiana. E' di qualche giorno fa la denuncia di un sindacalista CISL che ha reso noti i nomi di alcuni dirigenti della sua sigla sindacale che guadagnano cifre considerevoli. La segretaria generale attuale, Furlan, avrebbe espulso il sindacalista denunciante, con la motivazione che la denuncia, prima che in pubblico, amava fatta ai probiviri. I quali, per ora, non sappiamo quale decisione assumeranno, ma sappiamo per certo che quando i dirigenti sindacali si attribuivano quelli stipendi - un insulto per i lavoratori! - erano in missione all'estero.
Anche il segretario del Sindacato pensionati della CISL, un medico in pensione che oggi ha 68 anni, ha una pensione complessiva di 180.000 Euro. Lui dice che non vuole esser collocato nel mazzo di tanti ladri di polli, perché lui la pensione se l'è guadagnata ed essa ammonterebbe a 130.000 Euro lordi circa, ai quali se ne aggiungono un'altra cinquantina per indennità varie, somma quest'ultima che lui da sempre dà in beneficenza. E bene fa. Il fatto è che lui quell'aggiunta non dovrebbe prenderla.
Naturalmente viene fuori anche il caso dell'ex segretario Bonanni - Buffalo Bill senza macchia e senza paura - il quale prima di andare in pensione si fece alzare lo stipendio al punto che ora prende 240.000 Euro circa l'anno. Bel sindacalista del c...
Notizie dei mesi scorsi ci dicono che anche quei disinteressati difensori dei 'diritti dei consumatori, nelle varie sigle ed organizzazioni, difendono i poveri consumatori con la pancia piena, quanto a stipendi.
Insomma in Italia con tutti i tribunali e le guardie di finanza trionfano gli evasori ed i privilegiati. E nessuno sembra possa far nulla contro di loro, neanche quelli che questi privilegi hanno autorizzato. Quando li hanno autorizzati nessuno ha mosso ciglia, mentre quando decidono di cancellarli, dietro la spinta dell'indignazione generale, non lo possono più. E nei privilegi vanno ovviamente compresi anche i vitalizi a parlamentari e consiglieri regionali. nessuno può far nulla. Neanche il Governo?
Neanche il Governo, per gli organi costituzionali, dal Parlamento alla Corte costituzionale. Vi pare che detti organi costituzionali potrebbero per loro stessa decisione tagliarsi o cancellare stipendi e vitalizi vergognosi, quasi un furto? Possono decidere tagli per chiunque ma non per loro stessi. Ne andrebbe di mezzo la loro imparzialità.
Non sarebbe neanche necessario sottolineare che la suddetta Commissione giurisdizionale, quando il Parlamento si dava stipendi al di fuori della norma, davvero vergognosi, era in vacanza premio all'estero e quindi non è potuta intervenire per denunciare lo scandalo. Ma noi lo sottolineiamo comunque.
In fatto di stipendi c'è un'altra anomalia tutta italiana. E' di qualche giorno fa la denuncia di un sindacalista CISL che ha reso noti i nomi di alcuni dirigenti della sua sigla sindacale che guadagnano cifre considerevoli. La segretaria generale attuale, Furlan, avrebbe espulso il sindacalista denunciante, con la motivazione che la denuncia, prima che in pubblico, amava fatta ai probiviri. I quali, per ora, non sappiamo quale decisione assumeranno, ma sappiamo per certo che quando i dirigenti sindacali si attribuivano quelli stipendi - un insulto per i lavoratori! - erano in missione all'estero.
Anche il segretario del Sindacato pensionati della CISL, un medico in pensione che oggi ha 68 anni, ha una pensione complessiva di 180.000 Euro. Lui dice che non vuole esser collocato nel mazzo di tanti ladri di polli, perché lui la pensione se l'è guadagnata ed essa ammonterebbe a 130.000 Euro lordi circa, ai quali se ne aggiungono un'altra cinquantina per indennità varie, somma quest'ultima che lui da sempre dà in beneficenza. E bene fa. Il fatto è che lui quell'aggiunta non dovrebbe prenderla.
Naturalmente viene fuori anche il caso dell'ex segretario Bonanni - Buffalo Bill senza macchia e senza paura - il quale prima di andare in pensione si fece alzare lo stipendio al punto che ora prende 240.000 Euro circa l'anno. Bel sindacalista del c...
Notizie dei mesi scorsi ci dicono che anche quei disinteressati difensori dei 'diritti dei consumatori, nelle varie sigle ed organizzazioni, difendono i poveri consumatori con la pancia piena, quanto a stipendi.
