Fra le tante idiozie ascoltate o lette questi giorni, c'è anche quella che vuole il sistema che si intenderebbe instaurare in Italia - e cioè: orchestra con contratti a tempo determinato, con un carico di prestazioni predeterminato e il resto del tempo impiegato dai singoli per la libera professione - sarebbe in atto in buona parte dell'Europa. Ma come si fa a sentire simile sciocchezze senza sobbalzare sulla sedia?
Vanto di ogni orchestra di qualità è la solidità e continuità del lavoro d'insieme, condizione indispensabile per creare e tramandare tradizione musicale e stile, ma anche qualità e individualità del suono.
Vero è che all'estero, le orchestre, a maggior ragione le migliori, fanno continuamente verifiche artistiche fra gli orchestrali: chi non è all'altezza va via. Ma è evidente che gli orchestrali fanno a gara per restarvi, dimostrandosi all'altezza del ruolo ricoperto, in ogni verifica. Questo sarebbe salutare, non ciò che si vorrebbe proporre in Italia.
Quando durante l'estate, nel corso del Festival di Salisburgo, il più importante del mondo, ci si lamenta spesso degli 'aggiunti' in orchestra anche dei Wiener o Berliner - non nell'orchestra dell'Opera di Roma, con buona pace del maestro Muti - e il lamento riguarda l' aggiunta di professori a tempo 'determinato', necessaria per l'enorme mole di lavoro che attende l'orchestra dei Wiener, orchestra stabile del festival - ci lamenta perchè quell'orchestra, popolata, qualche volta troppo, di aggiunti, non risulta più all'altezza del suo nome.
Figurarsi se questo può interessare ai nostri governanti ed a quelli oggi impegnati nella soluzione del rebus dell'Opera di Roma.
Che gliene fotte a loro se il paese che ha inventato l'opera ed anche la musica - possiamo ugualmente dirlo - si riduce a ciò che essi vogliono si riduca, mettendo sotto i piedi la qualità necessaria, senza la quale la musica non esiste ?
Sorprende poi il fatto che i giornali che riportano simili idiozie, non si prendono la briga neanche di un piccolo, magari soltanto sommesso, commento - ma che state dicendo?- in seguito a verifica dei fatti
Il che dà la misura di quanto un paese di ignoranti sia perfettamente riflesso, oltre che nei suoi governanti, anche nei suoi giornali.
martedì 30 settembre 2014
Teatro d'opera senza orchestra. La soluzione per l'Opera di Roma proposta dai nuovi barbari: Marino e Fuortes, teleguidati da Nastasi, con la benedizione di Franceschini
All'inizio della tragica storia dell'Opera di Roma - segnata negli ultimi mesi da scioperi ed agitazioni continue e dall'uscita di Muti - pensavamo che l'unico barbaro che voleva tenere per sè il merito di aver distrutto la musica a Roma, fosse Marino; confidavamo che qualcuno avrebbe fatto ragionare il chirurgo trapiantista, trapiantato a Roma sul Campidoglio, che ha creato guai in ogni settore - quasi tutti - in cui è intervenuto, non capendo di nulla. Ora, mettendo bocca nella musica, rischia di dare il meglio di sè nel peggio. Stante la crisi dell'Opera, maggiore di qualunque altro teatro forse, lui ha in testa due soluzioni: chiudere l'Opera accorpandola a Santa Cecilia, una sola orchestra che a giorni alterni fa melodramma e repertorio sinfonico; con un unico direttore stabile, un solo sovrintendente, un solo direttore artistico, qualora di quest'ultimo se ne ravvisasse la necessità, ma anche di questo forse si potrebbe fare a meno, con un enorme risparmio. E giacchè il melodramma è quello che ha maggiori particolari esigenze di spazio, sarebbe opportuno traslocare tutta Santa Cecilia in Piazza Gigli, e non viceversa, nella sede dell'Opera, liberando così i locali occupati nell'Auditorium, dove comunque si tornerebbe per i concerti - magari pagando all'orchestra un'indennità di spostamento.
Dopo le prime rivelazioni dell'insano progetto di Marino, qualcuno anche dal Campidoglio gli aveva sussurrato, per non urtare la sua ignoranza, che il progetto era una vera follia Inutile spiegargliela, non capirebbe.
Sembrava essersi convinto il chirurgo trapiantista, trapiantato a Roma a fare il sindaco; senonché tira fuori un altro coniglio finto dal suo cilindro bucato. Una giovane donna, ed anche bella, sul podio al posto di Muti - non era stato chiaro, nella sua confusione mentale, se sul podio per le due opere che Muti aveva lasciato oppure alla direzione musicale dell'Orchestra del teatro - poteva costituire il segno di un grande cambiamento e della rinascita dell'Opera di Roma. E ha fatto anche i nomi, il chirurgo distratto, fra i quali una direttrice italiana, Giovanna Fratta, con un curriculum non all'altezza neanche per la direzione di un teatro di provincia.
Per questi svarioni, in rapida successione, ci siamo permessi di scrivere giorni fa che Marino andrebbe per un periodo internato per essere resettato in funzione del governo della città, e, se ciò non fosse possibile, almeno impedito di nuocere.
Ieri poi c'è stata la riunione ai massimi vertici al ministero, sotto l'ala protettrice, ed ugualmente ignorante, di Franceschini, dalla quale è venuta fuori la decisione di demandare ogni decisione al consiglio di amministrazione del 2 ottobre. Sottolineando che con la sola sostituzione di Muti, il teatro sarebbe ancora nei guai, fino a quando i problemi di gestione complessiva non saranno risolti.
Nei giorni passati un noto critico musicale amico di Muti - e forse anche suo interprete autorizzato - aveva prospettato l'idea che Muti sarebbe stato messo nella condizione di andarsene, per dare il via all'esperimento del declassamento del Teatro dell'Opera di Roma. E non sarebbe che l' inizio del declassamento generale.
Un momento,però: chi vorrebbe in primis tale declassamento di fatto, se non il ministero dell'amico Nastasi - amico e sostenitore di Muti - il quale vorrebbe tutti i teatri italiani svuotati di orchestre e cori per farne esclusivamente sedi di distribuzione della lirica italiana, affidata, per la produzione ad uno o due istituzioni che farebbero girare senza sosta i loro complessi artistici? Questo è il progetto che Nastasi, più o meno velatamente accarezza da tempo. Via orchestra e coro, senza toccare gli impiegati i quali, tanto per scendere nel dettaglio, all'Opera di Roma sono il doppio di orchestra e coro insieme. Tanti, tantissimi, messi lì, per buona parte, dalla politica. Più terra terra: senza che anche la sua mogliettina, corra il rischio di essere mandata via, per ridimensionamento organico, dal San Carlo di Napoli, dove lui, marito tenero e premuroso, le ha trovato, creandolo appositamente, un posticino, poco prima di lasciare il teatro da commissario.
Nella situazione romana, la longa manus del distruttore Nastasi, potrebbe essere Carlo Fuortes, se gli riuscisse a quei manigoldi di fondere Santa Cecilia all'Opera ed anche a Musica per Roma, con Fuortes saldamente al vertice delle rovine, visto che lui è già al vertice di due delle tre istituzioni.
E così il grande esperto di 'economia della cultura' invece che dichiarare forfait, per incapacità ed inesperienza, ed andarsene, continuerebbe ancora fare guai con chissà quali ulteriori conseguenze.
Ciò che i mandanti della distruzione non possono e non vogliono capire è che non ci possono essere 'orchestre' eccellenti se i suoi professori hanno contratti 'a chiamata' o 'a tempo determinato' come il Fuortes ha potuto fare al Petruzzelli, un teatro di sole mura, ancora vuoto, che ha riempito con giovani con contratti a termine ( triennali) e meno costosi. E, nonostante ciò, andandosene, ha lasciato un buco di un paio di milioni, il buon amministratore, tanto che il sucessore ha cancellato dalla programmazione, già all'osso, due titoli. Se l'orchestra dell'Opera era diventata, a detta di Muti, una delle migliori in Italia - ADDIRITTURA LA MIGLIORE ( !?) - con la cura che l'équipe barbara sta per somministrarle, in meno di una stagione tornerà ad essere un'orchestra qualunque zoppicante, inascoltabile oltre che indisciplinata, qualità che si è sempre attribuita con vanto.
E Fuortes baratterebbe il contratto a tempo determinato dell'orchestra e coro, con l'autorizzazione per strumenti e coristi a svolgere la libera professione. Altro imbroglio, se orchestrali e coristi ci cascano come salami!
Noi osiamo sperare che non vada in porto l'insane progetto dei distruttori della musica a Roma, ma se dovesse cominciare a prendere forma, sin d'ora lanciamo l'appello a scendere in piazza e protestare TUTTI contro la distruzione della musica in Italia, per la quale Roma non sarebbe che il primo passo e la prova generale.
Dopo le prime rivelazioni dell'insano progetto di Marino, qualcuno anche dal Campidoglio gli aveva sussurrato, per non urtare la sua ignoranza, che il progetto era una vera follia Inutile spiegargliela, non capirebbe.
Sembrava essersi convinto il chirurgo trapiantista, trapiantato a Roma a fare il sindaco; senonché tira fuori un altro coniglio finto dal suo cilindro bucato. Una giovane donna, ed anche bella, sul podio al posto di Muti - non era stato chiaro, nella sua confusione mentale, se sul podio per le due opere che Muti aveva lasciato oppure alla direzione musicale dell'Orchestra del teatro - poteva costituire il segno di un grande cambiamento e della rinascita dell'Opera di Roma. E ha fatto anche i nomi, il chirurgo distratto, fra i quali una direttrice italiana, Giovanna Fratta, con un curriculum non all'altezza neanche per la direzione di un teatro di provincia.
Per questi svarioni, in rapida successione, ci siamo permessi di scrivere giorni fa che Marino andrebbe per un periodo internato per essere resettato in funzione del governo della città, e, se ciò non fosse possibile, almeno impedito di nuocere.
Ieri poi c'è stata la riunione ai massimi vertici al ministero, sotto l'ala protettrice, ed ugualmente ignorante, di Franceschini, dalla quale è venuta fuori la decisione di demandare ogni decisione al consiglio di amministrazione del 2 ottobre. Sottolineando che con la sola sostituzione di Muti, il teatro sarebbe ancora nei guai, fino a quando i problemi di gestione complessiva non saranno risolti.
Nei giorni passati un noto critico musicale amico di Muti - e forse anche suo interprete autorizzato - aveva prospettato l'idea che Muti sarebbe stato messo nella condizione di andarsene, per dare il via all'esperimento del declassamento del Teatro dell'Opera di Roma. E non sarebbe che l' inizio del declassamento generale.
Un momento,però: chi vorrebbe in primis tale declassamento di fatto, se non il ministero dell'amico Nastasi - amico e sostenitore di Muti - il quale vorrebbe tutti i teatri italiani svuotati di orchestre e cori per farne esclusivamente sedi di distribuzione della lirica italiana, affidata, per la produzione ad uno o due istituzioni che farebbero girare senza sosta i loro complessi artistici? Questo è il progetto che Nastasi, più o meno velatamente accarezza da tempo. Via orchestra e coro, senza toccare gli impiegati i quali, tanto per scendere nel dettaglio, all'Opera di Roma sono il doppio di orchestra e coro insieme. Tanti, tantissimi, messi lì, per buona parte, dalla politica. Più terra terra: senza che anche la sua mogliettina, corra il rischio di essere mandata via, per ridimensionamento organico, dal San Carlo di Napoli, dove lui, marito tenero e premuroso, le ha trovato, creandolo appositamente, un posticino, poco prima di lasciare il teatro da commissario.
Nella situazione romana, la longa manus del distruttore Nastasi, potrebbe essere Carlo Fuortes, se gli riuscisse a quei manigoldi di fondere Santa Cecilia all'Opera ed anche a Musica per Roma, con Fuortes saldamente al vertice delle rovine, visto che lui è già al vertice di due delle tre istituzioni.
E così il grande esperto di 'economia della cultura' invece che dichiarare forfait, per incapacità ed inesperienza, ed andarsene, continuerebbe ancora fare guai con chissà quali ulteriori conseguenze.
Ciò che i mandanti della distruzione non possono e non vogliono capire è che non ci possono essere 'orchestre' eccellenti se i suoi professori hanno contratti 'a chiamata' o 'a tempo determinato' come il Fuortes ha potuto fare al Petruzzelli, un teatro di sole mura, ancora vuoto, che ha riempito con giovani con contratti a termine ( triennali) e meno costosi. E, nonostante ciò, andandosene, ha lasciato un buco di un paio di milioni, il buon amministratore, tanto che il sucessore ha cancellato dalla programmazione, già all'osso, due titoli. Se l'orchestra dell'Opera era diventata, a detta di Muti, una delle migliori in Italia - ADDIRITTURA LA MIGLIORE ( !?) - con la cura che l'équipe barbara sta per somministrarle, in meno di una stagione tornerà ad essere un'orchestra qualunque zoppicante, inascoltabile oltre che indisciplinata, qualità che si è sempre attribuita con vanto.
E Fuortes baratterebbe il contratto a tempo determinato dell'orchestra e coro, con l'autorizzazione per strumenti e coristi a svolgere la libera professione. Altro imbroglio, se orchestrali e coristi ci cascano come salami!
Noi osiamo sperare che non vada in porto l'insane progetto dei distruttori della musica a Roma, ma se dovesse cominciare a prendere forma, sin d'ora lanciamo l'appello a scendere in piazza e protestare TUTTI contro la distruzione della musica in Italia, per la quale Roma non sarebbe che il primo passo e la prova generale.
lunedì 29 settembre 2014
Franceschini,zingaretti,marino, fuortes,marinelli: riuniti per non decidere. Il clima dell'Opera non è sereno. Bella scoperta!
Ministro, governatore, sindaco, sovrintendente, assessore riuniti al Collegio romano per sbrogliare la matassa dell'Opera di Roma, dopo l'uscita di scena di Muti. Dopo attento ed approfondito esame constatano che il clima in teatro non è pacificato. La constatazione meriterebbe una semplice ed immediata riflessione: bella scoperta. Pensavate forse che la notizia della vostra inutile riunione avrebbe disteso gli animi dei contendenti rabbiosi che si fronteggiano in teatro? Fuortes credeva che facendo la faccia feroce, avrebbe addomesticato le belve feroci; voi, sul suo esempio, pensate di non prendere decisioni e di rimandare tutto al Consiglio di amministrazione - che ricordiamo a chi non dovesse conoscere bene le cose, è espressione del ministero, regione, comune, insomma di tutti, manca solo la Santa sede? Il consiglio di amministrazione, espressione dei riuniti di oggi, dovrebbe prendere una decisione che i 'mandanti', riuniti oggi, non hanno preso, saputo prendere? Forse semplicemente si vuol prendere tempo? altri due giorni per contatti informali?
Forse il problema del ritorno alla normalità passa anche attraverso la permanenza o l'uscita di scena, per far ritorno alla più rassicurante casa di 'Musica per Roma', di Fuortes che agli occhi dei dimostranti è causa dei dissapori. Certo permanendo le ragioni di dissidio fra le fazioni ed il management il teatro non tornerà mai alla normalità. E, ne consegue, che persistendo tale clima nessun direttore voglia assumersi la responsabilità di gettarsi nella mischia di Aida, pensando di commettere uno sgarbo ( quale sgarbo? Muti non è certo l'unico direttore al mondo) nei confronti di Muti ( ma potrebbe gioire se la sua uscita dovesse essere l'inizio della fine? Non possiamo pensare simile cinismo) o temendo di dover, a prove avviate, dare forfait per il clima irrespirabile in teatro che metterebbe a rischio il lavoro di concertazione? Bella parola, tanto necessaria oggi!
E poi, che fine ha fatto la giovane bella direttrice, Fratta, che dovrebbe fare il grande salto professionale, giacchè nelle sue mani Marino vorrebbe riporre le sorti future dell'Opera? C'è da augurarsi che Marino per un pò stia zitto, non sapendo quel che dice anche a tal proposito.
Con Fuortes subito fuori, i problemi potrebbero risolversi? Rimandando o addirittura cancellando le opere affidate a Muti e quindi di fatto rimandando di oltre due mesi l'inizio della stagione, il teatro dell'Opera di Roma Capitale - è una beffa già il semplice nome; e che dire poi della pubblicità che i romani leggono sulle fiancate degli autobus: La grande opera. Sta per iniziare una nuova stagione?) ne trarrebbe un qualche vantaggio?
La stagione deve cominciare il 27 novembre con Aida, si trovi un bravo direttore, ve ne sono tanti che all'Opera di Roma non sono stati mai invitati; a casa Vald, van Hoecke ( i 'mutiani') doc; Fuortes tiri avanti fino alla fine dell'anno, ma annunciando in anticipo il suo ritorno a Musica per Roma: missione fallita. Nel frattempo si risolvano i problemi, e sono tanti, all'origine della grave conflittualità del teatro. E intanto si cerchi un vero sovrintendente, un vero direttore musicale ed un altrettanto vero direttore artistico, e, da ultimo, anche una vera direttrice del ballo, come forse la Abbagnato non sarebbe ! A casa anche il capo dell'Ufficio stampa, Arriva (tardi!), che in questi anni ha fatto il megafono dell'imbroglio: neanche lui sapeva nulla? ma come, lui così intelligente e sveglio non ha visto nè capito nulla? Tutti a casa, a trovarsi un altro padrone, come saggiamente faceva Leporello seguito da tutti gli altri attori del 'Don Giovanni' mozartiano.
Ma sin d'ora non si pensi o creda, illudendosi, che rimandando l'apertura e la risoluzione dei problemi, all'Opera accada qualcosa di buono.
E il ministero di quell'elefante di Nastasi per una volta provi a correre come una gazzella, cancellando tutte le occasioni di balzelli ingiuriosi - indennità per qualunqne cosa - che gettano fango e discredito sul comparto dei teatri italiani.
Forse il problema del ritorno alla normalità passa anche attraverso la permanenza o l'uscita di scena, per far ritorno alla più rassicurante casa di 'Musica per Roma', di Fuortes che agli occhi dei dimostranti è causa dei dissapori. Certo permanendo le ragioni di dissidio fra le fazioni ed il management il teatro non tornerà mai alla normalità. E, ne consegue, che persistendo tale clima nessun direttore voglia assumersi la responsabilità di gettarsi nella mischia di Aida, pensando di commettere uno sgarbo ( quale sgarbo? Muti non è certo l'unico direttore al mondo) nei confronti di Muti ( ma potrebbe gioire se la sua uscita dovesse essere l'inizio della fine? Non possiamo pensare simile cinismo) o temendo di dover, a prove avviate, dare forfait per il clima irrespirabile in teatro che metterebbe a rischio il lavoro di concertazione? Bella parola, tanto necessaria oggi!
E poi, che fine ha fatto la giovane bella direttrice, Fratta, che dovrebbe fare il grande salto professionale, giacchè nelle sue mani Marino vorrebbe riporre le sorti future dell'Opera? C'è da augurarsi che Marino per un pò stia zitto, non sapendo quel che dice anche a tal proposito.
Con Fuortes subito fuori, i problemi potrebbero risolversi? Rimandando o addirittura cancellando le opere affidate a Muti e quindi di fatto rimandando di oltre due mesi l'inizio della stagione, il teatro dell'Opera di Roma Capitale - è una beffa già il semplice nome; e che dire poi della pubblicità che i romani leggono sulle fiancate degli autobus: La grande opera. Sta per iniziare una nuova stagione?) ne trarrebbe un qualche vantaggio?
La stagione deve cominciare il 27 novembre con Aida, si trovi un bravo direttore, ve ne sono tanti che all'Opera di Roma non sono stati mai invitati; a casa Vald, van Hoecke ( i 'mutiani') doc; Fuortes tiri avanti fino alla fine dell'anno, ma annunciando in anticipo il suo ritorno a Musica per Roma: missione fallita. Nel frattempo si risolvano i problemi, e sono tanti, all'origine della grave conflittualità del teatro. E intanto si cerchi un vero sovrintendente, un vero direttore musicale ed un altrettanto vero direttore artistico, e, da ultimo, anche una vera direttrice del ballo, come forse la Abbagnato non sarebbe ! A casa anche il capo dell'Ufficio stampa, Arriva (tardi!), che in questi anni ha fatto il megafono dell'imbroglio: neanche lui sapeva nulla? ma come, lui così intelligente e sveglio non ha visto nè capito nulla? Tutti a casa, a trovarsi un altro padrone, come saggiamente faceva Leporello seguito da tutti gli altri attori del 'Don Giovanni' mozartiano.
Ma sin d'ora non si pensi o creda, illudendosi, che rimandando l'apertura e la risoluzione dei problemi, all'Opera accada qualcosa di buono.
E il ministero di quell'elefante di Nastasi per una volta provi a correre come una gazzella, cancellando tutte le occasioni di balzelli ingiuriosi - indennità per qualunqne cosa - che gettano fango e discredito sul comparto dei teatri italiani.
Etichette:
abbagnato,
aida,
arriva.leporello,
don giovanni,
francescini,
fratta,
Fuortes,
marinelli,
Marino,
muscia per roma,
muti,
nastasi,
Opera di Roma,
van hoecke,
vlad,
zingaretti
sabato 27 settembre 2014
Il mondo della musica in Italia è popolato in massima parte da falchi travestiti da colombe
La musica, si dice, è un linguaggio universale che supera le barriere di qualunque genere, comprese quelle linguistiche, ed unisce tutti gli uomini. E qualcuno aggiunge che li rende fratelli. Fratelli un corno. Solo apparentemente lo sono, in realtà ciascuno per suo conto ed autonomamente tiene a segnare il proprio territorio, al massimo si può alleare con l'intestatario di quello attiguo, nella speranza un giorno di annetterselo. Se poi il nostro musicista è avanti negli anni, fatica a pensare di scendere dal palcoscenico, anche quando restarci un minuto in più lo danneggerebbe. E lui lo sa bene, dall'esempio altrui.La grande star della musica, in età avanzata con mezzi sfibrati ed ormai appannati, crede di potersi permettere ancora tutto, convinto che tutto gli verrà perdonato, in ricordo del celebre splendente suo passato. Qualche volta, ma raramente, per far vedere che non si disinteressa di chi lo sostituirà, quando sarà in posizione orizzontale, finge di interessarsi al destino dei giovani, come fanno tutti a parole, nei fatti dimenticati e anzi ostacolati nel cammino professionale, anche dalla presenza oltre tempo massimo delle vecchie glorie sul campo. Rottamazione: vi dice qualcosa questo termine? In certi casi sarebbe necessaria, andrebbe addirittura imposta.
