mercoledì 27 febbraio 2019

Quanta Italia ci deve essere nella musica trasmessa in radio? Lo decide il governo?

La questione, ancor prima di essere posta, registra una curiosa anomalia. Il primo firmatario di una proposta in materia è presidente  della commissione parlamentare 'trasporti, poste e telecomunicazioni', leghista. Direte che c'entra? C'entra, perchè lui, Morelli il suo nome, fedelissimo di Bullo-Salvini,  è stato anche direttore di Radio Padania;  si potrebbe aggiungere che il presidente della suddetta commissione che si interessa di musica, fa il paio con un ministro sempre leghista, Centinaio, il quale è ministro dell'agricoltura e foreste ed anche del turismo. Che c'entra?  Giusto che c'entra il turismo con l'agricoltura? Non c'entra nulla, e si vede e si sente. Centinaio, il ministro, che già fatica a fare il ministro dell'agricoltura, tanto che deve chiedere aiuto a Bullo-Salvini, quando ha da trattare la questione del latte di pecora sardo - che poi, in due, non siano arrivati a nessun risultato conta poco, intanto conta che hanno vinto le elezioni - di Turismo non si occupa affatto, come da tempo vanno denunciando gli addetti del settore; anche per totale 'incompetenza', al di là di quella acquisita   in una agenzia di turismo, quando si occupava di clienti. 

Torniamo a Morelli e alla sua proposta di legge, sostenuta anche dall'attuale presidente della Siae, Mogol. 

Morelli dice che le radio devono trasmettere  musica, così suddivisa quanto a nazione e cultura di provenienza: 1/3 almeno deve essere italiana. Cioè Morelli vorrebbe che il Parlamento legiferasse in materia e che l'eventuale inosservanza venisse sanzionata, come fa oggi  l'AGCOM con le tv, quando ad una forza politica  viene dato uno spazio  sproporzionato rispetto a quello concesso ad altre (nel caso specifico agli esponenti di governo che, oggi, nelle persone dei due vice premier sono onnipresenti in tv, sia quella pubblica che privata).

La questione della presenza della musica italiana nelle radio non è questione da poco, ma così come l'ha messa Morelli è mal posta.

 Ci sovviene che alcuni anni fa, anche noi ponemmo la questione, dopo l'ascolto quotidiano di Radio 3 Rai, per la precisione di una trasmissione intitolata, se non andiamo errati: Buddha Bar. Ma forse accade anche oggi - per quel poco che l'ascoltiamo in questi ultimi tempi - a Radio 3 Rai, nella trasmissione che percorre l'intera programmazione giornaliera e che si intitola  Sei gradi - speriamo di non sbagliarci, altrimenti i dotti conduttori ci bacchetteranno. 

 Se uno si fosse, in passato, sintonizzato con 'Buddha Bar' e, oggi, con 'Sei gradi', dovrebbe prestare molta attenzione per capire autori e titoli della musica trasmessa, e tenere a portata di mano il dizionario inglese. L'unica cosa che si capisce immediatamente, appena accesa, è che i conduttori conoscono l'inglese. Vogliamo dire che la gran parte della musica trasmessa non è italiana. E questo è troppo.

Ammettiamo che non siamo particolarmente competenti in materia, per cui non siamo giudici capaci e informati come  lo è Morelli. Ma ciò che possiamo  affermare con assoluta certezza è che di musica italiana lì ve ne è ben poca, anzi niente. E Mogol aggiunge, per quel che gli interessa, che il sostegno alla nostra musica attraverso i diritti di autore e di trasmissione è limitato. E non è giusto, per lo meno per la radio pubblica.
 Dunque? Dunque il problema è reale e si deve risolvere ma non imponendo per legge alle radio, pubbliche e private - su queste ultime con quale diritto?- che  1/3 della rispettiva programmazione musicale debba essere destinata alla produzione italiana.
 Per la quale musica la politica non fa e non ha fatto mai nulla, mentre oggi ci fa sapere che vuole impicciarsi, come ha fatto a proposito della canzone e del cantante vincitori a Sanremo. 

Non vale appellarsi all'esempio francese, come qualcuno ha fatto, perché in Francia  esiste sì una disposizione  analoga a quella che si vorrebbe introdurre in Italia, ma lì lo Stato  interviene a sostegno della produzione francese, mentre in Italia no, e allora è comprensibile che metta bocca anche nella programmazione radiofonica, con indirizzi di comportamento, per non vanificare gli sforzi che lo Stato compie in favore di quella stessa musica.

 Si sostenga pure la tesi che la musica italiana meriti più spazio  nella programmazione radio, ma prima ancora si dimostri concretamente di avere a cuore le sorti della stessa musica con interventi dedicati, prima di ricorrere a leggi.

Morelli, stia a sentire noi, si occupi di come far viaggiare i treni in orario e le macchine su strade sicure ed in condizioni decenti, e lasci perdere la musica che viaggia sulle onde. O gli hanno  fatto credere che anche la musica viaggia su rotaie e lei, ossequioso, s'è fatto avanti con la sua  bizzarra proposta di legge?

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