Insomma in Italia con tutti i tribunali e le guardie di finanza trionfano gli evasori ed i privilegiati. E nessuno sembra possa far nulla contro di loro, neanche quelli che questi privilegi hanno autorizzato. Quando li hanno autorizzati nessuno ha mosso ciglia, mentre quando decidono di cancellarli, dietro la spinta dell'indignazione generale, non lo possono più. E nei privilegi vanno ovviamente compresi anche i vitalizi a parlamentari e consiglieri regionali. nessuno può far nulla. Neanche il Governo?
Neanche il Governo, per gli organi costituzionali, dal Parlamento alla Corte costituzionale. Vi pare che detti organi costituzionali potrebbero per loro stessa decisione tagliarsi o cancellare stipendi e vitalizi vergognosi, quasi un furto? Possono decidere tagli per chiunque ma non per loro stessi. Ne andrebbe di mezzo la loro imparzialità.
lunedì 10 agosto 2015
Premiato Caseificio Musicale 'KernArx & Prosseda'. Cremona
I giovani musicisti non stanno con le mani in mano, attendendo che finisca la nottata della crisi generale. No, si danno da fare, ed i più intraprendenti pensano già come conquistare nuovo pubblico, di ogni genere e come costringere anche i più squattrinati a pagare. Magari in natura. Ecco l'idea. Che poi non è nuova. Da sempre c'è stato il baratto fra artisti e committenti, o pubblico. Nulla si inventa del tutto, perchè è stato già inventato d altri
Un trio di giovani aitanti musicisti, due pianisti, Kern e Prosseda, ed un violinista, Arx, si sono dati convegno a Cremona, in occasione di 'Cremona Musica' per mostrare al mondo una nuova strada per far musica, con nuovo pubblico e diversa forma di pagamento.
I due pianisti hanno suonato, a turno, un meraviglioso pianoforte a coda Steinway ed il violinista il suo magnifico strumento ( Guadagnini?) nel piazzale sul quale si affaccia una grande fattoria bovina. Le mucche tutte in fila davanti a loro, solo qualcuna ha muggito, hanno consumato il loro pasto, praticamente in silenzio, ascoltando Skriabin, Chopin, Saint-Saens.Non hanno potuto appaludire, ai musicisti questo in fondo è un pò dispiaciuto, anche se poi sono stati gratificati da numerose slinguazzate delle bestie soddisfatte.
Dal loro silenzio i musicisti hanno dedotto il gradimento delle mucche di quella importante azienda cremonese, con la quale si sono accordati di ripetere l'esperimento ogni settimana, anche per verificare il miglioramento continuo della qualità del latte. Altre volte si è sperimentato su galline, per le quali s'era constatato che gradivano la musica di Vivaldi e Mozart, meno quella di Beethovem, e che quindi avevano anche un gusto, seppur rudimentale, e che le loro uova avevano il 'rosso' di un colore più acceso ed erano più buone.Risultati scientificamente testati e pubblicati sulla famosa rivista 'Cacio & Science'
Kern, Arx e Prosseda sono sicuri di ottenere altrettanto dalle mucche di Cremona. Intanto i loro proprietari, come forma di pagamento per i loro concerti settimanali, inaugureranno una linea di prodotti caseari che recheranno l'etichetta: 'Premiato Caseificio Musicale 'KernArx & Prosseda'.
I tre hanno ottenuto due importanti risultati con il loro concerto per le mucche: hanno raccattato nuovo pubblico e sono riusciti a farsi comunque pagare, perchè il ricavato dalla vendita della nuova linea di prodotti caseari andrà per metà a loro tre.
Un trio di giovani aitanti musicisti, due pianisti, Kern e Prosseda, ed un violinista, Arx, si sono dati convegno a Cremona, in occasione di 'Cremona Musica' per mostrare al mondo una nuova strada per far musica, con nuovo pubblico e diversa forma di pagamento.
I due pianisti hanno suonato, a turno, un meraviglioso pianoforte a coda Steinway ed il violinista il suo magnifico strumento ( Guadagnini?) nel piazzale sul quale si affaccia una grande fattoria bovina. Le mucche tutte in fila davanti a loro, solo qualcuna ha muggito, hanno consumato il loro pasto, praticamente in silenzio, ascoltando Skriabin, Chopin, Saint-Saens.Non hanno potuto appaludire, ai musicisti questo in fondo è un pò dispiaciuto, anche se poi sono stati gratificati da numerose slinguazzate delle bestie soddisfatte.