Il più delle volte, infine, fingono di non avere occhi per guardarsi intorno e, in presenza di gravi fatti, e gravissime irregolarità, si girano dall'altra parte e tirano dritto tacendo.
Come altro giudicare il silenzio imabarzzante che proprio in anni recenti e fino a quest'estate scorsa, ha circondato le vicende di alcune orchestre giovanili, non tutte dello stesso livello, che una dopo l'altra sono state chiuse - DISTRUTTE - nel disinteresse generale del mondo della musica che avrebbe, in questi casi sì, dovuto protestare a voce alta?
Le ultime tiepide proteste si ricordano quando, una dopo l'altra, la RAI dei benemeriti professori - un gruppo di uomini di cultura del... ciufolo al quale fu affidata la gestione della RAI per qualche tempo - chiuse le orchestre dell'ente radiotelevisivo italiano. Qualche protesta ci fu; ma subito s'acquietò. In fondo che ci frega - pensarono dopo appena qualche rimostranza? Accadeva una ventina di anni fa. L'Orchestra (di Torino) risorta dalle ceneri delle precedenti quattro ha appena festeggiato i primi vent'anni di esistenza.
Una decina di anni fa, invece, ad opera di un benemerito musicista italiano, uno dei più grandi nella considerazione generale, veniva chiusa l'Orchestra Giovanile di Santa Cecilia. Il benemerito barbaro travestito si chiamava Luciano Berio, che addossò la colpa all'orchestra madre dell'Accademia i cui professori, a suo dire, non avrebbero voluto quel vivaio che si stava creando un bello spazio nella vita musicale romana ed italiana, temendone la concorrenza. La realtà era che mancavano soldi, non tanti, ma che non c'erano; mentre Berio si aumentava lo stipendio da sovrintendente-direttore artistico dell'Accademia, aumento che Cagli ha ereditato e mantenuto per dieci anni giusti senza lagnarsene.
Qualche anno fa, medesima sorte è toccata all'Orchestra di Roma e del Lazio che svolgeva le sue stagioni proprio all'Auditorium di Roma, la domenica pomeriggio, giorno in cui Santa Cecilia, per la concomitanza delle partite di calcio al vicino Stadio Olimpico, aveva lasciato libero, anticipando il concerto al sabato. Quel vuoto l'aveva riempito l'Orchestra di Roma e del Lazio. Bastarono poche rivendicazioni sindacali per chiudere un'orchestra, prevalentemente di giovani, che aveva già alle spalle alcuni anni di buona attività.
Veniamo ora a parlare anche di un' orchestra di giovani prestigiosa, che è sparita nel colpevole silenzio e disinteresse generali, anche e soprattutto del mondo della musica. Ci riferiamo alla Orchestra Mozart, fondata e curata da Claudio Abbado, con sede a Bologna, chiusa pochi giorni prima della morte del direttore, sulla quale nessuna parola costruttiva s'è udita, salvo quelle di circostanza all'indomani della chiusura. Quella volta si fece sentire anche il Ministero, assicurando che l'orchestra non sarebbe morta. Esattamente come non è poi accaduto. E sono trascorsi già nove mesi dalla chiusura 'momentanea'. Ma chi può ancora credere al grande progetto di rinascita di Nastasi? E' lui il vero distruttore della musica in Italia.
Ultimo caso quello dell'Orchestra sinfonica di Roma, fondata e guidata da La Vecchia e finanziata con il denaro di una fondazione bancaria. L'Orchestra teneva i suoi concerti, molto frequentati, la domenica pomeriggio ed il lunedì sera, nell'Auditorium della Conciliazione. E' bastato che la fondazione bancaria riducesse un pò il suo finanziamento che anche quell'orchestra è finita.
Ora si parla, per bocca di quell'altro barbaro che si chiama Ignazio Marino, che sembra assecondare il progetto della 'grande Italia senza musica' di Nastasi, di chiudere teatri ed orchestre trasformando i primi in enti di distribuzione. Che aspetta il mondo della musica italiano a scendere in piazza con i forconi, non più solo con i tromboni?
Il più delle volte, infine, fingono di non avere occhi per guardarsi intorno e, in presenza di gravi fatti, e gravissime irregolarità, si girano dall'altra parte e tirano dritto tacendo.
Come altro giudicare il silenzio imabarzzante che proprio in anni recenti e fino a quest'estate scorsa, ha circondato le vicende di alcune orchestre giovanili, non tutte dello stesso livello, che una dopo l'altra sono state chiuse - DISTRUTTE - nel disinteresse generale del mondo della musica che avrebbe, in questi casi sì, dovuto protestare a voce alta?
Le ultime tiepide proteste si ricordano quando, una dopo l'altra, la RAI dei benemeriti professori - un gruppo di uomini di cultura del... ciufolo al quale fu affidata la gestione della RAI per qualche tempo - chiuse le orchestre dell'ente radiotelevisivo italiano. Qualche protesta ci fu; ma subito s'acquietò. In fondo che ci frega - pensarono dopo appena qualche rimostranza? Accadeva una ventina di anni fa. L'Orchestra (di Torino) risorta dalle ceneri delle precedenti quattro ha appena festeggiato i primi vent'anni di esistenza.
Una decina di anni fa, invece, ad opera di un benemerito musicista italiano, uno dei più grandi nella considerazione generale, veniva chiusa l'Orchestra Giovanile di Santa Cecilia. Il benemerito barbaro travestito si chiamava Luciano Berio, che addossò la colpa all'orchestra madre dell'Accademia i cui professori, a suo dire, non avrebbero voluto quel vivaio che si stava creando un bello spazio nella vita musicale romana ed italiana, temendone la concorrenza. La realtà era che mancavano soldi, non tanti, ma che non c'erano; mentre Berio si aumentava lo stipendio da sovrintendente-direttore artistico dell'Accademia, aumento che Cagli ha ereditato e mantenuto per dieci anni giusti senza lagnarsene.
Qualche anno fa, medesima sorte è toccata all'Orchestra di Roma e del Lazio che svolgeva le sue stagioni proprio all'Auditorium di Roma, la domenica pomeriggio, giorno in cui Santa Cecilia, per la concomitanza delle partite di calcio al vicino Stadio Olimpico, aveva lasciato libero, anticipando il concerto al sabato. Quel vuoto l'aveva riempito l'Orchestra di Roma e del Lazio. Bastarono poche rivendicazioni sindacali per chiudere un'orchestra, prevalentemente di giovani, che aveva già alle spalle alcuni anni di buona attività.
Veniamo ora a parlare anche di un' orchestra di giovani prestigiosa, che è sparita nel colpevole silenzio e disinteresse generali, anche e soprattutto del mondo della musica. Ci riferiamo alla Orchestra Mozart, fondata e curata da Claudio Abbado, con sede a Bologna, chiusa pochi giorni prima della morte del direttore, sulla quale nessuna parola costruttiva s'è udita, salvo quelle di circostanza all'indomani della chiusura. Quella volta si fece sentire anche il Ministero, assicurando che l'orchestra non sarebbe morta. Esattamente come non è poi accaduto. E sono trascorsi già nove mesi dalla chiusura 'momentanea'. Ma chi può ancora credere al grande progetto di rinascita di Nastasi? E' lui il vero distruttore della musica in Italia.
Ultimo caso quello dell'Orchestra sinfonica di Roma, fondata e guidata da La Vecchia e finanziata con il denaro di una fondazione bancaria. L'Orchestra teneva i suoi concerti, molto frequentati, la domenica pomeriggio ed il lunedì sera, nell'Auditorium della Conciliazione. E' bastato che la fondazione bancaria riducesse un pò il suo finanziamento che anche quell'orchestra è finita.
Ora si parla, per bocca di quell'altro barbaro che si chiama Ignazio Marino, che sembra assecondare il progetto della 'grande Italia senza musica' di Nastasi, di chiudere teatri ed orchestre trasformando i primi in enti di distribuzione. Che aspetta il mondo della musica italiano a scendere in piazza con i forconi, non più solo con i tromboni?
Etichette:
berio,
La Vecchia,
Marino,
nastasi,
orchestra di roma e del lazio,
orchestra giovanile di santa cecilia,
orchestra mozart,
orchestra sinfonica di roma,
orchestre RAI
Quale futuro per i nostri teatri d'opera? Il vuoto di Muti difficile da colmare
In questi giorni, come accade ormai periodicamente, allo scoppiare di un nuovo caso che riguarda il mondo italiano del melodramma, ed ora il nuovo caso è l'addio di Muti all'Opera di Roma, si torna a discutere sul futuro dei nostri teatri lirici. Si dice: fra quelli importanti, le cosiddette Fondazioni liriche ( ed anche sinfoniche, per via dell'esistenza dell'Accademia di Santa Cecilia nell'elenco), in Italia ne abbiamo tredici + una. Troppi. L'Italia, che neanche prima poteva permetterseli, ancor meno può permetterseli in un periodo di crisi nera. Occorre ridurne il numero, tenerne solo pochi. Qualcuno, fra i più temerari, arriva anche ad ipotizzare un paese come l'Italia con un solo teatro lirico nazionale ( Scala) ed una grande istituzione sinfonica nazionale ( Santa Cecilia) e gli altri teatri trasformati in sedi di distribuzione, non più di produzione; via perciò orchestre, tecnici ed amministrativi.
Cioè a dire in un paese come il nostro nel quale si hanno due camere parlamentari, ed una è di troppo e nonostante ciò non si riesce a chiudere, benchè costosa ed inconcludente; regioni tante quante sono, e sono tante, ed alcune a statuto speciale divoratrici di montagne di soldi; province oltre cento e tutte insieme un esercito di dipendenti ed eletti, ben pagati che oltre tutto rubano - e l'accusa non è nostra bensì delle magistratura - e ancora 'authority' in ogni campo, anche inutili, e poi enti inutili chiusi ma ancora aperti ecc... ecc... insomma un paese come il nostro che presenta sprechi come un colabrodo, dominato da 'ladroni di Stato', non può mantenere in vita una decina di teatri che rappresentano il nostro vanto agli occhi del mondo, come invece non rappresentano tutte le altre sanguisughe inutili, alcune delle quali soltanto abbiamo ora elencate?
In questa crociata anti teatri - nella quale in passato si sono esercitate anche illustri personalità dello stesso mondo musicale, ma solo fino a prima di mettere piede in tale mondo, dal quale poi hanno tratto benefici artistici e non solo - si esercitano anche alcuni volti noti del panorama culturale italiano, come Corrado Augias, giornalista scrittore che negli ultimi tempi va facendo conferenze su Chopin e Beethoven e Verdi e Traviate, mostrando un dilettantismo che, nel caso dei teatri, dovrebbe consigliargli il silenzio. No, lui interviene e afferma perentorio che 13 +1 sono troppi e che andrebbe ro chiusi parecchi, assumendosi lui il ruolo di memoria storica vivente e mobile della musica e del melodramma.
Il caso dell'Opera di Roma è aggravato dal fatto che il deficit - creato dalla gestione disastrosa sotto Alemanno che ora accusa il sindaco Marino di voler distruggere l'Opera di Roma - che ora è stato 'miracolosamente' sanato da Fuortes, si accompagna all'uscita di Muti che fa perdere al teatro qualunque appeal, se non si trova subito una soluzione adeguata, sia artistica che finanziaria.
Dalle parole, in verità poche, uscite in questi giorni dalla bocca amareggiata di Fuortes, sembrerebbe che a fine anno voglia abbandonare a se stessa la nave e tornarsene al timone più tranquillo di Musica per Roma - che comunque non ha mai abbandonato - dichiarando 'missione fallita'. La congiuntura non l'ha certo aiutato ma lui, sant'iddio, come pensava di andare avanti mettendosi di traverso con i sindacati ed il teatro intero? Lui pensava che tenendo duro avrebbe risolto tutto, ed invece si ritrova di fronte alla prima durissima sconfitta professionale , a seguito della quale ben pochi gli daranno credito per nuove avventure. Per questo non ha mai voluto mollare l'Auditorium, quando avrebbe dovuto farlo e da tempo, per non stare contemporaneamente qui e là, senza far bene né qui e né là.
I sindacati dicono che l'uscita di Muti è un'accusa per il manager e non per loro che a Muti non hanno mai fatto mancare il sostegno. Si vocifera che le richieste, alcune sacrosante del direttore,ma non tutte, in questo momento non sarebbe stato più possibile soddisfare ed altro ancora, frutto magari di malumori e semplici congetture, frutto del classico gioco allo scaricabarile.
Ora entro la fine dell'anno scadono alcuni contratti, oltre quello di Fuortes, come quello del direttore artistico Vlad - attenti colleghi: lui non è il direttore musicale, già fatica a fare il direttore artistico... - quello del direttore del corpo di ballo, Micha van Hoecke; ambedue voluti da Muti e dunque fuori appresso a Muti; per il corpo di ballo, Marino verrebbe assecondato nel suo progetto di riempire di donne il teatro: ci è pronta la Abbagnato (sarà in grado di fare il direttore del corpo di ballo? Non importa, secondo Marin, basta che sia donna e giovane, ed anche bella). Anche con queste sostituzioni, resta il problema principe: a chi dare in mano le sorti del teatro? Serve un nuovo sovrintendente - nonostante Fuortes sia fortemente sostenuto da Marino e dalla Marinelli e forse anche da Franceschini - ed un direttore musicale, e poi un direttore artistico e via dicendo. E, per il caso del direttore musicale non si può cascare dalle stelle alle stalle, come le idee pazze di Marino fanno temere. Si tornerà a parlare di Cristiano Chiarot, già in corsa al tempo di De Martino, quando Alemanno, il ministro e forse anche lo stesso Muti lo preferirono all'ottimo sovrintendente della Fenice?
Ieri avevamo consigliato ai più stretti collaboratori di Marino di internarlo, oggi ci accontenteremmo se riuscissero almeno ad interdirlo, prima che possa nuocere anche all'Opera. Non sappiamo se ci riusciranno. Noi intanto preghiamo e facciamo fioretti per tale causa.
Cioè a dire in un paese come il nostro nel quale si hanno due camere parlamentari, ed una è di troppo e nonostante ciò non si riesce a chiudere, benchè costosa ed inconcludente; regioni tante quante sono, e sono tante, ed alcune a statuto speciale divoratrici di montagne di soldi; province oltre cento e tutte insieme un esercito di dipendenti ed eletti, ben pagati che oltre tutto rubano - e l'accusa non è nostra bensì delle magistratura - e ancora 'authority' in ogni campo, anche inutili, e poi enti inutili chiusi ma ancora aperti ecc... ecc... insomma un paese come il nostro che presenta sprechi come un colabrodo, dominato da 'ladroni di Stato', non può mantenere in vita una decina di teatri che rappresentano il nostro vanto agli occhi del mondo, come invece non rappresentano tutte le altre sanguisughe inutili, alcune delle quali soltanto abbiamo ora elencate?
In questa crociata anti teatri - nella quale in passato si sono esercitate anche illustri personalità dello stesso mondo musicale, ma solo fino a prima di mettere piede in tale mondo, dal quale poi hanno tratto benefici artistici e non solo - si esercitano anche alcuni volti noti del panorama culturale italiano, come Corrado Augias, giornalista scrittore che negli ultimi tempi va facendo conferenze su Chopin e Beethoven e Verdi e Traviate, mostrando un dilettantismo che, nel caso dei teatri, dovrebbe consigliargli il silenzio. No, lui interviene e afferma perentorio che 13 +1 sono troppi e che andrebbe ro chiusi parecchi, assumendosi lui il ruolo di memoria storica vivente e mobile della musica e del melodramma.
Il caso dell'Opera di Roma è aggravato dal fatto che il deficit - creato dalla gestione disastrosa sotto Alemanno che ora accusa il sindaco Marino di voler distruggere l'Opera di Roma - che ora è stato 'miracolosamente' sanato da Fuortes, si accompagna all'uscita di Muti che fa perdere al teatro qualunque appeal, se non si trova subito una soluzione adeguata, sia artistica che finanziaria.
Dalle parole, in verità poche, uscite in questi giorni dalla bocca amareggiata di Fuortes, sembrerebbe che a fine anno voglia abbandonare a se stessa la nave e tornarsene al timone più tranquillo di Musica per Roma - che comunque non ha mai abbandonato - dichiarando 'missione fallita'. La congiuntura non l'ha certo aiutato ma lui, sant'iddio, come pensava di andare avanti mettendosi di traverso con i sindacati ed il teatro intero? Lui pensava che tenendo duro avrebbe risolto tutto, ed invece si ritrova di fronte alla prima durissima sconfitta professionale , a seguito della quale ben pochi gli daranno credito per nuove avventure. Per questo non ha mai voluto mollare l'Auditorium, quando avrebbe dovuto farlo e da tempo, per non stare contemporaneamente qui e là, senza far bene né qui e né là.
I sindacati dicono che l'uscita di Muti è un'accusa per il manager e non per loro che a Muti non hanno mai fatto mancare il sostegno. Si vocifera che le richieste, alcune sacrosante del direttore,ma non tutte, in questo momento non sarebbe stato più possibile soddisfare ed altro ancora, frutto magari di malumori e semplici congetture, frutto del classico gioco allo scaricabarile.
Ora entro la fine dell'anno scadono alcuni contratti, oltre quello di Fuortes, come quello del direttore artistico Vlad - attenti colleghi: lui non è il direttore musicale, già fatica a fare il direttore artistico... - quello del direttore del corpo di ballo, Micha van Hoecke; ambedue voluti da Muti e dunque fuori appresso a Muti; per il corpo di ballo, Marino verrebbe assecondato nel suo progetto di riempire di donne il teatro: ci è pronta la Abbagnato (sarà in grado di fare il direttore del corpo di ballo? Non importa, secondo Marin, basta che sia donna e giovane, ed anche bella). Anche con queste sostituzioni, resta il problema principe: a chi dare in mano le sorti del teatro? Serve un nuovo sovrintendente - nonostante Fuortes sia fortemente sostenuto da Marino e dalla Marinelli e forse anche da Franceschini - ed un direttore musicale, e poi un direttore artistico e via dicendo. E, per il caso del direttore musicale non si può cascare dalle stelle alle stalle, come le idee pazze di Marino fanno temere. Si tornerà a parlare di Cristiano Chiarot, già in corsa al tempo di De Martino, quando Alemanno, il ministro e forse anche lo stesso Muti lo preferirono all'ottimo sovrintendente della Fenice?
Ieri avevamo consigliato ai più stretti collaboratori di Marino di internarlo, oggi ci accontenteremmo se riuscissero almeno ad interdirlo, prima che possa nuocere anche all'Opera. Non sappiamo se ci riusciranno. Noi intanto preghiamo e facciamo fioretti per tale causa.
Etichette:
abbagnato,
Augias,
Chiarot,
de martino,
fenice,
frnceschini,
Fuortes,
marinelli,
Marino,
muti,
Opera di Roma,
santa cecilia,
scala,
van hoecke,
vlad
Direttore sanitario dell'ospedale americano, in cui operava Ignazio Marino, a colloquio telefonico con il chirurgo italiano. Intercettazione via satellite
Quello che stiamo per rivelarvi è un colloquio riservato, di alcuni anni fa, che captammo attraverso sofisticate apparecchiature satellitari., senza immaginare che un giorno sarebbe tornato utile. Un colloquio telefonico fra il chirurgo trapiantista Marino ed il direttore sanitario dell'ospedale nel quale lavorava all'epoca. I due parlano in inglese, ma noi traduciamo alla lettera.
-Ciao Marino
-Ciao. Ascoltami, volevo riprendere il discorso accennato l'altro ieri nel consiglio di amministrazione. Sai che i finanziamenti al nostro ospedale, che è senz'altro uno dei migliori degli USA, stanno calando. E è difficile sapere quando terminerà questo trend negativo, senza che noi facciamo qualcosa per far tornare i tempi belli e le vacche grasse, come dite voi in Italia.
-Sì, lo so. Cosa intendi fare per operare una svolta a nostro vantaggio? A me su due piedi non viene un'idea in tal senso. Potremmo fare una serata di beneficenza per raccogliere fondi....
-Ma no, quelle le facciamo regolarmente, e ciò nonostante i finanziamenti sono al palo.
-Ma a te è venuta qualche idea per attirare l'attenzione sul nostro ospedale sperando che attiri anche altri nuovi finanziamenti?
-Sì, un'idea ce l'avrei. Che ne diresti di un neurochirurgo in gonnella in sostituzione di Richard, bravissimo come sai, ma che è andato a lavorare in Giappone?? Una donna che opera al cervello potrebbe essere una bella trovata.
-Ma che dici? Perchè un neurochirurgo, solo perchè è donna, dovrebbe attrarre nuovi finanziatori?
-Perchè sarebbe la prima. Non ve ne sono, che io sappia, in nessun ospedale di fama.
- Ma ch'hai già un nome? Io, da quel che so, frequentando anche riviste scientifiche e colleghi di altri rinomati ospedali, non ne conosco. Se è questo che vuoi sapere da a me, non so indicarti nessun nome.
-No, il nome già ce l'ho, me l'hanno suggerito Alexandra la caposala del tuo dipartimento e la ricercatrice di quello di neurochirurgia, Jeanine. Si chiama Jeanne, di padre francese ma americana a tutti gli effetti.
-Non so chi sia. E tu ti fidi del suggerimento?
-No, che non mi fido, però mi sarebbe utile?
-Quali credenziali avrebbe per il primariato di neurochirurgia?
-E' assistente del famoso Alex che tu conosci come uno dei migliori neurochirurghi.
-Sì, ma lei non ha mai operato finora?
-Comincia da noi: magari le prime volte facciamo venire ad operare il suo primario, tanto l'ammalato arriva in sala operatoria che già non capisce nulla.
- Sì, ma quanto tempo può andare avanti questa storia? E se gli eventuali finanziatori, ammesso che abbocchino, vengono a sapere dell'imbroglio, non corriamo il pericolo di perdere anche i finanziamenti che abbiamo? E se le cose non dovessero andare come tu pensi, e il nostro dipartimento di neurochirurgia divenisse noto all'opinione pubblica per i sempre più frequenti casi di morti sotto i ferri?
-Intanto, speriamo di no, possiamo andare avanti per un pò.
- Ciao, permettimi di dirti che il gioco è molto rischioso. Comunque, come si dice in Italia, sono c... tuoi.
