Francesco Giambrone lo conosco da moltissimi, anni diciamo oltre trenta. Di persona non l'ho conosciuto, nè frequentato mai. E non mi manca. Ma voglio dirvi come lo conobbi, come non mi è mai mancata la sua frequentazione. E perchè non mi fece una buona impressione allora.
Giambrone era un giovane medico che aveva il pallino della musica; (ma il medico crediamo non l'abbia mai fatto) e non perchè la conoscesse tanto da intraprendere la professione di musicista, ma perchè ambiva diventare critico musicale. In quei lontani anni chi voleva intraprendere quella strada, oltre che bussare alle porte di un quotidiano - dove era tuttavia difficile trovare ascolto - poteva tentare con una rivista di musica. E fra le pochissime in circolazione c'era la 'nostra' Piano Time; nostra nel senso che l'avevamo fondata inventata la dirigevamo, ed era certamente la migliore e più apprezzata all'epoca.
Francesco Giambrone che evidentemente leggeva Piano Time mi telefonò per chiedermi di collaborarvi. Altri giovani - ma giovani allora eravamo anche noi - me lo chiesero e a molti consentii di avviare la collaborazione. Qualche nome? Francesco Maria Colombo, ma poi anche Michele dall'Ongaro (per il tramite di Guido Zaccagnini che io chiamai a lavorare in redazione), Paolo Arcà. Ed altri che cercai io personalmente. Uno degli 'yuppies' in tale professione, non senza qualche qualità, ma sempre 'yuppie', come si è in seguito rivelato, è Sandro Cappelletto, che mi fece analoga richiesta a metà anni Novanta, quando dirigevo il mensile Applausi, su cui intendeva collaborare stabilmente, mentre gli dissi che poteva farlo solo saltuariamente, perchè di collaboratori, e bravi, ne avevo già molti. Di Fuortes che collaborava a Piano Time come fotografo ho già troppe volte detto. Insomma con Piano Time ai tempi della mia direzione (1983-1990) ho fatto debuttare molti, per mia scelta. Quel debutto fu un trampolino di lancio per carrieristi di professione che aspiravano ad altro; ci riusciranno ma mettendosi al servizio della politica o iscrivendosi alla massoneria.
E perchè io no? Innanzitutto perchè sono stato sempre innamorato della mia professione giornalistica, ed anche perché mi sono tenuto sempre lontano mille miglia dalla politica ed ancor di più dalla massoneria. E, se proprio vogliamo dirla tutta, nell' unica occasione in cui ho avuto - per un festival - la responsabilità artistica ho dimostrato cosa sapevo fare e cosa avrei potuto fare continuando. Ma i compromessi da accettare non mi piacquero allora nè mai mi sono piaciuti. Punto.
Quando ricevetti la richiesta da Giambrone - mi viene il dubbio che quella richiesta me la fece di persona, forse a Rovereto(?) - che desiderava fare il 'corrispondente' da Palermo e magari anche dalla Sicilia intera, la mia risposta fu negativa, accompagnata dalla precisazione che da Palermo collaborava a Piano Time Sara Patera - e lui lo sapeva benissimo - alla quale avrei dovuto dare il benservito, senza ragione alcuna, per far posto a Lui. E la collaborazione perciò con lui non cominciò mai.
Giambrone capì che più frutti avrebbe raccolto mettendosi al fianco , o al servizio, di un politico, il futuro sindaco Orlando. Particolare non di poco conto, suo fratello, Fabio, è un politico di professione, al fianco di Orlando, di cui è vicesindaco con molte deleghe, ma prima è stato parlamentare ed anche segretario del Partito di Di Pietro ( Italia del Valori) in Sicilia, e dal 2018 si è iscritto al PD, dopo una giostra di cambiamenti.
Il quale Orlando quando fu eletto lo nominò suo assessore, e successivamente il passo dal Comune al Teatro Massimo fu breve e quasi immediato. Lì restò fino a quando cambiò il vento, cioè fino a quando Orlando restò al Comune; dopo per lui iniziarono gli anni di disgrazia. Salvo poi a trovare una sponda, e anche in questo caso la presenza del fratello ebbe un peso, per andare a dirigere il Teatro del Maggio Musicale Fiorentino, in coppia con un altro campione del trasformismo e del portaborsismo, come Paolo Arcà, che cominciò tale sua professione con Roman Vlad.
Va ricordato che la coppia a Firenze restò per poco, tanto che dovette essere nominato un Commissario, Salvo Nastasi, per tentare di risanare le dissestate finanze, in cui anche loro avevano ridotto il Maggio. Arcà poi è andato a Parma, con Fontana, e Giambrone è tornato a Palermo in attesa della rielezione di Orlando che è poi avveuta.