Dal loro silenzio i musicisti hanno dedotto il gradimento delle mucche di quella importante azienda cremonese, con la quale si sono accordati di ripetere l'esperimento ogni settimana, anche per verificare il miglioramento continuo della qualità del latte. Altre volte si è sperimentato su galline, per le quali s'era constatato che gradivano la musica di Vivaldi e Mozart, meno quella di Beethovem, e che quindi avevano anche un gusto, seppur rudimentale, e che le loro uova avevano il 'rosso' di un colore più acceso ed erano più buone.Risultati scientificamente testati e pubblicati sulla famosa rivista 'Cacio & Science'
Kern, Arx e Prosseda sono sicuri di ottenere altrettanto dalle mucche di Cremona. Intanto i loro proprietari, come forma di pagamento per i loro concerti settimanali, inaugureranno una linea di prodotti caseari che recheranno l'etichetta: 'Premiato Caseificio Musicale 'KernArx & Prosseda'.
I tre hanno ottenuto due importanti risultati con il loro concerto per le mucche: hanno raccattato nuovo pubblico e sono riusciti a farsi comunque pagare, perchè il ricavato dalla vendita della nuova linea di prodotti caseari andrà per metà a loro tre.
domenica 9 agosto 2015
Salvo Nastasi scrive a Dagopsia per rettificare un articolo apparso sul sito, ma commette a sua volta alcune imprecisioni.
La lettera è dei primi di questo mese. La lettera che Salvo Nastasi ha inviato a Dagospia che, nel dare notizia di un suo probabile invio, come commissario, nel sito di veleni di Bagnoli, ne ricostruiva la carriera politica come Direttore generale dello Spettacolo e dava notizia anche dei suoi padrini o protettori.
Ci ha colpito un nome, quello del dr. Gianni Letta che Nastasi dice di conoscere, a differenza di quanto afferma di Verdini e Dell'Utri, che non conosce - 'per il ruolo istituzionale ricoperto da Letta negli ultimi anni'. Falso!
Almeno questa precisazione è falsa. Nastasi conosce Letta da molti più anni di quanto vuol dare a credere e non certamente per il suo ruolo istituzionale.
Spieghi ai lettori di Dagospia, che ci faceva il dr. Gianni Letta ai primi di settembre del 2010 a Filicudi. Era suo testimone di nozze con Giulia Minoli, arrivata in chiesa sul dorso di un mulo, salutata da due ali di folla plaudenti, nelle quali era possibile ammirare la crema della crema del potere politico italiano, da Bernabei Ettore, nonno della sposa, a Bernabei Matilde, madre della sposa, a Giovanni Minoli, al ministro Bondi, suo capo, all'ex ministro Melandri, cugina di Minoli, che diverrà sua cugina acquisita a seguito di quel matrimonio, a Bertolaso ecc.. ecc...
Ovvio che la conoscenza, non solo 'istituzionale' di Gianni Letta, era per lo meno anteriore a quel settembre 2010.
Galeotto fu, ahimè, il tragico terremoto aquilano che fece conoscere i due novelli sposi e rinsaldò anche il già forte legame con Gianni Letta, abruzzese ed aquilano, che molto si è adoperato all'epoca, a fianco del Cavaliere, per alleviare le sofferenze dei suoi concittadini.
Sentite sentite. Andiamo a memoria. Fummo testimoni involontari della loro conoscenza... tutte cose che abbiamo scritto già altre volte, anche su questo stesso blog.
Giovanni Minoli, dopo il terremoto, chiama Bertolaso ( lui da Rai Education, dunque in qualità di educatore di anime) e gli consiglia di promuovere una iniziativa per sanare anche le ferite nell'animo degli aquilani. Bertolaso chiama Letta il quale chiama Nastasi ( come pensare che le cose siano andate diversamente?), il quale si assicura innanzitutto lo sbarco a L'Aquila di Riccardo Muti (noi seguimmo da vicino quelle commoventi giornate aquilane del grande direttore). Nastasi mette su un team tecnico per seguire lo svolgimento del festival 'ristoratore dello spirito', nel quale trova posto - ma guarda un pò - anche Giulia Minoli. Suo padre Giovanni voleva rinfrancare gli animi degli aquilani od anche approfittare per trovare lavoro a sua figlia Giulia? No, pura casualità. Piuttosto sfruttamento delle esperienze professionali di sua figlia Giulia. Nastasi conosce Giulia Minoli, che era andata a lavorare in quel team coordinato da Laura Valente, chiamata da Nastasi dal Teatro san Carlo, i due si innamorano ed esattamente un anno dopo si sposano a Filicudi, con il dr. Gianni Letta, appena conosciuto, testimone di nozze.
P.S. Altre semplici coincidenze: nel settembre 2009, Gianni Minoli viene nominato dal Ministero di Bondi e Nastasi presidente del Museo d'arte contemporanea del Castello di Rivoli; nell'ottobre 2012, Giovanna Melandri viene nominata dal ministero di Ornaghi e Nastasi presidente della Fondazione Maxxi di Roma. In quegli stessi anni Giulia Minoli viene nominata da suo marito Salvo Nastasi, che aveva da poco lasciato l'incarico di Commissario del Teatro san Carlo di Napoli, coordinatrice del neonato Museo del Teatro, da dove si è dimessa alla fine dello scorso anno, a seguito di giustissime proteste per quel 'brutto pasticciaccio'.