-Ciao Marino, grazie per il consiglio ed il sostegno.
Fin qui la telefonata captata furtivamente.
Passano pochi anni e il celebre chirurgo Ignazio Marino, trapiantista in America, si trapianta in Italia e, per nostra sfortuna, diventa sindaco di Roma. Meno di un anno dopo il suo insediamento deve fronteggiare la crisi dell'Opera di Roma, abbandonata da Riccardo Muti che fugge in America, a Chicago, dalla sua orchestra americana, la 'più bella del mondo'.
E Marino, invertendo i ruoli, dal suo scranno di direttore capitolino telefona al capo momentaneo dell'Opera di Roma per fargli una proposta oscena, quanto quella che a lui aveva fatto in America il suo direttore sanitario.
Anch'egli vuole una donna come direttore musicale dell'Opera, al posto di Muti che - premette - è insostituibile, ma che si deve sostituire se non si vuol chiudere il teatro. Ed allora una donna, giovane - come le ha suggerito la sua assessora Alessandra Cattoi, preposta alla scuola, all'infanzia ed alla gioventù, ed ha trovato interesse anche presso l'assessore alla cultura Giovanna Marinelli - a lui sembra una buona scelta. Non solo, lui ha pronto il nome : Giovanna Fratta, quarant'anni, ed ancora mai salita su un podio di prestigio, come si rileva dal suo curriculum, anche letto con la maggiore benevolenza possibile. Nessuno dei suoi consiglieri ha voluto contrariare Marino; ed al sovrintendente Fuortes, che ha espresso qualche divergenza, dal basso delle sue conoscenze musicali, gli ha risposto piccato, rimandando l'appuntamento che aveva con lui, : la ragazza si farà. Esattamente ciò che il suo direttore sanitario aveva detto all'esterrefatto Marino, chirurgo trapiantista in America.
-Ciao Marino
-Ciao. Ascoltami, volevo riprendere il discorso accennato l'altro ieri nel consiglio di amministrazione. Sai che i finanziamenti al nostro ospedale, che è senz'altro uno dei migliori degli USA, stanno calando. E è difficile sapere quando terminerà questo trend negativo, senza che noi facciamo qualcosa per far tornare i tempi belli e le vacche grasse, come dite voi in Italia.
-Sì, lo so. Cosa intendi fare per operare una svolta a nostro vantaggio? A me su due piedi non viene un'idea in tal senso. Potremmo fare una serata di beneficenza per raccogliere fondi....
-Ma no, quelle le facciamo regolarmente, e ciò nonostante i finanziamenti sono al palo.
-Ma a te è venuta qualche idea per attirare l'attenzione sul nostro ospedale sperando che attiri anche altri nuovi finanziamenti?
-Sì, un'idea ce l'avrei. Che ne diresti di un neurochirurgo in gonnella in sostituzione di Richard, bravissimo come sai, ma che è andato a lavorare in Giappone?? Una donna che opera al cervello potrebbe essere una bella trovata.
-Ma che dici? Perchè un neurochirurgo, solo perchè è donna, dovrebbe attrarre nuovi finanziatori?
-Perchè sarebbe la prima. Non ve ne sono, che io sappia, in nessun ospedale di fama.
- Ma ch'hai già un nome? Io, da quel che so, frequentando anche riviste scientifiche e colleghi di altri rinomati ospedali, non ne conosco. Se è questo che vuoi sapere da a me, non so indicarti nessun nome.
-No, il nome già ce l'ho, me l'hanno suggerito Alexandra la caposala del tuo dipartimento e la ricercatrice di quello di neurochirurgia, Jeanine. Si chiama Jeanne, di padre francese ma americana a tutti gli effetti.
-Non so chi sia. E tu ti fidi del suggerimento?
-No, che non mi fido, però mi sarebbe utile?
-Quali credenziali avrebbe per il primariato di neurochirurgia?
-E' assistente del famoso Alex che tu conosci come uno dei migliori neurochirurghi.
-Sì, ma lei non ha mai operato finora?
-Comincia da noi: magari le prime volte facciamo venire ad operare il suo primario, tanto l'ammalato arriva in sala operatoria che già non capisce nulla.
- Sì, ma quanto tempo può andare avanti questa storia? E se gli eventuali finanziatori, ammesso che abbocchino, vengono a sapere dell'imbroglio, non corriamo il pericolo di perdere anche i finanziamenti che abbiamo? E se le cose non dovessero andare come tu pensi, e il nostro dipartimento di neurochirurgia divenisse noto all'opinione pubblica per i sempre più frequenti casi di morti sotto i ferri?
-Intanto, speriamo di no, possiamo andare avanti per un pò.
- Ciao, permettimi di dirti che il gioco è molto rischioso. Comunque, come si dice in Italia, sono c... tuoi.
-Ciao Marino, grazie per il consiglio ed il sostegno.
Fin qui la telefonata captata furtivamente.
Passano pochi anni e il celebre chirurgo Ignazio Marino, trapiantista in America, si trapianta in Italia e, per nostra sfortuna, diventa sindaco di Roma. Meno di un anno dopo il suo insediamento deve fronteggiare la crisi dell'Opera di Roma, abbandonata da Riccardo Muti che fugge in America, a Chicago, dalla sua orchestra americana, la 'più bella del mondo'.
E Marino, invertendo i ruoli, dal suo scranno di direttore capitolino telefona al capo momentaneo dell'Opera di Roma per fargli una proposta oscena, quanto quella che a lui aveva fatto in America il suo direttore sanitario.
Anch'egli vuole una donna come direttore musicale dell'Opera, al posto di Muti che - premette - è insostituibile, ma che si deve sostituire se non si vuol chiudere il teatro. Ed allora una donna, giovane - come le ha suggerito la sua assessora Alessandra Cattoi, preposta alla scuola, all'infanzia ed alla gioventù, ed ha trovato interesse anche presso l'assessore alla cultura Giovanna Marinelli - a lui sembra una buona scelta. Non solo, lui ha pronto il nome : Giovanna Fratta, quarant'anni, ed ancora mai salita su un podio di prestigio, come si rileva dal suo curriculum, anche letto con la maggiore benevolenza possibile. Nessuno dei suoi consiglieri ha voluto contrariare Marino; ed al sovrintendente Fuortes, che ha espresso qualche divergenza, dal basso delle sue conoscenze musicali, gli ha risposto piccato, rimandando l'appuntamento che aveva con lui, : la ragazza si farà. Esattamente ciò che il suo direttore sanitario aveva detto all'esterrefatto Marino, chirurgo trapiantista in America.
giovedì 25 settembre 2014
Salvate l'Opera di Roma dal sindaco Marino. La direzione dell'Orchestra del teatro non è cosa per Fratta.
Urge rinchiudere il sindaco Marino per evitare che procuri altri danni alla città, dando un durissimo colpo anche al sistema musicale della Capitale e più precisamente al Teatro dell'Opera, per la cui presidenza si avvale di consiglieri ignoranti e sprovveduti quanto lui, ancora più sprovveduti, se possibile, di quelli di cui si serve Fuortes.
Oggi i giornali riferiscono delle sue idee di gestione della direzione musicale del teatro, idee che esporrà a Fuortes il quale ovviamente non avrà nulla di dirgli, perché anch'egli brancola nel buio delle sue scarse conoscenze musicali.
Marino vuole un direttore donna. E la ragione è che vuole rompere decisamente con il passato. Senonchè così facendo rischia di rompere e basta. Ha anche pronti i nomi. Ma non basta: il direttore musicale, oltre che donna, lo vuole giovane. E se fosse ancora acerba e inesperta? Lui garantisce che si farà.
E fra i nomi che ha fatto circolare, quello che secondo la sua lungimiranza di amministratore è il più quotato è Giovanna Fratta, quarantenne, ed ancora semisconosciuta ma che è salita sul alcuni podi direttoriali, come 'prima' donna a salirvi. Che primato è in una professione dove le donne sono davvero poche? Ci sarebbero anche altri due nomi stranieri, e poi Marino ha fatto il nome di Corrado Rovaris, già assistente di Muti alla Scala. I n tutti i casi parliamo sempre di direttori di quarta o quinta categoria.
L'idea di Marino, di scuola renziana, ci preoccupa ed è per questo che, senza peli sulla lingua, suggeriamo ai suoi collaboratori di farlo rinchiudere, almeno fino a quando la crisi dell'Opera non venga risolta, per non danneggiare definitivamente ed irreparabilmente l'Opera di Roma. Purtroppo non riusciamo a ridere, come sarebbe opportuno, della sua folle proposta, perché la storia volge al tragico.
E comunque se si fosse ancora in tempo per farlo ragionare sul fatto che non si può sostituire una vecchia volpe come Muti, con una signorinella inesperta ed ancora alle prime armi - Marino potrebbe essere accusato anche di 'circonvenzione di incapace' - vogliamo assicurarlo che l'orchestra la farà sicuramente a pezzi, ammesso che riesca a salire su quel podio. Per farglielo meglio capire gli vogliamo raccontare di una giovane avvenente direttrice d'orchestra, bionda, sposata ad uno dei manager più quotati del pianeta, che in Italia dirige spesso. Anni fa mentre preparava il concerto natalizio nella basilica di San Francesco di Assisi, trasmesso da Rai Uno il giorno di Natale, sul podio dell'Orchestra sinfonica nazionale della RAI, udimmo con le nostre orecchie un orchestrale della fila dei violini, al primo impaccio della direttrice, dirle ad alta voce senza vergogna: tornatene a casa, a fare la calza!
Non vorremmo che ciò accadesse anche all'Opera, per l'incoscienza di Marino e l'ignoranza di Fuortes che avallerà l'insana decisione; ma temiamo che accadrà, alla prima occasione, alla giovane direttrice mandata allo sbaraglio a farsi sbranare in una fosse di leoni più feroci di quelli dello storico Colosseo.
E la Fratta non si faccia lusingare dall'ignorante Marino: accettare Roma significa fine certa della carriera che, per Lei, non è ancora neanche cominciata. Da quel che riusciamo a capire dal suo striminzito curriculum.
Oggi i giornali riferiscono delle sue idee di gestione della direzione musicale del teatro, idee che esporrà a Fuortes il quale ovviamente non avrà nulla di dirgli, perché anch'egli brancola nel buio delle sue scarse conoscenze musicali.
Marino vuole un direttore donna. E la ragione è che vuole rompere decisamente con il passato. Senonchè così facendo rischia di rompere e basta. Ha anche pronti i nomi. Ma non basta: il direttore musicale, oltre che donna, lo vuole giovane. E se fosse ancora acerba e inesperta? Lui garantisce che si farà.
E fra i nomi che ha fatto circolare, quello che secondo la sua lungimiranza di amministratore è il più quotato è Giovanna Fratta, quarantenne, ed ancora semisconosciuta ma che è salita sul alcuni podi direttoriali, come 'prima' donna a salirvi. Che primato è in una professione dove le donne sono davvero poche? Ci sarebbero anche altri due nomi stranieri, e poi Marino ha fatto il nome di Corrado Rovaris, già assistente di Muti alla Scala. I n tutti i casi parliamo sempre di direttori di quarta o quinta categoria.
L'idea di Marino, di scuola renziana, ci preoccupa ed è per questo che, senza peli sulla lingua, suggeriamo ai suoi collaboratori di farlo rinchiudere, almeno fino a quando la crisi dell'Opera non venga risolta, per non danneggiare definitivamente ed irreparabilmente l'Opera di Roma. Purtroppo non riusciamo a ridere, come sarebbe opportuno, della sua folle proposta, perché la storia volge al tragico.
E comunque se si fosse ancora in tempo per farlo ragionare sul fatto che non si può sostituire una vecchia volpe come Muti, con una signorinella inesperta ed ancora alle prime armi - Marino potrebbe essere accusato anche di 'circonvenzione di incapace' - vogliamo assicurarlo che l'orchestra la farà sicuramente a pezzi, ammesso che riesca a salire su quel podio. Per farglielo meglio capire gli vogliamo raccontare di una giovane avvenente direttrice d'orchestra, bionda, sposata ad uno dei manager più quotati del pianeta, che in Italia dirige spesso. Anni fa mentre preparava il concerto natalizio nella basilica di San Francesco di Assisi, trasmesso da Rai Uno il giorno di Natale, sul podio dell'Orchestra sinfonica nazionale della RAI, udimmo con le nostre orecchie un orchestrale della fila dei violini, al primo impaccio della direttrice, dirle ad alta voce senza vergogna: tornatene a casa, a fare la calza!
Non vorremmo che ciò accadesse anche all'Opera, per l'incoscienza di Marino e l'ignoranza di Fuortes che avallerà l'insana decisione; ma temiamo che accadrà, alla prima occasione, alla giovane direttrice mandata allo sbaraglio a farsi sbranare in una fosse di leoni più feroci di quelli dello storico Colosseo.
E la Fratta non si faccia lusingare dall'ignorante Marino: accettare Roma significa fine certa della carriera che, per Lei, non è ancora neanche cominciata. Da quel che riusciamo a capire dal suo striminzito curriculum.
Opera(di Roma) in fumo
Non poteva scegliere momento peggiore Aurelio Regina, ex presidente di Musica per Roma, ed ex vice di Confindustria per lanciare il suo nuovo sigaro toscano - egli a.d. di Manifatture Sigari Toscani - che, volendo onorare una delle eccellenze italiane e fare un gesto cortese nei confronti del suo ex ad di Musica per Roma, Fuortes, ha chiamato 'Opera'.
Ieri sera, a Villa Aurelia, ha riunito 400 illustri ospiti, fra i quali c'era anche Letta Gianni - dove non c'è e dove non c'entra? - che di Musica per Roma è consigliere di amministrazione, come lo è pure dell'Accademia di Santa cecilia e che all'Auditorium ha sua figlia e genero affidatari - a seguito di regolare gara d'appalto, ovvio - dei ristoranti e bar dell'Auditorium, per far assaggiare a tutti il nuovo prodotto della sua manifattura tabacchi, 'Opera', il sigaro toscano 'per eccellenza'.
Questo accadeva nelle stesse ore in cui l'Opera di Roma stava letteralmente andando in fumo. Nella medesima serata, a dimostrare che fuoco e fiamma, manco a dirlo, stavano distruggendo l'Opera di Roma, Cremonesi, capo della Camera di commercio di Roma, mandava un segnale durissimo al Teatro della Capitale. Come potete pensare - diceva chiaro e tondo - che noi industriali abbiamo ad impegnare in futuro i nostri soldi nell'Opera? Avete mandato via Muti? Ora cosa pretendete? La distruzione dell'Opera di Roma è ormai in fase avanzata. Prima gli scioperi, poi la sovrintendenza che pensava di vincere tenendo duro e facendo la faccia cattiva invece che trattando; a seguire l'addio di Muti, e, infine, le giornate convulse del dopo Muti che mostrano gli amministratori del Costanzi e del Campidoglio nel pallone. Non sanno più cosa fare, continuano a sperare - illusi - che con Muti il rapporto possa ricucirsi, mentre il teatro è completamente disgregato.
Adesso l'Opera se la stanno fumando, con un sigaro toscano.
Ieri sera, a Villa Aurelia, ha riunito 400 illustri ospiti, fra i quali c'era anche Letta Gianni - dove non c'è e dove non c'entra? - che di Musica per Roma è consigliere di amministrazione, come lo è pure dell'Accademia di Santa cecilia e che all'Auditorium ha sua figlia e genero affidatari - a seguito di regolare gara d'appalto, ovvio - dei ristoranti e bar dell'Auditorium, per far assaggiare a tutti il nuovo prodotto della sua manifattura tabacchi, 'Opera', il sigaro toscano 'per eccellenza'.
Questo accadeva nelle stesse ore in cui l'Opera di Roma stava letteralmente andando in fumo. Nella medesima serata, a dimostrare che fuoco e fiamma, manco a dirlo, stavano distruggendo l'Opera di Roma, Cremonesi, capo della Camera di commercio di Roma, mandava un segnale durissimo al Teatro della Capitale. Come potete pensare - diceva chiaro e tondo - che noi industriali abbiamo ad impegnare in futuro i nostri soldi nell'Opera? Avete mandato via Muti? Ora cosa pretendete? La distruzione dell'Opera di Roma è ormai in fase avanzata. Prima gli scioperi, poi la sovrintendenza che pensava di vincere tenendo duro e facendo la faccia cattiva invece che trattando; a seguire l'addio di Muti, e, infine, le giornate convulse del dopo Muti che mostrano gli amministratori del Costanzi e del Campidoglio nel pallone. Non sanno più cosa fare, continuano a sperare - illusi - che con Muti il rapporto possa ricucirsi, mentre il teatro è completamente disgregato.
Adesso l'Opera se la stanno fumando, con un sigaro toscano.
mercoledì 24 settembre 2014
Dopo l'addio di Muti reazioni scomposte. Dal Costanzi al Campidoglio tutti matti
Dovevamo assistere anche a questo spettacolo scomposto. Comincia ad essere davvero troppo.
Innanzitutto che si fa con l'inaugurazione della stagione alle porte? La ricetta del sovrintendente Fuortes è un sostituto per il titolo inaugurale. Giusto, ma non va cercato, come vorrebbe il sovrintendente INESPERTO fra direttori giovanotti o di terza o quarta classe. Se Fuortes fosse un sovrintendente all'altezza, saprebbe trovare un direttore degno sostituto, intanto per l'inaugurazione, come Lissner fece alla Scala, chiamando Barenboim. Per un 'direttore musicale' - via quell' incarico buffo di 'direttore onorario a vita' - ci si penserà più tardi. Ma che non può essere, comunque, Rustioni, dove arrivano gli orizzonti musicali di Fuortes.
I sindacati CGIL e FIALS promettono ancora sfracelli, come non fossero già sufficienti quelli prodotti con la loro condotta anti sindacale e a rischio fallimento per il teatro. Non vogliono sentire ragioni, il referendum sull'accettazione del piano di risanamento formulato da Fuortes e dalle necessità di bilancio - che pure ha spaccato letteralmente in due il teatro - lo disconoscono e contestano, e come reazione annunciano altri scioperi. Evidentemente non hanno capito la gravità della situazione e lavorano per la chiusura del teatro. Che Fuortes e Marino, e mettiamoci anche Franceschini, dovrebbero cogliere al volo e mettere in atto. Perchè se la CGIL e la FIALS intendono proseguire con il loro comportamento irresponsabile, venisse anche Karajan redivivo, all'Opera fra breve ci risiamo. E, del resto, non si può far mettere per iscritto agli sciagurati dipendenti sindacalizzati che non sciopereranno più, pena il licenziamento. Fra parentesi, a coloro i quali ironizzano sulle 8 sigle sindacali dei dipendenti dell'Opera, vorremmo ricordare che al Senato o alla Camera le sigle sindacali dei dipendenti sono 23, dunque il cattivo esempio lo dà come sempre la politica; e gli altri lo seguono.
Ma veniamo all'inaugurazione. L'ipotesi pazza prospettata ieri da 'Repubblica' che, ovviamente, ha raccolto le intenzioni di Fuortes e Marino è rimandare l'inaugurazione di due mesi, da novembre a gennaio. Siamo matti? si rendono conto di quale assurda soluzione vorrebbero prospettare. cancellando un titolo si risparmia - è questa la loro drammatica strategia? E a che scopo, far sbollire i furori degli orchestrali sindacalizzati? Ci vuol poco per riattizzarli anche dopo che si sono momentaneamente placati, come è accaduto fra l'estate e queste ultime settimane. La situazione è drammatica e va affrontata e risolta immediatamente, senza attendere un solo istante. Trovare il sostituto per il titolo inaugurale, un sostituto all'altezza del fuggitivo Muti, e, contemporaneamente , pensare ad una trattativa, questa volta articolata e fondata sul dialogo che la precedente non è stato affatto seguito. Ecco perchè diciamo da tempo che Fuortes non sa fare il suo mestiere. Lui viene da 'Musica per Roma', dove non ci sono oltre cinquecento dipendenti, e perciò è facile con tanti stagionali, la quasi totalità di chi lavora all'Auditorium, metterne fuori alcuni e chiamarne altri. Fuortes, con l'aiuto di Marino avrebbe dovuto da subito metter in campo tutte le ipotesi di accordo, senza cedere naturalmente a richieste ormai impossibili da soddisfare e che lascerebbero i problemi irrisolti e pronti a riesplodere alla prima occasione. Un sovrintendente non alle prime armi questo modo di gestire la risoluzione di una crisi lo conosce e sa attuarlo, ecco perché ce ne vorrebbe uno più capace e con maggiore esperienza di Fuortes.
Infine, per tornare al caso di Vincenzo Bolognese che in questi giorni torna ad essere portato a modello del malcostume e dei privilegi dei nostri teatri. Bolognese, spalla dell'orchestra del teatro, forse in permesso artistico, in questi giorni è andato a lavorare, alla testa di un'altra orchestra romana, per un festival fuori Roma, 'Reate Festival' - che brutto nome ! - il cui sovrintendente è una collaboratrice del teatro, pagata e bene dal teatro, il cui presidente è Gianni Letta e fondatore Bruno Cagli. Capite in che pasticci siamo?
Innanzitutto che si fa con l'inaugurazione della stagione alle porte? La ricetta del sovrintendente Fuortes è un sostituto per il titolo inaugurale. Giusto, ma non va cercato, come vorrebbe il sovrintendente INESPERTO fra direttori giovanotti o di terza o quarta classe. Se Fuortes fosse un sovrintendente all'altezza, saprebbe trovare un direttore degno sostituto, intanto per l'inaugurazione, come Lissner fece alla Scala, chiamando Barenboim. Per un 'direttore musicale' - via quell' incarico buffo di 'direttore onorario a vita' - ci si penserà più tardi. Ma che non può essere, comunque, Rustioni, dove arrivano gli orizzonti musicali di Fuortes.
I sindacati CGIL e FIALS promettono ancora sfracelli, come non fossero già sufficienti quelli prodotti con la loro condotta anti sindacale e a rischio fallimento per il teatro. Non vogliono sentire ragioni, il referendum sull'accettazione del piano di risanamento formulato da Fuortes e dalle necessità di bilancio - che pure ha spaccato letteralmente in due il teatro - lo disconoscono e contestano, e come reazione annunciano altri scioperi. Evidentemente non hanno capito la gravità della situazione e lavorano per la chiusura del teatro. Che Fuortes e Marino, e mettiamoci anche Franceschini, dovrebbero cogliere al volo e mettere in atto. Perchè se la CGIL e la FIALS intendono proseguire con il loro comportamento irresponsabile, venisse anche Karajan redivivo, all'Opera fra breve ci risiamo. E, del resto, non si può far mettere per iscritto agli sciagurati dipendenti sindacalizzati che non sciopereranno più, pena il licenziamento. Fra parentesi, a coloro i quali ironizzano sulle 8 sigle sindacali dei dipendenti dell'Opera, vorremmo ricordare che al Senato o alla Camera le sigle sindacali dei dipendenti sono 23, dunque il cattivo esempio lo dà come sempre la politica; e gli altri lo seguono.
