venerdì 8 febbraio 2019

Infrastrutture per crescere. Il parere dell' economista Giuseppe Pennisi, nostro amico, che ringraziamo ( da Avvenire, di oggi, venerdì 8 febbraio)


La vera e propria pioggia di stime scoraggianti sulla crescita nel 2019 ripropongono urgentemente il
problema delle leve che si possono utilizzare per rimettersi in moto l’economia italiana. Dato che, a
ragione del quadro complessivo della finanza pubblica, non è concepibile una riduzione della
pressione fiscale, la leva a cui si guarda è gli investimenti pubblici in infrastrutture. Stimolano la
crescita in due modi: nella fase di cantiere, attivano fattori di produzione non pienamente utilizzati
(in Italia, soprattutto il lavoro); a regime, tramite l’aumento del capitale sociale (ad esempio,
riduzione dei tempi e dei costi di trasporto) incidono positivamente sulla produttività. Hanno un
moltiplicatore (le stime variano da Paese a Paese e da infrastruttura ad infrastruttura) più elevato
delle spese per consumi e soprattutto hanno importanti effetti di trazione sul resto di altri settori dell’economia, incidendo positivamente sulla crescita.

Un recente lavoro della Banca d’Italia declina che le stime del solo moltiplicatore dell’investimento pubblico in infrastrutture efficienti per l’Italia raggiungono il 2,6 nelle elaborazioni del Fondo monetario e l’1,8 in quelle della Banca centrale europea.

Il Piano generale dei trasporti ormai datato, elaborato con l’apporto del Premio
Nobel Wassilly Leontiev e di uno specialista del valore di Paolo Costa, conteneva un’analisi
quantitativa puntuale. In base ad una legge del 1986 lo si sarebbe dovuto aggiornare ogni tre anni,
ma in effetti è stato aggiornato unicamente nel 2011. Se si disponesse di uno strumento del genere,
si saprebbe su quali infrastrutture puntare. In mancanza, si deve guardare a progetti
immediatamente cantierabili, ove non già cantierati e ritardati per qualche ostacolo (da rimuovere al
più presto), e che siano efficienti sotto il profilo di una rigorosa dei costi e dei benefici finanziari ed
economico-sociali.

Tuttavia, la nostra politica delle infrastrutture pare strabica. Da un lato, si ritarda (o si blocca) un
progetto cofinanziato dalla Commissione europea e dalla Francia e già in fase di attuazione (nonché
già sottoposto ad otto analisi dei costi e dei benefici finanziari ed economicosociali) che è parte
integrante del corridoio Lisbona-Kiev, e, dall’altro, ci si esalta per il nuovo Stadio della Roma, mai
sottoposto ad un’analisi economica, privo di accessi agevoli, e non si sa quanto cantierabile (pure a
causa di vicende giudiziarie in corso).

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