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Ci ha colpito un nome, quello del dr. Gianni Letta che Nastasi dice di conoscere, a differenza di quanto afferma di Verdini e Dell'Utri, che non conosce - 'per il ruolo istituzionale ricoperto da Letta negli ultimi anni'. Falso!
Almeno questa precisazione è falsa. Nastasi conosce Letta da molti più anni di quanto vuol dare a credere e non certamente per il suo ruolo istituzionale.
Spieghi ai lettori di Dagospia, che ci faceva il dr. Gianni Letta ai primi di settembre del 2010 a Filicudi. Era suo testimone di nozze con Giulia Minoli, arrivata in chiesa sul dorso di un mulo, salutata da due ali di folla plaudenti, nelle quali era possibile ammirare la crema della crema del potere politico italiano, da Bernabei Ettore, nonno della sposa, a Bernabei Matilde, madre della sposa, a Giovanni Minoli, al ministro Bondi, suo capo, all'ex ministro Melandri, cugina di Minoli, che diverrà sua cugina acquisita a seguito di quel matrimonio, a Bertolaso ecc.. ecc...
Ovvio che la conoscenza, non solo 'istituzionale' di Gianni Letta, era per lo meno anteriore a quel settembre 2010.
Galeotto fu, ahimè, il tragico terremoto aquilano che fece conoscere i due novelli sposi e rinsaldò anche il già forte legame con Gianni Letta, abruzzese ed aquilano, che molto si è adoperato all'epoca, a fianco del Cavaliere, per alleviare le sofferenze dei suoi concittadini.
Sentite sentite. Andiamo a memoria. Fummo testimoni involontari della loro conoscenza... tutte cose che abbiamo scritto già altre volte, anche su questo stesso blog.
Giovanni Minoli, dopo il terremoto, chiama Bertolaso ( lui da Rai Education, dunque in qualità di educatore di anime) e gli consiglia di promuovere una iniziativa per sanare anche le ferite nell'animo degli aquilani. Bertolaso chiama Letta il quale chiama Nastasi ( come pensare che le cose siano andate diversamente?), il quale si assicura innanzitutto lo sbarco a L'Aquila di Riccardo Muti (noi seguimmo da vicino quelle commoventi giornate aquilane del grande direttore). Nastasi mette su un team tecnico per seguire lo svolgimento del festival 'ristoratore dello spirito', nel quale trova posto - ma guarda un pò - anche Giulia Minoli. Suo padre Giovanni voleva rinfrancare gli animi degli aquilani od anche approfittare per trovare lavoro a sua figlia Giulia? No, pura casualità. Piuttosto sfruttamento delle esperienze professionali di sua figlia Giulia. Nastasi conosce Giulia Minoli, che era andata a lavorare in quel team coordinato da Laura Valente, chiamata da Nastasi dal Teatro san Carlo, i due si innamorano ed esattamente un anno dopo si sposano a Filicudi, con il dr. Gianni Letta, appena conosciuto, testimone di nozze.
P.S. Altre semplici coincidenze: nel settembre 2009, Gianni Minoli viene nominato dal Ministero di Bondi e Nastasi presidente del Museo d'arte contemporanea del Castello di Rivoli; nell'ottobre 2012, Giovanna Melandri viene nominata dal ministero di Ornaghi e Nastasi presidente della Fondazione Maxxi di Roma. In quegli stessi anni Giulia Minoli viene nominata da suo marito Salvo Nastasi, che aveva da poco lasciato l'incarico di Commissario del Teatro san Carlo di Napoli, coordinatrice del neonato Museo del Teatro, da dove si è dimessa alla fine dello scorso anno, a seguito di giustissime proteste per quel 'brutto pasticciaccio'.
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sabato 8 agosto 2015
Salvo Nastasi prosegue la distruzione della musica in Italia . Per conto di chi? Vada a Bagnoli, su!, non aspetti
Se uno che ha forza, coraggio e non soffre di nausea e vomito, decide di leggere da capo a fondo il D.M. del 1 luglio 2014, nel quale il ministero di Franceschini ( ?) - meglio dire: di Nastasi tanto Franceschini sicuramente della musica con ci capisce un c...- stabilisce i nuovi criteri per l'erogazione dei contributi statali, sul FUS, allo spettacolo dal vivo, beh, non può non chiedersi quale mente diabolica abbia curato la stesura e l'architettura di quel decreto. Dall'inizio alla fine è un susseguirsi di articoli e commi nei quali si individuano criteri 'oggettivi' per l'erogazione di detti contributi, nonchè gli aventi diritto e le modalità per richiederli. C'è da morire prima di giungere alla fine. Perfino chi ha una qualche dimestichezza con tale settore e con il burocratese, che serve ai ladroni ed imbroglioni del ministero per fare i loro porci comodi, non riesce a seguire il filo del discorso. Insomma tutto è fatto, all'apparenza per non lasciare traccia di discrezionalità, ma nei fatti per imbrogliare tutti e fare i c...propri.
