mercoledì 20 febbraio 2019

Caso Diciotti. E se dalla rete fosse venuta l'indicazione opposta? I CInquestelle in Parlamento l'avrebbero ignorata, come hanno fatto capire con l'autodenuncia di tutto il Governo. Finta naturalmente!

Già, se il risultato fosse stato contrario a quello che la Piattaforma Rousseau ha detto - chi ha controllato  la regolarità della votazione degli iscritti? - cosa avrebbe fatto la Commissione Parlamentare e quale sarebbe stata la decisione dei Cinquestelle in Parlamento?

 Dal un lato, Gasparri, ancor prima che la Commissione annunciasse il suo voto contrario al processo a Salvini, aveva fatto sapere che l'orientamento era quello di scagionare Salvini dal giudizio della magistratura.
Da una alto lato, tre autorevoli amministratori Cinquestelle: Appendino, Raggi, Nogarin AVEVANO FATTO SAPERE APERTAMENTE che il Movimento non poteva ora, su un punto qualificante del loro statuto, e cioè che i cittadini, compresi i Parlamentari si difendono in giudizio e non dal giudizio, e tale pronuncia aveva irritato i vertici del Movimento che avevano già deciso di salvare Salvini dalle grinfie della magistratura.

Insomma, qualora la rete avesse votato per non sottrarre Salvini al giudizio della magistratura - e di ragioni ve ne erano, come ha spiegato anche ieri, nel salotto della Gruber, l'ex magistrato Carofiglio, ad Azzeccagarbugli - Bonafede, ministro della Giustizia, che  ha menato il can per l'aia, con reticenze ed argomentazioni fasulle, ' la giuria 'di qualità' (almeno per il fatto che fosse ufficialmente  designata per esaminare simili casi)  avrebbe comunque votato a favore di Salvini, ma contro la 'giuria popolare' della Piattaforma Rousseau, che per quanto ridotta ad alcune migliaia di votanti, rappresentava nella testa dei Cinquestelle - che una volta optano per la democrazia rappresentativa ed un'altra per la democrazia diretta ( e del resto un loro ministro ha la seguente dicitura: ministro per i rapporti con il Parlamento e per la Democrazia diretta. Chi gli ha va a dire  che un ministro  'medico' non può esercitare anche a e contemporaneamente la professione di 'becchino'?) la 'giuria popolare'.

 Tale sofisma ci fa venire in mente il problema che quest'anno la Politica -  soprattutto la politica - ha sollevato a proposito del Festival della canzone italia di Sanremo, relativamente al voto della giuria popolare (televoto) e la cosiddetta giuria di 'qualità' o 'd'onore'.

La politica, alla vittoria di un cantante di padre egiziano, da cui ha derivato il suo cognome: Mahmood, ma italiano al cento per cento, s'è opposta - se fosse stato un italiano avrebbe ugualmente sbraitato? -  dicendo che la giuria cosiddetta 'di qualità' aveva sovvertito il giudizio del televoto che aveva premiato 'Ultimo', facendolo arrivare 'Primo (lui, con quel cognome!); ed aveva aggiunto, volendo sovvertire, a seguito dell'esito non gradito, le regole stabilite prima che iniziasse il festival, che quella giuria non rea di 'qualità'. Non aveva cioè al suo interno, salvo il presidente, persone che avessero competenze in fatto di musica. Forse solo una ne aveva, l'attrice Elena Sofia Ricci, per induzione coniugale,  essendo maritata  con Mainetti musicista: scherziamo!

Insomma la politica non si è accorta, o forse se ne è accorta ma se ne è ugualmente fottuta, che se si dovesse applicare il criterio della 'professionalità' anche al Parlamento, il massimo organo legislativo del nostro paese, sarebbe più che dimezzato nei suoi membri - notoriamente analfabeti ed incompetenti in quasi tutti gli ambiti richiesti ad un rappresentante del popolo, come ha messo in luce un recente studio e come ogni giorno ci confermano le uscite e dichiarazioni pubbliche di questo o quel parlamentare o politico. 

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