Ma veniamo all'inaugurazione. L'ipotesi pazza prospettata ieri da 'Repubblica' che, ovviamente, ha raccolto le intenzioni di Fuortes e Marino è rimandare l'inaugurazione di due mesi, da novembre a gennaio. Siamo matti? si rendono conto di quale assurda soluzione vorrebbero prospettare. cancellando un titolo si risparmia - è questa la loro drammatica strategia? E a che scopo, far sbollire i furori degli orchestrali sindacalizzati? Ci vuol poco per riattizzarli anche dopo che si sono momentaneamente placati, come è accaduto fra l'estate e queste ultime settimane. La situazione è drammatica e va affrontata e risolta immediatamente, senza attendere un solo istante. Trovare il sostituto per il titolo inaugurale, un sostituto all'altezza del fuggitivo Muti, e, contemporaneamente , pensare ad una trattativa, questa volta articolata e fondata sul dialogo che la precedente non è stato affatto seguito. Ecco perchè diciamo da tempo che Fuortes non sa fare il suo mestiere. Lui viene da 'Musica per Roma', dove non ci sono oltre cinquecento dipendenti, e perciò è facile con tanti stagionali, la quasi totalità di chi lavora all'Auditorium, metterne fuori alcuni e chiamarne altri. Fuortes, con l'aiuto di Marino avrebbe dovuto da subito metter in campo tutte le ipotesi di accordo, senza cedere naturalmente a richieste ormai impossibili da soddisfare e che lascerebbero i problemi irrisolti e pronti a riesplodere alla prima occasione. Un sovrintendente non alle prime armi questo modo di gestire la risoluzione di una crisi lo conosce e sa attuarlo, ecco perché ce ne vorrebbe uno più capace e con maggiore esperienza di Fuortes.
Infine, per tornare al caso di Vincenzo Bolognese che in questi giorni torna ad essere portato a modello del malcostume e dei privilegi dei nostri teatri. Bolognese, spalla dell'orchestra del teatro, forse in permesso artistico, in questi giorni è andato a lavorare, alla testa di un'altra orchestra romana, per un festival fuori Roma, 'Reate Festival' - che brutto nome ! - il cui sovrintendente è una collaboratrice del teatro, pagata e bene dal teatro, il cui presidente è Gianni Letta e fondatore Bruno Cagli. Capite in che pasticci siamo?
Etichette:
auditorium,
barenboim,
cagli,
cgil,
fials,
franceschini,
Fuortes,
karajan,
letta,
Lissner,
Marino,
musica per roma,
muti,
reate festival,
rustioni,
scala,
vincenzo bolognese
Solidarietà fra teatri d'opera all'insegna del 'mors tua vita mea', dopo l'addio di Muti
Muti l'ha detto nella sua lettera d'addio ufficiale a Fuortes ( ve ne sarebbe anche una privata della quale a noi, sinceramente, non importa un bel niente), pubblicata oggi in fac-simile dal Messaggero: in Italia desidero dedicarmi prevalentemente alla mia orchestra Cherubini. Punto e basta. E gli altri teatri che navigano in acque infide assai simili a quelle romane, cosa fanno?, supplicano Muti di andare ad annegare da loro. Loro lo aspettano a braccia aperte; e Muti dovrebbe essere così stupido da accettare un altro simile abbraccio mortale in Italia? Lo invoca Napoli con un invito che rasenta il ridicolo: 'Riccà, napule aspiett' a te!'; dimenticando che Muti, da Chicago, per bocca del suo amicissimo Isotta-si lesse sulCorriere - dopo le porcherie del San Carlo durante i Mondiali di calcio disse che nella sua geografia professionale, Napoli l'aveva cancellata definitivamente. Insiste Firenze, ricordando al maestro i suoi trascorsi inizi fiorentini, auspice Vlad, Roman non Alessio, al cui invito, pensando ad Alessio, il maestro potrebbe rispondere, per tagliar corto: abbiamo già dato.
Naturalmente piovono inviti anche dall'estero; chi non lo vorrebbe Muti, anche se solo per dirigere un titolo a stagione, o anche a stagioni alterne. Solo Roma è stata così fessa da lasciarselo scappare. In questo coro generale, fra gli stranieri spicca Vienna, dove l' ultima volta di Muti all'Opera di Stato austriaca, meno di dieci anni fa, è stata con Mozart (Così fan tutte); e Mozart anche la penultima ( Nozze di Figaro). Se Muti decidesse di dirigere in questo o quel teatro, tolti ovviamente Scala e Roma, ma anche Napoli e Firenze ecc... - per l'Italia, unica isola felice, sarebbe in laguna, la Fenice - gli si organizzerebbe qualche recita con il titolo che desidera in ventiquattr'ore; prove, recite e via, senza entrare più nei meccanismi di organizzazione e gestione del teatro, come ha fatto esperienza diretta a Milano ed indiretta a Roma, con i risultati che sappiamo.
Adesso il maestro è abbastanza avveduto per capire che , in qualunque posto del mondo, anche fosse il miglior direttore esistente, sempre meglio farsi vedere per breve tempo, fare il pattuito e poi scappare, facendosi ringraziare e semmai rimpiangere; mai restare un minuto di più con il pericolo di dover fare poi una ritirata che certamente non gli fa fare una bella figura.
Muti, per tornare a Roma, in realtlà non avrebbe dovuto accettare l'invito dell'Opera, avrebbe dovuto rifiutarlo, gentilmente, ma rifiutarlo, ancora prima di insediarsi in quell'incarico davvero buffo di 'direttore onorario a vita'. E, del resto, dopo i primi entusiasmi, quando capì che le cose a Roma non erano così tranquille come gli avevano dato ad intendere - e forse lui stesso aveva finto di capire se pensiamo che poi l'incarico che si voleva per lui egli stesso ridimensionò tantissimo, temendo quel che poi è accaduto - doveva prendere un fugone. Invece dette ascolto alle lusinghe romane, ai suoi amici, ed ora s'è trovato nei guai. Sarebbe davvero stolto se ci cascasse ancora. Perchè in Italia non sì è capito che la festa è finita e che per ricostruire occorre smettere privilegi e esigenze ingiustificate e lavorare di più.
Naturalmente piovono inviti anche dall'estero; chi non lo vorrebbe Muti, anche se solo per dirigere un titolo a stagione, o anche a stagioni alterne. Solo Roma è stata così fessa da lasciarselo scappare. In questo coro generale, fra gli stranieri spicca Vienna, dove l' ultima volta di Muti all'Opera di Stato austriaca, meno di dieci anni fa, è stata con Mozart (Così fan tutte); e Mozart anche la penultima ( Nozze di Figaro). Se Muti decidesse di dirigere in questo o quel teatro, tolti ovviamente Scala e Roma, ma anche Napoli e Firenze ecc... - per l'Italia, unica isola felice, sarebbe in laguna, la Fenice - gli si organizzerebbe qualche recita con il titolo che desidera in ventiquattr'ore; prove, recite e via, senza entrare più nei meccanismi di organizzazione e gestione del teatro, come ha fatto esperienza diretta a Milano ed indiretta a Roma, con i risultati che sappiamo.
Adesso il maestro è abbastanza avveduto per capire che , in qualunque posto del mondo, anche fosse il miglior direttore esistente, sempre meglio farsi vedere per breve tempo, fare il pattuito e poi scappare, facendosi ringraziare e semmai rimpiangere; mai restare un minuto di più con il pericolo di dover fare poi una ritirata che certamente non gli fa fare una bella figura.
Muti, per tornare a Roma, in realtlà non avrebbe dovuto accettare l'invito dell'Opera, avrebbe dovuto rifiutarlo, gentilmente, ma rifiutarlo, ancora prima di insediarsi in quell'incarico davvero buffo di 'direttore onorario a vita'. E, del resto, dopo i primi entusiasmi, quando capì che le cose a Roma non erano così tranquille come gli avevano dato ad intendere - e forse lui stesso aveva finto di capire se pensiamo che poi l'incarico che si voleva per lui egli stesso ridimensionò tantissimo, temendo quel che poi è accaduto - doveva prendere un fugone. Invece dette ascolto alle lusinghe romane, ai suoi amici, ed ora s'è trovato nei guai. Sarebbe davvero stolto se ci cascasse ancora. Perchè in Italia non sì è capito che la festa è finita e che per ricostruire occorre smettere privilegi e esigenze ingiustificate e lavorare di più.
Etichette:
Firenze,
Fuortes,
isotta,
la fenice,
Messaggero,
Milano,
mondiali di calcio,
mozart,
muti,
napoli,
orchestra cherubini,
roma,
teatro san carlo,
vienna,
vlad roma e alessio
Dai grandi romanzi sentimentali al diavolo che va chiamato con il suo vero nome: le corna. I teatri di napoli bari,firenze,genova,torino e ... nella bufera.
Chi non ha avuto la fortuna ed il piacere di leggere il libretto della nuova opera che si rappresenta al san Carlo di Napoli 'Attacchet 'a san Francisc, san Gennaro nun te vole cchiù', firmato dallo Shakespeare re-DiVivo del golfo, non può capire che cosa si è perso. Nicole' mmar si scambia tenere effusioni con la Rosann che non dimenticherà mai e dalla quale ora, solo per necessità costretto ad emigrare a Broccolino, deve separarsi. Diviso ma sempre unito. E intanto a Napoli la vedova per forza, cerca un nuovo 'scaldaletto', pensando alle freddi notti invernali. E' la storia racontata, con un lungo comunicato che ha lo spesore di un romanzo, il divorzio fra Luisotti e Purchie, u' Commissar, e Vincienz. un harem.
Una lettera d'amore, come quella napoletana, l'Orchestra dell'Opera di Roma pretendeva da Muti, in punto di separarsi, e non l'ha avuta; ma, incredula, s' è attaccato a tutto, anche a dire che la lettera in cui veniva annunciata la separazione, della quale è stato rivelato solo qualche passaggio, a guisa di quella degli amanti napuletani, qualche parola sull' antico grande amore deve esserci. tenuto però debitamente nascosto dai vertici del teatro che vogliono addossare la colpa della separazione unicamente agli orchestrali, ai quali non è bastato avere in casa una moglie ed amante così avvenente e spiritosa, come Muti, ma pretendevano anche continuare ad andare ogni settimana a fare shopping in via dei Condotti.
Ma... come in tutti i matrimoni che si sfasciano, anche in quello fra musicisti e orchestre o fra musicisti e teatri, meglio abbandonare i toni caramellosi e chiamare il diavolo con le corna: soldi. E' la parola che non si vuole pronunciare per non macchiare una passione, benché tutti sanno che quando due si separano rivogliono indietro i regali di una volta ed esigono una buonuscita per i reciproci servizi rinfacciati.
I soldi sono finiti. L'hanno capito i protagonisti delle nostre storie, o continuano ancora ad illudersi che gratta gratta se ne possono anche oggi avere di più? Nessuno vuole perdere i mezzi per la propria sussistenza, anche più che decorosa, ma pretendere di avere anche i soldi per andare una sera sì e l'altra pure al ristorante non è più possibile nè in Italia nè nel resto del mondo - come fanno sapere le notizie allarmanti che giungono da tanti teatri che un tempo navigavano in acque felici e tranquille. E che oggi, per poter proseguire la navigazione non vogliono erto togliere l'aria a chi ci lavora, ma ridimensionare accessori di un tempo sì.
Nei tanti teatri dei quali si sente dire che c'è un giro di poltrone fra direttori, più in uscita che in entrata, non hanno pensato in tempo a fare a meno del superfluo ed oggi si trovano nella merda, letteralmente. Solo chi ci ha pensato in tempo resiste e può tentare di superare il terremoto economico; gli altri no. Ciò non vuol dire che in quei teatri felicemente in navigazione, non ci siano tensioni: verranno fuori al momento della separazione fra vertici, consensuale o traummatica, ora però possono pensare a proseguire il cammino.
E del resto che di soldi si tratta, seppur nessuno li nomini apertamente, è evidente se si considerano i casi dei teatri di Torino, Genova, Bari, Palermo, Bologna, Firenze oltre che Roma e Napoli . Per il momento non si sente parlare di Milano (s'è già detto fin troppo!) di Cagliari - se n'è già parlato tanto in primavera al momento dell'insediamento di Mauro Meli - Trieste, dove anche il sito del teatro, guidato da Orazi, è in costruzione, figurarsi l'attività artistica e la stagione e Verona, dove tosi governa per bocca del suo commercialista (o geometra?) Girondini, avendo a proprio favore le entrate stratosferiche dell'immenso anfiteatro. Le cui fortune qualche illuso, o in malafede, spera di far piovere anche al sud, e precisamente a Pompei, con la nascita, benedetta dal Ministero di Franceschini e Nastasi- assentissimo in tutto e da anni, tranne che nella cura di interessi personali ( la mogliettina di Nastasi lavora al San Carlo!!!!) di un nuovo improbabile festival affidato ad una delle bacchette internazionali di maggior prestigio,Veronesi, seguito dall'orchestra del Bellini di Catania che con i Berliner - non per semplice assonanza - condivide prestanza a fama nel mondo, e per i secoli.
Una lettera d'amore, come quella napoletana, l'Orchestra dell'Opera di Roma pretendeva da Muti, in punto di separarsi, e non l'ha avuta; ma, incredula, s' è attaccato a tutto, anche a dire che la lettera in cui veniva annunciata la separazione, della quale è stato rivelato solo qualche passaggio, a guisa di quella degli amanti napuletani, qualche parola sull' antico grande amore deve esserci. tenuto però debitamente nascosto dai vertici del teatro che vogliono addossare la colpa della separazione unicamente agli orchestrali, ai quali non è bastato avere in casa una moglie ed amante così avvenente e spiritosa, come Muti, ma pretendevano anche continuare ad andare ogni settimana a fare shopping in via dei Condotti.
Ma... come in tutti i matrimoni che si sfasciano, anche in quello fra musicisti e orchestre o fra musicisti e teatri, meglio abbandonare i toni caramellosi e chiamare il diavolo con le corna: soldi. E' la parola che non si vuole pronunciare per non macchiare una passione, benché tutti sanno che quando due si separano rivogliono indietro i regali di una volta ed esigono una buonuscita per i reciproci servizi rinfacciati.
I soldi sono finiti. L'hanno capito i protagonisti delle nostre storie, o continuano ancora ad illudersi che gratta gratta se ne possono anche oggi avere di più? Nessuno vuole perdere i mezzi per la propria sussistenza, anche più che decorosa, ma pretendere di avere anche i soldi per andare una sera sì e l'altra pure al ristorante non è più possibile nè in Italia nè nel resto del mondo - come fanno sapere le notizie allarmanti che giungono da tanti teatri che un tempo navigavano in acque felici e tranquille. E che oggi, per poter proseguire la navigazione non vogliono erto togliere l'aria a chi ci lavora, ma ridimensionare accessori di un tempo sì.
Nei tanti teatri dei quali si sente dire che c'è un giro di poltrone fra direttori, più in uscita che in entrata, non hanno pensato in tempo a fare a meno del superfluo ed oggi si trovano nella merda, letteralmente. Solo chi ci ha pensato in tempo resiste e può tentare di superare il terremoto economico; gli altri no. Ciò non vuol dire che in quei teatri felicemente in navigazione, non ci siano tensioni: verranno fuori al momento della separazione fra vertici, consensuale o traummatica, ora però possono pensare a proseguire il cammino.
E del resto che di soldi si tratta, seppur nessuno li nomini apertamente, è evidente se si considerano i casi dei teatri di Torino, Genova, Bari, Palermo, Bologna, Firenze oltre che Roma e Napoli . Per il momento non si sente parlare di Milano (s'è già detto fin troppo!) di Cagliari - se n'è già parlato tanto in primavera al momento dell'insediamento di Mauro Meli - Trieste, dove anche il sito del teatro, guidato da Orazi, è in costruzione, figurarsi l'attività artistica e la stagione e Verona, dove tosi governa per bocca del suo commercialista (o geometra?) Girondini, avendo a proprio favore le entrate stratosferiche dell'immenso anfiteatro. Le cui fortune qualche illuso, o in malafede, spera di far piovere anche al sud, e precisamente a Pompei, con la nascita, benedetta dal Ministero di Franceschini e Nastasi- assentissimo in tutto e da anni, tranne che nella cura di interessi personali ( la mogliettina di Nastasi lavora al San Carlo!!!!) di un nuovo improbabile festival affidato ad una delle bacchette internazionali di maggior prestigio,Veronesi, seguito dall'orchestra del Bellini di Catania che con i Berliner - non per semplice assonanza - condivide prestanza a fama nel mondo, e per i secoli.
Ancora di Muti che dà l'addio a Roma. Piange Fontana, presidente AGIS. Foletto e la sua associazione di critici tace.
Chi si è sorpreso della dichiarazione di Carlo Fontana, attuale presidente dell'Agis, e fino ad una decina di anni fa fratello/coltello di Muti alla Scala, non ha considerato che in situazioni drammatiche si deve tenere un comportamento che passa anche sopra antiche ruggini. Fontana si è detto dispiaciuto e sorpreso del fatto che un teatro italiano non abbia saputo tenersi un direttore, sebbene suo nemico di un tempo, Riccardo. E Fontana ha perfettamente ragione. In teatro, primi fra tutti i troppo coccolati orchestrali non si sono resi conto di avere in casa, senza esserselo meritato, uno dei direttori più amati ed ambiti del pianeta. Il quale era sbarcato a Roma, Vespa dice: per amicizia nei suoi confronti; Alemanno aggiunge: perché gli aveva fatto ponti d'oro, e Veltroni: che era stato lui il primo a corteggiarlo, dimenticando tutti che Muti è venuto a Roma anche perché voleva vendicarsi della sua ex Scala che ai tempi, e prima del traumatico divorzio, era stata la Scala di Muti e Fontana.
A differenza di Fontana e degli ipocriti orchestrali dell'opera che ora vorrebbero ancora scioperare, ma per solidarietà con Muti, sperando che il loro gesto estremo, prima e troppe volte utilizzato per costringere Muti ad andarsene, sortisca un qualche effetto, nessun altro s'è fatto sentire sulla questione. Non si è fatta sentire Santa Cecilia, e forse in questo caso con qualche ragione (?), dopo che dalla cerchia di Muti erano arrivate, a mezzo stampa, all'indirizzo di Pappano e dell'orchestra offese ingiustificate, ma che in questa occasione avrebbe potuto passarci sopra, visto che con l'Opera condivide un Sovrintendente-amministratore delegato ( Fuortes); avrebbero potuto dire qualcosa a titolo personale i dirigenti di Santa Cecilia, neanche quelli; solo qualche giornale l'ha tirata in ballo l'Accademia, parlando della possibilità che Pappano vada a dirigere l'Opera - allo stato attuale una sciocchezza - anche se sarebbe la soluzione migliore per il teatro ed anche per Pappano in Italia, una volta terminato il suo impegno con l'Accademia ( qualora volesse concluderlo prima, e fare la stessa cosa con Londra). In questo caso avremmo finalmente due teatri, Milano e Roma, con due direttori come si deve (Chailly e Pappano) pronti a farsi concorrenza sul piano della qualità, l'unico che si deve avere sempre presente, e, diciamo pure, sul terreno dello stesso repertorio che, a Roma e Milano, deve essere innanzitutto ITALIANO. E Santa Cecilia potrebbe pensare, in tempo, al successore di Pappano, che un giorno o l'altro sicuramente lascerà, mentre non si capisce ancora se Cagli lascia o non lascia, e pensieri cattivi vengono a chiunque consideri il probabile successore, Michele Dall'Ongaro, INDESIDERATO da alcuni (forse troppi), che egli stesso sta allevando in seno e tenta in tutti i modi di sostenere. Non si è fatto sentire ufficialmente neanche il Consiglio di amministrazione del teatro, e il membro Battistelli, l'ha fatto con una intervistina a Repubblica, indegna di nota.
Non è intervenuto nessun altro sovrintendente o direttore italiani. Nessuno. E, neppure, per quattro parole, magari di semplice circostanza, l'Associazione dei critici musicali, dal cui interno qualche bocca meno cucita del resto ci riferì, ai tempi di Muti alla Scala, che loro parteggiavano per Abbado e che prima di attribuire un premio 'Abbiati' - manco fosse un Nobel, dove pure ci sono impicci - a Muti avrebbero preteso un miracolo. Sul sito, rinnovato, dell'Associazione, che però rinnovando gli organi sociali ha lasciato quelli di sempre, gli ultimi comunicati presenti sono quelli di solidarietà con l'addetta stampa del Comunale di Firenze, Susanna Colombo fatta fuori dall'ing. Francesca Colombo (due colombe in un unico nido non ci potevano stare!) nonostante che Susanna Colombo non fosse un critico musicale in attività; e di Paolo Isotta, ma a denti stretti, all'indomani del contenzioso con Lissner, soltanto perchè finito sui giornali. Dopo di che, e negli ultimi due o tre anni, l'Associazione presieduta da un ventennio da Foletto, non ha trovato nessuna occasione meritevole di un suo intervento.