Quando Orlando è tornato a fare il sindaco, Giambrone è tornato in auge (suo fratello è di nuovo in giunta o forse è assessore a qualcosa di simile: un film già visto) ed ha ripreso il suo posto prima all'assessorato alla cultura e poi al Massimo - come la volta precedente - scalzando il suo predecessore, Cognata, fra le sacrosante proteste di molti.
Ha richiamato come direttore musicale Gabriele Ferro, (filmicamente: il clan dei siciliani) e poi anche da Roma, ma di origini sicule, per la direzione artistica, Oscar Pizzo il cui cognome avrebbe dovuto mettere già sull'avviso l'avvedutissimo Giambrone. Il quale si è poi liberato del Pizzo che forse gli faceva ombra o chissà cosa, e si è poi avvalso - buon per lui - della presenza di un intraprendente direttore musicale, Omer Meir Wellber , ed anche di un direttore artistico, Marco Betta, compositore, che al Massimo c'era già stato.
Quando è scaduto, mesi fa, il suo mandato si sono levati cori di proteste giustificati alla notizia che restava ancora al Massimo.
Ora però a maggio si va al voto a Palermo ed Orlando non può neanche ricandidarsi. Giambrone sente la poltrona traballare e cerca di approdare a Roma, contando sull'appoggio di Franceschini e Nastasi (negli ultimi tempi, dopo l'uscita di scena di Cristiano Chiarot, ha assunto la carica di presidente dell'Associazione che riunisce le Fondazioni liriche in Italia) che potrebbero - se non l'hanno già fatto, come riporta il Corriere - segnalarlo a Gualtieri il quale, come la Raggi ed anche Marino e tutti i suoi predecessori, di musica non capisce un tubo e deve fidarsi dei suggerimenti, anche interessatissimiiii - che riceve da questo o quello.
Se così fosse anche la Meloni 'se la prenderebbe in saccoccia - questo gergo le è abbastanza familiare - perchè perdendo alle elezioni, non ha potuto coronare il suo sogno di riportare a Roma da Cagliari (dove l'ha spedito con la complicità del sindaco di destra) Colabianchi, il suo presunto 'campione' lirico. Ognuno mette in pista gli atleti di cui dispone: Colabianchi da Roma c'è già passato senza che del suo passaggio sia rimasta traccia. Perchè allora richiamarlo?
Tornando a Giambrone che a breve potrebbe prendere il posto di Fuortes, egli è un intellettuale per la cerchia dei suoi ammiratori, ma pessimo amministratore - fa scuola il caso del Maggio Fiorentino, mentre Palermo non fa testo perché c'ha Orlando che lo protegge - al contrario di Fuortes, che di musica non ha mai capito tanto - lo svarione di inizio incarico della 'esternalizzazione' di orchestra e coro ne fu esempio lampante - mentre ha goduto della fama di saper correttamente amministrare. Come ha rassicurato egli stesso il suo successore: "troverà - ha detto - il teatro con i conti in ordine e ben organizzato". Con Giambrone l'Opera di Roma tornerà a chieder aiuto ad ogni fine stagione al sindaco perché ripiani i costi di gestione di stagione in stagione, come probabilmente ha sempre fatto a Palermo? Per i debiti pregressi, che sono tanti, per quelli c'è un piano di risanamento avviato da Fuortes e concordato con il Ministero.
Valerio Cappelli, da sempre estimatore di Alessio Vlad, anche in maniera superiore ai suoi meriti, rassicura Giambrone, eventualmente fosse nominato all'Opera, sulla presenza di una spalla 'artistica' su cui contare ( Alessio Vlad), oltre che sul nuovo direttore musicale Michele Mariotti. Come se ad uno che ambisce comandare, gli può fregare di avere gregari che poi si attribuiscono meriti.
Non dice nulla, invece, Cappelli sul fatto che Giambrone sbarcando a Roma si troverebbe a lavorare sulla stessa piazza sulla quale ha aperto un suo banco, all'EUR, Oscar Pizzo, che con l' Opera di Fuortes ha stretto già qualche collaborazione.
Ma in questo caso non c'è da darsi pena per nessuno dei due: due cani (in senso figurato!) affamati intorno allo stesso osso, non si azzanneranno, magari uno strapperà la ciccia dai denti dell'altro. Ma certamente non si azzanneranno. Per la causa, che tradotto vuol dire, per 'le rispettive carriere'.
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