mercoledì 6 febbraio 2019

Sa(n)remo proprio così noi italiani?

Non ho seguito il Festival di Sanremo. Non l'ho seguito neanche quest'anno, come già non lo seguivo negli anni passati. Mi  è sempre bastato poco per essere devastato dalla noia e rinunciare. Canzoni,  o quello che si intende per canzone, almeno quelle poche che ieri sera mi è capitato di ascoltare, non ne ho sentite; l'unica che aveva qualche sembianza di canzone era quella di Arisa - alla cantante era accaduto anche al suo esordio, di presentare una canzone che canzone era.

Tutto il resto è...Rap. 'Rappano' tutti, senza che si capiscano le parole che in quel genere di chiacchiericcio musicale sussurrato dovrebbe avere un peso determinante. E il ritornello, quando c'è, dura qualche secondo appena. Da quel poco che si capiva  è sembrato serpeggiare nei testi la protesta, ma anche i  buoni sentimenti. Non era un caso che Arisa 'stava bene' e nella canzone di un gruppo di clown variopinti, tutti  'i ragazzi stanno bene' .
 Mi sono risparmiato  in quei minuti che anch'io sono stato a sentire Sanremo, i Bocelli, padre e figlio, che rinsaldano, nell'esecuzione delle canzoni, la tragica tradizione interpretativa pavarottiana - e non sono i soli; perché anche quel Trio,  colto al 'Volo', inascoltabile, è celebratisimo.

 E allora ripiego su alcune considerazione di carattere sociale, sociologico diciamo, se per tutti, stampa compresa, Sanremo, il Festival, della canzone italiana, è  e resta sempre lo specchio del paese. 

1. In Italia  si mascherano tutti, nessuno si propone  più con la propria faccia, nel timore di suscitare, senza camuffamenti, il riso. Il caso del nostro ministro Salvini, ogni giorno in divisa diversa, è l'esempio più lampante.  E, di conseguenza, non c'è da meravigliarsi se tutti i cantanti sfilati sul palco sanremese, erano sicuramente passati prima da un laboratorio di maschere, dove hanno raccattato vestiti ed orpelli, e si sono fatti tatuare  in ogni posto, faccia compresa, come  ha fatto Achille Lauro, che  per l'enfasi riservatagli nella presentazione doveva essere un fenomeno di protesta,  ed invece è scivolato nel perfetto pagliaccio.

2. Sanremo ha mostrato anche come cambiano le professioni e le abitudini in Italia, un tempo paradiso per  badanti dell'est europeo, per effetto della crisi. Oggi quella professione è ambita  anche da italiani, e maschi, mentre prima dall'Est europeo arrivavano solo badanti donne che qualche volta trovavano perfino una sistemazione per la vita. L'esempio ce lo ha offerto ieri sera il prestante badante, travestito da cantante,e con qualche pennellata di trucco,  che ha accompagnato sul palco la Nicoletta nazionale, truccatissima, e poi, dopo aver duettato con Lei ( in verità, è Lei che ha duettato col badante) sempre sorreggendola (per via dei tacchi troppo alti della cantante) per il braccio, l'ha riportata dietro le quinte, da dove era venuta.

3. A me, per la verità, e non da oggi, fa  una brutta impressione osservare i direttori d'orchestra -  e siamo benevoli chiamandoli così - via via impegnati: mettono le cuffie e poi  muovono l'aria agitando le braccia. Ma consoceranno la musici come quel lavoro imporrebbe? Siamo stati sempre assaliti  da seri dubbi in proposito.

4. Infine se le canzoni alternavano protesta civile e buoni sentimenti -  è solo una impressione colta nei rari momenti in cui  siamo riusciti  a capire qualcosa di quello che dicevano - e disegnavano quindi un paese diverso da quello che tiene alti i sondaggi in favore di Salvini, vuol dire che in questi giorni in riviera, in occasione del Festival della canzone italiana,  si sono dati convegno solo gli antisalviniani. I pochissimi rimasti.

P.S.
Quanti milioni di telefonate giungono al centralino per votare questo o quel cantante, del costo di 0,51 centesimi di Euro ciascuna? E a chi vanno i proventi che, con  un rapido calcolo, saranno certamente milioni di Euro? Se li spartiscono Rai e gestore telefonico, del tipo TIM, che è sponsor UNICO del Festival della Canzone italiana di Sanremo?

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