A differenza di Fontana e degli ipocriti orchestrali dell'opera che ora vorrebbero ancora scioperare, ma per solidarietà con Muti, sperando che il loro gesto estremo, prima e troppe volte utilizzato per costringere Muti ad andarsene, sortisca un qualche effetto, nessun altro s'è fatto sentire sulla questione. Non si è fatta sentire Santa Cecilia, e forse in questo caso con qualche ragione (?), dopo che dalla cerchia di Muti erano arrivate, a mezzo stampa, all'indirizzo di Pappano e dell'orchestra offese ingiustificate, ma che in questa occasione avrebbe potuto passarci sopra, visto che con l'Opera condivide un Sovrintendente-amministratore delegato ( Fuortes); avrebbero potuto dire qualcosa a titolo personale i dirigenti di Santa Cecilia, neanche quelli; solo qualche giornale l'ha tirata in ballo l'Accademia, parlando della possibilità che Pappano vada a dirigere l'Opera - allo stato attuale una sciocchezza - anche se sarebbe la soluzione migliore per il teatro ed anche per Pappano in Italia, una volta terminato il suo impegno con l'Accademia ( qualora volesse concluderlo prima, e fare la stessa cosa con Londra). In questo caso avremmo finalmente due teatri, Milano e Roma, con due direttori come si deve (Chailly e Pappano) pronti a farsi concorrenza sul piano della qualità, l'unico che si deve avere sempre presente, e, diciamo pure, sul terreno dello stesso repertorio che, a Roma e Milano, deve essere innanzitutto ITALIANO. E Santa Cecilia potrebbe pensare, in tempo, al successore di Pappano, che un giorno o l'altro sicuramente lascerà, mentre non si capisce ancora se Cagli lascia o non lascia, e pensieri cattivi vengono a chiunque consideri il probabile successore, Michele Dall'Ongaro, INDESIDERATO da alcuni (forse troppi), che egli stesso sta allevando in seno e tenta in tutti i modi di sostenere. Non si è fatto sentire ufficialmente neanche il Consiglio di amministrazione del teatro, e il membro Battistelli, l'ha fatto con una intervistina a Repubblica, indegna di nota.
Non è intervenuto nessun altro sovrintendente o direttore italiani. Nessuno. E, neppure, per quattro parole, magari di semplice circostanza, l'Associazione dei critici musicali, dal cui interno qualche bocca meno cucita del resto ci riferì, ai tempi di Muti alla Scala, che loro parteggiavano per Abbado e che prima di attribuire un premio 'Abbiati' - manco fosse un Nobel, dove pure ci sono impicci - a Muti avrebbero preteso un miracolo. Sul sito, rinnovato, dell'Associazione, che però rinnovando gli organi sociali ha lasciato quelli di sempre, gli ultimi comunicati presenti sono quelli di solidarietà con l'addetta stampa del Comunale di Firenze, Susanna Colombo fatta fuori dall'ing. Francesca Colombo (due colombe in un unico nido non ci potevano stare!) nonostante che Susanna Colombo non fosse un critico musicale in attività; e di Paolo Isotta, ma a denti stretti, all'indomani del contenzioso con Lissner, soltanto perchè finito sui giornali. Dopo di che, e negli ultimi due o tre anni, l'Associazione presieduta da un ventennio da Foletto, non ha trovato nessuna occasione meritevole di un suo intervento.
Etichette:
agis,
Alemanno,
battistelli,
cagli,
Chailly,
colombo francesca,
colombo susanna,
dall'ongaro,
foletto,
fontana,
Fuortes,
isotta,
Lissner,
pappano,
premio abbiati,
repubblica muti,
santa cecilia,
veltroni,
vespa
martedì 23 settembre 2014
Troppo tardi per tutto e tutti. Dopo l'addio di Muti a Roma
Tutti piangono, o fingono di piangere, ad eccezione di alcuni irriducibili che si dicono votati alla difesa delle ragioni della musica, mentre sono i veri barbari che proprio la musica stanno mettendo a fuoco e fiamme. Piange perfino Alemanno per la grave ferita inferta a Roma con l'uscita di scena di Muti. Parla proprio lui che di questa disfatta è artefice primo con la nomina di quell'incapace De Martino- perchè Muti non si oppose all'epoca, con la stessa forza con cui, al contrario, sostenne la candidatura di Vlad e di Micha? perchè non caldeggiò la discesa a Roma di Cristiano Chiarot, sovrintendente della Fenice che si è rivelato oltre che competente, il miglior sovrintendente delle fondazioni liriche italiane, tanto che ora viene candidato a tutti i posti disponibili, come fanno con Pappano pensando al suo futuro lontano da Santa Cecilia - a reggere le sorti del teatro ed a fabbricare una voragine di debiti, con il suo avallo, meglio: consenso, pur di tenere Muti all'Opera e i dipendenti del teatro allegri.
Anche in questo caso le colpe maggiori sono della politica, la cattiva politica che in Italia ha più potere della buona, in ogni cosa. Se da sempre ai teatri avessero detto: questi sono i soldi, fateveli bastare e chi sgarra paga di tasca sua, la drammatica situazione economica nella quale versano anche i teatri lirici non sarebbe mai arrivata. Invece, i politici mettono ai vertici persone di loro fiducia, finchè stanno al potere li foraggiano oltre misura salvo poi a venire scoperti in questo sporco gioco al cambio di poltrone. Cambia il sindaco, cambia il sovrintendente e per cambiarlo lo accusano di aver truccato i conti, vero o falso che sia, lo cacciano con tale accusa che poi si rivela magari esagerata. Se invece arriva un nuovo politico amico, allora si allargano nuovamente i cordoni della borsa fino al successivo trasloco di reggitori dei Comuni. Si fanno disastrosamente voragini nei bilanci, e poi miracolosamente, quelle voragini vengono riempite.
Abbiamo letto oggi che Muti era stato tenuto all'oscuro della voragine nei conti del teatro. L'articolista non dice cosa avrebbe fatto se ne fosse venuto a conoscenza. Se ne sarebbe andato prima? Non sappiamo, ma certo è che quando Muti chiedeva al sovrintendente Catello una spesa in più, piccola o grande che fosse, mai s'è sentito rispondere: maestro non ci sono soldi. E così nel paese di bengodi sono andati avanti per anni. Poi il disastro emerso che ha messo in crisi l'intero sistema, e il piano per risalire la china: niente più straordinari, niente più premi assurdi e si lavora di più.
Cosa ci sarebbe di così strano in tale piano di risanamento? Nulla perché gli orchestrali godono di privilegi infiniti, basta un colpo di tosse, non hanno stipendi da fame, e lavorano poco. Sì, poco. perché nel tempo libero che resta, tanto, loro lavorano da liberi professionisti, anche all'interno del teatro con concertini davvero scandalosi, come le ben note 'toccate e fughe' proprio dell'Opera in piazze e strade. Uno schifo. Il caso di Vincenzo Bolognese, spalla dell'orchestra che abbiamo segnalato in un post di ieri, è emblematico.
Ora il tempo a disposizione è finito, ed è finito per sempre. O le rivendicazioni - ignobili, anche se sindacali - cessano una volta per tutte per ricominciare, anche senza Muti - sebbene tutti sappiamo che sarà ancora più dura senza di lui! - oppure il destino del teatro è segnato: la chiusura.
Anche in questo caso le colpe maggiori sono della politica, la cattiva politica che in Italia ha più potere della buona, in ogni cosa. Se da sempre ai teatri avessero detto: questi sono i soldi, fateveli bastare e chi sgarra paga di tasca sua, la drammatica situazione economica nella quale versano anche i teatri lirici non sarebbe mai arrivata. Invece, i politici mettono ai vertici persone di loro fiducia, finchè stanno al potere li foraggiano oltre misura salvo poi a venire scoperti in questo sporco gioco al cambio di poltrone. Cambia il sindaco, cambia il sovrintendente e per cambiarlo lo accusano di aver truccato i conti, vero o falso che sia, lo cacciano con tale accusa che poi si rivela magari esagerata. Se invece arriva un nuovo politico amico, allora si allargano nuovamente i cordoni della borsa fino al successivo trasloco di reggitori dei Comuni. Si fanno disastrosamente voragini nei bilanci, e poi miracolosamente, quelle voragini vengono riempite.
Abbiamo letto oggi che Muti era stato tenuto all'oscuro della voragine nei conti del teatro. L'articolista non dice cosa avrebbe fatto se ne fosse venuto a conoscenza. Se ne sarebbe andato prima? Non sappiamo, ma certo è che quando Muti chiedeva al sovrintendente Catello una spesa in più, piccola o grande che fosse, mai s'è sentito rispondere: maestro non ci sono soldi. E così nel paese di bengodi sono andati avanti per anni. Poi il disastro emerso che ha messo in crisi l'intero sistema, e il piano per risalire la china: niente più straordinari, niente più premi assurdi e si lavora di più.
Cosa ci sarebbe di così strano in tale piano di risanamento? Nulla perché gli orchestrali godono di privilegi infiniti, basta un colpo di tosse, non hanno stipendi da fame, e lavorano poco. Sì, poco. perché nel tempo libero che resta, tanto, loro lavorano da liberi professionisti, anche all'interno del teatro con concertini davvero scandalosi, come le ben note 'toccate e fughe' proprio dell'Opera in piazze e strade. Uno schifo. Il caso di Vincenzo Bolognese, spalla dell'orchestra che abbiamo segnalato in un post di ieri, è emblematico.
Ora il tempo a disposizione è finito, ed è finito per sempre. O le rivendicazioni - ignobili, anche se sindacali - cessano una volta per tutte per ricominciare, anche senza Muti - sebbene tutti sappiamo che sarà ancora più dura senza di lui! - oppure il destino del teatro è segnato: la chiusura.
lunedì 22 settembre 2014
L'addio di Riccardo Muti all'Opera di Roma. Pappano il suo sostituto? Letto sulla stampa
L'immagine di Riccardo Muti, sconsolato ed esterrefatto e solo, seduto nel retrolpalco dell'Aula magna dell'Università 'La sapienza' di Roma, quel lunedì 7 aprile 2003, in occasione del concerto celebrativo dei settecento anni dell'Università di Roma, allora retta dal rettore D'Ascenzo, l'abbiamo ancora nitida davanti agli occhi. Era venuto a Roma, a capo della sua orchestra scaligera, e si era trovato, senza colpa, in mezzo ad una manifestazione che opponeva il rettore agli studenti che volevano boicottare il concerto e la attribuzione al maestro della laurea 'honoris causa' ( quest'ultima gli venne materialmente data alcuni anni dopo dal successore, Frati - il peggio non ha mai fine ! - nel corso di una cerimonia che a noi almeno parve addirittura ingiuriosa nei confronti di Muti).
Muti, lì seduto, era in attesa che qualcuno gli comunicasse se tenere il concerto o meno. Ecco come Muti non si è voluto immaginare nei mesi a venire, qualora avesse continuato a lavorare al teatro dell'Opera, ed ha perciò dichiarato forfait per i due titoli in cartellone.
Non vogliamo dire che Muti abbia ragione su tutti i fronti, e che lui non abbia da imputarsi precise responsabilità. In passato in qualche occasione, stante la nostra stima per il direttore, gli abbiamo spesso imputato qualche inavvedutezza. Nonostante ciò e non rinnegando nulla di quanto abbiamo scritto di lui, ora vogliamo solo confermare che condividiamo il suo gesto; precisando, magari , che avrebbe dovuto farlo prima, molto prima, durante la inutile allegra gestione di De Martino, sostenuto da un sindaco, Alemanno che ora vuole proporsi come salvatore dell'Opera di Roma, sul cui palco reale, ai tempi della sua gestione, si vedevano certe facce impresentabili che ci fa senso perfino nominare.
Muti non poteva , per una stagione ancora, attendere ad ogni recita il via libera di quattro sindacalisti (che poi quattro non sono, rappresentando una bella fetta di dipendenti del teatro) i quali oggi si dicono addolorati ed addirittura disposti a scioperare al suo fianco per supplicarlo di tornare ( restare). Facce di bronzo, che purtroppo non sono poche, come risulta dal recente referendum al quale hanno votato la metà circa dei dipendenti. Capita l'antifona?
Ora il problema più urgente da risolvere è trovare un direttore che sostituisca Muti per l'Aida inaugurale, e trovarlo prestissimo, perchè fra meno di un mese cominceranno le prove. Riusciranno nell'impresa Marino e Fuortes, ed anche Vlad che si troverà nella difficile posizione di essere al servizio di Muti e di lavorare ora contro di lui - si fa per dire? Perché il possibile sostituto non sarà gradito al direttore uscente, chiunque egli sia.
Sui giornali abbiamo letto tante cose, soprattutto molto colore, ripetute fino alla noia in ogni occasione, ed ormai risapute da tutti a memoria. Come i tanti stupidi privilegi, compensati da balzelli di stipendio ai quali non crediamo si dia più corso nei nostri teatri, altrimenti ha ragione chi dice che Nastasi è complice della distruzione del nostro sistema lirico, se nei tanti anni da quando è al Ministero non è riuscito a cancellare simili FURTI legalizzati dai cosiddetti contratti integrativi.
Abbiamo anche letto che occorre diffidare dei gazzettieri ufficiali - ve ne sono in tutti i giornali, anche importantissimi - sempre pronti a tessere panegirici, a comando, dei responsabili massimi delle istituzioni, e poi a stilare condanne a morte di quegli stessi lodati il giorno prima: sempre a comando e forse non gratuitamente. Noi lo andiamo dicendo e scrivendo da anni, ci piace rilevare che ora anche qualcun altro lo scriva ( come Mattioli su 'La Stampa'). E di notare che in simili circostanze chi si espone di più è il giornalista non di settore. Anche l'Associazione nazionale critici musicali dorme, però nel frattempo ha cambiato logo ufficiale. Onore a Francesco Merlo di 'Repubblica' per il suo pezzo di oggi sul caso Muti che consigliamo di leggere,
Che poi all'Opera di Roma la conflittualità sia storia vecchia - i politici non hanno nessuna responsabilità, giacchè vi hanno sempre imposto capi e dipendenti? - chi non lo sa? Ancora Mattioli ha ricordato la breve gestione di Sinopoli - anch'egli con le sue colpe, specie per quel progetto di creare una seconda orchestra, 'apri e chiudi', con orchestrali 'a chiamata' ogni volta, a seconda delle necessità - ed in particolare un episodio di sindacalismo controproducente di cui fu testimone un suo collega. Solo che si è dimenticato di aggiungere che quel collega era in teatro non nelle sue funzioni di cronista, bensì di 'drammaturgo' a fianco del suo amico Sinopoli che lo aveva voluto, e al soldo del teatro.' Drammaturgo' de che?
Abbiamo anche letto di Vincenzo Bolognese, 'spalla' dell'Orchestra dell'Opera, assai chiacchierato e coralmente in questi ultimi mesi, e pur difeso da Accardo. Bolognese nei giorni scorsi ha inaugurato un festival - lo chiamano così, mentre si tratta di qualche concertino, ben foraggiato comunque dal ministero di Nastasi e Franceschini, in quel di Rieti - alla testa dell'Orchestra Roma Sinfonietta e non dell'orchestra dell'opera. Il festival ha come sovrintendente una gentile signora che figura da alcuni anni fra i collaboratori del Teatro dell'Opera, ben pagata, anzi la più pagata fra i collaboratori, perchè artefice di tali scambi 'culturali' come si è soliti ironicamente definirli?
Come si dice a Roma, con l'uscita di Muti, ora per l'Opera, son c...
P.s. In serata leggiamo anche di Pappano come possibile sostituto di Muti all'Opera di Roma. certo sarebbe la soluzione ideale, ma per ora si tratta solo di sciocchezze. Dovrebbe lasciare anzitempo Santa cecilia, perché ambedue non potrebbe tenerle, e che fa con il Covent Garden? A meno che non realizzi il suo folle disegno Marino, al quale già troppe volte abbiamo accennato, secondo cui la Capitale potrebbe fondere le due fondazioni musicali, risparmiando su rispettivi vertici: un solo sovrintendente ed un solo direttore artistico per le due fondazioni 'fuse'. Esattamente come 'fusa' sarebbe anche la sua mente, nella quale è maturata tale mostruosità e per la quale basterebbe anche una sola orchestra che fa l'uno e l'altro repertorio, alternativamente. Ma allora si potrebbe anche liberare la sede all'Auditorium di Santa Cecilia? E noi, infine, liberarci di Marino ?
Si fanno i nomi dei possibili candidati alla direzione di Aida. Non vorremmo, come accaduto spesso a Santa Cecilia dove , mancando Temirkanov, al suo posto ha diretto Rizzari, con tutto il rispetto possibile per il giovane direttore, assistente di Pappano.
Muti, lì seduto, era in attesa che qualcuno gli comunicasse se tenere il concerto o meno. Ecco come Muti non si è voluto immaginare nei mesi a venire, qualora avesse continuato a lavorare al teatro dell'Opera, ed ha perciò dichiarato forfait per i due titoli in cartellone.
Non vogliamo dire che Muti abbia ragione su tutti i fronti, e che lui non abbia da imputarsi precise responsabilità. In passato in qualche occasione, stante la nostra stima per il direttore, gli abbiamo spesso imputato qualche inavvedutezza. Nonostante ciò e non rinnegando nulla di quanto abbiamo scritto di lui, ora vogliamo solo confermare che condividiamo il suo gesto; precisando, magari , che avrebbe dovuto farlo prima, molto prima, durante la inutile allegra gestione di De Martino, sostenuto da un sindaco, Alemanno che ora vuole proporsi come salvatore dell'Opera di Roma, sul cui palco reale, ai tempi della sua gestione, si vedevano certe facce impresentabili che ci fa senso perfino nominare.
Muti non poteva , per una stagione ancora, attendere ad ogni recita il via libera di quattro sindacalisti (che poi quattro non sono, rappresentando una bella fetta di dipendenti del teatro) i quali oggi si dicono addolorati ed addirittura disposti a scioperare al suo fianco per supplicarlo di tornare ( restare). Facce di bronzo, che purtroppo non sono poche, come risulta dal recente referendum al quale hanno votato la metà circa dei dipendenti. Capita l'antifona?
Ora il problema più urgente da risolvere è trovare un direttore che sostituisca Muti per l'Aida inaugurale, e trovarlo prestissimo, perchè fra meno di un mese cominceranno le prove. Riusciranno nell'impresa Marino e Fuortes, ed anche Vlad che si troverà nella difficile posizione di essere al servizio di Muti e di lavorare ora contro di lui - si fa per dire? Perché il possibile sostituto non sarà gradito al direttore uscente, chiunque egli sia.
Sui giornali abbiamo letto tante cose, soprattutto molto colore, ripetute fino alla noia in ogni occasione, ed ormai risapute da tutti a memoria. Come i tanti stupidi privilegi, compensati da balzelli di stipendio ai quali non crediamo si dia più corso nei nostri teatri, altrimenti ha ragione chi dice che Nastasi è complice della distruzione del nostro sistema lirico, se nei tanti anni da quando è al Ministero non è riuscito a cancellare simili FURTI legalizzati dai cosiddetti contratti integrativi.
Abbiamo anche letto che occorre diffidare dei gazzettieri ufficiali - ve ne sono in tutti i giornali, anche importantissimi - sempre pronti a tessere panegirici, a comando, dei responsabili massimi delle istituzioni, e poi a stilare condanne a morte di quegli stessi lodati il giorno prima: sempre a comando e forse non gratuitamente. Noi lo andiamo dicendo e scrivendo da anni, ci piace rilevare che ora anche qualcun altro lo scriva ( come Mattioli su 'La Stampa'). E di notare che in simili circostanze chi si espone di più è il giornalista non di settore. Anche l'Associazione nazionale critici musicali dorme, però nel frattempo ha cambiato logo ufficiale. Onore a Francesco Merlo di 'Repubblica' per il suo pezzo di oggi sul caso Muti che consigliamo di leggere,
Che poi all'Opera di Roma la conflittualità sia storia vecchia - i politici non hanno nessuna responsabilità, giacchè vi hanno sempre imposto capi e dipendenti? - chi non lo sa? Ancora Mattioli ha ricordato la breve gestione di Sinopoli - anch'egli con le sue colpe, specie per quel progetto di creare una seconda orchestra, 'apri e chiudi', con orchestrali 'a chiamata' ogni volta, a seconda delle necessità - ed in particolare un episodio di sindacalismo controproducente di cui fu testimone un suo collega. Solo che si è dimenticato di aggiungere che quel collega era in teatro non nelle sue funzioni di cronista, bensì di 'drammaturgo' a fianco del suo amico Sinopoli che lo aveva voluto, e al soldo del teatro.' Drammaturgo' de che?
Abbiamo anche letto di Vincenzo Bolognese, 'spalla' dell'Orchestra dell'Opera, assai chiacchierato e coralmente in questi ultimi mesi, e pur difeso da Accardo. Bolognese nei giorni scorsi ha inaugurato un festival - lo chiamano così, mentre si tratta di qualche concertino, ben foraggiato comunque dal ministero di Nastasi e Franceschini, in quel di Rieti - alla testa dell'Orchestra Roma Sinfonietta e non dell'orchestra dell'opera. Il festival ha come sovrintendente una gentile signora che figura da alcuni anni fra i collaboratori del Teatro dell'Opera, ben pagata, anzi la più pagata fra i collaboratori, perchè artefice di tali scambi 'culturali' come si è soliti ironicamente definirli?
Come si dice a Roma, con l'uscita di Muti, ora per l'Opera, son c...
P.s. In serata leggiamo anche di Pappano come possibile sostituto di Muti all'Opera di Roma. certo sarebbe la soluzione ideale, ma per ora si tratta solo di sciocchezze. Dovrebbe lasciare anzitempo Santa cecilia, perché ambedue non potrebbe tenerle, e che fa con il Covent Garden? A meno che non realizzi il suo folle disegno Marino, al quale già troppe volte abbiamo accennato, secondo cui la Capitale potrebbe fondere le due fondazioni musicali, risparmiando su rispettivi vertici: un solo sovrintendente ed un solo direttore artistico per le due fondazioni 'fuse'. Esattamente come 'fusa' sarebbe anche la sua mente, nella quale è maturata tale mostruosità e per la quale basterebbe anche una sola orchestra che fa l'uno e l'altro repertorio, alternativamente. Ma allora si potrebbe anche liberare la sede all'Auditorium di Santa Cecilia? E noi, infine, liberarci di Marino ?
Si fanno i nomi dei possibili candidati alla direzione di Aida. Non vorremmo, come accaduto spesso a Santa Cecilia dove , mancando Temirkanov, al suo posto ha diretto Rizzari, con tutto il rispetto possibile per il giovane direttore, assistente di Pappano.
Etichette:
aida,
d'ascenzo,
frati,
Fuortes,
la stampa,
Marino,
mattioli,
merlo,
muti,
pappano,
repubblica,
rizzari,
roma sinfonietta,
sinopoli,
università La sapienza,
vincenzo bolognese,
vlad
L'Aida di Verdi diretta da Pappano che avrebbe irritato Muti
Muti lascia Roma anche perchè Pappano, in febbraio, e dunque ad un paio di mesi di distanza dalla 'sua' Aida di novembre all'Opera, ha messo in programma Aida a Santa Cecilia. Anche se non è la ragione principale, potrebbe aver contribuito all'allontanamento traumatico di Muti da Roma?
