Carlo Fuortes, sovrintendente del Teatro dell'Opera di Roma Capitale - usiamo la dizione esatta per quanto troppo lunga e ridondante, senza giustificazione - ha affidato, come allegato, al 'Venerdì' di Repubblica ( un settimanale che i dati di vendita danno in cima alla classifica settimanale della vendita dei quotidiani italiani) il programma della prossima stagione, che si apre a novembre con l'Aida diretta da Riccardo Muti, che ad inizio stagione, e poi verso la fine, dà, ogni anno, il sospirato segno della sua presenza nel teatro come 'direttore onorario a vita' (incarico che, a giudicare dalla presenza effettiva sembra più 'onorario' che 'a vita'; anche se è vero che un impegno così 'onorario' si può accettare a vita, perché comunque non peserà mai troppo).
Fuortes ha elencato i punti forti della programmazione, che consistono nell'aumento della produzione, e nella calata a Roma di registi di fama internazionale, l'unica novità, che comunque prosegue quello che ha fatto al Petruzzelli (dove altro non ci sembra che abbia fatto, oltre che lasciarvi una sua collaboratrice che sovrintende alla formazione dei cast) e che a Roma, fece già Nicola Sani, al tempo della sua direzione artistica, linea che ora persegue anche a Bologna dove si è ricomposto il team romano, Ernani-Sani, scalzato da Alemanno per metterci due autentici fuoriclasse: De Martino e Vlad.
L'aumento di produzione porta le recite operistiche a 71, da fine novembre ad ottobre ( naturalmente non c'è ancora la programmazione di Caracalla - che l'Opera di Roma capitale annuncia, come è d'uso nei grandi teatri del mondo - alla vigilia della inaugurazione della stagione estiva, per la gioia dei vacanzieri 'dell'ultimo minuto'); e quelle di balletto a 43, per complessive 114 contro le 89 della stagione passata - come scrive Fuortes.
Probabilmente non ci sarà il cambio del maestro del corpo di ballo, legato strettamente a Muti, che deve averla spuntata - o no?- giacché ancora a febbraio ( il contratto di Misha scade a fine anno) egli firma una coreografia (ma forse è roba vecchia?), e resteranno i massimi dirigenti nei punti chiave, perchè sostenuti da Muti, Vlad ad esempio; mentre ancora non s'è visto lo sbarco ufficiale dei 'fuorte's boys'.
Poi annuncia una novità, la nascita dell'OPERA CARD, un segno tangibile di fedeltà premiata che dà sconti a destra e sinistra, in istituzioni culturali come in esercizi commerciali, in hotel e forse anche ristoranti e, perché no, anche night e piano bar della Capitale - la buttiamo lì, anche se non abbiamo controllato.
Mancano fra le istituzioni convenzionate, con le quali si ha diritto a sconti sul prezzo dei biglietti, sia l'Accademia di Santa Cecilia e che la 'sua' (sua di Fuortes, ancora!) Musica per Roma. Perchè? Teme la concorrenza, dimostrando di aver ristretto la sua visuale d'orizzonte, con un dietrofront inspiegabile rispetto alla politica attuata da un decennio all'Auditorium Parco della Musica? La marcia in più dell'Auditorium, che all'inizio della sua gestione fece gridare a tanti 'al lupo al lupo!' era proprio la varietà dei generi che, nei diversi spazi, l'auditorium andava proponendo, favorendo un travaso di pubblico da un settore all'altro. Come poi è accaduto con un grande vantaggio per il pubblico ed anche per l'Auditorium, per il cui successo anche economico non possono non considerarsi i semplici 'affitti' degli spazi che , non comportano spese produttive, ma forniscono introiti considerevoli, in ragione dei numeri di simili 'ospitate', e per la ridotta prestazione di semplici servizi.
In altre città italiane c'è una CARD culturale che associa tutte le realtà 'del tempo libero'- chiamiamole così - alte e basse, come l'Auditorium di Roma ha insegnato, dai ristoranti alla campagna amica alla pista di ghiaccio, ai festival di tango, ma anche di filosofia e della scienza ed alle manifestazioni che rappresentano spaccati di civiltà e culture lontanissime dalla nostra.
Roma dovrebbe ispirarsi a questo tipo di CARD, senza steccati inutili ed esclusioni ingiustificate.
Tornando, per finire, all'Opera di Roma Capitale, speriamo che questa stagione se la cavi, anche con i sindacati e con i conti - e non parliamo di quelli nobiliari.
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