Repubblica di ieri ci aggiorna su un fatto. Domandandosi della lunga permanenza di Alagna a Milano in luglio, con conseguente presenza a tutti gli spettacoli della Scala, non la motiva con la discussione del suo contratto per i prossimi impegni in cartellone, prima annunciati ed ora cancellati, bensì con la presenza di sua moglie, soprano, nell'opera rossiniana in scena. Anche sua moglie, secondo il tenore, ebbe la sua dose di fischi, immeritata naturalmente a detta del tenore, come immeritata - da quel che si dice - fu anche quella riservata, nella medesima opera, a Maria Agresta. Amore, passione e solidarietà coniugale dunque potrebbero essere alla base della sua rinuncia, e non la sua paura di essere fischiato. Lui avrebbe dovuto dire: vediamo se mi fischiano, io li affronto, sono un uomo - si fa per dire, in osservanza ad un cliché vetusto. Chiuso il sipario su Alagna e consorte.
Aperto invece sul Festival delle Nazioni di Città di Castello che con il concerto di oggi dell'Orchestra della Toscana, di Battistelli, chiude l'edizione 2014, dedicata all' Armenia. Anticipato già il paese ospite dell'anno prossimo: l'Austria, all'indomani della grande guerra - mentre il mondo intero ha celebrato quest'anno lo scoppio della grande guerra; e rivelato un segreto: un omaggio a Burri, quando tutto il mondo celebra il centenario della nascita e la sua 'sua' Città di Castello, per distinguersi, voleva ignorarlo. Ma con il direttore artistico, ormai direttore stabile a Castello, Aldo Sisillo, da oltre dieci anni, il festival, secondo il cronista musicale della 'Repubblica' quotidiano, ha finalmente ripreso la sua missione 'internazionale'. Scorrere le edizioni sisilliane per credere. Lui, Sisillo, ogni anno potrebbe fare l'Austria come l'Inghilterra ed anche tutt'e due insieme e mille altre nazioni.
Quando, l'anno avanti lo sbarco di Sisillo, noi dirigemmo quel festival - per il quale ricevemmo l'incarico nel novembre precedente - dicemmo chiaramente che una nazione su due piedi, come Sisillo ne farebbe anche due di nazioni all'anno su un piede solo, non ci sentivamo di farla, e che l'avremmo fatto pensandoci con un paio d'anni di anticipo, studiando bene la nazione, visitandola di persona, e scegliendo ciò che per la musica la rappresentava al meglio. Non rivolgendoci per una consulenza all'istituto di cultura o alla rappresentanza diplomatica di quella nazione in Italia, come crediamo di capire faccia ogni anno sveltamente Sisillo, meritandosi sempre la riconferma di coloro che tengono in mano le redini del festival, e che il direttore artistico a vita non si prova - forse anche per incapacità? o comodità - a disarcionare.
Noi in quel 2004 - indimenticabile per molti tranne per i quattro notabili locali del festival timorosi di perdere il loro giocattolino - quando Castello fu sconvolta da uno scandalo gravissimo, anche per cancellarne la macchia che pesava sulla città per ragioni che lambirono indirettamente il festival, portammo in città i migliori talenti dell'Italia delle nuove generazioni, autentici indiscussi fuoriclasse, in un programma tutto italiano: la 'nuova Italia' interpreta la musica italiana, da Monteverdi a Sciarrino. Musica e musicisti che conoscevamo bene e che quindi potevamo contattare e scritturare, seguendo il solo criterio della bravura degli interpreti e della loro idoneità al nostro programma. Portammo anche una vera orchestra, la 'Verdi' di Milano' non quelle orchestrine regionali che Sisillo è abituato a portarvi, seguendo forse l'obiettivo di altri fini, secondi o terzi.
Perciò Giovanni D'Alò stia più attento quando scrive o riporta, ripetendo alla lettera. Prima ha scritto benissimo della pessima acustica della Chiesa di san Domenico, che evidentemente non conosce; ora ripete che il festival finalmente ha ritrovato la sua anima internazionale 'secundum sisillo'... che altro dobbiamo attenderci prossimamente? Noi ci attenderemmo una minima autonomia di giudizio, previa conoscenza, anche sommaria. Ma forse è troppo.
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