Chi ha inventato tale idiozia, e a che scopo qualcuno la alimenta? Potrebbe mai Muti, un gigante della direzione, temere l'affronto - se di affronto si può parlare - di una 'pulce' - come senza ragione ed ingiuriosamente qualche esegeta accreditato della 'vulgata' di Muti, ha definito il direttore suo dirimpettaio a Santa Cecilia? E Allora Pappano che avrebbe dovuto fare quando, anni fa, nel mentre suo padre era in fin di vita - se ricordiamo bene - dovette sostituire all'ultimo minuto al Covent Garden, Muti che dichiarò forfait per un' opera del grande repertorio in programma? In questi anni di tormentata coabitazione a Roma di Muti e Pappano, è stato Pappano, giustamente, a causa dell'età, a recarsi all'Opera a salutare Muti, mentre Muti questa cortesia non l'ha mai ricambiata all'altro direttore italiano che oggi è ricercato quasi quanto lui in ogni parte del mondo.
Per noi si tratta di semplice idiozia e basta. Altrimenti dovremmo pure noi ricorrere ad un' altra similitudine; a quella che vorrebbe certi giganti reggersi su piedi di argilla!
Piuttosto la cosa ci impensierisce, semplicemente guardando il 'nuovo' Marino, quello con la barba, tornato di fresco dagli USA, sua patria per anni, oggi matrigna. Il quale da tempo sta lavorando ad un progetto avveniristico: fare di due fondazioni lirico-sinfoniche, una sola, con grande risparmio per la comunità e gravissima offesa alla musica, della quale naturalmente Marino non si dà pena.
Questo è il momento. L'Opera senza Muti è allo sbando, anche se con i conti a posto; Santa Cecilia è attraversata da tempeste interne a causa della gestione Cagli - che minaccia dimissione da tempo e, diversamente da Muti, non si dimette mai - mai momento più propizio per farne di due una.
Naturalmente tutti ci auguriamo che non accada, ma con un sindaco/presidente del teatro, chirurgo esperto di trapianti, un intervento, con circolazione 'extracorporea' - aggiunta alla 'sua' extracorporeità al mondo della musica - di sostituzione e rimpiazzo di organi, è comunque da temere.
Attendiamo le prossime mosse di Marino e Fuortes.
Chi ha inventato tale idiozia, e a che scopo qualcuno la alimenta? Potrebbe mai Muti, un gigante della direzione, temere l'affronto - se di affronto si può parlare - di una 'pulce' - come senza ragione ed ingiuriosamente qualche esegeta accreditato della 'vulgata' di Muti, ha definito il direttore suo dirimpettaio a Santa Cecilia? E Allora Pappano che avrebbe dovuto fare quando, anni fa, nel mentre suo padre era in fin di vita - se ricordiamo bene - dovette sostituire all'ultimo minuto al Covent Garden, Muti che dichiarò forfait per un' opera del grande repertorio in programma? In questi anni di tormentata coabitazione a Roma di Muti e Pappano, è stato Pappano, giustamente, a causa dell'età, a recarsi all'Opera a salutare Muti, mentre Muti questa cortesia non l'ha mai ricambiata all'altro direttore italiano che oggi è ricercato quasi quanto lui in ogni parte del mondo.
Per noi si tratta di semplice idiozia e basta. Altrimenti dovremmo pure noi ricorrere ad un' altra similitudine; a quella che vorrebbe certi giganti reggersi su piedi di argilla!
Piuttosto la cosa ci impensierisce, semplicemente guardando il 'nuovo' Marino, quello con la barba, tornato di fresco dagli USA, sua patria per anni, oggi matrigna. Il quale da tempo sta lavorando ad un progetto avveniristico: fare di due fondazioni lirico-sinfoniche, una sola, con grande risparmio per la comunità e gravissima offesa alla musica, della quale naturalmente Marino non si dà pena.
Questo è il momento. L'Opera senza Muti è allo sbando, anche se con i conti a posto; Santa Cecilia è attraversata da tempeste interne a causa della gestione Cagli - che minaccia dimissione da tempo e, diversamente da Muti, non si dimette mai - mai momento più propizio per farne di due una.
Naturalmente tutti ci auguriamo che non accada, ma con un sindaco/presidente del teatro, chirurgo esperto di trapianti, un intervento, con circolazione 'extracorporea' - aggiunta alla 'sua' extracorporeità al mondo della musica - di sostituzione e rimpiazzo di organi, è comunque da temere.
Attendiamo le prossime mosse di Marino e Fuortes.
domenica 21 settembre 2014
Muti lascia Roma, ed è un addio; mentre Fuortes e Marino non sembrano in fondo tanto dispiaciuti. L'Opera di Roma resta una matassa difficile da sbrogliare
Da qualunque capo si voglia cominciare - da Muti o da Fuortes e Teatro, l'Opera di Roma resta una matassa difficile, se non impossibile, da sbrogliare. E la decisione dell'abbandono, di cui solo ora viene data notizia ufficiale, non è arrivata oggi. Ci aveva colpito, leggendo un inserto dedicato all'incipiente stagione teatrale nella Capitale, allegato sia a Repubblica che al Corriere, il fatto che Fuortes si presentava come amministratore delegato di 'Musica per Roma', mentre la presentazione della stagione dell'Opera veniva fatta da un narratore impersonale, quando avrebbe dovuto essere il contrario. Muti la sua decisione di abbandonare l'Opera l'aveva già presa. E nella sua lettera, resa nota soltanto oggi, spiega le sue ragioni, tutte plausibili : in teatro non c'è un clima sereno e perciò gli riesce difficile lavorarvi. Quando gli animi si saranno rappacificati, e tutto filerà liscio come l'olio, allora si vedrà. Veramente questo è l'auspicio assai freddo di Marino e di Fuortes, ai quali preme soprattutto sottolineare che la nuova gestione ha azzerato l'enorme deficit lasciato da De Martino, sodale di Alemanno, di quasi 12 milioni di Euro, in un solo anno. Fuortes ha fatto il miracolo, ma ora soldi non ce ne sono più e il maestro Muti avrebbe dovuto abbassare le sue pretese in tutti i sensi - è quanto scrivono gli opinionisti della rete - la qual cosa non gli sta proprio bene, e lui decide di andarsene per dedicarsi interamente - per l'Italia - alla sua amata 'Orchestra Cherubini'.
Quali sarebbero le pretese del maestro in fatto di cachets, di allestimenti, di voci ecc.. non è dato sapere; e se si tratta soprattutto dei costi degli allestimenti, si sbaglia bersaglio, perchè a quel che sembra l'allestimento di Pier'Alli per 'Aida' sarebbe improntato alle cosiddette 'nozze con i fichi secchi'. Certo Muti a Roma, come altrove, non lavora 'aggratis' - e , del resto, perchè dovrebbe? - ma con sè a Roma ha portato tutta la sua corte anche quella famigliare che certamente non è compresa nel pacchetto del suo cachet, insomma qualche malumore nei suoi confronti ci potrebbe anche essere. Ben poca cosa comunque in rapporto al prestigio che rende all'Opera la sua presenza, ma solo la sua, non certo quella di Alessio Vlad, che lui ha imposto, come ennesimo atto di riconoscenza verso suo padre che lo portò a Firenze e che egli volle poi alla Scala. Insomma una corte non pomposa e che non brilla di luce propria, la quale, se il principe rinuncia alla corona, si affloscia in un minuto secondo. Morto un papa se ne fa un altro - ha scritto qualcuno in rete. Sì, è vero. Ma via Muti c'è qualcun altro nell'orizzonte degli attuali governanti del teatro capace di sostituirlo senza intaccare il prestigio che la sua presenza recava al teatro? Dubitiamo. C'è chi ha paragonato,sbagliando, questa uscita di scena di Muti alla precedente, di una decina di anni fa, dalla Scala. No, perchè allora Muti aveva contro l'orchestra, che, a Roma, dichiara di non aver mai voluto protestare contro il direttore e che mai e poi mai avrebbe fatto saltare una recita, neanche una, di Muti. Bugiardi. Perchè tale pericolo l'ha corso anche Muti, con Manon, con la tournée in Giappone e probabilmente l'avrebbe ancora corso nelle settimane di preparazione di Aida. Basta esaminare il risultato del referendum, interno al teatro, al quale ha partecipato la metà circa dei dipendenti, orchestra e coro compresi, il che vuol dire che l'altra metà non condivideva l'accettazione del piano di salvataggio stilato da Fuortes. I sindacati protestano che loro sciopereranno eventualmente contro Fuortes, ed a scioperare sono soprattutto quelli della Fials e della CGIL- altra pagina del film surreale ' Renzi vince nonostante l'opposizione del PD'.
A noi fa più riflettere la risposta, ripetiamo: molto fredda, di Fuortes, Marino e Franceschini che non la lettera di Muti, scritta 'comme il faut', ineccepibile per chi non conosce altri risvolti.
Ma adesso quali scenari si aprono? Fuortes, non gradito a metà del personale del teatro come insegna il referendum, trarrà le sue conclusioni dimettendosi? Oppure resterà mettendo in atto la sua rivoluzione e cioè portando all'Opera di Roma la sua squadretta che già abbiamo visto in azione ma che non ci ha entusiasmati? Già Fuortes in fatto di musica capisce ben poco; lui la squadra l'avrebbe già pronta, l'ha schierata in campo ed ai bordi già a Bari, ma si tratta di una squadretta. Non ci frega niente di ciò che scriveranno i giornali alla sua discesa in campo, non nutriamo verso molti gazzettieri 'fiancheggiatori dei vincitori per professione e convenienza 'la benché minima stima. Pensa forse di sostituire Vlad? farebbe bene, ma con chi? Con Gaston Fournier che già voleva imporre a Bari, e che oggi è libero, dopo la sua uscita dalla Scala? Cambierà anche il maestro del corpo di ballo, via Micha e dentro Eleonora che scalpita da parecchio per avere quell'incarico, anche se a noi sembra non in grado di sostenerlo, nonostante la sua giovane età ed avvenenza che non è pari alla sua competenza? Via Muti e ci mette un giovane, magari Rustioni che sta a Bari ed anche a Firenze ( regno del consigliere di amministrazione Battistelli?) Per Fuortes sembra una cosa normale. Ma lui non la capisce, forse, la differenza; nonostante tutti i difetti del grande direttore. O forse la fine dell'anno, quando i consigli di amministrazione con nuovo nome: consigli di 'indirizzo', dovranno ridisegnare la governance dei nostri teatri, a Roma viene, con l'uscita di Muti, semplicemente anticipata di qualche mese?
Temiamo che la pubblicità che parla di 'grande opera' a roma, vada cambiata, con la 'piccola opera' nella nuova stagione del Teatro dell'Opera di Roma Capitale. E che il sito, dove si legge ancora il nome di Muti per 'Aida' e 'Nozze di Figaro', vada quanto prima aggiornato.
Quali sarebbero le pretese del maestro in fatto di cachets, di allestimenti, di voci ecc.. non è dato sapere; e se si tratta soprattutto dei costi degli allestimenti, si sbaglia bersaglio, perchè a quel che sembra l'allestimento di Pier'Alli per 'Aida' sarebbe improntato alle cosiddette 'nozze con i fichi secchi'. Certo Muti a Roma, come altrove, non lavora 'aggratis' - e , del resto, perchè dovrebbe? - ma con sè a Roma ha portato tutta la sua corte anche quella famigliare che certamente non è compresa nel pacchetto del suo cachet, insomma qualche malumore nei suoi confronti ci potrebbe anche essere. Ben poca cosa comunque in rapporto al prestigio che rende all'Opera la sua presenza, ma solo la sua, non certo quella di Alessio Vlad, che lui ha imposto, come ennesimo atto di riconoscenza verso suo padre che lo portò a Firenze e che egli volle poi alla Scala. Insomma una corte non pomposa e che non brilla di luce propria, la quale, se il principe rinuncia alla corona, si affloscia in un minuto secondo. Morto un papa se ne fa un altro - ha scritto qualcuno in rete. Sì, è vero. Ma via Muti c'è qualcun altro nell'orizzonte degli attuali governanti del teatro capace di sostituirlo senza intaccare il prestigio che la sua presenza recava al teatro? Dubitiamo. C'è chi ha paragonato,sbagliando, questa uscita di scena di Muti alla precedente, di una decina di anni fa, dalla Scala. No, perchè allora Muti aveva contro l'orchestra, che, a Roma, dichiara di non aver mai voluto protestare contro il direttore e che mai e poi mai avrebbe fatto saltare una recita, neanche una, di Muti. Bugiardi. Perchè tale pericolo l'ha corso anche Muti, con Manon, con la tournée in Giappone e probabilmente l'avrebbe ancora corso nelle settimane di preparazione di Aida. Basta esaminare il risultato del referendum, interno al teatro, al quale ha partecipato la metà circa dei dipendenti, orchestra e coro compresi, il che vuol dire che l'altra metà non condivideva l'accettazione del piano di salvataggio stilato da Fuortes. I sindacati protestano che loro sciopereranno eventualmente contro Fuortes, ed a scioperare sono soprattutto quelli della Fials e della CGIL- altra pagina del film surreale ' Renzi vince nonostante l'opposizione del PD'.
A noi fa più riflettere la risposta, ripetiamo: molto fredda, di Fuortes, Marino e Franceschini che non la lettera di Muti, scritta 'comme il faut', ineccepibile per chi non conosce altri risvolti.
Ma adesso quali scenari si aprono? Fuortes, non gradito a metà del personale del teatro come insegna il referendum, trarrà le sue conclusioni dimettendosi? Oppure resterà mettendo in atto la sua rivoluzione e cioè portando all'Opera di Roma la sua squadretta che già abbiamo visto in azione ma che non ci ha entusiasmati? Già Fuortes in fatto di musica capisce ben poco; lui la squadra l'avrebbe già pronta, l'ha schierata in campo ed ai bordi già a Bari, ma si tratta di una squadretta. Non ci frega niente di ciò che scriveranno i giornali alla sua discesa in campo, non nutriamo verso molti gazzettieri 'fiancheggiatori dei vincitori per professione e convenienza 'la benché minima stima. Pensa forse di sostituire Vlad? farebbe bene, ma con chi? Con Gaston Fournier che già voleva imporre a Bari, e che oggi è libero, dopo la sua uscita dalla Scala? Cambierà anche il maestro del corpo di ballo, via Micha e dentro Eleonora che scalpita da parecchio per avere quell'incarico, anche se a noi sembra non in grado di sostenerlo, nonostante la sua giovane età ed avvenenza che non è pari alla sua competenza? Via Muti e ci mette un giovane, magari Rustioni che sta a Bari ed anche a Firenze ( regno del consigliere di amministrazione Battistelli?) Per Fuortes sembra una cosa normale. Ma lui non la capisce, forse, la differenza; nonostante tutti i difetti del grande direttore. O forse la fine dell'anno, quando i consigli di amministrazione con nuovo nome: consigli di 'indirizzo', dovranno ridisegnare la governance dei nostri teatri, a Roma viene, con l'uscita di Muti, semplicemente anticipata di qualche mese?
Temiamo che la pubblicità che parla di 'grande opera' a roma, vada cambiata, con la 'piccola opera' nella nuova stagione del Teatro dell'Opera di Roma Capitale. E che il sito, dove si legge ancora il nome di Muti per 'Aida' e 'Nozze di Figaro', vada quanto prima aggiornato.
Etichette:
aida,
Alemanno,
bari,
battistelli,
corriere,
de martino,
fournier-facio,
franceschini,
Fuortes,
Marino,
misha eleonora abbagnato,
muti,
nozze di figaro,
orchestra cherubini,
repubblica,
rustioni,
scala,
vlad
sabato 20 settembre 2014
Francesco Cilluffo inaugura Firenze; la 'grande opera' e 'grande musica' a Roma; belle le giraffe e i rinoceronti di Santa Cecilia
Ci lamentiamo sempre della scarsa attenzione che in Italia si ha verso i giovani talenti in campo musicale, giacchè vediamo sempre preferiti, specie sul podio, talenti stranieri, anche in titoli di repertorio che vorrebbero maggiore prudenza e qualche anno di attesa in più per i giovanotti - ma la colpa è dei direttori artistici che vogliono far casino a tutti i costi e anche delle agenzie, suggeritrici, che non hanno tempo di attendere che un 'frutto' maturi, vogliono far cassa subito.
E, di conseguenza, non possiamo non rallegrarci per la bella opportunità offerta a Francesco Cilluffo, che conosciamo solo di nome, che fra breve inaugurerà la stagione dell'Opera di Firenze con un titolo giusto per un debutto importante: Il campiello' di Ermanno Wolf Ferrari. Cilluffo ha spalle solide, quanto a studi, e finora, salvo qualche eccezione, ha lavorato in teatri e festival che fanno riferimento alla direzione generale ed artistica del teatro fiorentino. Va bene, la sua attività si esplica anche nella composizione. Siamo felici per il giovane direttore torinese che a Firenze comincia la scalata ai grandi teatri.
E in quello di Firenze, tutto nuovo, quest'anno - chissà perchè - hanno fatto a meno di una notissima musicologa divulgatrice che, negli anni passati, parlava di tutto e presentava ogni cosa, della cui presenza straripante avemmo modo di lamentarci con i responsabili, senza essere ascoltato, ed anzi ricevendone ammonizione stizzita. Ora vediamo che, inavvedutamente, riescono a far a meno della di lei presenza, con grave danno per il teatro che, per tale ragione, sembrerà più povero a tutti i fiorentini.
Chi vuol ascoltare musica o vedere ed ascoltare opere in Italia ha solo l'imbarazzo della scelta. Ma chi vuole ascoltare 'grande musica' e ascoltare e vedere 'la grande opera' non ha altra scelta che venire a Roma, come suggeriscono i proclami delle due più note - anzi'grandi', a questo punto -istituzioni musicali romane , l'Opera e Santa Cecilia.
A proposito della quale ultima ci ha divertiti, nella pur inutile campagna abbonamenti 'animalier' di quest'anno, il soprano 'giraffa' che giganteggia con il suo collo proteso all'acuto che troneggia sulle fiancate degli autobus o agli angoli delle strade. Anzi forse ce n'è anche un altro di animale-strumento che ci ha sorpresi: noi non l'abbiamo visto ma ce lo hanno riferito: il corno-rinoceronte. Ma non garantiamo che abbiamo visto bene. Mentre, osando, ci permettiamo di suggerire all'Opera di Roma Capitale di togliere dai suoi cartelloni pubblicitari quelle facce minacciose disegnate da un noto pittore, per le quali Fuortes va fiero, potrebbero dissuaderei melomani dall'andare a teatro.
Qualche giorno fa la terza tappa del 'grande giro del mondo in quattro piccole orchestre' con l'orchestra giovanile brasiliana di Bahia, figlia anch'essa del sistema venezuelano di Abreu. Avremmo desiderato ascoltarla, ma i biglietti erano tutti esauriti, su oltre 2700 posti - come ci ha riferito, dispiaciuta, l'addetta stampa dell'Accademia. Del quale concerto non siamo riusciti a leggere neanche una riga sulle migliaia di giornali i cui critici avevano avuto il biglietto stampa, al punto da esaurirne l'intera disponibilità che è stata alla base del dispiaciuto rifiuto dell'Accademia a noi che l'avevamo richiesto troppo tardi. A questo punto, per non arrivare ancora una volta troppo tardi, inviamo da queste pagine la richiesta di un biglietto stampa per il concerto conclusivo della stagione, dal quale ci separano appena otto mesi, sperando questa volta di non arrivare fuori tempo massimo.
E, di conseguenza, non possiamo non rallegrarci per la bella opportunità offerta a Francesco Cilluffo, che conosciamo solo di nome, che fra breve inaugurerà la stagione dell'Opera di Firenze con un titolo giusto per un debutto importante: Il campiello' di Ermanno Wolf Ferrari. Cilluffo ha spalle solide, quanto a studi, e finora, salvo qualche eccezione, ha lavorato in teatri e festival che fanno riferimento alla direzione generale ed artistica del teatro fiorentino. Va bene, la sua attività si esplica anche nella composizione. Siamo felici per il giovane direttore torinese che a Firenze comincia la scalata ai grandi teatri.
E in quello di Firenze, tutto nuovo, quest'anno - chissà perchè - hanno fatto a meno di una notissima musicologa divulgatrice che, negli anni passati, parlava di tutto e presentava ogni cosa, della cui presenza straripante avemmo modo di lamentarci con i responsabili, senza essere ascoltato, ed anzi ricevendone ammonizione stizzita. Ora vediamo che, inavvedutamente, riescono a far a meno della di lei presenza, con grave danno per il teatro che, per tale ragione, sembrerà più povero a tutti i fiorentini.
Chi vuol ascoltare musica o vedere ed ascoltare opere in Italia ha solo l'imbarazzo della scelta. Ma chi vuole ascoltare 'grande musica' e ascoltare e vedere 'la grande opera' non ha altra scelta che venire a Roma, come suggeriscono i proclami delle due più note - anzi'grandi', a questo punto -istituzioni musicali romane , l'Opera e Santa Cecilia.
A proposito della quale ultima ci ha divertiti, nella pur inutile campagna abbonamenti 'animalier' di quest'anno, il soprano 'giraffa' che giganteggia con il suo collo proteso all'acuto che troneggia sulle fiancate degli autobus o agli angoli delle strade. Anzi forse ce n'è anche un altro di animale-strumento che ci ha sorpresi: noi non l'abbiamo visto ma ce lo hanno riferito: il corno-rinoceronte. Ma non garantiamo che abbiamo visto bene. Mentre, osando, ci permettiamo di suggerire all'Opera di Roma Capitale di togliere dai suoi cartelloni pubblicitari quelle facce minacciose disegnate da un noto pittore, per le quali Fuortes va fiero, potrebbero dissuaderei melomani dall'andare a teatro.
Qualche giorno fa la terza tappa del 'grande giro del mondo in quattro piccole orchestre' con l'orchestra giovanile brasiliana di Bahia, figlia anch'essa del sistema venezuelano di Abreu. Avremmo desiderato ascoltarla, ma i biglietti erano tutti esauriti, su oltre 2700 posti - come ci ha riferito, dispiaciuta, l'addetta stampa dell'Accademia. Del quale concerto non siamo riusciti a leggere neanche una riga sulle migliaia di giornali i cui critici avevano avuto il biglietto stampa, al punto da esaurirne l'intera disponibilità che è stata alla base del dispiaciuto rifiuto dell'Accademia a noi che l'avevamo richiesto troppo tardi. A questo punto, per non arrivare ancora una volta troppo tardi, inviamo da queste pagine la richiesta di un biglietto stampa per il concerto conclusivo della stagione, dal quale ci separano appena otto mesi, sperando questa volta di non arrivare fuori tempo massimo.