Ora capiamo e condividiamo le dimissioni di Silvia Colasanti, compositrice, membro della Commissione centrale musica, la quale con lettera garbata, all' apparenza, ha rassegnato le dimissioni da detta commissione, motivandole con la impossibilità di salvaguardare e garantire da parte della commissione la qualità dei progetti da finanziare. In buona sostanza, con quel suo modo garbato, la compositrice avrebbe detto a Franceschini ed a Nastasi - soprattutto a lui- che mi chiamate a fare in questa commissione se poi non mi mettete in grado, complici i vostri assurdi regolamenti, di valutare la qualità dei progetti? Se volevate decidere tutto voi - questo la Colasanti non lo dice, ma non è improprio leggerlo fra le righe - tanto valeva non scomodare nessusno e non fare nessuna commissione.
E gli altri membri della commissione, tacciono? Certo, tacciono e con il capo fanno cenno di sì ad ogni parola anche appena accennata di Nastasi. Come ci si può aspettare una qualche reazione, dimissioni certamente no, da Toniolo ( ex Cesa, ora Auditorium Conciliazione, capito?) che Nastasi, dai tempi di Rutelli ministro, si passa da una commissione all'altra; o da parte di quell'onesto professionista, di cui ci sfugge al momento il nome, direttore di coro catanese ( è di Catania, vero?) che legge il suo ingresso in commissione come una grazia ricevuta che l'avrebbe tolto, secondo le sue lungimiranti vedute, dalle nebbie dell'indistinto?
Quel decreto mira a distruggere il sistema musicale italiano costruito, non sempre con ruberie ed imbrogli, in anni ed anni in grandi come in piccoli centri, al solo scopo di farvi arrivare la musica che non ci arrivava altrimenti.
Questo sistema complesso ed assai ricco, Nastasi sta pian piano distruggendo, senza che vi sia una sollevazione popolare generale.
Solo qualche esempio, per far capire a quali criteri oggettivi Nastasi si appigli per portare a compimento il suo diabolico piano.
Prendiamo l'esempio dell'Orchestra Verdi di Milano che ha festeggiato qualche tempo fa i primi vent'anni di esistenza gloriosa pur fra mille difficoltà. Orchestra sinfonica, grande repertorio, catalogo discografico di tutto rispetto, produttività altissima - forse l'orchestra che produce di più in Italia. Quest'orchestra che tutti i ministri si sono impegnati a salvare, e che Franceschini finalmente sembra averlo fatto, se uno va a leggere i contributi statali per quella magnifica orchestra, legge che per il 2015 il contributo assegnato supera di poco il milione di Euro. Direte: è tanto! No, è pochissimo se poi si legge nella stessa categoria che l'Orchestra Toscana ( della Firenze di Nardella e di Renzi, diretta da Giorgio Battistelli - come ti sbagli?) ha un contributo per lo stesso anno vicino ai due milioni di Euro. E si tratta di un' orchestra, quest'ultima, di medie dimensioni, non certo dell'ampiezza di quella di Milano, e certamente con un indice di produttività ed anche di qualità (non abbiamo timore a dirlo) non alto quanto quello della consorella milanese. Un contributo pressoché simile quello dall'orchestra della Toscana ha anche l'Orchestra Haydn di Trento e Bolzano, della cui attività - come anche dell'Orchestra toscana - mai una eco nazionale.
Ancora un esempio del Nastasi pensiero. Tempo fa il neonato 'Sistema delle orchestre e cori giovanili ed infantili', introdotto in Italia da Claudio Abbado e Roberto Grossi, su modello di quello venezuelano di Abreu, fece richiesta di contributo. La risposta dell'ineffabile Nastasi fu: siccome avete camminato fin qui con le vostre gambe, continuate a farlo. Zero contributo. E' questa la maniera con cui Nastasi intende promuovere, con l'assenso di Franceschini - che non capisce un c... e perciò gli lascia mano libera - la pratica musicale in Italia nella fascia di età infantile e giovanile?
