La legge italiana riguardante le cosiddette Fondazioni liriche ( e sinfoniche), anche dopo la 'riforma Veltroni' prevede, e non la esclude, la figura del direttore artistico che è altra cosa dal sovrintendente, dal quale tuttavia viene nominato e della cui fiducia deve godere.
Non mancano tuttavia i casi, specie quando in una istituzione c'è anche un direttore musicale, che un sovrintendente - manager/musicista - non intenda avvalersi di un direttore artistico e perciò non lo nomina, bastandogli una 'segreteria artistica' che gli fa quello che si considera il 'lavoro sporco'. E cioè, una volta stabiliti i titoli di una stagione, gli organizza i cast - croce e delizia anche di direttori artistici - che siamo convinti quasi nessuno dei sovrintendenti-direttori artistici in attività sarebbero in grado di fare autonomamente. Addirittura in alcuni teatri che possono permetterselo (vedi Scala) c'è proprio una figura preposta alla formazione dei cast.
Come si vede la riforma che doveva mettere fine alla dualità di vertice delle fondazioni, non ha fatto altro che creare nuovi problemi senza risolvere i vecchi.
Però - e qui veniamo al punto - una volta nominato un direttore artistico, il sovrintendente deve 'dare a lui quel che gli appartiene', e cioè la formulazione definitiva dei titoli, soprattutto sotto il profilo artistico (a quello 'finanziario' è chiaro che deve pensarci in prima persona il sovrintendente) e la composizione dei cast per ognuno di essi.
Per questo, con grande sorpresa , sulla pagina EVENTI del Corriere della Sera, a pagamento, dedicata al Teatro Carlo Felice di Genova, abbiamo notato che che il sovrintendente Orazi - che probabilmente non saprebbe distinguere un soprano da un baritono - presentando la stagione del teatro che dirige, non abbia mai fatto il nome del suo direttore artistico, Pierangelo Conte, che lui stesso ha nominato il 1 marzo di quest'anno e che, in tutta evidenza, ha lavorato fino ad oggi alla stagione firmata, sulla carta, da Orazi, ma nei fatti dalla coppia Orazi-Conte, anzi meglio: Conte-Orazi.
Tutt'altra storia al Teatro dell'Opera di Roma, dove da giugno manca il sovrintendente, Carlo Fuortes nominato amministratore delegato della Rai ma che resta anche in teatro per gli 'affari correnti', fino a quando quegli analfabeti degli amministratori romani - tutti uguali, senza eccezione! - non si degneranno di nominare il successore.
Al teatro dell'Opera di Roma più d'uno fa la campagna a favore del direttore artistico, Alessio Vlad, rimasto praticamente solo al comando - stessa situazione si verificò molti anni addietro, quando con l'uscita del sovrintendente Vidusso, rimase a fare il 'gallo nel pollaio' Vincenzo De Vivo ( aiutante del sovrintendente più che direttore artistico, perchè Vidusso capiva di musica, essendo musicista) e per questo avviato successivamente ad una carriera per la quale non aveva certo titolo, essendo un autodidatta neppure tanto esperto.
A Roma- lo ha fatto ieri La Repubblica, pagine romane - si inneggia ad Alessio Vlad del quale si racconta la gloriosa carriera - e non è la prima volta.
A 9 anni il giovane rampollo di Roman Vlad viene folgorato da opere alle quali il padre lo faceva assistere a Firenze, dove era sovrintendente ( c'era anche Muti, che poi in segno di riconoscenza verso Roman, così pensiamo anzi ne siamo convinti, lo ha fatto nominare a Roma nel 2010), appena compiuta la maggiore età incontra sulla sua strada il regista Bertolucci che, di fatto, apre a lui le porte del teatro, poi 'assiste' alle prove di una delle ultime opere di Visconti a Spoleto ecc...ecc...
Si dice che poi ha inanellato un successo dopo l'altro nel campo della composizione ( film e teatro quasi esclusivamente), e della direzione d'orchestra. Secondo quando si legge in un suo curriculum ufficiale, avrebbe diretto in mezzo mondo (???) e le più grandi orchestra del pianeta (???).
Anche sui suoi studi non c'è chiarezza. Ha studiato qualunque cosa, sempre con grandi maestri, ma non sappiamo se ne ha concluso qualcuno dei tanti corsi di studi fino al diploma, anche se vale la pena ricordare che in casa aveva un maestro del livello di suo padre, Roman. Che non è assolutamente vero che non si è mai speso per il figlio. Bugie. Si può vietare ad un padre, soprattutto ad un padre che ha avuto grande potere, di aiutare il proprio figlio per la carriera?
Sta di fatto che Alessio Vlad sia stato e sia tuttora richiestissimo, avendo la responsabilità, contemporaneamente, di teatri e festival.
Allora perchè l'ultimo panegirico, nel quale si fa chiaro e giustificato riferimento al fatto che è anche suo il merito della gestione dell'Opera di Roma, con Fuortes?
La ragione non è difficile da scoprire. L'arrivo del nuovo sovrintendente all'Opera di Roma - che prima o poi arriverà - potrebbe costituire una minaccia per Vlad, nel senso che potrebbe volersi avvalere di un altro direttore artistico o, forse fare da solo.
Ma Alessio Vlad non deve avere questa paura, soprattutto se il prossimo sovrintendente si sarà meritata la nomina non per ragioni professionali e di esperienza, ma quasi esclusivamente politiche.
In quel caso, a maggior ragione il futuro sovrintendente avrà bisogno di uno che ha le mani in pasta, salvo che non voglia mettere al posto di Alessio Vlad un altro che le mani in pasta le ha anche lui.
Perciò Alessio Vlad, figlio di Roman, non deve temere alcunchè, solo che non c'è bisogno di panegirici a suo sostegno, anche perchè i panegirici - chi non lo sa? - tendono a glorificare l'interessato.
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