Etichette:
.campiello,
abreu,
cilluffo,
Fuortes,
giraffa,
Opera di Roma,
opera firenze,
orchestra bahia,
rinosceronte,
santa cecilia,
wolf -ferrari
venerdì 19 settembre 2014
Resistere,resistere e anche attaccare,ma Renzi dice di non credere alla giustizia ad orologeria
Il premier Renzi ha dichiarato, a seguito dell'indagine che ha toccato la sua famiglia - la procura di Genova ha mandato un avviso di garanzia a suo padre per la vendita di una società che si occupava di distribuzione stampa, società che tre anni dopo è fallita, ad un signore che poi è stato nominato- se non andiamo errati - curatore fallimentare in un comune toscano troppo vicino a Pontassieve ed alla famiglia Renzi - forse dallo stesso Renzi figlio? ( Chi vuole conoscere per filo e per segno la vicenda legga i giornali di ieri, noi li abbiamo letti e chiediamo di perdonare qualche nostra inesattezza. Per leggerli una seconda volta non disponiamo del tempo necessario). Infine, Renzi figlio, al momento della cessione, avrebbe goduto di una liquidazione, facendo anche egli parte della società (speriamo di ricordare bene).
Renzi ha immediatamente dichiarato che lui rispetta le sentenze, e che un avviso di garanzia non è una sentenza, e che , infine, non crede alla 'giustizia ad orologeria' - caposaldo della fede berlusconiana - per semplice comodità? - e che rispetterà la sentenza quando sarà emessa ( e magari lui non sarà più premier). Suo padre si è detto in grado di dimostrare la correttezza della operazione e la sua estraneità al fallimento, nel frattempo si è dimesso alla sezione PD nella quale aveva un certo ruolo.
Secondo noi la dichiarazione di Renzi è pura, ma necessaria, finzione, anche se occorre premettere che le colpe, eventuali, dei padri, non possono essere attribuite ai figli.
Perchè la magistratura non è un esercito compatto di giusti e puri, perchè tale esercito è anche duro, e non è detto che sia interamente puro e giusto; anzi non lo è affatto. Giudici corrotti ed intrallazzoni ve ne sono quanti forse vi sono corrotti ed intrallazzoni nella società.
Colpisce certo il fatto che questa storia che riguarda il padre - che la procura assicura essere venuta fuori da un incrocio di indagini, la principale delle quali risale a mesi fa (e comunque è sospetto che sia venuta alla luce ora, proprio ora) venga fuori dopo le decise prese di posizione del premier anche nei riguardi della magistratura in tema di risparmi ed efficienza. Anche i magistrati di tutti gli ordini devono sottostare al tetto dei 240.000 Euro di stipendio, non possono avere consulenze pagate; e devono ridursi le ferie nella speranza che tale riduzione si trascini appresso anche la riduzione dell'enorme arretrato della giustizia soprattutto civile, ma anche penale.
Contro tutto ciò - la integerrima schiera di servitori dello Stato al servizio dei cittadini - la magistratura italiana ha preso posizioni nette e contrarie ed ora si fa sentire portando in campo i suoi mezzi di combattimento, a cominciare dall'artiglieria che prende di mira lo stesso premier che, se proprio vogliamo essere precisi, con questa storia che riguarda suo padre non c'entra. Ma la magistratura italiana che gode di più ferie degli altri, che è più pagata di altri servitori ( cosiddetti) dello Stato non sta a guardare e scende in campo per farsi sentire e far sapere al premier di stare attento perché scava scava qualche scheletrino si trova nell'armadio di chiunque. Lo troverebbero anche in quello di Gesù che, se ben ricordiamo, frequentava anche puttane. Per redimerle. La giustizia italiana non gli crederebbe.
Renzi ha immediatamente dichiarato che lui rispetta le sentenze, e che un avviso di garanzia non è una sentenza, e che , infine, non crede alla 'giustizia ad orologeria' - caposaldo della fede berlusconiana - per semplice comodità? - e che rispetterà la sentenza quando sarà emessa ( e magari lui non sarà più premier). Suo padre si è detto in grado di dimostrare la correttezza della operazione e la sua estraneità al fallimento, nel frattempo si è dimesso alla sezione PD nella quale aveva un certo ruolo.
Secondo noi la dichiarazione di Renzi è pura, ma necessaria, finzione, anche se occorre premettere che le colpe, eventuali, dei padri, non possono essere attribuite ai figli.
Perchè la magistratura non è un esercito compatto di giusti e puri, perchè tale esercito è anche duro, e non è detto che sia interamente puro e giusto; anzi non lo è affatto. Giudici corrotti ed intrallazzoni ve ne sono quanti forse vi sono corrotti ed intrallazzoni nella società.
Colpisce certo il fatto che questa storia che riguarda il padre - che la procura assicura essere venuta fuori da un incrocio di indagini, la principale delle quali risale a mesi fa (e comunque è sospetto che sia venuta alla luce ora, proprio ora) venga fuori dopo le decise prese di posizione del premier anche nei riguardi della magistratura in tema di risparmi ed efficienza. Anche i magistrati di tutti gli ordini devono sottostare al tetto dei 240.000 Euro di stipendio, non possono avere consulenze pagate; e devono ridursi le ferie nella speranza che tale riduzione si trascini appresso anche la riduzione dell'enorme arretrato della giustizia soprattutto civile, ma anche penale.
Contro tutto ciò - la integerrima schiera di servitori dello Stato al servizio dei cittadini - la magistratura italiana ha preso posizioni nette e contrarie ed ora si fa sentire portando in campo i suoi mezzi di combattimento, a cominciare dall'artiglieria che prende di mira lo stesso premier che, se proprio vogliamo essere precisi, con questa storia che riguarda suo padre non c'entra. Ma la magistratura italiana che gode di più ferie degli altri, che è più pagata di altri servitori ( cosiddetti) dello Stato non sta a guardare e scende in campo per farsi sentire e far sapere al premier di stare attento perché scava scava qualche scheletrino si trova nell'armadio di chiunque. Lo troverebbero anche in quello di Gesù che, se ben ricordiamo, frequentava anche puttane. Per redimerle. La giustizia italiana non gli crederebbe.
Di Balducci, Galliani e di altre storie
Angelo Balducci è diventato ormai famoso e non per le opere buone compiute negli anni, quanto per i traffici all'epoca del G8, con la premiata ditta Anemone ed il capo della protezione civile, Bertolaso. Notizia di oggi: gli sono stati definitivamente CONFISCATI beni mobili ed immobili per 13 milioni di Euro circa, che sono il frutto di acquisizioni (per FURTI, MAZZETTE) negli ultimi dieci anni di attività furfantile. Insomma un dirigente statale, in dieci anni avrebbe avuto REGOLARMENTE disponibilità economiche tali da acquistare questa montagna di beni ( ville, case, partecipazioni azionarie ecc...), senza essere Montezemolo che l'acquisto di tali e tanti bene avrebbe potuto - ed ha, naturalmente - acquistato con gli emolumenti ed altro del suo incarico alla Ferrari, appena terminato il quale, come ringraziamento anche degli ultimi anni senza vittorie del cavallino, riceverà una buonuscita di 27 milioni di Euro. Balducci no, nonostante si fosse industriato per raccattare anche altre briciole; come quando aveva fatto assumere suo figlio (organista) presso l'Accademia di santa Cecilia di Cagli, alla quale un suo compagno di giochi ed interessi, aveva assicurato la partecipazione al banchetto delle celebrazioni del 150° dell'Unità di Italia. In ordine a tale celebrazione il Balducci figlio, l'organista, aveva avuto da Cagli un contratto di 12 mesi, per 2000 Euro al mese. Briciole si dirà, paragonate ai 13 milioni di beni confiscatigli, ma meglio non lasciar perdere nulla. C'è poi anche un altro figlio, regista, anche per quello briciole da altri favoriti attraverso giri come quello dell'Unità d'Italia. Come si vede il lavoro c'è anche in Italia, basta SAPERLO trovare.
Tutti quei beni Balducci se li è comprati ( con truffe e mazzette) senza essere, abbiamo detto ,Montezemolo e neanche Galliani che , dopo anni ed anni di servizio al cavaliere (minuscolo, ex) esce ora dalla guida del Milan, con 30 milioni di Euro di buonuscita. Una montagna di soldi per una responsabilità sociale altissima.
Ci rendiamo conto in quale c... di paese viviamo? il paese anche di Montezemolo, Galliani e, mettiamoci anche, di Balducci.
Tutti quei beni Balducci se li è comprati ( con truffe e mazzette) senza essere, abbiamo detto ,Montezemolo e neanche Galliani che , dopo anni ed anni di servizio al cavaliere (minuscolo, ex) esce ora dalla guida del Milan, con 30 milioni di Euro di buonuscita. Una montagna di soldi per una responsabilità sociale altissima.
Ci rendiamo conto in quale c... di paese viviamo? il paese anche di Montezemolo, Galliani e, mettiamoci anche, di Balducci.
mercoledì 17 settembre 2014
di Martedì,Ballarò
Ora i Ballarò, di Martedì, sono due, sono identici, cambiano solo i conduttori. Ed insieme non hanno superato Ballarò, quando era uno solo, nella battaglia dello share, perchè insieme fanno 11,8%+3,5% che, sommato, dà 15,3%, che era più o meno quello che il Ballarò unico faceva su Rai3. Ora, con la conduzione di Flopis, è nato Ballarò n.2, di Martedì; lo stesso Flopis, che allora si chiamava Floris e che conduceva il Ballarò unico, mentre con lo sbarco di Giannini al Ballarò n.1, s'è fatto l'ennesimo atto di 'Repubblicanizzazione' di Rai3. Evidentemente anche al giornale di Giannini non hanno gradito la sua uscita, tanto che barbapapà Eugenio, alla prima puntata, s'è materializzato da Flopis e non dal suo ex dipendente, fino a due mesi fa vicedirettore del giornale diretto da Ezio Mauro.
A favore di Giannini, lento inadatto a condurre questo come qualunque altro programma televisivo, per fortuna ha giocato il 'fattore RAI' che Flopis non ha potuto sfruttare per un'altra stagione; ma lui ora dorme sonni tranquilli, con le mazzette sotto il cuscino, a La7, mentre notti insonni passa il povero Cairo, messo nel sacco da quel diavolo di conduttore; Mentana non riposa più neanche di giorno, e la Lilli Gruber, a forza di gridare: 've l'avevo detto che sarebbe stato un flopis', gli è andata via la voce.
Dunque i due che avrebbero dovuto catalizzare tutto il pubblico dei dibattiti politici televisivi, che non attraversano certo una stagione propizia, a malapena mettono insieme il pubblico delle peggiori serate del Ballarò unico, delle passaste stagioni e che, nell'ultima stagione RAI di Flopis, aveva perso pubblico.
Che si fa adesso? La soluzione migliore sarebbe che Giannini tornasse a scrivere per un giornale occupandosi di economia e Floris tornasse alla RAI, a rifare il suo Ballarò che, così com'era, ha trasferito a casa Cairo. Ma questo non è possibile, e dunque? Cairo piange sui soldi buttati e noi tutti sull'incapacità di Vianello, ed anche di Gubitosi, di fare scelte tecniche vincenti per la RAI, a seguito delle quali loro buttano al vento altri soldi, ma non i loro soldi, bensì i nostri. E la differenza non è da poco.
A favore di Giannini, lento inadatto a condurre questo come qualunque altro programma televisivo, per fortuna ha giocato il 'fattore RAI' che Flopis non ha potuto sfruttare per un'altra stagione; ma lui ora dorme sonni tranquilli, con le mazzette sotto il cuscino, a La7, mentre notti insonni passa il povero Cairo, messo nel sacco da quel diavolo di conduttore; Mentana non riposa più neanche di giorno, e la Lilli Gruber, a forza di gridare: 've l'avevo detto che sarebbe stato un flopis', gli è andata via la voce.
Dunque i due che avrebbero dovuto catalizzare tutto il pubblico dei dibattiti politici televisivi, che non attraversano certo una stagione propizia, a malapena mettono insieme il pubblico delle peggiori serate del Ballarò unico, delle passaste stagioni e che, nell'ultima stagione RAI di Flopis, aveva perso pubblico.
Che si fa adesso? La soluzione migliore sarebbe che Giannini tornasse a scrivere per un giornale occupandosi di economia e Floris tornasse alla RAI, a rifare il suo Ballarò che, così com'era, ha trasferito a casa Cairo. Ma questo non è possibile, e dunque? Cairo piange sui soldi buttati e noi tutti sull'incapacità di Vianello, ed anche di Gubitosi, di fare scelte tecniche vincenti per la RAI, a seguito delle quali loro buttano al vento altri soldi, ma non i loro soldi, bensì i nostri. E la differenza non è da poco.
Etichette:
ballarò nn1 e 2,
cairo,
floris,
giannini,
gruber,
gubitosi,
la7,
mauro,
mentana,
rai3,
scalfari,
vianello
martedì 16 settembre 2014
Gli alti compensi delle star della RAI danneggiano l'azienda. Vero. Perchè IMMERITATI
Brunetta, al suo lavoro di parlamentare capogruppo ed economista nonché candidato al Nobel, unisce il lavoro di cercatore di brutte notizie - come sarebbero quelle dei compensi alle star della tv pubblica, la cui conoscenza farebbe venire il magone ai normali cittadini - che comunque non gli riesce di portare a termine, per la decisa opposizione del direttore generale Gubitosi che oppone la seguente ragione: rendere pubblici i compensi delle star RAI danneggerebbe l'azienda e, di contro, potrebbe favorire la concorrenza, Mediaset e La 7, che sarebbe poi la ragione per cui Brunetta, nelle intenzioni di Gubitosi, chiederebbe di conoscere l'ammontare dei loro compensi.
Ora sulle cifre dei compensi alle star, di prima fila, RAI è silenzio assoluto, ma qualcosa trapela, senza che vi sia neanche una smentita RAI. Un elenco, con molti buchi, l'ha fornito in un suo articolo per 'Il Giornale', Laura Rio, nostro saposervizio nel decennio che lavortammo per quel giornale e che , approfittiamo, per salutare.
laura Rio scrive che il più pagato è quel presentatore 'senza frontiere' economiche di Fabio Fazio il quale riceve annualmente un compenso intorno ai 2 milioni di Euro e, negli anni passati, altri 600.000 per Sanremo; poi arriva la pacioccona dei fornelli, la Antonella Clerici con 1 milione e mezzo; segue l'annerito Conti con 1 e 400.000 Euro; ben distanziato Floris con 550.000, e Vespa con 600.000 ( ma questa cifra per il principe dei conduttori giornalisti ci sembra sottostimata); della spiritata Littizzetto scrive che guadagna 20.000 Euro a puntata, dunque a occhio e croce 800.000 a stagione, con l'aggiunta di 350.000 per Sanremo e la Venier, buttata sempre su una poltrona, che si ferma a 500.000. Infine, le fanciulle Isoardi, Maya e seguito, intorno ai 200.000 Euro a testa. Nel suo articolo Laura rio conclude dicendo che. se queste cifre sono false, la RAI le smentisca ufficialmente. False ovviamente non sono e in caso contrario, per taluni lo sarebbero per difetto.
Queste rivelazioni, secondo Gubitosi, danneggiano la RAI perchè la concorrenza potrebbe offrire alle star cifre maggiori per accaparrarsele. MAGARI. Vogliamo far parlare tutte quelle star che sono passate nel tempo alla concorrenza e poi, con il capo cosparso di cenere , sono tornarti in RAI, perchè il marchio RAI, al di là dei compensi influisce molto sul loro successo? E vogliamo sentire anche Cairo che , di recente, con l'acquisto di Floris redeva di fare un grande affare, ed invece ha preso una fregatura, a giudicare dagli esiti deludenti della sua nuova trasmissione prima del Tg che, oltre a fare ascolti da cabale tematico, ha gettato scompiglio e malcontento fra tutti gli altri big della rete. Ora Cairo se lo deve tenere 'flopis'- come chiama D'Agostino, Floris. Gubitosi ha finalmente capito che rivelando quelle cifre e favorendo la concorrenza il vero favore lo fa alla RAI che dirige?
Per non danneggiare la RAI, lavorando per la concorrenza nei primi anni di uscita dalla tv di Stato, negli anni passati a giornalisti più bravi e più famosi anche di Enzo Biagi, come lo è stata la Buttiglione, sorella del noto filosofo, fu data una liquidazione da capogiro, intorno al 1.000.000 di Euro, e non perché sorella del noto filosofo. E Lei non danneggiò la RAI, anzi la favorì due volte: una prima non passando alla concorrenza - che, naturalmente non la cercò né richiese, ed una seconda, liberando la RAI della sua presenza, giornalisticamente di peso.
Ora sulle cifre dei compensi alle star, di prima fila, RAI è silenzio assoluto, ma qualcosa trapela, senza che vi sia neanche una smentita RAI. Un elenco, con molti buchi, l'ha fornito in un suo articolo per 'Il Giornale', Laura Rio, nostro saposervizio nel decennio che lavortammo per quel giornale e che , approfittiamo, per salutare.
laura Rio scrive che il più pagato è quel presentatore 'senza frontiere' economiche di Fabio Fazio il quale riceve annualmente un compenso intorno ai 2 milioni di Euro e, negli anni passati, altri 600.000 per Sanremo; poi arriva la pacioccona dei fornelli, la Antonella Clerici con 1 milione e mezzo; segue l'annerito Conti con 1 e 400.000 Euro; ben distanziato Floris con 550.000, e Vespa con 600.000 ( ma questa cifra per il principe dei conduttori giornalisti ci sembra sottostimata); della spiritata Littizzetto scrive che guadagna 20.000 Euro a puntata, dunque a occhio e croce 800.000 a stagione, con l'aggiunta di 350.000 per Sanremo e la Venier, buttata sempre su una poltrona, che si ferma a 500.000. Infine, le fanciulle Isoardi, Maya e seguito, intorno ai 200.000 Euro a testa. Nel suo articolo Laura rio conclude dicendo che. se queste cifre sono false, la RAI le smentisca ufficialmente. False ovviamente non sono e in caso contrario, per taluni lo sarebbero per difetto.
Queste rivelazioni, secondo Gubitosi, danneggiano la RAI perchè la concorrenza potrebbe offrire alle star cifre maggiori per accaparrarsele. MAGARI. Vogliamo far parlare tutte quelle star che sono passate nel tempo alla concorrenza e poi, con il capo cosparso di cenere , sono tornarti in RAI, perchè il marchio RAI, al di là dei compensi influisce molto sul loro successo? E vogliamo sentire anche Cairo che , di recente, con l'acquisto di Floris redeva di fare un grande affare, ed invece ha preso una fregatura, a giudicare dagli esiti deludenti della sua nuova trasmissione prima del Tg che, oltre a fare ascolti da cabale tematico, ha gettato scompiglio e malcontento fra tutti gli altri big della rete. Ora Cairo se lo deve tenere 'flopis'- come chiama D'Agostino, Floris. Gubitosi ha finalmente capito che rivelando quelle cifre e favorendo la concorrenza il vero favore lo fa alla RAI che dirige?
Per non danneggiare la RAI, lavorando per la concorrenza nei primi anni di uscita dalla tv di Stato, negli anni passati a giornalisti più bravi e più famosi anche di Enzo Biagi, come lo è stata la Buttiglione, sorella del noto filosofo, fu data una liquidazione da capogiro, intorno al 1.000.000 di Euro, e non perché sorella del noto filosofo. E Lei non danneggiò la RAI, anzi la favorì due volte: una prima non passando alla concorrenza - che, naturalmente non la cercò né richiese, ed una seconda, liberando la RAI della sua presenza, giornalisticamente di peso.
Etichette:
biagi,
Brunetta,
buttiglione fratello e sorella,
cairo,
clerici,
conti,
d'agostino,
fazio,
floris,
gubitosi,
isoardi,
la7,
laura rio,
littizzetto,
maya,
mediaset,
Rai,
sanremo,
venier,
vespa
Santa Expo 2015
Michelangelo,
noto e riverito per il grande affresco della Sistina, nel Giubileo
del 1550, per guadagnarsi l’indulgenza plenaria, fu costretto a
fare il giro della basiliche a cavallo. Il privilegio gli fu concesso
direttamente dal papa Giulio III, appena insediatosi, a causa del suo
cagionevole stato di salute (soffriva di terribili coliche renali).
Dunque l’età,75 anni, ma soprattutto la grandezza del celebre
pittore/scultore furono alla base del curioso privilegio, per
consentirgli comunque di partecipare alle cerimonie giubilari, per
le quali pellegrini giungevano da tutto il mondo, e non tutti di
minor fama di Michelangelo. Il Giubileo cattolico che celebra il rito
della comunione universale nella fede e dell'elargizioone
dell'indulgenza plenari, con la chiamata a Roma dei credenti da ogni
parte del mondo, non è poi molto diverso dall’Expo, che si sta
preparando a Milano, perché l' Esposizione universale non è che
una sorta di 'giubileo della ragione', che celebra scienza e
progresso, con l’unica differenza che per Michelangelo, se fosse
vivo di questi tempi, a Milano, ci sarebbe un’accoglienza
trionfale, nel corso della visista ai vari pdiglioni; piuttosto che
il rito penitenziale del giro delle basiliche per guadagnarsi
l’indulgenza. Michelangelo e con lui tanti altri creativi del
mondo l’indulgenza, anzi il paradiso se lo sono guadagnati con ciò
che hanno regalato al mondo, all’umanità. L’Expo è la fiera
dell’intelligenza - almeno dovrebbe esserlo - che celebra il
progresso, le invenzioni, le scoperte, i frutti del lavoro umano.
Per
l’Anno santo, l’ultimo esempio a Roma nel 2000, la visita ai
luoghi santi, resi celebri dalla storia del cattolicesimo era
tassativa (quasi); senza di essa, addio indulgenze. Sulla necessità,
invece, di darsi appuntamento nella città sede delle Esposizioni
universali oggi si fa un gran parlare, perché a ben vedere, delle
continue scoperte fatte dagli uomini, abbiamo notizie in tempo reale
da tutto il mondo, e dunque, almeno sotto questo aspetto, non c’è
più bisogno di attendere le Esposizioni Universali per venire a
conoscenza di civiltà lontane, come era negli intenti degli
organizzatori dapprincipio.