E ancora. In Italia esistono due benemerite associazioni, l'Ambima e la Feniarco - la prima riunisce le bande musicali ( bene specificarlo in un mondo dove prosperano bande d'altro genere); la seconda i cori amatoriali. Nell'uno come nell'altro caso parliamo di qualche centinaio di migliaia di persone che fanno musica settimanalmente; fanno musica sostenendo di tasca propria qualsiasi spesa, salvo qualche contributo delle municipalità. Un tempo le bande ricevevano dalla Stato un contributo annuo di 500 Euro, ora - non senza qualche ragione - quel contributo è stato tolto a tutti.
Alle due associazioni nazionali che tengono i contatti con le diverse realtà, che organizzano l'attività degli associati, ed anche corsi di formazione di un certo rilievo (sappiamo di quelli della Feniarco) è stato negato qualunque contributo, cancellando anche quello minimo che un tempo avevano. Perchè Nastasi non ne spiega pubblicamente le ragioni?
Fra le associazioni che si sono viste negate il contributo dopo una ventina d'anni, c'è anche CEMAT, che si dedica da sempre alla promozione della musica contemporanea; e per questa cancellazione è stata presentata già una interrogazione parlamentare. Ma allora, Nastasi, neanche un pò d'attenzione alla musica d'oggi? Oppure anche per lei come per Franceschini - che non capisce un c...- la musica di oggi è quella di Giovanni Allevi, compositore classico/contemporaneo, e solo la sua?
N.B. In quell' infame decreto si accenna al sostegno per le 'residenze' di giovani artisti. Non ne ha parlato di recente Francechini come di un suo progetto da mettere in atto nella restaurata sede dell'Arsenale pontificio a Porta Portese, per il quale ha subito fondi disponibili, come per la copertura della platea del Colosseo? Quando si dice la preveggenza!
Ora capiamo e condividiamo le dimissioni di Silvia Colasanti, compositrice, membro della Commissione centrale musica, la quale con lettera garbata, all' apparenza, ha rassegnato le dimissioni da detta commissione, motivandole con la impossibilità di salvaguardare e garantire da parte della commissione la qualità dei progetti da finanziare. In buona sostanza, con quel suo modo garbato, la compositrice avrebbe detto a Franceschini ed a Nastasi - soprattutto a lui- che mi chiamate a fare in questa commissione se poi non mi mettete in grado, complici i vostri assurdi regolamenti, di valutare la qualità dei progetti? Se volevate decidere tutto voi - questo la Colasanti non lo dice, ma non è improprio leggerlo fra le righe - tanto valeva non scomodare nessusno e non fare nessuna commissione.
E gli altri membri della commissione, tacciono? Certo, tacciono e con il capo fanno cenno di sì ad ogni parola anche appena accennata di Nastasi. Come ci si può aspettare una qualche reazione, dimissioni certamente no, da Toniolo ( ex Cesa, ora Auditorium Conciliazione, capito?) che Nastasi, dai tempi di Rutelli ministro, si passa da una commissione all'altra; o da parte di quell'onesto professionista, di cui ci sfugge al momento il nome, direttore di coro catanese ( è di Catania, vero?) che legge il suo ingresso in commissione come una grazia ricevuta che l'avrebbe tolto, secondo le sue lungimiranti vedute, dalle nebbie dell'indistinto?
Quel decreto mira a distruggere il sistema musicale italiano costruito, non sempre con ruberie ed imbrogli, in anni ed anni in grandi come in piccoli centri, al solo scopo di farvi arrivare la musica che non ci arrivava altrimenti.
Questo sistema complesso ed assai ricco, Nastasi sta pian piano distruggendo, senza che vi sia una sollevazione popolare generale.
Solo qualche esempio, per far capire a quali criteri oggettivi Nastasi si appigli per portare a compimento il suo diabolico piano.
Prendiamo l'esempio dell'Orchestra Verdi di Milano che ha festeggiato qualche tempo fa i primi vent'anni di esistenza gloriosa pur fra mille difficoltà. Orchestra sinfonica, grande repertorio, catalogo discografico di tutto rispetto, produttività altissima - forse l'orchestra che produce di più in Italia. Quest'orchestra che tutti i ministri si sono impegnati a salvare, e che Franceschini finalmente sembra averlo fatto, se uno va a leggere i contributi statali per quella magnifica orchestra, legge che per il 2015 il contributo assegnato supera di poco il milione di Euro. Direte: è tanto! No, è pochissimo se poi si legge nella stessa categoria che l'Orchestra Toscana ( della Firenze di Nardella e di Renzi, diretta da Giorgio Battistelli - come ti sbagli?) ha un contributo per lo stesso anno vicino ai due milioni di Euro. E si tratta di un' orchestra, quest'ultima, di medie dimensioni, non certo dell'ampiezza di quella di Milano, e certamente con un indice di produttività ed anche di qualità (non abbiamo timore a dirlo) non alto quanto quello della consorella milanese. Un contributo pressoché simile quello dall'orchestra della Toscana ha anche l'Orchestra Haydn di Trento e Bolzano, della cui attività - come anche dell'Orchestra toscana - mai una eco nazionale.
