sabato 9 febbraio 2019

Democrazia parlamentare. Richiamo della Consulta a proposito dell'approvazione della Legge di Bilancio

LA CONSULTA RICHIAMA AL RISPETTO DELLA DEMOCRAZIA RAPPRESENTATIVA E                          “APRE” AL RICORSO DEL SINGOLO PARLAMENTARE

 Il singolo parlamentare è titolare di una serie di prerogative costituzionali distinte da quelle che gli spettano in quanto componente dell’Assemblea - quali il diritto di parola, di proposta e di voto - che può esercitare in modo autonomo e indipendente e che può tutelare davanti alla Corte costituzionale con lo strumento del conflitto di attribuzioni.
Però, per superare il vaglio preliminare di ammissibilità, occorre che la violazione di queste prerogative sia rilevabile immediatamente e in maniera evidente. Per le censure che riguardano esclusivamente violazioni o applicazioni scorrette di regolamenti o prassi parlamentari, le Camere stesse offrono rimedi interni, nell’esercizio della loro autonomia.

Queste importanti novità sono contenute nell’ordinanza della Corte costituzionale n. 17, depositata oggi (relatrice Marta Cartabia), sul conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato sollevato da 37 senatori del Pd e relativo all’iter di approvazione al Senato della legge di bilancio 2019. Nel caso specifico, il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché, si legge nell’ordinanza, «non emerge un abuso del procedimento legislativo tale da determinare quelle violazioni manifeste delle prerogative costituzionali dei parlamentari», che costituiscono requisito di ammissibilità di conflitti di questo tipo.

La Corte ha preso atto di una serie di forzature dell’iter parlamentare della legge di bilancio 2019, che hanno determinato una grave compressione del dibattito in Commissione e nell’Aula del Senato, aggravando ulteriormente gli aspetti già problematici della pluridecennale prassi dei maxi-emendamenti approvati con voto di fiducia. Tuttavia, secondo la Corte l’andamento dei lavori è stato anche condizionato da una serie di fattori trascurati dai ricorrenti, come la lunga interlocuzione con le istituzioni europee, la prima applicazione della riforma del regolamento del Senato nell’approvazione del bilancio, insieme con il dato che, comunque, il maxi-emendamento costituiva in parte il frutto dei lavori parlamentari svoltisi fino a quel momento.

La Corte ha richiamato l’attenzione sulla necessità che il ruolo riservato dalla Costituzione al Parlamento nel procedimento di formazione delle leggi sia non solo osservato formalmente ma rispettato nel suo significato sostanziale, a tutela della democrazia rappresentativa secondo cui i parlamentari eletti debbono avere l’effettiva possibilità di contribuire alla formazione della volontà legislativa. Ciò vale a maggior ragione per la legge di bilancio, in cui si concentrano le fondamentali scelte di indirizzo politico, si decide della contribuzione dei cittadini alle entrate dello Stato e della destinazione delle risorse pubbliche. Decisioni che esigono «la più ampia partecipazione di tutti soggetti politici alla loro elaborazione».

Alla luce di queste considerazioni la Corte ha chiuso l’ordinanza avvertendo che «in altre situazioni una simile compressione della funzione costituzionale dei parlamentari potrebbe portare a esiti differenti». Roma, 8 febbraio 2019 Palazzo della Consulta, Piazza del Quirinale 41 Roma - Tel. 06.46981/06.4698224/06.4698511

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