Ma
mentre l’Anno Santo solitamente non fa che sfruttare,
valorizzandole, le strutture esistenti, spingendo i fedeli a
visitare i luoghi santi, al punto che alcuni di essi sono diventati
mete di pellegrinaggio tout court, indipendentemente dagli anni
giubilari ( per tutti il frequentatissimo Santuario di Santiago di
Compostela ed il lungo cammino che migliaia e migliaia di persone
anche non credenti percorrono ogni anno) l’Expo ha bisogno ogni
volta di mostrare dei vari paesi, anche lontani, le ultimissime
novità in ogni campo del progresso umano che, non sempre, a
differenza delle indulgenze che l’Anno Santo promette ed elargisce,
torna a vantaggio dei popoli., giacchè la fame nel mondo, le
malattie, la guerra non vengono ancora cancellate da questo dio della
modernità.
C'è
poi il dispendio enorme di risorse economiche per i padiglioni che,
come insegnano recenti casi, da Valencia e Shangai, qualche volta
terminata la kermesse vanno in malora, dovrebbe far riflettere.
Perché non è più il tempo di spendere a cuor leggero, nel bel
mezzo di una crisi che stenta ad essere superata. Né il miraggio dei
venti milioni di visitatori attesi, che qualche soldo certamente lo
porteranno, cancella dubbi e perplessità sull’Expo milanese, che
ancora ad un anno dalla sua inaugurazione, è stata investita
dall'ennesimo grande scandalo relativo agli appalti dei lavori.
Il
capitolo della cultura e dell'arte all’Expo, infine, che in passato aveva lo stesso peso che nei grandi Giubilei cattolici (uno per tutti: il notissimo, grandioso oratorio di Emilio de' Cavalieri, 'Rappresentazione di anima e di corpo', fu scritto per il Giubileo del 1600, per il quale venne anche costruito il grande organo a canne della Basilica di san Giovanni in laterano, dal perugino Luca Biagi , o Blasi).. Alexander Pereira,
anch’egli investito da una valanga di critiche per gli allestimenti
acquistati a caro prezzo dal ‘suo’ festival di Salisburgo - che
egli, in una intervista alla Aspesi, definisce un vero ‘affare per
la Scala’ - ha promesso che la Scala sarà aperta ogni sera per
tutti e sei i mesi dell’Expo, ed anche le altre istituzioni
musicali, con l'Orchestra 'Verdi' in prima fila, faranno la loro
parte. Noi dei numerosi progetti a suo tempo formulati da notissimi
artisti italiani ed offerti agli organizzatori, già nel 2009, dalle
pagine del bimestrale MUSIC@, non abbiamo notizia né di probabili
realizzazioni, né soltanto di interesse. Perché, a differenza di
quanto accadeva nelle prime Esposizioni universali dove arte e
cultura godevano di uno spazio privilegiato, oggi di questi settori
non frega nulla a nessuno, perché gli organizzatori sembrano
interessati, quasi esclusivamente, ad arraffare quante più risorse
possibili per la città, senza disdegnare possibili tornaconti
personali - come attesterebbero le inchieste sulle mazzette che non
hanno risparmiato neanche i cantieri della civilissima Milano.
lunedì 15 settembre 2014
Per il premier Renzi che, ogni giorno, twittando, vuol infondere fiducia nel paese
Gent.le premier, come facciamo a non esser d'accordo con Lei che, continuamente, invita a non scoraggiarsi, a non abbandonarsi al piagnisteo, alla sfiducia, tirandosi la sfiga che con grande fatica si riesce talvolta a tener lontana? Giusto aver fiducia nel futuro, giustissimo sperare che le cose cambieranno e, così facendo, quasi fare in modo che il futuro roseo arrivi presto e la speranza diventi realtà. Bene tutto questo e le siamo anche grati per il continuo suo pungolo.
Però dobbiamo intenderci. Da una parte Lei cerca di infondere fiducia, ma dall'altra la 'sua' televisione, che è anche la nostra e pure di Gubitosi, non può continuare a mettere in scena il dolore, che deriva dalle difficoltà gravissime che, ogni giorno, troppi cittadini, sempre di più, incontrano, difficoltà al limite delle possibilità di sopportazione umana. Come avere fiducia, credendo a Lei, se poi vediamo scene raccapriccianti come una di quelle che anche oggi ci ha mostrato 'Storie vere' della bionda Eleonora Daniele? Lei non l'avrà vista, e perciò gliela raccontiamo.
Una famiglia, inutile dirle delle condizioni di sopravvivenza nelle quali si dibatte, sfrattata dal suo appartamento - moglie malata, lui disoccupato e non più giovane anzi... naturalmente senza pensione - va a vivere in una cantina, anzi due - le dico anche la superficie di ognuna? evito per non farla rabbrividire - una per lui e la moglie ed una seconda per i figli. In tre per due, dove a a malapena c'è posto per un letto ad una piazza, dove non è difficile immaginare come dorma una coppia, ci deve entrare anche una piccola macchina del gas. Il cesso all'aperto, l'acqua alla fontanella pubblica. E l'umidità? quella l'assorbono senza spese le ossa dei malcapitati. La vita in cantina va avanti per un pò, ma poi li sfrattano anche dalle cantine che chiudono con un lucchetto.
Ora Renzi, ci dica, come si può avere fiducia. Noi la ricetta non l'abbiamo e neanche Lei. però lei, noi no, qualcosa può fare e subito. Intanto faccia fronte a queste situazioni indegne di un paese ed anche di un cosiddetto governo che ora tocca a lei guidare. Come fare? Tagli senza pietà tutti i privilegi, da tempo non se ne parla più adducendo come scusa che sarebbero una goccia nel mare. Lei si è reso conto di quante gocce non eliminiamo, per il fatto che sono gocce? Dimentica che le gocce, una dopo l'altra riescono anche a scavare la pietra? con tutte quelle gocce faccia piovere una manna, la manna della sopravvivenza umana, in tutte quelle zone a gravissimo rischio disumanità.
Per favore o risolve queste situazioni, senza altro indugio, oppure ordini a Gubitosi di non mostrare più, ogni giorno, a noi tutti le grandi ferite inferte ai cittadini da questa dannata crisi che dura da troppo tempo, altrimenti neanche noi che conduciamo una vita dignitosa, senza lussi e sprechi, potremo mai crederle e seguirla nell'invito alla fiducia. saluti
Però dobbiamo intenderci. Da una parte Lei cerca di infondere fiducia, ma dall'altra la 'sua' televisione, che è anche la nostra e pure di Gubitosi, non può continuare a mettere in scena il dolore, che deriva dalle difficoltà gravissime che, ogni giorno, troppi cittadini, sempre di più, incontrano, difficoltà al limite delle possibilità di sopportazione umana. Come avere fiducia, credendo a Lei, se poi vediamo scene raccapriccianti come una di quelle che anche oggi ci ha mostrato 'Storie vere' della bionda Eleonora Daniele? Lei non l'avrà vista, e perciò gliela raccontiamo.
Una famiglia, inutile dirle delle condizioni di sopravvivenza nelle quali si dibatte, sfrattata dal suo appartamento - moglie malata, lui disoccupato e non più giovane anzi... naturalmente senza pensione - va a vivere in una cantina, anzi due - le dico anche la superficie di ognuna? evito per non farla rabbrividire - una per lui e la moglie ed una seconda per i figli. In tre per due, dove a a malapena c'è posto per un letto ad una piazza, dove non è difficile immaginare come dorma una coppia, ci deve entrare anche una piccola macchina del gas. Il cesso all'aperto, l'acqua alla fontanella pubblica. E l'umidità? quella l'assorbono senza spese le ossa dei malcapitati. La vita in cantina va avanti per un pò, ma poi li sfrattano anche dalle cantine che chiudono con un lucchetto.
Ora Renzi, ci dica, come si può avere fiducia. Noi la ricetta non l'abbiamo e neanche Lei. però lei, noi no, qualcosa può fare e subito. Intanto faccia fronte a queste situazioni indegne di un paese ed anche di un cosiddetto governo che ora tocca a lei guidare. Come fare? Tagli senza pietà tutti i privilegi, da tempo non se ne parla più adducendo come scusa che sarebbero una goccia nel mare. Lei si è reso conto di quante gocce non eliminiamo, per il fatto che sono gocce? Dimentica che le gocce, una dopo l'altra riescono anche a scavare la pietra? con tutte quelle gocce faccia piovere una manna, la manna della sopravvivenza umana, in tutte quelle zone a gravissimo rischio disumanità.
Per favore o risolve queste situazioni, senza altro indugio, oppure ordini a Gubitosi di non mostrare più, ogni giorno, a noi tutti le grandi ferite inferte ai cittadini da questa dannata crisi che dura da troppo tempo, altrimenti neanche noi che conduciamo una vita dignitosa, senza lussi e sprechi, potremo mai crederle e seguirla nell'invito alla fiducia. saluti
Talk show del 'già' fatto quotidiano.L'omonimo giornale non c'entra affatto
A Gubitosi ed ai vari Berlusconi di seconda e terza generazione, nonché a Cairo, per risolvere la crisi dei dibattiti politici vuoti e 'di parole al vento', vorremmo proporre un nuovo tipo di talk, il talk del 'già fatto', nella speranza che la crisi giri alla larga dai dibattiti politici televisivi o radiofonici (dove, comunque, sono assai meno presenti, perchè non si possono vedere le facce dei partecipanti assai più eloquenti ed interessanti di ciò che dicono, che non interessa a nessuno). Ed insieme alla proposta anche un format nuovo e , concretamente, la scaletta di una trasmissione tipo o addirittura della telefonata preventiva di invito, da ripetere tassativamente ad inizio trasmissione.
- Vi presento tizio o tizia: nome e cognome
- Parentela con ... o semplice omonimia (nel caso si riscontrassero)
-Qual è il uso incarico pubblico o privato
-Da quanto tempo
-Qual è il suo compenso
-Quanto guadagna complessivamente: cosa concorre a formare il suo reddito
-Quali e quanti beni possiede
-Come e quando li ha acquistati, soprattutto nel caso si tratti di considerevoli beni immobili o di partecipazioni azionari e di altri beni costosi anche per la manutenzione (tutti ne posseggono, anche a propria insaputa, non impota se intestati a consorti, figli, genitori, ed anche amanti; ne ha parecchi e di un certo peso anche Brunetta il moralizzatore! con quali soldi? con prezzi di favore 'politico', non certo 'universitario'?)
-Chi considera questo genere di domande una violazione della privacy, tenga innanzitutto presente la quantità enorme di beni al sole che giorno dopo giorno la magistratura, scopre appartenere a questo o a quello; ma non dimentichi che le denunce dei redditi di molti personaggi sono pubbliche e pubblicate nei siti ufficiali delle amministrazioni di appartenenza.
-Ancora. Questo genere di domande vanno fatte preventivamente e poi, ripetuti in sede di trasmissione a tutti gli ospiti, anche a quelli provenienti dalle varie professioni, giornalisti compresi, i quali tante volte per strade note solo alla provvidenza, lavorano di nascosto al soldo di faccendieri e farabutti pubblici e privati.
- Proseguendo con le domande: che cosa ha fatto, nel suo lavoro, che viene a raccontare al pubblico televisivo'
- Se la risposta è: ho proposto... farò... oppure sto per fare... sto per proporre... ho il progetto... la risposta dei programmisti del talk deve essere inequivocabilmente: grazie, ci sentiamo quando avrà fatto qualcosa, perché ce la racconti.
Perchè, a questo nuovo tipo di talk, il 'dire' non interessa affatto, il nuovo talk è interessato solo al 'fare' ma a 'fatto compiuto'.
Gubitosi, i Berlusconi e Cairo ci facciano sapere, con calma, i risultati di tale rivoluzione. A presto.
- Vi presento tizio o tizia: nome e cognome
- Parentela con ... o semplice omonimia (nel caso si riscontrassero)
-Qual è il uso incarico pubblico o privato
-Da quanto tempo
-Qual è il suo compenso
-Quanto guadagna complessivamente: cosa concorre a formare il suo reddito
-Quali e quanti beni possiede
-Come e quando li ha acquistati, soprattutto nel caso si tratti di considerevoli beni immobili o di partecipazioni azionari e di altri beni costosi anche per la manutenzione (tutti ne posseggono, anche a propria insaputa, non impota se intestati a consorti, figli, genitori, ed anche amanti; ne ha parecchi e di un certo peso anche Brunetta il moralizzatore! con quali soldi? con prezzi di favore 'politico', non certo 'universitario'?)
-Chi considera questo genere di domande una violazione della privacy, tenga innanzitutto presente la quantità enorme di beni al sole che giorno dopo giorno la magistratura, scopre appartenere a questo o a quello; ma non dimentichi che le denunce dei redditi di molti personaggi sono pubbliche e pubblicate nei siti ufficiali delle amministrazioni di appartenenza.
-Ancora. Questo genere di domande vanno fatte preventivamente e poi, ripetuti in sede di trasmissione a tutti gli ospiti, anche a quelli provenienti dalle varie professioni, giornalisti compresi, i quali tante volte per strade note solo alla provvidenza, lavorano di nascosto al soldo di faccendieri e farabutti pubblici e privati.
- Proseguendo con le domande: che cosa ha fatto, nel suo lavoro, che viene a raccontare al pubblico televisivo'
- Se la risposta è: ho proposto... farò... oppure sto per fare... sto per proporre... ho il progetto... la risposta dei programmisti del talk deve essere inequivocabilmente: grazie, ci sentiamo quando avrà fatto qualcosa, perché ce la racconti.
Perchè, a questo nuovo tipo di talk, il 'dire' non interessa affatto, il nuovo talk è interessato solo al 'fare' ma a 'fatto compiuto'.
Gubitosi, i Berlusconi e Cairo ci facciano sapere, con calma, i risultati di tale rivoluzione. A presto.
In Italia l'illecito e il sommerso da sempre viene conteggiato nel PIL. Perchè scandalizzarsi solo ora?
Che paese è quello - come l'Italia - che nel calcolo del PIL conteggia, per approssimazione - secondo molti 'per difetto' - il reddito derivante dalla prostituzione? E anche il reddito del traffico di droga? E pure il reddito del malaffare ( che è più malaffare e più consistente di quello della prostituzione)? E il reddito sbalorditivo, dicono, delle organizzazioni criminali ( mafia, 'ndrangheta, camorra, sacra corona unita ...) ormai radicate sia al nord che al sud e divenute in breve il vanto della nostra nazione intera? Ed anche la somma, considerata enorme dei pagamenti in 'nero', dai medici agli artigiani ( non sottovalutiamoli, a cominciare dai dentisti che piangono miseria con il fisco e poi hanno case e macchine ed anche amanti, perchè no?; mettiamoci anche avvocati e commercialisti; e consideriamo anche il commercio del falso, giunto a livelli ormai stratosferici), ai compensi miserabili per le orde di emigranti venuti a cercare fortuna - poveri illusi! - nel nostro paese, dove si trovano a vivere nella schiavitù, più grave perfino di quella da cui fuggono stipati su mezzi di fortuna, e che il più delle volte è il mare ad interrompere tragicamente? Ci meravigliamo, solo se non consideriamo che l'entità di questo sommerso - che in diversa misura è presente anche in tante parti del mondo - è davvero enorme, colossale, e perciò impossibile da tener fuori dal PIL del nostro paese.
Ma per tutto questo non abbiamo il diritto di meravigliarci. Perché? Perché da sempre e da qualche decennio soprattutto, accettiamo, senza batter ciglio che altrettanto illecito sia regolarmente considerato nel calcolo nel nostro PIL; e se anche fa parte della spesa pubblica, sempre di reddito, per alcuni, si tratta.
Ad esempio. Perché non ci siamo mai meravigliati dei compensi assolutamente illegali che chi ci governa si è autoconcesso, ben sapendo che di furto alla collettività si tratta? Perché non abbiamo mai protestato, come lo facciamo ora, quando non solo i politici ma tutti i loro servitori sono stati affiliati all'usanza dei guadagni illeciti perchè immeritati, uniti a rimborsi con i quali abbiamo pagato ristoranti, alberghi e puttane per il piacere e la bella vita dei nostri politici, a tutti i livelli? Perché non abbiamo mai protestato per gli scandalosi vitalizi, autentica rapina nei confronti dei cittadini, anzi rapina multipla, perché così ben pasciuti i 'ladri di Stato' vivono più a lungo e meglio di tutti gli altri, e quand'anche si ammalano, per tedio da riposo eccessivo, non vanno nei carnai di tante nostre strutture ospedaliere, ma vanno a farsi curare, sempre pagati da noi, all'estero e in cliniche private costosissime? E perché non abbiamo protestato, fino all'altro ieri, per quell'immenso parco macchine sulle quali poggiavano i loro flaccidi culi - certo quelli di tante signorine non erano flaccidi, altrimenti alcune non le avrebbero nominate ? E perché la protesta non continua ancora dopo che quel parco macchine non è stato immediatamente messo all'asta, ma ridotto soltanto di poche unità?
E perché abbiamo protestato solo un po', e solo ora, per i lauti compensi che gli integerrimi magistrati, compresi i loro vertici della corte Costituzionale, si sono dati, con benefici annessi? Perché non li abbiamo mai considerati ciò che sono: e cioè compensi illeciti se non addirittura vere e proprie rapine alla comunità? Eppure li abbiamo sempre considerati nel calcolo del PIL nazionale? Vogliamo anche considerare che, solo a causa della crisi, ci lamentiamo un po' dei compensi stratosferici, anche in presenza di risultati disastrosi delle aziende che governano, dei cosiddetti manager pubblici e privati e delle loro buonuscite SCANDALOSE, come quella che citiamo perché la più recente, di Montezemolo? Per il quale viene da chiedersi cosa abbia mai fatto per meritarsi il compenso annuo di quasi 3 milioni di Euro ( per 23 anni), ai quali si saranno aggiunti anche premi di produzione, e poi 27 milioni di buonuscita? Se questo fiume inquinato di danaro viene considerato normale, non abbiamo il diritto di protestare se nel PIL vengono conteggiati anche i redditi da traffici illeciti e lavoro in nero. In Italia, l'illecito non solo è presente da tempo immemorabile, ma è addirittura sancito da leggi dello Stato, per la cui cancellazione occorrono tre passaggi parlamentari, e che, dunque, non saranno mai cancellati. Allora, perché meravigliarsi e protestare? Solo per la vergogna che il computo di tale giro illegale getta sul nostro paese? Non siamo ipocriti, a questo siamo abituati, anzi ci abbiamo fatto il callo.
Alcuni giornali scrivono oggi che in Italia siamo vissuti da tempo "al di spora delle nostre possibilità''. Vero, adesso non possiamo più; mentre continuano a farlo solo quelle categorie che abbiamo appena citato; perchè loro sì?
Ma per tutto questo non abbiamo il diritto di meravigliarci. Perché? Perché da sempre e da qualche decennio soprattutto, accettiamo, senza batter ciglio che altrettanto illecito sia regolarmente considerato nel calcolo nel nostro PIL; e se anche fa parte della spesa pubblica, sempre di reddito, per alcuni, si tratta.
Ad esempio. Perché non ci siamo mai meravigliati dei compensi assolutamente illegali che chi ci governa si è autoconcesso, ben sapendo che di furto alla collettività si tratta? Perché non abbiamo mai protestato, come lo facciamo ora, quando non solo i politici ma tutti i loro servitori sono stati affiliati all'usanza dei guadagni illeciti perchè immeritati, uniti a rimborsi con i quali abbiamo pagato ristoranti, alberghi e puttane per il piacere e la bella vita dei nostri politici, a tutti i livelli? Perché non abbiamo mai protestato per gli scandalosi vitalizi, autentica rapina nei confronti dei cittadini, anzi rapina multipla, perché così ben pasciuti i 'ladri di Stato' vivono più a lungo e meglio di tutti gli altri, e quand'anche si ammalano, per tedio da riposo eccessivo, non vanno nei carnai di tante nostre strutture ospedaliere, ma vanno a farsi curare, sempre pagati da noi, all'estero e in cliniche private costosissime? E perché non abbiamo protestato, fino all'altro ieri, per quell'immenso parco macchine sulle quali poggiavano i loro flaccidi culi - certo quelli di tante signorine non erano flaccidi, altrimenti alcune non le avrebbero nominate ? E perché la protesta non continua ancora dopo che quel parco macchine non è stato immediatamente messo all'asta, ma ridotto soltanto di poche unità?
E perché abbiamo protestato solo un po', e solo ora, per i lauti compensi che gli integerrimi magistrati, compresi i loro vertici della corte Costituzionale, si sono dati, con benefici annessi? Perché non li abbiamo mai considerati ciò che sono: e cioè compensi illeciti se non addirittura vere e proprie rapine alla comunità? Eppure li abbiamo sempre considerati nel calcolo del PIL nazionale? Vogliamo anche considerare che, solo a causa della crisi, ci lamentiamo un po' dei compensi stratosferici, anche in presenza di risultati disastrosi delle aziende che governano, dei cosiddetti manager pubblici e privati e delle loro buonuscite SCANDALOSE, come quella che citiamo perché la più recente, di Montezemolo? Per il quale viene da chiedersi cosa abbia mai fatto per meritarsi il compenso annuo di quasi 3 milioni di Euro ( per 23 anni), ai quali si saranno aggiunti anche premi di produzione, e poi 27 milioni di buonuscita? Se questo fiume inquinato di danaro viene considerato normale, non abbiamo il diritto di protestare se nel PIL vengono conteggiati anche i redditi da traffici illeciti e lavoro in nero. In Italia, l'illecito non solo è presente da tempo immemorabile, ma è addirittura sancito da leggi dello Stato, per la cui cancellazione occorrono tre passaggi parlamentari, e che, dunque, non saranno mai cancellati. Allora, perché meravigliarsi e protestare? Solo per la vergogna che il computo di tale giro illegale getta sul nostro paese? Non siamo ipocriti, a questo siamo abituati, anzi ci abbiamo fatto il callo.
Alcuni giornali scrivono oggi che in Italia siamo vissuti da tempo "al di spora delle nostre possibilità''. Vero, adesso non possiamo più; mentre continuano a farlo solo quelle categorie che abbiamo appena citato; perchè loro sì?
Iscriviti a:
Post (Atom)