Ancora un esempio del Nastasi pensiero. Tempo fa il neonato 'Sistema delle orchestre e cori giovanili ed infantili', introdotto in Italia da Claudio Abbado e Roberto Grossi, su modello di quello venezuelano di Abreu, fece richiesta di contributo. La risposta dell'ineffabile Nastasi fu: siccome avete camminato fin qui con le vostre gambe, continuate a farlo. Zero contributo. E' questa la maniera con cui Nastasi intende promuovere, con l'assenso di Franceschini - che non capisce un c... e perciò gli lascia mano libera - la pratica musicale in Italia nella fascia di età infantile e giovanile?
E ancora. In Italia esistono due benemerite associazioni, l'Ambima e la Feniarco - la prima riunisce le bande musicali ( bene specificarlo in un mondo dove prosperano bande d'altro genere); la seconda i cori amatoriali. Nell'uno come nell'altro caso parliamo di qualche centinaio di migliaia di persone che fanno musica settimanalmente; fanno musica sostenendo di tasca propria qualsiasi spesa, salvo qualche contributo delle municipalità. Un tempo le bande ricevevano dalla Stato un contributo annuo di 500 Euro, ora - non senza qualche ragione - quel contributo è stato tolto a tutti.
Alle due associazioni nazionali che tengono i contatti con le diverse realtà, che organizzano l'attività degli associati, ed anche corsi di formazione di un certo rilievo (sappiamo di quelli della Feniarco) è stato negato qualunque contributo, cancellando anche quello minimo che un tempo avevano. Perchè Nastasi non ne spiega pubblicamente le ragioni?
Fra le associazioni che si sono viste negate il contributo dopo una ventina d'anni, c'è anche CEMAT, che si dedica da sempre alla promozione della musica contemporanea; e per questa cancellazione è stata presentata già una interrogazione parlamentare. Ma allora, Nastasi, neanche un pò d'attenzione alla musica d'oggi? Oppure anche per lei come per Franceschini - che non capisce un c...- la musica di oggi è quella di Giovanni Allevi, compositore classico/contemporaneo, e solo la sua?
N.B. In quell' infame decreto si accenna al sostegno per le 'residenze' di giovani artisti. Non ne ha parlato di recente Francechini come di un suo progetto da mettere in atto nella restaurata sede dell'Arsenale pontificio a Porta Portese, per il quale ha subito fondi disponibili, come per la copertura della platea del Colosseo? Quando si dice la preveggenza!
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venerdì 7 agosto 2015
Carlo Fuortes dei miracoli, calcolatrice alla mano.
Noi non crediamo nè ai miracoli nè ai santi che li opererebbero. Nonostante ciò, ci siamo messi in fila, assieme a tanti altri, per toccare, quando veniva il nostro turno, almeno un lembo degli abiti di Carlo Fuortes per il quale tutti, da sinistra a sinistra, chiedono a gran voce che venga fatto subito santo- il prossimo Giubileo sarebbe occasione propizia - per aver egli compiuto già quattro miracoli, in poco tempo ed ancora in vita, rispettivamente all'Auditorium - miracolo già riconosciuto dal tribunale competente - al Petruzzelli di Bari - dove la causa per il riconoscimento dell'avvento miracolo si è da poco conclusa ma non se ne conosce l'esito ufficiale - all'Opera di Roma - la cui miracolosa resurrezione è sotto gli occhi e sulle bocche di tutti ma il regolare processo non è stato ancora istruito - a Caracalla, dove Fuortes avrebbe compiuto l'ultimo miracolo, in ordine di tempo, annunciato da lui medesimo. Sarebbe l'unico esempio della storia di un santo ancora vivente.
Ma le carte cantano.
Dell'ultimo miracolo ci preme ora dirci perché ha dell'inverosimile, dell'inimmaginabile, così come l'hanno raccontato oggi tutti i giornali indistintamente e con le stesse parole uscite dalla bocca di quel sant'uomo.
Che ha fatto di tanto eclatante Fuortes a Caracalla, alle famose terme di Roma? Non ha fatto guarigioni facendo immergere ammalati - per questi miracoli si va altrove - ma ha fatto molto di più, naturalmente nel campo in cui esercita il suo spettacolare apostolato, quella della musica che lui, proprio lui è riuscito a resuscitare alle famose terme romane, come ha annunciato, dove dai tempi del regime si tiene ogni estate un famoso, affollato festival popolare dedicato al melodramma e che, quest'anno, il nostro santo ha voluto allargare anche al rock d'autore, con risultati davvero sorprendenti ed inattesi, anche in considerazione della vasta platea delle terme, portata quest'anno a 4000 posti, non bastando più la precedente capienza a soddisfare tutte le richieste che per Caracalla provengono da ogni parte del mondo.
Alla conclusione della stagione mancano ancora due serate che aggiunte alle precedenti fanno in totale 31. A quota 29 serate - alla quale si riferiscono i miracolosi risultati annunciati ieri dal santo davanti ad una platea adorante, le presenze sono state 72.000. Sì, avete capito bene, 72.000. Un successone, dice lui; successone, gli fa eco Marino, ...cessone ripetono in eco corale tutti i giornali.
Prediamo la nostra calcolatrice che, controlliamo sia in funzione e facciamo 72.000 diviso 29 e viene la astronomica cifra di 2.482 di media. Cioè a dire sui 4000 posti disponibili ogni sera, san Fuortes ne ha riempito la bellezza di 2482 in media, per sera. E gli altri 1.500 circa per arrivare alla capienza disponibile? Verrebbe da pensare che siano rimasti vuoti, e più di 1/3 di poltrone vuote non può sfuggire a nessun occhio umano, anche guercio. No, infatti le 1500 circa poltrone erano assegnate ogni sera a emigranti, studenti ed anziani, amanti dell'opera ma impossibilitati a pagare il costo del biglietto, e dunque gratuitamente.
Ecco il miracolo di Fuortes a Caracalla, anzi il miracolo doppio. quello di aver avuto ogni sera, nediamenti 2500 spettaori pagatnti e di aver offerto ogni sera, le 1500 poltrone rimaste invendute - volutamente, per esercitare la carità - gratuitamente a chi voleva passare una serata ad ascoltare e vedere l'opera in uno degli scenari più monumentali e suggestivi al mondo.
Fuortes santo subito.
Ma le carte cantano.
Dell'ultimo miracolo ci preme ora dirci perché ha dell'inverosimile, dell'inimmaginabile, così come l'hanno raccontato oggi tutti i giornali indistintamente e con le stesse parole uscite dalla bocca di quel sant'uomo.
Che ha fatto di tanto eclatante Fuortes a Caracalla, alle famose terme di Roma? Non ha fatto guarigioni facendo immergere ammalati - per questi miracoli si va altrove - ma ha fatto molto di più, naturalmente nel campo in cui esercita il suo spettacolare apostolato, quella della musica che lui, proprio lui è riuscito a resuscitare alle famose terme romane, come ha annunciato, dove dai tempi del regime si tiene ogni estate un famoso, affollato festival popolare dedicato al melodramma e che, quest'anno, il nostro santo ha voluto allargare anche al rock d'autore, con risultati davvero sorprendenti ed inattesi, anche in considerazione della vasta platea delle terme, portata quest'anno a 4000 posti, non bastando più la precedente capienza a soddisfare tutte le richieste che per Caracalla provengono da ogni parte del mondo.
Alla conclusione della stagione mancano ancora due serate che aggiunte alle precedenti fanno in totale 31. A quota 29 serate - alla quale si riferiscono i miracolosi risultati annunciati ieri dal santo davanti ad una platea adorante, le presenze sono state 72.000. Sì, avete capito bene, 72.000. Un successone, dice lui; successone, gli fa eco Marino, ...cessone ripetono in eco corale tutti i giornali.
Prediamo la nostra calcolatrice che, controlliamo sia in funzione e facciamo 72.000 diviso 29 e viene la astronomica cifra di 2.482 di media. Cioè a dire sui 4000 posti disponibili ogni sera, san Fuortes ne ha riempito la bellezza di 2482 in media, per sera. E gli altri 1.500 circa per arrivare alla capienza disponibile? Verrebbe da pensare che siano rimasti vuoti, e più di 1/3 di poltrone vuote non può sfuggire a nessun occhio umano, anche guercio. No, infatti le 1500 circa poltrone erano assegnate ogni sera a emigranti, studenti ed anziani, amanti dell'opera ma impossibilitati a pagare il costo del biglietto, e dunque gratuitamente.
Ecco il miracolo di Fuortes a Caracalla, anzi il miracolo doppio. quello di aver avuto ogni sera, nediamenti 2500 spettaori pagatnti e di aver offerto ogni sera, le 1500 poltrone rimaste invendute - volutamente, per esercitare la carità - gratuitamente a chi voleva passare una serata ad ascoltare e vedere l'opera in uno degli scenari più monumentali e suggestivi al mondo.
Fuortes santo subito.
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